Language of document : ECLI:EU:T:2021:933

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

21 dicembre 2021 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Contratti di sovvenzione conclusi nel contesto di diversi programmi dell’Unione – Violazione delle clausole contrattuali da parte della società beneficiaria – Costi ammessi – Indagine dell’OLAF – Liquidazione della società – Recupero in capo ai soci di detta società – Esecuzione forzata – Affermazioni formulate dai rappresentanti della Commissione dinanzi alle giurisdizioni nazionali – Identificazione del convenuto – Violazione dei requisiti formali – Irricevibilità parziale – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai privati»

Nelle cause riunite T‑721/18 e T‑81/19,

Zoï Apostolopoulou, residente ad Atene (Grecia),

Anastasia Apostolopoulou-Chrysanthaki, residente ad Atene,

rappresentate da D. Gkouskos, avvocato,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da J. Estrada de Solà e T. Adamopoulos, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto alcune domande fondate sull’articolo 268 TFUE e intese, essenzialmente, a ottenere un risarcimento del danno che le ricorrenti avrebbero subìto a causa delle affermazioni formulate dai rappresentanti della Commissione nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata, nei loro confronti, delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63) dinanzi al Protodikeio Athinon (Tribunale di primo grado di Atene, Grecia) e all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene, Grecia),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, M. Kancheva (relatrice) e T. Perišin, giudici,

cancelliere: I. Pollalis, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 maggio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La prima ricorrente nelle cause T‑721/18 e T‑81/19, la sig.ra Zoï Apostolopoulou, è un’avvocatessa iscritta all’ordine di Atene (Grecia). La seconda ricorrente nelle stesse cause, la sig.ra Anastasia Apostolopoulou‑Chrysanthaki, che è peraltro la madre della prima ricorrente, è un’ex funzionaria, attualmente in pensione.

 Fatti anteriori alla proposizione del ricorso nella causa T721/18

2        Le ricorrenti sono le uniche due socie della Koinonia Tis Pliroforias Anoichti Stis Eidikes Anagkes – Isotis (in prosieguo: la «Isotis»), una società di diritto civile senza scopo di lucro ai sensi dell’articolo 741 del codice civile ellenico, costituita il 7 gennaio 2004.

3        La società di diritto civile prevista dagli articoli da 741 a 743 del codice civile ellenico è concepita principalmente come una forma di associazione tra persone priva di personalità giuridica. Tuttavia, una società di diritto civile può acquisire personalità giuridica, ai sensi dell’articolo 784 del codice civile ellenico, qualora svolga un’attività economica, che può essere senza scopo di lucro, e siano soddisfatti gli obblighi di pubblicità previsti per le società in nome collettivo, vale a dire la redazione dello statuto e la sua pubblicazione. La società ha carattere economico quando la realizzazione del suo oggetto comporta, necessariamente o potenzialmente, l’assunzione di una responsabilità contrattuale o extracontrattuale o può sfociare nell’erogazione di prestazioni che, secondo gli usi commerciali, sono di norma retribuite. Laddove le condizioni previste dall’articolo 784 del codice civile ellenico non siano soddisfatte e la società di diritto civile sia priva, quindi, di personalità giuridica, ciascun socio risponde degli obblighi insorti nei confronti dei terzi a causa della gestione o della rappresentanza della società proporzionalmente alla sua quota sociale, a norma dell’articolo 759 del codice civile ellenico.

4        Per contro, alla data di costituzione della Isotis, se gli obblighi previsti dall’articolo 784 del codice civile ellenico erano soddisfatti e la società di diritto civile beneficiava pertanto della personalità giuridica, i creditori di detta società potevano agire nei confronti dei soci per ottenere il pagamento del loro credito solo dopo lo scioglimento e la liquidazione della società e a condizione che il patrimonio di quest’ultima non fosse sufficiente a soddisfarli.

5        L’11 aprile 2012 è entrata in vigore la Nómos 4072/2012 – Veltíosi epicheirimatikoú perivállontos (legge 4072/2012, per il miglioramento del clima imprenditoriale) (FEK A’ 86/11.4.2012), i cui articoli 249, paragrafo 1, e 270, paragrafo 1, sanciscono la responsabilità parallela, illimitata e solidale dei soci della società di diritto civile dotata di personalità giuridica per i debiti della società.

6        In forza dell’articolo 2 del suo atto costitutivo, pubblicato nel registro delle imprese del Protodikeio Athinon (Tribunale di primo grado di Atene, Grecia), la Isotis ha per oggetto sociale la promozione della parità di trattamento e dell’integrazione delle persone con bisogni specifici nella società dell’informazione, attraverso l’informazione e la diffusione di norme e orientamenti internazionali riconosciuti e pertinenti in materia di accessibilità e attraverso l’assistenza giuridica nella redazione e nell’applicazione della normativa in materia.

7        A norma dell’articolo 5 dello statuto della Isotis, la prima ricorrente gestisce da sola tutte le attività della società, la rappresenta dinanzi a tutte le autorità e assume impegni per la medesima mediante apposizione della sua firma sotto il nome e il timbro della società.

8        Ai sensi dell’articolo 8 di detto statuto, la Isotis, quale persona giuridica senza scopo di lucro, risponde unicamente con il proprio patrimonio degli obblighi da essa assunti e dei suoi debiti. I soci rispondono dei debiti o di altri obblighi della società nei confronti di terzi solamente nei limiti del conferimento da loro effettuato, che costituisce un elemento del patrimonio della società.

9        La Isotis aveva concluso diversi contratti con la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione delle Comunità europee, aventi ad oggetto la realizzazione di taluni progetti. Detti contratti erano stati conclusi tra, da una parte, la Comunità, rappresentata dalla Commissione, e, dall’altra, un coordinatore e i membri di un consorzio, tra i quali figurava la Isotis.

10      Tra questi contratti, nove sono stati sottoposti a una verifica finanziaria condotta dalla Commissione dall’8 al 12 febbraio 2010. Nella relazione definitiva di verifica, adottata dalla Commissione e inviata alla Isotis il 22 dicembre 2010, emergeva quanto segue:

–        per molti anni di seguito, la Isotis non aveva contabilizzato, in particolare, i propri ricavi esatti nei propri libri contabili e nei propri archivi, violando le relative disposizioni della legislazione ellenica; ne conseguiva che le sue scritture contabili non erano attendibili e che non era possibile realizzare alcun confronto diretto tra le spese e i ricavi relativi all’esecuzione dei programmi e alla situazione generale della sua contabilità;

–        una notevole percentuale di fogli di presenza del personale recava sistematicamente correzioni a mano effettuate a posteriori dal direttore dei programmi, senza il consenso del personale; ciò comportava importanti conseguenze sull’orario di lavoro dichiarato e sollevava dubbi circa la registrazione delle ore di lavoro;

–        i fogli di presenza del direttore dei programmi indicavano un numero eccessivo di ore di lavoro, che coincidevano con quelle dedicate ad altre attività professionali;

–        la Isotis aveva dichiarato falsamente che il direttore dei programmi non aveva partecipato all’esecuzione di un altro contratto di finanziamento concluso con la Commissione (ETSI STF 333);

–        la giustificazione delle spese di viaggio non forniva un quadro attendibile e oggettivo delle condizioni e delle attività intraprese nel contesto di tali spostamenti, in quanto la maggior parte di tali viaggi non era direttamente collegata ai programmi in esame.

11      In base alla relazione di verifica, si doveva quindi ritenere che tutte le spese sostenute dalla Isotis nel corso dell’esecuzione dei contratti oggetto della verifica condotta nel febbraio 2010 non fossero ammesse e che tutti i relativi importi versati alla Isotis dovessero essere recuperati.

12      La relazione di verifica raccomandava parimenti, riguardo alla gravità delle violazioni constatate, di denunciare tutti i contratti in corso conclusi dalla Isotis con la Commissione.

13      Nella sua lettera del 22 dicembre 2010, la Commissione indicava la somma da rimborsare per ciascuno dei contratti oggetto della verifica del febbraio 2010, precisando che gli adeguamenti resi necessari dal versamento a favore della Isotis di somme non ammesse potevano incidere sui pagamenti futuri per detti contratti o comportare un ordine di riscossione. Essa comunicava altresì alla Isotis che, oltre all’attuazione di tali adeguamenti, i suoi servizi potevano calcolare l’importo dell’indennità forfettaria dovuta all’Unione ai sensi dell’articolo II.30 delle condizioni generali dei contratti oggetto della verifica del febbraio 2010 ed emettere, eventualmente, un ordine di riscossione relativo a tale indennità.

14      In virtù di un accordo, concluso il 28 dicembre 2010 e pubblicato nel registro delle imprese del Protodikeio Athinon (Tribunale di primo grado di Atene) il 17 gennaio 2011, la Isotis veniva posta in liquidazione. A, che peraltro è il coniuge della prima ricorrente e che fino a quella data era responsabile dei programmi europei presso la Isotis, veniva, in tale occasione, nominato mandatario per portare a termine la liquidazione di quest’ultima.

15      Il 31 gennaio 2011, la Isotis proponeva un ricorso ai sensi dell’articolo 272 TFUE, registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero di ruolo T‑59/11, chiedendo al Tribunale di voler accertare che essa non era tenuta a rimborsare le spese sostenute nel quadro dei contratti oggetto della verifica del febbraio 2010 trattandosi di spese ammesse e di voler condannare la Commissione a versare l’ultima parte della sovvenzione prevista da detti contratti, maggiorata di interessi di mora.

16      Il 29 aprile 2011, la Commissione ha emesso nove note di debito che indicavano l’importo da rimborsare per ciascuno dei contratti oggetto della verifica del febbraio 2010 e fissavano alla Isotis un termine di 45 giorni per rimborsare le somme dovute, con scadenza il 14 giugno 2011; scaduto il termine, dette somme sarebbero state maggiorate degli interessi di mora previsti nei contratti di cui trattasi al tasso della Banca centrale europea (BCE), maggiorato di 3,5 punti.

17      Il 20 giugno 2011, la Commissione ha emesso sei note di debito per i contratti oggetto della verifica del febbraio 2010, che stimavano pari a un importo complessivo di EUR 70 471,47 le somme dovute dalla Isotis a titolo di indennità forfettaria in virtù dell’articolo II.30 delle condizioni generali di detti contratti.

18      Inoltre, su richiesta della Commissione, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha condotto un’indagine vertente su potenziali frodi perpetrate dalla Isotis, dalla prima ricorrente e da A a danno degli interessi finanziari dall’Unione. Detta indagine è sfociata nella formulazione, in una relazione del 15 novembre 2011, di una serie di raccomandazioni dell’OLAF ai fini dell’adozione di misure adeguate e dell’invio di informazioni alle autorità elleniche visti i sospetti concernenti un reato di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione. La Commissione ha trasmesso la relazione di indagine definitiva dell’OLAF all’Eisangelia Plimmeleiodikon Athinon (Ufficio della Procura presso il Tribunale penale di Atene, Grecia).

19      Con sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), il Tribunale ha respinto le domande della Isotis e ha accolto la domanda riconvenzionale della Commissione, condannando detta società a rimborsare alla Commissione la somma di EUR 999 213,45, oltre agli interessi a far data dal 15 giugno 2011, al tasso della BCE, maggiorato di 3,5 punti, corrispondente al rimborso del contributo finanziario di cui essa aveva beneficiato in forza dei contratti oggetto della verifica del febbraio 2010, nonché la somma di EUR 70 471,47, oltre agli interessi al tasso della BCE, maggiorato di 3,5 punti, a far data dal 5 agosto 2011, corrispondente all’indennità forfettaria dovuta per sei tra detti contratti.

