Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
TAMARA ĆAPETA
presentate il 16 maggio 2024 (1)
Cause riunite C‑269/23 P e C‑272/23 P
Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE,
Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE (C‑269/23 P)
Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE (C‑272/23 P)
contro
Commissione europea
«Impugnazione – Sovvenzioni – Regolamento (UE) 2016/1037 – Accordo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di sovvenzioni e misure compensative – Compensazione di un contributo finanziario erogato da uno Stato terzo nel territorio di un altro Stato terzo – Validità»
I. Introduzione
1. Disciplinare le sovvenzioni è un’operazione delicata. La loro concessione è strettamente collegata alla sovranità degli Stati, poiché questi ultimi sono, in linea generale, liberi di avvantaggiare le proprie imprese senza dover giustificare le proprie azioni (2).
2. Tuttavia, taluni partner commerciali dell’Unione europea ricorrono in misura crescente all’uso di sovvenzioni quale malcelato strumento di governo economico (3). In particolare, gli interventi della Repubblica popolare cinese (in prosieguo: la «Cina») sono finiti al centro di uno sforzo internazionale di contrasto delle «sovvenzioni distorsive del mercato e degli scambi commerciali» (4), in special modo la politica «Go Global» praticata da tale paese (5), che incoraggia le imprese cinesi a investire all’estero (6).
3. Le impugnazioni in esame riguardano i potenziali effetti distorsivi di detta politica sul mercato interno. La questione controversa è se legittimamente la Commissione europea possa ricorrere all’uso di misure compensative, come disciplinate dal regolamento antisovvenzioni di base (7) e dall’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (8), per compensare sovvenzioni concesse da un membro dell’OMC (Cina) nel territorio di un altro membro dell’OMC (la Repubblica araba d’Egitto) (in prosieguo: l’«Egitto») (9).
4. Nelle sue sentenze nelle cause Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics e Jushi Egypt for Fiberglass Industry/Commissione (10) e Jushi Egypt for Fiberglass Industry/Commissione (11) (in prosieguo, congiuntamente: le «sentenze impugnate»), il Tribunale ha confermato la validità del ricorso a dazi compensativi in detta particolare fattispecie. Le ricorrenti in dette cause contestano ora tale conclusione.
5. Posto che le inchieste sottostanti costituiscono il primo caso in cui un membro dell’OMC ha adottato misure compensative degli effetti pregiudizievoli derivanti da «sovvenzioni transnazionali» (12), si tratta di una problematica nuova e controversa (13) e non soltanto dal punto di vista del diritto dell’Unione europea (14).
II. Fatti
6. I fatti all’origine delle azioni sottostanti sono illustrati ai punti da 2 a 26 delle sentenze impugnate. Ai fini della presente analisi, va ricordato quanto segue.
7. La zona di cooperazione economica e commerciale sino-egiziana TEDA di Suez (in prosieguo: la «zona SETC») è parte di una più ampia libera zona economica a nord del Golfo di Suez e parte del territorio egiziano (15).
8. Ai sensi della legge egiziana n. 83/2002 sulle zone economiche a carattere speciale, detta zona è stata classificata come zona economica speciale dal governo egiziano (16).
9. Individuata dalla Cina come una delle prime 18 «zone di commercio e cooperazione d’oltremare» ufficialmente approvate (17), dal 2013 le imprese cinesi «che svolgono attività all’estero», anche per operare nella zona SETC, possono beneficiare di politiche di sostegno fiscale e tributario, prestiti agevolati, sostegno finanziario attraverso prestiti sindacati, crediti all’esportazione, finanziamento di progetti, investimenti azionari e, infine, assicurazione dei crediti all’esportazione (18).
10. Nel 2016 i presidenti della Cina e dell’Egitto hanno firmato l’accordo tra il ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese e l’Autorità generale della zona economica del Canale di Suez della Repubblica araba d’Egitto relativo alla zona di cooperazione economica e commerciale di Suez (19).
11. In base alle condizioni dell’accordo di cooperazione, i governi cinese ed egiziano sviluppano congiuntamente la zona SETC, conformemente alle rispettive strategie nazionali (20). L’accordo prevede che il governo egiziano fornisca i terreni, la manodopera e determinate agevolazioni fiscali, mentre le società cinesi che operano nella zona gestiscono l’impianto di produzione fornendo beni e manager. Ulteriori finanziamenti provengono direttamente dalla Cina (21).
