Language of document : ECLI:EU:C:2024:255

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

21 marzo 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Prestazione di servizi inerenti ad attività ricreative e al miglioramento della condizione fisica – Vendita di tessere di ingresso a servizi la cui esistenza è comprovata da un registratore di cassa e da scontrini – Base imponibile – Errore sul corretto livello dell’aliquota – Principio della neutralità fiscale – Rettifica dell’imposta dovuta a causa di una modifica della base imponibile – Prassi nazionale che non consente, in assenza di fattura, la rettifica dell’importo dell’IVA e il rimborso dell’eccedenza di IVA versata – Assenza di rischio di perdita di gettito fiscale – Eccezione di arricchimento senza causa»

Nella causa C‑606/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), con decisione del 23 giugno 2022, pervenuta in cancelleria il 20 settembre 2022, nel procedimento

Dyrektor lzby Administracji Skarbowej w Bydgoszczy

contro

B. sp. z o.o., già B. sp.j.,

con l’intervento di:

Rzecznik Małych i Średnich Przedsiębiorców,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da N. Wahl (relatore), facente funzione di presidente della Settima Sezione, J. Passer e M.L. Arastey Sahún, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Bydgoszczy, da B. Kołodziej e T. Wojciechowski;

–        per la B. sp. z o.o., da R. Baraniewicz, T. Pabiański e J. Tokarski, doradcy podatkowi, e A. Zubik, radca prawny;

–        per il Rzecznik Małych i Średnich Przedsiębiorców, da P. Chrupek, radca prawny;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e M. Owsiany-Hornung, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, e dell’articolo 73 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2006/112»), letti alla luce dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di parità di trattamento.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Bydgoszczy (direttore dell’amministrazione finanziaria di Bydgoszcz, Polonia) e la B. sp.j., divenuta, dopo la presentazione di detta domanda, la B. sp. z o.o., in merito al rifiuto dell’amministrazione finanziaria di constatare, in assenza di fattura, un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto (IVA) a favore della B. risultante da dichiarazioni di rettifica dell’IVA presentate da quest’ultima.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 così dispone:

«Il principio del sistema comune d’IVA consiste nell’applicare ai beni ed ai servizi un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero delle operazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase d’imposizione.

A ciascuna operazione, l’IVA, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all’aliquota applicabile al bene o servizio in questione, è esigibile previa detrazione dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo.

Il sistema comune d’IVA è applicato fino allo stadio del commercio al minuto incluso».

4        Ai sensi dell’articolo 73 di tale direttiva:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

5        L’articolo 78 di detta direttiva così prevede:

«Nella base imponibile devono essere compresi gli elementi seguenti:

a)      le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa IVA;

(...)».

6        L’articolo 220, paragrafo 1, della medesima direttiva così prevede:

«Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa una fattura, da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, nei casi seguenti:

1)      per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi che effettua nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo;

(...)».

7        L’articolo 226, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 è del seguente tenore:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

(...)

6)      la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi;

7)      la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi (...), sempreché tale data sia determinata e diversa dalla data di emissione della fattura;

(...)

8)      la base imponibile per ciascuna aliquota o esenzione, il prezzo unitario al netto dell’IVA, nonché gli eventuali sconti, riduzioni o ristorni se non sono compresi nel prezzo unitario;

9)      l’aliquota IVA applicata;

10)      l’importo dell’IVA da pagare, tranne in caso di applicazione di un regime speciale per il quale la presente direttiva escluda tale indicazione;

(...)».

8        L’articolo 226 ter di tale direttiva, introdotto dalla direttiva 2010/45 e applicabile al 1º gennaio 2013, così dispone:

«Per quanto riguarda le fatture semplificate emesse conformemente all’articolo 220 bis e all’articolo 221, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri prevedono l’obbligo di fornire almeno le seguenti indicazioni:

a)      la data di emissione della fattura;

b)      l’identificazione del soggetto passivo che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi;

c)      l’identificazione del tipo di beni ceduti o di servizi resi;

d)      l’importo dell’IVA da pagare o i dati che permettono di calcolarlo;

e)      quando la fattura emessa è un documento o un messaggio considerato fattura ai sensi dell’articolo 219, il riferimento specifico e univoco a tale fattura iniziale e le indicazioni specifiche che vengono modificate.

