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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

27 gennaio 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 3, paragrafo 1, articolo 4, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafo 1 – Valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali – Clausola che stabilisce preliminarmente il vantaggio potenziale del creditore in caso di risoluzione del contratto – Squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto – Data in cui lo squilibrio deve essere valutato – Constatazione del carattere abusivo di una clausola – Conseguenze – Sostituzione di una clausola abusiva con una disposizione di diritto interno di natura suppletiva»

Nelle cause riunite C‑229/19 e C‑289/19,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi) (C‑229/19) e dal Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia, Paesi Bassi) (C‑289/19), con decisioni del 5 marzo 2019 e del 2 aprile 2019, pervenute in cancelleria rispettivamente il 14 marzo 2019 e il 9 aprile 2019, nei procedimenti

Dexia Nederland BV

contro

XXX (C‑229/19),

Z (C‑289/19),

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, L. Bay Larsen, C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen (relatore), giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 settembre 2020,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Dexia Nederland BV, da J. de Bie Leuveling Tjeenk, J.M.K.P. Cornegoor e P.W. Post, advocaten;

–        per XXX, da J.B. Maliepaard, advocaat;

–        per Z, da J.B. Maliepaard, advocaat;

–        per la Commissione europea, inizialmente da N. Ruiz García, P. Vanden Heede e M. van Beek, successivamente da N. Ruiz García e P. Vanden Heede, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tali domande sono state proposte nell’ambito di due controversie tra la Dexia Nederland BV (in prosieguo: la «Dexia») e alcuni consumatori, in merito al rifiuto di pagare i conteggi finali redatti da tale società, in seguito alla risoluzione dei contratti di leasing di azioni conclusi tra tali consumatori e una società alla quale la Dexia è succeduta.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il tredicesimo considerando della direttiva 93/13 è così formulato:

«considerando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative nonché principi o disposizioni di convenzioni internazionali di cui gli Stati membri o [l’Unione europea] sono parte; che a questo riguardo l’espressione “disposizioni legislative o regolamentari imperative” che figura all’articolo 1, paragrafo 2 comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo».

4        L’articolo 1 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1.      La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore.

2.      Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative e disposizioni o principi di convenzioni internazionali, in particolare nel settore dei trasporti, delle quali gli Stati membri o [l’Unione] sono parte, non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

5        L’articolo 3, paragrafi 1 e 3, della direttiva in parola così prevede:

«1.      Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

(...)

3.      L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

6        Tra le clausole elencate in tale allegato rientrano in particolare, al punto 1, lettera e), del medesimo, quelle che hanno per oggetto o per effetto di «imporre al consumatore che non adempie ai propri obblighi un indennizzo per un importo sproporzionatamente elevato».

7        L’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva precisa quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende».

8        Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

9        L’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 Diritto dei Paesi Bassi

10      L’articolo 6:271 del Burgerlijk Wetboek (codice civile), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «BW»), dispone quanto segue:

«La risoluzione di un contratto libera le parti dagli impegni assunti in forza di quest’ultimo. Qualora tali impegni siano già stati soddisfatti, il fondamento giuridico per il rispetto di tali impegni è mantenuto, ma per le parti sorge un impegno a restituire o a compensare le prestazioni già ricevute».

11      L’articolo 6:277 del BW è così formulato:

«1.      In caso di risoluzione totale o parziale di un contratto, la parte la cui inadempienza ha costituito un motivo per la risoluzione è tenuta a rimborsare alla controparte il danno da questa subito in quanto il contratto non è stato oggetto di adempimento reciproco bensì di risoluzione.

(…)».

12      L’articolo 7A:1576e del BW recita come segue:

«1.      All’acquirente spetta sempre la facoltà di versare anticipatamente una o più rate successive del prezzo di acquisto.

2.      In caso di pagamento anticipato unico della totalità del saldo residuo dovuto, esso ha diritto a una deduzione calcolata a un tasso del 5% annuo su ciascuna rata di rimborso così pagata anticipatamente.

