Language of document : ECLI:EU:T:2021:52

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

3 febbraio 2021 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei fondi – Elenco delle persone, entità e organismi cui si applica il congelamento dei fondi e delle risorse economiche – Mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco – Obbligo del Consiglio di verificare che la decisione di un’autorità di uno Stato terzo sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva»

Nella causa T‑258/20,

Oleksandr Viktorovych Klymenko, residente a Mosca (Russia), rappresentato da M. Phelippeau, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A. Vitro e P. Mahnič, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (PESC) 2020/373 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che modifica la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2020, L 71, pag. 10), e del regolamento di esecuzione (UE) 2020/370 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2020, L 71, pag. 1), nella parte in cui i medesimi atti mantengono il nome del ricorrente nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano tali misure restrittive,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da D. Spielmann, presidente, O. Spineanu-Matei e R. Mastroianni (relatore), giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La presente causa si inserisce nell’ambito del contenzioso relativo alle misure restrittive adottate nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, in seguito alla repressione delle manifestazioni di piazza dell’Indipendenza a Kiev (Ucraina) nel febbraio 2014.

2        Il sig. Oleksandr Viktorovych Klymenko, ricorrente, è stato Ministro delle Entrate e delle Imposte dell’Ucraina.

3        Il 5 marzo 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26). In pari data, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 208/2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1).

4        I considerando 1 e 2 della decisione 2014/119 precisano quanto segue:

«(1)      Il 20 febbraio 2014 il Consiglio ha condannato nel modo più assoluto il ricorso alla violenza in Ucraina. Ha esortato all’immediata cessazione delle violenze in Ucraina e al pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Ha rivolto un appello al governo ucraino affinché dia prova di massima moderazione e ai leader dell’opposizione affinché prendano distanza da quanti ricorrono ad azioni radicali, inclusa la violenza.

(2)      Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

5        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/119 dispone quanto segue:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a essi associate, elencati nell’allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

6        Le modalità di tale congelamento di fondi sono definite all’articolo 1, paragrafi da 3 a 6, della decisione 2014/119.

7        Conformemente alla decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014 impone l’adozione delle suddette misure restrittive e ne definisce le modalità di attuazione in termini sostanzialmente identici a quelli di detta decisione.

8        I nominativi delle persone cui fanno riferimento la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 figurano nell’elenco contenuto nell’allegato di detta decisione e nell’allegato I del citato regolamento (in prosieguo: l’«elenco») accompagnati, in particolare, dalla motivazione del loro inserimento. Inizialmente, il nome del ricorrente non compariva nell’elenco di cui trattasi.

9        La decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 sono stati modificati dalla decisione di esecuzione 2014/216/PESC del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua la decisione 2014/119 (GU 2014, L 111, pag. 91), e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 381/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2014, L 111, pag. 33) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti dell’aprile 2014»).

10      Con gli atti dell’aprile 2014, il nome del ricorrente è stato aggiunto all’elenco, con le informazioni identificative «ex Ministro delle [E]ntrate e delle [I]mposte» e con la motivazione che segue:

«Persona sottoposta a indagine in Ucraina per coinvolgimento in reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2014, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑494/14, volto, in particolare, all’annullamento degli atti dell’aprile 2014, nella parte in cui lo riguardavano.

12      Il 29 gennaio 2015, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/143, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e il regolamento (UE) 2015/138, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1).

13      La decisione 2015/143 ha precisato, con decorrenza dal 31 gennaio 2015, i criteri di inserimento delle persone sottoposte al congelamento dei fondi. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è stato sostituito dal seguente testo:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)      per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione; o

b)      per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso».

14      Il regolamento 2015/138 ha modificato il regolamento n. 208/2014 conformemente alla decisione 2015/143.

15      Il 5 marzo 2015, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/364, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/357, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2015»). La decisione 2015/364, da un lato, ha sostituito l’articolo 5 della decisione 2014/119, estendendo l’applicazione delle misure restrittive, per quanto concerne il ricorrente, fino al 6 marzo 2016, e, dall’altro, ha modificato l’allegato della decisione da ultimo citata. Il regolamento di esecuzione 2015/357 ha modificato di conseguenza l’allegato I del regolamento n. 208/2014.

16      Con gli atti del marzo 2015, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco, con le informazioni identificative «ex Ministro delle [E]ntrate e delle [I]mposte» e la nuova motivazione che segue:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e per abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesso o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni statali ucraini».

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2015, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑245/15, volto, in particolare, all’annullamento degli atti del marzo 2015, nella parte in cui lo riguardavano.

18      Il 4 marzo 2016, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2016/318, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2016, L 60, pag. 76), e il regolamento di esecuzione (UE) 2016/311, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2016, L 60, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2016»).

19      Con gli atti del marzo 2016, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata, in particolare per quanto concerne il ricorrente, fino al 6 marzo 2017, senza che la motivazione della sua designazione fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015.

20      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2016, il ricorrente ha adattato il ricorso relativo alla causa T‑245/15, in conformità all’articolo 86 del regolamento di procedura del Tribunale, per chiedere anche l’annullamento degli atti del marzo 2016, nella parte in cui essi lo riguardavano.

21      Con ordinanza del 10 giugno 2016, Klymenko/Consiglio (T‑494/14, EU:T:2016:360), adottata sulla base dell’articolo 132 del regolamento di procedura, il Tribunale ha accolto il ricorso menzionato al punto 11 supra, dichiarandolo manifestamente fondato e annullando, quindi, gli atti dell’aprile 2014, nella parte in cui riguardavano il ricorrente.

22      Il 3 marzo 2017, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2017/381, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2017, L 58, pag. 34), e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/374, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2017, L 58, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2017»).

23      Con gli atti del marzo 2017, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2018, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015.