Essi non possono prevedere l’obbligo di fornire nelle fatture indicazioni diverse da quelle di cui agli articoli 226, 227 e 230».

 Diritto polacco

9        L’articolo 29 dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. n. 54, posizione 535), nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2013 (Dz. U. n. 177, posizione 1054), così disponeva:

«4a      Nell’ipotesi in cui la base imponibile subisca diminuzioni rispetto alla base indicata nella fattura emessa, la riduzione della base imponibile è effettuata dal soggetto passivo a condizione che, prima del termine per la presentazione della dichiarazione tributaria relativa al periodo d’imposta in cui l’acquirente dei beni o dei servizi ha ricevuto la rettifica della fattura, egli ottenga conferma della ricezione della rettifica della fattura da parte dell’acquirente dei beni o dei servizi nei confronti del quale è stata emessa la fattura. La consegna della conferma della ricezione della rettifica della fattura da parte dell’acquirente dei beni o dei servizi solo dopo la scadenza del termine di presentazione della dichiarazione tributaria per il periodo d’imposta considerato autorizza il soggetto passivo a tener conto della rettifica della fattura nel periodo d’imposta in cui è stata ricevuta la conferma.

(...)

4c      Le disposizioni del paragrafo 4a si applicano per analogia nell’ipotesi in cui venga riscontrato un errore relativo all’importo dell’imposta indicato in fattura e sia emessa una rettifica della fattura che riportava un importo dell’imposta superiore a quanto dovuto».

10      Tale legge, nella versione in vigore dal 1° gennaio 2014 (Dz. U. del 2016, posizione 710), contiene un articolo 29a, i cui paragrafi 13 e 14 sono formulati nel seguente modo:

«13.      Nelle ipotesi [previste], la riduzione della base imponibile rispetto a quella indicata in una fattura emessa con l’indicazione dell’imposta è effettuata a condizione che il soggetto passivo abbia ottenuto, prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione tributaria relativa al periodo d’imposta in cui l’acquirente dei beni o dei servizi ha ricevuto la rettifica della fattura, la conferma della ricezione della rettifica della fattura da parte dell’acquirente di beni o del destinatario dei servizi nei confronti del quale è stata emessa la fattura. La consegna della conferma della ricezione della rettifica della fattura da parte dell’acquirente dei beni o del destinatario dei servizi solo dopo la scadenza del termine di presentazione della dichiarazione tributaria per il periodo d’imposta considerato autorizza il soggetto passivo a tenere conto della rettifica della fattura nel periodo d’imposta in cui è stata ricevuta la conferma.

14.      Le disposizioni del paragrafo 13 si applicano per analogia nell’ipotesi in cui venga riscontrato un errore relativo all’importo dell’imposta indicato in fattura e sia emessa una rettifica della fattura che riportava un importo dell’imposta superiore a quanto dovuto».

11      L’articolo 3 del rozporządzenie Ministra Finansów w sprawie kas rejestrujących (regolamento del Ministro delle Finanze relativo ai registratori di cassa), del 14 marzo 2013 (Dz. U. posizione 363), prevede quanto segue:

«(...)

5.      Nell’ipotesi di un errore evidente nei registri, il soggetto passivo deve immediatamente correggerlo indicando distintamente i seguenti dati:

1)      la vendita registrata erroneamente (valore lordo della vendita e valore dell’imposta dovuta);

2)      breve descrizione del motivo e delle circostanze in cui è stato commesso l’errore, allegando l’originale dello scontrino che documenta la vendita in cui si è verificato l’errore evidente.