3.      Le parti possono derogare alle disposizioni del presente articolo a favore dell’acquirente».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

13      I procedimenti principali traggono origine dal rifiuto di XXX e di Z di pagare i saldi figuranti nei conteggi finali redatti dalla Dexia a seguito della risoluzione dei contratti di leasing di azioni, che erano stati conclusi tra essi e il dante causa della Dexia, a motivo dei ritardi nel pagamento delle mensilità dovute a quest’ultima.

14      Nell’ambito di questo tipo di contratti, il conduttore, che solitamente è un consumatore, prende in prestito da una banca, per un determinato periodo, una somma di denaro, designata come il «capitale», con cui tale banca acquista azioni per conto e a beneficio del conduttore. Detta banca resta proprietaria di tali azioni fino al rimborso integrale della somma così prestata, ma gli eventuali dividendi sono versati al conduttore. Per tutta la durata del contratto di leasing, il conduttore paga una mensilità, corrispondente agli interessi sul capitale e, in taluni casi, al rimborso di quest’ultimo. Al termine del contratto, le azioni sono cedute e il conduttore percepisce il ricavo derivante dalla cessione di tali azioni, previa deduzione del saldo del capitale e delle mensilità eventualmente ancora dovute alla banca.

15      Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la Dexia ha risolto anticipatamente i contratti di leasing a causa di ritardi nel pagamento, conformemente alle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale. All’atto della risoluzione di tali contratti, la Dexia ha redatto i conteggi finali, in applicazione degli articoli 6 e 15 di tali condizioni particolari. Questi ultimi sono formulati come segue:

«6.      Qualora (a), dopo una messa in mora scritta, il conduttore rimanga inadempiente nel pagamento di una o più rate mensili o nell’adempimento di qualsiasi altro obbligo derivante dal contratto o da qualunque altro contratto di leasing analogo al presente contratto, o (b) qualora il conduttore presenti domanda di amministrazione controllata o sia dichiarato fallito, la Banca ha la facoltà di terminare senza indugio il contratto e tutti gli altri contratti di leasing analoghi e di esigere il pagamento integrale del saldo residuo del canone di leasing (o dei canoni di leasing) dovuto in forza di tutti i contratti di leasing in essere analoghi al contratto di leasing di cui trattasi e di vendere i titoli in borsa o con modalità diverse in un momento stabilito dalla Banca. La Banca detrarrà il ricavato di detta vendita da quanto ancora dovuto dal conduttore. Un eventuale saldo positivo sarà poi versato dalla Banca al conduttore.

15.      (...) In caso di cessazione del contratto, il credito del conduttore consisterà in un importo pari al valore di vendita dei titoli alla data della cessazione, previa detrazione di un importo pari al valore attuale del saldo residuo del canone di leasing complessivo convenuto. Il valore attuale è calcolato ai sensi del disposto dell’articolo 7A:1576e, paragrafo 2, BW».

16      I giudici del rinvio precisano che lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) è stato recentemente chiamato a pronunciarsi sulla compatibilità di tali clausole con la direttiva 93/13 e ha statuito, in una sentenza del 21 aprile 2017 (NL:HR:2017:773, Dexia/Tijhuis), che l’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale creava, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

17      Inoltre, dalle decisioni di rinvio risulta che, secondo lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), il metodo di calcolo dell’importo della somma che la Dexia ha il diritto di richiedere, in applicazione dell’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale, non prende in considerazione il vantaggio che quest’ultima trae da una risoluzione, in quanto l’importo che essa percepisce è nuovamente produttivo di interessi, e il fatto che la Dexia, in applicazione dell’articolo 15 delle condizioni particolari, aggiorni l’importo delle mensilità ancora dovute con una deduzione del 5% annuo compenserebbe tale vantaggio solo in misura molto ridotta. Tale metodo di calcolo comporta infatti che il beneficio che la Dexia potrebbe realizzare reinvestendo anticipatamente i fondi sul mercato dei capitali è stato fissato al 5% annuo. In tal modo, fintantoché il tasso di mercato è superiore al 5%, la differenza tra il tasso forfettario e il tasso reale del mercato va a vantaggio della Dexia. Lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) sottolinea che, a seconda del tasso di interesse e della data di cessazione o di risoluzione del contratto, il beneficio che la Dexia trae da una risoluzione anticipata può essere infatti molto rilevante.

