Language of document : ECLI:EU:T:2019:528

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

12 luglio 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo mo·da – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 – Impedimento assoluto alla registrazione in una parte dell’Unione – Articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 – Assenza di carattere distintivo acquisito in seguito all’uso – Articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001»

Nella causa T‑264/18,

Gruppo Armonie SpA, con sede in Casalgrande (Italia), rappresentata da G. Medri, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 20 febbraio 2018 (procedimento R 2065/2017-5), concernente la domanda di registrazione del segno figurativo mo·da come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, L. Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín (relatore) e I. Reine, giudici,

cancelliere: E. Hendrix, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2018,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 luglio 2018,

in seguito all’udienza del 5 marzo 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 27 febbraio 2017 la Gruppo Armonie SpA, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è il segno figurativo seguente:

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3        I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano nella classe 19 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti».

4        Con decisione del 4 settembre 2017, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per i prodotti citati al precedente punto 3 in base al combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, del regolamento 2017/1001].

5        Il 22 settembre 2017 la ricorrente ha proposto ricorso presso l’EUIPO, a norma degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

6        Con decisione del 20 febbraio 2018 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso.

7        In particolare, essa ha rifiutato la registrazione del marchio richiesto per i seguenti motivi:

–        il pubblico di riferimento, composto sia dal grande pubblico sia dai professionisti che operano nell’ambito del settore edile, per i prodotti di cui trattasi prestava un livello di attenzione che variava da normale ad elevato;

–        in relazione ai prodotti di cui trattasi, il termine «moda» era privo di carattere distintivo e l’elemento figurativo «mo·da», rappresentando un espediente grafico alquanto banale, non era sufficiente a conferire carattere distintivo al marchio richiesto nel suo insieme;

–        l’uso anteriore del marchio richiesto, per il quale quest’ultimo avrebbe acquisito carattere distintivo in tutti gli Stati membri, non era comprovato dalla registrazione del marchio nazionale mo·da, con elementi denominativi e figurativi identici a quelli del marchio richiesto e avente ad oggetto gli stessi prodotti del marchio di cui trattasi, da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi;

–        i marchi dell’Unione europea costituiti dal termine «moda» citati dalla ricorrente, essendo stati registrati per prodotti diversi da quelli di cui trattasi, non erano comparabili al marchio richiesto posto che la commissione di ricorso non era a conoscenza delle ragioni che avevano condotto alla registrazione dei suddetti marchi dell’Unione europea ed essa non era vincolata da una siffatta registrazione ove non fosse stata conforme alle disposizioni del diritto dell’Unione.

8        All’udienza del 5 marzo 2019, la ricorrente ha prodotto quattro documenti in lingua inglese composti da estratti online del sito Internet dell’EUIPO, stampati il 3 marzo 2019, su quattro marchi dell’Unione europea registrati presso l’EUIPO rispettivamente in data 27 ottobre 2012, 9 ottobre 2015 e 21 aprile e 2 dicembre 2016, con i numeri di riferimento 010786986, 014222971, 1304721 e 015746654, ossia i marchi MODA (figurativo), per prodotti rientranti nelle classi 9, 16 e 41, 1 Moda (figurativo), per prodotti rientranti nelle classi 9, 35 e 42, MODA (figurativo), per prodotti rientranti nella classe 21, e MODAIOLO (denominativo), per prodotti rientranti nelle classi 32, 33, 35 e 43. Per quanto concerne la loro ricevibilità, l’EUIPO si rimette alla valutazione del Tribunale.

 Conclusioni delle parti

9        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        autorizzare la registrazione del marchio richiesto.

10      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

11      All’udienza del 5 marzo 2019, in risposta a taluni quesiti orali posti dal Tribunale, la ricorrente ha precisato di chiedere l’annullamento della decisione impugnata e che la registrazione del marchio richiesto è una mera conseguenza che l’EUIPO dovrebbe trarne.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

 Sul secondo capo di conclusioni della ricorrente, diretto ad ottenere l’autorizzazione, da parte del Tribunale, della registrazione del marchio richiesto

12      Poiché la ricorrente ha precisato in udienza di chiedere al Tribunale unicamente l’annullamento della decisione impugnata, non è necessario pronunciarsi in merito al secondo capo di conclusioni del ricorso, diretto ad ottenere l’autorizzazione, da parte del Tribunale, della registrazione del marchio richiesto.

 Sui documenti presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale

–       Sull’allegato A 12 accluso al ricorso

13      La ricorrente acclude al suo ricorso, come allegato A 12, copia di una tabella riassuntiva delle fatture emesse dalla Gruppo Armonie, già Armonie by Arte Casa Ceramiche SpA, per prodotti del marchio italiano mo·da, dal 2011 al 2018 (allegato A 12).

