CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 30 aprile 2024 (1)
Causa C‑683/22
Adusbef – Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari
contro
Presidenza del Consiglio dei ministri,
Ministero dell’economia e delle finanze,
Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili,
DIPE – Dipartimento programmazione e coordinamento della politica economica,
Autorità di regolazione dei trasporti,
Corte dei Conti,
Avvocatura dello Stato,
con l’intervento di:
Mundys SpA, già Atlantia SpA,
Autostrade per l’Italia SpA,
Holding Reti Autostradali SpA
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Italia)
«Rinvio pregiudiziale – Concessione della gestione autostradale – Grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia — Direttiva 2014/23/UE – Articolo 43 – Modifica della concessione – Continuità del precedente concessionario – Valutazione della necessità di indire una nuova procedura di gara – Motivazione della decisione – Carattere sostanziale delle modifiche – Valutazione dell’affidabilità di un concessionario nel procedimento di modifica della concessione – Articolo 44 – Risoluzione della concessione – Assenza di gara – Inaffidabilità del concessionario»
1. Il 14 agosto 2018 si è verificato il crollo del cosiddetto «Ponte Morandi», il viadotto Polcevera sull’autostrada A10 nei pressi di Genova (Italia). All’epoca, la società concessionaria dell’autostrada era Autostrade per l’Italia SpA (in prosieguo: «ASPI»).
2. Le autorità nazionali hanno aperto un procedimento per accertare la responsabilità della società ASPI per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale che ricade sotto la sua responsabilità.
3. Tale procedimento si è concluso con un accordo transattivo (in prosieguo: l’«accordo transattivo») tra ASPI e le autorità italiane, seguito da un terzo atto aggiuntivo (in prosieguo: il «terzo atto aggiuntivo») sottoscritto dalle stesse parti e inserito nella Convenzione concessoria iniziale. Sulla loro base, le clausole della concessione sono state modificate senza indire una nuova procedura di gara.
4. Un’associazione di consumatori ha impugnato tali accordi e altri atti connessi dinanzi a un giudice italiano, che sottopone alla Corte di giustizia i suoi dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di modifica (ed eventuale risoluzione) dei contratti di concessione disciplinati dalla direttiva 2014/23/UE (2).
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione. Direttiva 2014/23
5. L’articolo 3 («Principio della parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza») così stabilisce:
«1. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza e proporzionalità.
(…)
2. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori mirano a garantire la trasparenza della procedura di aggiudicazione e dell’esecuzione del contratto (…)».
6. Ai sensi dell’articolo 38 («Selezione e valutazione qualitativa dei candidati»):
«(…)
7. Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono escludere o possono essere obbligati dagli Stati membri a escludere dalla partecipazione all’aggiudicazione di concessioni un operatore economico, se si verifica una delle condizioni seguenti:
(…)
c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
(…)
f) se l’operatore economico ha evidenziato gravi o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di una precedente concessione o di un precedente contratto con un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore secondo la definizione di cui alla presente direttiva o alla direttiva 2014/25/UE che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;
(…)».
7. Ai sensi dell’articolo 43 («Modifica dei contratti durante il periodo di validità»):
«1. Le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione a norma della presente direttiva nei casi seguenti:
a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche o opzioni, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate. Esse non apportano modifiche o opzioni che altererebbero la natura generale della concessione;
(…)
c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
i) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non ha potuto prevedere,
ii) la modifica non altera la natura generale della concessione,
iii) nel caso di concessioni aggiudicate dall’amministrazione aggiudicatrice allo scopo di svolgere un’attività diversa da quelle di cui all’allegato II, l’eventuale aumento di valore non è superiore al 50% del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:
i) una clausola o opzione di revisione inequivocabile in conformità della lettera a);
ii) al concessionario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione della presente direttiva; oppure
iii) nel caso in cui l’amministrazione aggiudicatrice stessa o l’ente aggiudicatore stesso si assumano gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori, ove tale possibilità sia prevista dalla legislazione nazionale;
e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4.
Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato una concessione nelle situazioni di cui al presente paragrafo, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all’allegato XI ed è pubblicato conformemente all’articolo 33.
2. Inoltre, e senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d), sono rispettate, le concessioni possono parimenti essere modificate senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione a norma della presente direttiva se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:
i) la soglia fissata all’articolo 8, e
ii) il 10% del valore della concessione iniziale.
Tuttavia, la modifica non può alterare la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.
(…)
4. La modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale ai sensi del paragrafo 1, lettera e), [se] muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa. In ogni caso, fatti salvi i paragrafi 1 e 2, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione;
b) la modifica cambia l’equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;
c) la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione della concessione;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti al paragrafo 1, lettera d).
5. Una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione in conformità della presente direttiva è richiesta per modifiche delle disposizioni di una concessione durante il periodo della sua validità diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2».
