Language of document : ECLI:EU:T:2021:539

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

8 settembre 2021 (*)

«Tutela della salute e della sicurezza dei consumatori e dei lavoratori – Direttiva 2006/42/CE – Clausola di salvaguardia – Misura nazionale di ritiro dal mercato e di divieto d’immissione sul mercato di un posizionatore di birilli e di un kit supplementare – Requisiti essenziali di salute e di sicurezza – Decisione della Commissione che dichiara la misura giustificata – Parità di trattamento»

Nella causa T‑152/19,

Brunswick Bowling Products LLC, già Brunswick Bowling & Billiards Corporation, con sede in Muskegon, Michigan (Stati Uniti), rappresentata da R. Martens e V. Ostrovskis, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Huttunen e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Svezia, rappresentato da H. Eklinder, R. Eriksson, C. Meyer‑Seitz, A. Runeskjöld, M. Salborn Hodgson, H. Shev, J. Lundberg e O. Simonsson, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione di esecuzione (UE) 2018/1960 della Commissione, del 10 dicembre 2018, relativa a una misura di salvaguardia adottata dalla Svezia, a norma della direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, al fine di proibire l’immissione sul mercato di un tipo di posizionatore di birilli e di un kit supplementare da usare con tale tipo di posizionatore di birilli, fabbricato da Brunswick Bowling & Billiards, e di ritirare le macchine già immesse sul mercato (GU 2018, L 315, pag. 29),

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da V. Tomljenović, presidente, F. Schalin e P. Škvařilová‑Pelzl (relatrice), giudici,

cancelliere: C. Kristensen, capo unità

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 ottobre 2020,

vista l’ordinanza di riapertura della fase orale del procedimento dell’11 marzo 2021 e le risposte delle parti ai quesiti scritti del Tribunale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

[omissis]

 Procedimento e conclusioni delle parti

12      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2019 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

13      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 giugno 2019 il Regno di Svezia ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della Commissione. La Commissione e la ricorrente hanno accettato la suddetta domanda di intervento, rispettivamente il 9 e il 17 luglio 2019. Con decisione della presidente della Prima Sezione del Tribunale del 25 luglio 2019 è stata accolta la domanda di intervento del Regno di Svezia.

14      Il 24 giugno 2019 la Commissione ha depositato un controricorso presso la cancelleria del Tribunale.

15      La replica e la controreplica sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 21 agosto e il 22 ottobre 2019.

16      Il 9 ottobre 2019 il Regno di Svezia ha depositato una memoria d’intervento presso la cancelleria del Tribunale.

17      Rispettivamente il 5 e il 7 novembre 2019 la Commissione e la ricorrente hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale le loro osservazioni sulla memoria d’intervento del Regno di Svezia.

18      Con decisione del presidente del Tribunale del 16 ottobre 2019 la presente causa è stata assegnata a una nuova giudice relatrice, appartenente alla Seconda Sezione.

19      In applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il 3 dicembre 2019, la ricorrente ha presentato una presa di posizione motivata sullo svolgimento di un’udienza di discussione.

20      Con decisione del 16 luglio 2020 il Tribunale ha adottato una misura di organizzazione del procedimento sulla base degli articoli da 88 a 90 del regolamento di procedura. La Commissione ha risposto ad essa entro il termine impartito. Le altre parti non hanno dato seguito all’invito, che era stato loro rivolto, a presentare le loro osservazioni in merito alla risposta della Commissione.

21      Le parti hanno svolto le proprie difese e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 6 ottobre 2020.

22      Con ordinanza dell’11 marzo 2021 il Tribunale ha deciso di riaprire la fase orale del procedimento e, con decisione dello stesso giorno, ha adottato una misura di organizzazione del procedimento, sulla base degli articoli da 88 a 90 del regolamento di procedura, invitando la ricorrente a chiarire il suo rapporto giuridico con la Brunswick Bowling & Billiards, menzionata al considerando 1 della decisione impugnata quale fabbricante dei prodotti controversi.

