Language of document : ECLI:EU:F:2014:243

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

11 novembre 2014 (*)

«Funzione pubblica – Personale della BEI – Molestie psicologiche – Procedimento d’inchiesta – Relazione del comitato d’inchiesta – Definizione errata delle molestie psicologiche – Decisione del presidente della BEI di non dare seguito alla denuncia – Annullamento – Ricorso per risarcimento danni»

Nella causa F‑52/11,

avente ad oggetto un ricorso ai sensi dell’articolo 270 TFUE,

Carlo De Nicola, membro del personale della Banca europea per gli investimenti, residente in Strassen (Lussemburgo), rappresentato da L. Isola, avvocato,

ricorrente,

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI), rappresentata da T. Gilliams e F. Martin, in qualità di agenti, assistiti da A. Dal Ferro, avvocato,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Prima Sezione),

composto da E. Perillo (relatore), facente funzione di presidente, R. Barents e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: J. Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 febbraio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 24 aprile 2011, il sig. De Nicola chiede, in sostanza, da un lato, di annullare la decisione del 1º settembre 2010 con la quale il presidente della Banca europea per gli investimenti (BEI o in prosieguo: la «Banca») ha respinto la sua denuncia di molestie psicologiche e di molestie «in quanto organizzazione» e, d’altro lato, la condanna della BEI al risarcimento dei danni che egli ritiene di aver subìto a causa di tali molestie.

 Contesto normativo

2        Il regolamento del personale della BEI è stato approvato dal consiglio di amministrazione di quest’ultima il 20 aprile 1960. Nella versione applicabile alla controversia, l’articolo 14 del suddetto regolamento enuncia che il personale della BEI è composto da tre categorie di agenti, secondo la funzione esercitata: la prima categoria riguarda il personale direttivo e comprende due funzioni: il «[q]uadro direttivo» e la «[f]unzione C»; la seconda categoria riguarda il personale di concetto e comprende tre funzioni: la «[f]unzione D», la «[f]unzione E» e la «[f]unzione F»; la terza categoria riguarda il personale d’esecuzione e comprende quattro funzioni.

3        L’articolo 22 del regolamento del personale prevede che «[o]gni dipendente è oggetto di una valutazione annuale che gli viene comunicata. La procedura da seguire per tale valutazione viene stabilita con una decisione interna. Per le funzioni da C a K, gli avanzamenti di scatto risultano dal merito professionale come viene espresso dal voto globale della valutazione annuale».

4        L’articolo 41, comma 1, del regolamento del personale dispone quanto segue:

«Tutte le controversie di carattere individuale tra la Banca e i suoi dipendenti sono sottoposte alla Corte di giustizia [dell’Unione europea]».

5        Il codice di condotta del personale della Banca, quale approvato il 1º agosto 2006 dal consiglio di amministrazione della BEI (in prosieguo: il «codice di condotta»), dispone all’articolo 3.6, rubricato «Dignità sul posto di lavoro»:

«Qualsiasi forma di molestie o di intimidazione è inaccettabile. Qualsiasi vittima di molestie o di intimidazione può, conformemente alla politica della Banca in materia di rispetto della dignità sul luogo di lavoro, farne menzione al direttore del [dipartimento delle risorse umane], senza che ciò possa esserle addebitato. La Banca ha l’obbligo di dar prova di sollecitudine nei confronti della persona interessata e di offrirle il proprio sostegno.

3.6.1 Molestie psicologiche

Si tratta della ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale. Un commento scortese, una lite accompagnata da uso di espressioni sgradevoli pronunciate nella foga del momento non sono indicativi di molestie psicologiche. Per contro, scoppi di collera ripetuti, vessazioni, commenti spiacevoli o allusioni offensive, che si ripetono regolarmente, durante un periodo di settimane o mesi, sono indubbiamente indicativi di molestie sul lavoro.

(…)».

6        La regolamentazione interna dal titolo «Politica in materia di rispetto della dignità della persona sul posto di lavoro» (in prosieguo: la «Politica in materia di dignità sul posto di lavoro»), menzionata all’articolo 3.6 del codice di condotta, è stata adottata dalla BEI il 18 novembre 2003.

7        Nella versione applicabile alla controversia, il punto 2.1 della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro precisa quanto segue:

«Il [codice di condotta], [all’articolo] 3.6, prevede che le molestie sono inaccettabili e contiene alcune definizioni di molestie. Non esiste un’unica definizione di molestie, giacché tanto le molestie quanto le intimidazioni possono assumere diverse forme. Fisiche o verbali, le loro manifestazioni avvengono spesso nel corso del tempo, anche se possono prodursi gravi episodi isolati. Non ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno. Il principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime.

(…)».

8        La Politica in materia di dignità sul posto di lavoro istituisce due procedure interne dirette a trattare i casi di intimidazione e di molestie, ossia, da un lato, una procedura informale, mediante la quale il membro del personale interessato cerca una composizione amichevole del problema, e, d’altro lato, una procedura formale di indagine, nella quale egli presenta ufficialmente una denuncia che è trattata da un comitato di inchiesta composto da tre persone.

9        Il punto 5.5 della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro prevede che il comitato di inchiesta, che è incaricato di svolgere un’indagine obiettiva e indipendente, non dispone di potere decisionale. Il suo compito è quello di emanare, dopo aver sentito tutte le parti e svolto la propria indagine, un parere con raccomandazione motivata per il presidente della Banca, il quale decide sulle misure da adottare.

10      La Politica in materia di dignità sul posto di lavoro prevede altresì che l’agente può dare inizio al procedimento d’indagine chiedendo ufficialmente, per iscritto, al direttore del dipartimento delle risorse umane di avviare un procedimento siffatto, indicando l’oggetto della denuncia e l’identità del presunto o dei presunti molestatori.

 Fatti

11      Il ricorrente è stato assunto dalla BEI il 1º febbraio 1992 al primo scatto, nella funzione E, in base ad un contratto a durata indeterminata con un previo periodo di prova di nove mesi. Prima della sua assunzione era stato stilato riguardo al ricorrente un rapporto psicologico, redatto in data 4 ottobre 1991 dal Centre de psychologie appliquée de Luxembourg (Centro di psicologia applicata di Lussemburgo), il quale precisava che la sua candidatura era «di alto livello» e che, «dal punto di vista della personalità l’insieme appar[iva] piuttosto favorevole per il posto […] da occupare».

12      Al momento della sua assunzione il ricorrente è stato assegnato alla divisione «Studi finanziari» della direzione per gli studi della BEI. È stato oggetto di valutazioni positive nel rapporto intermedio redatto il 6 maggio 1992 dal sig. G., all’epoca suo capodivisione; nel rapporto di fine del periodo di prova firmato il 1º ottobre 1992 dal sig. G., capodivisione, dal sig. S., direttore del dipartimento interessato, e dal sig. C., direttore della direzione degli studi; nella decisione del presidente dalla BEI del 29 gennaio 1993 che lo collocava allo scatto 5 della funzione E, nonché nel rapporto di valutazione per l’anno 1992, firmato in data 5 e 20 aprile 1993 rispettivamente dal sig. G. e dal sig. S. e il 7 giugno 1993 dal sig. C.

13      Nel 1993 al ricorrente è stato affidato, in particolare, un compito complesso, consistente nel colmare una lacuna nella gestione del portafoglio obbligazionario della BEI, vale a dire elaborare un modello matematico e indici che consentissero una rapida e sistematica valutazione del rendimento di tale portafoglio.

14      In una nota del 3 settembre 1993, relativa alla valutazione del rendimento del portafoglio obbligazionario della BEI, il ricorrente ha analizzato l’evoluzione di tale portafoglio, criticandone taluni aspetti e sottolineando la differenza fra i risultati ottenuti dalla BEI e quelli realizzati sul mercato corrispondente.

15      Nel dicembre 1993 il ricorrente è stato trasferito dalla divisione «Studi finanziari» alla divisione «Portafoglio obbligazionario» del dipartimento «Tesoreria» della direzione generale delle finanze. I suoi superiori gerarchici erano il sig. P., vice capodivisione, il sig. B., capodivisione, il sig. W, direttore del dipartimento «Tesoreria» e il sig. M., direttore generale delle finanze.

16      Secondo il ricorrente, i responsabili del dipartimento «Tesoreria» avrebbero ottenuto, quanto meno negli anni dal 1993 al 1995, risultati finanziari gravemente insufficienti rispetto ai rendimenti che il mercato obbligazionario consentiva di ottenere. Sempre secondo il ricorrente, essi, inoltre, avrebbero tentato, illegittimamente, di dissimulare le perdite subite con stratagemmi contabili o diffondendo documenti contenenti dati falsi o metodologicamente errati, e avrebbero realizzato numerose operazioni a termine a prezzi di favore a beneficio di controparti con cui essi avevano relazioni privilegiate.

17      Il ricorrente precisa che dal momento del suo trasferimento alla divisione «Portafoglio obbligazionario» egli avrebbe rifiutato di «accettare supinamente la strategia imposta dai suoi diretti superiori, [avrebbe respinto] i risultati fuorvianti (…), [resistito] alle pressioni per concludere operazioni discutibili e di dubbio vantaggio» e sarebbe «diven[uto] l’oggetto di continue e ripetute vessazioni».

18      Nel rapporto di valutazione relativo allo svolgimento delle funzioni durante l’anno 1993, ossia prima del predetto trasferimento, rapporto redatto il 2 giugno 1994 dal sig. C., direttore della direzione degli studi, al ricorrente è stato attribuito il voto C corrispondente a «soddisfacente/aspetti da migliorare». Il ricorrente ha contestato tale rapporto, sottolineando la propria insoddisfazione quanto alle sue prospettive di carriera. Il ricorrente ha del pari precisato che aveva difficoltà nel collaborare con il sig. G., suo capodivisione, a causa, segnatamente, dei divergenti punti di vista circa il rendimento del portafoglio obbligazionario.

19      Il 9 settembre 1994 il sig. G. ha trasmesso alla vice presidente della BEI, sig.ra O., una nota, datata 10 agosto 1994, relativa alla ristrutturazione del dipartimento «Tesoreria» della BEI. Nel settembre 1994 il servizio di revisione contabile interno della BEI ha presentato una relazione sulle attività della divisione «Portafoglio obbligazionario», criticandone la gestione sotto vari profili e sottolineando in particolare una mancanza di chiarezza degli obiettivi. Nel 1994 i risultati del portafoglio hanno mostrato delle perdite. A partire dal 1º gennaio 1995 la gestione del portafoglio obbligazionario è stata ristrutturata, sul piano funzionale come su quello del personale. In particolare, il sig. B., capo della divisione «Portafoglio obbligazionario», è stato sospeso dalle sue funzioni nel giugno del 1995, per esservi successivamente riammesso in seguito ad una revisione contabile esterna vertente sulla precedente gestione del portafoglio.

20      Con una nota del 16 gennaio 1995 indirizzata a un collega, il sig. Pe., e con una nota del 12 giugno seguente, il ricorrente ha presentato osservazioni critiche sulla valutazione del rendimento del portafoglio obbligazionario e ha formulato suggerimenti sulla sua ristrutturazione.

21      All’inizio del 1996, il sig. B., capo della divisione «Portafoglio obbligazionario», è stato assegnato ad un’altra direzione. Nel gennaio 1996 la divisione «Portafoglio obbligazionario» è stata trasformata nell’unità «Gestione delle liquidità obbligazionarie».

22      Nel giugno 1996 al ricorrente è stata affidata la gestione del portafoglio di copertura, sotto la diretta autorità del nuovo capodivisione, il sig. W., attribuendogli così, ad avviso del ricorrente, maggiori responsabilità.

23      Nei suoi rapporti di valutazione per gli anni 1994, 1995 e 1996, firmati, da ultimo, dal sig. K., il ricorrente ha ottenuto la notazione complessiva B corrispondente al giudizio «Prestazione conforme al complesso delle attese».

24      Il ricorrente sostiene di aver subìto, nelle sue valutazioni annuali, le ripercussioni del suo rifiuto di qualsiasi compromesso con i propri superiori, di essere stato vittima di incessanti vessazioni e che le persone che avevano espresso critiche sulla gestione del portafoglio obbligazionario sono state anch’esse oggetto di valutazioni negative nei corrispondenti rapporti annuali e/o hanno infine dovuto presentare le dimissioni. Per contro, secondo il ricorrente, i responsabili degli atti criticabili di cui egli è stato testimone, in particolare il capo della divisione «Portafoglio obbligazionario», il sig. B., sarebbero stati trasferiti, ma, successivamente, sarebbero stati «risarciti» con una o più promozioni.

25      Dopo un infruttuoso tentativo di conciliazione con la Banca, il ricorrente ha adito, il 5 gennaio 1998, il Tribunale di primo grado delle Comunità europee con un primo ricorso, iscritto al ruolo con il numero di causa T‑7/98, diretto segnatamente all’annullamento del suo rapporto di valutazione per l’anno 1996 e della decisione della BEI del 23 luglio 1997 nella parte in cui ometteva di promuoverlo alla funzione D; nonché volto alla condanna della BEI a risarcire i danni che egli riteneva di avere subìto a causa della sua mancata promozione e del suo sentimento di malessere e incertezza per l’avvenire, senza tuttavia fare menzione di «molestie». Nell’atto introduttivo egli ha denunciato, in particolare, presunte disfunzioni all’interno della BEI dal 1993 al 1995. Nella replica il ricorrente si è presentato come un «whistleblower».