12. Le ricorrenti in primo grado sono la Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE (in prosieguo: la «Jushi Egypt») e la Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE (in prosieguo: la «Hengshi Egypt»). Si tratta di società stabilite in Egitto e costituite secondo il diritto egiziano dalla Jushi China e dalla Hengshi China, le loro società madri cinesi. Queste società sono collegate e appartengono in definitiva al China National Building Material Group, una società di proprietà dello Stato (22).
13. Dal canto suo, tale gruppo è più esattamente di proprietà della commissione del Consiglio di Stato per la gestione e la supervisione delle proprietà dello Stato (in prosieguo: la «SASAC») cinese. (23) Direttamente controllata dal Consiglio di Stato della Cina, l’organo amministrativo supremo di detto paese, i regolamenti impugnati identificano la «SASAC [come] il veicolo principale attraverso cui il governo cinese controlla in diversi modi le imprese statali [venendo] utilizzata dal governo come strumento per attuare i suoi piani e le sue politiche anziché seguire, nelle sue operazioni commerciali, una logica basata sul mercato» (24).
14. I prodotti di cui trattasi nelle presenti impugnazioni sono prodotti in fibra di vetro a filamento continuo (in prosieguo: i «prodotti GFR») e prodotti in fibra di vetro (in prosieguo: i «prodotti GFF»). I prodotti GFR sono la materia prima direttamente a monte dei prodotti GFF.
15. I prodotti GFR sono essenzialmente sabbia trasformata in filamenti di fibre di vetro pieghevoli che possono essere impiegati come tali oppure essere tessuti e/o cuciti per realizzare i prodotti GFF. Combinati con resine per creare materiali compositi leggeri, possono essere impiegati per incrementare la robustezza, la leggerezza e la durata di componenti. Essi sono quindi utilizzati, tra gli altri settori, nel settore automobilistico, navale, aerospaziale, eolico, infrastrutturale, nelle condutture, negli edifici e nel settore delle costruzioni.
16. L’ambiziosa politica climatica dell’Unione europea ha aumentato notevolmente la domanda di prodotti GFR e di prodotti GFF a livello europeo (25).
17. Sia la Jushi Egypt che la Hengshi Egypt producono prodotti GFF nella zona SETC, e la Jushi Egypt ivi produce anche prodotti GFR (26). Entrambe le società esportano tali prodotti nell’Unione europea da tale zona (27).
18. Nei regolamenti impugnati, sulla base degli elementi di prova di cui essa dispone (28), la Commissione ha ritenuto, in particolare, che vi fosse un collegamento (29) tra le azioni intraprese dal governo della Cina e dal governo dell’Egitto, quali i prestiti agevolati (30) e il sostegno agli investimenti in capitale (31) a favore della Jushi Egypt e della Hengshi Egypt, cosicché i contributi finanziari erogati dal governo della Cina a tali società potrebbero essere attribuiti al governo dell’Egitto (32).
19. Nei regolamenti impugnati, la Commissione adottava dazi compensativi sulle importazioni di prodotti GFF e GFR nell’Unione europea. Detto dazio veniva fissato nei confronti delle ricorrenti al 13,1%.
III. Sentenze impugnate
20. Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 28 luglio 2020 e il 27 agosto 2020, le ricorrenti presentavano ricorsi di annullamento avverso i regolamenti impugnati.
21. Il 1º marzo 2023 il Tribunale pronunciava le sentenze impugnate, respingendo i ricorsi delle ricorrenti e condannando queste ultime a sopportare le proprie spese e quelle della Commissione.
IV. Ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia
22. Con le loro impugnazioni, presentate rispettivamente il 25 aprile 2023 e il 27 aprile 2023, le ricorrenti chiedono alla Corte di annullare le sentenze impugnate, accogliere in parte i motivi dedotti in primo grado e condannare la Commissione e le intervenienti alle spese.
23. La Commissione chiede alla Corte di respingere integralmente le impugnazioni e di condannare le ricorrenti alle spese.
24. La posizione della Commissione è sostenuta dalla Tech-Fab Europe eV (nella causa C‑269/23 P) e dalla European Glass Fibre Producers Association (nella causa C‑272/23 P).