23      Nella sua risposta del 26 marzo 2021 la ricorrente ha presentato le sue spiegazioni ed elementi di prova che dimostrano che la decisione impugnata la riguardava sotto la sua precedente denominazione sociale. Con lettera del 16 aprile 2021 la Commissione ha indicato di non avere osservazioni da formulare quanto alla risposta della ricorrente. Il Regno di Svezia non ha depositato osservazioni entro il termine impartito.

24      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione, sostenuta dal Regno di Svezia, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

[omissis]

 Nel merito

 Sul primo motivo, vertente su una violazione delle norme procedurali previste dall’articolo 11 della direttiva 2006/42 e dall’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 765/2008, nonché del principio di proporzionalità di cui all’articolo 18, paragrafo 4, di detto regolamento

[omissis]

–       Sulla prima parte, vertente su una violazione delle norme procedurali previste dall’articolo 11 della direttiva 2006/42 e dall’articolo 18, paragrafo 5, del regolamento n. 765/2008

[omissis]

42      La direttiva 2006/42 stabilisce quindi un sistema di vigilanza e di regolamentazione del mercato interno, in cui spetta, in primo luogo, alle autorità nazionali competenti valutare se una macchina rischia di compromettere la salute o la sicurezza delle persone e, in caso affermativo, adottare le misure di ritiro o di divieto necessarie. La clausola di salvaguardia prevista a tal fine dall’articolo 11 della direttiva 2006/42 deve a sua volta essere intesa alla luce dell’articolo 114, paragrafo 10, TFUE, che consente agli Stati membri di adottare siffatte misure per uno o più dei motivi non economici di cui all’articolo 36 TFUE, tra i quali figura la tutela della salute e della vita delle persone. Dalla giurisprudenza emerge che un siffatto esercizio può implicare, da parte delle autorità nazionali competenti, valutazioni complesse di ordine tecnico o scientifico. La Commissione verifica, dal canto suo, il carattere giustificato o meno, da un punto di vista giuridico e di fatto, delle misure adottate dagli Stati membri nell’ambito della direttiva 2006/42 (v. sentenza del 3 maggio 2018, Grizzly Tools/Commissione, T-168/16, non pubblicata, EU:T:2018:246, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

43      In tale contesto, il Tribunale ha già giudicato che, da un lato, al fine di poter efficacemente perseguire l’obiettivo assegnatole, e in considerazione delle valutazioni tecniche complesse che deve operare, alla Commissione deve essere riconosciuto un ampio potere discrezionale, quanto alla valutazione dei fatti. Dall’altro lato, il controllo giurisdizionale della fondatezza dei motivi giuridici che hanno portato la Commissione a dichiarare giustificate le misure nazionali interessate, trattandosi di una questione di diritto, non può che essere integrale (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione, T-337/13, EU:T:2015:502, punti 48 e 80 e giurisprudenza ivi citata).

[omissis]

54      Per questo motivo, conformemente alla giurisprudenza, la decisione impugnata implica che ciascuno Stato membro diverso dal Regno di Svezia adotti le misure utili relative all’immissione o al mantenimento dei prodotti controversi sul suo mercato e garantisca, in tal modo, l’applicazione corretta e uniforme della direttiva 2006/42, alla luce delle misure adottate dalle autorità svedesi, dopo che esse sono state dichiarate giustificate da parte della Commissione. La decisione impugnata produce la diretta conseguenza di avviare le procedure nazionali che pongono in discussione il diritto di cui la ricorrente disponeva sino a quel momento, in tutta l’Unione, di commercializzare una macchina che a sua volta fruiva della presunzione di conformità prevista dall’articolo 7 della direttiva in parola, atteso che era munita della marcatura CE ed era accompagnata dalla dichiarazione CE di conformità (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione, T‑337/13, EU:T:2015:502, punto 28).

[omissis]

–       Sulla seconda parte, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

[omissis]

65      In primo luogo, per quanto attiene agli argomenti della ricorrente basati su una violazione del principio di proporzionalità in quanto la Commissione non avrebbe preso in considerazione il suo piano di miglioramento presentato al centro di bowling di Gustavsberg nel 2016 e alle osservazioni positive dello studio indipendente a tal riguardo, si deve sottolineare, al pari della Commissione, che la decisione impugnata verte sulla questione se le misure di salvaguardia adottate dall’OSET nel 2013 fossero o meno giustificate.