6.      Nell’ipotesi di cui al paragrafo 5, il soggetto passivo registra, mediante il registratore di cassa, l’importo corretto della vendita».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

12      La B. esercita un’attività di prestazione di servizi inerenti ad attività ricreative e al miglioramento della condizione fisica, vale a dire la vendita di tessere che consentono l’accesso ai locali di un club sportivo e il libero utilizzo degli impianti che vi si trovano. Nel 2016, conformemente alla nuova dottrina fiscale polacca in materia, essa ha deciso di applicare un’aliquota IVA ridotta (8% anziché 23%) a tali prestazioni di servizi.

13      Il 27 gennaio 2016 la B. ha quindi presentato talune dichiarazioni di IVA rettificate per i mesi da gennaio a marzo, da giugno a ottobre e dicembre 2012, nonché per i mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre 2013 e per i mesi di gennaio, febbraio, aprile e maggio 2014.

14      Con decisione del 22 giugno 2017, il Naczelnik Drugiego Urzędu Skarbowego w T. (capo del secondo ufficio delle imposte di T., Polonia) ha negato il riconoscimento di un avvenuto pagamento in eccesso dell’IVA in relazione ai suddetti periodi d’imposta, indicando in particolare che, fintantoché il documento che confermava la realizzazione di un’attività imponibile non fosse stato rettificato conformemente alla legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi, il soggetto passivo non aveva il diritto di rettificare i propri registri né le sue dichiarazioni.

15      Con decisione del 24 novembre 2017, il direttore dell’amministrazione finanziaria di Bydgoszcz ha confermato tale decisione, sottolineando che non esistevano disposizioni di legge che disciplinassero la possibilità di rettificare la base imponibile e l’imposta dovuta indicata nella dichiarazione IVA per i periodi d’imposta oggetto della domanda di accertamento di un’eccedenza di IVA in caso di vendite di biglietti o di tessere di ingresso che consentono di utilizzare gli impianti interessati non constatate mediante fatture. Infatti, la B. non avrebbe potuto emettere rettifiche delle fatture in ragione della mancata emissione di fatture in occasione di tali vendite. Pertanto, la B. sarebbe stata tenuta a versare all’Erario polacco, dopo aver preso in considerazione il regime di detrazione, l’intero importo percepito dai consumatori finali in quanto imposta dovuta.

16      Investito da B. di un ricorso avverso quest’ultima decisione, il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy (Tribunale amministrativo del voivodato di Bydgoszcz), ha annullato detta decisione con sentenza del 7 marzo 2018, considerando, in particolare, che l’articolo 3, paragrafi da 3 a 6, del decreto del Ministro delle Finanze sui registratori di cassa non copriva tutti gli eventi idonei a costituire un motivo di rettifica, cosicché quest’ultima era possibile anche in altre situazioni. Esso ha ritenuto, di conseguenza, che il soggetto passivo avesse il diritto di rettificare l’importo dell’imposta dovuta sulle vendite la cui esistenza è dimostrata da scontrini. L’assenza dello scontrino originale rilasciato all’acquirente non costituirebbe un ostacolo a tale riguardo, in quanto il registratore di cassa consente una lettura multipla dei dati ivi registrati. Pertanto, la consultazione della memoria di tale registratore di cassa sarebbe un mezzo affidabile per disporre di un elemento di prova dell’operazione che deve essere rettificata a causa di un errore commesso dal soggetto passivo.

17      Il direttore dell’amministrazione finanziaria di Bydgoszcz ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Wojewódzki Sąd Administracyjny w Bydgoszczy (Tribunale amministrativo del voivodato di Bydgoszcz) dinanzi al Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia), che è il giudice del rinvio.

18      È in tali circostanze che il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 73 della [direttiva 2006/112] e i principi di neutralità, proporzionalità nonché parità di trattamento debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una prassi delle autorità fiscali nazionali nei limiti in cui detta prassi non consente, invocando l’assenza di un fondamento normativo nazionale e l’arricchimento senza causa, di rettificare l’importo della base imponibile e dell’imposta dovuta nell’ipotesi in cui la vendita di beni e servizi ai consumatori con un’aliquota IVA eccessiva sia stata registrata mediante un registratore di cassa e documentata da scontrini fiscali anziché da fatture IVA, e a seguito di tale rettifica non intervenga alcuna modifica del prezzo (del valore lordo della vendita)».