8. L’articolo 44 («Risoluzione delle concessioni») così dispone:
«Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori abbiano la possibilità, alle condizioni fissate dal diritto nazionale applicabile, di porre termine alla concessione in vigenza della stessa, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione della concessione ai sensi dell’articolo 43;
b) il concessionario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione della concessione, in una delle situazioni di cui all’articolo 38, paragrafo 4, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura di aggiudicazione della concessione;
c) la Corte di giustizia dell’Unione europea constata, in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati per il fatto che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore appartenente allo Stato membro in questione ha aggiudicato la concessione in oggetto senza adempiere gli obblighi previsti dai trattati e dalla presente direttiva».
B. Diritto italiano
1. Decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201 – Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici (3)
9. Ai sensi dell’articolo 43, comma 1, gli aggiornamenti o le revisioni delle convenzioni autostradali vigenti alla data della sua entrata in vigore, laddove comportino variazioni o modificazioni al piano degli investimenti ovvero ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica, sono sottoposti al parere di determinati organi e sono approvati dalle autorità ivi indicate.
2. Decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 – Codice dei contratti pubblici (4)
10. L’articolo 80, comma 5, lettere c) e c ter), elenca come motivi di esclusione facoltativa degli offerenti, rispettivamente, i gravi illeciti professionali e l’inadempimento di un precedente contratto di concessione.
11. Nella terza parte del decreto legislativo, dedicata ai contratti di concessione, figurano:
– l’articolo 175, sulle modifiche dei contratti durante il periodo di efficacia. Esso riproduce, con poche variazioni, l’articolo 43 della direttiva 2014/23;
– l’articolo 176, sulla cessazione, la revoca d’ufficio, la risoluzione per inadempimento e il subentro del concessionario.
II. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
12. Il 12 ottobre 2007, ASPI e l’Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (Italia) (5) hanno sottoscritto una «Convenzione unica» (in prosieguo: la «Convenzione unica») (6) in cui si assegnava ad ASPI la concessione di una pluralità di tratte autostradali italiane dell’estensione di oltre 2 800 chilometri (7).
13. La scadenza della concessione è fissata al 31 dicembre 2038.
14. Il 14 agosto 2018, nei pressi di Genova, una sezione del viadotto Polcevera sull’autostrada A10 (il «ponte Morandi»), in concessione ad ASPI, è crollato, provocando la morte di 43 persone.
15. Il 16 agosto 2018, la Direzione Generale di vigilanza sulle concessionarie autostradali ha avviato un procedimento nei confronti di ASPI, per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale.
16. A partire dal 10 luglio 2019 si sono tenuti diversi incontri tra il concessionario e le autorità, che hanno portato alla presentazione di una proposta da parte di ASPI l’11 luglio 2020 (8).
17. Sulla base di questa proposta di «soluzione negoziale», è stato redatto un accordo transattivo, comunicato ad ASPI con lettera congiunta, del 23 settembre 2020, di diversi Ministeri italiani e della Presidenza del Consiglio dei ministri.
18. L’accordo transattivo ha definito le misure a carico del concessionario e gli altri obblighi dallo stesso assunti per la soluzione negoziale della procedura di contestazione. In esso veniva proposta la «rinegoziazione della Convenzione unica» del 12 ottobre 2007.
19. Il 15 luglio 2021, ASPI ha inoltrato uno schema di atto aggiuntivo alla Convenzione unica, con i relativi allegati.
20. Il 14 ottobre 2021, il Ministero delle infrastrutture e ASPI hanno sottoscritto l’accordo transattivo, che sarebbe stato approvato dal decreto del 22 febbraio 2022, n. 37, del Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze (Italia) (9).
21. Il 21 marzo 2022, il Ministero delle infrastrutture e ASPI hanno sottoscritto il terzo atto aggiuntivo alla Convenzione unica, inserendovi alcune modifiche delle clausole di concessione.
22. Tramite ricorso registrato con il numero 6020 del 2022, diverse associazioni [delle quali solo l’Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari (in prosieguo: «Adusbef») è stata infine riconosciuta come legittimata ad agire] hanno impugnato dinanzi al giudice del rinvio i seguenti atti, di cui hanno chiesto l’annullamento:
– la deliberazione n. 75/21 del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, del 22 dicembre 2021, intitolata «Autostrade per l’Italia SpA – Parere sul terzo atto aggiuntivo alla Convenzione unica del 12 ottobre 2007 e sul Piano economico finanziario ai sensi dell’articolo 43 del decreto-legge del 2011, n. 201 (delibera n. 75/2021)»;
– il decreto del 22 febbraio 2022, n. 37, del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che approva l’accordo transattivo sottoscritto il 14 ottobre 2021 tra il Ministro delle infrastrutture e ASPI;
– la deliberazione della Corte dei Conti (Italia) n. SCCLEG/2/2022/PREV del 29 marzo 2022;
– il parere favorevole dell’Avvocatura Generale dello Stato (Italia), trasmesso con nota del 24 settembre 2021, relativo allo schema di accordo sopra indicato;
– l’accordo transattivo del 14 ottobre 2021, sottoscritto tra il Ministero delle infrastrutture e ASPI;
– la nota del 5 novembre 2021, n. 19135, con cui ASPI ha trasmesso al Ministero delle infrastrutture la proposta di piano economico-finanziario aggiornata;
– il parere, del 22 dicembre 2021, del Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità sullo schema di terzo atto aggiuntivo alla Convenzione unica e il relativo piano economico-finanziario;
– il parere del 14 ottobre 2020 e la nota del 16 dicembre 2021 dell’Autorità di regolazione dei trasporti (Italia);
– i verbali delle sedute del 14 e del 15 luglio 2020 del Consiglio dei ministri (Italia);
– tutti gli atti presupposti, consequenziali o connessi.