66      A tal riguardo, va osservato che il paragrafo 10 dell’articolo 95 CE, che costituisce la base giuridica della direttiva 2006/42, dispone che le misure di armonizzazione adottate su tale base comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri ad adottare, per uno o più dei motivi di carattere non economico di cui all’articolo 36 TFUE, «misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione». Ne risulta, secondo la giurisprudenza, che, nonostante spetti effettivamente agli Stati membri applicare correttamente la direttiva 2006/42, in particolare rispetto al principio di proporzionalità, e vigilare affinché le macchine immesse sul mercato o messe in servizio nel loro territorio siano conformi alle sue disposizioni, eventualmente adottando misure come quelle contemplate dall’articolo 11 di detta direttiva, spetta tuttavia alla Commissione controllare il carattere giustificato di tali misure, in particolare assicurandosi della fondatezza delle ragioni di diritto e di fatto che ne hanno motivato l’adozione e, segnatamente, del carattere proporzionato delle misure adottate. Il mantenimento definitivo del provvedimento nazionale di cui trattasi è subordinato all’esito di tale verifica, nel senso che lo Stato membro può mantenerlo in vigore soltanto qualora la Commissione lo dichiari giustificato e deve sospenderlo in caso contrario (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2018, Grizzly Tools/Commissione, T‑168/16, non pubblicata, EU:T:2018:246, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

67      Dalla giurisprudenza citata al precedente punto 66 emerge che, a titolo del controllo che essa esercita, la Commissione è unicamente autorizzata a verificare se le misure nazionali di salvaguardia, quali adottate e successivamente comunicate dal Regno di Svezia in forza dell’articolo 11, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/42, siano o meno giustificate e, di conseguenza, se tali misure possano, al termine di detto controllo, essere definitivamente mantenute.

68      Inoltre, nei limiti in cui, come emerge da detta giurisprudenza, spetta alla Commissione controllare il carattere giustificato delle misure di salvaguardia in questione, in particolare assicurandosi della fondatezza delle ragioni di diritto e di fatto che hanno motivato la loro adozione, è giocoforza constatare che il controllo esercitato dalla Commissione può fondarsi solo su circostanze esistenti al momento dell’adozione della decisione dell’OSET e non su circostanze successive.

69      Per le ragioni esposte ai precedenti punti da 66 a 68, le circostanze successive alla decisione dell’OSET invocate dalla ricorrente, quali i miglioramenti dei prodotti controversi al centro di bowling di Gustavsberg nel 2016, sono irrilevanti ai fini della valutazione della fondatezza della decisione impugnata. Parimenti, è giocoforza constatare che gli argomenti della ricorrente relativi alle «osservazioni positive», contenute nello studio indipendente, riguardo ai prodotti controversi si riferiscono a miglioramenti di detti prodotti che sono stati realizzati dopo l’adozione della decisione dell’OSET. Anch’essi sono quindi irrilevanti.

70      In secondo luogo, dalle argomentazioni della ricorrente emerge che essa contesta alla Commissione, da un lato, di non aver esaminato se le carenze individuate fossero così importanti da giustificare le misure di salvaguardia e, dall’altro, di aver confermato misure di salvaguardia che andrebbero oltre quanto necessario per garantire la salute e la sicurezza delle persone.

71      A tal riguardo, si deve innanzitutto rammentare che dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2006/42 emerge che, nei casi in cui le macchine riguardate da tale articolo, come quelle del caso di specie, non rispettino i pertinenti requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute rischiando così di compromettere la salute e la sicurezza delle persone, gli Stati membri adottano tutti provvedimenti utili al fine di ritirarle dal mercato, vietarne l’immissione sul mercato o la messa in servizio oppure limitarne la libera circolazione. Di conseguenza, la constatazione che alcune macchine non rispettano i pertinenti requisiti essenziali di sicurezza e di tutela della salute e rischiano di compromettere la salute o la sicurezza delle persone giustifica che le autorità competenti adottino decisioni di ritiro delle macchine dal mercato e di divieto di loro immissione sul mercato.