20      Il 25 settembre 2014, la Isotis ha proposto appello avverso detta sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), registrato presso la cancelleria della Corte al numero di ruolo C‑450/14 P. La Corte ha respinto detta impugnazione con ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477).

21      In parallelo ai contratti oggetto della verifica del febbraio 2010, la Comunità aveva concluso con la Intelligence for Environment and Security – IES Solutions Srl e con altre 21 controparti stabilite in diversi Stati membri dell’Unione, tra cui la Isotis, il contratto n. 238940 «REsponding to All Citizens needing Help (REACH112)». Detto contratto aveva ad oggetto la realizzazione del progetto REACH112, che si inseriva nel quadro della realizzazione del programma di sostegno strategico in materia di TIC rientrante nel programma quadro CIP. Detto progetto mirava a proporre applicazioni alternative alla telefonia vocale tradizionale che fossero accessibili a tutti.

22      Il 13 settembre 2013, la Commissione ha emesso la nota di addebito n. 3241310346, relativa al recupero di un importo di EUR 47 197,93 a causa della fine della partecipazione della Isotis al progetto REACH112 a partire dal 1° luglio 2010. Nella nota di debito si precisava che tale importo corrispondeva al prefinanziamento ricevuto dalla Isotis da parte del coordinatore di detto progetto e che i costi accettati dalla Commissione a seguito della verifica del febbraio 2010 ammontavano a EUR 0.

23      Il 24 ottobre 2013, la Isotis ha proposto dinanzi al Tribunale un nuovo ricorso fondato sull’articolo 272 TFUE, con cui chiedeva al Tribunale di accertare che essa non era tenuta a rimborsare alla Commissione la somma di EUR 47 197,93 e che, in ogni caso, la domanda di restituzione della Commissione era priva di fondamento quanto alle spese sostenute per il primo periodo di riferimento del progetto REACH112, per un importo di EUR 13 821,12. Nel suo controricorso, la Commissione ha chiesto al Tribunale, in via riconvenzionale, di condannare la ricorrente a versarle la somma di EUR 47 197,93, maggiorata degli interessi di mora.

24      Con sentenza del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), il Tribunale ha accolto il ricorso della Isotis per quanto riguarda i costi da essa dichiarati per il primo periodo di riferimento del progetto REACH112, respingendolo per il resto. Il Tribunale ha rigettato, di conseguenza, la domanda riconvenzionale della Commissione per quanto riguardava i costi dichiarati dalla Isotis per il primo periodo di riferimento del progetto REACH112 e ha condannato la Isotis a pagare alla Commissione l’importo di EUR 33 376,81, aumentato degli interessi moratori al tasso del 4% annuo a decorrere dal 29 ottobre 2013 e fino al completo pagamento di tale importo.

25      Il 23 maggio 2016, il procuratore presso il Tribunale penale di Atene, ritenendo che non vi fossero elementi indicanti che la prima ricorrente o A si fossero resi responsabili di un reato di frode a danno degli interessi dell’Unione, ha archiviato l’indagine avviata a loro carico. Nella relazione si precisava altresì che nessun elemento agli atti consentiva di accertare un coinvolgimento sostanziale della prima ricorrente in una qualsivoglia attività condotta dal coniuge in collegamento con il finanziamento dei contratti di cui trattavasi, il che confermava espressamente la relazione dell’OLAF.

26      Il 7 settembre 2017, la Commissione ha notificato alle ricorrenti i titoli esecutivi n. 692/2016 e n. 693/2016, rilasciati dal Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene, Grecia) sulla base, rispettivamente, dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e della sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e un’ingiunzione di pagamento del 20 luglio 2017 per un importo totale di EUR 1 090 055,42 da versarsi entro il 22 febbraio 2017, maggiorato degli interessi dovuti per ciascun giorno di ritardo sino al completo rimborso di detta somma.

27      In pari data, la Commissione ha inoltre notificato alle ricorrenti il titolo esecutivo n. 553/2016, rilasciato dal Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) sulla base della sentenza del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), e un’ingiunzione di pagamento del 20 luglio 2017 per una somma di EUR 33 376,81, maggiorata degli interessi di mora al tasso del 4% annuo a partire dal 29 ottobre 2013 e sino all’integrale versamento di detta somma

28      L’11 settembre 2017, le ricorrenti hanno proposto opposizione all’esecuzione forzata, di cui hanno chiesto la sospensione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene).

29      Il 1° novembre 2017, le ricorrenti hanno depositato dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), una domanda volta, nuovamente, a ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata e la tutela della loro dignità personale sino alla pronuncia di una decisione definitiva sull’opposizione.

30      Il 12 dicembre 2017, il Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) ha sentito, in pubblica udienza, i rappresentanti della Commissione e le ricorrenti con riferimento alle domande di sospensione dell’esecuzione forzata e di tutela della loro dignità personale depositate da queste ultime. In occasione di detta udienza, un agente dell’OLAF ha testimoniato a sostegno della Commissione.

31      Il 14 dicembre 2017, la Commissione ha depositato dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) due «memorie per la camera di consiglio» riguardanti, rispettivamente, la domanda di sospensione dell’esecuzione forzata e la domanda di provvedimenti provvisori.

32      Le domande di sospensione dell’esecuzione forzata e di tutela della dignità personale formulate dalle ricorrenti sono state respinte con decisione del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), rispettivamente, l’11 gennaio 2018 e il 18 gennaio 2018.

33      Il 17 aprile 2018, i rappresentanti della Commissione hanno depositato le loro conclusioni scritte sull’opposizione all’esecuzione forzata proposta dalle ricorrenti l’11 settembre 2017 dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene).

34      Il 20 aprile 2018, i rappresentanti della Commissione hanno depositato dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) una memoria integrativa.

35      Il 4 luglio 2018, il Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) ha accolto parzialmente l’opposizione proposta dalle ricorrenti nei confronti della domanda di esecuzione forzata inoltrata dalla Commissione e ha annullato l’ingiunzione di pagamento del 20 luglio 2017, che figura in calce alle copie dei titoli esecutivi n. 692/2016 e n. 693/2016 rilasciati a seguito dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e della sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679). L’opposizione è stata respinta per il resto.

36      Il 12 settembre 2018, le ricorrenti hanno proposto appello avverso la decisione del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene, Grecia).

37      Il 20 settembre 2018, la Commissione ha chiesto, in forza delle disposizioni del codice di procedura civile ellenico applicabile, che venissero disposti due pignoramenti sui fondi detenuti dalle ricorrenti presso cinque istituti bancari ellenici per un importo pari, rispettivamente, a EUR 1 222 233,91 e a EUR 217 407,61. Gli istituti bancari destinatari hanno dichiarato che le ricorrenti non erano titolari di alcun conto bancario o che i conti esistenti non contenevano depositi o, per uno di essi, solo un deposito non pignorabile. A seguito di indagini, la Commissione ha accertato inoltre che le ricorrenti non erano proprietarie di alcun bene immobile a proprio nome.

 Fatti successivi alla proposizione del ricorso nella causa T721/18

38      Il 12 dicembre 2018, i rappresentanti della Commissione hanno depositato dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) le loro conclusioni sull’appello proposto dalle ricorrenti avverso la sentenza del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) del 4 luglio 2018.

39      Il 18 dicembre 2018, i rappresentanti della Commissione hanno depositato una memoria integrativa dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene).

40      Con sentenza del 31 luglio 2019, l’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) ha annullato la sentenza del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) del 4 luglio 2018 e ha accolto l’opposizione proposta dalle ricorrenti avverso la domanda di esecuzione forzata formulata dalla Commissione. La decisione dell’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) era motivata, sostanzialmente, dal fatto che il diritto ellenico applicabile non consentiva di ottenere l’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), nei confronti delle ricorrenti; una siffatta esecuzione poteva infatti essere richiesta unicamente a carico della persona giuridica Isotis, benché le ricorrenti ne fossero le uniche due socie e benché detta società si trovasse, all’atto della presentazione della domanda di esecuzione forzata, in fase di liquidazione. Con tale medesima sentenza, l’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) ha annullato l’ingiunzione di pagamento del 20 luglio 2017 apposta al titolo esecutivo rilasciato a seguito dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e della sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e l’ingiunzione di pagamento recante la medesima data e apposta al titolo esecutivo rilasciato a seguito della sentenza del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63).

41      Il 6 agosto 2019, la Commissione ha notificato agli istituti bancari interessati la revoca dei pignoramenti del 20 settembre 2018.

 Procedimento e conclusioni delle parti

42      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2018, le ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto, segnatamente, a ottenere il risarcimento del danno che esse asseriscono di aver subito a causa della lesione della loro reputazione e della loro dignità da parte dei rappresentanti della Commissione e di un agente dell’OLAF, nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene). Il ricorso di cui trattasi è stato registrato con numero di ruolo T‑721/18.

43      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2019, le ricorrenti hanno proposto un ricorso volto, segnatamente, a ottenere il risarcimento del danno che esse asseriscono di aver subito a causa della lesione della loro reputazione e della loro dignità da parte dei rappresentanti della Commissione, nel quadro del procedimento di appello dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) contro la sentenza del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) del 4 luglio 2018, che aveva parzialmente accolto la loro opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63). Il ricorso di cui trattasi è stato registrato con numero di ruolo T‑81/19. Nel loro atto introduttivo, le ricorrenti hanno chiesto che detta causa fosse riunita alla causa T‑721/18 ai sensi dell’articolo 68 del regolamento di procedura del Tribunale.

44      Il 1° agosto 2019, per mezzo di una misura di organizzazione del procedimento adottata sulla base dell’articolo 89, paragrafo 3, lettera b), del regolamento di procedura, il Tribunale ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni sulla situazione di litispendenza che poteva insorgere a fronte dalla proposizione del ricorso nella causa T‑81/19, tenuto conto del ricorso già proposto nella causa T‑721/18. La Commissione e le ricorrenti hanno ottemperato alla misura di organizzazione del procedimento, rispettivamente, il 30 agosto 2019 e il 3 settembre 2019.

45      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la giudice relatrice è stata assegnata alla Nona Sezione, alla quale le presenti cause sono state di conseguenza attribuite.

46      Nella causa T‑721/18, nessuna delle parti ha presentato domanda di udienza di discussione nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento. Nella causa T‑81/19, il 20 febbraio 2020 le parti hanno chiesto che si tenesse un’udienza ai sensi dell’articolo 106 del regolamento di procedura.

47      L’11 maggio 2020, per mezzo di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha posto alcuni quesiti alle ricorrenti nella causa T‑721/18 e nella causa T‑81/19, nonché alla Commissione nella causa T‑81/19. La Commissione e le ricorrenti hanno risposto ai quesiti del Tribunale, rispettivamente, l’8 giugno 2020 e il 15 giugno 2020.

48      Con decisione del presidente della Nona Sezione del Tribunale del 26 giugno 2020, le cause T‑721/18 e T‑81/19 sono state riunite ai fini della fase scritta e della fase orale del procedimento e ai fini della decisione definitiva, ai sensi dell’articolo 68 del regolamento di procedura.

49      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento nelle cause riunite T‑721/18 e T‑81/19. Il 28 settembre 2020, le ricorrenti hanno chiesto, sulla base dell’articolo 107, paragrafo 2, del regolamento di procedura, a causa della situazione sanitaria connessa alla crisi COVID-19, il rinvio dell’udienza inizialmente fissata per il 9 ottobre 2020, alla quale erano state debitamente convocate. Il 18 novembre 2020, le ricorrenti hanno chiesto, per le medesime ragioni, il rinvio dell’udienza fissata per il 4 dicembre 2020. Sempre per le stesse ragioni, il 28 gennaio 2021, le ricorrenti hanno chiesto nuovamente il rinvio dell’udienza fissata per il 4 febbraio 2021. Le ricorrenti hanno precisato, inoltre, di non volersi avvalere della possibilità di partecipare all’udienza per videoconferenza. Il 4 febbraio 2021, la cancelleria del Tribunale ha comunicato alle parti che l’udienza di discussione si sarebbe tenuta il 20 maggio 2021.