23. I motivi di ricorso sollevati da Adusbef (10) riguardavano la violazione sia delle norme nazionali sia degli articoli 38, 43 e 44 della direttiva 2014/23.
24. A tale ricorso si sono opposti ASPI, le istituzioni e le amministrazioni pubbliche autrici degli atti impugnati, rappresentate congiuntamente, nonché Atlantia SpA (11) e, in qualità di interveniente ad opponendum, Holding Reti Autostradali.
25. È in tale contesto che il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali «in rapporto alla disciplina prevista dagli articoli 38, 43 e 44 della direttiva 2014/23»:
«1) Se sia, o meno, contrastante con il diritto [dell’Unione] l’interpretazione della normativa nazionale nel senso che l’Amministrazione concedente possa istruire un procedimento di modificazione soggettiva ed oggettiva di una concessione autostradale in corso di validità, o di sua rinegoziazione, senza valutare ed esprimersi sull’obbligo di indire una procedura di evidenza pubblica.
2) Se sia, o meno, contrastante con il diritto [dell’Unione] l’interpretazione della normativa nazionale nel senso che l’Amministrazione concedente possa istruire un procedimento di modificazione soggettiva ed oggettiva di una concessione autostradale in corso di validità, o di sua rinegoziazione, senza valutare l’affidabilità di un concessionario che si sia reso autore di un grave inadempimento.
3) Se in caso di rilevata violazione del principio di evidenza pubblica e/o di rilevata inaffidabilità del titolare di una concessione autostradale, la normativa [dell’Unione] imponga l’obbligo della risoluzione del rapporto».
III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
26. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 4 novembre 2022.
27. Hanno presentato osservazioni scritte Adusbef, ASPI, Holding Reti Autostradali, Mundys, i governi tedesco, estone e italiano nonché la Commissione europea. Tutti, ad eccezione dei governi tedesco ed estone, hanno partecipato all’udienza del 28 febbraio 2024.
IV. Valutazione
A. Osservazioni preliminari
1. Direttiva applicabile
28. Secondo Mundys, la direttiva 2014/23 non è rilevante ai fini della risoluzione della controversia, poiché, ai sensi del suo articolo 54, paragrafo 2, essa «non si applica all’aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014». Nella presente causa, la concessione controversa è stata aggiudicata il 12 ottobre 2007.
29. Anche se la concessione originaria è stata rilasciata prima dell’adozione della direttiva 2014/23, ciò che rileva per determinare la norma applicabile è la data delle modifiche la cui validità è contestata (12). Tale data è successiva al 17 aprile 2014, il che determina l’applicabilità della direttiva 2014/23.
30. Lo stesso ragionamento si applica, mutatis mutandis, per respingere le obiezioni relative alla sopravvenuta inaffidabilità del concessionario e all’esistenza di una causa di risoluzione del contratto. Entrambe si riferiscono a fatti, derivati da o collegati alle modifiche controverse, successivi al 17 aprile 2014.
2. Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
31. ASPI, Holding Reti Autostradali, Mundys e il governo italiano sostengono, con argomenti in parte comuni e in parte differenti, che il rinvio pregiudiziale è irricevibile. In breve, essi contestano al giudice del rinvio di non aver fornito gli elementi di fatto e di diritto sufficienti per ottenere una risposta utile alle sue questioni, e che queste ultime sono ipotetiche.
32. Le domande di pronuncia pregiudiziale riguardanti il diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Spetta inoltre al giudice nazionale definire, sotto la propria responsabilità, il quadro fattuale e normativo, la cui esattezza non compete alla Corte verificare. Essa può rifiutarsi di statuire su una di tali questioni solo in casi eccezionali, specificati dalla Corte medesima (13).
33. A mio parere, con riserva di quanto preciserò in seguito in merito alla terza questione pregiudiziale e a talune ambiguità nelle altre, le prime due hanno un rapporto con l’oggetto della controversia a quo. Sebbene la descrizione dei fatti non sia precisa come dovrebbe (14), tale esposizione e le considerazioni giuridiche contenute nella decisione di rinvio (15) forniscono alla Corte di giustizia le informazioni minime necessarie per risolvere le prime due questioni.
B. Sulla prima questione pregiudiziale
34. Il giudice del rinvio chiede se il diritto dell’Unione autorizzi «l’interpretazione della normativa nazionale nel senso che l’Amministrazione concedente possa istruire un procedimento di modificazione soggettiva ed oggettiva di una concessione autostradale in corso di validità, o di sua rinegoziazione, senza valutare ed esprimersi sull’obbligo di indire una procedura di evidenza pubblica».
35. La questione così formulata deve essere intesa come riferita all’articolo 43 della direttiva 2014/23, che disciplina la modifica dei contratti di concessione durante il loro periodo di validità. La tratterò analizzando questa disposizione e gli aspetti formali e sostanziali delle modifiche concordate nel presente caso.