 Sulla questione pregiudiziale

19      In limine, occorre ricordare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta. In tale prospettiva, la Corte è tenuta, se necessario, a riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2014, Le Rayon d’Or, C‑151/13, EU:C:2014:185, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

20      A tal fine, la Corte può trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le norme e i principi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 27 marzo 2014, Le Rayon d’Or, C‑151/13, EU:C:2014:185, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

21      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che il giudice del rinvio ha giustamente citato l’articolo 78, lettera a), della direttiva 2006/112 come facente parte del contesto normativo applicabile al procedimento principale, dal momento che tale disposizione precisa gli elementi che devono essere compresi nella base imponibile di cui all’articolo 73 di tale direttiva, che il giudice del rinvio menziona nella sua questione.

22      Occorre, pertanto, intendere tale questione come diretta, in sostanza, a sapere se l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 73 di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 78, lettera a), della stessa, debbano essere interpretati, alla luce dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità e di parità di trattamento, nel senso che ostano a una prassi dell’amministrazione finanziaria di uno Stato membro in forza della quale una rettifica, mediante una dichiarazione tributaria, dell’IVA dovuta è vietata qualora siano state effettuate cessioni di beni e prestazioni di servizi applicando un’aliquota IVA troppo elevata, per il motivo che tali operazioni hanno dato luogo non a una fatturazione, bensì all’emissione di scontrini di registratori di cassa.

23      A tale proposito, si deve sottolineare che il sistema comune dell’IVA garantisce la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, soggette esse stesse all’IVA (sentenza del 21 ottobre 2021, CHEP Equipment Pooling, C‑396/20, EU:C:2021:867, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

24      Ne consegue che l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro arrecherebbe un pregiudizio sproporzionato al principio di neutralità dell’IVA, lasciando a carico del soggetto passivo l’IVA di cui esso ha il diritto di ottenere il rimborso, mentre il sistema comune dell’IVA mira a sollevare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche (sentenza del 20 ottobre 2021, CHEP Equipment Pooling, C‑396/20, EU:C:2021:867, punto 55).

25      Occorre quindi, anzitutto, determinare se, quando un soggetto passivo ha applicato per errore alle operazioni soggette all’IVA da esso realizzate, ma conformemente agli orientamenti forniti inizialmente dall’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, l’aliquota normale dell’IVA, nella fattispecie un’aliquota del 23%, mentre l’aliquota corretta era l’aliquota ridotta dell’8%, egli abbia diritto a un rimborso.

26      Infatti, dato che, in applicazione del principio di neutralità dell’IVA ricordato ai punti 23 e 24 della presente sentenza, il sistema dell’IVA mira a gravare unicamente sul consumatore finale (sentenza del 7 novembre 2013, Tulică e Plavoťin, C‑249/12 e C‑250/12, EU:C:2013:722, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), si deve ritenere che il prezzo convenuto tra quest’ultimo e il fornitore di beni o il prestatore di servizi includa l’IVA che ha gravato su tali operazioni, indipendentemente dal fatto che queste ultime siano state o no oggetto di fatturazione (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2021, Tribunal Económico Administrativo Regional de Galicia, C‑521/19, EU:C:2021:527, punto 34).

27      Tale interpretazione risulta dall’articolo 78, lettera a), della direttiva 2006/112, ai sensi del quale l’IVA stessa non è compresa nella base imponibile, il che ha come corollario che l’IVA è sempre compresa, ipso iure, nel prezzo convenuto, anche in caso di errore del soggetto passivo nella determinazione dell’aliquota applicabile.