50      Con lettere del 29 aprile 2021, le ricorrenti hanno chiesto, da una parte, sulla base dell’articolo 18 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 16 del regolamento di procedura, che la giudice relatrice non partecipasse alla definizione delle presenti cause e, dall’altra, un ulteriore rinvio dell’udienza di discussione in attesa della designazione di un nuovo giudice relatore.

51      Con decisione del 12 maggio 2021, il presidente del Tribunale, sentita la giudice relatrice, ha deciso di respingere la domanda delle ricorrenti volta a escludere quest’ultima dalla decisione delle presenti cause.

52      Le parti hanno svolto le loro difese e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 20 maggio 2021.

53      Nella causa T‑721/18, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione e l’Unione, congiuntamente e in solido, a versare a ciascuna di esse l’importo di EUR 500 000, vale a dire, per ciascuna delle voci di danno che seguono:

–        EUR 100 000 per la lesione della dignità personale di ciascuna delle ricorrenti cagionata con la «memoria» della Commissione depositata il 14 dicembre 2017 dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), al termine della discussione, il 12 dicembre 2017, sul ricorso dell’11 settembre 2017 proposto dalle ricorrenti, diretto a ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata avviata nei loro confronti;

–        EUR 100 000 per la lesione della dignità personale di ciascuna delle ricorrenti cagionata con la «memoria» della Commissione depositata il 14 dicembre 2017 dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), al termine della discussione, il 12 dicembre 2017, sul ricorso del 1° novembre 2017 proposto dalle ricorrenti, vertente sulla sospensione dell’esecuzione forzata e sulla tutela della loro dignità personale;

–        EUR 100 000 per lesione della dignità personale di ciascuna delle ricorrenti cagionata all’udienza del 12 dicembre 2017 con la deposizione del teste, proposta ed esaminata in occasione della discussione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), nel quadro del procedimento sommario vertente sul ricorso dell’11 settembre 2017 proposto dalle ricorrenti, mirante alla sospensione dell’esecuzione forzata avviata nei loro confronti, e sul ricorso del 1° novembre 2017, vertente sulla domanda di sospensione dell’esecuzione forzata e sulla tutela della loro dignità personale;

–        EUR 100 000 per la lesione della dignità personale di ciascuna delle ricorrenti cagionata con le conclusioni del 17 aprile 2018 depositate dalla Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), al termine della discussione sull’opposizione dell’11 settembre 2017 proposta dalle ricorrenti dinanzi al giudice succitato;

–        EUR 100 000 per la lesione della dignità personale di ciascuna delle ricorrenti cagionata con la memoria integrativa del 20 aprile 2018, presentata dalla Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), a seguito della discussione sull’opposizione dell’11 settembre 2017 proposta dalle ricorrenti dinanzi a detto giudice;

–        condannare la Commissione e l’Unione ad astenersi in futuro da qualsiasi violazione della dignità personale delle ricorrenti;

–        condannare la Commissione a ripristinare la loro onorabilità e la loro reputazione mediante una sua dichiarazione dinnanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), ove pende la procedura di opposizione all’esecuzione forzata;

–        condannare la Commissione e l’Unione alle spese.

54      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

55      Nella causa T‑81/19, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione e l’Unione, congiuntamente e in solido, a versare a ciascuna di esse l’importo di EUR 1 100 000 a titolo di risarcimento del danno morale da esse subito per la violazione della loro dignità personale, a causa delle false affermazioni formulate dalla Commissione nelle conclusioni e nella memoria integrativa – memoria di difesa da essa depositata dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), vale a dire, più precisamente:

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «l’unico modo per recuperare i fondi europei è quello di applicare una misura di esecuzione forzata a carico dei beni delle opponenti (che erano anche le persone fisiche che agivano dietro alla [Isotis] – le sue socie)», nella misura in cui tale dichiarazione sottintende chiaramente e direttamente che le ricorrenti gestivano da sole i programmi europei, agivano in maniera opaca e si sono appropriate dei fondi europei e che la Isotis era – secondo tali insinuazioni – una persona giuridica fittizia;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «le opponenti cercano, in modo del tutto illecito e abusivo, di sottrarsi ad ogni responsabilità e di prendere le distanze rispetto a un’attività che seguivano e gestivano loro stesse direttamente da dieci anni e tramite una persona appartenente alla loro immediata cerchia familiare»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «è stato altresì dimostrato in diritto che quest’ultima aveva asseritamente subito un danno importante, quale conseguenza diretta degli atti e delle violazioni commesse nel corso di molti anni dai dirigenti della società di diritto civile controparte»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo cui si tratta di un debito «che non è stato contratto da un soggetto giuridico loro estraneo, ma dalla loro società di diritto civile senza scopo di lucro, dietro alla quale agivano, sin dal primo momento, esclusivamente, le opponenti e una persona appartenente alla loro immediata cerchia familiare», nella misura in cui tale affermazione sottintende chiaramente e direttamente che le ricorrenti gestivano da sole i programmi europei, agivano in maniera opaca e si sono appropriate dei fondi europei e che la Isotis era – secondo tali insinuazioni – una persona giuridica fittizia;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «le opponenti sono rimaste le sole socie della società di diritto civile e sono state, dall’inizio sino alla fine, al corrente della gestione, sotto il loro controllo, dei fondi pubblici europei di cui la loro società beneficiava»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale, «se del caso, [esse] si sono ormai rese conto che non possono più sottrarsi all’infinito alle loro responsabilità e si nascondono dietro il carattere “autonomo”, a loro avviso, della persona giuridica della loro società di diritto civile», nella misura in cui tale dichiarazione sottintende chiaramente e direttamente che le ricorrenti gestivano da sole i programmi europei, agivano in maniera opaca e si sono appropriate dei fondi europei e che la Isotis era – secondo tali insinuazioni – una persona giuridica fittizia;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale, «con tale affermazione, le opponenti cercano ancora una volta di sottrarsi alle loro responsabilità, nascondendosi dietro l’asserita “personalità giuridica” della loro società di diritto civile senza scopo di lucro», nella misura in cui tale dichiarazione sottintende chiaramente e direttamente che le ricorrenti gestivano da sole i programmi europei, agivano in maniera opaca e si sono appropriate dei fondi europei e che la Isotis era – secondo tali insinuazioni – una persona giuridica fittizia;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «sottolineiamo in modo categorico, respingendo l’argomento dedotto a questo riguardo dalle controparti, che la Commissione europea non ha mai riconosciuto la “Koinonia Tis Pliroforias Anoichti Stis Eidikes Anagkes – Isotis” come una persona giuridica autonoma»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «si trattava, in altre parole, di una società di diritto civile il cui oggetto era caritativo e di solidarietà sociale e umanitaria verso le persone con bisogni specifici di cui essa si è impegnata a promuovere la parità di trattamento nel settore della società dell’informazione[; ]il suo obiettivo non era di carattere economico[; i]l suo stesso statuto prevedeva espressamente che “[i]n ogni caso, la società agisce quale persona giuridica senza scopo di lucro” (articolo 2, ultimo comma)»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo cui «una società avente un siffatto oggetto statutario è priva di personalità giuridica, posto che i servizi forniti da una società di diritto civile senza scopo di lucro hanno carattere “ideologico”, “morale” (…) non possono essere considerati come aventi natura economica[; i]noltre, è in ragione di detto oggetto che essa è sovvenzionata dalla Commissione[; d]i conseguenza, ai sensi dell’articolo 759 del codice civile ellenico, le obbligazioni della società di diritto civile verso la Commissione europea gravano sulle due convenute, sue socie»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «[p]roprio [la prima ricorrente] era una delle due socie della società di diritto civile Isotis, ne era amministratore unico, rappresentante legale e tesoriere, mentre [la seconda ricorrente] era l’altra delle due socie della società di diritto civile»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «[s]i trattava di una società di diritto civile, di natura personale, la cui sede statutaria era il domicilio delle convenute»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «le opponenti (anche con la collaborazione di altre persone, come il coniuge della prima [ricorrente], [A]) erano, per definizione, le sole persone competenti ad assumere tutte le decisioni per la loro società, gestirne tutte le attività, negoziare e concludere contratti con terzi[; s]olo queste due socie (...) potevano decidere sovranamente[; l]’esistenza della loro società era puramente formale»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «[q]uanto precede porta ragionevolmente a ritenere che la procedura di liquidazione della società di diritto civile senza scopo di lucro [Isotis], a lungo protratta, sia attuata in maniera illecita, con l’obiettivo manifesto di sfuggire alle conseguenze che la legge prevede in merito alla responsabilità sua e dei suoi soci nei confronti dei creditori della società»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «[la Isotis] è una piccola società di diritto civile senza scopo di lucro e senza finalità economica, priva di personale»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo cui la Isotis è una società «che non ha concluso operazioni negoziali con molti terzi»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo cui la Isotis è una società «che non era soggetta all’obbligo di rispettare norme contabili e di tenere registri commerciali complessi»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «il funzionamento e l’organizzazione della società di diritto civile di cui trattasi non presentano una complessità che possa comportare, se del caso, ritardi nella liquidazione e che si riscontra, di norma, nelle grandi società commerciali con attività quotidiana e varia[; s]olo in un caso del genere si giustificherebbe la lunga procedura di liquidazione seguita allo scioglimento della società di cui trattasi»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «[i]noltre, la [Isotis] aveva un oggetto sociale caritativo specifico»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale «la sua attività era stata pienamente conclusa all’atto del suo scioglimento»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo cui le ricorrenti «sono ovviamente responsabili, poiché, quali uniche socie di una società di diritto civile senza scopo di lucro priva di personalità giuridica, esse sono, ex lege, coinvolte in maniera sostanziale nella gestione e nel funzionamento della loro società di diritto civile», e «sono ovviamente responsabili, poiché, quali uniche socie di una società di diritto civile senza scopo di lucro priva di personalità giuridica, esse sono, per legge, coinvolte in maniera sostanziale nella gestione e nel funzionamento della loro società di diritto civile»;

–        EUR 50 000 per l’affermazione secondo la quale, «posto che le ricorrenti hanno lo status di socie della società di diritto civile senza scopo di lucro [Isotis], si presume che siano loro, e non un terzo, chiunque esso sia, a esercitare anche la gestione della società»;

–        ingiungere alla Commissione e all’Unione di astenersi in futuro da qualsiasi violazione della loro dignità personale;

–        ingiungere alla Commissione di ripristinare la loro onorabilità e la loro reputazione mediante una sua dichiarazione;

–        condannare la Commissione alle spese.

56      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile e, in ogni caso, in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

57      La Commissione deduce numerosi motivi di irricevibilità nei confronti dei ricorsi proposti nell’ambito delle presenti cause. La Commissione eccepisce l’irricevibilità dei ricorsi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 in ragione della carente precisione dei medesimi, sia con riferimento al loro oggetto e agli argomenti sollevati dalle ricorrenti, sia con riferimento all’identità delle convenute e alla portata del secondo e del terzo capo delle conclusioni. La Commissione sostiene inoltre che il ricorso nella causa T‑81/19 sarebbe irricevibile a causa di una situazione di litispendenza risultante dalla proposizione, da parte delle stesse ricorrenti, del ricorso nella causa T‑721/18.

 Sulla mancanza di precisione degli atti introduttivi

58      Senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la Commissione sostiene che gli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 non soddisferebbero i requisiti di chiarezza e precisione di cui all’articolo 76 del regolamento di procedura per quanto concerne l’oggetto della controversia, gli argomenti dedotti, il secondo e terzo capo delle conclusioni, nonché l’identità delle convenute.