26      Il ricorrente sostiene, nel presente ricorso, di essere stato, a partire dal momento in cui ha presentato il predetto ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado, oggetto di molestie psicologiche finalizzate a dissuaderlo dal proseguire tale procedimento.

27      Nell’aprile del 1998 il sig. K. ha redatto il rapporto di valutazione del ricorrente per l’anno 1997, attribuendogli il voto globale B. In tale rapporto il ricorrente si è lamentato di essere stato emarginato da un certo numero di anni e dell’aggravarsi di tale situazione successivamente alla proposizione del suo ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado. In detto rapporto il sig K. ha precisato:

«[Il ricorrente] ha perseguito [nell’ambito del suo ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado (causa T‑7/98)] la sua pretesa alla promozione utilizzando per fini personali documenti confidenziali della Banca e cercando di screditare diversi altri membri del personale della Banca nonché la sua direzione. A causa di tale violazione dei suoi doveri e di tale comportamento sleale, la reciproca fiducia necessaria alle buone relazioni professionali e di lavoro è stata compromessa in modo deprecabile. Non prendo in considerazione tale aspetto nella valutazione, che si riferisce esclusivamente all’esecuzione professionale dei compiti attribuiti [al ricorrente], e non comporta dunque nessun giudizio relativo ai succitati aspetti del suo comportamento. D’altra parte è evidente che, alla luce [di tale comportamento], e in attesa dell’esito del procedimento giudiziario pendente, l’evoluzione della carriera [del ricorrente] nella direzione delle [f]inanze è soggetta a grandi incertezze».

28      Dal 28 settembre 1998 alla fine di giugno del 1999 il ricorrente è stato curato per un stato ansioso-depressivo ed è stato collocato in congedo malattia a più riprese.

29      Con lettera del 26 ottobre 1998 il ricorrente ha presentato una denuncia dinanzi al procureur d’État du parquet du tribunal d’arrondissement de Luxembourg nei confronti di due agenti della BEI. Tale denuncia sarà respinta il 10 dicembre 1998, con la precisazione del procureur che tale procura non era competente a conoscerne.

30      Con telefax del 30 novembre 1998, il ricorrente, mentre era in congedo malattia, ha presentato le sue dimissioni nei termini seguenti: «In seguito all’atteggiamento a mio avviso scandaloso della Banca in occasione degli eventi che si sono prodotti nei miei confronti, e in seguito in particolare alla pressione destinata a rendere il mio lavoro impossibile ed a causa degli effetti sulla mia salute, con la presente rassegno le mie dimissioni. Alla luce dell’art. 17 del regolamento del personale considero che il mio contratto terminerà il 28 febbraio 1999».

31      Con lettera del 2 dicembre 1998 la BEI ha preso atto della dichiarazione di dimissioni del ricorrente e ha osservato che era disposta ad esonerarlo, alla fine del suo congedo di malattia, dall’obbligo di prestare servizio fino al 28 febbraio 1999, per il periodo rimanente dopo l’esaurimento dei suoi diritti al congedo.

32      Il 23 dicembre 1998 il ricorrente ha investito il Tribunale di primo grado di un secondo ricorso, iscritto al ruolo con il numero di causa T‑208/98, diretto, in particolare, avverso una decisione del 6 agosto 1998 della BEI, nella parte in cui non lo promuoveva alla funzione D, e contro il suo rapporto di valutazione per l’anno 1997, chiedendo altresì il risarcimento per il danno subìto a causa della mancata promozione, facendo riferimento a pressioni psicologiche, minacce e atti di intimidazione, senza tuttavia fare menzione di «molestie».

33      Con lettera del suo avvocato del 14 gennaio 1999 il ricorrente ha revocato le dimissioni. Con lettera del 2 febbraio 1999 la BEI ha rifiutato di accettare tale revoca.

34      Il 14 febbraio 1999 il giornale scozzese Scotland on Sunday ha pubblicato un articolo intitolato «European [Investment] [B]ank whistleblower forced to quit» (“Un whistleblower della Banca europea per gli investimenti costretto a dimettersi”) riguardante le dimissioni del ricorrente.

35      Il 30 marzo 1999 il vicepresidente della commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento europeo ha invitato il ricorrente ad intervenire, il 19 e il 20 aprile 1999, in qualità di «esperto», chiedendogli di fornire, «in camera», a detta commissione ulteriori informazioni circa le asserzioni relative a cattiva gestione e frodi all’interno del dipartimento «Tesoreria» della BEI, e ciò in previsione di un incontro su detto tema della commissione con il vicepresidente della BEI nei medesimi giorni. Il ricorrente ha avuto svariati altri incontri con il vicepresidente della commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento e avrebbe incontrato un rappresentante dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode il 7 luglio 1999.

36      Con un terzo ricorso depositato il 2 maggio 1999 e iscritto al ruolo con il numero di causa T‑109/99, il ricorrente ha chiesto al Tribunale di primo grado, in particolare, di annullare la lettera del 2 febbraio 1999 con la quale la BEI aveva rifiutato di accettare la revoca delle sue dimissioni. Nel citato ricorso il ricorrente ha lamentato, facendo riferimento alla situazione all’interno della Banca dal 1993 fino alle sue dimissioni nel 1998, di essere stato oggetto di molestie psicologiche («mobbing»), il che è stato considerato dal Tribunale di primo grado come una domanda volta a «condannare la [BEI] a risarcire il danno morale asseritamente subìto dal ricorrente per molestie psicologiche e per la diffamazione di cui sarebbe stato vittima».

37      Alla fine dell’anno 1999 il Mediatore europeo, al quale si era rivolto il ricorrente, ha concluso per il rigetto della denuncia di quest’ultimo. Secondo il Mediatore la decisione della BEI di rifiutare al ricorrente l’autorizzazione ad adire gli organi giurisdizionali lussemburghesi relativamente a fatti occorsi nel 1994 e nel 1995 non costituiva un caso di cattiva amministrazione.

38      Con sentenza del 23 febbraio 2001, De Nicola/BEI (T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99; in prosieguo la «sentenza del 23 febbraio 2001», EU:T:2001:69), il Tribunale di primo grado ha statuito sui tre ricorsi dei quali era stato investito dal ricorrente.

39      Con la sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), il Tribunale di primo grado ha, in primo luogo, respinto le conclusioni dirette contro i rapporti di valutazione per gli anni 1996 e 1997 e le decisioni di rifiuto di una promozione a titolo di detti esercizi. Nella sua sentenza il Tribunale di primo grado ha ritenuto, in primo luogo, che il ricorrente non avesse sufficientemente dimostrato che le note da lui inviate alla sua gerarchia avessero potuto essere percepite dai superiori come una contestazione delle loro decisioni né che esse avessero comportato misure di ritorsione nei suoi confronti, e che pertanto non avesse dimostrato che le decisioni in parola fossero manifestamente errate o che si spiegassero con una parzialità dei suoi valutatori connessa al fatto che egli avrebbe denunciato talune prassi o talune disfunzioni. Inoltre, il Tribunale di primo grado ha considerato che l’acquisizione irregolare di documentazione dal carattere strettamente riservato da parte del ricorrente poteva costituire un motivo per rifiutare la promozione.

40      In secondo luogo, il Tribunale di primo grado ha verificato, nella sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), «se gli indizi esposti dal ricorrente permett[essero] di presumere che la Banca o taluni dei suoi dipendenti [avessero] adottato nei confronti del ricorrente un comportamento molesto, screditandolo e peggiorando deliberatamente le sue condizioni di lavoro. In particolare, [il Tribunale di primo grado ha esaminato] di volta in volta i diversi elementi di fatto menzionati dal ricorrente, per verificare se, a causa della loro gravità o della loro ripetizione eventuali, il ricorrente [fosse] stato oggettivamente costretto a dimettersi» e ha giudicato che il ricorrente non era stato vittima di molestie psicologiche.

41      Il Tribunale di primo grado ha tuttavia rilevato, al punto 285 della sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), che taluni fatti addotti dal ricorrente erano incompatibili con il principio di buona amministrazione e il dovere di sollecitudine incombenti alla BEI. Si trattava della circostanza che il ricorrente fosse stato accolto all’entrata della BEI da uscieri muniti di una lettera del direttore del personale, contenente la foto del ricorrente; dell’impiego inappropriato dell’espressione «mania di persecuzione» nell’ambito della procedura di conciliazione; di un’osservazione offensiva riguardante i compiti affidati al ricorrente; del fatto che il ricorrente fosse stato privato del suo computer personale senza essere stato prima consultato e della mancata informazione immediata del ricorrente, da parte del suo superiore gerarchico, dell’abolizione di un gruppo di lavoro di cui garantiva il coordinamento. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto che fatti del genere giustificassero la condanna della BEI a versare 1 euro simbolico al ricorrente quale risarcimento del danno morale.

42      In terzo luogo, il Tribunale di primo grado ha considerato nella sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69) che il ricorrente non aveva potuto, a causa di un’alterazione temporanea delle sue facoltà di intendere e di volere legata al suo stato di salute, presentare validamente le sue dimissioni, e che queste ultime dovevano essere dichiarate nulle per vizio del consenso. Il ricorrente doveva pertanto essere reintegrato nella situazione in cui si trovava prima delle dimissioni. Di conseguenza la BEI è stata condannata a versare al ricorrente gli arretrati delle retribuzioni non percepite dalla revoca della sua dichiarazione di dimissioni, maggiorati di interessi di mora.

43      Infine, nella sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), il Tribunale di primo grado ha parzialmente accolto le domande della Banca volte a ritirare dal fascicolo della causa taluni documenti prodotti dal ricorrente nell’ambito del procedimento. Esso ha infatti statuito che, da un lato, il ricorrente non aveva dimostrato di aver acquisito in modo regolare tali documenti e, dall’altro, che questi ultimi erano privi di pertinenza ai fini della soluzione della controversia.

44      Dopo la pronuncia della sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), il ricorrente ha informato la BEI, con telefax del 28 febbraio e del 1º marzo 2001, che era pronto a riassumere le sue funzioni a Lussemburgo. Dopo aver dato avviso al ricorrente, con lettera del 1º marzo 2001, del fatto che egli era temporaneamente dispensato da ogni prestazione professionale, il direttore delle risorse umane della BEI lo ha informato, con lettera del 6 marzo 2001 (in prosieguo: la «lettera del 6 marzo 2001»), che era reintegrato nella funzione E, con effetto a decorrere dal 23 febbraio 2001, e che, a partire da tale data, era assegnato al dipartimento del rischio di credito. Inoltre, il direttore delle risorse umane della BEI ha sottolineato che, nell’ambito della sua riassegnazione, il ricorrente era trasferito all’ufficio della BEI a Roma (Italia), dove avrebbe lavorato sotto la direzione del sig. H., capo di tale ufficio. Il direttore delle risorse umane della BEI ha, peraltro, attirato l’attenzione del ricorrente sul fatto che le condizioni generali relative alle sue funzioni a Roma erano previste nell’allegato di detta lettera. In tale allegato si indicava, in particolare, al punto 2, che il ricorrente avrebbe ricevuto unicamente compiti non operativi, appropriati alle sue conoscenze ed esperienze; al punto 3, che avrebbe avuto a disposizione tutta la dotazione informatica e delle telecomunicazioni accessibile ai membri del personale e, al punto 4, che non avrebbe potuto avere contatti con interlocutori esterni alla BEI che fossero stati o potessero essere in rapporti d’affari con la stessa senza l’accordo esplicito dei suoi superiori, da concedere di volta in volta.

45      Con telefax del 16 marzo 2001 l’avvocato del ricorrente ha lamentato la circostanza che siffatte restrizioni erano inammissibili e avrebbero ostacolato lo sviluppo della carriera del ricorrente.

46      Con messaggio di posta elettronica del 19 marzo 2001 il ricorrente ha accettato, sostanzialmente, i compiti che gli erano stati assegnati, seppur contestando le condizioni di lavoro impostegli.

47      Con lettera del 22 maggio 2001 il presidente della BEI ha informato il ricorrente che, tenuto conto del suo comportamento gravemente lesivo della reputazione di alcuni suoi colleghi, nonché di quella della BEI, e dell’appropriazione e della diffusione di informazioni riservate, aveva deciso, conformemente all’articolo 39, primo comma, del regolamento del personale, di sospenderlo dalle sue funzioni «con effetto immediato, per un periodo massimo di tre mesi, utile per consentire di riunire la commissione paritetica prevista dall’art. 38 del [r]egolamento del personale, che [sarebbe stata] chiamata a pronunciarsi sul fascicolo nel suo insieme».

48      Il 4 giugno 2001 il ricorrente ha presentato dinanzi al Tribunale di primo grado un nuovo ricorso, iscritto al ruolo con il numero di causa T‑120/01 e volto, in particolare, all’annullamento della lettera del 6 marzo 2001 e della decisione di sospensione del 22 maggio 2001, e ha presentato al tempo stesso, con atto separato, una domanda volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione di detti due atti. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado in data 9 agosto 2001 (De Nicola/BEI, T‑120/01 R, EU:T:2001:198).

49      Nel frattempo, con lettera del 13 giugno 2001 il presidente della BEI ha comunicato al ricorrente, in forza dell’articolo 40, secondo comma, del regolamento del personale, i fatti che gli venivano contestati e che erano idonei a giustificare una sanzione disciplinare. Si trattava, in particolare, dell’appropriazione irregolare dei documenti dei quali il Tribunale di primo grado aveva ordinato il ritiro dal fascicolo con sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69) e della divulgazione di fatti riservati, senza averne informato i suoi superiori e senza avere da essi ottenuto alcuna autorizzazione, attraverso diversi documenti di cui il ricorrente era l’autore – lettere, rapporti, articoli di stampa – o mediante contatti con giornalisti. Il presidente della BEI indicava al ricorrente che tali violazioni delle disposizioni del regolamento del personale e del codice di condotta erano gravi e tali da comportare un licenziamento ai sensi degli articoli 38 e 39 del regolamento del personale.