24      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 27 marzo 2017, il ricorrente ha nuovamente adattato il ricorso relativo alla causa T‑245/15, per chiedere anche l’annullamento degli atti del marzo 2017, nella parte in cui lo riguardavano.

25      Con sentenza dell’8 novembre 2017, Klymenko/Consiglio (T‑245/15, non pubblicata, EU:T:2017:792), il Tribunale ha respinto la totalità delle domande del ricorrente di cui ai punti 17, 20 e 24 supra.

26      Il 5 gennaio 2018, il ricorrente ha presentato un’impugnazione dinanzi alla Corte, iscritta a ruolo con il numero C‑11/18 P, avverso la sentenza dell’8 novembre 2017, Klymenko/Consiglio (T‑245/15, non pubblicata, EU:T:2017:792).

27      Il 5 marzo 2018, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/333, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2018, L 63, pag. 48), e il regolamento di esecuzione (UE) 2018/326, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2018, L 63, pag. 5) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2018»).

28      Con gli atti del marzo 2018, l’applicazione delle misure restrittive in questione è stata prorogata fino al 6 marzo 2019, senza che la motivazione della designazione del ricorrente fosse modificata rispetto a quella degli atti del marzo 2015.

29      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 aprile 2018, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑274/18, volto all’annullamento degli atti del marzo 2018, nella parte in cui lo riguardavano.

30      Il 4 marzo 2019, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2019/354, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2019, L 64, pag. 7), e il regolamento di esecuzione (UE) 2019/352, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2019, L 64, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del marzo 2019»).

31      Con gli atti del marzo 2019, l’applicazione delle misure restrittive è stata prorogata fino al 6 marzo 2020 e il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco, con la medesima motivazione ricordata supra al punto 16, accompagnata da una precisazione riguardante il rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nel corso del procedimento penale su cui si era basato il Consiglio.

32      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 maggio 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero T‑295/19, volto all’annullamento degli atti del marzo 2019, nella parte in cui lo riguardavano.

33      Con sentenza dell’11 luglio 2019, Klymenko/Consiglio (T‑274/18, EU:T:2019:509), il Tribunale ha annullato gli atti del marzo 2018 nella parte in cui riguardavano il ricorrente.

34      Con sentenza del 26 settembre 2019, Klymenko/Consiglio (C‑11/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:786), la Corte ha annullato, da un lato, la sentenza dell’8 novembre 2017, Klymenko/Consiglio (T‑245/15, non pubblicata, EU:T:2017:792) (v. punto 25 supra), e, dall’altro, gli atti del marzo 2015, del marzo 2016 e del marzo 2017, nella parte in cui riguardavano il ricorrente.

35      Tra il novembre 2019 e il gennaio 2020, il Consiglio e il ricorrente si sono scambiati diverse lettere in relazione alla possibile proroga delle misure restrittive di cui trattasi nei confronti di quest’ultimo. In particolare, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente diverse lettere dell’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina (in prosieguo, l’«UPG») in merito ai procedimenti penali cui egli era sottoposto e sui quali il Consiglio si basava per contemplare la suddetta proroga.

36      Il 5 marzo 2020, il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2020/373, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2020, L 71, pag. 10), e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/370, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2020, L 71, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati»).

37      Con gli atti impugnati, l’applicazione delle misure restrittive in parola è stata prorogata fino al 6 marzo 2021 e il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco, con la medesima motivazione ricordata supra al punto 16, accompagnata da una precisazione formulata nei seguenti termini:

«Il procedimento penale relativo all’appropriazione indebita di fondi o beni pubblici è ancora in corso. Le informazioni contenute nel fascicolo del Consiglio indicano che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del sig. Klymenko sono stati rispettati nel procedimento penale su cui si è basato il Consiglio. Ciò è dimostrato, in particolare, dalle decisioni del giudice istruttore del 1° marzo 2017 e del 5 ottobre 2018 che hanno autorizzato un’indagine speciale in contumacia, dalle decisioni del giudice istruttore dell’8 febbraio 2017 e del 19 agosto 2019 che hanno concesso una misura cautelare sotto forma di detenzione preventiva e dal fatto che il processo di familiarizzazione della difesa con la documentazione del procedimento penale è in corso».

38      Con lettera del 6 marzo 2020, il Consiglio ha informato il ricorrente del mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti. Ha risposto alle osservazioni del ricorrente formulate nella corrispondenza del 23 gennaio 2020 e gli ha trasmesso gli atti impugnati. Gli ha inoltre indicato il termine per presentare osservazioni prima dell’adozione della decisione riguardante l’eventuale mantenimento del suo nome nell’elenco.

 Fatti successivi alla presentazione del presente ricorso

39      Con sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio (T‑295/19, EU:T:2020:287), il Tribunale ha annullato gli atti del marzo 2019 nella parte in cui riguardavano il ricorrente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

40      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 4 maggio 2020, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

41      Il 17 luglio 2020, il Consiglio ha depositato il proprio controricorso.

42      Con lettera del 29 luglio 2020, il ricorrente è stato invitato, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 3, del regolamento di procedura, a presentare una replica in merito agli argomenti del Consiglio attinenti al secondo motivo di ricorso, vertente in particolare su un errore di valutazione, tenendo conto al contempo della valutazione effettuata dal Tribunale nell’ambito della sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio (T‑295/19, EU:T:2020:287).

43      La replica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 3 settembre 2020.

44      La controreplica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 9 ottobre 2020. In pari data, si è conclusa la fase scritta del procedimento.

45      In forza dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, in assenza di una domanda di fissazione di udienza presentata dalle parti entro un termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, il Tribunale può decidere di statuire sul ricorso senza fase orale. Nel caso di specie, il Tribunale, ritenendo di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa, ha deciso, in assenza di una simile domanda, di statuire senza fase orale.

