Language of document : ECLI:EU:T:2004:120

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
29 aprile 2004 (1)

«Marchio comunitario – Marchio tridimensionale – Forma di una bottiglia – Bottiglia a collo lungo nel quale è inserita una fetta di limone – Impedimenti assoluti – Carattere distintivo – Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T-399/02,

Eurocermex SA, con sede in Evere (Belgio), rappresentata dagli avv.ti A. Bertrand e T. Reisch,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra S. Laitinen e dal sig. A. Rassat, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della decisione della prima commissione di ricorso dell'UAMI 21 ottobre 2002 (procedimento R 188/2002-1), riguardante la domanda di registrazione di un marchio tridimensionale (bottiglia a collo lungo nel quale è inserita una fetta di limone) come marchio comunitario,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dai sigg. J. Pirrung, presidente, A.W.H. Meij e N.J. Forwood (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González amministratore,

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 dicembre 2002,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 aprile 2003,

in seguito all'udienza del 25 novembre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti

1
Il 27 novembre 1998 la ricorrente, la cui attività consiste nella commercializzazione e nella distribuzione nel territorio europeo della birra messicana CORONA, presentava, in forza del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato, una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).

2
Il marchio di cui si chiedeva la registrazione è una forma tridimensionale con rivendicazione dei colori giallo e verde. Dalla riproduzione grafica quale figura nell’allegato alla domanda di marchio (raffigurata qui di seguito in bianco e nero) risulta che questa consiste in una bottiglia trasparente, riempita di un liquido giallo, a collo lungo nel quale è inserita una fetta di limone avente una scorza di colore verde.

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3
I prodotti e servizi per i quali si chiedeva la registrazione del marchio rientrano nelle classi 16, 25, 32 e 42 dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 16: «Carta, cartone e prodotti in queste materie, prodotti tipografici, articoli per legatoria, fotografie; cartoleria; adesivi, materie collanti per la cartoleria o per uso domestico; articoli per ufficio (esclusi i mobili); materie plastiche per l’imballaggio (non comprese in altre classi); caratteri di stampa; cliché»;

classe 25: «Indumenti di ogni tipo, magliette, pantaloni corti e di tutti i tipi; calzature di ogni genere, cappelleria di qualsiasi genere»;

classe 32: «Birre, acque minerali e gassose, succhi di frutta»;

classe 42: «Ristoranti, bar, snack‑bar».

4
Con lettera 18 ottobre 1999 l’esaminatrice segnalava alla ricorrente che essa riteneva che il marchio richiesto fosse privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

5
Con lettera 17 febbraio 2000, trasmessa via fax il 22 febbraio 2000, la ricorrente presentava osservazioni in proposito facendo valere che il marchio denominativo CORONA era notorio. Nella lettera si indica che essa è accompagnata da allegati tra i quali figura un articolo dal titolo «La bière mexicaine», pubblicato nel giornale Le Monde il 31 agosto 1997. Tali allegati non figurano ciò nondimeno nel fascicolo della commissione di ricorso trasmesso al Tribunale.

6
Con lettera 25 settembre 2001 l’esaminatrice ribadiva la sua posizione secondo la quale il marchio richiesto era privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e invitava la ricorrente a presentare, entro il termine di due mesi, prove a dimostrazione del fatto che questo marchio aveva acquisito carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto.

7
Con decisione 21 dicembre 2001 l’esaminatrice respingeva la domanda di marchio, ai sensi dell’art. 38 del regolamento n. 40/94, per i prodotti e servizi che rientrano nelle classi 32 e 42, con la motivazione che il marchio richiesto era privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Essa constatava che la ricorrente aveva omesso di presentare, entro il termine fissato in proposito, prove a dimostrazione del fatto che detto marchio avesse acquisito carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto.

8
Il 20 febbraio 2002 la ricorrente ha proposto un ricorso presso l’UAMI, in forza dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, avverso la decisione dell’esaminatrice. Con decisione 21 ottobre 2002, notificata alla ricorrente il 24 ottobre successivo (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso ha annullato in parte la decisione dell’esaminatrice nella parte in cui questa aveva respinto la domanda di marchio per i prodotti denominati «acque minerali» rientranti nella classe 32. Essa ha respinto il ricorso per il resto.