V. Analisi
25. Le presenti conclusioni sono articolate come segue. Posto che la questione principale sollevata dalle presenti impugnazioni concerne la validità del metodo impiegato dalla Commissione per compensare le «sovvenzioni transnazionali» erogate dalla Cina in Egitto, affronterò anzitutto tale aspetto. Proporrò di concludere che il Tribunale non ha commesso alcun errore nel confermare il metodo di cui trattasi, alla luce del regolamento antisovvenzioni di base e dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Sezione A) (33).
26. Solo successivamente affronterò i motivi di impugnazione di carattere più tecnico, cominciando con quelli in comune: la determinazione del termine di paragone ai fini della compensazione del meccanismo egiziano di sgravio dei dazi doganali (Sezione B) e la compensabilità del trattamento fiscale delle perdite sui cambi (Sezione C). Infine, tratterò l’unico motivo di appello che differisce nelle due impugnazioni pendenti dinanzi alla Corte: il livello di sovvenzioni compensabili per entità infragruppo (Sezione D).
A. Applicazione dello strumento antisovvenzioni alle «sovvenzioni transnazionali»
27. Il secondo e il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e il primo e il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P vertono, sostanzialmente, sulla questione se la Commissione potesse legittimamente far ricorso allo strumento antisovvenzioni, come disciplinato dal regolamento antisovvenzioni di base, per compensare il sostegno finanziario diretto e indiretto ricevuto dalle ricorrenti dal governo della Cina per la loro fabbricazione del prodotto di cui trattasi in Egitto (34).
28. Nelle sentenze impugnate il Tribunale ha confermato tale possibilità. Sulla base di un’interpretazione testuale, contestuale e teleologica, detto giudice ha concluso che «il regolamento antisovvenzioni di base non esclude che, anche se il contributo finanziario non proviene direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione, tale contributo possa esserle imputato» (35). Esso è giunto a tale conclusione sulla base dell’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, che definisce la nozione di «sovvenzione», letto nel contesto del considerando 5 di detto regolamento (36).
29. Condivido la conclusione del Tribunale. Fornirò di seguito qualche argomentazione aggiuntiva.
30. La questione di diritto alla base delle presenti impugnazioni concerne, in sostanza, la portata della nozione di «sovvenzione» definita nell’articolo 3 del regolamento antisovvenzioni di base.
31. Nella sua versione in lingua inglese detta disposizione stabilisce che una sovvenzione deve essere intesa come «a financial contribution by a government in the country of origin or export (un contributo finanziario da parte di una pubblica amministrazione nel territorio di un paese» (37), attraverso il quale viene conferito un vantaggio (38).
32. Il ragionamento della Commissione si ricollega direttamente alle parti evidenziate della formulazione della disposizione di cui trattasi nella versione inglese. L’argomentazione da essa sviluppata verte essenzialmente sulle differenze tra l’uso dell’articolo indeterminativo «a» e dell’articolo determinativo «the» nell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base e sulla conseguente possibilità di ricorrere a detto strumento per compensare le sovvenzioni cinesi concesse a imprese stabilite in Egitto.
33. Tuttavia, come sottolineano correttamente le ricorrenti, un esame sotto il profilo linguistico delle versioni nelle diverse lingue dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base rivela talune differenze.
34. Infatti, alcune versioni linguistiche di detta disposizione possono essere lette, analogamente alla versione inglese, nel senso di lasciare in un certo modo aperta la fonte del contributo finanziario a favore del prodotto di cui trattasi nel paese d’origine o di esportazione (39). Altre versioni linguistiche, invece, sono formulate in modo tale da suggerire che la nozione di sovvenzione sia circoscritta ai contributi finanziari concessi dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione (40).
35. Al fine di garantire un’interpretazione e un’applicazione uniformi del regolamento antisovvenzioni di base, il suo articolo 3 deve pertanto essere inteso in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui esso fa parte (41).
36. I principi cui si ispirano la portata e l’applicazione dello strumento antisovvenzioni sono indicati nell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento antisovvenzioni di base. Ai sensi di detta disposizione, un dazio compensativo può essere imposto al fine di compensare «una sovvenzione concessa, direttamente o indirettamente, per la fabbricazione, la produzione, l’esportazione o il trasporto di qualsiasi prodotto la cui immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio» (42).