50      Con lettera del 6 settembre 2001 il presidente della BEI ha informato il ricorrente del suo licenziamento per grave motivo, senza preavviso né indennità di buonuscita.

51      Con atto introduttivo depositato il 3 dicembre 2001 il ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale di primo grado, iscritto al ruolo con il numero di causa T‑300/01, diretto segnatamente ad ottenere l’annullamento della decisione di licenziamento e il risarcimento dei danni. Contemporaneamente a detto ricorso veniva presentata, con atto separato, una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione di licenziamento. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado del 29 aprile 2002 (De Nicola/BEI, T‑300/01 R, EU:T:2002:110), confermata, a seguito d’impugnazione, dall’ordinanza del presidente della Corte in data 25 luglio 2002 [De Nicola/BEI, C‑198/02 P(R), EU:C:2002:463].

52      Nella sentenza del 16 dicembre 2004, decidendo nel merito delle cause T‑120/01 e T‑300/01 (sentenza De Nicola/BEI, T‑120/01 e T‑300/01; in prosieguo: la «sentenza del 16 dicembre 2004», EU:T:2004:367), il Tribunale di primo grado ha dichiarato, in primo luogo, che la lettera del 6 marzo 2001 non era viziata da illegittimità. Tale lettera reintegrava, infatti, il ricorrente nella funzione E, alla quale egli apparteneva precedentemente, e costituiva un provvedimento di esecuzione conforme alla sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69). Nella parte in cui comunicava al ricorrente il suo trasferimento a Roma, si doveva ritenere che detto trasferimento fosse stato deciso di comune accordo con il ricorrente. Per quanto riguarda, l’allegato alla citata lettera, il Tribunale di primo grado ha considerato che tale documento non aveva modificato le condizioni di lavoro del ricorrente, come previste nel contratto di assunzione sottoscritto dallo stesso, e che le misure previste nei punti 2 e 4 di detto allegato, delle quali il Tribunale di primo grado aveva constatato la natura temporanea, non erano viziate da errore manifesto di valutazione.

53      In secondo luogo, il Tribunale di primo grado ha rilevato che la decisione del presidente della BEI del 22 maggio 2001, con cui si sospendeva il ricorrente dalle sue funzioni, era stata adottata senza che quest’ultimo fosse stato previamente ascoltato e che, di conseguenza, detta decisione doveva essere annullata.

54      In terzo luogo, dopo aver esaminato ciascun elemento di fatto invocato dalla BEI nei confronti del ricorrente, il Tribunale di primo grado ha considerato che la BEI non aveva sufficientemente dimostrato che il ricorrente si fosse appropriato in modo irregolare dei sei documenti che aveva prodotto nell’ambito delle cause T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99, né che fosse personalmente responsabile della trasmissione delle informazioni riportate negli articoli di stampa controversi. Relativamente ai documenti di cui il ricorrente era l’autore, il Tribunale di primo grado ha ritenuto che essi contenevano effettivamente informazioni riservate e che la loro diffusione ledeva la reputazione di alcuni colleghi del ricorrente nonché quella della BEI. Tuttavia, il Tribunale di primo grado ha rilevato che la BEI non aveva in alcun modo tenuto conto del fatto che tali documenti erano stati prodotti per i membri del Parlamento o su loro richiesta, ai fini della lotta contro la frode. Il Tribunale di primo grado ne ha desunto che, nella valutazione della gravità dei fatti contestati al ricorrente, la BEI non aveva preso in considerazione, ingiustamente, tali circostanze attenuanti e che essa aveva così commesso un errore manifesto di valutazione che giustificava l’annullamento della decisione di licenziamento.

55      In quarto luogo, nella sentenza del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367), il Tribunale di primo grado ha condannato la BEI a risarcire il danno subìto dal ricorrente, segnatamente ordinandole di versare a quest’ultimo gli arretrati delle retribuzioni non percepite a partire dal 1º settembre 2001, maggiorate di interessi moratori, nonché un importo di EUR 10 000 come risarcimento del danno morale subìto a causa della commissione da parte della BEI, in due occasioni, di un atto illegittimo che ha avuto l’effetto di porre fine prematuramente al rapporto di lavoro con il ricorrente.

56      All’indomani della pronuncia della sentenza del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367), cioè il 17 dicembre 2004, il ricorrente, accompagnato dal suo avvocato, si è presentato presso l’ufficio della BEI a Roma, dove esercitava le sue funzioni prima del licenziamento. Il capo dell’ufficio della BEI non ha consentito al ricorrente di riprendere le sue funzioni immediatamente, indicandogli che la BEI gli avrebbe comunicato le misure di esecuzione della sentenza. Con telefax del 17 dicembre 2004 il direttore delle risorse umane della BEI ha informato il ricorrente che quest’ultima intendeva rispettare pienamente la sentenza del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367), ma che se ne rendeva necessario uno studio attento, al fine di assicurarne la corretta esecuzione. Il direttore delle risorse umane garantiva anche al ricorrente che il termine di esecuzione di detta sentenza sarebbe stato ragionevole e non avrebbe pregiudicato i suoi diritti.

57      Il ricorrente fa presente che la BEI avrebbe rifiutato, durante svariati mesi, di corrispondergli la retribuzione.

58      Con lettera del 14 febbraio 2005 la BEI ha reso noto, in particolare, al ricorrente di aver versato, il 10 febbraio 2005, la somma di EUR 312 677,15 sul suo conto bancario, dei quali EUR 300 000 a titolo di anticipo sugli arretrati delle retribuzioni e ha chiesto al ricorrente di farle pervenire diversi documenti. Con la stessa lettera il ricorrente veniva informato del fatto che avrebbe ripreso le sue funzioni il 1º aprile 2005 presso l’ufficio della BEI a Roma, nel rispetto delle condizioni già stabilite nella lettera del 6 marzo 2001.

59      Con lettera del 9 marzo 2005, firmata dal direttore generale della direzione generale «Gestione del rischio», ossia la nuova direzione cui era stato assegnato il ricorrente, e dal direttore delle risorse umane, il ricorrente è stato informato della nuova data stabilita per la ripresa delle sue funzioni a Roma, ossia il 16 aprile 2005, della sua assegnazione all’unità «Politica del rischio» («Risk policy») della divisione del coordinamento e dell’assistenza, della direzione generale «Gestione del rischio», nonché del suo livello di retribuzione (funzione E, scatto 37). Il ricorrente veniva anche avvisato del fatto che sarebbe stato trasferito alla sede della BEI a Lussemburgo a partire dal 1º settembre 2005. Le limitazioni menzionate al punto 4 dell’allegato alla lettera del 6 marzo 2001, relative ai contatti con interlocutori esterni alla BEI, sarebbero state attenuate con il consenso del direttore generale del ricorrente di pari passo con l’integrazione di quest’ultimo. La lettera precisava infine che la BEI avrebbe dimostrato la più grande flessibilità nel consentire al ricorrente di fruire dei giorni di congedo cui aveva diritto.

60      Il tema delle limitazioni previste dalla lettera del 6 marzo 2001 e oggetto della predetta lettera del 9 marzo 2005 è stato successivamente evocato svariate volte. Innanzitutto, con un messaggio di posta elettronica del 18 maggio 2006 il ricorrente ha chiesto alla sig.ra M., capodivisione, se le succitate limitazioni sarebbero state mantenute ancora a lungo. Successivamente, con un messaggio di posta elettronica del 31 luglio 2006, il ricorrente ha chiesto al sig. Q. se le restrizioni «temporanee che però non erano mai state ufficialmente annullate» fossero «sempre in vigore». Con un messaggio di posta elettronica del 5 dicembre 2006, indirizzato al sig. Gr., al sig. N. e al sig. Q., il ricorrente ha precisato di essere preoccupato dalla mancanza di risposta relativamente al mantenimento ufficiale delle limitazioni previste dalla lettera del 6 marzo 2001 o alla loro revoca ufficiale, ritenendo che occorresse dedurre da tale atteggiamento che la BEI considerava «normale» che egli fosse tenuto separato dagli altri collaboratori. Con nota del 25 gennaio 2007, il sig. Q. e sig. Gr. hanno informato il ricorrente che era stato posto termine all’applicazione di dette restrizioni.

61      Il ricorrente ha ripreso le sue funzioni a Roma alla data fissata, il 16 aprile 2005.

62      Nel maggio del 2005 il ricorrente ha proposto alla sig.ra M., capodivisione, un programma pianificato per prendere i giorni di ferie arretrati. L’arretrato dei giorni di ferie è stato in seguito citato svariate volte e in particolare nel rapporto di valutazione per l’anno 2005. Inoltre, secondo il ricorrente, la sig.ra. M. e il sig. T., capounità, gli avrebbero chiesto se fosse ancora possibile che la BEI gli pagasse i giorni di ferie arretrati anziché il ricorrente prendesse tali giorni di congedo. In seguito la sig.ra M., con un messaggio di posta elettronica del 4 agosto 2006, ha informato il ricorrente che a lui esclusivamente competeva la decisione di prendere i giorni di ferie o di farseli pagare.

63      Nel maggio del 2005 il ricorrente ha anche presentato una domanda di formazione. In un messaggio di posta elettronica dell’11 maggio 2005 la sig.ra M. gli precisava di dover verificare il bilancio della direzione generale «Gestione del rischio», che altri colleghi avevano anch’essi presentato delle domande di cui ella doveva tenere conto, ma che, se la formazione non fosse stata possibile nell’immediato, avrebbe potuto avere luogo in una data ulteriore.

64      Il ricorrente fa presente che nel settembre del 2005, quando ha preso le sue funzioni presso la sede della BEI a Lussemburgo, gli è stato rifiutato un posto per il parcheggio benché egli ne avesse diritto, tenuto conto della sua anzianità. Inoltre, egli sarebbe stato obbligato a fare stampare sui suoi biglietti da visita «Risk Policy Analyst» invece di «Risk Policy Officer».

65      Alla fine dell’ottobre del 2005 vi è stato uno scambio di messaggi professionali fra il ricorrente e la sig.ra B., la quale, dopo avergli confermato la propria disponibilità per discutere di un progetto, non ha poi apparentemente dato seguito a tale discussione.

66      Il ricorrente segnala che nel novembre 2005 il capodivisione, sig.ra M., gli avrebbe precisato che egli era stato scelto come candidato al posto di Project Manager per il progetto Basilea II.

67      Durante il 2006 al ricorrente sono stati fissati i seguenti obiettivi: sviluppare la funzione di validazione e di manutenzione del nuovo modello di rating interno alla Banca, imposto dalla normativa Basilea II e da quelle successive; supervisionare la metodologia di utilizzo dell’applicazione «Credit Metrics», in particolare al fine di risolvere le incoerenze del modello matematico utilizzato; sviluppare l’analisi dell’applicazione «Prezzi dei prestiti» e pianificare l’impatto di mancati pagamenti nel sistema «Prezzi dei prestiti».

68      Il 21 aprile 2006 il ricorrente ha proposto un incontro per discutere di un progetto di rating con la sig.ra L., la quale accettava. Il 22 giugno 2006 la sig.ra L. ha scritto al ricorrente «al fine di tener[lo] informato» «alla luce dell’incontro con la [commissione di vigilanza del settore finanziario] della settimana passata» precisandogli che la documentazione pertinente, che doveva ancora essere completata, gli sarebbe pervenuta la settimana seguente. Il ricorrente fa presente che tale documentazione gli è pervenuta alla vigilia delle sue ferie.

69      Nel giugno 2006, il ricorrente ha posto domande e scambiato messaggi con un membro del personale della BEI riguardo al rimborso delle consultazioni con uno psicologo.

70      Con un messaggio di posta elettronica del 22 giugno 2006, indirizzato al sig. G., direttore generale della direzione generale «Gestione del rischio», e, in copia, alla sig.ra M. e al sig. T., il ricorrente ha discusso di un progetto, formulato delle domande e proposto di contribuire ad approfondirlo.

71      Il 30 giugno 2006 il ricorrente ha firmato il suo rapporto di valutazione per il 2005, sottoscritto l’11 maggio 2006 in qualità di valutatore, dalla sig.ra M., capodivisione, e il 15 maggio 2006 in qualità di direttore generale dell’interessato, dal direttore generale della direzione generale «Gestione del rischio», sig. G. In tale rapporto il valutatore indicava, sotto la rubrica 2 B, relativa alla valutazione del livello di prestazioni raggiunto e alla valutazione globale dell’anno trascorso: «[S]iamo pienamente soddisfatti del lavoro [del ricorrente]. [Il ricorrente] ha saputo mostrare intelligenza e spirito d’iniziativa nelle scelte metodologiche proposte ed ha saputo convincere i suoi interlocutori della fondatezza delle sue proposte». Alla rubrica 5, relativa allo sviluppo futuro della carriera del membro del personale interessato, si indicava in particolare che il ricorrente si era progressivamente integrato nella divisione «Coordinamento e assistenza», soprattutto nella sua unità, l’unità «Risk Policy», e che, nonostante fosse stato in parte assente a causa del suo «stock» di congedi da prendere, aveva contribuito efficacemente alla realizzazione di studi di parametri importanti nel quadro del progetto detto «Basilea II». In tale rapporto, che non contiene alcun commento del direttore generale, al ricorrente era stato attribuito il voto globale B.