Conclusioni delle parti

9
La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

riformare la decisione impugnata annullando la decisione dell’esaminatrice, per quanto riguarda i prodotti e servizi denominati «birre, acque minerali e gassose, succhi di frutta; ristoranti, bar e snack‑bar» e rinviando la causa dinanzi all’esaminatrice per l’ulteriore trattazione;

condannare l’UAMI alle spese.

10
L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

11
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi, relativi alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), e, rispettivamente, all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94.

Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

12
La ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso secondo la quale il consumatore è abituato alla forma di bottiglia che costituisce il marchio richiesto sia per le birre sia per le bevande gassose e per i succhi di frutta. Secondo la ricorrente, solo alcune birre messicane sono vendute in bottiglie di questa forma, mentre le birre commercializzate in Europa, tranne talune che hanno costituito oggetto di procedimenti giudiziari risultati vittoriosi per contraffazione, vengono presentate in bottiglie le cui forme si distinguono radicalmente da quella che costituisce il marchio richiesto.

13
Per quanto riguarda i succhi di frutta, la ricorrente asserisce che la bottiglia classica di tali bevande si differenzia dalla bottiglia in questione, in particolare per una dimensione diversa ed un collo meno lungo. Quanto alle acque gassose, la ricorrente fa valere che il consumatore non è abituato a bottiglie da 33 cl, come la bottiglia controversa, dato che l’acqua gassosa è normalmente commercializzata in bottiglie da 75 cl, o addirittura da un litro.

14
Infine, la ricorrente sostiene, richiamandosi ad un articolo di stampa, che il fatto che uno spicchio di limone sia inserito nel collo della bottiglia costituisce una specificità del marchio richiesto che consente al pubblico destinatario di individuare l’origine commerciale dei prodotti così designati. La ricorrente aggiunge che la commissione di ricorso non ha giustificato la propria posizione per quanto riguarda i succhi di frutta e le acque gassose dato che non è usuale adornare tale tipo di bevande con uno spicchio di limone.

15
L’UAMI fa osservare che la forma della bottiglia che costituisce il marchio richiesto viene del tutto naturalmente alla mente. Riguardo, più in particolare, alla forma allungata del collo della bottiglia in questione, l’UAMI asserisce, fornendo taluni esempi, che molte birre vengono commercializzate in bottiglie che hanno la stessa configurazione d’insieme. Quanto al fatto che una fetta di limone venga inserita nel collo della bottiglia, l’UAMI è del parere che ciò costituisca una semplice aggiunta di un elemento banale e peraltro comunemente usato per taluni tipi di birra. L’UAMI conclude che i diversi elementi del marchio richiesto, presi isolatamente, vengono comunemente utilizzati per la commercializzazione dei prodotti in questione e che indizi concreti consentono di concludere che tali elementi, considerati nel loro insieme, sono altrettanto comunemente usati nel settore dell’attività di cui trattasi o sono atti ad esserlo.

Giudizio del Tribunale

16
Ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione i «marchi privi di carattere distintivo».

17
Il carattere distintivo di un marchio ai sensi della suddetta disposizione significa che tale marchio è atto ad identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (sentenze della Corte 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips, Racc. pag. I‑5475, punto 35, e 8 aprile 2003, cause riunite da C‑53/01 a C‑55/01, Linde e a., Racc. pag. I‑3161, punto 40).

18
I marchi cui si riferisce l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 sono, in particolare, quelli che, dal punto di vista del pubblico destinatario, vengono comunemente usati nel commercio per la presentazione dei prodotti o dei servizi interessati o riguardo ai quali esistono, perlomeno, indizi concreti che permettono di concludere che essi sono idonei a essere usati in tale modo [sentenze del Tribunale 2 luglio 2002, causa T‑323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2), Racc. pag. II‑2839, punto 37, e 5 marzo 2003, causa T‑194/01, Unilever/UAMI (pasticca ovoidale), Racc. pag. II‑383, punto 39].