18      Infine, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) avrebbe rilevato che, in caso di mancato pagamento, la Dexia conserva la possibilità di procedere alla risoluzione del contratto e che essa può quindi, in applicazione dell’articolo 6:277 del BW, chiedere il risarcimento dei danni.

 Causa C229/19

19      Nel corso del 1999 XXX ha concluso due contratti di leasing con una società alla quale la Dexia è succeduta.

20      Il 6 giugno 2005, a causa di ritardi nel pagamento, dopo aver intimato a XXX di pagare, la Dexia ha posto fine anticipatamente ai contratti di leasing di cui trattasi e ha redatto i conteggi finali.

21      Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la Dexia ha stabilito i conteggi finali in applicazione degli articoli 6 e 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale e ha fatturato a XXX il saldo debitore figurante in tali conteggi.

22      XXX ha agito in giudizio affinché, in particolare, i due contratti di leasing fossero annullati o risolti e le somme versate alla Dexia gli fossero rimborsate. Quest’ultima ha proposto una domanda riconvenzionale volta a ottenere la condanna di XXX al pagamento di una somma corrispondente all’importo totale, maggiorato degli interessi di mora, di cui sarebbe stato ancora debitore in forza dei due contratti di leasing.

23      Con sentenza del 19 novembre 2008 il kantonrechter (giudice cantonale, Paesi Bassi) ha condannato la Dexia a pagare a XXX la somma di EUR 2 507,69 per contratto di leasing, sotto forma di un indennizzo, oltre agli interessi legali, e ha respinto la domanda riconvenzionale della Dexia.

24      Le due parti nella causa C‑229/19 hanno proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi). La Dexia ha chiesto il rigetto della domanda di XXX e l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale. XXX mira a ottenere un indennizzo più elevato di quello che gli è stato concesso in primo grado.

25      In tale contesto, il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) sottolinea che, poiché la controversia di cui è investito riguarda contratti conclusi tra un prestatore di servizi finanziari e alcuni consumatori, esso deve esaminare d’ufficio se una clausola delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale sia abusiva alla luce dei criteri previsti nella direttiva 93/13 e, in caso affermativo, procedere d’ufficio all’annullamento di tale clausola. Orbene, a seguito della sentenza dello Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) citata ai punti da 16 a 18 della presente sentenza, in cui si è ritenuto che l’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale costituisse una clausola abusiva, ai sensi della direttiva 93/13, il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) nutre dubbi quanto all’applicazione di tali criteri.

26      Infatti, secondo il giudice del rinvio nella causa C‑229/19, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) si è limitato a esaminare astrattamente se, rispetto alla normativa nazionale, una clausola potesse avere conseguenze sfavorevoli per il consumatore e ha concluso che la mera possibilità dell’esistenza di uno svantaggio per quest’ultimo era sufficiente affinché una siffatta clausola fosse considerata abusiva, ai sensi della direttiva 93/13.

27      Tuttavia, tale giudice del rinvio ritiene che occorra tener conto, in particolare, del fatto che i contratti di leasing di azioni sono contratti ad esecuzione continuata stipulati per una durata fino a 20 anni, il che implica che, in linea di principio, al momento della conclusione di tali contratti non è ancora certo che un prestatore di servizi finanziari, quale la Dexia, beneficerà di un qualsivoglia vantaggio in caso di risoluzione anticipata. Infatti l’entità di tale vantaggio varierebbe a seconda del tasso in vigore alla data della cessazione anticipata del contratto in questione e al quale l’importo percepito anticipatamente potrebbe essere investito durante il periodo residuo di tale contratto.