72      Con un messaggio di posta elettronica indirizzato il 31 luglio 2006 al sig. G., il ricorrente contestava il voto B attribuitogli nel rapporto informativo per il 2005, sottolineando che non gli sembrava corrispondere alle valutazioni espresse nel rapporto. Rispondendo con un messaggio di posta elettronica del 1º agosto 2006, il sig. G. ha indicato al ricorrente che il suo lavoro non sollevava alcuna critica da parte sua e che il voto B era un buon voto.

73      Nel settembre 2006 il ricorrente è stato avvisato, a suo parere in modo tardivo, dello spostamento di data di una formazione.

74      Sempre nel settembre 2006 il ricorrente ha scambiato una serie di messaggi di posta elettronica professionali con la sig.ra B. relativamente ad un progetto professionale comune. Il ricorrente fa presente che «alcuni [dei suoi colleghi] [sarebbero] interve[nuti] (…) cercando di pilotarne il risultato».

75      Nello stesso periodo il ricorrente ha trasmesso alla sig.ra M., e al sig. T. due note relative ai suoi lavori sulla valutazione delle probabilità di inadempienza e la responsabilità per i parametri di rischio.

76      Ad ottobre 2006 il ricorrente ha discusso della programmazione e delle scadenze previste per un progetto che gli era stato affidato, ritenendo che le scadenze non fossero realistiche, fra l’altro in considerazione della circostanza che gli era stato chiesto di prendere oltre due mesi di ferie estive.

77      Con messaggio di posta elettronica del 17 novembre 2006, indirizzato al ricorrente e in copia al sig. N., il sig. Gr., direttore delle risorse umane, ha ricordato il loro incontro del 14 novembre precedente, il quale «aveva lo scopo di fare il punto della situazione della [sua] reintegrazione alla Banca», e concludeva che «[il ricorrente] [era] soddisfatto della situazione professionale in cui [evolveva]». Con messaggio di posta elettronica del 5 dicembre 2006, parimenti indirizzato al sig. N. e al sig. Q., il ricorrente ha risposto di essere soddisfatto degli sviluppi positivi della politica di gestione dei rischi («Risk Management») della BEI, ma che non era altrettanto soddisfatto della propria situazione personale, in particolare a causa dell’incertezza dovuta al mantenimento delle restrizioni previste dalla lettera del 6 marzo 2001, o al mancato ritiro ufficiale delle medesime. Con nota del 25 gennaio 2007, menzionata al punto 60 della presente sentenza, facendo seguito anche al colloquio del 14 novembre 2006, è stato posto termine a siffatte restrizioni.

78      Con messaggio di posta elettronica dell’8 dicembre 2006 il ricorrente ha trasmesso al sig. T., con in copia la sig.ra M. e il sig. S., il suo lavoro intermedio su uno studio di validazione. Un messaggio di posta elettronica del 12 gennaio 2007 verte parimenti su detto tema. Lo studio finale è datato marzo 2007.

79      Con messaggio di posta elettronica del 20 dicembre 2006 il ricorrente ha proposto di tenere riunioni di formazione e di aggiornamento fra i colleghi dell’unità «Risk policy» o della direzione generale «Gestione del rischio» ed ha proposto di assistere ad una conferenza sul progetto «Basilea II» nel gennaio del 2007.

80      Con messaggio di posta elettronica del 21 dicembre 2006 il ricorrente ha precisato alla sig.ra M. e al sig. T. di non condividere la loro opinione secondo cui la BEI avrebbe potuto porre fine al progetto Basilea II.

81      Il 15 febbraio 2007 è stato instaurato un nuovo sistema di valutazione dei membri del personale all’interno della BEI.

82      Il 30 marzo 2007, il sig. T., capo dell’unità «Risk policy» e diretto superiore gerarchico del ricorrente, ha firmato il rapporto di valutazione del ricorrente per il 2006. Tale rapporto è stato controfirmato dalla sig.ra M., capo divisione, e, successivamente, il 21 maggio 2007, dal sig. G., direttore generale della direzione generale «Gestione del rischio», che non vi ha aggiunto alcun commento, nonché, il 13 giugno 2007, dal ricorrente. Nel rapporto di valutazione per il 2006 il ricorrente si è visto attribuire il voto B. Risulta da tale rapporto, sotto la rubrica 1 C, «Valutazione della progressione nella carriera», che, «[n]el complesso, gli obiettivi fissati per il 2006 sono stati conseguiti conformemente alle aspettative». Il ricorrente ha espresso il proprio disaccordo riguardo a detta valutazione, ritenendo che non fosse stato dato sufficiente riconoscimento al suo contributo nonché alle sue competenze e condotta, e altresì riguardo alla procedura di valutazione. Egli ha parimenti precisato che la sua carriera era bloccata da lungo tempo per motivi illegittimi.

83      Con messaggio di posta elettronica sempre del 30 marzo 2007, indirizzato alla sig.ra M. e al sig. T., il ricorrente ha altresì manifestato il suo scontento quanto al modo in cui si era svolta la procedura di valutazione per l’anno 2006, deplorando segnatamente che la rubrica 3 B del rapporto di valutazione, relativa al «futuro sviluppo nel ruolo o verso un’altra posizione», non fosse stata completata dal sig. T. e che non vi fosse stata discussione vertente su tale punto, «se capi[va] bene, perché la sua carriera [era] comunque bloccata».

84      Con messaggio di posta elettronica del 3 aprile 2007 la sig.ra M. ha risposto al messaggio di posta elettronica del ricorrente datato 30 marzo 2007, precisando che avrebbe firmato il rapporto di valutazione qualora egli fosse stato d’accordo con gli obiettivi per il 2007 e che avrebbe preferito che egli avesse discusso siffatte questioni nel corso dell’incontro che aveva preceduto la stesura di detto rapporto piuttosto che successivamente per iscritto. A parere della sig.ra M., il ricorrente avrebbe dovuto discutere con il capounità, sig. T., della sensazione che la sua carriera «[fosse] comunque bloccata». Ella considerava che se avesse agito in tal modo, «[egli] avre[bbe] ricev[uto] una spiegazione immediatamente e [sarebbe divenuto] pertanto più fiducioso e meno triste riguardo alla procedura di valutazione ed al resto».

85      Con messaggio di posta elettronica dell’11 aprile 2007 il ricorrente ha risposto al messaggio di posta elettronica della sig.ra M. del 3 aprile precedente, rilevando segnatamente che non vedeva «nulla di male» nel fatto di scrivere, e che la documentazione scritta era necessaria al fine di evitare malintesi e in caso di ricorso. Egli ha chiesto una chiarificazione circa l’evoluzione della sua carriera, ritenendo «ingiusto ed illegittimo» che la sua carriera fosse bloccata e ha chiesto altresì una chiarificazione circa la posizione della BEI a tale riguardo in questi termini: «Qual è la posizione della Banca? Riscontro un’ambiguità a tale proposito anche nel corso degli ultimi due anni».

86      Con comunicazione al personale del 13 luglio 2007 la BEI ha pubblicato l’elenco delle promozioni approvate nell’ambito dell’esercizio di valutazione relativo all’anno 2006. Il nome del ricorrente non compariva in detto elenco.

87      Il 13 luglio 2007 il ricorrente ha adito il comitato per i ricorsi della BEI, al fine di ottenere un voto più elevato del voto B attribuito nel suo rapporto di valutazione per il 2006, nonché una promozione alla funzione D. Con una nota al comitato per i ricorsi del 4 ottobre 2007 il sig. G., direttore generale del ricorrente, ha spiegato che il voto B attribuito al ricorrente a titolo dell’esercizio di valutazione per l’anno 2006 rispecchiava, tra l’altro, il buon lavoro svolto, e che «il lavoro [del ricorrente era] stato giudicato di qualità soddisfacente, ma non di qualità migliore rispetto agli altri membri dell’unità». Egli precisava che «[g]li altri membri dell’unità sono stati confrontati con temi di maggiore importanza o più strategici per la Banca». Seguivano esempi di siffatti lavori. Inoltre, il sig. G. ha precisato che occorreva relativizzare l’importanza e la complessità dei lavori del ricorrente e ha sottolineato la circostanza che il ricorrente preferiva restare isolato e che intratteneva rapporti con i colleghi soltanto tramite messaggi di posta elettronica. Con decisione del 14 dicembre 2007 il comitato per i ricorsi ha respinto il reclamo in quanto, da un lato, il ricorrente non aveva dimostrato che la BEI avesse commesso un errore manifesto di valutazione attribuendogli il voto B e, dall’altro, non avendo egli ottenuto il voto A o il voto B+, non poteva, in forza della normativa applicabile, beneficiare di una promozione.

88      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2008 il ricorrente ha proposto ricorso, registrato con il numero di ruolo F‑55/08, diretto, segnatamente, all’annullamento del rapporto di valutazione per l’anno 2006 e della decisione del comitato per i ricorsi del 14 dicembre 2007 che si riferisce ad esso, nonché al risarcimento dei danni che egli asserisce avrebbe subìto a causa delle molestie psicologiche di cui riteneva essere stato stato vittima.

89      Nel frattempo, nel settembre 2007 il ricorrente e il sig. Co. hanno avuto uno scambio di messaggi di posta elettronica relativamente ad un comune progetto professionale, ognuno rimproverando all’altro, in ultima istanza, il tono della conversazione. Il ricorrente ne ha messo al corrente il direttore delle risorse umane con messaggio di posta elettronica.

90      A partire dal 1º ottobre 2007 il ricorrente ha beneficiato del regime di telelavoro per la giornata del lunedì.

91      Nel corso del gennaio 2008 il ricorrente ha rivolto al sig. T., suo capounità, una richiesta di ricevere informazioni sugli obiettivi. Successivamente si è rivolto alla sig.ra T., che gli ha fornito risposta.

92      Con messaggio di posta elettronica del 27 febbraio 2008 la sig.ra V. ha rifiutato la presa a carico da parte della cassa di assicurazione malattia di una spesa di EUR 3 000 sostenuta dal ricorrente, corrispondente alla terapia laser di una discopatia. Tale rifiuto era basato sul parere del medico di fiducia della BEI, il quale riteneva che siffatta terapia non fosse ancora scientificamente validata.

93      Nel marzo 2008 il ricorrente ha intrattenuto corrispondenza via posta elettronica vertente sulla documentazione e sull’organizzazione del lavoro con diversi colleghi, fra i quali il sig. S., riguardo al progetto Basilea II, e con la sig.ra B., relativamente ad una nota sull’indicatore interno rischi/rendimento. Quest’ultimo scambio è proseguito durante i mesi di aprile, maggio e giugno 2008. Il ricorrente è stato invitato ad una riunione riguardante l’indicatore interno rischi/rendimento il 7 maggio 2008, vale a dire più tardi rispetto agli altri colleghi, invitati il 25 aprile 2008, anche se aveva preso contatto con la sig.ra B. l’11 aprile 2008. Dopo tale riunione il ricorrente ha dovuto sollecitare la sig.ra B. per continuare la sua partecipazione al prosieguo del progetto.

94      Il 9 maggio 2008 è stato completato il rapporto di valutazione per l’anno 2007, nel quale al ricorrente è stato attribuito il voto globale C, in quanto il valutatore ha ritenuto che gli obiettivi assegnati fossero stati raggiunti soltanto parzialmente, segnatamente a causa del fatto che il ricorrente lavorava «in quasi completo isolamento» dai suoi colleghi. Successivamente, a seguito del ricorso d’annullamento di detto rapporto proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale, il rapporto di valutazione per l’anno 2007 è stato annullato dal Tribunale (sentenza De Nicola/BEI, F‑59/09, EU:F:2011:19). Tale sentenza è stata parzialmente annullata dal Tribunale dell’Unione europea (sentenza De Nicola/BEI, T‑264/11 P, EU:T:2013:461), che ha rinviato poi la causa dinanzi al Tribunale, ove è stata iscritta al ruolo con il numero F‑59/09 RENV. Detta causa è attualmente pendente.

95      Nel corso dei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto 2008 il ricorrente, il sig. T. e uno dei suoi colleghi, il sig. S., hanno scambiato diversi messaggi e note riguardanti il software F. per il progetto Basilea II (in prosieguo: il «software F.») e la relativa documentazione. Il sig. S. ha, in un primo tempo, inviato una documentazione ridotta, e in seguito una documentazione più completa. Il ricorrente, peraltro, ha appreso che un dipendente della società editrice del software F. si era recato presso la BEI il 24 luglio 2008 e aveva incontrato, in particolare, il sig. S. e il sig. Ca., mentre il ricorrente stesso non era stato invitato alla riunione. Il ricorrente ha ottenuto la documentazione che cercava dalla società editrice del software F. e in seguito, dopo avergliela chiesta, dal sig. Ca. Il ricorrente è del parere che i suoi colleghi fossero in malafede nei suoi confronti.

