Language of document : ECLI:EU:T:2004:95

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
31 marzo 2004 (1)

«Marchio comunitario – Domanda di marchio comunitario figurativo e denominativo HAPPY DOG – Marchio nazionale denominativo anteriore HAPPIDOG – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-20/02,

Interquell GmbH, con sede in Wehringen (Germania), rappresentata dall'avv. G.J. Hodapp,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. G. Schneider e U. Pfleghar, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Provimi Ltd, con sede in Staffordshire (Regno Unito), rappresentata dall'avv. Kinkeldey,

interveniente,

interveniente,

interveniente,

controparte nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

SCA Nutrition Ltd, con sede in Staffordshire, rappresentata dall'avv. Kinkeldey,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell'UAMI 27 novembre 2001 (procedimento R 264/2000-2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Interquell GmbH e la SCA Nutrition Ltd,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),



composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. M. Vilaras, giudici,

cancelliere : sig. I. Natsinas, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 dicembre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti della controversia

1
Il 4 luglio 1996 la ricorrente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«UAMI») una domanda di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è un segno misto, denominativo e figurativo, riprodotto qui di seguito:

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3
I prodotti ed i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 31 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla descrizione seguente: «cibo per cani».

4
La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari del 20 aprile 1998, n. 29/98.

5
Il 20 luglio 1998 la SCA Nutrition Ltd ha presentato opposizione ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94. L’impedimento fatto valere a sostegno dell’opposizione era, in particolare, il rischio di confusione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, tra il marchio richiesto e i due marchi anteriori seguenti:

il marchio denominativo, come rappresentato qui di seguito, registrato nel Regno Unito con il n. 1 573 085

HAPPIDOG

il marchio figurativo e denominativo, come rappresentato qui di seguito, registrato nel Regno Unito con il n. B 1 128 306

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6
I prodotti per i quali sono registrati i marchi anteriori rientrano nella classe 31 dell’Accordo di Nizza e corrispondono parimenti a cibo per cani.

7
Con la sua decisione 9 febbraio 2000, la divisione d’opposizione dell’UAMI ha accolto l’opposizione e, conseguentemente, ha rifiutato la registrazione del marchio richiesto, a causa della sua somiglianza con il marchio denominativo anteriore n. 1 573 085 e dell’identità dei prodotti contraddistinti dai due marchi, che rischiano di ingenerare confusione nel pubblico del Regno Unito, dove il marchio anteriore è tutelato.

8
Il 13 marzo 2000 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, contro la decisione della divisione d’opposizione.

9
Tale ricorso è stato respinto con decisione 27 novembre 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata») della seconda commissione di ricorso, notificata alla ricorrente il 30 novembre 2001.

10
La commissione di ricorso ha dichiarato che la decisione della divisione d’opposizione era fondata. In sostanza, la commissione di ricorso ha ritenuto che esistesse un rischio di confusione per il pubblico di riferimento nel Regno Unito, a causa dell’identità dei prodotti contraddistinti dal segno depositato e dal marchio denominativo anteriore n. 1 573 085 e dato che i due segni in conflitto presentavano somiglianze concettuali e visive assai forti.


Procedimento e conclusioni delle parti

11
Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 gennaio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

12
In una lettera del 21 giugno 2002, l’UAMI ha indicato che il marchio denominativo anteriore n. 1 573 085 era stato cancellato dal registro dei marchi britannici in quanto scaduto e ha chiesto la sospensione del procedimento fino alla decisione dell’ufficio competente per la domanda di nuova iscrizione formulata dalla SCA Nutrition. In seguito all’opposizione espressa dalla ricorrente, la domanda di sospensione del procedimento è stata respinta.

13
Con atto depositato presso la cancelleria il 19 agosto 2002, la società Provimi Ltd, cessionaria del marchio denominativo anteriore HAPPIDOG dall’8 luglio 2002, ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni dell’UAMI. Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione 16 ottobre 2002, è stata accolta la domanda della Provimi, la quale è stata autorizzata, conformemente all’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale, a presentare le sue osservazioni in udienza.

14
La SCA Nutrition e l’UAMI hanno depositato il loro controricorso presso la cancelleria del Tribunale il 28 ed il 29 agosto 2002. Nella sua memoria, la SCA Nutrition ha precisato che la registrazione nazionale del marchio denominativo anteriore n. 1 573 085 era stata rinnovata il 10 giugno 2002, prima che il detto marchio venisse ceduto alla Provimi l’8 luglio dello stesso anno.