72      Si deve peraltro sottolineare che, secondo la giurisprudenza, l’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone occupa il primo posto tra i beni o gli interessi protetti dall’articolo 36 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a., C‑333/14, EU:C:2015:845, punto 35), rispetto al quale gli Stati membri possono adottare le misure di salvaguardia previste nella direttiva 2006/42, come emerge dalla giurisprudenza citata al precedente punto 42.

73      Orbene, nel caso di specie, dall’insieme delle violazioni dei RESS rilevate dalla Commissione ai considerando da 9 a 13 della decisione impugnata emerge che queste ultime costituiscono rischi per la salute e la sicurezza delle persone, in particolare la mancanza di visibilità della zona pericolosa, il rischio di lesioni, il rischio di caduta nella macchina, il rischio causato dagli elementi mobili e il rischio di uso scorretto. La Commissione ha quindi giustamente constatato, al considerando 14 della decisione impugnata, che le carenze individuate potevano mettere in pericolo la salute e la sicurezza delle persone.

74      Di conseguenza, poiché le macchine di cui trattasi non sono conformi ai RESS e presentano rischi per la salute e la sicurezza delle persone, è giocoforza constatare che la Commissione era legittimata, conformemente all’articolo 11 della direttiva 2006/42 e senza violare il principio di proporzionalità, a concludere che le misure di salvaguardia, ossia il divieto di immissione sul mercato e il ritiro dal mercato dei prodotti controversi, adottate dall’OSET, erano, di per sé, giustificate.

75      Per quanto riguarda poi il suddetto ritiro, va aggiunto che, come emerge dal considerando 2 della decisione impugnata, sono state prese in considerazione diverse soluzioni alternative per la sua attuazione, vale a dire la possibilità di correggere i difetti legati all’ambiente di lavoro dell’operatore, di farsi restituire i prodotti controversi e di sostituirli con altri prodotti dello stesso tipo o di tipo equivalente che non presentano alcun difetto tecnico, o di farsi restituire i prodotti controversi e pagare un indennizzo al proprietario.

76      Si deve osservare che, al considerando 5 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato quanto segue:

«Per quanto riguarda le misure adottate, le autorità svedesi hanno spiegato di aver agito nel rispetto del principio di proporzionalità, stabilito dall’articolo 18 del regolamento (...) n. 765/2008 (...). In base a tale principio, considerati la gravità del rischio e i costi legati al ritiro, alcune delle misure necessarie per correggere le carenze dei [nuovi prodotti controversi] non erano richieste in caso di ritiro dei [prodotti controversi] già esistenti. In particolare si tratta delle misure riguardanti l’installazione di tre luci separate per indicare diverse modalità nel pannello di controllo, l’allargamento dei punti di accesso tra le macchine utilizzati anche come piattaforme di lavoro e il miglioramento della visibilità della zona pericolosa».

77      Occorre considerare che, poiché la Commissione non ha rimesso in discussione le spiegazioni del Regno di Svezia di cui al precedente punto 76, essa ha confermato la constatazione che l’approccio dell’OSET era proporzionato.

78      Così, dalla decisione impugnata emerge che, alla luce del principio di proporzionalità, è stato effettuato un bilanciamento tra la gravità dei rischi e il costo del ritiro. A tale titolo, i prodotti che sarebbero stati venduti successivamente sono stati distinti dai prodotti controversi già posizionati sul mercato, e ciò, per quanto riguarda questi ultimi, attraverso l’applicazione di un elenco ridotto delle carenze comportanti il loro ritiro. Inoltre, le tre soluzioni alternative per l’attuazione del ritiro dei prodotti controversi, come spiegato al precedente punto 75, contribuiscono al rispetto del principio di proporzionalità da parte dell’OSET e, di conseguenza, da parte della Commissione.