96      Il 20 agosto 2008 il ricorrente ha trasmesso una nota al sig. Gr., direttore delle risorse umane, dal titolo «Relazione sulle mie attività professionali nel corso del periodo di quattro mesi [da] marzo [a] giugno 2008», in cui precisava che si proponeva di menzionare fatti, riguardanti la sua attività professionale, che non gli sembravano normali. In detta nota il ricorrente si è lamentato della circostanza di essere escluso dai gruppi di lavoro e dai lavori comportanti collegamenti all’esterno della BEI, e altresì del fatto che i suoi colleghi non condividevano con lui informazioni, documentazione e strumenti di cui disponevano. A sostegno delle proprie affermazioni il ricorrente ha fornito copia di svariati messaggi a diversi colleghi che sarebbero rimasti senza risposta. Inoltre, in un’altra nota indirizzata al sig. Gr. il medesimo giorno, il ricorrente ha posto in rilievo il fatto che non aveva avuto accesso alla documentazione pertinente né alla formazione relativa al software F., mentre questa era a disposizione del suo collega sig. S., e che la documentazione in parola era parimenti utile per il lavoro del ricorrente (in prosieguo: le «due note del 20 agosto 2008»).

97      Con messaggio di posta elettronica in data 7 ottobre 2008, a seguito di un incontro, il sig. G., direttore generale del ricorrente, ha informato in particolare il sig. Gr., direttore delle risorse umane – con il ricorrente in copia – del fatto che, tenuto conto delle sue ripetute asserzioni circa molestie, non sarebbe stata la divisione del «Gestione del rischio» a procedere alla valutazione del ricorrente per il 2008 e che ben presto, come convenuto, questi sarebbe stato assegnato ad un’altra divisione.

98      Con messaggi di posta elettronica in data 3 e 4 dicembre 2008 il ricorrente ha menzionato con un membro del personale della BEI la circostanza che stava per essere trasferito alla divisione «Studi economici e finanziari» della direzione generale «Strategia e controllo della gestione».

99      Con messaggio di posta elettronica del 18 dicembre 2008 il ricorrente ha chiesto al sig. Gr. i motivi di tale trasferimento, contestando la prevista nuova destinazione. Egli ha sottolineato che tale trasferimento gli appariva come una «punizione». La sua speranza era di lavorare in un ambiente di lavoro «senza molestie» e di non essere isolato, censurando il lavoro all’interno della divisione Studi economici e finanziari, che sarebbe stato più individuale e isolato rispetto a quello di altre divisioni della BEI. Infine, il ricorrente ha chiesto «perché [fosse] sempre assegnato a [dipartimenti] dove non vi [erano] [per lui] normali opportunità di carriera».

100    Il ricorrente fa presente di essere stato effettivamente trasferito alla divisione Studi economici e finanziari a partire dal 7 gennaio 2009.

101    In risposta ad un messaggio di posta elettronica del direttore delle risorse umane, sig. Gr., del 25 marzo 2009, nel quale si chiedeva al ricorrente di rinviare le due note del 20 agosto 2008 in formato elettronico, il ricorrente, con messaggio di posta elettronica del 27 marzo 2009 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 27 marzo 2009»), ha chiesto al sig. Gr. l’apertura della procedura di inchiesta prevista dalla Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, allegando alla sua domanda cinque serie di documenti: in primo luogo le due note del 20 agosto 2008; in secondo luogo, le sue richieste del 2006 di far cessare l’applicazione delle restrizioni di cui alla lettera del 6 marzo 2001; in terzo luogo, un messaggio inviato al direttore delle risorse umane riguardo all’incidente con il sig. Co. nel settembre 2007; in quarto luogo, il messaggio del sig. G. del 7 ottobre 2008 di cui aveva ricevuto copia; in quinto luogo, il suo ricorso nella causa F‑55/08.

102    Con messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009»), il ricorrente ha chiesto al sig. Gr. l’avvio di una seconda procedura di inchiesta ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, insistendo segnatamente sul fatto che «al fine di evitare qualsiasi malinteso, [egli precisava] che a differenza del procedimento [di cui aveva chiesto l’avvio] [con il messaggio di posta elettronica del 27 marzo 2009], il presente procedimento concerne[va] solo i fatti fino al mese di giugno 2008, quando avev[a] [proposto il ricorso] nella causa F‑55/08». Inoltre, il ricorrente ha aggiunto che, a suo avviso, «la questione [delle molestie] concern[eva] la Banca in quanto tale piuttosto che colleghi singolarmente considerati. Ciò nondimeno, fra i colleghi ancora in servizio, il ruolo almeno delle seguenti persone ha costituito oggetto di discussione, con riguardo alla realizzazione della strategia della Banca: il sig. Gr., il sig. N., il sig. V., il sig. Q., il sig. G., la sig.ra M., il sig. T., la sig.ra B., il sig. S.».

103    Il 24 aprile 2009 è stato definitivamente adottato il rapporto di valutazione per l’anno 2008. Al ricorrente è stato attribuito il voto globale B, nonché un bonus. Il sig. G. ha posto in rilievo il miglioramento della produttività del ricorrente, e, «soprattutto, [la circostanza che] [il ricorrente] si [era] maggiormente impegnato in progetti comuni», sebbene continuasse ad intrattenere contatti diretti con i suoi colleghi in misura troppo ridotta e facesse sistematicamente ricorso a scambi di messaggi di posta elettronica. Successivamente il ricorrente ha proposto un ricorso, contro, inter alia, il rapporto di valutazione per l’anno 2008, che è stato respinto con sentenza del Tribunale del 28 settembre 2011, De Nicola/BEI (F‑13/10, EU:F:2011:161). Tale sentenza è stata parzialmente annullata con sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI (T‑618/11 P, EU:T:2013:479), il quale, pronunciandosi esso stesso sulla controversia, ha respinto il ricorso di primo grado.

104    Con lettera del 4 giugno 2009 il direttore delle risorse umane ha chiesto al ricorrente, con riferimento al messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009, di precisare di quali atti illegittimi accusasse i suoi colleghi, nonché l’oggetto esatto della sua denuncia. In mancanza, la sua domanda avrebbe dovuto essere considerata incompleta e, di conseguenza, respinta in quanto manifestamente infondata. Il ricorrente ha risposto alla lettera del 4 giugno 2009 con un messaggio di posta elettronica del 15 giugno 2009, riguardante «uno [dei] procedimenti» ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, indicando che i punti da 1 a 84 del suo ricorso nella causa F‑55/08 gli sembravano sufficientemente chiari. Con lettera del 30 luglio 2009 il direttore delle risorse umane ha chiesto al ricorrente di precisare quali fossero esattamente i fatti costituenti molestie che egli addebitava alle nove persone menzionate nel suo messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009. Con messaggio di posta elettronica del 7 agosto 2009 il ricorrente ha replicato che spettava alla BEI, segnatamente in considerazione del suo dovere di sollecitudine, condurre un’inchiesta e che, a tal fine, essa disponeva in particolare dei documenti che comparivano nei fascicoli dei ricorsi depositati fino al 2004 e dei numerosi documenti trasmessi in seguito, come ad esempio le due note del 20 agosto 2008. Con lettera del 6 ottobre 2009 il direttore delle risorse umane della BEI ha dichiarato che «il procedimento di inchiesta [era] ora [ufficialmente] avviato» e che la questione della conformità della domanda del ricorrente con l’esigenza di precisare la sua denuncia sarebbe stata trattata dal comitato d’inchiesta.

105    Con sentenza del 30 novembre 2009, De Nicola/BEI (F‑55/08; in prosieguo: la «sentenza del 30 novembre 2009», EU:F:2009:159) il Tribunale ha respinto il ricorso nella causa F‑55/08.

106    In particolare, relativamente alle conclusioni dirette alla condanna della BEI a risarcire i danni cagionati dalle molestie asseritamente subite, il Tribunale ha ritenuto che tali conclusioni dovessero essere respinte, poiché il ricorrente, prima di proporre il ricorso dinanzi al Tribunale, non aveva presentato alla BEI una domanda di risarcimento.

107    Nella sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159) il Tribunale ha inoltre considerato che, indipendentemente dalle censure del ricorrente relative alle molestie delle quali sarebbe stato vittima e alla violazione del dovere di sollecitudine, si potesse ritenere che egli intendesse chiedere il risarcimento dei danni che gli avrebbero causato altri atti quali: le misure adottate dalla Banca a seguito della sua reintegrazione nel 2005 dopo l’annullamento del suo licenziamento, le decisioni di trasferirlo da Lussemburgo a Roma e poi da Roma a Lussemburgo, il rifiuto consapevole della Banca di accordargli una promozione dopo lunghi anni, l’attribuzione di compiti sminuenti, il rifiuto della Banca di consentirgli di partecipare a congressi, seminari e riunioni internazionali necessari al mantenimento delle sue qualifiche professionali. Il Tribunale ha applicato, in via principale la soluzione adottata per le conclusioni dirette al risarcimento menzionate al punto precedente e ha considerato, ad abundantiam, che tali conclusioni del ricorrente non potessero essere accolte nel merito.

108    Con messaggio di posta elettronica del 28 dicembre 2009 il ricorrente ha precisato al servizio delle risorse umane della BEI che «la situazione [relativa al procedimento a titolo della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro] [gli] sembra[va] confusa e [che] la fonte di tale confusione [gli] pare[va] essere la circostanza che [il servizio delle risorse umane aveva] avviato unicamente una delle [due] procedure che [egli aveva] richiesto parecchi mesi prima, senza spiegare perché (…)». Il servizio delle risorse umane ha risposto, con messaggio di posta elettronica del 12 gennaio 2010, che era stato avviato un solo procedimento poiché il messaggio di posta elettronica del ricorrente del 15 aprile 2009 conteneva una sola domanda di avvio di una procedura d’inchiesta formale e che il servizio delle risorse umane non era al corrente dell’esistenza di altre denunce o censure che avrebbero potuto giustificare l’avvio di un’altra procedura. Si chiedeva al ricorrente di presentare formalmente al servizio delle risorse umane una domanda aggiuntiva di avvio di un altro procedimento ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro.

109    Il comitato d’inchiesta competente ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro ha elaborato una relazione d’inchiesta in data 30 giugno 2010 (in prosieguo: la «relazione del 30 giugno 2010»), precisando in particolare che «[i] fatti concernenti le molestie psicologiche lamentate dal [ricorrente] nell’ambito della presente denuncia» erano quelli che «[erano] stati sottoposti al Tribunale (…) nella causa F‑55/08 e [che avevano] costituito l’oggetto [della] sentenza del 30 novembre 2009». Nella relazione del 30 giugno 2010 il comitato d’inchiesta ha concluso che la denuncia del ricorrente doveva essere respinta, dal momento che il ricorrente non aveva dimostrato di essere stato vittima di molestie da parte degli agenti della BEI in discussione né da parte della BEI in quanto organizzazione. Il comitato d’inchiesta ha formulato alcune raccomandazioni al fine di tentare di dare risposta al «sentimento di ingiustizia provato dal [ricorrente]».

110    Con lettera del 1º settembre 2010 il presidente della BEI ha informato il ricorrente della conclusione del comitato d’inchiesta secondo la quale la sua denuncia doveva essere respinta e che «non occorre[va] quindi prevedere nessuna azione» (in prosieguo: la «decisione del 1º settembre 2010»).

111    Con messaggi di posta elettronica del 14 ottobre 2010, del 7 dicembre 2010 e del 16 febbraio 2011 il ricorrente ha chiesto copia di tutti gli atti relativi ai lavori del comitato d’inchiesta, quali, ad esempio, i verbali delle audizioni. Il 9 marzo 2011 il servizio delle risorse umane della BEI gli ha trasmesso la relazione del 30 giugno 2010. Con messaggio di posta elettronica del 21 marzo 2011 il ricorrente ha considerato che la trasmissione della menzionata relazione fosse tardiva e non rispondesse completamente alla sua domanda di avere accesso a tutti gli atti relativi ai lavori del comitato d’inchiesta. Il servizio delle risorse umane ha proposto al ricorrente, con messaggio di posta elettronica del 28 marzo 2011, di trasmettere al presidente del comitato d’inchiesta la richiesta del ricorrente. Con messaggio di posta elettronica del 30 marzo 2011 il ricorrente, in sostanza, ha accettato tale proposta, pur meravigliandosi di non avere ancora ricevuto i documenti richiesti.

112    Nel frattempo, il 26 agosto 2010, il ricorrente ha presentato una terza denuncia ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro. Tale denuncia è stata respinta con decisione del presidente della BEI del 20 dicembre 2011, decisione che il ricorrente ha impugnato dinanzi al Tribunale con ricorso iscritto al ruolo con il numero F‑37/12. La causa è attualmente pendente dinanzi al Tribunale.

113    Con lettera del 26 ottobre 2010, il ricorrente ha chiesto l’avvio di un procedimento di conciliazione dinanzi al comitato di conciliazione della Banca, riguardo alla decisione del 1º settembre 2010 e alla relazione del 30 giugno 2010.

114    Con lettera del 17 novembre 2010 (in prosieguo: la «lettera del 17 novembre 2010») il presidente della BEI ha informato il ricorrente che la sua domanda di conciliazione del 26 ottobre 2010 era ricevibile, in particolare relativamente alle conclusioni della relazione del 30 giugno 2010. Il presidente della BEI precisava che il comitato di conciliazione non aveva poteri di istruzione e non avrebbe potuto indagare nuovamente sulle affermazioni riguardanti le molestie psicologiche. Esso si sarebbe limitato a controllare unicamente se la relazione del 30 giugno 2010 fosse viziata da un errore manifesto, da irregolarità di forma o da sviamento di potere. Infine, nella lettera del 17 novembre 2010 il presidente della BEI precisava che «non [poteva] accettare la proposta [del ricorrente] di “autorappresentarsi”» nell’ambito del procedimento di conciliazione.