19
Il carattere distintivo di un marchio dev’essere valutato rispetto, da una parte, ai prodotti o ai servizi per i quali viene richiesta la sua registrazione e, dall’altra, alla percezione che ne hanno gli ambienti interessati, che sono, in generale, costituiti dai consumatori di tali prodotti o servizi (sentenza Linde e a., cit. supra al punto 17, punto 41). Si tratta della percezione presunta di un consumatore medio della categoria di prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (v., per analogia, sentenze della Corte 16 luglio 1998, causa C‑210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I‑4657, punto 31, e Philips, cit. supra al punto 17, punto 63).

20
Il pubblico interessato dal marchio richiesto è quello di tutti i consumatori finali. Infatti, le birre, le acque gassose e i succhi di frutta sono destinati ad un consumo corrente. Lo stesso vale per i servizi cui fa riferimento la domanda di marchio.

21
Per quanto riguarda i prodotti rispetto ai quali la registrazione del marchio viene negata nel caso di specie, e cioè le birre, le acque gassose e i succhi di frutta, il marchio richiesto è costituito dal loro imballaggio, e cioè la bottiglia, nonché da un accessorio di tale imballaggio, e cioè la fetta di limone. Dato che le bevande, come gli altri liquidi, non hanno forma propria e la loro commercializzazione richiede un imballaggio che conferisce la propria forma al prodotto, tale imballaggio, ai fini dell’esame di una domanda di registrazione in quanto marchio, dev’essere equiparato alla forma del prodotto.

22
In proposito, dalla giurisprudenza risulta che i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto non sono diversi da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Infatti, l’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non opera alcuna distinzione tra le varie categorie di marchi all’atto della valutazione del loro carattere distintivo [v., per quanto riguarda la forma dei prodotti, sentenza «Pasticca ovoidale», cit. supra al punto 18, punto 44, nonché, per quanto riguarda l’art. 3, n. 1, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, che ravvicina le legislazioni degli Stati membri sui marchi (GU 1989, L 40, pag. 1), sentenza Linde e a., cit. supra al punto 17, punti 42‑49).

23
Ciò nondimeno, la percezione da parte del pubblico interessato non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale, costituito dall’imballaggio di un prodotto, e nel caso di un marchio denominativo, figurativo o tridimensionale che consiste in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che esso designa. Infatti, i consumatori medi non hanno l’abitudine di presumere l’origine dei prodotti basandosi sulla forma del loro imballaggio, in mancanza di qualsiasi elemento grafico o testuale, e potrebbe quindi rivelarsi difficile accertare il carattere distintivo per quanto riguarda un siffatto marchio tridimensionale (v., per analogia, sentenza Linde e a., cit. supra al punto 17, punto 48; sentenza della Corte 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel, Racc. pag. I‑3793, punto 65, e sentenza «Pasticca ovoidale», cit. supra al punto 18, punto 45).

24
Dato che l’imballaggio di un prodotto liquido è un vincolo inerente alla commercializzazione, il consumatore medio vi attribuisce in primo luogo una pura funzione di condizionamento. Un marchio tridimensionale costituito da un siffatto imballaggio è distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 solo ove esso consenta al consumatore medio di un prodotto del genere, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, senza procedere ad un’analisi o ad una comparazione e senza dar prova di particolare attenzione, di distinguere il prodotto di cui trattasi da quelli di altre imprese.

25
Dato che la ricorrente ha chiesto la registrazione di un marchio composto di più elementi (o marchio complesso), occorre, ai fini della valutazione del suo carattere distintivo, considerarlo nel suo complesso. Tuttavia, ciò non è incompatibile con un esame in successione dei diversi elementi di cui il marchio è composto (sentenza «Pasticca ovoidale», cit. supra al punto 18, punto 54).

26
Per quanto riguarda, anzitutto, la forma tridimensionale del marchio richiesto, questa si presenta come una bottiglia di vetro la cui parte superiore è leggermente troncoconica e che è dotata di un collo allungato.