14      L’EUIPO eccepisce l’irricevibilità di detto allegato.

15      È pacifico che l’allegato A 12 è stato prodotto per la prima volta dinanzi al Tribunale. Di conseguenza, non può essere preso in considerazione e dev’essere dichiarato irricevibile. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale mira al controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 72 del regolamento 2017/1001, sicché la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

–       Sui quattro documenti prodotti dalla ricorrente in udienza

16      In udienza, la ricorrente ha prodotto quattro documenti composti da estratti online del sito Internet dell’EUIPO su quattro marchi dell’Unione europea registrati presso l’EUIPO.

17      L’EUIPO ha indicato che, relativamente alla ricevibilità di tali documenti, esso si rimetteva alla valutazione del Tribunale.

18      Va rilevato che, sebbene i quattro documenti siano stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, essi non costituiscono prove propriamente dette, ai sensi segnatamente dell’articolo 85 del regolamento di procedura del Tribunale, bensì riguardano la prassi di registrazione dell’EUIPO, alla quale una parte ha diritto di fare riferimento [v., per analogia, sentenze del 24 novembre 2005, ARTHUR ET FELICIE, T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 20; del 24 novembre 2016, CG/EUIPO – Perry Ellis International Group (P PRO PLAYER), T‑349/15, non pubblicata, EU:T:2016:677, punti 18 e 19, e del 26 ottobre 2017, Alpirsbacher Klosterbräu Glauner/EUIPO (Klosterstoff), T‑844/16, EU:T:2017:759, punto 57].

19      Pertanto, i quattro documenti in questione devono essere dichiarati ricevibili.

 Nel merito

20      La ricorrente deduce sostanzialmente un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, sollevando cinque censure fondate, in primo luogo, su un errore di valutazione nella determinazione del pubblico di riferimento; in secondo luogo, su un errore di valutazione quanto alla percezione del termine «moda» come messaggio promozionale o elogiativo da parte del pubblico di riferimento; in terzo luogo, su un errore di valutazione quanto all’assenza di carattere distintivo del segno; in quarto luogo, su un errore di valutazione quanto alla mancata acquisizione di carattere distintivo da parte del marchio richiesto in seguito all’uso e, in quinto luogo, sulla mancata considerazione dell’esistenza di marchi dell’Unione europea contenenti il termine «moda».

 Sull’errore di valutazione nella determinazione del pubblico di riferimento

21      La ricorrente contesta la decisione impugnata adducendo che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione nella determinazione del pubblico di riferimento, ritenendo che tale pubblico sia costituito dai consumatori appartenenti al grande pubblico e dai professionisti operanti principalmente nel settore edile, i quali nel loro complesso presentano un livello di attenzione che varia da normale ad elevato, senza tenere conto della tipologia dei prodotti di cui trattasi e, di conseguenza, senza tener conto del solo livello di attenzione elevato prestato per detti prodotti dal pubblico di riferimento, costituito dal pubblico medio di detto settore merceologico e da altri consumatori, frequentemente assistiti da personale specializzato o tecnico esperto. La ricorrente ritiene che l’errata determinazione del pubblico di riferimento e del livello di attenzione rispetto ai prodotti di cui trattasi abbia impedito alla commissione di ricorso di valutare correttamente il carattere distintivo del marchio richiesto.

22      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

23      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.

24      Da una giurisprudenza costante risulta che il carattere distintivo di un segno può essere valutato unicamente in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenza del 21 gennaio 2010, Audi/UAMI, C‑398/08 P, EU:C:2010:29, punto 34 e giurisprudenza ivi citata; sentenze del 20 luglio 2016, Reisenthel/EUIPO (keep it easy), T‑308/15, non pubblicata, EU:T:2016:420, punto 15, e del 15 dicembre 2016, Intesa Sanpaolo/EUIPO (START UP INITIATIVE), T‑529/15, EU:T:2016:747, punto 51].

25      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha affermato, ai punti 17 e 18 della decisione impugnata, che i prodotti rivendicati dalla domanda di marchio erano rivolti tanto al grande pubblico quanto a un pubblico composto da professionisti che operano principalmente nel settore edile e che il livello di attenzione di tale pubblico variava da normale ad elevato. La commissione di ricorso ha precisato, a tal riguardo, di non aver ravvisato alcuna contraddizione da parte dell’esaminatore laddove questi aveva ritenuto che il pubblico destinatario di «materiali da costruzione per pavimentazioni e rivestimenti» potesse prestare anche un livello di attenzione elevato e non solo normale, in base al suo grado di specializzazione e conoscenza.

26      La ricorrente, interrogata dal Tribunale circa la portata della propria argomentazione diretta a contestare la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso in merito al pubblico di riferimento e al livello di attenzione del medesimo, ha precisato che i consumatori dei prodotti di cui trattasi, vale a dire dei materiali da costruzione per pavimentazione e rivestimenti, procedevano ai propri acquisti con l’ausilio di personale specializzato o tecnico esperto.