115    Con lettera del 30 novembre 2010 (in prosieguo: la «lettera del 30 novembre 2010») il presidente della BEI ha accettato la designazione, da parte del ricorrente, dell’avvocato I. affinché lo rappresentasse dinanzi al comitato di conciliazione. Dal canto suo egli ha designato il sig. Gi. per rappresentare la BEI. Il presidente della BEI ha ricordato al ricorrente che doveva essere rappresentato da un terzo, dato che il precedente esistente in proposito non poteva modificare la prassi amministrativa consolidata.

116    Con lettera del 27 gennaio 2011 il comitato di conciliazione ha informato il presidente della BEI di non essere pervenuto ad una soluzione accettabile per entrambe le parti.

117    Con lettera del 23 marzo 2011 inviata al ricorrente il presidente della BEI ha «osserv[ato] che [il ricorrente] [aveva] avviato un certo numero di procedimenti [ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro] nei confronti di colleghi» che si aggiungevano ai procedimenti di conciliazione ed ai ricorsi giurisdizionali. Egli ha informato il ricorrente della propria «preoccupazione rispetto [all’]accumulazione di procedimenti formali» e del fatto che «[s’]interrog[ava] sulla possibilità di trovare un modo meno conflittuale per dirimere le controversie […] che [opponevano] [il ricorrente] alla Banca», suggerendo di «esplorare la via della mediazione».

118    Il ricorrente e il sig. Gr. hanno discusso il 31 marzo 2011 e il 13 aprile 2011 di un’eventuale mediazione. Con messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011 il ricorrente ha trasmesso al sig. Gr. la stima dei danni che riteneva di avere subìto, chiedendo se la BEI fosse pronta a pagare l’importo indicato. Con messaggio di posta elettronica del medesimo giorno (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011») il sig. Gr. ha risposto al ricorrente che, come discusso il giorno prima, la BEI non era disposta a pagare l’importo del risarcimento danni richiesto e che, come convenuto, il servizio delle risorse umane della BEI aveva preparato una nota con cui informava il presidente della BEI che il procedimento di mediazione era «chiuso».

119    Il 29 agosto 2011 il ricorrente ha presentato una quarta denuncia ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro. Detta denuncia è stata respinta con la decisione del presidente della BEI del 29 aprile 2013, decisione impugnata dal ricorrente dinanzi al Tribunale con il ricorso iscritto al ruolo con il numero F‑104/13. La causa è attualmente pendente dinanzi al Tribunale.

120    Con sentenza del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI (T‑37/10 P; in prosieguo: la «sentenza 27 aprile 2012», EU:T:2012:205), il Tribunale dell’Unione europea ha parzialmente annullato la sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159), segnatamente nella parte in cui respingeva le conclusioni del ricorrente dirette ad ottenere il riconoscimento della responsabilità della BEI per le molestie che essa avrebbe messo in atto nei suoi confronti e dirette ad ottenere il risarcimento dei danni lamentati a tale titolo, e ha rinviato la causa al Tribunale, dove è stata registrata con il numero di ruolo F‑55/08 RENV. Il Tribunale dell’Unione europea ha considerato, infatti, in sostanza, che la domanda di risarcimento dei danni non dovesse obbligatoriamente essere preceduta da un procedimento precontenzioso. Il Tribunale dell’Unione europea ha invece confermato la sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159) relativamente alle conclusioni dirette al risarcimento di diversi altri danni subiti dal ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

121    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 aprile 2011, il ricorrente ha proposto il presente ricorso. Il controricorso è stato depositato il 29 settembre 2011.

122    Con lettera in data 18 marzo 2013, il Tribunale ha interrogato le parti quanto alla possibilità di tentare una composizione amichevole delle sette cause che le vedevano opposte e che, a tale data, erano pendenti dinanzi ad esso, ossia le cause F‑55/08 RENV, F‑45/11, F‑52/11, F‑128/11, F‑37/12, F‑63/12 e F‑82/12. Con lettere datate 19 e 21 marzo 2013, le parti hanno sostanzialmente respinto tale proposta.

123    Il 16 settembre 2013, il Tribunale dell’Unione europea ha pronunciato la sentenza De Nicola/BEI (EU:T:2013:461), la sentenza De Nicola/BEI (T‑418/11 P, (EU:T:2013:478) e la sentenza De Nicola/BEI (EU:T:2013:479).

124    Il 23 gennaio 2014, è stata trasmessa alle parti la relazione preparatoria d’udienza nella presente causa. Il complesso dei fatti esposti nella parte intitolata «Fatti» della presente sentenza compariva sostanzialmente in detta relazione preparatoria d’udienza. All’udienza le parti non hanno formulato alcuna osservazione a tal proposito, eccezion fatta per un’osservazione della BEI riguardo al punto 102 della suddetta relazione di cui il Tribunale ha preso nota.

125    Il 23 gennaio 2014, il Tribunale ha inoltre chiesto alle parti, con misure d’organizzazione del procedimento, di trasmettergli diversi documenti e di rispondere a vari quesiti. Le parti hanno ottemperato a tali misure nei termini impartiti.

126    Il 25 febbraio 2014, a seguito dell’udienza dibattimentale nella presente causa, le parti hanno dato il loro assenso affinché il Tribunale, alla luce segnatamente delle sentenze De Nicola/BEI (EU:T:2013:461), De Nicola/BEI (EU:T:2013:478) e De Nicola/BEI (EU:T:2013:479) pronunciate il 16 settembre 2013 dal Tribunale dell’Unione europea, procedesse ad un tentativo di composizione amichevole delle nove cause che le vedevano opposte e che, a tale data, erano pendenti dinanzi ad esso, ossia le cause F‑55/08 RENV, F‑59/09 RENV, F‑45/11, F‑52/11, F‑128/11, F‑37/12, F‑82/12, F‑55/13 e F‑104/13.

127    Il tentativo di composizione amichevole si è svolto dal 25 febbraio 2014 al 4 luglio 2014. Il Tribunale ha constatato il fallimento di tale tentativo nel resoconto del 4 luglio 2014.

128    Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del 1º settembre 2010;

–        annullare la relazione del 30 giugno 2010;

–        annullare la lettera del 17 novembre 2010 e la lettera del 30 novembre 2010;

–        annullare il messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011;

–        annullare «tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti, tra i quali (...) quelli utilizzati dal Comitato [d’inchiesta], inutilmente richiesti il 14.10.10 ed il 7.12.10 (…) e di nuovo il 16.02.11, 21.03.11 e 30.03.11»;

–        constatare l’attività di mobbing messa in atto nei confronti del ricorrente;

–        condannare la BEI a cessare l’attività di mobbing messa in atto nei confronti del ricorrente;

–        condannare la BEI a risarcire il ricorrente per i danni conseguenti alle molestie in questione;

–        disporre talune misure istruttorie;

–        condannare la BEI alle spese.

129    La BEI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sui capi primo e secondo delle conclusioni, miranti all’annullamento della decisione del 1º settembre 2010 e all’annullamento della relazione del 30 giugno 2010

 Argomenti delle parti

130    Il ricorrente sostiene, in primo luogo, che nella relazione del 30 giugno 2010 il comitato d’inchiesta ha utilizzato una definizione delle molestie erronea.

131    In secondo luogo, il comitato d’inchiesta avrebbe ignorato fatti significativi denunciati dal ricorrente e si sarebbe illegittimamente limitato ai fatti di cui alla sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159). Il comitato d’inchiesta avrebbe inoltre omesso di esaminare il comportamento di taluni membri del personale della BEI.

132    In terzo luogo sarebbe ingiustificata la decisione del comitato d’inchiesta di non prendere in considerazione i fatti oggetto dei procedimenti che hanno dato luogo alle sentenze del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69) e del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367) sulla base del rilievo che tali sentenze sarebbero passate in giudicato. Tali due sentenze, secondo il ricorrente, non farebbero alcun riferimento alle molestie.

133    In quarto luogo, il comitato d’inchiesta si sarebbe, in sostanza, erroneamente astenuto dal considerare tutti i fatti cumulati e avrebbe richiesto, in pratica, un riconoscimento delle molestie psicologiche da parte delle persone accusate, equivocandosi in tal modo circa la natura della prova richiesta per dimostrare l’esistenza di molestie.

134    In quinto luogo, il fatto che il ricorrente non sia mai stato promosso, pur avendo raggiunto ogni anno tutti gli obiettivi che gli erano stati assegnati, contribuirebbe a dimostrare l’esistenza di molestie e avrebbe dovuto essere preso in considerazione dal comitato d’inchiesta.

135    In sesto luogo, il comitato d’inchiesta non sarebbe imparziale in quanto sarebbe al servizio della BEI che lo retribuisce e avrebbe preso in considerazione solo i fatti che potevano essere favorevoli alla BEI.

136    La BEI ritiene, in risposta al primo argomento del ricorrente, che, secondo la giurisprudenza in materia di funzione pubblica dell’Unione europea, le molestie psicologiche consistano in un comportamento diretto «obiettivamente, a screditare o a peggiorare deliberatamente le condizioni di lavoro» di un individuo. Il comportamento in questione dovrebbe presentare obiettivamente carattere intenzionale. Nella relazione del 30 giugno 2010 il comitato d’inchiesta si sarebbe conformato a tale giurisprudenza. Nel corso dell’udienza, la BEI ha precisato, in risposta ad un quesito del Tribunale, che, secondo la Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, per determinare se sussistano molestie psicologiche non è rilevante che il comportamento sia intenzionale o meno. La BEI ha del pari riconosciuto che, nella relazione del 30 giugno 2010, il comitato d’inchiesta aveva effettivamente posto l’accento sull’aggettivo «intenzionale», ma ha sostenuto che tale espressione doveva essere intesa alla luce della sentenza Bermejo Garde/CESE (F‑41/10, EU:F:2012:135) nel senso che esige che il molestatore abbia «volontariamente» adottato un determinato comportamento, anche senza l’intenzione di molestare.

137    In secondo luogo, la BEI considera che il comitato d’inchiesta ha rispettato le indicazioni fornite dal ricorrente nel messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009.

138    In terzo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il comitato d’inchiesta non avrebbe ignorato i fatti da lui denunciati, ma li avrebbe considerati alla luce e nel rispetto delle sentenze del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69) e del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367). Il ricorrente non potrebbe inoltre tentare di pervenire al risultato al quale non è pervenuto nelle cause che hanno dato luogo alle due predette sentenze senza scontrarsi con l’autorità della cosa giudicata.

139    In quarto luogo, il comitato d’inchiesta avrebbe verificato la fondatezza delle affermazioni delle persone accusate.

140    In quinto luogo, il comitato d’inchiesta avrebbe preso in considerazione il fatto che il ricorrente non è stato promosso e avrebbe ritenuto, a giusto titolo, che l’avanzamento di carriera all’interno della BEI non fosse automatico, bensì fondato sui meriti di ciascuno degli agenti.

141    Infine, la BEI si interroga sull’obbligo per il comitato di inchiesta di indagare su fatti avvenuti molto tempo prima della loro denuncia e sul rispetto del termine di prescrizione di cinque anni in materia di responsabilità extracontrattuale.

 Giudizio del Tribunale

142    Occorre, anzitutto ricordare che, secondo giurisprudenza costante, applicabile mutatis mutandis anche alle controversie tra la BEI e i membri del suo personale, arrecano pregiudizio solo i provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare direttamente e immediatamente gli interessi del ricorrente, modificando in modo rilevante la situazione giuridica di quest’ultimo. Quando si tratta di atti o di decisioni elaborati in più fasi, segnatamente in esito ad un procedimento interno, in linea di principio sono impugnabili solo i provvedimenti che stabiliscono definitivamente la posizione dell’amministrazione al termine di detto procedimento, ad esclusione dei provvedimenti intermedi aventi lo scopo di preparare la decisione finale. Gli atti preparatori di una decisione non arrecano pregiudizio e solo in occasione di un ricorso contro la decisione adottata al termine del procedimento il ricorrente può far valere l’irregolarità degli atti anteriori che sono ad essa strettamente connessi (v. sentenza D/BEI, T‑275/02, EU:T:2005:81, punti da 43 a 46, e la giurisprudenza citata).

143    Nella fattispecie, occorre ricordare che la Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, che costituisce una regolamentazione interna alla BEI a carattere vincolante, prevede al punto 5.5, che il comitato d’inchiesta non ha potere decisionale e che esso emana un parere con una raccomandazione motivata destinata al presidente della Banca. Alla luce di detto parere, e ai sensi del predetto punto 5.5, è appunto il presidente della Banca che, al termine del procedimento d’indagine, decide le misure da adottare.

144    Pertanto, in considerazione delle disposizioni summenzionate della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro e alla luce della giurisprudenza ricordata supra al punto 142 della presente sentenza, si deve considerare che il parere del comitato d’inchiesta, nella fattispecie la relazione del 30 giugno 2010, costituisce un atto preparatorio della decisione finale adottata dal presidente della BEI, vale a dire la decisione del 1º settembre 2010 (v., per analogia, sentenza Donati/BCE, F‑63/09, EU:F:2012:193, punto 139). Giacché, di conseguenza, la relazione del 30 giugno 2010 non costituisce un atto impugnabile in quanto tale, le conclusioni dirette al suo annullamento devono essere respinte in quanto irricevibili.

145    Per contro, l’illegittimità della relazione del 30 giugno 2010 può essere dedotta a sostegno delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione del 1º settembre 2010. Dalle disposizioni precitate della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro risulta infatti che il parere del comitato d’inchiesta costituisce una formalità sostanziale la cui inosservanza, per irregolarità d’ordine sostanziale o procedurale, rappresenta, di conseguenza, un vizio che inficia la legittimità della decisione del presidente della Banca adottata in base a tale parere.