15
Con lettera del 4 dicembre 2003, la SCA Nutrition e la Provimi hanno comunicato al Tribunale che esse non sarebbero state presenti all’udienza fissata per il 17 dicembre 2003.

16
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI alle spese.

17
L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

18
La SCA Nutrition chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

19
La ricorrente deduce, sostanzialmente, due motivi a sostegno del suo ricorso, relativi alla violazione, innanzi tutto, dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e, in secondo luogo, dell’art. 12 del detto regolamento.

20
Occorre inoltre rilevare che, per la parte in cui è stato operato un rinvio generico agli argomenti contenuti nelle memorie depositate nell’ambito del procedimento amministrativo, il ricorso non soddisfa i requisiti di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e non può quindi essere preso in considerazione (sentenza del Tribunale 7 novembre 1997, causa T‑84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II‑2081, punto 33).

Sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

21
La ricorrente fa valere innanzi tutto che, se applicata a cibo per cani, l’espressione «happy dog» è descrittiva in quanto designa la qualità e la destinazione del detto cibo. Infatti, tale combinazione esprimerebbe in maniera comprensibile al pubblico, in particolare del Regno Unito, che il cibo in questione è talmente sano e saporito che, dopo averlo consumato, il cane è in buona salute e quindi felice.

22
Tale analisi, che non è stata effettuata dalla commissione di ricorso, sarebbe necessaria per determinare la portata della tutela del marchio denominativo anteriore e per verificare se il marchio di cui si chiede la registrazione (in prosieguo, anche: il «marchio richiesto») violi o meno l’ambito della detta tutela.

23
Secondo la ricorrente, a causa del carattere descrittivo dell’espressione «happy dog» la SCA Nutrition ha potuto ottenere la registrazione del suo marchio denominativo nel Regno Unito solo modificando uno dei termini sopra indicati ed unendoli per creare un’espressione grammaticalmente scorretta. Orbene, la tutela di un tale marchio sarebbe limitata ai soli casi di rischio di confusione con segni identici. Ammettere una soluzione contraria equivarrebbe ad impedire agli operatori economici di utilizzare all’interno dei loro segni, accanto ad altri elementi che conferiscono loro un carattere distintivo, termini grammaticalmente corretti ma descrittivi, e ciò a causa della somiglianza fonetica con un marchio costituito, come nella fattispecie, dalla variante grammaticalmente scorretta dei detti termini.

24
Per quanto riguarda la comparazione tra i segni in conflitto, la ricorrente sostiene che questi ultimi non sono simili sul piano visivo. A tale proposito, la commissione di ricorso non avrebbe esaminato gli elementi figurativi del marchio richiesto che sarebbero i soli a permettere la registrazione del detto marchio. Inoltre, la commissione di ricorso avrebbe parimenti violato l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, ritenendo che, da un punto di vista tipografico, i segni in conflitto presentassero una somiglianza rilevante, mentre la veste tipografica del marchio richiesto costituirebbe la prova evidente di un attento lavoro.

25
Peraltro, la ricorrente sostiene che, poiché la portata della tutela del marchio denominativo anteriore è assai limitata, la conclusione che sussista un rischio di confusione tra i segni in questione non può essere fondata su una somiglianza fonetica tra questi ultimi.

26
L’UAMI fa valere che il ragionamento della ricorrente consiste nel sottrarre da ogni marchio in questione l’elemento costitutivo «happy dog», il che lascia permanere, nel caso del marchio richiesto, un solo elemento figurativo e, nel caso del marchio anteriore, il fatto stesso della giustapposizione dei termini «happy» (felice) e «dog» (cane), nonché l’uso della lettera «i» al posto della «y» per il primo dei termini menzionati. Secondo l’UAMI, tale ragionamento porta la ricorrente ad affermare, erroneamente, che la comparazione tra gli elementi costitutivi «residui» fa apparire i segni in questione troppo diversi per poter concludere che esista un rischio di confusione.

27
Il convenuto contesta tale argomentazione in quanto non tiene conto dell’impressione complessiva prodotta da ciascun marchio ed è fondata sulla premessa erronea secondo cui l’elemento costitutivo «happy dog» sarebbe descrittivo dei prodotti contrassegnati.