–       Sul rispetto dei requisiti di chiarezza e precisione con riferimento all’oggetto della controversia e agli argomenti dedotti dalle ricorrenti

59      La Commissione sostiene che sarebbe impossibile determinare l’oggetto della controversia posto che tutti i motivi e gli argomenti sollevati dalle ricorrenti sarebbero collegati o all’oggetto di controversie sulle quali il giudice dell’Unione si è pronunciato in maniera definitiva, o all’oggetto di controversie sulle quali il giudice ellenico è competente a pronunciarsi in via esclusiva ai sensi dell’articolo 299 TFUE. La Commissione sostiene altresì che gli atti introduttivi non le consentirebbero di comprendere quale sia la condotta asseritamente illecita che le viene contestata nell’ambito delle due cause e, quindi, di comprendere se e in quale misura esista un nesso di causalità tra i suoi atti e i danni dedotti dalle ricorrenti. A parere della Commissione, gli atti introduttivi sarebbero altresì imprecisi in quanto non conterrebbero alcuna indicazione in merito alle modalità o ai parametri impiegati dalle ricorrenti nel valutare i propri danni e nello stabilire l’ammontare dei risarcimenti. La Commissione osserva poi che sarebbe impossibile stabilire nei confronti di quale istituzione dell’Unione siano formulati determinati argomenti concernenti il Tribunale dell’Unione europea o il Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene). Gli atti introduttivi mancherebbero parimenti di chiarezza nella misura in cui non preciserebbero il rapporto esistente tra le disposizioni e i principi di diritto invocati dalle ricorrenti e i fatti alla base dei ricorsi. Tutte queste imprecisioni impedirebbero alla Commissione di presentare le proprie difese in maniera efficace nel quadro delle presenti cause.

60      Inoltre, nella causa T‑721/18, la Commissione sostiene che le ricorrenti cercherebbero, con il loro ricorso, da una parte, di riaprire la discussione sul debito, il cui ammontare sarebbe stato valutato in maniera definitiva e di cui la Commissione avrebbe legittimamente portato avanti la riscossione e, dall’altra, di compensare il debito su di loro gravante con il risarcimento del danno morale richiesto nel secondo capo delle conclusioni. A parere della Commissione, il ricorso delle ricorrenti violerebbe il principio d’autorità della cosa giudicata.

61      Le ricorrenti contestano gli argomenti della Commissione.

62      A tal riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale per effetto dell’articolo 53, primo comma, dello Statuto medesimo, e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, i motivi e gli argomenti dedotti, così come l’esposizione sommaria di detti motivi. Secondo una giurisprudenza costante, tale indicazione deve essere tanto chiara e precisa da consentire al convenuto di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza basarsi su altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, perché un ricorso sia ricevibile occorre che gli essenziali elementi di fatto e di diritto su cui esso si basa emergano, anche solo sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. sentenza del 12 dicembre 2019, Tàpias/Consiglio, T‑527/16, EU:T:2019:856, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

63      Nel caso di specie, per quanto attiene in primo luogo alla causa T‑721/18, si deve osservare che i punti da 1 a 9 dell’atto introduttivo contengono un’analisi critica concernente l’atteggiamento tenuto dalla Commissione nel quadro delle controversie che l’hanno contrapposta alla Isotis e che hanno portato all’emanazione dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e alla pronuncia delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63). Si deve altresì osservare che l’atto introduttivo contiene numerosi rimandi allo svolgimento del procedimento di opposizione, avviato dalle ricorrenti avverso l’esecuzione forzata delle succitate decisioni avviata dalla Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene). Tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione, dall’atto introduttivo emerge in modo sufficientemente chiaro che il presente ricorso non mira a rimettere in discussione l’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza della Corte del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del Tribunale del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), né a contestare le decisioni assunte dal Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) nel quadro della procedura di esecuzione forzata di dette decisioni. Dall’atto introduttivo si evince, infatti, che il ricorso mira a ottenere il risarcimento dei danni morali asseritamente cagionati a ciascuna delle ricorrenti dalla condotta tenuta dagli avvocati che rappresentavano la Commissione e da un agente dell’OLAF nel quadro del procedimento di opposizione avviato avverso l’esecuzione forzata di cui trattasi.

64      Per quanto attiene ai fatti contestati alla Commissione nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata, occorre rilevare che essi sono illustrati in modo sufficientemente preciso nei punti da 15 a 30 dell’atto introduttivo, nei quali le ricorrenti contestano agli avvocati della Commissione e a un agente dell’OLAF, sentito come testimone, di aver consapevolmente sostenuto in maniera errata negli atti da loro prodotti dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) e in occasione dell’udienza del 12 dicembre 2017, da una parte, che le ricorrenti stesse erano intervenute nella gestione dei programmi europei destinatari di un cofinanziamento cui la Isotis partecipava e nella controversia concernente tali programmi e, dall’altra, che le ricorrenti avevano causato un danno rilevante all’Unione.

65      Parimenti, ai punti da 41 a 84 dell’atto introduttivo, le ricorrenti illustrano in maniera sufficientemente precisa le ragioni per cui ritengono che i fatti contestati alla Commissione integrino un comportamento illecito. Dall’atto introduttivo si evince così che le ricorrenti ritengono che il comportamento contestato alla Commissione sia illecito poiché lederebbe, segnatamente, il loro diritto alla dignità ai sensi dell’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, dell’articolo 2 TUE e del preambolo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, il principio di buon andamento dell’amministrazione, i principi di legalità, buona fede e tutela del legittimo affidamento, nonché il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, e che detto comportamento abbia integrato, in ogni caso, un abuso di diritto.

66      Deve altresì essere respinto l’argomento addotto dalla Commissione concernente l’asserita mancanza di chiarezza dell’atto introduttivo quanto alle modalità con cui le ricorrenti hanno calcolato l’ammontare del danno morale di cui chiedono il risarcimento. Infatti, a prescindere dalla questione della fondatezza della domanda di risarcimento proposta dalle ricorrenti e della sua valutazione in via equitativa da parte del Tribunale, va osservato che il primo capo delle conclusioni dell’atto introduttivo precisa in maniera sufficiente le modalità con cui le ricorrenti sono giunte a valutare pari a EUR 500 000 il danno subito da ciascuna di loro. È, infatti, spiegato che detto importo rappresenta la somma dei danni cagionati da cinque affermazioni formulate dai rappresentanti della Commissione negli atti depositati dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata e nel quadro del procedimento d’urgenza dinanzi a questo stesso giudice, per ciascuna delle quali le ricorrenti chiedono il riconoscimento di un risarcimento nella misura di EUR 100 000.

67      In secondo luogo, per quanto attiene alla causa T‑81/19, si deve osservare, come per la causa T‑721/18, che i punti da 1 a 9 dell’atto introduttivo contengono un’analisi critica concernente l’atteggiamento tenuto dalla Commissione nel quadro delle controversie che l’hanno contrapposta alla Isotis e hanno portato all’emanazione dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e alla pronuncia delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63). Si deve altresì osservare che l’atto introduttivo contiene numerosi rimandi allo svolgimento del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata delle succitate decisioni, avviata dalla Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) e dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene). Tuttavia, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione, dall’atto introduttivo emerge in modo sufficientemente chiaro che il ricorso non mira a rimettere in discussione l’autorità di cosa giudicata dell’ordinanza della Corte del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del Tribunale del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), né a contestare le decisioni assunte dal Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) nel quadro della procedura di esecuzione forzata.

68      Dall’atto introduttivo emerge così che il ricorso mira a ottenere il risarcimento dei danni morali, asseritamente cagionati a ciascuna delle ricorrenti dalla condotta tenuta dagli avvocati che rappresentavano la Commissione nel quadro del procedimento di appello avverso la sentenza del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) del 4 luglio 2018, vertente sulla possibilità, per la Commissione, di ottenere, nei confronti delle ricorrenti, l’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63).

69      Quanto ai fatti contestati alla Commissione in relazione allo svolgimento del procedimento dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), occorre rilevare che essi sono illustrati in maniera sufficientemente precisa nei punti da 34 a 62 dell’atto introduttivo, in cui le ricorrenti contestano agli avvocati della Commissione di aver non soltanto ripetuto, nei loro atti depositati dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), le affermazioni errate contenute negli atti prodotti dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), oggetto del ricorso di cui alla causa T‑721/18, ma di aver altresì consapevolmente formulato un gran numero di nuove affermazioni errate, nell’ottica di indurre l’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) in errore su una serie di fatti e di consentire così che le ricorrenti fossero ritenute personalmente responsabili dei debiti gravanti sulla Isotis nei confronti della Commissione.

70      Parimenti, ai punti da 63 a 92 dell’atto introduttivo, le ricorrenti illustrano in maniera sufficientemente precisa le ragioni per cui ritengono che le condotte asseritamente tenute dagli avvocati della Commissione integrino una condotta illecita. Dall’atto introduttivo emerge così che le ricorrenti ritengono che il comportamento contestato alla Commissione sia illecito in quanto lederebbe, in primo luogo, il dovere di verità e di lealtà tra le parti, il principio generale fondamentale della buona amministrazione della giustizia e il diritto a un processo equo, in secondo luogo, il diritto alla dignità umana e il principio di buon andamento dell’amministrazione e, in terzo luogo, i principi di legalità, buona fede e tutela del legittimo affidamento.

71      Va inoltre rilevato che l’atto introduttivo è sufficientemente chiaro quanto alle modalità con cui le ricorrenti hanno valutato il danno morale di cui chiedono il risarcimento. Infatti, a prescindere dalla questione della fondatezza della domanda di risarcimento proposta dalle ricorrenti e della sua valutazione in via equitativa da parte del Tribunale, occorre osservare che il primo capo delle conclusioni dell’atto introduttivo precisa in maniera sufficiente le modalità con cui le ricorrenti sono giunte a stimare pari a EUR 1 100 000 il danno subito da ciascuna di esse.

72      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il contenuto degli atti introduttivi non abbia reso impossibile, né eccessivamente difficile, l’esercizio da parte della Commissione dei suoi diritti della difesa e che esso soddisfi, di conseguenza, il requisito di chiarezza imposto dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, ai sensi della giurisprudenza citata nel precedente punto 62.

73      L’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e vertente sull’imprecisione degli atti introduttivi dal punto di vista dell’oggetto della controversia e degli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’ambito delle presenti cause deve, pertanto, essere respinta.

–       Sull’identità delle convenute

74      La Commissione eccepisce l’irricevibilità dei ricorsi sostenendo che dagli atti introduttivi non emergerebbe chiaramente l’identità delle convenute che ne sono destinatarie.

75      Le ricorrenti contestano gli argomenti della Commissione. Nella loro risposta alle misure di organizzazione del procedimento dell’11 maggio 2020, le ricorrenti precisano che i ricorsi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 sono diretti contro la Commissione quale istituzione dotata di personalità giuridica propria e contro la Commissione nella misura in cui essa rappresenta legalmente l’Unione. Nella medesima risposta, le ricorrenti precisano che la frase utilizzata negli atti introduttivi, secondo cui i ricorsi sono diretti contro «[l]’Unione europea, legalmente rappresentata», deve essere interpretata nel senso che i ricorsi sono diretti non soltanto contro la Commissione quale istituzione, ma anche contro l’Unione legalmente rappresentata dalla Commissione.

76      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 76, lettera c), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere la designazione della parte principale contro cui il ricorso è proposto.