28      Nel caso di specie, l’articolo 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale stabilisce in anticipo il vantaggio potenziale del creditore, in caso di risoluzione anticipata del contratto, al 5% annuo del saldo non pagato dell’importo convenuto nel contratto di leasing, durante il periodo residuo del contratto. Pertanto, secondo detto giudice del rinvio, occorrerebbe verificare anzitutto se, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, alla data della conclusione dei contratti di cui al procedimento principale, la fissazione di tale potenziale vantaggio della Dexia fosse abusiva o meno, ad esempio confrontando tale clausola con quelle normalmente utilizzate in casi analoghi di vendita a rate oppure con il tasso d’interesse applicato, nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali, in occasione dell’aggiornamento degli importi per contratti aventi un capitale e una durata comparabili a quelli dei contratti in questione.

29      Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte, occorrerebbe determinare se il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, avrebbe potuto accettare, al momento della conclusione del contratto di cui trattasi, che, in caso di risoluzione anticipata di quest’ultimo, il vantaggio della Dexia fosse fissato, in deroga alla normativa applicabile, in applicazione degli articoli 6 e 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale, tenendo conto della perizia e delle conoscenze di tale banca per quanto riguarda l’evoluzione potenziale dei tassi di interesse e con la consapevolezza che, in caso di applicazione delle disposizioni dell’articolo 6:277 del BW, un simile vantaggio non sarebbe stato fissato (v., in tal senso, sentenze del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punti 68 e 69, nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 57 e 58).

30      Peraltro, secondo il giudice del rinvio nella causa C‑229/19, la sentenza dello Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), citata ai punti da 16 a 18 della presente sentenza, sarebbe contraria alla sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés (C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643). Infatti, in tale sentenza, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) non fisserebbe criteri determinati che consentano ai giudici nazionali di valutare se l’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale sia abusivo e considererebbe invece che tale disposizione è, in ogni caso, incompatibile con la direttiva 93/13 in quanto potrebbe avere conseguenze sfavorevoli per il consumatore, in funzione di determinate circostanze durante il periodo contrattuale.

31      Infine, il giudice del rinvio nella causa C‑229/19 si chiede quali sarebbero le conseguenze da trarre da un annullamento degli articoli 6 e 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale. In tale contesto, esso rileva che, da un lato, il contratto di leasing di azioni rimarrebbe vincolante per le parti, anche dopo l’annullamento di tali articoli, in quanto può sussistere senza di essi. Dall’altro lato, secondo tale giudice del rinvio, la Dexia non dovrebbe poter far valere le disposizioni del BW che sarebbero, nelle circostanze del caso di specie, ancora più sfavorevoli per il consumatore.

32      In tali circostanze il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che una clausola deve essere considerata già abusiva ai sensi dei criteri enunciati in detta direttiva se tale clausola, valutata facendo riferimento a tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto, può intrinsecamente essere fonte di un significativo squilibrio in funzione delle circostanze che possono verificarsi durante la vigenza del contratto, segnatamente in quanto la clausola fissa anticipatamente un possibile vantaggio – il quale viene in essere per il venditore al momento della risoluzione anticipata del contratto – ad una determinata percentuale dell’importo residuo del leasing, discostandosi dalle norme applicabili di diritto nazionale, in virtù delle quali detto vantaggio non è fissato anticipatamente ma deve essere determinato sulla base delle circostanze che accompagnano la risoluzione del contratto, in particolare il livello del tasso di interessi al quale un importo ricevuto anticipatamente può essere concesso in prestito durante la durata residua del contratto in discussione».

 Causa C289/19

33      Il 17 marzo 2000 Z ha sottoscritto, in qualità di conduttore, due contratti di leasing di azioni con una società alla quale la Dexia è succeduta.

34      Nel corso del 2006, a causa di un ritardo nel pagamento, la Dexia ha posto anticipatamente fine ai contratti di leasing di azioni conclusi con Z e ha redatto, in applicazione degli articoli 6 e 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale, conteggi finali sui quali figurano saldi debitori che Z ha rifiutato di pagare.