28
Orbene, da un lato, una valutazione complessiva dei segni in questione permetterebbe di concludere che questi ultimi sono identici sia sul piano concettuale, sia sul piano uditivo, mentre le sole differenze di ordine visivo non sono sufficienti per escludere un rischio di confusione rispetto all’identità dei prodotti contrassegnati.

29
Dall’altro, un sintagma potrebbe venire qualificato come descrittivo solo a condizione di essere spontaneamente inteso, dal pubblico di riferimento, come un’indicazione della specie del prodotto, del suo contenuto, della sua destinazione, il che non avverrebbe nel caso del sintagma «happy dog», il quale, applicato al cibo per cani, costituirebbe tutt’al più un marchio suggestivo. Infatti, parlare di un cane «felice» o «contento» non avrebbe un rapporto immediato con i prodotti di cui trattasi.

30
Dopo aver ricordato che il ruolo del Tribunale è di operare un controllo di legittimità sulle decisioni delle commissioni di ricorso, le quali potrebbero essere censurate solo nei casi in cui esse si siano chiaramente sbagliate nella valutazione giuridica dei fatti accertati, la SCA Nutrition afferma che, nella fattispecie, la seconda commissione di ricorso ha giustamente concluso per l’esistenza di un rischio di confusione.

31
Essa sostiene che, affermando che la tutela del marchio HAPPIDOG è limitata ai soli casi di rischio di confusione con segni identici, la ricorrente interpreta erroneamente l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, che non opera alcuna distinzione nell’ambito dei marchi denominativi, trattando in maniera particolare i marchi costituiti a partire da parole comuni. Inoltre, il sintagma «happy dog» non potrebbe essere considerato descrittivo ai sensi della sentenza della Corte 20 settembre 2001, causa C‑383/99 P, Procter & Gamble/UAMI (Racc. pag. I‑6251). Tale argomento della ricorrente relativo al carattere descrittivo dell’espressione «happy dog» sarebbe, del resto, contraddittorio rispetto alla propria domanda di registrazione di marchio comunitario.

32
La SCA Nutrition sostiene parimenti che, anche supponendo che la portata della tutela del marchio denominativo anteriore sia assai limitata, sussiste chiaramente, nella fattispecie, un rischio di confusione tra i segni in conflitto. Questi ultimi sarebbero identici da un punto di vista uditivo ed estremamente simili sul piano visivo. Al riguardo, l’elemento figurativo del marchio richiesto, che corrisponde ad una grafia pubblicitaria corrente, non ha, secondo la SCA Nutrition, un significato autonomo e sarebbe quindi percepito dai consumatori come una variante del marchio anteriore. Inoltre, la somiglianza concettuale creerebbe necessariamente, rispetto all’identità dei prodotti in questione, un rischio di confusione tra i segni in conflitto.

Giudizio del Tribunale

33
Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Peraltro, in forza dell’art. 8. n. 2, lett. a), sub ii), del regolamento n. 40/94, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

34
Occorre rilevare, innanzi tutto, che la formulazione generale della disposizione di cui sopra contraddice l’argomento della ricorrente che limita la tutela di taluni marchi denominativi, come il marchio anteriore HAPPIDOG, ai soli casi di rischio di confusione con marchi identici. Dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 emerge che tutti i marchi validamente registrati sono tutelati non solo in caso di identità, ma anche di somiglianza tra il marchio anteriore e il segno rivendicato e tra i prodotti o servizi che essi contraddistinguono.

35
Occorre inoltre sottolineare che il rischio di confusione nella mente del pubblico, che condiziona l’applicazione dell’articolo citato e che viene definito come il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 17; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punto 25), dev’essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti del caso di specie (sentenze citate Canon, punto 16; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 18, e Fifties, punto 26).

36
Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi contrassegnati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi contrassegnati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze citate Canon, punto 17; Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 19, e Fifties, punto 27).

37
Inoltre, la percezione dei marchi propria del consumatore dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Nella fattispecie, data la natura dei prodotti considerati (cibo per cani), che sono articoli di consumo corrente, ed il fatto che il marchio denominativo anteriore è registrato e tutelato nel Regno Unito, il pubblico di riferimento rispetto al quale va effettuata l’analisi del rischio di confusione è costituito dal consumatore medio di tale Stato membro. Orbene, il consumatore medio, che si ritiene sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23; Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25, e Fifties, cit., punto 28). D’altronde, occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere ad un confronto diretto tra i vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26).

38
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre procedere alla comparazione, da un lato, dei prodotti interessati e, dall’altro, dei segni in conflitto.