27
In proposito, la commissione di ricorso ha pertinentemente sostenuto, al punto 13 della decisione impugnata, che molte birre, ma anche bevande gassate e succhi di frutta, vengono commercializzati in bottiglie le cui forme sono molto simili a quella in questione. In allegato al controricorso, l’UAMI ha prodotto diverse immagini di bottiglie di birra che confermano tale constatazione. Per contro, la ricorrente non ha apportato alcuna prova a sostegno del suo assunto secondo il quale sono stati promossi, con successo, procedimenti giurisdizionali contro l’utilizzazione di siffatte bottiglie per birre europee. Per quanto riguarda le acque gassose e i succhi di frutta, è notorio che tali bevande vengono commercializzate in bottiglie di dimensioni diverse, e non soltanto in bottiglie da 75 cl o da un litro, come asserito dalla ricorrente. Inoltre, le forme di tali bottiglie sono molto varie. Quindi, la forma tridimensionale della bottiglia di cui trattasi viene comunemente utilizzata, o per lo meno è atta ad esserlo, per la presentazione dell’insieme dei prodotti di cui trattasi.

28
Per quanto riguarda, poi, la fetta di limone verde, i riferimenti ai siti Internet che figurano a pié di pagina al punto 15 della decisione impugnata e le indicazioni supplementari fornite dall’UAMI in allegato al controricorso dimostrano, sufficientemente in diritto, che questo elemento viene comunemente utilizzato, nel commercio, per la presentazione delle birre. Per quanto riguarda gli altri prodotti interessati, è notorio che il limone viene comunemente usato, in commercio, per la presentazione di diversi tipi di alimenti. Ciò vale anche per il fatto che fette o spicchi di limone vengono frequentemente aggiunti, al momento del consumo, alle acque gassose e ad altre bevande non alcoliche e che il limone verde viene anch’esso usato in tal modo. Tali circostanze costituiscono indizi concreti che consentono di concludere che il limone e il limone verde sono idonei ad essere comunemente utilizzati, nel commercio, per la presentazione dei prodotti di cui trattasi.

29
Quanto ai colori rivendicati, dalla rappresentazione grafica del marchio richiesto risulta che trattasi, da una parte, del colore del contenuto giallo della bottiglia, essa stessa trasparente, e, dall’altra, dei colori della scorza verde e della polpa, di un verde giallastro molto chiaro, della fetta di limone. Ora, il giallo corrisponde al colore della birra e a quello di talune acque gassose, e cioè delle limonate, mentre le due tonalità di verde che figurano sulla rappresentazione del marchio corrispondono al colore naturale della scorza e della polpa del limone verde. Inoltre, il giallo e il verde sono colori di base che vengono comunemente utilizzati, nel commercio, per la presentazione di tutti i tipi di alimenti e, più in particolare, di bevande.

30
Ne consegue che il marchio richiesto è costituito da una combinazione di elementi ciascuno dei quali, essendo atto ad essere comunemente utilizzato, nel commercio, per la presentazione dei prodotti di cui alla richiesta di marchio, è privo di carattere distintivo rispetto a tali prodotti.

31
Dalla giurisprudenza risulta che il fatto che un marchio complesso sia composto solo di elementi privi di carattere distintivo rispetto ai prodotti o servizi cui si riferisce consente di concludere che anche tale marchio, considerato nel suo insieme, può essere comunemente utilizzato, nel commercio, per la presentazione di tali prodotti o servizi (sentenza SAT.2, cit. supra al punto 18, punto 49). Una tale conclusione può essere invalidata solo nell’ipotesi in cui indizi concreti, quale, in particolare, il modo in cui i vari elementi sono combinati, indichino che il marchio complesso, considerato nel suo insieme, rappresenta più della somma degli elementi da cui è composto (v., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa definita con sentenza della Corte 12 febbraio 2004, causa C‑363/99, Koninklijke KPN Nederland, Racc. pag. I‑0000, punto 65).