79      In terzo luogo, alla luce delle constatazioni che precedono, gli argomenti della ricorrente relativi a un onere finanziario sproporzionato che deriverebbe dalle misure di salvaguardia non possono essere accolti. Da un lato, i rischi ai quali le macchine della ricorrente espongono la salute e la sicurezza delle persone, come indicati al precedente punto 73, giustificano la necessità di vietare l’immissione sul mercato e il ritiro dal mercato dei prodotti controversi, nonostante il costo che ciò potrebbe rappresentare a carico della ricorrente. Dall’altro, la distinzione delle misure di salvaguardia tra i prodotti controversi esistenti e i nuovi nonché le tre soluzioni alternative quanto al ritiro dei prodotti controversi e il fatto che, ai sensi della prima di dette soluzioni, il numero di carenze che devono essere corrette, per mantenere i suddetti prodotti sul mercato, era ridotto dimostrano, a tal proposito, che l’approccio adottato dall’OSET e dalla Commissione era proporzionato rispetto all’onere finanziario che le misure di salvaguardia rischiavano di far gravare sulla ricorrente.

80      In quarto luogo, è giocoforza constatare che, tenuto conto sia dei riferimenti precisi alle giustificazioni fornite dal Regno di Svezia sia dell’analisi approfondita dei rischi quanto all’uso dei prodotti controversi, effettuati dalla Commissione, gli argomenti della ricorrente relativi alla mancanza, nella decisione impugnata, di una motivazione adeguata sulla questione della proporzionalità delle misure di salvaguardia sono privi di fondamento.

81      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità nel considerare che le misure di salvaguardia di cui trattasi erano giustificate.

82      In quinto luogo, per quanto attiene agli argomenti della ricorrente relativi alla violazione del principio di proporzionalità in quanto tutti gli altri Stati membri sono tenuti ad adottare misure a seguito della decisione impugnata, si deve anzitutto sottolineare che, secondo la giurisprudenza, la decisione adottata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/42 ha come destinatari tutti gli Stati membri dell’Unione, coerentemente con gli obblighi di comunicazione e di informazione imposti alla Commissione dall’articolo 11, paragrafi 3 e 6, della direttiva 2006/42. Essa è pertanto obbligatoria per ciascuno di essi in tutti i suoi elementi, conformemente all’articolo 288 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione, T‑337/13, EU:T:2015:502, punto 24).

83      Pertanto, le conseguenze evocate dalla ricorrente sono inerenti alla procedura di esame da parte della Commissione del carattere giustificato delle misure di salvaguardia, quali previste dall’articolo 11 della direttiva 2006/42. Come ciò è stato rammentato al precedente punto 54, dall’insieme delle disposizioni della direttiva 2006/42, quali interpretate dalla giurisprudenza, emerge che la decisione impugnata implica che gli Stati membri adottano provvedimenti utili relativi all’immissione o al mantenimento sul loro mercato dei prodotti controversi. Infatti, si tratta di un elemento essenziale della procedura della clausola di salvaguardia, prevista dall’articolo 11 della direttiva 2006/42, che mira a garantire un’applicazione uniforme.

84      Inoltre, dalle disposizioni dell’articolo 11 della direttiva 2006/42 emerge che la Commissione era tenuta ad agire in seguito alla notifica da parte dell’OSET delle misure di salvaguardia adottate rispetto ai prodotti controversi e ad adottare una decisione quanto al carattere giustificato o meno di tali misure. Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente a tal riguardo non possono essere accolti.

85      Inoltre, occorre osservare che le conclusioni esposte ai precedenti punti da 82 a 84 non possono essere confutate dal contenuto dell’articolo 9 della direttiva 2006/42, al quale la ricorrente ha fatto riferimento durante l’udienza a sostegno del suo argomento secondo cui la Commissione disponeva di un margine di discrezionalità per quanto riguarda le conseguenze della decisione impugnata negli Stati membri.

86      Infatti, l’articolo 9 della direttiva 2006/42, che istituisce «[m]isure specifiche riguardanti categorie di macchine potenzialmente pericolose», dispone segnatamente che, se, in conformità con la procedura di cui all’articolo 11 di detta direttiva, la Commissione ritiene che una misura adottata da uno Stato membro sia giustificata, la stessa può adottare misure che richiedano agli Stati membri di vietare o limitare l’immissione sul mercato di macchine che presentano lo stesso rischio di quelle riguardate dalle misure nazionali a causa delle loro caratteristiche tecniche o di assoggettare tali macchine a particolari condizioni. Inoltre, il considerando 13 di tale direttiva precisa che siffatte misure, adottate a livello dell’Unione, non sono direttamente applicabili agli operatori economici e devono essere oggetto di attuazione da parte degli Stati membri (sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione, T‑337/13, EU:T:2015:502, punto 33).