1. Modifiche ai contratti di concessione nella direttiva 2014/23
36. L’articolo 43 della direttiva 2014/23 permette di modificare le concessioni senza la necessità di avviare una nuova procedura di aggiudicazione nei casi elencati al paragrafo 1 dello stesso. Tra questi si distingue, per ciò che qui interessa, l’ipotesi secondo cui «le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4» [paragrafo 1, lettera e)].
37. Il paragrafo 4 dello stesso articolo stabilisce quando la modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale. In una tale situazione, secondo il paragrafo 5 dello stesso, «[u]na nuova procedura di aggiudicazione di una concessione (…) è richiesta».
38. Il considerando 75 della direttiva 2014/23 stabilisce che «(…) Una nuova procedura di concessione è necessaria quando vengono apportate modifiche sostanziali alla concessione iniziale, in particolare al campo di applicazione e al contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti (…)».
39. Prima dell’entrata in vigore della direttiva 2014/23, la Corte di giustizia aveva già dichiarato che le modifiche sostanziali delle clausole essenziali di un contratto di concessione potevano costituire una nuova aggiudicazione di appalto (16).
40. Nel 2011 è stato aperto un dibattito (17) sulla necessità di riformare le direttive sugli appalti pubblici. Una delle questioni sottoposte alla consultazione era «la necessità di un chiarimento giuridico a livello UE per definire le condizioni in cui la modifica dell’appalto imponga una nuova procedura di appalto», alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Per quanto riguarda le modifiche contrattuali, il risultato riflesso nelle tre direttive sugli appalti del 2014 è simile.
41. La successiva giurisprudenza sull’articolo 43 della direttiva 2014/23 lo interpreta sulla falsariga delle pronunce precedenti. Così, nella sentenza del 2 settembre 2021, la Corte di giustizia ha affermato che con tale articolo «(…) ha proceduto a un’armonizzazione esaustiva, da un lato, delle ipotesi in cui le concessioni possono essere modificate senza che sia necessaria, per tale ragione, l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione della concessione (…) e, dall’altro, di quelle in cui una tale procedura di aggiudicazione è richiesta in caso di modifica delle condizioni di concessione» (18).
42. Come ho appena indicato, l’articolo 43, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23 stabilisce quali modifiche non richiedono una nuova procedura d’appalto. Il paragrafo 4 del medesimo articolo prevede quando una modifica è considerata sostanziale, con la conseguenza (paragrafo 5) che sarà richiesta una nuova procedura di aggiudicazione della concessione.
43. È alla luce di tali premesse che occorrerà rispondere al giudice del rinvio sulla prima questione pregiudiziale. Orbene, la questione è ambigua: così come è formulata, sembra essere finalizzata esclusivamente a determinare se vi sia un obbligo formale per l’amministrazione aggiudicatrice di pronunciarsi, con decisione motivata, il cui contenuto sostanziale passerebbe in tal modo in secondo piano.
44. L’approccio formale contrasta, tuttavia, con l’attenzione che il giudice a quo dedica, nella sua decisione di rinvio, a una delle (presunte) modifiche sostanziali della concessione, ossia quella relativa alla struttura societaria del concessionario.
45. Per completezza, affronterò le due prospettive, formale e sostanziale, della questione. Preliminarmente, devo sottolineare che, fatta eccezione per il cambio di azionisti, la decisione di rinvio non individua con precisione né l’origine né il contenuto delle clausole di concessione modificate.
46. Come ho già esposto, la modifica ha avuto luogo in virtù di due atti che, seppur intrecciati, presentano una forma giuridica diversa:
– da un lato, la stipula, il 14 ottobre 2021, dell’accordo transattivo tra il Ministero delle infrastrutture e ASPI, che ha posto fine alle indagini per inadempimento del concessionario (19);
– dall’altro, la sottoscrizione ad opera delle stesse parti, il 21 marzo 2022, del terzo atto aggiuntivo alla Convenzione unica. È stato questo atto che, in realtà, ha incorporato le modifiche alla concessione. Tuttavia, la decisione di rinvio vi dedica poca attenzione.
2. Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di motivare la propria decisione
47. L’articolo 43, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva 2014/23, nel disciplinare le modalità di modifica delle concessioni (con o senza necessità di indire una nuova procedura d’appalto), non richiede che l’amministrazione aggiudicatrice esponga i motivi che la inducono a ritenere che sussista uno dei casi previsti da tali disposizioni.
48. In linea di principio, e visto il silenzio dell’articolo 43 della direttiva 2014/23 su questo dettaglio, spetterebbe agli Stati membri imporre o meno alle amministrazioni aggiudicatrici l’obbligo di motivare le loro decisioni relative alla modifica delle concessioni.
49. Orbene, la Corte di giustizia ha già affermato che, in determinate circostanze, l’amministrazione aggiudicatrice è soggetta a tale obbligo, al fine di consentire agli interessati di «difendere i loro diritti e di decidere con piena cognizione di causa se occorra proporre un ricorso giurisdizionale contro [le decisioni adottate dalle autorità nazionali]» e di «consentire ai giudici di esercitare il controllo di legittimità di dette decisioni» (20).