32
Nel caso di specie, non risulta che esistano indizi del genere. Infatti, il marchio richiesto, caratterizzato in sostanza dalla combinazione di una forma tridimensionale di una bottiglia con, da una parte, i colori giallo e verde e, dall’altra, una fettina di limone verde, può essere comunemente usato, nel commercio, per la presentazione dei prodotti di cui alla domanda di marchio. Per quanto riguarda, più in particolare, la struttura del marchio richiesto, caratterizzata dal fatto che la fetta di limone è inserita nel collo della bottiglia, è difficile immaginare altre possibilità di combinare tali elementi in una sola entità tridimensionale. Inoltre, si tratta del solo modo con cui si può adornare una bibita con una fetta o uno spicchio di limone qualora questa venga bevuta direttamente a partire dal collo della bottiglia. Ne consegue che il modo in cui gli elementi del presente marchio complesso sono combinati non può conferire a questo un carattere distintivo.

33
Occorre aggiungere che eventuali differenze tra la forma ed il colore che costituiscono il marchio richiesto e la forma e il colore di altre bottiglie che servono da imballaggio ai prodotti di cui trattasi non sono atte ad alterare questa conclusione. Infatti, visto nel suo insieme, il marchio richiesto non si differenzia sostanzialmente dalle forme di base del condizionamento dei prodotti di cui trattasi, comunemente usate nel commercio, ma appare piuttosto come una variante di tali forme.

34
Ora, il consumatore medio non procede ad un’analisi dettagliata della forma e del colore dell’imballaggio delle bevande di cui trattasi e presta loro un grado di attenzione piuttosto basso.

35
Quindi, il marchio richiesto, così come è percepito da un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, non è atto ad individuare i prodotti contemplati nella domanda di marchio e a distinguerli da quelli che hanno un’altra origine commerciale. Pertanto, esso è privo di carattere distintivo, rispetto a tali prodotti.

36
Riguardo ai servizi cui fa riferimento la domanda di marchio, e cioè i ristoranti, i bar o snack‑bar, occorre rilevare che questi servizi si propongono, in particolare, la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi. Come è stato appena accertato, il marchio richiesto è atto ad essere comunemente utilizzato, nel commercio, per la presentazione di tali prodotti. Ora, questa circostanza costituisce un indizio concreto, che consente di concludere che tale marchio è atto anche ad essere comunemente utilizzato, nel commercio, per la presentazione di detti servizi. Quindi, esso è privo di carattere distintivo rispetto a questi.

37
Ne consegue che il motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 dev’essere respinto.

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94

Argomenti delle parti

38
La ricorrente asserisce di avere ampiamente sfruttato il marchio richiesto nell’ambito della commercializzazione della birra CORONA nel complesso del territorio della Comunità e che tale marchio ha costituito oggetto di un’ampia promozione seria, costante e continua. Quindi, secondo la ricorrente, esso è idoneo ad identificare i prodotti di cui trattasi come provenienti dalla sua impresa.

39
Al fine di suffragare la propria tesi, la ricorrente allega al suo ricorso, a titolo di elementi di prova, in primo luogo, i documenti che essa aveva già prodotto in allegato alla memoria che esponeva i motivi del suo ricorso proposto dinanzi all’UAMI, in data 19 aprile 2002, in secondo luogo, l’articolo dal titolo «La bière mexicaine» pubblicato nel giornale Le Monde che essa aveva invocato nel corso del procedimento dinanzi all’esaminatrice, in terzo luogo, cinque fotografie di bottiglie e, in quarto luogo, un articolo dal titolo «Dossier‑bières».

40
L’UAMI ritiene che le prove presentate dalla ricorrente nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso siano insufficienti a dimostrare che il marchio richiesto abbia acquisito carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto e che debbano essere esclusi gli elementi di prova presentati per la prima volta con il ricorso dinanzi al Tribunale.