46      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati, nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

47      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        in subordine, qualora gli atti impugnati dovessero essere annullati nella parte in cui riguardano il ricorrente, disporre il mantenimento degli effetti della decisione 2020/373 fino a quando non acquisti efficacia l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/370;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

48      A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce cinque motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il secondo, su un errore manifesto di valutazione e su uno sviamento di potere, il terzo, in sostanza, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, il quarto, sulla mancanza di base giuridica, e, il quinto, sulla violazione del diritto di proprietà.

49      È opportuno esaminare anzitutto i motivi di ricorso secondo e terzo, congiuntamente, nella misura in cui sono diretti, in particolare, a contestare al Consiglio il fatto di non aver correttamente verificato il rispetto, da parte delle autorità ucraine, dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente, circostanza da cui risulterebbe un errore di valutazione commesso in sede di adozione degli atti impugnati.

50      Nell’ambito di tali motivi, il ricorrente sostiene, in particolare, che il Consiglio avrebbe omesso di verificare se i procedimenti penali che lo riguardano e recanti, rispettivamente, il riferimento 42017000000000113 (in prosieguo: il «procedimento 113») e il riferimento 42014000000000521 (in prosieguo: il «procedimento 521»), sui quali si è basato quando ha deciso di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, si fossero svolti nel rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

51      Secondo il ricorrente, le risposte dell’UPG ai quesiti posti dal Consiglio, concernenti il rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, lo stato dei procedimenti penali che lo riguardano nonché la competenza delle diverse autorità inquirenti interessate, i rapporti tra queste ultime e il trasferimento delle indagini dall’una all’altra, non erano soddisfacenti. Pertanto, egli rimprovera, in sostanza, al Consiglio di aver effettuato verifiche insufficienti e di aver ignorato gli elementi di prova che gli avrebbe fornito, riguardanti gli illeciti procedurali commessi dalle autorità ucraine e l’assenza di indipendenza di queste ultime.

52      In primo luogo, egli fa valere che, alla data del 20 giugno 2019, il suo nome non figurava nell’elenco delle persone ricercate a livello internazionale redatto dall’Organizzazione internazionale della polizia criminale (Interpol) (in prosieguo: l’«elenco delle persone ricercate dall’Interpol»), come risulta dagli attestati rilasciati dalla segreteria della commissione per il controllo dei fascicoli di quest’ultima.

53      In secondo luogo, il ricorrente contesta al Consiglio di non aver effettuato alcuna verifica quanto al rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva in relazione al trasferimento delle indagini preliminari, che erano già state chiuse, all’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina, ben sei anni dopo l’apertura delle stesse.

54      In terzo luogo, egli fa valere che la decisione del giudice istruttore del Tribunale distrettuale di Petchersk a Kiev (in prosieguo: il «Tribunale di Petchersck») del 5 ottobre 2018 (in prosieguo: la «decisione del giudice istruttore del 5 ottobre 2018»), che ha autorizzato un’indagine speciale in contumacia nei suoi confronti, non è stata adottata nel rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

55      In quarto luogo, il ricorrente ritiene che la durata dei procedimenti avviati nei suoi confronti in Ucraina non sia ragionevole, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e che sia evidente che l’unico scopo perseguito dalle autorità ucraine è quello di giustificare il mantenimento delle misure restrittive di cui trattasi, dal momento che, quasi ogni anno, l’UPG fa riferimento a un procedimento diverso, numerato diversamente, ma riguardante sistematicamente gli stessi reati. Peraltro, la durata eccessiva delle indagini preliminari sarebbe imputabile unicamente alle autorità incaricate di condurle, le quali non avrebbero adottato alcuna decisione di rinvio a giudizio dinanzi a un tribunale.

56      In definitiva, il Consiglio avrebbe violato i suoi obblighi di verifica del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente, nonostante quest’ultimo ne abbia ripetutamente denunciato la violazione.

57      Nella replica, il ricorrente fa valere, inoltre, che la sezione degli appelli dell’alta Corte anticorruzione ucraina, con sentenza del 13 maggio 2020 (in prosieguo: la «sentenza del 13 maggio 2020»), ha annullato la decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019 che aveva concesso una misura cautelare sotto forma di detenzione preventiva nei suoi confronti (in prosieguo: la «decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019»), motivando con la mancanza di una delle condizioni che devono essere soddisfatte, secondo il codice di procedura penale ucraino (in prosieguo: il «codice di procedura penale»), per l’adozione di una decisione siffatta, ossia che il nome della persona interessata sia inserito in un elenco internazionale delle persone ricercate.

58      Il Consiglio sostiene che, dalla corrispondenza con il ricorrente, risulta che esso ha preso in considerazione le osservazioni di quest’ultimo, che ne ha verificato la fondatezza, ponendo anche quesiti precisi e ottenendo chiarimenti presso le autorità ucraine, e che, alla luce delle informazioni ricevute da queste ultime, ha ritenuto che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente non fossero stati violati e che vi fossero sufficienti motivi per mantenere il nome del ricorrente nell’elenco.

59      Del resto, da un lato, il ricorrente avrebbe esercitato il proprio diritto di essere rappresentato da un difensore in Ucraina nei procedimenti che lo riguardano, facendo valere utilmente i propri diritti, cosicché i suoi ricorsi hanno talvolta avuto esito per lui favorevole. Dall’altro lato, dalla corrispondenza che il ricorrente ha inviato al Consiglio non risulterebbe che egli si sia avvalso dei mezzi di opposizione o di contestazione che gli erano offerti dal codice di procedura penale in relazione a talune situazioni procedurali, quali la sospensione delle indagini o il fatto che le stesse non si siano concluse entro il termine previsto.