50. Il giudice del rinvio dovrà stabilire se, tenuto conto dell’oggetto della controversia, gli atti impugnati avrebbero dovuto essere motivati e, in caso affermativo, se essi contengano una motivazione sufficiente per facilitare la difesa dei diritti dei loro destinatari o il loro controllo giurisdizionale (21).
51. Da questo punto di vista, la sentenza di rinvio riporta elementi sufficienti per dedurre che la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice è stata preceduta da valutazioni che potrebbero soddisfare l’obbligo di motivazione. In particolare, le autorità competenti hanno spiegato (a torto o a ragione, ma si tratta di un’altra questione) perché la modifica della concessione fosse la soluzione più opportuna.
52. Infatti, al punto 2.2 della decisione di rinvio si può leggere come l’amministrazione aggiudicatrice abbia soppesato le conseguenze negative e positive delle due alternative proposte (la modifica della concessione senza una nuova procedura d’appalto o la risoluzione del contratto) (22). Le ragioni che hanno indotto le autorità italiane a optare per la prima di queste soluzioni sono ampiamente esposte nei vari documenti del fascicolo (23).
53. Ciò posto, la motivazione dell’amministrazione aggiudicatrice potrebbe essere dedotta dal contenuto dell’insieme dei documenti costituito dagli atti impugnati con il ricorso di Adusbef. Tra questi, i pareri degli organi e delle istituzioni nazionali che evidenziano l’opportunità di adottare l’accordo transattivo e il terzo atto aggiuntivo, a seguito dei quali l’amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto opportuno modificare, senza previa gara d’appalto, la concessione originaria.
54. Nel ricorso di Adusbef dinanzi al giudice del rinvio, quest’ultima riconosce che «le motivazioni addotte nell’Accordo [transattivo] a favore della scelta di addivenire non alla risoluzione, ma piuttosto alla prosecuzione del contratto (…)» ben vi sono enunciate e ne riproduce parte del contenuto (24). Nello stesso documento (25) essa critica, con argomenti propri, quelli che l’accordo transattivo contiene a favore della continuità contrattuale e quelli che la Corte dei conti aveva addotto per «integrare la motivazione».
55. Adusbef ha così potuto conoscere e contestare il contenuto degli atti di modifica della concessione, che sottopone al controllo giurisdizionale del giudice del rinvio (26).
3. Qualificazione delle modifiche al contratto di concessione
56. La decisione di rinvio si concentra principalmente sulla (presunta) modifica del contratto di concessione derivante dall’alterazione della struttura societaria di ASPI. Si discute se vi sia stato un «cambiamento di concessionario», ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2014/23, in combinato disposto con il suo paragrafo 1, lettera d).
57. Il giudice del rinvio chiede inoltre se:
– il crollo del ponte Morandi costituisca una «circostanza imprevedibile» ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera c), punto i), della direttiva 2014/23;
– l’impegno di ASPI di fornire un intervento finanziario compensativo di 3 400 milioni di euro e di assicurare un aumento degli standard di sicurezza della rete autostradale e la sua effettiva realizzazione comporti una modifica sostanziale della concessione.
58. Spetta al giudice del rinvio stabilire se, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 5, della direttiva 2014/23, fosse necessario avviare una procedura di aggiudicazione. La Corte di giustizia può tuttavia fornirgli alcune indicazioni per aiutarlo a formulare il suo giudizio.
a) Modifica della struttura societaria: modifica sostanziale del contratto di concessione?
59. Ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, lettera d), punto ii), della direttiva 2014/23, «le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione (…) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui [l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore] avevano inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze[:] (…) al concessionario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico (…)».
60. Per interpretare tale disposizione, occorre fare riferimento al considerando 77 della direttiva 2014/23, che fa riferimento a modifiche strutturali, quali riorganizzazioni puramente interne, incorporazioni o fusioni, in corso d’esecuzione della concessione. Tali modifiche strutturali, aggiunge, «non dovrebbero automaticamente richiedere nuove procedure di aggiudicazione per la concessione (…)».
61. Dalle osservazioni scritte e presentate in udienza dalle parti della controversia, nonché dalle informazioni contenute nella decisione di rinvio (27), risulta che non vi è stata una sostituzione, universale o parziale, del concessionario (ASPI era e rimane il titolare della concessione), ma piuttosto una ristrutturazione societaria interna (28), nel corso della quale alcuni nuovi azionisti sono stati sostituiti ad altri nell’ambito di un’operazione notificata alla Commissione (29).
62. In udienza si è discusso se l’ingresso, con una partecipazione maggioritaria, di Cassa Depositi e Prestiti (30) nel capitale sociale di ASPI comportasse, per sua natura (31), una trasformazione del concessionario, che avrebbe reso necessaria una procedura di gara.
63. Orbene, in linea di principio, la semplice sostituzione di alcuni azionisti con altri, nell’ambito di una ristrutturazione societaria che non comporta il trasferimento del titolare della concessione, non costituisce una novazione soggettiva sostanziale, richiesta per una nuova gara d’appalto ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, lettera d), punto ii) della direttiva 2014/23. Ciò è stato confermato dalla Corte di giustizia, la quale ha affermato che «(…) le riorganizzazioni interne dell’aggiudicatario iniziale possono costituire modifiche non sostanziali dei termini dell’appalto pubblico di cui trattasi che non impongono l’apertura di una nuova procedura di appalto pubblico» (32).