146    Occorre, pertanto, esaminare la legittimità della decisione del 1º settembre 2010 alla luce delle censure mosse dal ricorrente nei confronti della relazione del 30 giugno 2010.

147    In primo luogo, il ricorrente contesta la definizione delle molestie psicologiche utilizzata dal comitato d’inchiesta nella relazione del 30 giugno 2010.

148    Occorre al riguardo osservare che, nella relazione del 30 giugno 2010, il comitato d’inchiesta precisa che, ai fini del suo mandato, intende per molestie psicologiche «ogni condotta abusiva [in corsivo nel testo] che si manifesta in modo durevole, ripetitivo o sistematico attraverso comportamenti, parole, atti, gesti e scritti che sono intenzionali [in corsivo nel testo] e che ledono la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di una persona». Il comitato d’inchiesta prosegue indicando che una situazione di molestie psicologiche «implica necessariamente una condotta abusiva e intenzionale da parte delle persone identificate dal denunciante».

149    Orbene, ai sensi dell’articolo 3.6.1 del codice di condotta, le molestie psicologiche sono definite come la «ripetizione, nel corso di un periodo abbastanza lungo, di commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inappropriati, espressi o manifestati da uno o più membri del personale nei confronti di un altro membro del personale». La Politica in materia di dignità sul posto di lavoro precisa che «non ha rilevanza il fatto che il comportamento di cui trattasi sia intenzionale o meno. Il principio determinante è che le molestie e le intimidazioni sono comportamenti indesiderabili e inaccettabili che minano l’autostima e la fiducia in se stessi di coloro che ne sono vittime».

150    Ne consegue che, rispetto alla regolamentazione interna in vigore in seno alla BEI all’epoca dei fatti oggetto della presente controversia, e in particolare rispetto alle disposizioni di cui all’articolo 3.6.1 del codice di condotta e al punto 2.1 della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, sussistono molestie psicologiche, che fanno sorgere un obbligo di assistenza in capo alla BEI, allorché i commenti, gli atteggiamenti o i comportamenti del molestatore hanno provocato oggettivamente, e dunque per il loro contenuto, una lesione dell’autostima e della fiducia in se stessi della persona che ne è stata oggetto all’interno della BEI (v., in tal senso, sentenza CG/BEI, F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 69).

151    Interrogata all’udienza sulla nozione di molestie psicologiche quale applicata nella relazione del 30 giugno 2010, la BEI ha peraltro ammesso che il comitato d’inchiesta aveva effettivamente posto l’accento, in tale relazione, sull’aggettivo «intenzionale», pur se la Politica in materia di dignità sul posto di lavoro precisa che l’intenzionalità dei comportamenti considerati non è rilevante ai fini della definizione delle molestie. Nondimeno, secondo la BEI, l’uso dell’aggettivo «intenzionale» da parte del comitato d’inchiesta dovrebbe essere inteso, alla luce della sentenza Bermejo Garde/CESE (EU:F:2012:135), nel senso che esige che il molestatore abbia adottato «volontariamente» un certo comportamento, anche senza l’intento di molestare.

152    Siffatta lettura dell’utilizzo dell’aggettivo «intenzionale» da parte del comitato d’inchiesta non è tuttavia suffragata in alcun modo dal contenuto della relazione del 30 giugno 2010 e la sentenza Bermejo Garde/CESE (EU:F:2012:135), citata dalla Banca, non è in ogni caso pertinente perché non riguarda la regolamentazione della BEI applicabile alla fattispecie.

153    Occorre, infatti, in primo luogo constatare che, nella relazione del 30 giugno 2010, nulla permette di considerare che il comitato d’inchiesta abbia attribuito siffatto senso all’aggettivo «intenzionale», menzionato invece da quello stesso comitato come un elemento che deve necessariamente sussistere per poter qualificare giuridicamente come molestie il comportamento considerato (v. punto 148 della presente sentenza). Il comitato d’inchiesta, in effetti, ha espressamente cercato di verificare se esistessero «comportamenti abusivi e intenzionali costitutivi di molestia» esaminando in successione – come risulta dai termini stessi della relazione del 30 giugno 2010 –, ad esempio, se il trasferimento del ricorrente da Roma a Lussemburgo fosse stato «deciso per ragioni estranee alle necessità di servizio»; se il sig. N. avesse tentato «con manovre» di convincere il ricorrente a non riprendere le sue funzioni dopo la pronuncia della sentenza del 16 dicembre 2004; se i sigg. V. e Gr. fossero intervenuti «al fine di [ritardare] abusivamente il rimborso di spese mediche dovute [al ricorrente]»; se gli fossero stati rifiutati un posto per parcheggiare e carte da visita «allo scopo di minare la sua dignità» e con la «volontà deliberata di ledere la [sua] immagine»; se il rifiuto di autorizzare il ricorrente a partecipare a formazioni fosse «motivato dalla volontà della BEI di diminuire le sue competenze»; se gli errori e le negligenze commessi nell’ambito della valutazione del ricorrente per l’anno 2006 «dimostr[assero] un comportamento volontariamente abusivo […] mirante a ledere la [sua] dignità»; se le irregolarità procedurali commesse nel corso di quello stesso esercizio di valutazione dimostrassero, da parte dei superiori gerarchici del ricorrente, «una volontà deliberata di abusare della loro posizione gerarchica o un’intenzione di nuocere al [ricorrente] sminuendolo o spingendolo alle dimissioni […] [allo scopo di] ledere la [sua] dignità».

154    Da tutto quel che precede risulta che la prima censura mossa contro la relazione del 30 giugno 2010 è fondata, in quanto la nozione di molestie psicologiche presa in considerazione e applicata in tale rapporto è erronea. La relazione del 30 giugno 2010 è stata adottata in violazione delle disposizioni interne alla BEI che regolano le condizioni di tutela contro qualsiasi atto idoneo a ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di un membro del suo personale.

155    In secondo luogo, il ricorrente sostiene, in particolare, che il comitato d’inchiesta si è illegittimamente limitato ai fatti considerati nella sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159).

156    Al riguardo occorre ricordare (v. punto 101 della presente sentenza) che il ricorrente, con messaggio di posta elettronica del 27 marzo 2009, ha espressamente richiesto l’apertura di una procedura d’inchiesta a norma della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, allegando alla sua domanda cinque serie di documenti. È inoltre pacifico che quattro delle predette cinque serie di documenti vertevano su fatti che non erano presi in considerazione dalla sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159), ossia, in primo luogo, le due note del 20 agosto 2008, in secondo luogo, le sue richieste, del 2006, di cessare l’applicazione delle restrizioni previste dalla lettera del 6 marzo 2001, in terzo luogo, un messaggio inviato al direttore delle risorse umane relativo all’incidente con il sig. Co. nel settembre 2007, e, infine, il messaggio, di cui aveva ricevuto copia, del sig. G. in data 7 ottobre 2008.

157    Nel messaggio di posta elettronica del 15 aprile 2009 (v. punto 102 della presente sentenza), il ricorrente aveva chiesto l’avvio di una seconda procedura d’inchiesta ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, insistendo segnatamente sul fatto che «al fine di evitare qualsiasi malinteso [e] a differenza del procedimento [di cui aveva chiesto l’avvio il] venerdì 27 marzo [2009], il presente procedimento concerne[va] solo i fatti fino al mese di giugno 2008, quando avev[a] [proposto il ricorso] nella causa F‑55/08».

158    Orbene, nel suo rapporto del 30 giugno 2010 il comitato d’inchiesta ha chiaramente indicato che considerava che «i fatti concernenti le molestie psicologiche lamentate dal [ricorrente] nell’ambito della presente denuncia» erano quelli che «[erano] stati sottoposti al Tribunale (…) nella causa F‑55/08 e [che avevano] costituito l’oggetto [della] sentenza del 30 novembre 2009».

159    Da quanto precede discende che, contrariamente a quanto previsto dalla Politica in materia di dignità sul posto di lavoro, non è stato dato alcun seguito alla denuncia del ricorrente contenuta nel messaggio di posta elettronica del 27 marzo 2009. È pertanto fondata anche la seconda censura avanzata dal ricorrente.

160    Poiché la relazione del 30 giugno 2010 è viziata da irregolarità, si deve, senza che sia necessario esaminare le altre censure mosse dal ricorrente, annullare la decisione del 1º settembre 2010 che il presidente della BEI ha adottato proprio in base a tale rapporto.

 Sui capi terzo e quarto delle conclusioni, diretti rispettivamente all’annullamento della lettera del 17 novembre 2010 e della lettera del 30 novembre 2010 e all’annullamento del messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011

161    In forza dell’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura in vigore alla data di deposito del ricorso, il ricorso deve contenere l’esposizione dei motivi e degli argomenti di fatto e di diritto dedotti. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, perché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano in modo coerente e comprensibile dal testo dell’atto introduttivo stesso (sentenza AH/Commissione, F‑76/09, EU:F:2011:12, punto 29, e la giurisprudenza citata).

162    Occorre aggiungere che il ruolo essenziale dell’avvocato quale ausiliario di giustizia consiste proprio nel fondare la domanda esposta nel ricorso su un’argomentazione in diritto sufficientemente comprensibile e coerente, in considerazione del fatto che la fase scritta del procedimento dinanzi al Tribunale prevede, in linea di principio, un solo scambio di memorie (v. sentenza AH/Commissione, EU:F:2011:12, punto 31).

163    Nella fattispecie, in primo luogo, anche ammettendo per i fini del ragionamento che le lettere del 17 novembre 2010 e del 30 novembre 2010 costituiscano atti che arrecano pregiudizio, si deve constatare che la domanda di annullamento di tali lettere non è accompagnata da nessuna argomentazione in diritto. Il ricorrente si limita, infatti, ad indicare che la BEI – pur facendosi rappresentare essa stessa da un membro del suo personale – gli avrebbe negato la possibilità di assicurare personalmente la propria difesa nell’ambito del procedimento di conciliazione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale, circostanza che gli avrebbe cagionato un danno materiale, senza spiegare i motivi per i quali le predette lettere dovrebbero essere annullate.

164    Il ricorrente sostiene inoltre che, con le lettere del 17 novembre 2010 e del 30 novembre 2010, il presidente della BEI avrebbe rifiutato di designare il rappresentante della banca in seno al comitato di conciliazione. A tal proposito è sufficiente constatare che tale affermazione è carente in fatto, in quanto il presidente della BEI non rifiuta, in tali lettere, di designare un rappresentante in seno al comitato di conciliazione.

165    Quanto alla domanda diretta all’annullamento del messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011, va constatato che il ricorso non contiene alcun motivo, né censura o argomento che la suffraghi.

166    Da quanto precede consegue che le conclusioni dirette all’annullamento della lettera del 17 novembre 2010, della lettera del 30 novembre 2010 e del messaggio di posta elettronica del 14 aprile 2011 non rispondono ai requisiti posti dall’articolo 35, paragrafo 1, lettera e), del regolamento di procedura e che esse devono essere pertanto respinte in quanto irricevibili.

 Sul quinto capo delle conclusioni, diretto all’annullamento di «tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti, tra i quali (...) quelli utilizzati dal Comitato [d’inchiesta], inutilmente richiesti il 14.10.10 ed il 7.12.10 (…) e di nuovo il 16.02.11, 21.03.11 e 30.03.11»

167    Pur se chiede al Tribunale di annullare «tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti», il ricorrente non precisa in alcun modo a quali atti si riferisca. Secondo una costante giurisprudenza, conclusioni del genere non rispondono ai requisiti di chiarezza e di precisione dettati dall’articolo 35, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura in vigore alla data di deposito del ricorso e devono pertanto essere respinte in quanto irricevibili (v., in questo senso, ordinanza Nijs/Corte dei conti, F‑136/07, EU:F:2008:87, punto 24, e la giurisprudenza citata).

 Sui capi sesto e settimo delle conclusioni, diretti rispettivamente all’accertamento delle molestie e alla condanna della BEI a cessare dette molestie

168    Nei capi sesto e settimo delle sue conclusioni, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia, da un lato, accertare le molestie e, d’altro lato, ingiungere alla BEI di far cessare tali molestie.

169    Orbene, risulta da giurisprudenza costante che non spetta al giudice dell’Unione pervenire a constatazioni di principio (sentenze del 16 dicembre 2004, EU:T:2004:367, punto 136, e De Nicola/BEI, EU:T:2013:461, punto 63) né rivolgere ingiunzioni all’amministrazione (sentenze Psarras/ENISA, F‑118/10, EU:F:2012:138, punto 31, e Cerafogli/BCE, F‑43/10, EU:F:2012:184, punto 43, oggetto di impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑114/13 P).

170    Ne consegue che le presenti conclusioni dirette a far constatare le molestie e a far rivolgere ingiunzioni devono essere respinte in quanto irricevibili.

 Sull’ottavo capo delle conclusioni, diretto alla condanna della BEI a risarcire il ricorrente per i danni conseguenti alle molestie

171    Alla luce dell’atto introduttivo, le presenti conclusioni per il risarcimento dei danni devono essere intese come fondate non solo sull’esistenza di molestie psicologiche, ma anche sulla violazione del dovere di diligenza e di diversi altri principi che si imporrebbero alla BEI.