60      Il Consiglio ricorda, inoltre, che nei confronti del ricorrente sono intervenute diverse decisioni giudiziarie. Si tratterebbe delle decisioni del giudice istruttore del 1º marzo 2017 e del 5 ottobre 2018, che hanno autorizzato un’indagine speciale in contumacia, nell’ambito, rispettivamente, del procedimento 113 e del procedimento 521, nonché della decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019, che ha concesso una misura cautelare sotto forma di detenzione preventiva nell’ambito del procedimento 113. Con riferimento a quest’ultima, il giudice istruttore avrebbe constatato che l’informazione di garanzia gli era stata validamente notificata nel 2014 e che il nome del ricorrente era stato incluso nell’elenco internazionale delle persone ricercate il 10 giugno 2019. A tale riguardo, il Consiglio ritiene che gli attestati di non iscrizione nell’elenco delle persone ricercate dall’Interpol prodotti dal ricorrente non siano concludenti, in quanto successivi alla data in cui era indicato che il nome del ricorrente non figurava in detto elenco, ossia il 10 ottobre 2018.

61      In definitiva, il Consiglio ritiene di aver potuto accertare che un certo numero di decisioni prese durante lo svolgimento dei procedimenti penali riguardanti il ricorrente erano state adottate nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo.

62      Riguardo agli argomenti del ricorrente relativi alla durata asseritamente eccessiva delle indagini e alla mancanza di incriminazione nei suoi confronti, il Consiglio riferisce di aver chiesto e ottenuto chiarimenti in merito da parte delle autorità ucraine, che le indagini riguardanti il procedimento 113 e il procedimento 521 sono state chiuse rispettivamente nel 2017 e nell’ottobre 2018, e che la difesa si sta familiarizzando con la documentazione, il che dimostrerebbe un’evoluzione del procedimento.

63      Quanto, infine, alla sentenza del 13 maggio 2020, il Consiglio afferma che essa non può essere presa in considerazione per valutare la legittimità degli atti impugnati, essendo essa successiva alla loro adozione. Inoltre, e in ogni caso, da un lato, tale sentenza riguarderebbe solo il procedimento 113 e, dall’altro, confermerebbe, dal canto suo, che il ricorrente ha potuto esercitare i suoi diritti.

64      Da una giurisprudenza consolidata risulta che, nell’ambito dell’esame delle misure restrittive, i giudici dell’Unione europea devono garantire un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, fra i quali figurano, in particolare, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e i diritti della difesa, quali sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

65      L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta esige che, nello svolgere il controllo della legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di inserire o di mantenere il nome di una persona nell’elenco delle persone oggetto di misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione, la quale riveste una portata individuale per detta persona, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò implica una verifica dei fatti allegati nell’esposizione dei motivi sottesi a tale decisione, di modo che il controllo giurisdizionale non sia limitato alla valutazione della verosimiglianza astratta dei motivi addotti, ma sia inteso a stabilire se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare detti atti, siano fondati (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

66      L’adozione e il mantenimento di misure restrittive, come quelle previste dalla decisione 2014/119 e dal regolamento n. 208/2014, come modificati, adottate nei confronti di una persona che è stata identificata come responsabile di un’appropriazione indebita di fondi appartenenti a uno Stato terzo, si fondano, sostanzialmente, sulla decisione di un’autorità di quest’ultimo, competente al riguardo, di avviare e condurre un procedimento di indagine penale relativo a tale persona e riguardante reati di appropriazione indebita di fondi pubblici (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

67      Inoltre, sebbene, in forza del criterio di inserimento, come quello di cui al punto 13 supra, il Consiglio possa fondare misure restrittive sulla decisione di uno Stato terzo, l’obbligo incombente a tale istituzione di rispettare i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva implica che esso debba assicurarsi del rispetto dei suddetti diritti da parte delle autorità dello Stato terzo che hanno adottato la citata decisione (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

68      L’obbligo incombente al Consiglio di verificare che le decisioni degli Stati terzi sulle quali esso intende fondarsi siano state adottate nel rispetto dei diritti summenzionati è volto a garantire che l’adozione o il mantenimento delle misure di congelamento dei fondi abbia luogo soltanto su una base fattuale sufficientemente solida e, quindi, a proteggere le persone o entità interessate. Così, il Consiglio potrebbe ritenere che l’adozione o il mantenimento di tali misure si fondi su una base fattuale sufficientemente solida solamente dopo aver accertato esso stesso che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati in occasione dell’adozione della decisione dello Stato terzo interessato sulla quale esso intende fondarsi (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

69      Peraltro, se è vero che la circostanza che lo Stato terzo faccia parte degli Stati che hanno aderito alla CEDU comporta un controllo, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), sui diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, i quali, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, TUE, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali, una tale circostanza non può tuttavia rendere superfluo l’obbligo di verifica richiamato supra al punto 68 (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

70      Secondo la giurisprudenza, il Consiglio deve dar atto, nell’esposizione dei motivi relativi all’adozione o al mantenimento delle misure restrittive nei confronti di una persona o di una entità, sia pure in maniera succinta, delle ragioni per le quali ritiene che la decisione dello Stato terzo sulla quale intende fondarsi sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Pertanto, il Consiglio, per adempiere il proprio obbligo di motivazione, deve indicare, nella decisione che impone misure restrittive, di aver verificato se la decisione dello Stato terzo su cui si fondano dette misure sia stata adottata nel rispetto di tali diritti (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

71      In definitiva, allorché esso basa l’adozione o il mantenimento di misure restrittive, come quelle del caso di specie, sulla decisione di uno Stato terzo di avviare e condurre un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi o beni statali da parte della persona interessata, il Consiglio deve, da un lato, assicurarsi che, al momento dell’adozione di detta decisione, le autorità di questo Stato terzo abbiano rispettato i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva della persona oggetto del procedimento penale di cui trattasi e, d’altro lato, menzionare, nella decisione che impone misure restrittive, le ragioni per le quali esso ritiene che la citata decisione dello Stato terzo sia stata adottata nel rispetto di questi diritti (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 66).