64. Da un altro punto di vista, il giudice del rinvio dovrà valutare se tale modifica soggettiva sia consentita dall’articolo 10 bis della Convenzione unica. In tale ipotesi, occorrerà valutare se gli atti impugnati erano conformi alle disposizioni dell’articolo 43, paragrafo 1, lettera d), punto i), della direttiva 2014/23 (33), vale a dire, se la modifica era prevista come clausola o opzione di revisione inequivocabile nel titolo concessorio originario (34).
b) Altre modifiche (di carattere oggettivo)
65. Secondo il giudice del rinvio (35), le modifiche della Convenzione unica non risultano da «circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non ha potuto prevedere».
66. A suo avviso, non costituisce una circostanza imprevedibile una condotta inadempiente suscettibile di incidere sulla sicurezza stradale o di determinare, in misura esclusiva o concorrente, il verificarsi di un evento tragico come il crollo del ponte Morandi.
67. Sono del parere che l’attenzione debba essere rivolta non tanto al fatto se l’evento fosse imprevedibile, quanto alla «necessità» che ne derivasse la modifica contrattuale. L’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera c), punto i), della direttiva 2014/23 fa giustamente riferimento alla necessità di modifica che sia determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non ha potuto prevedere.
68. A prescindere dalla causa delle modifiche concordate, ciò che rileva nella presente controversia è la loro classificazione come sostanziali, al fine di decidere se, indipendentemente dalla loro origine, sarebbe stato necessario indire una procedura di gara, in quanto tali modifiche alteravano l’oggetto o la natura generale della concessione.
69. Nel corso dell’udienza si è discusso di quali modifiche oggettive, in particolare, derivavano dall’accordo transattivo e dall’atto aggiuntivo, rispetto alla Convenzione unica. Tra queste, il giudice del rinvio menziona gli impegni da parte di ASPI di fornire un intervento finanziario compensativo di EUR 3 400 milioni e di assicurare un aumento degli standard di sicurezza della rete autostradale. Non menziona, tuttavia, la modifica tariffaria o altre di natura diversa contenute in questi due accordi.
70. Anche in questo caso, spetterà al giudice del rinvio valutare se gli impegni assunti da ASPI comportino una modifica sostanziale del contratto ai sensi dell’articolo 43, paragrafi 1, 2 e 4, della direttiva 2014/23. Nella sua valutazione potrà tener conto, come discusso in udienza senza risultati definitivi, se le modifiche introdotte peggiorano di fatto la posizione del concessionario, assoggettandolo a condizioni più onerose (36), o, al contrario, favoriscono i suoi interessi permettendogli la continuità nella concessione. Potrà altresì valutare se tali modifiche riflettano l’attuazione di nuove misure legislative di carattere generale (37) o, piuttosto, decisioni ad hoc dell’amministrazione aggiudicatrice, liberamente adottate da quest’ultima a favore del concessionario.
71. A mio avviso, limitatamente alle modifiche menzionate dal giudice del rinvio, le due modifiche oggettive che quest’ultimo specifica non sembrano avere natura sostanziale: da un lato, l’intervento finanziario di ASPI (di per sé oneroso per il concessionario) tende a controbilanciare le ripercussioni economiche dell’avvenimento, nel contesto di una transazione; dall’altro, l’impegno a rafforzare la sicurezza della rete autostradale non si discosta significativamente dagli obblighi assunti nell’ambito della Convenzione unica.
C. Sulla seconda questione pregiudiziale
72. Il giudice del rinvio desidera sapere «se sia, o meno, contrastante con il diritto [dell’Unione] l’interpretazione della normativa nazionale nel senso che l’Amministrazione concedente possa istruire un procedimento di modificazione soggettiva ed oggettiva di una concessione autostradale in corso di validità, o di sua rinegoziazione, senza valutare l’affidabilità di un concessionario che si sia reso autore di un grave inadempimento» (38).
73. Il presupposto su cui si basa la questione è che il concessionario si è reso gravemente inadempiente ai propri obblighi di manutenzione e custodia dell’infrastruttura autostradale. Tuttavia, l’amministrazione aggiudicatrice non ha dichiarato formalmente tale inadempienza, in quanto il fascicolo aperto a tal fine è stato oggetto dell’accordo transattivo, più volte citato.
74. Il giudice del rinvio prende atto del parere emesso il 28 giugno 2019 da un gruppo di lavoro interistituzionale (39), che ha riscontrato un grave inadempimento da parte del concessionario agli obblighi di manutenzione e custodia. Questo parere, tuttavia, prevedeva già di escludere una dichiarazione di inadempimento a fronte della rinegoziazione della Convenzione unica (40), come in effetti è avvenuto.
75. La questione deve essere intesa come riferita all’articolo 38 della direttiva 2014/23, che è una delle disposizioni di tale direttiva invocate nell’incipit comune alle tre questioni.