28      Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza che tale considerazione non priva necessariamente il soggetto passivo di un diritto al rimborso, presso l’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, di tutta o parte dell’eccedenza di IVA che ha indebitamente riscosso presso i consumatori finali e versato a tale amministrazione. Ciò vale in particolare quando tale soggetto passivo ha subito, a causa dell’applicazione di un’aliquota IVA errata, un danno economico connesso alla diminuzione del volume delle sue vendite (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C‑309/06, EU:C:2008:211, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). In altri termini, l’assenza di perdita o di svantaggio finanziari non è necessariamente il corollario della traslazione integrale dell’IVA sul consumatore finale in quanto, anche in tale ipotesi, l’operatore economico può aver subito una perdita connessa alla diminuzione del volume delle sue vendite (sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C‑309/06, EU:C:2008:211, punto 56).

29      Inoltre, poiché il diritto del soggetto passivo ad un rimborso in tutto o in parte dell’eccedenza di IVA di cui trattasi è stabilito in linea di principio, occorre esaminare se tale diritto possa essere subordinato, da parte dell’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, al previo requisito di una rettifica delle fatture contenenti l’aliquota IVA errata, con conseguente diniego sistematico di rimborso qualora le operazioni economiche del soggetto passivo, tenuto conto della loro natura e del loro importo, non abbiano dato luogo ad una fatturazione, la quale non può pertanto essere oggetto di rettifica, bensì al rilascio di scontrini di registratori di cassa.

30      A tale riguardo, occorre precisare che la direttiva 2006/112 non tratta della questione della rettifica delle dichiarazioni fiscali dei soggetti passivi in caso di applicazione di un’aliquota IVA errata. Spetta quindi agli Stati membri prevedere, nei loro ordinamenti giuridici interni, nel rispetto dei principi di effettività e di equivalenza, la possibilità di rettificare un’imposta indebitamente applicata.

31      Orbene, rendendo impossibile tale rettifica qualora l’attività economica del soggetto passivo non lo conduca ad emettere fatture, bensì ad emettere semplici scontrini di registratori di cassa, senza che sia presa in considerazione la possibilità di pervenire ad una rettifica esaustiva e fedele delle dichiarazioni IVA relative alle operazioni di cui trattasi mediante, in particolare, dati presenti nella memoria di tale registratore di cassa, una prassi come quella dell’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato viola il principio di effettività.

32      Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, mentre la violazione del principio di neutralità fiscale, che costituisce la traduzione, in materia di IVA, del principio della parità di trattamento, può essere contemplata solo tra operatori economici concorrenti, la violazione del principio generale della parità di trattamento può essere contraddistinta, in materia tributaria, da altri tipi di discriminazioni, che toccano operatori economici i quali non sono necessariamente concorrenti, ma versano nondimeno in una situazione comparabile per altri rapporti (sentenza del 14 giugno 2017, Compass Contract Services, C‑38/16, EU:C:2017:454, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

33      È sufficiente constatare che, nel caso di specie, il soggetto passivo che, conformemente all’interpretazione inizialmente sostenuta dall’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, ha applicato l’aliquota IVA del 23% si è necessariamente trovato in una situazione di svantaggio rispetto ai suoi concorrenti diretti che avrebbero applicato l’aliquota IVA ridotta dell’8%, o a causa della ripercussione, parziale o totale, di tale aliquota sui suoi prezzi, pregiudicando così la sua competitività rispetto a quelli praticati dai concorrenti in questione e quindi, possibilmente, il volume delle sue vendite, o a causa della riduzione del suo margine di profitto al fine di mantenere prezzi competitivi. Una prassi dell’amministrazione finanziaria di uno Stato membro come quella descritta dal giudice del rinvio è quindi parimenti contraria al principio di neutralità fiscale.

34      Infine, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il diritto dell’Unione consente che, nell’ambito di un ordinamento giuridico nazionale, sia negata la restituzione di tasse indebitamente percepite qualora essa comporti un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto (sentenza del 18 giugno 2009, Stadeco, C‑566/07, EU:C:2009:380, punto 48).