72      È alla luce dei suesposti principi giurisprudenziali che occorre accertare se il Consiglio abbia rispettato gli obblighi in questione.

73      In limine, si deve rilevare che, se è pur vero che il Consiglio ha menzionato, negli atti impugnati (v. punto 37 supra), le ragioni per le quali aveva ritenuto che la decisione delle autorità ucraine di avviare e condurre un procedimento penale per appropriazione indebita di fondi o beni statali nei confronti del ricorrente fosse stata adottata nel rispetto dei suoi diritti della difesa e del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, occorre nondimeno verificare se a ragione il Consiglio abbia ritenuto che dette autorità avessero rispettato, nell’ambito dei procedimenti sui quali gli atti impugnati sono fondati, i suddetti diritti del ricorrente.

74      Infatti, l’esame della fondatezza della motivazione, che attiene alla legalità sostanziale degli atti impugnati e consiste, nel caso di specie, nel verificare se gli elementi invocati dal Consiglio siano accertati e se siano idonei a dimostrare la verifica del rispetto di tali diritti da parte delle autorità ucraine, deve essere distinto dalla questione della motivazione, che riguarda una forma prescritta ad substantiam e costituisce solo il corollario dell’obbligo del Consiglio di assicurarsi preliminarmente del rispetto di detti diritti (v. sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

75      Orbene, il ricorrente è stato sottoposto a nuove misure restrittive adottate mediante gli atti impugnati sulla base del criterio di inserimento enunciato all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, quale precisato nella decisione 2015/143, e all’articolo 3 del regolamento n. 208/2014, quale precisato nel regolamento 2015/138 (v. supra punti 13 e 14). Tale criterio prevede il congelamento dei fondi delle persone che sono state identificate come responsabili di appropriazione indebita di fondi pubblici appartenenti allo Stato ucraino, ivi comprese le persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine.

76      Occorre constatare che il Consiglio, nel decidere di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, si è basato sulla circostanza che egli era sottoposto a procedimenti penali da parte delle autorità ucraine per reati di appropriazione indebita di fondi o beni pubblici, connessi a un abuso d’ufficio, circostanza attestata dalle lettere dell’UPG di cui il ricorrente aveva ricevuto copia (v. punto 35 supra).

77      Il mantenimento delle misure restrittive adottate nei confronti del ricorrente si fondava dunque, così come nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 26 settembre 2019, Klymenko/Consiglio (C‑11/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:786), e del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio (T‑295/19, EU:T:2020:287), sulla decisione delle autorità ucraine di avviare e condurre procedimenti di indagine penali per il reato di appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino.

78      Occorre altresì rilevare che, modificando, con gli atti impugnati, l’allegato della decisione 2014/119 e l’allegato I del regolamento n. 208/2014, il Consiglio ha aggiunto, come aveva fatto per la prima volta negli atti del marzo 2019, una nuova sezione, interamente dedicata ai diritti della difesa e al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, che si suddivide in due parti.

79      Nella prima parte figura un semplice richiamo, di ordine generale, ai diritti della difesa e al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi del codice di procedura penale. In particolare, vengono menzionati anzitutto i diversi diritti processuali di cui gode chiunque sia sospettato o accusato nell’ambito di un procedimento penale in forza dell’articolo 42 del codice di procedura penale. Poi, da un lato, si ricorda che, in forza dell’articolo 306 di questo stesso codice, qualsiasi ricorso avverso decisioni, atti od omissioni dell’inquirente o del procuratore deve essere esaminato da un giudice istruttore di un tribunale locale alla presenza del ricorrente o del suo avvocato difensore o del suo rappresentante legale. Dall’altro lato, si indica, in particolare, che l’articolo 309 del medesimo codice precisa quali decisioni del giudice istruttore possono formare oggetto di ricorso. Infine, si specifica che è possibile effettuare una serie di atti procedurali, quali il sequestro di beni e le misure detentive, nella fase d’indagine solo previa decisione del giudice istruttore o di un tribunale.

80      La seconda parte della sezione riguarda l’applicazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva alle singole persone in elenco. Per quanto riguarda, in particolare, il ricorrente, si precisa che, secondo le informazioni contenute nel fascicolo del Consiglio, i suoi diritti della difesa e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati nell’ambito del procedimento penale su cui si è basato il Consiglio, come dimostravano, in particolare, da un lato, le decisioni del giudice istruttore del 1° marzo 2017 e del 5 ottobre 2018 e, dall’altro lato, le decisioni del giudice istruttore dell’8 febbraio 2017 e del 19 agosto 2019, nonché il fatto che il processo di familiarizzazione della difesa con la documentazione del procedimento penale era in corso (v. punto 37 supra).

81      Nella lettera del 6 marzo 2020 (v. punto 38 supra), da un lato, il Consiglio si è limitato a indicare che, dagli attestati rilasciati dall’UPG, risultava che il ricorrente continuava ad essere sottoposto al procedimento 113 e al procedimento 521 per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici e che tali procedimenti erano stati assegnati, rispettivamente, il 19 novembre e il 21 novembre 2019, all’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina. Dall’altro lato, per quanto riguarda il rispetto dei diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente, il Consiglio ha precisato che il rispetto di tali diritti era comprovato dalle decisioni giudiziarie menzionate supra al punto 80. Per quanto riguarda, più in particolare, la decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019, adottata nell’ambito del procedimento 113, sarebbe stato considerato che informazioni di garanzia erano state notificate al ricorrente, rispettivamente, il 22 dicembre 2014 e il 19 agosto 2016, che l’accusa aveva dimostrato l’esistenza di sospetti ragionevoli, che, il 10 giugno 2019, il suo nome era stato inserito in un elenco internazionale delle persone ricercate, che era stato provato che egli si nascondeva dalle autorità incaricate delle indagini preliminari e che vi erano sufficienti motivi di credere che avrebbe continuato a farlo.