39
È pacifico tra le parti che i prodotti contraddistinti dai segni in conflitto sono identici.

40
Per quanto riguarda la comparazione dei segni, emerge dalla giurisprudenza che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, uditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (sentenze citate SABEL, punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 25).

41
A tale proposito, occorre rilevare che nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che una valutazione particolareggiata non fosse necessaria per concludere che i compratori di cibo per cani avrebbero confuso i due segni in questione, date le somiglianze concettuali e visive molto forti. Essa ha aggiunto che le differenze tra i due segni, una volta apposti su scatole di cibo per cani, ancorché accostate, sono appena visibili (punto 17 della decisione impugnata).

42
Infatti, è giocoforza constatare che i segni in conflitto coincidono nel loro contenuto concettuale, nel senso che entrambi suggeriscono al pubblico di riferimento che il consumo da parte del cane dei prodotti in questione renderebbe quest’ultimo felice.

43
Per quanto riguarda la comparazione visiva, occorre osservare che l’elemento denominativo «happy dog» detiene una posizione preminente nel segno rivendicato. Orbene, dalla comparazione tra l’elemento denominativo dominante del detto segno ed il marchio denominativo anteriore emerge una certa somiglianza visiva (sentenza Fifties, cit., punto 37). Infatti, la differenza determinata dalla giustapposizione dei termini «happy» e «dog» e la sostituzione della lettera «y» con la lettera «i» non è sufficientemente rilevante per escludere ogni somiglianza, tenendo conto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere ad un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta di questi. Tuttavia, nell’ambito della valutazione visiva complessiva dei segni in conflitto, la presenza di elementi figurativi nel marchio richiesto, ancorché poco rilevanti, quali la cornice e i particolari caratteri tipografici del sintagma «happy dog», non permette di affermare che si sia in presenza di una somiglianza visiva molto forte.

44
Anche supponendo che si possa concludere che i segni in conflitto non presentino somiglianze visive, la commissione di ricorso ha legittimamente ravvisato, nella fattispecie, la sussistenza di un rischio di confusione. Tenuto conto dell’identità dei prodotti interessati e della somiglianza concettuale dei segni in questione, alla quale occorre aggiungere, per quanto riguarda il pubblico di riferimento, un’evidente identità fonetica tra i due detti segni, le eventuali differenze visive tra i segni non sarebbero tali da escludere l’esistenza di un rischio di confusione nella percezione del detto pubblico (v., in tal senso, sentenza Fifties, cit., punto 46).

45
Il rischio di confusione così constatato tra i segni in conflitto non è rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente relativo al carattere descrittivo del sintagma «happy dog». Qualora la ricorrente abbia inteso riferirsi alla correlazione stabilita dalla giurisprudenza tra il grado di capacità distintiva del marchio anteriore e la portata della tutela di questo (sentenze cit. SABEL, punto 24; Canon, punto 18, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 20), per dedurne così l’assenza, nella fattispecie, di un rischio di confusione a causa del debole carattere distintivo del marchio denominativo anteriore, occorre considerare tale argomentazione ininfluente.

46
Infatti, anche supponendo, da un lato, che il sintagma «happy dog», applicato a cibo per cani, possa essere considerato descrittivo e che, conseguentemente, dall’altro, il marchio denominativo anteriore sia esso stesso considerato debolmente distintivo, occorre rilevare che, a causa dell’interdipendenza dei fattori rilevanti per la valutazione del rischio di confusione, un’identità dei prodotti contrassegnati associata ad una grande somiglianza dei segni in conflitto, quale constatata nella fattispecie, è sufficiente per concludere nel senso dell’esistenza di un tale rischio [v., analogamente, sentenza del Tribunale 15 gennaio 2003, causa T‑99/01, Mystery Drinks/UAMI – Karlsberg Brauerei (MYSTERY), Racc. pag. II‑43, punto 36].

47
Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che il primo motivo dedotto dalla ricorrente deve essere respinto.

Sull’omessa applicazione dell’art. 12 del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

48
La ricorrente afferma che dall’art. 12 del regolamento n. 40/94 risulta che i diritti del titolare del marchio comunitario sono limitati allorché un terzo usa, per contraddistinguere i suoi prodotti, indicazioni relative, in particolare, alla specie, alla qualità o al valore dei detti prodotti. Conformemente a tale disposizione, la tutela di cui beneficerebbe il marchio denominativo anteriore non consentirebbe di impedire l’uso, come nella fattispecie, di termini descrittivi come «happy dog».