87      A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, va rilevato che, sebbene gli Stati membri debbano assicurare l’applicazione corretta e uniforme della direttiva 2006/42, traendo le conseguenze di una misura di salvaguardia nazionale adottata nei confronti di una determinata macchina e dichiarata giustificata dalla Commissione, senza disporre di alcun margine di valutazione discrezionale per quanto riguarda il risultato da conseguire, essi evidentemente non possono estendere, di propria iniziativa e al di fuori della cornice procedurale e sostanziale prevista dall’articolo 11, paragrafo 1, di tale direttiva, l’ambito di applicazione di detto provvedimento ad altre macchine con il motivo che queste ultime presenterebbero lo stesso rischio, salvo violare il principio di libera circolazione sancito dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi e la presunzione di conformità di cui al suo articolo 7. Questa è la ragione per cui il legislatore dell’Unione ha subordinato tale estensione all’attuazione di una procedura specifica, di cui all’articolo 9 della direttiva 2006/42, che prevede segnatamente l’adozione, da un lato, di una esplicita decisione da parte della Commissione a tal fine e, dall’altro, di misure nazionali di esecuzione di detta decisione. Invece, simili atti non sono né previsti né necessari ai fini dell’articolo 11 della direttiva in questione, considerata la portata di quest’ultimo (v. sentenza del 15 luglio 2015, CSF/Commissione, T 337/13, EU:T:2015:502, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

88      Si deve concludere che, tenuto conto della giurisprudenza di cui ai precedenti punti 86 e 87, nelle circostanze della presente causa, che si riferiscono unicamente all’esame della misura di salvaguardia di cui trattasi, le disposizioni dell’articolo 9 della direttiva 2006/42 non sono applicabili al caso di specie.

89      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, la seconda parte del primo motivo relativa alla violazione del principio di proporzionalità e, di conseguenza, il primo motivo nella sua interezza devono essere respinti in quanto infondati.

[omissis]

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione delle norme procedurali di cui all’allegato I alla direttiva 2006/42

[omissis]

108    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/42 prevede segnatamente che gli Stati membri ritengono che le macchine provviste della marcatura CE e accompagnate dalla dichiarazione CE di conformità rispettino le disposizioni di tale direttiva e che le macchine costruite in conformità di una norma armonizzata, il cui riferimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, sono presunte conformi ai RESS coperti da tale norma armonizzata. In altre parole, il rispetto di una norma armonizzata consente di presumere che una macchina è conforme ai rispettivi RESS. Parimenti, ai sensi dell’articolo 2, lettera l), della direttiva 2006/42, una norma armonizzata è una specifica tecnica adottata da un organismo di normalizzazione, nel quadro di un mandato rilasciato dalla Commissione e non avente carattere vincolante. Da tali disposizioni risulta che le soluzioni tecniche proposte da una norma armonizzata non sono obbligatorie, ma che la loro applicazione conferisce al prodotto in questione il beneficio della presunzione di conformità alle disposizioni della direttiva 2006/42.

109    Tuttavia, pur rimanendo liberi di scegliere i metodi di valutazione della conformità dei loro prodotti con i RESS, il fabbricante o il suo mandatario sono tenuti non solo a garantire tale conformità, ma anche a dimostrarla nel fascicolo tecnico, come previsto nell’allegato VII alla direttiva 2006/42. Orbene, la scelta di non applicare norme armonizzate ha come conseguenza che neppure la presunzione di conformità sopra citata può essere applicata, sicché la conformità dei prodotti deve essere dimostrata con altri mezzi.

110    Si deve precisare che, alla luce degli argomenti della ricorrente, il terzo motivo si riferisce al considerando 10 della decisione impugnata, nel quale la Commissione ha confermato che i RESS enunciati ai punti 1.1.6, 1.6.1 e 1.6.2 dell’allegato I alla direttiva 2006/42, secondo cui le macchine devono essere progettate e costruite in modo da facilitare il lavoro dell’operatore, permettendogli di lavorare in condizioni di agevolezza e sicurezza, fuori dalle zone pericolose, non erano stati rispettati per quanto riguarda le macchine controverse. Più precisamente, la Commissione, sulla base della decisione dell’OSET, ha considerato che ci fosse un rischio di infortunio in fase di accesso alle macchine controverse, dovuto allo stretto passaggio di 190 mm tra le suddette macchine o alla parte frontale di tali macchine che termina improvvisamente a un’altezza di 1000 mm.