37. Da questa definizione emerge chiaramente che il regolamento antisovvenzioni di base mira ad applicarsi in qualsiasi caso in cui l’imposizione di un dazio compensativo può essere necessaria al fine di compensare un sovvenzionamento di un prodotto straniero intervenuto attraverso un’ampia gamma di trasferimenti di valore che hanno l’effetto di danneggiare l’industria dell’Unione di un prodotto simile.
38. L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento antisovvenzioni di base non stabilisce che la sovvenzione dannosa deve provenire direttamente dal paese del quale il prodotto in questione è originario o dal quale è esportato. Al contrario, il riferimento al fatto che una tale sovvenzione sia concessa «indirettamente» implica che non è necessariamente richiesto un collegamento territoriale con il paese di origine o di esportazione, fintantoché tale concessione può essere collegata alla fabbricazione, alla produzione, all’esportazione o al trasporto di qualsiasi prodotto la cui immissione nel mercato interno causi un pregiudizio.
39. Questa lettura è corroborata anche dall’articolo 2, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, il quale, nella parte pertinente, stabilisce che una «sovvenzione [compensabile] può essere concessa dalla pubblica amministrazione del paese d’origine del prodotto importato o dalla pubblica amministrazione di un paese intermedio dal quale il prodotto sia esportato nell’Unione» (43). Utilizzando il verbo modale «può» detta disposizione lascia quindi aperto il gruppo dei possibili concedenti di una sovvenzione compensabile, senza limitarlo al paese di origine o di esportazione del prodotto di cui trattasi.
40. Inoltre, e contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, tale considerazione non è confutata dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento antisovvenzioni di base, che affronta la questione della specificità di una sovvenzione compensabile e stabilisce che detta specificità è valutata con riferimento all’«ambito della competenza dell’autorità concedente».
41. Detta disposizione nulla dice, infatti, in merito alla questione se l’autorità concedente debba essere il paese di esportazione o di origine del prodotto di cui trattasi.
42. Pertanto, come correttamente stabilito dal Tribunale (44), quando, come nel caso delle inchieste sottostanti, la Commissione è in grado, sulla base delle prove di cui dispone, di imputare un contributo finanziario alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione del prodotto interessato, benché il contributo provenga originariamente dalla pubblica amministrazione o da un ente pubblico di un paese terzo, l’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento antisovvenzioni di base consente alla Commissione di trattare la prima pubblica amministrazione come «autorità concedente» di detto specifico contributo finanziario (45).
43. Infine, come osserva correttamente la Commissione, siffatta lettura è corroborata anche dal considerando 5 del regolamento antisovvenzioni di base, che, a quanto risulta, spiega, in maniera coerente nelle diverse versioni linguistiche (46), che una sovvenzione è presente quando è dimostrato che c’è «un contributo finanziario da parte di una pubblica amministrazione o di un ente pubblico nel territorio di un paese» (47).
44. Letto in tale contesto, un prodotto può essere considerato come oggetto di sovvenzioni non solo quando una sovvenzione può essere imputata al paese d’origine o di esportazione del prodotto stesso, ma anche quando, sulla base delle prove disponibili, è possibile individuare un’altra pubblica amministrazione o un altro ente pubblico quale fonte delle pratiche di sovvenzionamento pregiudizievoli.
45. Questa interpretazione è altresì confermata dall’obiettivo del regolamento antisovvenzioni di base, che, sin dalla sua forma originaria del 1968 (48), mirava principalmente ad assistere l’industria dell’Unione nel riequilibrare le condizioni della concorrenza nel mercato interno compromesse da sovvenzioni vietate concesse al suo esterno (49).
46. In conclusione, il regolamento antisovvenzioni di base non è circoscritto alle sovvenzioni concesse dalla pubblica amministrazione di uno Stato nel «proprio» territorio.
47. Tuttavia, le ricorrenti eccepiscono che l’ambito di applicazione della disciplina antisovvenzioni così inteso non sarebbe compatibile con gli obblighi assunti dall’Unione europea nell’ambito del GATT e dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (50).
48. Concordo che occorre tener conto di questi accordi internazionali, posto che l’Unione europea è firmataria degli accordi dell’OMC, che comprendono il GATT e l’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative, e che tali accordi formano pertanto parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione e vincolano le sue istituzioni (51).