49
Essa sostiene di aver esposto tale argomentazione nell’ambito del procedimento dinanzi all’UAMI ma che quest’ultimo non l’ha esaminata «né ha preso in considerazione l’art. 12 del regolamento n. 40/94». L’UAMI avrebbe quindi violato il detto regolamento, non avendone rispettato le disposizioni applicabili.

50
L’UAMI fa valere che l’art. 12 del regolamento n. 40/94 non è applicabile nell’ambito di un procedimento di registrazione, come la Corte ha d’altronde indicato in un caso di applicazione degli impedimenti assoluti alla registrazione (sentenza della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779) e in base a considerazioni parimenti valide nell’ambito di un procedimento di opposizione fondato sull’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

51
La SCA Nutrition sostiene parimenti che l’art. 12 del regolamento n. 40/94 non è applicabile in un procedimento di registrazione di un marchio comunitario e che la ricorrente non può invocare tale disposizione, in quanto essa ha manifestamente l’intenzione di usare il segno depositato come indicazione dell’origine commerciale, ossia come un marchio, il che non corrisponde alla nozione di uso leale, quale definita dall’art. 12 del regolamento n. 40/94.

Giudizio del Tribunale

52
La ricorrente sostiene che, conformemente all’art. 12 del regolamento n. 40/94, la tutela di cui beneficia il marchio denominativo anteriore non può comportare il divieto per un concorrente di usare, per i suoi prodotti, termini descrittivi come «happy dog».

53
Tuttavia, è giocoforza constatare che dall’esame dell’insieme delle memorie depositate dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo emerge che quest’ultima non ha mai menzionato espressamente l’art. 12 del regolamento n. 40/94, né a fortori ha sviluppato un argomento fondato su tale specifica disposizione del detto regolamento.

54
Alla luce di ciò, la censura della ricorrente secondo la quale la commissione di ricorso ha omesso di statuire sull’applicazione alla fattispecie dell’art. 12 del regolamento n. 40/94 è fondata su una premessa erronea e va respinta.

55
Inoltre, anche supponendo che la commissione di ricorso avrebbe dovuto interpretare l’argomento sviluppato in sede di motivazione del ricorso contro la decisione della divisione d’opposizione, secondo cui i concorrenti devono poter usare liberamente l’espressione descrittiva «happy dog», come un riferimento implicito ma necessario all’art. 12 del regolamento n. 40/94, occorre rilevare che tale articolo non è applicabile nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario.

56
Infatti, l’art. 12 del regolamento n. 40/94 indica quali siano le limitazioni del diritto conferito da un marchio comunitario al suo titolare nell’ambito delle attività commerciali. Così, un presunto contraffattore può, a titolo difensivo, invocare, ove occorra, tale disposizione per esonerarsi da qualsiasi accusa di lesione dei diritti spettanti al titolare di un marchio comunitario composto, in particolare, da termini che indichino la qualità o altre caratteristiche del prodotto di cui trattasi. L’art. 12 del regolamento n. 40/94 non può quindi essere preso in considerazione in sede di procedimento di registrazione di un marchio, in quanto esso non conferisce ai terzi l’uso come marchio di tali termini, nel senso rivendicato dalla ricorrente, bensì si limita ad assicurare loro la possibilità di utilizzarli in modo descrittivo, vale a dire quali indicazioni relative alla qualità o ad altre caratteristiche del prodotto, purché l’utilizzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale [v., per analogia, sentenza Windsurfing Chiemsee, cit., punto 28, e sentenza del Tribunale 15 ottobre 2003, causa T‑295/01, Nordmilch/UAMI (OLDENBURGER), Racc. pag. II‑4365, punti 55‑57].

57
Ne consegue che il secondo motivo dedotto dalla ricorrente va respinto.

58
Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che il ricorso va respinto.


Sulle spese

59
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e la SCA Nutrition ne hanno fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese sostenute dalle dette due parti. Viceversa, le spese sostenute dalla Provimi, che non ha formulato una domanda a tal riguardo, restano a carico di quest’ultima.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) e dalla SCA Nutrition Ltd.

3)
La Provimi Ltd è condannata a sopportare le proprie spese.

Legal

Tiili

Vilaras

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 31 marzo 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

H. Legal


1
Lingua processuale: il tedesco.