35      Inoltre, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nel corso della controversia tra la Dexia e Z, la Dexia ha riconosciuto che la situazione finanziaria di Z era tale che gli obblighi di pagamento derivanti da detti contratti rappresentavano un onere finanziario eccessivamente gravoso per l’interessato e che pertanto, in applicazione della giurisprudenza nazionale relativa alle conseguenze del mancato rispetto da parte di una banca dei suoi obblighi di diligenza, essa doveva versargli un risarcimento danni. A parere della Dexia, secondo detta giurisprudenza, tali risarcimenti si quantificavano in due terzi delle mensilità già pagate, dedotti i dividendi già versati, e in due terzi del debito residuo, ma essa riteneva di avere ancora diritto al pagamento di un terzo delle mensilità che non erano ancora state pagate.

36      Con sentenza del 21 maggio 2013 il kantonrechter (giudice cantonale) ha condannato la Dexia, su domanda riconvenzionale di Z, a pagare a quest’ultimo un importo pari a EUR 18 804,60. La Dexia ha interposto appello contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio nella causa C‑289/19.

37      Con sentenza del 29 novembre 2016 tale giudice del rinvio ha sospeso la causa fino alla decisione dello Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) nella causa che ha dato luogo alla sentenza citata ai punti da 16 a 18 della presente sentenza.

38      Tenuto conto delle risposte fornite dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi), la controversia tra Z e Dexia dinanzi a detto giudice del rinvio verterebbe ormai sulla questione di stabilire se, non potendosi avvalere dell’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale, la Dexia possa comunque chiedere un indennizzo in forza delle disposizioni della normativa nazionale applicabile.

39      Lo stesso giudice del rinvio rileva che la questione di stabilire se il giudice nazionale possa sostituire una clausola abusiva con una disposizione del diritto interno di natura suppletiva è già stata affrontata nelle conclusioni dell’avvocato generale Wahl nelle cause riunite Banco Santander e Escobedo Cortés (C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:216), in cui si è concluso che tale possibilità dovrebbe essere limitata alle ipotesi in cui l’invalidazione di una clausola abusiva obbligherebbe il giudice ad annullare il contratto nel suo insieme, esponendo così il consumatore a conseguenze tali che quest’ultimo ne sarebbe penalizzato. Tuttavia, poiché la Corte ha ritenuto, in dette cause riunite, che non occorresse rispondere alla questione relativa a tale punto, resterebbe necessario un chiarimento.

40      In tale contesto, il Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se lo stipulante una clausola abusiva annullata, volta al pagamento di un risarcimento in caso di inadempimento dei suoi obblighi da parte del consumatore, possa invocare il risarcimento dei danni previsto dalla legge, vigente a titolo di diritto complementare.

2)      Se ai fini della risposta a detta questione faccia differenza se il risarcimento che può essere rivendicato in applicazione della normativa vigente in materia sia pari o inferiore o superiore a quello previsto dalla clausola annullata».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla questione pregiudiziale sollevata nella causa C229/19

41      Con la sua questione pregiudiziale il Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) chiede alla Corte in sostanza se, conformemente alle disposizioni della direttiva 93/13, in un contratto aleatorio, come i contratti di leasing di azioni di cui al procedimento principale, una clausola che stabilisce in anticipo il vantaggio di cui beneficia il professionista in caso di risoluzione anticipata del contratto debba essere considerata abusiva per il solo fatto che, valutata unicamente alla luce delle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto di cui trattasi, tale clausola può creare uno squilibrio significativo tra i diritti e gli obblighi delle parti risultanti dal contratto durante l’esecuzione del medesimo.

42      Nel caso di specie, come ricordato al punto 15 della presente sentenza, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, in applicazione dell’articolo 6 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale, in caso di cessazione anticipata di tali contratti la Dexia ha diritto, a decorrere dalla data di risoluzione, agli interessi non pagati fino alla data di cessazione anticipata del contratto in questione, nonché al capitale e agli interessi che sarebbero stati dovuti durante il periodo compreso tra tale cessazione anticipata e la scadenza di tale contratto inizialmente concordata. L’articolo 15 di tali condizioni particolari prevede un aggiornamento del 5% annuo su tale capitale e tali interessi, fissando di conseguenza in anticipo il vantaggio di cui la Dexia beneficia in caso di risoluzione anticipata, in quanto essa recupera più rapidamente detto capitale e detti interessi e li può reinvestire.