82      Pertanto, da una lettura combinata delle motivazioni esposte negli atti impugnati e in detta lettera del 6 marzo 2020, risulta che il Consiglio conferma esplicitamente di aver verificato il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente nei due procedimenti citati supra al punto 81, sebbene si limiti a fornire ulteriori dettagli soltanto per quanto riguarda il procedimento 113, nell’ambito del quale è stata adottata la decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019.

83      A tale riguardo, si deve osservare, in via preliminare, che il Consiglio non dimostra in quale misura tutte le decisioni del giudice istruttore del Tribunale di Petchersck richiamate supra al punto 80, che sono atti di natura puramente procedurale, attesterebbero il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente nell’ambito dei procedimenti 113 e 521. Come ricordato supra ai punti 65 e 67, infatti, nel caso di specie, il Consiglio, prima di decidere sul mantenimento delle misure restrittive in questione, era tenuto a verificare se la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina di avviare e condurre, nei confronti del ricorrente, procedimenti di indagine penali sui reati di appropriazione indebita di fondi o beni pubblici e di abuso di ufficio commessi dal titolare di una carica pubblica fosse stata adottata nel rispetto di detti diritti di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 78).

84      In tale ottica, le suddette decisioni giudiziarie non sono qualificabili, quantomeno su un piano formale, come decisioni di avviare e condurre il procedimento di indagine alla base del mantenimento delle misure restrittive. Ciò posto, si può ammettere che, da un punto di vista sostanziale, essendo state adottate da un giudice, quantomeno la decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019, che rileva sotto il profilo temporale, tali decisioni siano state realmente prese in considerazione dal Consiglio come la base fattuale che giustifica il mantenimento delle misure in questione (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 79).

85      Va dunque verificato se legittimamente il Consiglio abbia ritenuto che tali decisioni, nonché la circostanza che il processo di familiarizzazione della difesa del ricorrente con il contenuto del fascicolo penale era in corso al momento dell’adozione degli atti impugnati, dimostrassero il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo.

86      Per quanto riguarda, anzitutto, la decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019, occorre rilevare che, contrariamente a quanto afferma il Consiglio, da essa non emerge chiaramente che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva siano stati garantiti al ricorrente nel caso di specie. Se è pur vero, come sottolinea il Consiglio nella sua lettera del 6 marzo 2020 (v. punto 81 supra), che il giudice istruttore del Tribunale di Petchersk ha potuto concludere che, con riferimento al procedimento 113, al quale si ricollega tale decisione, il ricorrente era una persona sospettata, che era inserito in un elenco internazionale delle persone ricercate, che il procuratore aveva dimostrato che egli si nascondeva dalle autorità incaricate delle indagini preliminari e che vi erano sufficienti motivi di credere che avrebbe continuato a farlo, resta tuttavia il fatto che, dagli atti di causa, non risulta che il Consiglio abbia realmente preso in considerazione le informazioni che il ricorrente gli aveva comunicato nella sua lettera del 23 gennaio 2020, nonché, in precedenza, nelle sue lettere del 19 dicembre 2018 e del 4 febbraio 2019.

87      Il ricorrente aveva infatti documentato, in particolare, che il suo nome non era inserito nell’elenco delle persone ricercate dall’Interpol e che, pertanto, il giudice istruttore non sarebbe stato nella posizione di adottare talune decisioni che il Consiglio ha considerato attestanti il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

88      A tale riguardo, occorre rilevare che, dagli atti di causa, non risulta che il Consiglio abbia verificato le informazioni sulle quali il giudice istruttore si è basato per ritenere che il nome del ricorrente fosse inserito in un «elenco internazionale delle persone ricercate». Peraltro, il Consiglio non ha illustrato le ragioni per le quali si era accontentato di semplici affermazioni dell’UPG e di detto giudice istruttore al riguardo, nonostante i documenti che dimostravano che, alla data del 20 giugno 2019, il nome del ricorrente non figurava nell’elenco delle persone ricercate dall’Interpol.

89      Questo aspetto non è irrilevante ai fini della valutazione del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente, alla luce dell’articolo 193-6 del codice di procedura penale, ai sensi del quale, come risulta dalla decisione del giudice istruttore del 19 agosto 2019, il fatto di essere inserito in un elenco internazionale delle persone ricercate è una delle condizioni che devono essere dimostrate dal pubblico ministero quando chiede la concessione di una misura cautelare sotto forma di detenzione preventiva (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 87).

90      In tale decisione, il giudice istruttore si è basato sulla risoluzione del procuratore del 10 giugno 2019 per ritenere che il nome del ricorrente fosse inserito in un elenco siffatto, senza tuttavia indicare quale fosse la prova fornita dal procuratore. Quanto all’UPG, è necessario constatare che, nelle due tabelle allegate alla sua lettera del 1º novembre 2019, che riassumevano le informazioni sullo stato dei procedimenti 113 e 521 ed erano volte a spiegare, in particolare, in che modo i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente fossero stati rispettati, esso si è limitato a indicare che il «sospettato [era] inserito nell’elenco delle persone ricercate».

91      L’argomento dedotto dal Consiglio, secondo il quale gli attestati rilasciati dalla segreteria della commissione per il controllo dei fascicoli dell’Interpol non sarebbero stati conclusivi, non può rimettere in discussione tali considerazioni. Infatti, le informazioni dell’UPG relative all’inserimento del nome del ricorrente in un «elenco delle persone ricercate» non consentivano, in ogni caso, al Consiglio di verificare il rispetto della condizione relativa a un siffatto inserimento da parte del procuratore e, pertanto, il rispetto da parte del giudice istruttore, al momento dell’adozione della sua decisione, dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente (v. punto 89 supra). In tali circostanze, il Consiglio non poteva accontentarsi delle informazioni, vuoi laconiche vuoi imprecise, di cui disponeva e avrebbe dovuto, quantomeno, chiedere chiarimenti alle autorità ucraine.