49. Benché sia ben noto che tali accordi non spiegano di norma effetti diretti (52), l’obbligo costituzionale dell’Unione europea di rispettare gli impegni derivanti dagli impegni internazionali (53), che riflette il principio generale di diritto internazionale del rispetto degli impegni contrattuali (pacta sunt servanda) (54), impone di interpretare il diritto dell’Unione, ove necessario, in conformità con il diritto dell’OMC (55).
50. Come indicato nel suo considerando 3, il regolamento antisovvenzioni di base mira ad attuare nel diritto dell’Unione «nella massima misura possibile» gli impegni assunti a livello di accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative.
51. La Corte ha già spiegato che la medesima formulazione, seppur nel contesto del regolamento antidumping di base (56), non deve, di per sé, essere interpretata come la volontà da parte del legislatore dell’Unione di procedere alla trasposizione nel diritto dell’Unione di tutte le norme contenute nell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (57).
52. Pertanto, è errato concludere, come ha fatto il Tribunale (58), che il ricorso a detta formulazione rappresenta una prova sufficiente per ritenere che il legislatore dell’Unione intendesse dare attuazione ai particolari obblighi assunti in forza dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative.
53. Ciò detto, la formulazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base rispecchia sostanzialmente quella dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative. Il primo deve pertanto essere interpretato in conformità del secondo (59).
54. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, di detto accordo stabilisce che «s’intende sussistere una sovvenzione qualora (...) un governo o un organismo pubblico nel territorio di un membro (...) accordi un contributo finanziario» (60).
55. Interpretando detta disposizione in buona fede e seguendo il senso ordinario da attribuire ai suoi termini nel loro contesto, come richiesto dall’articolo 31, paragrafo 1, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (United Nations Treaty Series, vol. 1155, pag. 331), emerge che il particolare uso dell’articolo indeterminativo «un» nella frase «contributo finanziario [da parte di] un governo» nella parte introduttiva dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative lascia aperta l’origine geografica del contributo finanziario in questione, a condizione che la sovvenzione di cui trattasi provenga da un membro dell’OMC.
56. Non ritengo che tale lettura sia messa in discussione dalla specificazione «nel territorio di un membro» nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative, posto che essa si riferisce alla nozione di «governo o organismo pubblico» e non all’espressione «contributo finanziario».
57. Tale conclusione è anche compatibile con l’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative, che interpreta e dà applicazione all’articolo VI del GATT 1994 e il cui «principale oggetto e scopo (...) è aumentare e migliorare il complesso di norme del GATT relative all’utilizzo di sovvenzioni e misure compensative» (61).
58. Mi riferisco, a tal riguardo, in particolare, all’articolo VI, punto 3, del GATT 1994, che definisce un dazio compensativo come un dazio speciale riscosso allo scopo di neutralizzare qualsiasi «premio o sovvenzione accordata (...) alla fabbricazione, alla produzione, o all’esportazione di un siffatto prodotto», senza specificare chi eroghi tale premio o sovvenzione e senza limitare a livello territoriale il soggetto erogante.
59. Pertanto, l’articolo VI del GATT 1994 copre essenzialmente (62) tutte le sovvenzioni a prescindere dalla loro origine (63).
60. Da questa prospettiva, non solo un’interpretazione diversa contrasterebbe con il senso ordinario dei termini impiegati nell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative e nell’articolo VI del GATT 1994, ma poi l’oggetto e la finalità di dette disposizioni sarebbero vanificati se l’Unione europea non fosse nelle condizioni di neutralizzare contributi finanziari come quelli oggetto del presente caso in ragione meramente della loro provenienza territoriale.
61. Posto che una diversa lettura non può essere ricavata dall’iter dei negoziati sfociati nell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (64), il quale può fungere da ulteriore strumento interpretativo di detto accordo ai sensi dell’articolo 32 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, mi sembra chiaro che l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative non limita a livello territoriale la portata geografica della fonte di un contributo finanziario erogato a un membro dell’OMC nel cui territorio il prodotto di cui trattasi è fabbricato (65).
62. Ritengo quindi che l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative non impedisca di trattare come una sovvenzione un accordo con cui un membro dell’OMC eroga un contributo finanziario per un prodotto fabbricato nel territorio di un altro membro dell’OMC.