77      Nel caso di specie, dagli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 e dalle risposte delle ricorrenti alle misure di organizzazione del procedimento dell’11 maggio 2020 emerge che i presenti ricorsi sono, entrambi, fondati sull’articolo 268 TFUE e sull’articolo 340, secondo comma, TFUE e diretti, da una parte, contro l’Unione «legalmente rappresentata» dalla Commissione e, dall’altra, contro la Commissione «quale persona giuridica distinta».

78      Come osservato ai punti 63 e 68 che precedono, dagli atti introduttivi nelle presenti cause emerge altresì che, con i loro ricorsi, le ricorrenti mirano a ottenere il risarcimento dei danni che avrebbero subito a causa dell’asserita condotta dei rappresentanti legali della Commissione e di un agente dell’OLAF.

79      A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni».

80      Occorre altresì ricordare che l’articolo 47 TUE conferisce la personalità giuridica all’Unione, e non alla Commissione.

81      Così, conformemente alla giurisprudenza della Corte e del Tribunale, una parte ricorrente nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni fondato sull’articolo 268 TFUE e sull’articolo 340, secondo comma, TFUE può proporre la sua azione nei confronti dell’Unione che è dotata di personalità giuridica (v. ordinanza del 2 febbraio 2015, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, non pubblicata, EU:T:2015:80, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

82      Tuttavia, da una giurisprudenza consolidata sia della Corte che del Tribunale emerge altresì che, quando l’Unione è chiamata a rispondere del fatto di una delle sue istituzioni, essa è rappresentata dinanzi al Tribunale dall’istituzione o dalle istituzioni cui il fatto generatore di responsabilità è ascritto (v. ordinanza del 2 febbraio 2015, Gascogne Sack Deutschland e Gascogne/Unione europea, T‑577/14, non pubblicata, EU:T:2015:80, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

83      Ne consegue che i presenti ricorsi sono irricevibili nella parte in cui sono diretti contro la Commissione «quale persona giuridica distinta».

–       Sulla portata del secondo e del terzo capo delle conclusioni

84      La Commissione sostiene che il secondo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 sarebbe irricevibile in quanto eccederebbe manifestamente l’oggetto della controversia di dette due cause. Il terzo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 sarebbe anch’esso irricevibile a causa della sua imprecisione, poiché le ricorrenti non avrebbero indicato quale tipologia di dichiarazioni la Commissione potrebbe rendere e secondo quale procedura.

85      Le ricorrenti contestano gli argomenti della Commissione.

86      In primo luogo, per quanto attiene al secondo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19, con cui le ricorrenti chiedono al Tribunale di condannare la Commissione ad astenersi in futuro da qualsiasi violazione della loro dignità personale, occorre osservare che esso deve essere interpretato come una domanda di ingiunzione di non fare.

87      A tale riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 268 TFUE e dall’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Unione, risulta che un risarcimento in natura può, eventualmente, essere concesso dal giudice dell’Unione in conformità ai principi generali comuni agli ordinamenti degli Stati membri in materia di responsabilità extracontrattuale, e che detto risarcimento può assumere la forma di un’ingiunzione di fare o non fare, che può indurre la Commissione ad adottare un determinato comportamento (v., in tal senso, ordinanze del 3 settembre 2013, Idromacchine e a./Commissione, C‑34/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:552, punto 29, e del 20 dicembre 2019, Dragomir/Commissione, T‑297/19, non pubblicata, EU:T:2019:902, punto 66).

88      Va inoltre rilevato che il secondo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 è direttamente collegato all’oggetto della controversia di dette due cause nella misura in cui, con i presenti ricorsi, le ricorrenti intendono ottenere il risarcimento di danni morali costituiti da una lesione della loro reputazione imputabile, a loro avviso, alla Commissione.

89      Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, vi è ragione di ritenere che il secondo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 sia ricevibile. Tuttavia, occorre ricordare che, salvo concessione di provvedimenti provvisori sulla base degli articoli 278 e 279 TFUE, una siffatta ingiunzione di non fare può essere concessa, se del caso, solo ove sia stata già accertata la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (ordinanza del 20 dicembre 2019, Dragomir/Commissione, T‑297/19, non pubblicata, EU:T:2019:902, punto 66).

90      In secondo luogo, per quanto attiene al terzo capo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19, con cui le ricorrenti chiedono al Tribunale, sostanzialmente, di condannare la Commissione a rendere una dichiarazione pubblica al fine di ripristinare la loro reputazione, occorre osservare che tale richiesta deve essere considerata come una domanda di ingiunzione di fare.

91      A tal riguardo, va ricordato che, benché, conformemente alla giurisprudenza citata nel precedente punto 87, non si possa escludere che un risarcimento in natura assuma la forma di un’ingiunzione di fare diretta dal giudice dell’Unione alla Commissione, detta domanda di ingiunzione deve comunque soddisfare i requisiti di chiarezza e precisione imposti dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

92      Tuttavia, nel caso di specie, occorre constatare che le ricorrenti non hanno precisato nei loro atti introduttivi né la forma, né le modalità con cui dovrebbe essere resa la dichiarazione volta a ristabilire la loro reputazione. Va altresì rilevato che le spiegazioni fornite dalle ricorrenti nelle loro risposte alle misure di organizzazione del procedimento dell’11 maggio 2020 in merito alla portata esatta del rispettivo capo terzo delle conclusioni sono, sul punto, insufficienti. Infatti, le ricorrenti hanno sì precisato la forma che detta dichiarazione dovrebbe assumere, precisando che si tratterebbe di una dichiarazione stragiudiziale diretta a ciascuna di loro, con cui la Commissione dovrebbe dichiarare in modo chiaro e categorico che nessuna delle ricorrenti era stata coinvolta nel finanziamento concesso dall’Unione né aveva partecipato all’effettiva gestione dei progetti finanziati, come riconosciuto dall’OLAF. Le ricorrenti hanno però anche rilevato che detta dichiarazione dovrebbe essere comunicata non soltanto a loro, ma a tutte le autorità, banche e persone fisiche che, direttamente o indirettamente, fossero venute a conoscenza delle affermazioni inesatte e calunniose formulate dalla Commissione e dai suoi rappresentanti, come descritte nei presenti ricorsi. Orbene, si deve necessariamente constatare che una domanda siffatta è, di per sé, troppo imprecisa per poter essere considerata conforme ai requisiti di precisione e chiarezza imposti dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

93      Nel consegue che il capo terzo delle conclusioni di ciascuno degli atti introduttivi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulla litispendenza

94      La Commissione sostiene che le argomentazioni dedotte dalle ricorrenti nella causa T‑81/19 sarebbero identiche a quelle formulate nella causa T‑721/18 e che, nella misura in cui esse concernono il procedimento di opposizione all’esecuzione forzata e gli argomenti sollevati dalla Commissione nell’ambito di detto procedimento prima della proposizione del ricorso nella causa T‑721/18, la proposizione di un secondo ricorso non sarebbe giustificata.

95      Invitata dal Tribunale a prendere posizione su un’eventuale situazione di litispendenza con la causa T‑721/18, nella sua risposta alla misura di organizzazione del procedimento del 1° agosto 2019, la Commissione precisa che le condizioni per ravvisare una siffatta situazione sarebbero soddisfatte. La Commissione osserva a questo proposito che, nelle due cause, le ricorrenti chiederebbero il risarcimento del medesimo danno, vale a dire un’asserita lesione della loro dignità personale, a seguito di uno stesso fatto dannoso, costituito dalle affermazioni formulate dalla Commissione nelle sue memorie in primo e secondo grado dinanzi alle giurisdizioni elleniche nell’ambito di una medesima controversia. La Commissione sottolinea che, ai punti da 15 a 33 dell’atto introduttivo nella causa T‑81/19, le ricorrenti avrebbero ripreso argomenti vertenti sulle affermazioni da essa formulate nel quadro del procedimento d’urgenza e in primo grado, da loro già contestati nel quadro della causa T‑721/18. La Commissione sottolinea di essersi limitata a ribadire in appello le affermazioni già formulate nel procedimento d’urgenza e in primo grado, posto che in appello non sono consentite nuove deduzioni. La ripetizione di tali affermazioni non integrerebbe una condotta distinta idonea a cagionare alle ricorrenti un danno diverso da quello asseritamente causato dalla loro formulazione in primo grado. Lo stesso varrebbe per l’asserita illiceità della sua condotta, dal momento che le ricorrenti deducono nella causa T‑81/19 una violazione dei principi di legalità, buona fede, tutela del legittimo affidamento, dignità umana e buon andamento dell’amministrazione da loro già invocata nell’atto introduttivo nella causa Τ‑721/18. Per finire, la Commissione osserva che le conclusioni sarebbero anch’esse identiche, posto che le ricorrenti chiederebbero, nelle due cause, che essa le risarcisca di un danno morale e sia condannata ad astenersi in futuro da qualsiasi violazione della loro dignità personale e a ripristinare la loro onorabilità e la loro reputazione mediante una dichiarazione. Inoltre, il totale dei singoli importi forfettari pretesi dalle ricorrenti nell’ambito delle due cause coinciderebbe grossomodo con quello del credito da essa vantato. La Commissione ritiene pertanto che il ricorso nella causa T‑81/19 debba essere respinto in quanto irricevibile in ragione della litispendenza con il ricorso proposto nella causa T‑721/18.

96      Le ricorrenti sostengono che i due ricorsi non verterebbero sui medesimi fatti. Esse osservano che, mentre il ricorso nella causa T‑721/18 mirerebbe a ottenere il risarcimento dei danni morali loro arrecati da affermazioni «false e diffamatorie» formulate dalla Commissione nel quadro del procedimento d’urgenza e del giudizio di primo grado, il ricorso nella causa T‑81/19 sarebbe volto ad ottenere il risarcimento dei danni morali loro cagionati dalla reiterazione di dette affermazione e dall’aggiunta di nuove affermazioni «false e diffamatorie» nelle memorie depositate dagli avvocati della Commissione, il 13 e il 18 dicembre 2018, dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), dopo che avevano proposto appello avverso la sentenza del Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) del 4 luglio 2018.

97      Le ricorrenti sostengono che nemmeno il fondamento giuridico dei due ricorsi sarebbe identico e osservano, a questo proposito, come nell’atto introduttivo nella causa T‑721/18 venga eccepita l’illiceità del comportamento contestato alla Commissione in quanto, segnatamente, lesivo del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e integrante un abuso di diritto, mentre questi profili di illiceità non sarebbero sollevati nell’atto introduttivo del giudizio nella causa T‑81/19. Allo stesso modo, le ricorrenti osservano che l’atto introduttivo nella causa T‑81/19 conterrebbe un profilo di illiceità, vale a dire la violazione del dovere di verità e lealtà tra le parti, che non figurerebbe nell’atto introduttivo nella causa T‑721/18. Inoltre, le ricorrenti sottolineano che i profili di illiceità comuni ad entrambi i ricorsi non sarebbero dedotti a fondamento di capi di conclusione identici. Le ricorrenti sostengono poi che l’argomento della Commissione, secondo cui il risarcimento del danno morale dedotto nella causa T‑721/18 non potrebbe essere richiesto nuovamente nell’ambito della causa T‑81/19, non riguarderebbe una situazione di litispendenza, ma il caso in cui un ricorrente cerchi di rimettere in discussione l’autorità di cosa giudicata, ipotesi che non si realizzerebbe nel caso di specie.

98      A tal riguardo si deve ricordare che, conformemente a una giurisprudenza consolidata, un ricorso che veda contrapposte le stesse parti, tenda agli stessi fini e sia fondato sugli stessi motivi di un ricorso proposto in precedenza dev’essere dichiarato irricevibile (ordinanza del 14 giugno 2007, Landtag Schleswig‑Holstein/Commissione, T‑68/07, non pubblicata, EU:T:2007:180, punto 16; v., altresì, in tal senso, sentenze del 19 settembre 1985, Hoogovens Groep/Commissione, 172/83 e 226/83, EU:C:1985:355, punto 9, e del 22 settembre 1988, Francia/Parlamento, 358/85 e 51/86, EU:C:1988:431, punto 12).