111    Occorre rilevare che, per quanto attiene alla suddetta larghezza del passaggio di 190 mm, gli argomenti della ricorrente riguardano segnatamente le constatazioni della Commissione, se non direttamente dell’OSET. In sostanza, da un lato, la ricorrente rimprovera loro di non aver tenuto conto del principio dello stato dell’arte in quanto non vi erano riferimenti a tale principio nelle loro decisioni rispettive. Dall’altro lato, secondo la ricorrente, la sua soluzione tecnica in questione corrispondeva allo stato dell’arte al momento dell’ispezione, mentre il requisito previsto dalla norma armonizzata EN ISO 14122-2:2001 andava oltre lo stato dell’arte.

112    In via principale, innanzitutto, si deve ricordare che è pacifico che, nella dichiarazione di conformità CE, la ricorrente si è basata, segnatamente, sulla norma armonizzata EN ISO 14122-2:2001. In altri termini, la ricorrente ha scelto liberamente di applicare tale norma armonizzata al fine di stabilire la conformità dei prodotti controversi con i RESS di cui ai punti 1.1.6, 1.6.1 e 1.6.2 dell’allegato I alla direttiva 2006/42.

113    Inoltre, la norma armonizzata EN ISO 14122-2:2001 stabilisce i requisiti tecnici di sicurezza per i mezzi di accesso permanenti alla macchina e in particolare per le piattaforme di lavoro e i passaggi della macchina. Sebbene la norma in questione preveda una larghezza di 500 mm, è pacifico che i passaggi installati sulle macchine controverse avevano una larghezza di 190 mm. È quindi giocoforza constatare, al pari della Commissione, che sebbene la ricorrente abbia scelto di applicare la norma armonizzata EN ISO 14122-2:2001, essa non la rispettava.

114    Infine, per quanto attiene alle condizioni di applicazione dei RESS, il considerando 14 della direttiva 2006/42 prevede che i RESS dovrebbero essere applicati con discernimento, tenendo conto dello stato dell’arte al momento della costruzione e dei requisiti tecnici ed economici. Inoltre, il punto 3 del primo titolo, intitolato «Principi generali», dell’allegato I a detta direttiva prevede che, sebbene i RESS indicati in tale allegato siano inderogabili, non si può escludere che, tenuto conto dello stato della tecnica, gli obiettivi da essi prefissi possono non essere raggiunti. Viene precisato che, in tal caso, la macchina deve, per quanto possibile, essere progettata e costruita per tendere verso questi obiettivi.

115    Nel caso di specie, in primo luogo, la ricorrente contesta alla Commissione nonché all’OSET di aver violato le norme procedurali di cui all’allegato I alla direttiva 2006/42, in quanto non sarebbe stato fatto alcun riferimento al principio dello stato dell’arte né nella decisione impugnata né nella decisione dell’OSET. Occorre innanzitutto sottolineare che la ricorrente non precisa affatto le norme procedurali che sarebbero state violate, ma cita le disposizioni che prevedono il rispetto del principio dello stato dell’arte nell’applicazione dei RESS. Orbene, è giocoforza constatare che, se è vero che, al considerando 14 della direttiva 2006/42 e al punto 3 del primo titolo dell’allegato I a detta direttiva, di cui al punto precedente, si prevede di tener conto dello stato dell’arte nell’applicazione dei RESS, la direttiva non prevede alcuna norma procedurale che imponga di fornire, nella decisione di un’autorità nazionale competente o nella decisione della Commissione, adottata nell’ambito della procedura della clausola di salvaguardia, un’analisi relativa all’applicazione del principio dello stato dell’arte. Il fatto che un’analisi dell’applicazione del principio dello stato dell’arte non sia stata fornita nella decisione impugnata o nella decisione dell’OSET non implica poi di per sé una violazione di tale principio. Per tali ragioni, gli argomenti della ricorrente relativi al mancato riferimento a detto principio nelle decisioni in questione non possono essere accolti.