92      Del resto, senza che ciò incida sulla presente causa, dal momento che, come giustamente rilevato dal Consiglio, la sentenza del 13 maggio 2020 è successiva all’adozione degli atti impugnati, occorre nondimeno rilevare che da tale sentenza risulta, da un lato, che il semplice fatto che il procuratore adotti una decisione procedurale sotto forma di risoluzione di inserire una persona nell’elenco delle persone ricercate dall’Interpol non è sufficiente, essendo altresì richiesto che siano adottate tutte le misure necessarie per attuare tale risoluzione, circostanza che non era stata assolutamente provata dal procuratore, e, dall’altro lato, che tale interpretazione dell’articolo 193‑6 del codice di procedura penale era già stata fornita dalla sezione degli appelli dell’alta Corte anticorruzione nell’ambito di diverse decisioni giudiziarie emanate tra il settembre 2019 e il febbraio 2020.

93      Per quanto riguarda, poi, le decisioni del giudice istruttore del 1º marzo 2017 e del 5 ottobre 2018, nonché la decisione del giudice istruttore dell’8 febbraio 2017, riguardanti, le prime due, l’avvio di un’indagine speciale in contumacia e, quest’ultima, la concessione di una misura cautelare sotto forma di detenzione preventiva, occorre rilevare che esse sono state adottate molto prima dell’adozione degli atti impugnati. Ne consegue che esse non possono essere sufficienti a dimostrare che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina, sulla quale il Consiglio intende basarsi per mantenere, per il periodo compreso tra il marzo 2020 e il marzo 2021, le misure restrittive di cui trattasi nei confronti del ricorrente, sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di quest’ultimo. Del resto, il Tribunale ha già avuto occasione di pronunciarsi, tanto sulla decisione del giudice istruttore del 1º marzo 2017 quanto su quella del 5 ottobre 2018, nell’ambito della causa che ha dato luogo alla sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio (T‑295/19, EU:T:2020:287, punti da 78 a 88 e 91), che non è stata contestata dal Consiglio, e ha dichiarato che esse non erano idonee a dimostrare che tali diritti del ricorrente fossero stati rispettati nell’ambito dei procedimenti in questione.

94      In ogni caso, si deve altresì rilevare che tutte le decisioni giudiziarie summenzionate si inseriscono nell’ambito dei procedimenti penali che hanno giustificato l’inserimento e il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco e sono solo incidentali rispetto a questi ultimi, essendo di natura procedurale. Simili decisioni – che possono servire tutt’al più a provare l’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida, ossia che, conformemente al criterio di inserimento, il ricorrente era sottoposto a procedimenti penali vertenti, in particolare, su un reato di appropriazione indebita di fondi o di beni appartenenti allo Stato ucraino – non sono ontologicamente idonee, di per sé, a dimostrare che la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina di avviare e condurre i procedimenti penali in questione, sulla quale sostanzialmente poggia il mantenimento delle misure restrittive nei confronti del ricorrente, sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del medesimo (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio (T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 92).

95      Inoltre, il Consiglio non indica alcun documento del fascicolo del procedimento che ha condotto all’adozione degli atti impugnati dal quale consti che esso abbia esaminato le decisioni giudiziarie invocate e che abbia potuto concluderne che i diritti processuali del ricorrente erano stati rispettati nella loro sostanza.

96      Per quanto riguarda, infine, il processo di familiarizzazione della difesa con la documentazione del procedimento penale ancora in corso al momento dell’adozione degli atti impugnati, occorre osservare, da un lato, che l’UPG non fornisce alcuna informazione riguardante la natura e la durata di tale processo e, dall’altro, che dalle sole informazioni fornite da quest’ultimo risulta che un siffatto processo è in corso dal 21 aprile 2017, data di chiusura delle indagini preliminari nell’ambito del procedimento 113, e dal 3 dicembre 2018, data di chiusura delle indagini preliminari nell’ambito del procedimento 521.

97      Ebbene, contrariamente a quanto da esso sostenuto, il Consiglio non ha dimostrato in quale misura le informazioni di cui disponeva riguardo a detto processo di familiarizzazione della difesa nei procedimenti 113 e 521 e le decisioni giudiziarie ad essi relative gli abbiano consentito di ritenere che i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente fossero stati rispettati, mentre, come quest’ultimo ha fatto valere, i procedimenti summenzionati, che riguardavano fatti asseritamente commessi tra il 2011 e il 2014, si trovavano ancora allo stadio delle indagini preliminari e, per giunta, erano stati trasferiti, già chiusi, ad altre autorità inquirenti nel novembre 2019, cosicché le cause in questione non erano state ancora sottoposte a un tribunale ucraino nel merito.

98      Orbene, l’articolo 47, secondo comma, della Carta, che costituisce il parametro alla luce del quale il Consiglio valuta il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, prevede che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

99      Laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a diritti garantiti dalla CEDU, come quelli previsti dall’articolo 6, il significato e la portata degli stessi sono, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, uguali a quelli conferiti dalla CEDU.

100    A tale riguardo, occorre ricordare che, interpretando l’articolo 6 della CEDU, la Corte EDU ha rilevato che l’obiettivo del principio del termine ragionevole è, in particolare, quello di tutelare la persona accusata contro le lungaggini eccessive del procedimento e di evitare che rimanga troppo a lungo nell’incertezza sul suo destino, nonché i ritardi che possano compromettere l’efficacia e la credibilità dell’amministrazione della giustizia (v. Corte EDU, 7 luglio 2015, Rutkowski e a. c. Polonia, CE:ECHR:2015:0707JUD007228710, punto 126 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la Corte EDU ha statuito che si configura una violazione di tale principio, in particolare, quando la fase d’istruttoria di un procedimento penale è caratterizzata da un certo numero di fasi di inattività imputabili alle autorità competenti per tale istruttoria (v., in tal senso, Corte EDU, 6 gennaio 2004, Rouille c. Francia, CE:ECHR:2004:0106JUD005026899, punti da 29 a 31; 27 settembre 2007, Reiner e a. c. Romania, CE:ECHR:2007:0927JUD000150502, punti da 57 a 59, e 12 gennaio 2012, Borisenko c. Ucraina, CE:ECHR:2012:0112JUD002572502, punti da 58 a 62).