76. L’articolo 38 della direttiva 2014/23 disciplina la selezione e la valutazione qualitativa dei candidati. È inserito in un titolo (II) relativo all’aggiudicazione delle concessioni. In questo contesto, la direttiva 2014/23 include l’affidabilità come elemento chiave della selezione iniziale. Secondo il considerando 70, le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere «operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili».
77. L’elemento dell’affidabilità permea i motivi di esclusione relativi alle condizioni soggettive sia del candidato vincitore sia degli altri operatori economici (41). Deve sussistere un nesso tra la (mancanza di) affidabilità e i motivi specifici di esclusione di cui all’articolo 38 della direttiva 2014/23.
78. Il campo di applicazione specifico dei motivi di esclusione riguarda la fase di selezione del contraente, ma non quando il rapporto contrattuale è già stato chiuso e, come nel caso di specie, la concessione ha prodotto, per anni, gli effetti che le sono propri. Sebbene uno dei paragrafi dell’articolo 38 preveda che l’amministrazione aggiudicatrice possa decidere l’esclusione in qualunque momento della procedura (di aggiudicazione della concessione), si tratta della procedura di selezione e valutazione delle candidature.
79. Si pone ora la questione se l’affidabilità debba essere un elemento rilevante anche quando si modificano le clausole di un contratto in corso di validità. Vale a dire, se la direttiva 2014/23 richieda una valutazione dell’affidabilità del concessionario a seguito di una modifica del contratto.
80. La risposta a questo problema dipenderà dalla natura delle modifiche proposte:
– se la modifica è sostanziale, nei termini sopra analizzati, l’amministrazione aggiudicatrice deve avviare una nuova procedura di aggiudicazione nel corso della quale le spetta valutare l’affidabilità di tutti i candidati, compreso il precedente concessionario (se sceglie di partecipare) (42). La valutazione dell’affidabilità avrà luogo pertanto nel corso della procedura di gara aperta per il rilascio della nuova concessione;
– per contro, se le modifiche non sono sostanziali, nulla nella direttiva 2014/23 impone che si proceda a una nuova valutazione dell’affidabilità del concessionario. In questa eventualità, non sarà necessario valutare i motivi di esclusione di cui all’articolo 38.
81. La differenza tra le due situazioni si osserva più chiaramente se si esamina il trattamento delle modifiche soggettive nella direttiva 2014/23. L’articolo 43, paragrafo 1, lettera d), punto ii), prevede, in caso di successione universale o parziale del concessionario iniziale da parte di un altro operatore economico, che quest’ultimo «soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente». Nel valutare il rispetto di tali criteri, l’amministrazione aggiudicatrice dovrà naturalmente tenere conto dell’affidabilità del nuovo operatore che sostituisce il precedente.
82. Tuttavia, qualora non vi sia una modifica soggettiva di tale natura, ma una mera ristrutturazione societaria interna, dovuta a cambiamenti nell’azionariato di chi è e rimane concessionario, l’amministrazione aggiudicatrice non è tenuta a valutare nuovamente l’affidabilità di quest’ultimo, già attestata nel corso della procedura di aggiudicazione iniziale.
83. Per quanto riguarda le modifiche oggettive non sostanziali, il loro trattamento è analogo a quello delle modifiche soggettive, in considerazione del regime delle modifiche contrattuali di cui alla direttiva 2014/23.
84. Diverso è il caso in cui, durante la vigenza del contratto, il concessionario abbia violato gravemente i propri obblighi contrattuali. Tale elemento potrebbe, a determinate condizioni, influire sul suo rapporto con l’amministrazione aggiudicatrice in quanto implica una (sopravvenuta) inaffidabilità o un’assenza di integrità. Da questa prospettiva limitata, si può sostenere che l’affidabilità del concessionario deve essere mantenuta per tutta la durata della concessione.
85. Infatti, l’inaffidabilità del concessionario, conseguente al grave inadempimento delle clausole di un contratto di concessione in vigore, è un elemento idoneo a comportare la risoluzione di tale contratto, come spiegherò di seguito. A questo proposito, la reazione dinanzi a un grave inadempimento, una volta accertato e dichiarato tale dall’amministrazione aggiudicatrice, può consistere nella risoluzione della concessione, che non è disciplinata dall’articolo 38 della direttiva 2014/23.
86. Tale reazione, tuttavia, non deve necessariamente aver luogo se l’amministrazione aggiudicatrice, nell’ambito della sua discrezionalità, ritiene che siano preferibili, per motivi di interesse pubblico, le opportune modifiche contrattuali (purché non sostanziali).
D. Sulla terza questione pregiudiziale
1. Sulla ricevibilità
87. Il giudice del rinvio chiede se, dinanzi alla «violazione del principio di evidenza pubblica e/o [alla] rilevata inaffidabilità del titolare di una concessione autostradale», il diritto dell’Unione imponga l’obbligo «della risoluzione del rapporto».
88. Il quesito deve essere inteso come riferito all’articolo 44 della direttiva 2014/23, il cui oggetto è la risoluzione (43) delle concessioni e la cui trasposizione è avvenuta nel diritto italiano mediante l’articolo 176 del Codice dei contratti pubblici.