Giudizio del Tribunale

41
In forza dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, gli impedimenti assoluti alla registrazione indicati dall’art. 7, n. 1, lett. b)‑d), dello stesso regolamento non ostano alla registrazione di un marchio se questo ha acquisito, per i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto. Infatti, nell’ipotesi di cui all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, il fatto che il segno, che costituisce il marchio di cui trattasi, sia effettivamente percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine commerciale di un prodotto o di un servizio è il risultato di uno sforzo economico di chi richiede la registrazione del marchio. Orbene, tale circostanza giustifica che vengano meno le considerazioni d’interesse generale sottostanti al n. 1, lett. b)‑d), dello stesso articolo, le quali impongono che i marchi oggetto di tali disposizioni possano essere liberamente utilizzati da tutti al fine di evitare di creare un vantaggio concorrenziale illegittimo a favore di un solo operatore economico (sentenza SAT.2, cit. supra al punto 18, punto 36).

42
In primo luogo, dalla giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva 89/104, il cui contenuto normativo è, in sostanza, identico a quello dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, risulta che l’acquisizione di un carattere distintivo con l’uso del marchio richiede che almeno una frazione significativa del pubblico destinatario identifichi grazie al marchio i prodotti o servizi di cui trattasi come provenienti da un’impresa determinata. Tuttavia, le circostanze nelle quali la condizione collegata all’acquisizione di un carattere distintivo con l’uso possa essere considerata soddisfatta non possono essere accertate solo in base a dati generali ed astratti, come percentuali determinate (v., in tal senso, sentenze della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779, punto 52, e Philips, cit. supra al punto 17, punto 61).

43
In secondo luogo, per fare accettare la registrazione di un marchio ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso di tale marchio deve essere dimostrato nella parte sostanziale della Comunità in cui esso ne era privo alla luce dell’art. 7, n. 1, lett. b), c) e d), del detto regolamento [sentenza del Tribunale 30 marzo 2000, causa T‑91/99, Ford Motor/UAMI (OPTIONS), Racc. pag. II‑1925, punto 27).

44
In terzo luogo, occorre tener conto, ai fini della valutazione, in un caso di specie, dell’acquisizione di un carattere distintivo mediante l’uso, di fattori come, fra l’altro, la quota di mercato detenuta dal marchio, la frequenza, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio e l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo. Mezzi di prova adeguati in proposito sono, in particolare, dichiarazioni di camere di commercio e d’industria o di altre associazioni professionali nonché sondaggi d’opinione (v., in tal senso, sentenze Windsurfing Chiemsee, cit. supra al punto 42, punti 51 e 53, e Philips, cit. supra al punto 17, punto 60).

45
In quarto luogo, l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso deve avvenire anteriormente alla presentazione della domanda di marchio [sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II‑5301, punto 36].

46
Alla luce di tali considerazioni occorre esaminare se, nel caso di specie, la commissione di ricorso abbia violato l’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 ritenendo che il marchio richiesto non potesse essere registrato in forza di tale disposizione.

47
La decisione impugnata non contiene alcuna constatazione quanto alla parte della Comunità in cui il marchio richiesto è privo di carattere distintivo. Ciò nondimeno, nel caso dei marchi non denominativi, come quello contemplato nel caso di specie, occorre presumere che la valutazione del loro carattere distintivo sia la stessa in tutta la Comunità, almeno che non esistano indizi concreti in senso contrario. Dato che dal fascicolo non risulta che ciò accada nel caso di specie, occorre ritenere che l’impedimento assoluto di cui all’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 esista, nei confronti del marchio richiesto, in tutta la Comunità. È quindi in tutta la Comunità che questo marchio deve avere acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, per essere registrabile in forza dell’art. 7, n. 3, dello stesso regolamento.

48
Nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI, la ricorrente ha effettivamente dedotto, nella memoria che espone i motivi del ricorso, in data 19 aprile 2002, che il marchio richiesto aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutta la Comunità ed essa ha prodotto la relazione annuale sulle vendite e sulle esportazioni della società messicana Grupo Modelo SA de CV per il 1999, materiale pubblicitario nonché fotografie di bottiglie.

49
Occorre quindi accertare se la commissione di ricorso abbia giustamente constatato che gli elementi di prova prodotti dinanzi ad essa erano insufficienti a dimostrare che, alla data del deposito, il marchio richiesto aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso.