63. Ne consegue che, per tutte le ragioni testé illustrate, considero che il Tribunale non abbia commesso alcun errore nel concludere che l’ambito di applicazione del regolamento antisovvenzioni di base, come specificato, in particolare, nell’articolo 1, paragrafo 1, e nell’articolo 3, punto 1, lettera a), di detto regolamento, si estende anche alla situazione in cui la Commissione è in grado, sulla base di prove sufficienti, di imputare il sostegno finanziario ricevuto da un governo di un paese terzo al governo di un altro paese terzo.
64. Propongo pertanto alla Corte di respingere il secondo e il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e il primo e il secondo motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P.
B. Sulla determinazione del termine di paragone ai fini della compensazione del meccanismo egiziano di sgravio dei dazi doganali per i materiali importati
65. Nel loro quarto motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e nel loro terzo motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P, le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il Tribunale ha errato nel confermare l’approccio adottato dalla Commissione consistente, nell’ottica di compensare il beneficio ottenuto dalle ricorrenti dal meccanismo di sgravio dei dazi doganali, nel comparare la loro situazione con quella di imprese collocate similmente nella zona SETC, ma che vendono al mercato egiziano (66). Inoltre, le ricorrenti affermano che la loro situazione avrebbe dovuto essere comparata con uno scenario teorico in cui si ipotizzava che esse fossero stabilite al di fuori della zona SETC ma continuassero tuttavia ad esportare i prodotti di cui trattasi nell’Unione europea. A loro avviso, in questo tipo di situazione, il governo dell’Egitto non avrebbe rinunciato ad alcuna entrata attraverso il meccanismo di sgravio dei dazi doganali, poiché non avrebbe mai cercato di riscuotere dazi doganali per le materie prime importate ai fini della produzione dei prodotti di cui trattasi.
66. Pertanto, l’aspetto centrale dell’argomentazione svolta dalle ricorrenti è stabilire la situazione comparabile nel presente caso (67).
67. Tuttavia, l’unica disposizione di legge che le ricorrenti citano nel testo delle loro impugnazioni a sostegno dell’argomento da esse addotto è l’articolo 5 del regolamento antisovvenzioni di base. Detta disposizione, che si riferisce alla quantificazione dell’importo compensabile, non disciplina il termine di paragone al fine di stabilire se il governo dell’Egitto abbia scelto di rinunciare a talune entrate altrimenti dovute, ai sensi dell’articolo 3, punto 1, lettera a), ii), del regolamento antisovvenzioni di base (posto che la quantificazione di dette entrate oggetto di rinuncia è, logicamente, successiva rispetto al momento in cui ne è determinata l’esistenza) (68).
68. Le ricorrenti non spiegano meglio neppure in che modo il Tribunale avrebbe errato nella sua interpretazione o applicazione del quadro normativo pertinente.
69. E tuttavia, detta spiegazione è essenziale ai fini della ricevibilità della loro argomentazione, poiché l’articolo 3, punto 1, lettera a), ii), del regolamento antisovvenzioni di base, quand’anche fosse stata questa la disposizione su cui esse intendevano fondarsi (quod non), non fornisce un metodo di determinazione del corretto termine di paragone per stabilire se le entrate della pubblica amministrazione, altrimenti dovute, siano state oggetto di rinuncia o non riscosse.
70. La Commissione dispone pertanto di una certa discrezionalità nello scegliere tra diversi parametri e scenari alla base del compito ad essa attribuito di stabilire se il governo dell’Egitto abbia scelto di rinunciare ad entrate altrimenti dovute (69).
71. In mancanza di argomenti in senso contrario, il Tribunale non può essere ritenuto in errore per aver confermato la scelta dell’adeguato termine di paragone operata dalla Commissione nell’ambito delle inchieste antisovvenzioni alla base delle presenti impugnazioni (70).
72. Propongo pertanto alla Corte di dichiarare irricevibili il quarto motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e il terzo motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P.