99      Nella fattispecie, occorre osservare che i ricorsi nelle cause T‑721/18 e T‑81/19 sono stati entrambi introdotti sulla base dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE e contrappongono le medesime parti.

100    Tuttavia, si deve riconoscere che, benché i due ricorsi siano diretti a ottenere il risarcimento di danni morali asseritamente causati dalla Commissione a ciascuna delle ricorrenti, i danni di cui si chiede il risarcimento non sono identici, trovando la propria origine in fatti tra loro differenti.

101    Infatti, da una parte, non si può escludere a priori che la reiterazione di affermazioni asseritamente false e diffamatorie possa generare, per se stessa, un danno distinto da quello inizialmente causato in ragione del solo fatto che detta reiterazione è avvenuta nel quadro del procedimento di appello.

102    Dall’altra, si deve osservare che, diversamente da quanto sostiene la Commissione, quest’ultima non si è limitata a ripetere in appello le affermazioni già formulate nel corso del procedimento d’urgenza e in primo grado. Nei punti da 40 a 56 dell’atto introduttivo le ricorrenti hanno difatti individuato 17 nuove affermazioni. A tal riguardo, la Commissione si limita a sostenere di non aver formulato alcuna nuova affermazione nel quadro del procedimento di appello. Tuttavia, è interessante osservare come essa non spieghi dove, nel quadro del procedimento d’urgenza o del procedimento di opposizione in primo grado, fossero già state formulate le affermazioni identificate come nuove dalle ricorrenti.

103    Non si può pertanto escludere che dette nuove affermazioni, nell’ipotesi che si tratti di affermazioni dannose, possano generare un danno morale distinto da quello fatto valere dalle ricorrenti nella causa T‑721/18.

104    Occorre, inoltre, osservare che il motivo vertente sulla violazione del dovere di verità e lealtà tra le parti, dedotto dalle ricorrenti nella causa T‑81/19, non è invocato, in quanto tale, nell’atto introduttivo del giudizio nella causa T‑721/18.

105    Posto che i due ricorsi non hanno un oggetto strettamente identico ai sensi della giurisprudenza ricordata nel punto 98 che precede, non è possibile ravvisare un’ipotesi di litispendenza e occorre, pertanto, giudicare che il ricorso nella causa T‑81/19 è ricevibile nella parte concernente la domanda di risarcimento del danno morale asseritamente causato, a ciascuna delle ricorrenti, dalle affermazioni contenute negli atti depositati dagli avvocati della Commissione dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene).

 Nel merito

106    Ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

107    Secondo una giurisprudenza costante, la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per comportamento illecito dei suoi organi presuppone che siano soddisfatte varie condizioni cumulative, vale a dire l’illiceità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni, l’effettiva realtà del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento fatto valere e il danno lamentato (v., in tal senso, sentenze del 29 settembre 1982, Oleifici Mediterranei/CEE, 26/81, EU:C:1982:318, punto 16, e del 14 dicembre 2005, Beamglow/Parlamento e a., T‑383/00, EU:T:2005:453, punto 95).

108    Quando una delle tre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non è soddisfatta, le richieste di risarcimento devono essere respinte senza che sia necessario esaminare se le altre due condizioni siano soddisfatte (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 1994, KYDEP/Consiglio e Commissione, C‑146/91, EU:C:1994:329, punto 81, e del 20 febbraio 2002, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, T‑170/00, EU:T:2002:34, punto 37). Inoltre, il giudice dell’Unione non è tenuto a esaminare dette condizioni in un determinato ordine (sentenza del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 13).

 Sul comportamento contestato alla Commissione

109    Nella causa T‑721/18, le ricorrenti addebitano alla Commissione il fatto di averle presentate, nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477) e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), pendente dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), mediante affermazioni contenute negli atti e nella testimonianza di un agente dell’OLAF, che la Commissione sapeva errate, come persone coinvolte direttamente nella gestione dei fondi dell’Unione che la Isotis era stata condannata, con dette sentenze, a rimborsare alla Commissione. La Commissione avrebbe così presentato le ricorrenti agli occhi dei terzi come persone insolventi e poco affidabili, dedite ad attività fraudolente, il che avrebbe leso gravemente la loro reputazione. Tale grave violazione della loro reputazione si sarebbe tradotta in un danno morale, valutato pari a EUR 500 000 per ciascuna di loro.

110    Nella causa T‑81/19, le ricorrenti addebitano alla Commissione la formulazione, da parte dei suoi rappresentanti, dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), di affermazioni consapevolmente errate, alcune delle quali già formulate nel corso del giudizio di primo grado da parte di questi stessi rappresentanti, finalizzate, in sostanza, a indurre tale giudice in errore quanto al coinvolgimento della prima ricorrente nella gestione dei programmi europei da parte di Isotis e al carattere fittizio della personalità giuridica di quest’ultima. A parere delle ricorrenti, tale comportamento avrebbe mirato a convincere l’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) della necessità di disapplicare le disposizioni di diritto nazionale che impedivano di chiamare le ricorrenti a rispondere personalmente, in quanto socie, dei debiti della Isotis nei confronti della Commissione, il che avrebbe giustificato l’esecuzione forzata delle sentenze nei loro confronti.

111    La Commissione nega la realtà del comportamento contestatole, poiché essa non avrebbe presentato le ricorrenti dinanzi ai giudici ellenici come truffatrici, ma avrebbe semplicemente addotto argomenti di fatto al fine di dimostrare che, nel caso di specie, erano soddisfatte le condizioni previste dalla normativa ellenica per ottenere l’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), nei confronti delle ricorrenti.

112    A tale riguardo, in primo luogo, per quanto attiene al comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑721/18, occorre osservare che le ricorrenti si riferiscono a specifici passaggi delle memorie per la camera di consiglio del 14 dicembre 2017, delle conclusioni del 17 aprile 2018 e della memoria integrativa del 20 aprile 2018, depositate dagli avvocati della Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), e alla testimonianza resa da un agente dell’OLAF dinanzi a detto giudice, il 12 dicembre 2017, riprodotta in una delle memorie per la camera di consiglio del 14 dicembre 2017.

113    Occorre osservare che la memoria per la camera di consiglio del 14 dicembre 2017, depositata in risposta alla domanda di sospensione dell’esecuzione forzata proposta dalle ricorrenti l’11 settembre 2017, conteneva la seguente affermazione:

«Nei loro due ricorsi giurisdizionali, le opponenti cercano in modo del tutto illegale ed abusivo di sottrarsi ad ogni responsabilità e di prendere le distanze rispetto a un’attività che seguivano e gestivano loro stesse direttamente da dieci anni e per il tramite di una persona appartenente alla loro immediata cerchia familiare».

114    La suddetta memoria per la camera di consiglio conteneva anche la seguente affermazione:

«(…) La prima opponente è stata nominata amministratrice, rappresentante legale e tesoriere della società e ne gestiva da sola l’intera attività, ai sensi degli articoli 748 e seguenti del codice civile».

115    Con riferimento al debito gravante a carico della Isotis, accertato nelle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), nella memoria in questione veniva altresì precisato che «si tratta[va] di un debito che non [era] stato assunto da un soggetto giuridico loro estraneo, ma in via contrattuale da una società dotata di una personalità giuridica contestata, dietro la quale agivano le opponenti e una persona appartenente alla loro immediata cerchia familiare».

116    In tale medesima memoria, gli avvocati della Commissione hanno inoltre sostenuto «(…) che [era] stato altresì dimostrato in diritto che [la Commissione] aveva asseritamente subito un danno notevole, quale conseguenza diretta degli atti e delle violazioni commesse nel corso di molti anni dai dirigenti della società di diritto civile controparte».

117    Inoltre, sempre nella suddetta memoria, gli avvocati della Commissione hanno riportato le dichiarazioni rese dall’agente dell’OLAF in occasione dell’udienza del 12 dicembre 2017 nei seguenti termini:

«(…) L’unico modo per recuperare i fondi europei è quello di applicare una misura di esecuzione forzata a carico dei beni delle opponenti (che erano anche le persone fisiche che operavano dietro alla e-Isotis). (…) In particolare, la prima opponente era alla guida della e-Isotis, la organizzava e la dirigeva (con l’aiuto del proprio coniuge)».

118    Occorre osservare che i passaggi citati ai punti da 113 a 117 che precedono sono stati ripresi nella seconda memoria per la camera di consiglio del 14 dicembre 2017 degli avvocati della Commissione, vertente sulla domanda delle ricorrenti del 1° novembre 2017 diretta a ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata e la tutela della loro dignità personale, e nelle conclusioni di detti avvocati del 17 aprile 2018.

119    Va altresì ricordato che la memoria integrativa depositata dagli avvocati della Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) il 20 aprile 2018 conteneva la seguente affermazione:

«(…) Le opponenti sono rimaste le sole socie della società di diritto civile e, diversamente da quanto sostenuto dai testimoni da loro citati, sono state, dall’inizio sino alla fine, al corrente della gestione, sotto il loro controllo, dei fondi pubblici europei di cui la loro società beneficiava».

120    Dai passaggi degli atti dei rappresentanti della Commissione ora citati, di cui la Commissione non contesta l’autenticità, emerge che detti rappresentanti hanno sostenuto dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) che le ricorrenti avevano svolto un ruolo molto attivo nella gestione della Isotis, anche per quanto attiene ai finanziamenti dell’Unione di cui tale società beneficiava in forza dei programmi diretti da A, coniuge della prima ricorrente e genero della seconda.

121    Orbene, si deve osservare che la relazione dell’OLAF del 15 novembre 2011 relativa all’indagine richiesta dalla Commissione su potenziali frodi a danno degli interessi finanziari dell’Unione da parte della Isotis, della prima ricorrente e di A riportava quanto segue:

«[La prima ricorrente] non è stata in alcun modo coinvolta nel finanziamento concesso dalla Commissione posto che, in pratica, non ha mai partecipato alla gestione dei progetti [ed] era la rappresentante legale della società, mentre [A] era responsabile della gestione e, in particolare, dell’attuazione dei programmi europei. [La prima ricorrente] partecipava quale consulente legale/collaboratrice a taluni dei progetti europei per i quali [A] svolgeva le funzioni di coordinamento e gestione. L’occupazione principale [della prima ricorrente] consisteva nel controllare e garantire la liceità delle procedure specifiche richieste per l’attuazione dei progetti europei, quali la protezione dei dati personali, la natura degli utenti finali/pilota partecipanti al progetto, gli aspetti concernenti la proprietà intellettuale e l’utilizzo dei risultati forniti».

122    Occorre altresì rilevare come, nella sua relazione del 23 maggio 2016, il procuratore presso il Tribunale penale di Atene, cui la Commissione aveva inoltrato la relazione di indagine dell’OLAF del 15 settembre 2011, sia giunto a negare l’esistenza di una frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione osservando, con riferimento alla prima ricorrente, quanto segue:

«In primo luogo, per quanto attiene alla [prima ricorrente], nessun elemento del fascicolo consente di riconoscere un suo coinvolgimento sostanziale in una qualsiasi attività svolta da suo marito in relazione al finanziamento dei contratti di cui trattasi, circostanza questa peraltro espressamente confermata dall’OLAF nella sua relazione, ed anche il compenso a lei riconosciuto per la prestazione di servizi giuridici corrispondeva ai suoi onorari di legge, da lei sempre regolarmente dichiarati a fini fiscali e non versati sotto forma di dividendi, e non era vietato dallo statuto della [Isotis]».