50
Per quanto riguarda, anzitutto, la relazione relativa alle vendite ed alle esportazioni della società messicana Grupo Modelo SA de CV per il 1999, l’UAMI ha rilevato, giustamente, che le bottiglie che vi sono raffigurate non sono tutte identiche a quella che costituisce il marchio richiesto e che esse contengono tutte un’etichetta sulla quale figurano elementi denominativi come «corona», «corona extra», «coronita» o infine «estrella». I risultati finanziari relativi agli anni 1990‑1999 che figurano alle pagine 4 e 5 di tale documento non fanno distinzione tra i diversi marchi usati da detta società né tra i diversi mercati geografici. I passaggi di questo documento vertenti sul mercato europeo si limitano ad indicare, in modo generale e non circostanziato, che la posizione dei marchi sfruttati dalla società Grupo Modelo SA de CV si è rafforzata nel 1999 in Francia, in Italia, in Belgio, in Germania, in Grecia e in altri paesi, che ha conosciuto una rilevante crescita in Austria e che nel Regno Unito la penetrazione del mercato è migliorata. Riguardo, più specificamente, al mercato spagnolo, il documento indica, in sostanza, che sono state avviate rilevanti campagne promozionali e che il volume delle vendite è aumentato del 12% rispetto al 1998, rafforzando così la posizione del marchio Coronita come detentore della maggior quota di mercato fra le birre importate. Per contro, il documento non contiene alcuna indicazione esatta quanto alla quota di mercato detenuta dal marchio richiesto e quanto all’importanza degli investimenti fatti dall’impresa per promuoverlo. Questo documento non consente quindi di concludere che, nella Comunità, almeno una frazione significativa del pubblico destinatario percepisca il marchio richiesto come indicante l’origine commerciale dei prodotti e servizi di cui trattasi.

51
Lo stesso vale per il materiale pubblicitario prodotto dalla ricorrente, dato che esso non consente alcuna constatazione concreta relativa ai fattori individuati supra al punto 44. Inoltre, il materiale pubblicitario prodotto dalla ricorrente non contiene alcuna prova dell’uso del marchio quale è stato richiesto. Infatti, su tutte le immagini prodotte, la rappresentazione della forma e dei colori rivendicati è accompagnata dai marchi denominativi della ricorrente. Pertanto, questo materiale non può costituire la prova del fatto che il pubblico destinatario percepisca il marchio richiesto, in quanto tale e indipendentemente dai marchi denominativi e figurativi da cui esso è accompagnato nella pubblicità e al momento della vendita dei prodotti, come idoneo a indicare l’origine commerciale dei prodotti e servizi di cui trattasi.

52
Occorre aggiungere che la ricorrente non può dedurre, per dimostrare che il marchio richiesto abbia acquisito un carattere distintivo, gli elementi di prova che essa ha prodotto, per la prima volta, in allegato al ricorso. Infatti, la commissione di ricorso è obbligata a tener conto di un elemento di prova potenzialmente pertinente nella valutazione dell’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso solo se il richiedente il marchio l’abbia prodotto nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI (sentenza ECOPY, cit. supra al punto 45, punto 47). Quindi, le prove che non sono state prodotte nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI non possono mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata.

53
Per quanto riguarda, infine, l’articolo dal titolo «La bière mexicaine», pubblicato nel giornale Le Monde, al quale la ricorrente fa riferimento nel procedimento dinanzi all’esaminatrice e di cui non risulta chiaramente dal fascicolo se sia stato effettivamente prodotto dinanzi all’UAMI, è sufficiente rilevare che tale articolo si riferisce solo al mercato francese e non dimostra quindi che il marchio richiesto abbia acquisito un carattere distintivo nell’intera Comunità.

54
Pertanto, la ricorrente non ha provato che il marchio richiesto abbia acquisito, in tutta la Comunità, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94. Il secondo motivo, relativo alla violazione di tale disposizione, dev’essere quindi respinto.

55
Ne consegue che occorre respingere il ricorso.


Sulle spese

56
A norma dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alle conclusioni del convenuto.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Meij

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo, il 29 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: il francese.