35      Difatti, la tutela dei diritti garantiti in materia dall’ordinamento giuridico dell’Unione non impone il rimborso di dazi, imposte, e tasse riscossi in violazione del diritto dell’Unione quando è appurato che la persona tenuta al loro pagamento li ha di fatto riversati su altri soggetti (sentenza del 16 maggio 2013, Alakor Gabonatermelő és Forgalmazó, C‑191/12, EU:C:2013:315, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

36      In mancanza di una disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 16 maggio 2013, Alakor Gabonatermelő és Forgalmazó, C‑191/12, EU:C:2013:315, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

37      Di conseguenza, purché sia stato integralmente neutralizzato l’onere economico che ha gravato il soggetto passivo a causa dell’imposta indebitamente riscossa, uno Stato membro può opporsi al rimborso dell’eccedenza dell’IVA applicata illegittimamente argomentando che un rimborso siffatto comporterebbe a vantaggio del soggetto passivo un arricchimento senza causa (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2013, Alakor Gabonatermelő és Forgalmazó, C‑191/12, EU:C:2013:315, punto 28), circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare.

38      Infatti, la Corte ha precisato, a tale riguardo, che l’esistenza e la misura dell’arricchimento senza causa che il rimborso di un tributo indebitamente riscosso alla luce del diritto dell’Unione comporterebbe per un soggetto passivo costituiscono questioni di fatto, che rientrano nella competenza del giudice nazionale, il quale valuta liberamente gli elementi di prova sottoposti al suo esame al termine di un’analisi economica che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 2013, Alakor Gabonatermelő és Forgalmazó, C‑191/12, EU:C:2013:315, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

39      Alla luce delle considerazioni che precedono si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, e l’articolo 73 della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 78, lettera a), della stessa, devono essere interpretati, alla luce dei principi di neutralità fiscale, di effettività e di parità di trattamento, nel senso che ostano a una prassi dell’amministrazione finanziaria di uno Stato membro in forza della quale una rettifica, mediante una dichiarazione tributaria, dell’IVA dovuta è vietata qualora siano state effettuate cessioni di beni e prestazioni di servizi applicando un’aliquota IVA troppo elevata, per il motivo che tali operazioni hanno dato luogo non a una fatturazione, bensì all’emissione di scontrini di registratori di cassa. Anche in tali circostanze, il soggetto passivo che abbia erroneamente applicato un’aliquota IVA troppo elevata ha il diritto di presentare una domanda di rimborso all’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, ove quest’ultima può eccepire l’arricchimento senza causa di tale soggetto passivo solo se essa ha dimostrato, al termine di un’analisi economica che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, che l’onere economico che l’imposta indebitamente riscossa ha fatto gravare su detto soggetto passivo è stato integralmente neutralizzato.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 2 e l’articolo 73 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, in combinato disposto con l’articolo 78, lettera a), della stessa,

devono essere interpretati

alla luce dei principi di neutralità fiscale, di effettività e di parità di trattamento, nel senso che ostano a una prassi dell’amministrazione finanziaria di uno Stato membro in forza della quale una rettifica, mediante una dichiarazione tributaria, dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta è vietata qualora siano state effettuate cessioni di beni e prestazioni di servizi applicando un’aliquota IVA troppo elevata, per il motivo che tali operazioni hanno dato luogo non a una fatturazione, bensì all’emissione di scontrini di registratori di cassa. Anche in tali circostanze, il soggetto passivo che abbia erroneamente applicato un’aliquota IVA troppo elevata ha il diritto di presentare una domanda di rimborso all’amministrazione finanziaria dello Stato membro interessato, ove quest’ultima può eccepire l’arricchimento senza causa di tale soggetto passivo solo se essa ha dimostrato, al termine di un’analisi economica che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti, che l’onere economico che l’imposta indebitamente riscossa ha fatto gravare su detto soggetto passivo è stato integralmente neutralizzato.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.