123    Dagli accertamenti compiuti dall’OLAF e dal pubblico ministero ellenico emerge che la prima ricorrente non ha svolto un ruolo determinante nella gestione dei finanziamenti dell’Unione di cui la Isotis aveva beneficiato.

124    Si deve quindi constatare che la descrizione fornita dalla Commissione del ruolo asseritamente attivo svolto dalle ricorrenti nella gestione della Isotis dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) è contraddetta, quanto alla prima ricorrente, dagli accertamenti contenuti nella relazione dell’OLAF del 15 settembre 2011 e dalla relazione del procuratore di Atene del 23 maggio 2016.

125    Tuttavia, da questa semplice constatazione non si può dedurre che la Commissione abbia consapevolmente presentato le ricorrenti, a torto, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), come responsabili di frodi a danno degli interessi finanziari dell’Unione.

126    Occorre, infatti, osservare che negli atti depositati dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), i rappresentanti della Commissione hanno contestato alle ricorrenti non di essersi rese responsabili di atti fraudolenti, ma di aver svolto un ruolo attivo nella gestione della Isotis e, pertanto, nelle violazioni degli obblighi contrattuali assunti da quest’ultima nei confronti della Commissione e che hanno portato il Tribunale a condannare la suddetta società a rimborsare la totalità dei prefinanziamenti percepiti per nove contratti di sovvenzione, oltre agli interessi di mora, e a corrispondere un’indennità forfettaria, con la sentenza del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e a rimborsare una parte del prefinanziamento percepito in forza di un decimo contratto di sovvenzione, maggiorata degli interessi di mora, con la sentenza del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63).

127    Occorre altresì ricordare che, nella sua relazione del 23 maggio 2016, il procuratore di Atene ha stabilito che non sussistevano elementi per ritenere che A, direttamente incaricato della gestione dei programmi europei cui la Isotis partecipava, compresi quelli oggetto dei contratti di sovvenzione interessati dalla revisione del febbraio 2010, si fosse reso responsabile di un reato di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione. Date le circostanze, la semplice affermazione che le ricorrenti avrebbero svolto un ruolo attivo nella gestione della Isotis, anche per quanto attiene alla gestione dei finanziamenti dell’Unione, non può essere considerata un’accusa di frode nei loro confronti.

128    In secondo luogo, per quanto attiene al comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑81/19, occorre osservare che le ricorrenti rinviano agli specifici passaggi delle conclusioni e della memoria integrativa depositate dai rappresentanti della Commissione dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) ripresi nel precedente punto 55, che, in parte, riprendono le affermazioni già formulate in primo grado in merito al ruolo attivo svolto dalle ricorrenti nella gestione della Isotis e, per altra parte, mettono in discussione l’effettiva sussistenza dell’attività di detta società e quindi l’esistenza della sua personalità giuridica.

129    A tale riguardo, si rileva che le considerazioni già esposte nei precedenti punti 126 e 127 con riferimento al comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑721/18 valgono, mutatis mutandis, per la condotta addebitatale nella causa T‑81/19.

130    Va d’altro canto osservato che, indipendentemente dalla loro fondatezza, le affermazioni contenute negli atti depositati dai rappresentanti della Commissione dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), volte a rimettere in discussione l’effettiva sussistenza dell’attività della Isotis e, quindi, l’esistenza della sua personalità giuridica, non implicano, di per sé, un’accusa di frode a danno degli interessi finanziari dell’Unione nei confronti delle ricorrenti.

131    In tale contesto, occorre verificare se il fatto che i rappresentanti della Commissione abbiano sostenuto, a torto, che le ricorrenti avevano svolto un ruolo attivo nella gestione della Isotis e abbiano formulato una serie di affermazioni in punto di fatto volte a rimettere in discussione l’effettiva sussistenza dell’attività della Isotis e, quindi, l’esistenza della sua personalità giuridica, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) o dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), integri un comportamento illecito idoneo a far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

 Sull’illiceità del comportamento contestato alla Commissione

132    Occorre ricordare che, per quanto attiene alla condizione relativa al comportamento illecito addebitato all’istituzione o all’organo interessato di cui al precedente punto 107, la giurisprudenza esige che si accerti una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica dell’Unione preordinata a conferire diritti ai soggetti (v., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 36). Una siffatta violazione si concretizza allorquando essa implica una violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono, in particolare, la complessità delle situazioni da disciplinare, il grado di chiarezza e precisione della norma violata, nonché l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva all’istituzione dell’Unione (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

133    Nel caso di specie, nell’ambito della causa T‑721/18, le ricorrenti affermano che il comportamento dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), addebitato alla Commissione, avrebbe integrato gli estremi di una violazione grave e manifesta di norme che conferiscono diritti ai soggetti dell’ordinamento. Nel loro atto introduttivo, le ricorrenti hanno così sostenuto che la Commissione avrebbe violato il loro diritto alla dignità umana, sancito dall’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali, dall’articolo 2 TUE, dal preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, nonché dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Le ricorrenti hanno altresì dedotto che tale comportamento avrebbe leso il principio di buon andamento dell’amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, il codice di buona condotta amministrativa del personale della Commissione europea nei suoi rapporti col pubblico (GU 2000, L 267, pag. 63), e gli articoli 4, 7 e 11 del codice europeo di buona condotta amministrativa.

134    Va osservato che, nel loro atto introduttivo, le ricorrenti hanno altresì sostenuto che, cercando di ottenere l’esecuzione forzata nei loro confronti dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), la Commissione avrebbe violato il principio di legalità, che comprende il principio pacta sunt servanda, sancito dall’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, il principio di buona fede, il principio di tutela del legittimo affidamento, il loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, oltre al loro diritto di essere ascoltate e il loro diritto a un equo processo, quali sanciti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Inoltre, le ricorrenti hanno sostenuto «in via subordinata» che, anche ammettendo che la Commissione avesse avuto il diritto di avviare un’esecuzione forzata a loro carico, essa l’avrebbe fatto in modo improprio e illecito.

135    Difatti, in primo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione del principio di buona fede e del principio di tutela del legittimo affidamento imputabile al comportamento tenuto dalla Commissione, le ricorrenti osservano, da una parte, che, ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2321/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativo alle regole di partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università, nonché alle regole di diffusione dei risultati della ricerca, per l’attuazione del sesto programma quadro della Comunità europea (2002‑2006) (GU 2002, L 355, pag. 23), la Commissione sarebbe stata tenuta a verificare se gli organismi con cui intendeva concludere un contratto di finanziamento nel quadro del sesto programma quadro fossero dotati di personalità giuridica e, dall’altra, che la conclusione dei contratti di finanziamento tra la Commissione e la Isotis sarebbero stati preceduti, per ciascuno di essi, dall’accettazione, da parte della Commissione, dello statuto di detta società il quale, in caso di inadempimento delle obbligazioni contrattuali incombenti sulla società, limitava esplicitamente la responsabilità dei suoi soci ai loro conferimenti di capitale. Le ricorrenti sottolineano altresì che la Commissione sarebbe stata a conoscenza dell’articolo 784 del codice civile ellenico, che avrebbe escluso la responsabilità dei soci di una società di diritto civile, come la Isotis, per eventuali violazioni contrattuali imputabili a quest’ultima; inoltre, sino all’avvio del procedimento di esecuzione forzata, la Commissione non avrebbe mai agito nei confronti delle ricorrenti esigendo da loro il pagamento degli importi richiesti alla Isotis, né avrebbe fatto accenni al riguardo in una qualsiasi fase del procedimento dinanzi al Tribunale, e poi dinanzi alla Corte nel quadro delle controversie che la contrapponevano alla Isotis.

136    Le ricorrenti sostengono che, in tale contesto, concludendo in più occasioni contratti di finanziamento con la Isotis nell’ambito del sesto programma quadro e partecipando poi alla loro esecuzione, la Commissione avrebbe fornito loro, in maniera ripetuta e costante, la conferma precisa e senza riserve, ogni volta, del fatto che essa riconosceva la personalità giuridica della Isotis. Pertanto, sostenendo, negli atti depositati dai suoi avvocati dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene), che la personalità giuridica della Isotis era oggetto di contestazione, che quest’ultima non perseguiva alcuna finalità economica e che, quindi, le condizioni di applicazione dell’articolo 784 del codice civile ellenico non erano soddisfatte, la Commissione avrebbe violato il principio di tutela del legittimo affidamento e il principio di esecuzione in buona fede dei contratti.

137    In secondo luogo, per quanto concerne la violazione del principio di legalità da parte della Commissione, le ricorrenti sostengono che quest’ultima avrebbe avviato l’esecuzione forzata nei loro confronti senza rispettare la procedura precontenziosa prevista dall’articolo 80 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (GU 2012, L 362, pag. 1). Le ricorrenti affermano altresì che la Commissione avrebbe violato il principio di legalità tentando di ottenere il recupero di un debito che, non essendo stata loro notificata alcuna nota di debito, sarebbe prescritto dal 2016, conformemente all’articolo 93, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 1268/2012, e all’articolo 252 del codice civile ellenico.

138    In terzo luogo, per quanto concerne la violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, del diritto di essere ascoltate e del diritto a un equo processo, sanciti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, le ricorrenti sottolineano che, tenuto conto del carattere esclusivo delle clausole compromissorie contenute nei contratti di sovvenzione oggetto della verifica del 10 febbraio 2010, esse non avrebbero potuto negare la propria responsabilità personale, quali socie, per i debiti della Isotis dinanzi alla Corte o dinanzi al Tribunale, nell’ambito delle cause che hanno portato all’adozione dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e alla pronuncia delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), e nemmeno dinanzi a una giurisdizione nazionale.

139    Infine, in quarto luogo, per quanto attiene all’argomento concernente un abuso di diritto, le ricorrenti deducono essenzialmente che la Commissione avrebbe beneficiato dei risultati dei progetti per i quali aveva erogato un cofinanziamento e che essa utilizzava per propri fini; che, sui cofinanziamenti dei progetti ASK‑IT e EU4ALL, essa avrebbe realizzato risparmi mai versati alla Isotis; che essa avrebbe beneficiato del patrimonio personale delle ricorrenti, per un importo pari a EUR 200 600, messo a disposizione da queste ultime per la realizzazione dei progetti; che essa avrebbe saputo che i cofinanziamenti versati alla Isotis erano stati poi rimborsati per oltre l’85 %, sotto forma di imposte allo Stato ellenico, di contributi previdenziali e di stipendi pagati ai dipendenti della Isotis e che essa non avrebbe mai cercato di limitare il suo credito, trattenendo sui fondi del consorzio incaricato dei progetti le somme che riteneva le fossero dovute dalla Isotis, come avrebbe avuto diritto di fare. Date le circostanze, a parere delle ricorrenti, chiedendo loro di restituire la totalità delle somme versate alla Isotis, maggiorate dei relativi interessi, la Commissione avrebbe cercato di ottenere un beneficio eccessivo, abusivo e quindi illecito.

140    Nella causa T‑81/19, le ricorrenti sostengono che il comportamento addebitato alla Commissione avrebbe leso il loro diritto alla dignità umana e il principio di buon andamento dell’amministrazione, nonché i principi di legalità, buona fede e tutela del legittimo affidamento, in termini identici a quelli di cui alla causa T‑721/18.

141    Le ricorrenti aggiungono che il comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑81/19 avrebbe leso il dovere di verità e lealtà tra le parti e il principio generale fondamentale della buona amministrazione della giustizia.