116    In secondo luogo, è importante sottolineare che, in forza dell’articolo 11, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2006/42, tra i motivi di mancata conformità di una macchina che uno Stato membro deve comunicare alla Commissione e agli altri Stati membri a titolo della misura di salvaguardia che ha deciso di adottare, figura un’errata applicazione delle norme armonizzate. In altri termini, anche se le norme armonizzate non sono obbligatorie, la scelta di applicarle e di avvalersene nella dichiarazione CE di conformità richiede la loro corretta applicazione. In caso di errata applicazione di siffatte norme, l’autorità nazionale competente ha il diritto di constatare la mancata conformità dei prodotti in misure adottate nell’ambito della procedura della clausola di salvaguardia, ai sensi dell’articolo 11 della direttiva 2006/42. Per tali motivi, al considerando 10 della decisione impugnata, la Commissione ha correttamente constatato, rispetto alla misura di salvaguardia adottata dall’OSET, che, per quanto attiene alle macchine controverse, i RESS enunciati ai punti 1.1.6, 1.6.1 et 1.6.2 dell’allegato I alla direttiva 2006/42 non erano stati rispettati, a motivo dell’errata applicazione della norma armonizzata.

117    Come sostiene giustamente la Commissione, dal momento che la ricorrente aveva scelto di fare riferimento a una norma armonizzata nella dichiarazione CE di conformità, essa avrebbe dovuto rispettare pienamente tale norma. Nel caso in cui, come nel caso di specie, la norma non fosse stata rispettata per quanto riguarda la larghezza dei passaggi delle macchine controverse, la ricorrente avrebbe dovuto presentare un’altra soluzione tecnica che garantisse lo stesso livello di sicurezza e dimostrare la conformità dei prodotti controversi ai rispettivi RESS, cosa che non ha fatto.

118    In terzo luogo, per quanto attiene all’applicazione del principio dello stato dell’arte per quanto riguarda il requisito di una larghezza di 500 mm per i passaggi delle macchine controverse, devono essere sottolineati tre aspetti.

119    Innanzitutto, occorre precisare che una norma armonizzata i cui riferimenti sono stati oggetto di una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale rientra nel diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction, C‑613/14, EU:C:2016:821, punto 40).

120    La Commissione sostiene poi correttamente che, sebbene le norme armonizzate non siano obbligatorie, esse riflettono il livello di sicurezza richiesto e tengono conto dello stato dell’arte.

121    A tal riguardo, è importante rilevare che il paragrafo 162 della Guida all’applicazione della direttiva «Macchine» 2006/42, pubblicata dalla Commissione nel giugno 2010, precisa ormai, segnatamente, che le norme armonizzate danno una buona indicazione dello stato dell’arte al momento della loro adozione. Inoltre, secondo lo stesso documento, l’evoluzione dello stato dell’arte si riflette nelle modifiche o revisioni successive delle norme armonizzate.

122    Infine, occorre aggiungere che la ricorrente fa riferimento alle conclusioni dello studio indipendente al fine di suffragare i suoi argomenti relativi alla non esistenza di una migliore opzione. A tal riguardo, è giocoforza constatare che tali conclusioni, che si riferiscono alle possibilità di correggere i difetti delle macchine già posizionate e non allo stato dell’arte in generale alla data della decisione impugnata, riguardano la situazione al centro di bowling di Gustavsberg, dopo le modifiche apportate ai prodotti controversi a seguito dell’adozione della decisione impugnata. Orbene, come è già stato concluso al precedente punto 69, dette conclusioni sono irrilevanti nel caso di specie.

123    Da quanto precede emerge che l’argomento della ricorrente, secondo cui il requisito riguardante la larghezza dei passaggi delle macchine controverse andava oltre lo stato dell’arte, deve essere respinto in quanto infondato.

124    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve respingere il terzo motivo in quanto infondato.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Brunswick Bowling Products LLC è condannata alle spese.

3)      Il Regno di Svezia sopporterà le proprie spese.

Tomljenović

Schalin

Škvařilová-Pelzl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 settembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.