43      In via preliminare, occorre rilevare che la questione sollevata dal Gerechtshof te Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam) si basa sul postulato secondo cui gli articoli 6 e 15 delle condizioni particolari dei contratti di cui al procedimento principale devono essere interpretati congiuntamente, sebbene le parti non concordino su tale punto.

44      Al riguardo è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice del rinvio è l’unico competente a conoscere e a valutare i fatti della controversia sottopostagli nonché a interpretare e ad applicare il diritto nazionale (sentenza dell’8 giugno 2016, Hünnebeck, C‑479/14, EU:C:2016:412, punto 36). Incombe alla Corte prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra quest’ultima e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal giudice del rinvio (sentenza del 6 dicembre 2018, Preindl, C‑675/17, EU:C:2018:990, punto 24).

45      Peraltro occorre precisare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la competenza di quest’ultima in materia verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale alla luce delle disposizioni di tale direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest’ultimo dovrà prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (sentenza del 3 settembre 2020, Profi Credit Polska, C‑84/19, C‑222/19 e C‑252/19, EU:C:2020:631, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

46      In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, una clausola si considera «abusiva» se determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto concluso tra tale consumatore e un professionista.

47      Riferendosi alle nozioni di «buona fede» e di «significativo squilibrio» a danno del consumatore tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 definisce tuttavia solo in modo astratto gli elementi che conferiscono carattere abusivo a una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale (sentenza del 14 marzo 2013, Aziz, C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

48      La Corte ha pertanto statuito che, per stabilire se una clausola determini, a danno del consumatore, un «significativo squilibrio» dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in tal senso. Sarà proprio una simile analisi comparatistica a consentire al giudice nazionale di valutare se – ed eventualmente in che misura – il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista nel vigente diritto nazionale. Del pari, nella medesima ottica, risulta opportuno procedere a vagliare la situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive (sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus, C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

49      Peraltro, l’esame della sussistenza di un eventuale «significativo squilibrio» non può limitarsi a una valutazione economica di natura quantitativa che si basi su un confronto tra il valore complessivo dell’operazione oggetto del contratto, da un lato, e i costi posti a carico del consumatore da tale clausola, dall’altro. Infatti un significativo squilibrio può risultare dal mero fatto di un pregiudizio sufficientemente grave alla situazione giuridica in cui il consumatore, quale parte interessata, viene collocato in forza delle disposizioni nazionali applicabili, sia esso in forma di restrizione al contenuto dei diritti che, ai sensi di tali disposizioni, egli trae da tale contratto o di ostacolo all’esercizio dei medesimi o ancora dell’imposizione di un obbligo ulteriore, non previsto dalla disciplina nazionale (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 51).

50      Inoltre, la Corte ha statuito che il contratto deve esporre in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale fa riferimento la clausola in parola nonché, se del caso, il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 45 nonché giurisprudenza ivi citata).

51      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 precisa che il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto in questione e di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione di tale contratto, nonché di tutte le altre clausole del suddetto contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

52      Da tale disposizione, nonché dall’articolo 3 della direttiva suddetta, come interpretati dalla Corte, risulta che la valutazione del carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere fatta con riferimento alla data della conclusione del contratto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 48).

53      Infatti, secondo una giurisprudenza costante, le circostanze di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva in questione sono quelle di cui il professionista poteva essere a conoscenza al momento della conclusione del contratto e che erano idonee a incidere sulla successiva esecuzione del medesimo, in quanto una clausola contrattuale può essere portatrice di uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto che si manifesta solo durante l’esecuzione di tale contratto (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 54, del 5 giugno 2019, GT, C‑38/17, EU:C:2019:461, punto 40, nonché del 9 luglio 2020, Ibercaja Banco, C‑452/18, EU:C:2020:536, punto 48).