142    A tale riguardo, le ricorrenti sostengono che, con il suo comportamento, la Commissione avrebbe violato, in maniera evidente, il dovere di verità e lealtà che essa sarebbe stata tenuta a rispettare per la durata della controversia che la contrapponeva alle ricorrenti, conformemente alle disposizioni degli articoli 116 e 261 del codice di procedura civile ellenico, e il principio generale fondamentale che impone agli avvocati che rappresentano la Commissione e fungono da suoi mandatari ad litem, a norma del codice deontologico degli avvocati ellenico, di contribuire a un’equa amministrazione della giustizia, rispettando il dovere di verità, applicabili al procedimento di opposizione all’esecuzione forzata in virtù dell’articolo 299 TFUE. A parere delle ricorrenti, questi principi sarebbero ripresi nella Carta dei principi fondamentali dell’avvocato europeo, adottata in occasione della sessione plenaria del Conseil des barreaux européens (Consiglio degli ordini forensi europei; CCBE), tenutasi a Bruxelles (Belgio) il 24 novembre 2006, che contiene una serie di principi giuridici disciplinanti la professione forense, comuni in tutti gli Stati membri.

143    La Commissione si oppone alla ricevibilità degli argomenti dedotti dalle ricorrenti, poiché verterebbero su aspetti già valutati definitivamente dal giudice ellenico, la cui competenza al riguardo trarrebbe origine dall’articolo 299 TFUE.

144    La Commissione sostiene inoltre che il comportamento da essa tenuto nel corso del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) e dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), non sarebbe viziato da alcun profilo di illiceità idoneo a far sussistere una responsabilità dell’Unione.

145    A questo proposito, occorre rilevare, in primo luogo, che gli argomenti delle ricorrenti, illustrati nei precedenti punti da 135 a 139, non si riferiscono ad affermazioni contenute negli atti depositati dai rappresentanti della Commissione dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), né alla testimonianza resa da un agente dell’OLAF nel quadro di detto procedimento, con cui sarebbe stata lesa la reputazione delle ricorrenti, bensì al fatto stesso che la Commissione abbia avviato una procedura di esecuzione forzata di dette decisioni nei loro confronti.

146    Occorre altresì osservare che, in risposta a un quesito del Tribunale, le ricorrenti hanno specificato in udienza che le loro domande di risarcimento erano finalizzate unicamente ad ottenere l’indennizzo dei danni cagionati loro dalle affermazioni contenute negli atti depositati dai rappresentanti della Commissione e dalla testimonianza, resa da un agente dell’OLAF, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) e successivamente dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63). Le ricorrenti hanno precisato che addebitavano alla Commissione non di aver tentato di ottenere l’esecuzione forzata di dette decisioni nei loro confronti, ma di aver, a tal fine, consapevolmente formulato, dinanzi alle giurisdizioni elleniche, affermazioni errate volte a negare la personalità giuridica della Isotis.

147    Le ricorrenti hanno altresì precisato in udienza che le loro domande di risarcimento non erano fondate sulla violazione del principio pacta sunt servanda, che, a loro avviso, il loro diritto a un equo processo era stato rispettato dalle giurisdizioni elleniche nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), e che non deducevano neppure una violazione del loro diritto a un equo processo nel quadro del presente procedimento.

148    Occorre pertanto ritenere che gli argomenti delle ricorrenti vertenti sulla violazione del principio di buona fede, del principio di tutela del legittimo affidamento, del principio di legalità, del diritto a un equo processo, del principio pacta sunt servanda, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto di essere ascoltate, nonché all’abuso di diritto, illustrati nei precedenti punti da 135 a 139, debbano essere respinti come inoperanti posto che, per ammissione stessa delle ricorrenti, essi non suffragano le domande di risarcimento da queste ultime avanzate.

149    In secondo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione, sancito dall’ordinamento giuridico dell’Unione con l’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, si osserva che le ricorrenti si limitano a sostenere, in termini molto generici, che il comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑721/18 e nella causa T‑81/19 avrebbe leso detto principio, senza comprovare in alcun modo le proprie argomentazioni. Occorre pertanto ritenere che detto argomento debba essere respinto in quanto irricevibile, poiché la semplice invocazione del principio di diritto dell’Unione di cui viene asserita la violazione, senza indicare gli elementi di fatto e di diritto su cui essa si fonda, non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2018, Deza/Commissione, T‑400/17, non pubblicata, EU:T:2018:712, punto 102).

150    In terzo luogo, per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti vertente sulla violazione del diritto alla dignità umana, occorre osservare che l’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali, secondo cui la dignità umana è inviolabile e deve essere rispettata e tutelata, rappresenta una norma di diritto dell’Unione intesa a conferire diritti alle persone (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2017, Sotiropoulou e a./Consiglio, T‑531/14, non pubblicata, EU:T:2017:297, punti 75 e 76). Occorre quindi verificare se la sua eventuale violazione sia, nella fattispecie, idonea a far sussistere una responsabilità dell’Unione.

151    Si deve osservare che, in udienza, le ricorrenti hanno precisato che la Commissione avrebbe leso la loro dignità, presentandole dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di primo grado di Atene) e dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) come responsabili di frodi a danno della Commissione e dell’Unione.

152    A tal riguardo, occorre ricordare che, come constatato nei precedenti punti 126 e 127, l’argomento delle ricorrenti si fonda sulla premessa erronea secondo cui la Commissione le avrebbe presentate come persone che hanno commesso frodi a danno degli interessi finanziari dell’Unione.

153    In ogni caso, si deve rammentare che il fatto di poter far valere i propri diritti per via giudiziaria e il sindacato giurisdizionale che ciò implica sono espressione di un principio generale del diritto, che si trova a fondamento delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è anche sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (sentenze del 15 maggio 1986, Johnston, 222/84, EU:C:1986:206, punti 17 e 18, e del 17 luglio 1998, ITT Promedia/Commissione, T‑111/96, EU:T:1998:183, punto 60), e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (sentenza del 4 aprile 2019, Rodriguez Prieto/Commissione, T‑61/18, EU:T:2019:217, punto 75).

154    Orbene, va osservato che la tesi dedotta dalle ricorrenti equivale a ritenere che la presentazione, da parte della Commissione, nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), di un qualsiasi argomento diretto a dimostrare un comportamento fraudolento da parte delle ricorrenti comporterebbe necessariamente una violazione del loro diritto alla dignità, idonea a far sussistere una responsabilità extracontrattuale dell’Unione nella misura in cui l’argomento in questione sia stato respinto dalle giurisdizioni elleniche.

155    Ne consegue che, in caso di suo accoglimento, la tesi delle ricorrenti finirebbe col limitare il diritto della Commissione di agire dinanzi alle giurisdizioni nazionali per ottenere, sulla base dell’articolo 299 TFUE, l’esecuzione forzata di una sentenza del Tribunale che riconosce un suo credito, conformemente agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 317 TFUE di vigilare sulla buona gestione delle risorse dell’Unione e, ai sensi dell’articolo 325 TFUE, di combattere contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.

156    Occorre pertanto respingere l’argomento delle ricorrenti concernente la violazione del loro diritto alla dignità umana.

157    In quarto luogo, con riferimento all’argomento formulato dalle ricorrenti nella causa T‑81/19, secondo cui la Commissione avrebbe, nella fattispecie, violato il principio di lealtà processuale, va rilevato che le ricorrenti non invocano a questo proposito la violazione di una norma giuridica dell’Unione che conferisca diritti alle persone, violazione che costituisce una delle condizioni per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione richieste dalla giurisprudenza ricordata al punto 132 che precede, bensì la violazione dell’articolo 116, paragrafo 1, e dell’articolo 261 del codice di procedura ellenico e delle disposizioni del codice deontologico degli avvocati ellenico. Occorre inoltre osservare che, benché il principio di lealtà processuale possa essere considerato un principio comune ai diritti di numerosi Stati membri, un principio siffatto non è stato ad oggi sancito nel diritto dell’Unione.

158    Va ricordato, d’altro canto, che, da una parte, ai sensi dell’articolo 299, secondo comma, TFUE, «[l]’esecuzione forzata è regolata dalle norme di procedura civile vigenti nello Stato sul cui territorio essa viene effettuata» e, dall’altra, a norma dell’articolo 299, quarto comma, TFUE, il controllo della regolarità dei provvedimenti esecutivi è di competenza delle giurisdizioni nazionali.

159    A questo proposito, va sottolineato che la competenza delle giurisdizioni nazionali a controllare la regolarità dei provvedimenti esecutivi non si estende soltanto alle controversie connesse all’esecuzione forzata degli atti del Consiglio dell’Unione europea, della Commissione o della BCE, che comportano, a carico di persone che non siano gli Stati, un obbligo pecuniario e costituiscono titolo esecutivo, ma anche alle controversie collegate all’esecuzione forzata delle sentenze del Tribunale, conformemente all’articolo 280 TFUE e all’articolo 60 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

160    Di conseguenza, come sostiene giustamente la Commissione, si deve constatare che, nella fattispecie, competeva all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene) assicurarsi che il comportamento dei rappresentanti della Commissione nel quadro del procedimento di opposizione all’esecuzione forzata dell’ordinanza del 31 maggio 2016, Isotis/Commissione (C‑450/14 P, non pubblicata, EU:C:2016:477), e delle sentenze del 16 luglio 2014, Isotis/Commissione (T‑59/11, EU:T:2014:679), e del 4 febbraio 2016, Isotis/Commissione (T‑562/13, non pubblicata, EU:T:2016:63), fosse conforme al principio di lealtà processuale e, in particolare, all’articolo 116, paragrafo 1, e all’articolo 261 del codice di procedura civile ellenico e alle disposizioni del codice deontologico degli avvocati ellenico.

161    Questa constatazione non può essere messa in dubbio dall’argomento addotto dalle ricorrenti in udienza, secondo cui spetterebbe al Tribunale valutare la violazione del principio di lealtà processuale da parte della Commissione dinanzi all’Efeteio Athinon (Corte d’appello di Atene), posto che, nella fattispecie, il Tribunale sarebbe competente in via esclusiva a pronunciarsi sui ricorsi per responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’Unione o dei suoi agenti.

162    Infatti, ai sensi dell’articolo 268 TFUE, il Tribunale è certamente competente a conoscere delle controversie relative al risarcimento dei danni di cui all’articolo 340, secondo comma, TFUE, ai sensi del quale «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni».

163    Tuttavia, il Tribunale non può pronunciarsi, nel quadro di un ricorso proposto sulla base dell’articolo 268 TFUE e dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, sull’asserita violazione, da parte della Commissione, di una norma nazionale di diritto processuale nell’ambito di una controversia connessa all’esecuzione forzata di una sentenza del Tribunale pendente dinanzi a una giurisdizione nazionale, senza ledere le prerogative espressamente riservate a quest’ultima dall’articolo 299 TFUE e, quindi, la ripartizione delle competenze tra il giudice dell’Unione e le giurisdizioni nazionali prevista dal Trattato FUE.

164    Ne consegue che l’argomento addotto dalle ricorrenti, secondo cui il comportamento contestato alla Commissione sarebbe, nel caso di specie, illecito in quanto avrebbe violato il principio di lealtà processuale, deve essere respinto in quanto infondato.

165    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che le ricorrenti non sono state in grado di dimostrare che il comportamento addebitato alla Commissione nella causa T‑721/18 e nella causa T‑81/19 integrasse una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti alle persone, ai sensi della giurisprudenza citata nel precedente punto 132.

166    In tale contesto, conformemente alla giurisprudenza ricordata nel precedente punto 108, il primo e il secondo capo della domanda risarcitoria proposta dalle ricorrenti in ciascuna delle cause T‑721/18 e T‑81/19 devono essere respinti, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti per la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

167    I ricorsi devono pertanto essere respinti in quanto, in parte, irricevibili e, in parte, infondati.

 Sulle spese

168    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La sig.ra Zoï Apostolopoulou e la sig.ra Anastasia ApostolopoulouChrysanthaki sono condannate alle spese.

Costeira

Kancheva

Perišin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il greco.