89. Posta in questi termini, la questione è, a mio avviso, irricevibile in quanto non necessaria per la soluzione della controversia originaria. Nell’ambito di quest’ultima è stato presentato un ricorso di annullamento degli atti summenzionati (approvazione delle modifiche contrattuali), ma non è stato richiesto di porre fine alla concessione (44).
90. Attenendosi il dibattito dinanzi al giudice del rinvio alla legittimità delle modifiche contrattuali, non è chiaro quale interesse possa esserci, nella presente causa, a fornire una risposta sull’applicazione del meccanismo di risoluzione di cui all’articolo 44 della direttiva 2014/23 (45).
2. Nel merito
91. Nel caso in cui la Corte di giustizia dovesse ammettere la questione, analizzerò brevemente l’impatto dell’articolo 44 sulla controversia.
92. Ai sensi di questa disposizione, «[g]li Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori abbiano la possibilità, alle condizioni fissate dal diritto nazionale applicabile, di porre termine alla concessione in vigenza della stessa (…)» in tre specifici casi (46).
93. L’elenco di questi tre casi non è esaustivo. Gli Stati membri possono prevedere nel loro diritto interno la risoluzione di una concessione in caso di grave inadempimento delle clausole contrattuali imputabile a una delle parti (47).
94. Infatti, gli ordinamenti giuridici nazionali contengono spesso disposizioni in base alle quali nelle obbligazioni sinallagmatiche il potere di risoluzione è implicito, nel caso in cui uno dei soggetti obbligati non adempia ai propri obblighi. È il caso dell’articolo 1453 del codice civile italiano: nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
95. Attraverso l’articolo 176 del Codice dei contratti pubblici, il legislatore italiano ha trasposto nel diritto interno l’articolo 44 della direttiva 2014/23 (48), ma ha anche previsto la risoluzione della concessione in caso di inadempimento del concessionario. In tale ipotesi, l’articolo 176, paragrafo 7, del Codice dei contratti pubblici rinvia all’articolo 1453 del Codice civile.
96. Ne consegue (fatta salva l’interpretazione del proprio diritto da parte del giudice del rinvio) che, a prescindere dall’articolo 44 della direttiva 2014/23, l’inadempimento degli obblighi di concessione potrebbe costituire un motivo legittimo di risoluzione di un contratto di concessione. Infatti, dai documenti prodotti nel fascicolo emerge come il procedimento avviato nei confronti di ASPI, per l’inadempimento dei suoi obblighi di manutenzione e custodia dell’autostrada, prevedesse tra le possibili misure la risoluzione della concessione.
97. Tuttavia, ciò che il giudice del rinvio desidera sapere è se, dinanzi alla «violazione del principio di evidenza pubblica e/o [alla] rilevata inaffidabilità del titolare di una concessione autostradale», il diritto dell’Unione imponga l’obbligo «della risoluzione del rapporto».
98. Come sostenuto dal governo italiano, dalla Commissione e da alcune parti della controversia (49), la risposta a questa terza questione deriva dalla risposta alla seconda. Da quest’ultima si può dedurre che nessuno dei due elementi citati dal giudice del rinvio determina, nel caso di specie, la risoluzione della concessione:
– per quanto concerne il primo (assenza di una procedura di gara), una nuova procedura è necessaria solo in caso di modifiche sostanziali alla concessione. Ai sensi dell’articolo 44, lettera a), della direttiva 2014/23, la risoluzione è opportuna quando «la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione della concessione ai sensi dell’articolo 43», il che non sembra essere il caso in questione, per le ragioni già esposte;
– per quanto concerne il secondo (inaffidabilità del concessionario), ho già spiegato che sarebbe osservabile nella fase di selezione e valutazione dell’aggiudicatario, non in presenza di modifiche non sostanziali della concessione. Se l’inaffidabilità è legata a un grave inadempimento delle condizioni contrattuali, è un siffatto inadempimento che consente all’amministrazione aggiudicatrice di risolvere il contratto, per un motivo diverso da quelli previsti dall’articolo 44 della direttiva 2014/23.
V. Conclusione
99. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di giustizia di dichiarare irricevibile la terza questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) e di rispondere alla prima e alla seconda questione nei seguenti termini:
«Gli articoli 38 e 43, paragrafi 1, 4 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione,
devono essere interpretati come segue:
1) Ai sensi dell’articolo 43 della direttiva 2014/23, un contratto di concessione può essere modificato senza indire una nuova procedura di evidenza pubblica, qualora le modifiche apportate alle sue clausole, senza alterare la natura generale della concessione, non siano sostanziali, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori stabiliscono se sia necessario indire una nuova procedura di evidenza pubblica, dopo aver valutato la natura, sostanziale o meno, delle modifiche delle clausole di concessione. La relativa decisione deve consentire alle parti interessate di difendere i propri diritti e, se del caso, il controllo giurisdizionale.
2) L’articolo 38 della direttiva 2014/23 obbliga le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori a valutare l’affidabilità dei candidati, in relazione ai pertinenti motivi di esclusione, nell’ambito del processo di selezione e valutazione qualitativa di detti candidati. Tale valutazione è necessaria sia per il rilascio della concessione iniziale, sia per apportare al contratto di concessione modifiche sostanziali che richiedono una nuova evidenza pubblica».