54      Pertanto, da tale giurisprudenza risulta che, in applicazione della direttiva 93/13, il giudice nazionale deve, nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di una clausola, porsi unicamente alla data della conclusione del contratto di cui trattasi e valutare, alla luce di tutte le circostanze che accompagnano tale conclusione, se detta clausola fosse di per sé portatrice di uno squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti a vantaggio del professionista. Sebbene una simile valutazione possa tener conto dell’esecuzione del contratto, essa non può, in nessun caso, dipendere dal verificarsi di eventi successivi alla conclusione del contratto che sono indipendenti dalla volontà delle parti.

55      Pertanto, se è incontestabile che, in determinati casi, lo squilibrio di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 può manifestarsi solo nel corso dell’esecuzione del contratto, occorre verificare se, a partire dalla data di conclusione di tale contratto, le clausole del medesimo fossero portatrici di tale squilibrio, e ciò anche qualora detto squilibrio potesse prodursi solo ove si fossero verificate determinate circostanze o qualora, in altre circostanze, detta clausola potesse addirittura risultare favorevole al consumatore.

56      Da un lato, il ragionamento inverso equivarrebbe a subordinare la valutazione del carattere abusivo di una clausola alle condizioni in cui si svolge l’esecuzione del contratto e alle eventuali evoluzioni future delle circostanze che incidono su quest’ultimo, di modo che i professionisti potrebbero speculare su tale esecuzione e su tali evoluzioni nonché includere una clausola potenzialmente abusiva, puntando sul fatto che in determinate circostanze tale clausola sfuggirà alla qualificazione come clausola abusiva.

57      Dall’altro lato, occorre ricordare che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori e debbano pertanto essere considerate come se non fossero mai esistite. Orbene, se la valutazione del carattere abusivo di una clausola potesse dipendere dal verificarsi di eventi successivi alla conclusione del contratto che sono indipendenti dalla volontà delle parti, il giudice nazionale potrebbe limitarsi a escludere l’applicazione della clausola controversa unicamente per tali periodi in cui la clausola in questione deve essere qualificata come abusiva.

58      Peraltro, occorre ricordare anche che, secondo costante giurisprudenza della Corte, il giudice nazionale, al fine di valutare il carattere eventualmente abusivo della clausola contrattuale su cui si fonda la domanda di cui è investito, deve tener conto di tutte le altre clausole del contratto in questione [sentenza del 10 settembre 2020, A (Sublocazione di un alloggio sociale), C‑738/19, EU:C:2020:687, punto 25].

59      Pertanto, nell’ipotesi in cui il contratto concluso tra un professionista e un consumatore sia, per sua natura, aleatorio, come nel caso dei contratti di leasing di azioni di cui al procedimento principale, il giudice nazionale deve altresì verificare che una clausola, tenuto conto dell’interazione con le altre clausole che fanno parte del contratto, non abbia come conseguenza una ripartizione molto iniqua dei rischi sopportati dalle parti di tale contratto.

60      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alla questione sollevata nella causa C‑229/19 dichiarando che le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che una clausola contenuta in un contratto aleatorio concluso tra un professionista e un consumatore, come i contratti di leasing di azioni, deve essere considerata abusiva qualora, alla luce delle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto in questione e collocandosi alla data della sua conclusione, tale clausola possa determinare un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti durante l’esecuzione di tale contratto, e ciò anche qualora tale squilibrio possa prodursi solo ove si verifichino determinate circostanze o qualora, in altre circostanze, detta clausola possa addirittura risultare favorevole al consumatore. In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio verificare se una clausola che fissa in anticipo il vantaggio di cui beneficia il professionista in caso di risoluzione anticipata del contratto, tenuto conto delle circostanze che accompagnano la conclusione di tale contratto, fosse, fin dalla conclusione del medesimo, idonea a creare un simile squilibrio.

 Sulle questioni pregiudiziali sollevate nella causa C289/19

61      Con le sue due questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il Gerechtshof Den Haag (Corte d’appello dell’Aia) chiede sostanzialmente se un professionista che, in quanto venditore, abbia imposto al consumatore una clausola dichiarata abusiva, e quindi nulla, dal giudice nazionale possa pretendere l’indennizzo previsto da una disposizione del diritto nazionale di natura suppletiva che sarebbe stata applicabile in assenza di tale clausola.