172    Nella risposta alle misure di organizzazione del procedimento, la BEI ha indicato che, in considerazione della sentenza del 27 aprile 2012 (EU:T:2012:205), rinunciava a eccepire l’irricevibilità delle predette conclusioni risarcitorie per mancanza di una domanda previa di risarcimento.

 Sul primo motivo, relativo all’esistenza di molestie psicologiche nei confronti del ricorrente

173    Secondo giurisprudenza costante il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione è subordinato alla presenza di un complesso di tre condizioni cumulative, ossia l’illegittimità di un atto amministrativo o di un comportamento contestato alle istituzioni, l’effettiva esistenza del danno e la sussistenza di un nesso di causalità tra l’illegittimità o il comportamento ed il danno lamentato (sentenza Skoulidi/Commissione, F‑4/07, EU:F:2008:22, punto 43, e la giurisprudenza citata).

174    Il ricorrente sostiene, in sostanza, di aver subìto ingenti danni materiali e morali per effetto delle molestie psicologiche di cui è stato oggetto ad opera della Banca e di taluni membri del personale di quest’ultima a partire dal 1993.

175    Orbene, occorre nella fattispecie ricordare che è stato constatato, al punto 160 della presente sentenza, che la relazione del 30 giugno 2010 era viziata da irregolarità e che, di conseguenza, si doveva annullare la decisione del 1º settembre 2010.

176    Poiché il ricorrente aveva validamente investito la BEI, con i messaggi di posta elettronica in data 27 marzo 2009 e 15 aprile 2009, di due richieste di procedura d’inchiesta ai sensi della Politica in materia di dignità sul posto di lavoro attinenti proprio alle molestie di cui si ritiene vittima, è oramai compito della BEI, conformemente all’articolo 266 TFUE, adottare tutte le misure che comporta l’esecuzione della presente sentenza.

177    Non potendo il Tribunale anticipare un giudizio sulle misure di esecuzione che saranno adottate dalla BEI in proposito, occorre, nelle circostanze della fattispecie, respingere come premature le presenti conclusioni dirette al risarcimento nella parte in cui si fondano sull’esistenza delle molestie (v., in tal senso, sentenza CG/BEI, EU:F:2014:185, punto 115).

178    Ad abundantiam, occorre indicare che, nell’ambito dell’esecuzione della presente sentenza e al fine di determinare se il ricorrente sia stato oggetto di molestie psicologiche, sarà compito della BEI di tener conto, tra l’altro, degli elementi seguenti.

179    Anzitutto, si deve necessariamente constatare che nella sentenza del 23 febbraio 2001 (EU:T:2001:69), che è definitiva, il Tribunale di primo grado ha verificato se gli elementi esposti dal ricorrente consentissero di presumere che la Banca o taluno dei dipendenti di quest’ultima avessero adottato nei suoi confronti un comportamento molesto e ha giudicato che il ricorrente non era stato vittima di molestie psicologiche.

180    In secondo luogo, se è dimostrato, anche mediante un complesso di indizi concordanti, che una persona è stata oggetto, nel corso del tempo, di una lesione unica e continua alla sua dignità, la prescrizione quinquennale decorre solo a partire dalla cessazione di tale molestia.

181    Nel valutare se la lesione alla dignità abbia carattere «continuo», occorrerà tenere conto, in particolare, del fatto che dal 30 novembre 1998, data delle sue dimissioni, fino alla data di pronuncia della sentenza del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367), ossia un periodo di circa sei anni, il ricorrente ha lavorato per la BEI solo per un periodo di tre mesi, dal mese di marzo alla fine del mese di maggio 2001.

182    Relativamente al carattere «unico» della lesione alla dignità, il Tribunale considera che nulla esclude che le molestie possano essere opera se non di un’istituzione, per lo meno di diverse persone, appartenenti ad una stessa istituzione, che agiscano in maniera coordinata o, quanto meno, univoca. È peraltro in questo senso che l’articolo 3.6.1 del codice di condotta prevede che le molestie possono consistere in commenti, atteggiamenti o comportamenti ostili o inopportuni, «espressi o manifestati da uno o più membri del personale» della BEI.

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione del principio di diligenza, del principio di buona amministrazione e di diversi altri principi

183    Le conclusioni per risarcimento dei danni di cui all’atto introduttivo possono essere intese, in sostanza, come volte del pari al risarcimento di diversi danni materiali e morali che il ricorrente asserisce aver subìto per effetto della violazione, da parte della BEI, del dovere di diligenza, del principio di buona amministrazione e di altri principi, quali l’esecuzione in buona fede in materia contrattuale, in quanto, in primo luogo, essa avrebbe imposto al ricorrente vari trasferimenti da Lussemburgo a Roma e viceversa, non l’avrebbe mai promosso, gli avrebbe fatto perdere competenze professionali e gli avrebbe impedito di acquisirne di nuove; in secondo luogo, l’avrebbe isolato professionalmente, in particolare, con le restrizioni imposte dalla lettera del 6 marzo 2001, e, in terzo luogo, l’avrebbe obbligato a ricorrere ad un professionista per rappresentarlo nell’ambito del tentativo di conciliazione che si è concluso il 27 gennaio 2011.

184    Relativamente alla prima serie di voci di danno, occorre ricordare che ai punti da 260 a 269 della sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159), il Tribunale ha considerato che, indipendentemente dalle sue critiche riguardanti le molestie e la violazione del dovere di sollecitudine, si poteva considerare che il ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni che gli sarebbero stati cagionati da altri atti, vale a dire: le misure adottate dalla Banca all’atto della sua reintegrazione nel 2005 dopo l’annullamento del suo licenziamento, le decisioni di trasferirlo da Lussemburgo a Roma e successivamente da Roma a Lussemburgo, il rifiuto consapevole della Banca di accordargli una promozione dopo lunghi anni, l’attribuzione di compiti sminuenti, il rifiuto della Banca di permettergli di partecipare a congressi, seminari e riunioni internazionali necessari per mantenere le sue qualifiche professionali. Il Tribunale ha considerato, ad abundantiam, che tali pretese, che aveva giudicato in via principale irricevibili per mancanza di domanda previa, non potevano essere accolte nel merito. Con sentenza del 27 aprile 2012 (EU:T:2012:205), il Tribunale dell’Unione europea ha respinto il motivo di impugnazione diretto a contestare le conclusioni del Tribunale, le quali sono dunque divenute definitive. Poiché il ricorrente non adduce alcun nuovo elemento, le conclusioni dell’atto introduttivo dirette al risarcimento di tali danni devono essere respinte in quanto irricevibili.

185    Quanto alla seconda voce di danno invocato, occorre constatare che la questione del mantenimento delle limitazioni di cui alla lettera del 6 marzo 2001 non è oggetto della sentenza del 30 novembre 2009 (EU:F:2009:159). Per contro, al punto 91 della sentenza del 16 dicembre 2004 (EU:T:2004:367), il Tribunale di primo grado ha giudicato che la lettera del 6 marzo 2001 non era viziata da irregolarità per il fatto, in particolare, che «[o]ccorre[va] (…) tener conto delle circostanze particolari in presenza delle quali è stato adottato tale provvedimento, vale a dire che, da un lato, la controversia sfociata nella sentenza 23 febbraio 2001 [(EU:T:2001:69)] aveva seriamente intaccato il rapporto di fiducia tra la Banca ed il ricorrente e, dall’altro, che la Banca disponeva di indizi di natura tale che non si può escludere, prima facie, che abbiano potuto indurre quest’ultima a concludere che il ricorrente aveva divulgato a terzi informazioni riservate sulla propria attività e aveva espresso affermazioni diffamatorie nei confronti della Banca e di alcuni membri del suo personale. Date tali premesse, la convenuta poteva ritenere, senza incorrere in un errore manifesto di valutazione, che il solo modo di conciliare gli interessi del servizio con quelli del ricorrente consistesse nel limitare i contatti che quest’ultimo poteva avere con terzi nell’ambito dell’esecuzione delle proprie mansioni. (…) inoltre (…) assoggettando tali contatti a un regime di previa autorizzazione piuttosto che ad un regime di divieto assoluto, la convenuta si [era] mantenuta entro i limiti ragionevoli di quanto richiesto dall’interesse del servizio. Tale conclusione s’impone[va] tanto più che, al pari degli altri provvedimenti previsti nella lettera 6 marzo 2001 e nel relativo allegato, tale provvedimento, ancorché fortemente restrittivo, [era] di natura temporanea».

186    Da quanto precede deriva che, a seguito della reintegrazione del ricorrente, la BEI poteva limitare i contatti che il ricorrente poteva avere con terzi nell’ambito dell’esecuzione delle sue funzioni e sottoporre tali contatti ad un regime di autorizzazione previa soltanto a motivo di circostanze particolari e durante un periodo limitato di tempo.

187    Orbene, si deve constatare che la BEI non ha dimostrato che sussistessero circostanze particolari che consentissero, una volta terminato il periodo di adattamento successivo alla reintegrazione del ricorrente, di mantenere le restrizioni previste nella lettera del 6 marzo 2001 e nell’allegato di quest’ultima. È inoltre pacifico che, nonostante le ripetute richieste del ricorrente, è stato posto formalmente termine all’applicazione di tali restrizioni solo con la nota del 25 gennaio 2007 del sig. Q. e del sig. Gr.

188    Si deve pertanto necessariamente constatare che, così facendo, la BEI ha mantenuto, per un periodo di tempo ben superiore al carattere temporaneo atto a giustificarne l’adozione, limitazioni nei confronti del ricorrente «fortemente restrittiv[e]» – come il Tribunale di primo grado aveva peraltro tenuto a qualificarle – superando quindi «i limiti ragionevoli di quanto richiesto dall’interesse del servizio». Il Tribunale di primo grado aveva infatti considerato «ragionevoli» tali limiti proprio in quanto tali restrizioni dovevano avere solo «natura temporanea». Inoltre, la BEI non ha giustificato il ritardo con il quale ha risposto alle richieste del ricorrente di porre termine a tali restrizioni. Siffatto comportamento illecito è idoneo a far sorgere la responsabilità della BEI.

189    In considerazione di quanto precede, sarà fatta una giusta valutazione, nell’ambito delle circostanze particolari della fattispecie, del danno morale subìto dal ricorrente, visto lo stato di incertezza e di attesa nel quale lo ha posto il comportamento della BEI, fissando ex aequo et bono il risarcimento di detta voce di danno nell’importo di EUR 3 000.

190    Infine, quanto alla terza voce del danno fatto valere, occorre constatare che, nel silenzio della normativa applicabile, il ricorrente non fornisce alcun argomento né elemento diretto a dimostrare che la BEI dovesse consentirgli di «autorappresentarsi» nell’ambito del tentativo di conciliazione che si è concluso il 27 gennaio 2011.

 Sul nono capo delle conclusioni, diretto all’adozione di diversi mezzi istruttori

191    Il ricorrente chiede che il Tribunale ordini alla BEI di versare nel fascicolo tutti gli atti ricevuti ed esaminati nell’ambito dell’inchiesta svolta dal comitato di inchiesta ai sensi della Politica in materia di dignità sul lavoro, di depositare tutti i suoi rapporti informativi successivi alla sua entrata in servizio, di depositare l’organigramma di determinate direzioni della BEI; di depositare una relazione dettagliata dalla quale risultino i gradi e le promozioni ricevute da taluni membri del personale della BEI a partire dal 1992 e depositare una relazione dettagliata dei procedimenti e provvedimenti adottati nei confronti di taluni membri del personale della BEI; di interrogare il legale rappresentante della BEI e di sottoporgli una serie di domande menzionate nell’atto introduttivo; di disporre una perizia per valutare il lavoro del ricorrente e per accertare il danno cagionato alla sua salute.

192    In primo luogo, giacché il Tribunale, mediante una misura di organizzazione del procedimento, ha posto i quesiti e ha richiesto i documenti che riteneva necessari per la soluzione della controversia e giacché ha sentito le parti all’udienza, non è più necessario pronunciarsi sulle presenti conclusioni in quanto esse mirano all’adozione di una serie di mezzi istruttori.

193    In secondo luogo, in considerazione, da un lato, degli elementi del fascicolo e, dall’altro, della motivazione della presente sentenza, le perizie richieste non presentano un’utilità ai fini della soluzione della presente controversia. La domanda diretta a che il Tribunale disponga tali perizie deve essere di conseguenza respinta.

 Sulle spese

194    Ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni dell’ottavo capo del titolo secondo dello stesso regolamento, la parte soccombente sopporta le proprie spese ed è condannata alle spese sostenute dalla controparte se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’articolo 102, paragrafo 1, dello stesso regolamento, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sopporti le proprie spese, ma sia condannata solo parzialmente alle spese sostenute dalla controparte, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

195    Risulta dalla motivazione della presente sentenza che, essendo stato essenzialmente accolto il ricorso, la BEI è la parte che soccombe. Inoltre, il ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto che la BEI fosse condannata alle spese. Poiché le circostanze della fattispecie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 102, paragrafo 1, del regolamento di procedura, occorre decidere che la BEI deve sopportare le proprie spese ed essere condannata a sopportare le spese sostenute dal ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del 1º settembre 2010 con la quale il presidente della Banca europea per gli investimenti ha respinto la denuncia per molestie psicologiche del sig. De Nicola è annullata.

2)      La Banca europea per gli investimenti è condannata a pagare al sig. De Nicola l’importo di EUR 3 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Banca europea per gli investimenti sopporta le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dal sig. De Nicola.

Perillo

Barents

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 novembre 2014.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       R. Barents


* Lingua processuale: l’italiano.