C. Sulla compensazione del trattamento fiscale delle perdite sui cambi risultante dalla svalutazione della sterlina egiziana nel 2016
73. Nel quinto motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e nel quarto motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P, le ricorrenti sostengono, essenzialmente, che il Tribunale ha mancato di valutare se la Commissione avesse individuato, nei regolamenti impugnati, il corretto regime di sovvenzioni. A loro avviso, la Commissione ha erroneamente ritenuto che fosse il trattamento fiscale delle perdite sui cambi, introdotto sulla scia della svalutazione della sterlina egiziana nel 2016 (71), a integrare il regime di sovvenzioni che conferiva un beneficio de facto specifico, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), del regolamento antisovvenzioni di base. Secondo le ricorrenti, detto trattamento era accessibile a tutte le società egiziane, poiché, in linea teorica, ogni società egiziana era in grado di dedurre dal proprio reddito imponibile perdite causate dagli effetti della svalutazione della sterlina egiziana del 2016. Per tale ragione, la Commissione aveva erroneamente attribuito il beneficio risultante dalla svalutazione del 2016 al trattamento fiscale delle perdite sui cambi.
74. Benché le impugnazioni non brillino per chiarezza, ritengo che detti motivi di impugnazione non mirino a rimettere in discussione i fatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione. Un’ampia lettura delle argomentazioni sembra invece suggerire che le ricorrenti intendono chiedere alla Corte di giustizia di rivedere la conclusione del Tribunale secondo cui il trattamento fiscale e le norme contabili speciali considerati congiuntamente erano idonei a conferire un vantaggio de facto specifico.
75. Questa tipologia di argomento ricade nell’ambito di competenza della Corte di giustizia (72).
76. A questo proposito, osservo che l’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), del regolamento antisovvenzioni di base è pensato proprio per ricomprendere quelle tipologie di casi in cui, all’apparenza, una misura può sembrare non specifica, ma in pratica, sulla base di criteri o condizioni oggettivi, ha l’effetto di istituire uno specifico regime pensato per concedere una sovvenzione a talune imprese.
77. Ai fini di tale valutazione, nel determinare se una sovvenzione sia de facto specifica, la Corte non deve concentrarsi sulle norme nazionali in quanto tali, ma sul livello di impatto che dette norme hanno per talune imprese (73), considerate nel contesto in cui esse sono state introdotte (74).
78. Nelle sentenze impugnate il Tribunale ha fatto precisamente questo.
79. In primo luogo, esso ha ritenuto che l’argomento delle ricorrenti si fondasse su una premessa errata, vale a dire che «la Commissione non [avesse] considerato che il trattamento fiscale in quanto tale costitui[va] una sovvenzione idonea a essere oggetto di misure compensative» (75).
80. In secondo luogo, detto giudice ha spiegato che la Commissione, considerando congiuntamente il trattamento fiscale e le norme contabili speciali, aveva concluso che, benché idonee ad avvantaggiare tutte le imprese egiziane, dette norme erano intese, in pratica, a consentire di compensare gli effetti negativi della svalutazione della sterlina egiziana del 2016, con la conseguenza che una particolare categoria di imprese (76), come le ricorrenti (77), si era vista riconoscere un vantaggio sostanziale (78).
81. Infine, il Tribunale ha spiegato che le ricorrenti non hanno prodotto prove idonee a confutare detti accertamenti di fatto (79).
82. Propongo, pertanto, alla Corte di respingere anche il quinto motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P e il quarto motivo di impugnazione nella causa C‑272/23 P in quanto infondati.
D. Sulla determinazione del livello di sovvenzione compensabile per entità infragruppo
83. Nel loro primo motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P, le ricorrenti contestano, essenzialmente, la decisione del Tribunale di confermare il metodo seguito dalla Commissione per calcolare l’ammontare della sovvenzione compensabile ricevuta dalle ricorrenti sulla base del loro fatturato cumulato (80).
84. Detto motivo di impugnazione richiede pertanto di interpretare gli articoli 5 e 6 del regolamento antisovvenzioni di base.
85. L’articolo 5 di detto regolamento, rubricato «Calcolo dell’importo della sovvenzione compensabile», stabilisce che è il vantaggio conferito «al beneficiario» nel corso del periodo dell’inchiesta sulle sovvenzioni a dover essere preso in considerazione come base di calcolo dell’importo delle sovvenzioni compensabili. Analogamente, l’articolo 6 di detto regolamento, rubricato «Calcolo del vantaggio conferito al beneficiario», stabilisce talune direttive ai fini del calcolo dell’ammontare del vantaggio e, quindi, della sovvenzione conferita «al beneficiario».