62      Secondo una giurisprudenza costante, spetta al giudice nazionale, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, escludere l’applicazione delle clausole abusive affinché non producano effetti vincolanti nei confronti del consumatore, tranne nel caso in cui il consumatore vi si opponga (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, il contratto deve sussistere, in linea di principio, senz’altra modifica che non sia quella risultante dalla soppressione delle clausole abusive, purché, conformemente alle norme di diritto interno, una simile sopravvivenza del contratto sia giuridicamente possibile (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2019, GT, C‑38/17, EU:C:2019:461, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

63      Di conseguenza, qualora il giudice nazionale accerti la nullità di una clausola abusiva in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, tale giudice non può integrare detto contratto rivedendo il contenuto di tale clausola (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

64      Infatti, la Corte ha statuito che, se il giudice nazionale potesse rivedere il contenuto delle clausole abusive contenute in un simile contratto, una facoltà del genere potrebbe compromettere la realizzazione dell’obiettivo di lungo termine di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13. Tale facoltà contribuirebbe a eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti dalla pura e semplice non applicazione di dette clausole nei confronti del consumatore, dal momento che essi continuerebbero a essere tentati di utilizzare le clausole stesse, sapendo che, quand’anche esse fossero invalidate, il contratto potrebbe nondimeno essere integrato, per quanto necessario, dal giudice nazionale, in modo tale, quindi, da garantire l’interesse di detti professionisti (sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 69; del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 79; del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia, C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 54, nonché del 3 marzo 2020, Gómez del Moral Guasch, C‑125/18, EU:C:2020:138, punto 60).

65      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che i contratti di leasing di azioni di cui ai procedimenti principali possono sussistere senza la clausola abusiva.

66      A tale riguardo, occorre rilevare che dalla giurisprudenza citata ai punti da 62 a 64 della presente sentenza risulta che, in un caso come quello di cui alla causa C‑289/19, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il giudice nazionale non ha il potere di sostituire alla clausola abusiva una disposizione del diritto nazionale di natura suppletiva, dal momento che l’invalidazione di tale clausola non obbligherebbe il giudice ad annullare il contratto nel suo insieme, esponendo così il consumatore a conseguenze particolarmente pregiudizievoli, cosicché quest’ultimo ne sarebbe penalizzato.

67      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che occorre rispondere alle questioni sollevate nella causa C‑289/19 dichiarando che le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che un professionista che, in qualità di venditore, abbia imposto a un consumatore una clausola dichiarata abusiva, e quindi nulla, dal giudice nazionale, qualora il contratto possa sussistere senza tale clausola, non può pretendere l’indennizzo legale previsto da una disposizione del diritto nazionale di natura suppletiva che sarebbe stata applicabile in mancanza della suddetta clausola.

  Sulle spese

68      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      Le disposizioni della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretate nel senso che una clausola contenuta in un contratto aleatorio concluso tra un professionista e un consumatore, come i contratti di leasing di azioni, deve essere considerata abusiva qualora, alla luce delle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto in questione e collocandosi alla data della sua conclusione, tale clausola possa determinare un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti durante l’esecuzione di tale contratto, e ciò anche qualora tale squilibrio possa prodursi solo ove si verifichino determinate circostanze o qualora, in altre circostanze, detta clausola possa addirittura risultare favorevole al consumatore. In tali circostanze, spetta al giudice del rinvio verificare se una clausola che fissa in anticipo il vantaggio di cui beneficia il professionista in caso di risoluzione anticipata del contratto, tenuto conto delle circostanze che accompagnano la conclusione di tale contratto, fosse, fin dalla conclusione del medesimo, idonea a creare un simile squilibrio.

2)      Le disposizioni della direttiva 93/13 devono essere interpretate nel senso che un professionista che, in qualità di venditore, abbia imposto a un consumatore una clausola dichiarata abusiva, e quindi nulla, dal giudice nazionale, qualora il contratto possa sussistere senza tale clausola, non può pretendere l’indennizzo legale previsto da una disposizione del diritto nazionale di natura suppletiva che sarebbe stata applicabile in mancanza della suddetta clausola.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.