101    Inoltre, risulta dalla giurisprudenza che, quando una persona è oggetto di misure restrittive da molti anni, e ciò per via dell’esistenza, in sostanza, delle medesime indagini preliminari condotte dall’UPG o da un’altra autorità inquirente, il Consiglio è tenuto ad approfondire la questione dell’eventuale violazione dei diritti fondamentali di questa persona da parte della autorità ucraine (v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2019, Stavytskyi/Consiglio T‑290/17, EU:T:2019:37, punto 132).

102    Pertanto, nel caso di specie, il Consiglio avrebbe per lo meno dovuto indicare le ragioni per le quali, nonostante gli argomenti del ricorrente riportati supra al punto 97, esso poteva ritenere che il diritto di quest’ultimo a una tutela giurisdizionale effettiva dinanzi all’amministrazione giudiziaria ucraina, che è, manifestamente, un diritto fondamentale, fosse stato rispettato sotto il profilo dell’esame della causa entro un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 100).

103    Non si può quindi concludere, alla luce degli atti di causa, che gli elementi di cui il Consiglio disponeva al momento dell’adozione degli atti impugnati gli abbiano consentito di accertare se la decisione dell’amministrazione giudiziaria ucraina fosse stata adottata nel rispetto dei diritti del ricorrente a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto a che la sua causa sia esaminata entro un termine ragionevole.

104    Inoltre, a tale proposito, è altresì opportuno rilevare che la giurisprudenza consolidata secondo la quale, in caso di adozione di una decisione di congelamento di fondi come quella riguardante il ricorrente, spetta al Consiglio o al giudice dell’Unione verificare la fondatezza non già delle indagini cui la persona interessata da tali misure era sottoposta in Ucraina, bensì unicamente della decisione di congelamento dei fondi in considerazione del o dei documenti sui quali tale decisione è stata fondata, non può essere interpretata nel senso che il Consiglio non è tenuto a verificare se la decisione dello Stato terzo sulla quale esso intende basare l’adozione delle misure restrittive sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 25 giugno 2020, Klymenko/Consiglio, T‑295/19, EU:T:2020:287, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

105    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, non è dimostrato che il Consiglio, prima dell’adozione degli atti impugnati, si sia assicurato del rispetto, da parte dell’amministrazione giudiziaria ucraina, dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente nell’ambito dei procedimenti penali sui quali si è basato. Ne consegue che, decidendo di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, il Consiglio è incorso in un errore di valutazione.

106    In tali circostanze, gli atti impugnati devono essere annullati nella parte in cui riguardano il ricorrente, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti dedotti da quest’ultimo.

 Sul mantenimento degli effetti della decisione 2020/373

107    In subordine, il Consiglio chiede che, in caso di annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/370, per ragioni di certezza del diritto, il Tribunale dichiari che gli effetti della decisione 2020/373 siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento di esecuzione 2020/370.

108    Dall’articolo 60, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che l’impugnazione non ha effetto sospensivo. Tuttavia, l’articolo 60, secondo comma, di tale Statuto stabilisce che, in deroga all’articolo 280 TFUE, le decisioni del Tribunale che annullano un regolamento hanno effetto soltanto a decorrere dalla scadenza del termine entro il quale può essere proposta un’impugnazione ovvero, se un’impugnazione è stata proposta entro questo termine, a far data dal rigetto della stessa.

109    Nella fattispecie, il regolamento di esecuzione 2020/370 ha natura di regolamento, in quanto prevede che esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, il che corrisponde agli effetti di un regolamento quali previsti dall’articolo 288 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Consiglio/Bank Saderat Iran, C‑200/13 P, EU:C:2016:284, punto 121).

110    L’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è quindi senz’altro applicabile nel caso di specie (sentenza del 21 aprile 2016, Consiglio/Bank Saderat Iran, C‑200/13 P, EU:C:2016:284, punto 122).

111    Infine, per quanto riguarda gli effetti nel tempo dell’annullamento della decisione 2020/373, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, il Tribunale può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

112    Nella fattispecie, l’esistenza di una differenza tra la data in cui produce effetti l’annullamento del regolamento di esecuzione 2020/370 e quella in cui produce effetti l’annullamento della decisione 2020/373 potrebbe compromettere gravemente la certezza del diritto, poiché questi due atti applicano al ricorrente misure identiche (v., in tal senso, sentenza del 21 febbraio 2018, Klyuyev/Consiglio, T‑731/15, EU:T:2018:90, punto 263). Gli effetti della decisione 2020/373 devono quindi essere mantenuti, per quanto riguarda il ricorrente, fino a quando l’annullamento del regolamento di esecuzione 2020/370 non produrrà effetti.

 Sulle spese

113    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni del ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione (PESC) 2020/373 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che modifica la decisione 2014/119/PESC relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento di esecuzione (UE) 2020/370 del Consiglio, del 5 marzo 2020, che attua il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Oleksandr Viktorovych Klymenko è stato mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano dette misure restrittive.

2)      Gli effetti dell’articolo 1 della decisione 2020/373 sono mantenuti, nei confronti del sig. Klymenko, fino alla data di scadenza del termine per l’impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, o, se entro tale termine viene proposta impugnazione, fino al rigetto della stessa.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

Spielmann

Spineanu-Matei

Mastroianni

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 febbraio 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.