86. Secondo le ricorrenti, l’utilizzo del singolare «beneficiario» in dette disposizioni indicherebbe, come concluso dal Tribunale nella sua sentenza nella causa Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione (81), che «il vantaggio deve essere accertato e calcolato per ciascun beneficiario in funzione della situazione di quest’ultimo» (82). Solo laddove una sovvenzione fosse concessa congiuntamente a tutte le entità insieme, l’importo della sovvenzione compensabile potrebbe anch’esso essere stabilito per tali entità collettivamente. Ne consegue che la Commissione avrebbe dovuto calcolare separatamente il vantaggio in percentuale per la Jushi Egypt e per la Hengshi Egypt, applicare detto vantaggio in percentuale al loro rispettivo fatturato del prodotto di cui trattasi e calcolare un unico e generale margine di sovvenzione medio ponderato per le ricorrenti collettivamente (83).
87. Allo stesso tempo, le ricorrenti non mettono in dubbio – concordando, infatti, espressamente nelle loro osservazioni scritte – che, malgrado l’utilizzo del singolare «beneficiario» negli articoli 5 e 6 del regolamento antisovvenzioni di base, la nozione di «beneficiario» può essere interpretata nel senso di includere anche un gruppo di società (84).
88. Non ritengo logico aderire alla distinzione proposta dalle ricorrenti.
89. In primo luogo, la loro argomentazione non è supportata da alcun riferimento o giurisprudenza (85). Neppure gli articoli 5 e 6 di detto regolamento contengono una qualche specificazione che consenta di dare una lettura restrittiva della nozione di «beneficiario».
90. In secondo luogo, un’ampia interpretazione di tale nozione non è soltanto in linea con l’interpretazione che la Corte ha dato di nozioni simili in materia di aiuti di Stato e di diritto della concorrenza, vale a dire le nozioni di «unità economica» o di «impresa» (86), ma è anche la lettura che l’organo d’appello dell’OMC ha dato della nozione di «beneficiario» come impiegata nell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (87).
91. In terzo luogo, un approccio orientato in senso industriale ed economico al trattamento dei soggetti che formano parte di un insieme indivisibile è – come già detto – in linea con la realtà economica, al fine di garantire che trasferimenti di capitale infragruppo non possano sfuggire allo strumento antisovvenzioni (88).
92. L’ampia lettura della nozione di «beneficiario» che ne deriva è pertanto funzionale all’obiettivo, del regolamento antisovvenzioni di base, di «compensare una sovvenzione concessa, direttamente o indirettamente, per la fabbricazione, la produzione, l’esportazione o il trasporto di qualsiasi prodotto la cui immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio» (89).
93. Pertanto, a mio avviso, la Corte dovrebbe dichiarare che il Tribunale non ha commesso un errore nel seguire la succitata linea interpretativa e nel confermare il calcolo della sovvenzione compensabile delle ricorrenti come effettuato dalla Commissione.
94. Propongo, quindi, alla Corte di respingere il primo motivo di impugnazione nella causa C‑269/23 P.
VI. Sulle spese
95. A norma dell’articolo 137 e dell’articolo 184, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, la Corte, quando statuisce definitivamente sulla controversia, statuisce sulle spese.
96. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
97. Posto che, a mio avviso, le ricorrenti sono rimaste soccombenti nell’ambito delle presenti impugnazioni per le ragioni che vengo di indicare , ritengo che esse dovrebbero essere condannate a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione, nell’ambito sia del primo grado di giudizio che dell’impugnazione.
98. Per contro, conformemente all’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, applicabile anch’esso al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento di procedura, la Tech-Fab Europe eV e la European Glass Fibre Producers Association dovrebbero sopportare le proprie spese.
VII. Conclusione
99. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:
– respingere le impugnazioni in quanto infondate;
– confermare le sentenze del 1º marzo 2023, Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics e Jushi Egypt for Fiberglass Industry/Commissione (T‑480/20, EU:T:2023:90), e del 1º marzo 2023, Jushi Egypt for Fiberglass Industry/Commissione (T‑540/20, EU:T:2023:91);
– condannare la Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE e la Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE a farsi carico ciascuna delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea sia nel procedimento in primo grado sia nel procedimento d’impugnazione; e
– condannare la Tech-Fab Europe eV e la European Glass Fibre Producers Association a farsi carico delle proprie spese.