27      A tale riguardo, giova ricordare che il Tribunale ha già dichiarato che era sufficiente, affinché un segno ricada nel divieto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che un impedimento alla registrazione sussista per una parte non trascurabile del pubblico destinatario e che non era necessario, al riguardo, esaminare se gli altri consumatori appartenenti al pubblico di riferimento siano anch’essi a conoscenza di tale segno [sentenze del 15 dicembre 2016, START UP INITIATIVE, T‑529/15, EU:T:2016:747, punto 55, e del 6 ottobre 2017, Karelia/EUIPO (KARELIA), T‑878/16, non pubblicata, EU:T:2017:702, punto 27].

28      Orbene, come correttamente osservato dall’EUIPO, la ricorrente non fornisce alcun elemento atto a dimostrare gli argomenti che adduce per quanto riguarda il pubblico di riferimento e il suo livello di attenzione, e la sua argomentazione, fondata sul ricorso a personale specializzato o tecnico esperto, non può essere di per sé sufficiente, in mancanza di elementi di prova che la avvalorino, per dimostrare che la commissione di ricorso abbia erroneamente applicato un livello di attenzione meno elevato rispetto a quello che presterebbe il pubblico di riferimento nel caso di specie [v., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2016, Zehnder Group International/EUIPO – Stiebel Eltron (comfotherm), T‑267/14, non pubblicata, EU:T:2016:252, punti 37 e 41].

29      Deve essere dunque respinta l’argomentazione della ricorrente volta a rimettere in discussione la conclusione della commissione di ricorso in merito alla composizione del pubblico di riferimento e al livello di attenzione di quest’ultimo verso i prodotti di cui trattasi.

 Sull’errore di valutazione quanto alla percezione del termine «moda» da parte del pubblico di riferimento come messaggio promozionale o elogiativo

30      La ricorrente contesta la decisione impugnata sulla base del rilievo che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione quanto alla percezione del termine «moda» da parte del pubblico di riferimento ritenendo che tale termine sarà percepito dal suddetto pubblico, a prescindere dal livello di attenzione prestato, come messaggio puramente promozionale o elogiativo, che non fornisce alcuna indicazione sull’origine commerciale dei prodotti contraddistinti dal marchio richiesto, ed escludendo il carattere essenzialmente di fantasia di tale termine in relazione ai prodotti di cui trattasi. Secondo la ricorrente, in seguito all’errore sulla percezione del termine «moda» da parte del pubblico di riferimento, è errata l’analisi, nella decisione impugnata, del grado di distintività del segno richiesto.

31      L’EUIPO contesta l’argomentazione della ricorrente.

32      Secondo una giurisprudenza costante, i marchi cui si riferisce l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 sono quelli considerati inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione al fine di consentire al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si sia rivelata positiva, o di fare una scelta diversa, qualora essa risulti negativa [sentenze del 27 febbraio 2002 Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), T‑34/00, EU:T:2002:41, punto 37, e del 15 settembre 2009, Wella/UAMI (TAME IT), T‑471/07, EU:T:2009:328, punto 14].

33      Per quanto attiene ai marchi costituiti da segni o indicazioni che sono peraltro utilizzati come slogan elogiativi e promozionali, dalla giurisprudenza risulta che tali marchi, se non descrittivi, possono esprimere un messaggio oggettivo, anche semplice, ed essere comunque idonei ad indicare al consumatore l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi di cui trattasi. Tale situazione può in particolare riscontrarsi quando siffatti marchi non si riducono ad un messaggio pubblicitario ordinario, ma possiedono una certa originalità o ricchezza di significato, rendono necessario un minimo sforzo interpretativo o innescano un processo cognitivo presso il pubblico interessato (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2010, Audi/UAMI, C‑398/08 P, EU:C:2010:29, punti 56 e 57).

34      Nel caso di specie, va anzitutto rilevato che la ricorrente non ha contestato la definizione, operata della commissione di ricorso, del termine «moda» come «l’adeguamento di un soggetto ai gusti correnti».

35      Peraltro, nel fascicolo non si rinviene nessun elemento che consenta di avvalorare l’affermazione della ricorrente secondo cui, in sostanza, la definizione in tal modo adottata riguarderebbe unicamente i prodotti rientranti nella classe 25, vale a dire i capi d’abbigliamento, le calzature e la cappelleria.

36      A tal riguardo, l’argomentazione della ricorrente non può inficiare la valutazione della commissione di ricorso secondo cui, alla luce delle caratteristiche e del mercato dei prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, anche per siffatti prodotti esistono le tendenze e i gusti dei consumatori.

37      Ne discende che il pubblico di riferimento è perfettamente in grado di percepire il termine «moda» in relazione ai prodotti di cui trattasi nella presente causa come un messaggio elogiativo di natura promozionale concernente una caratteristica generale di siffatti prodotti piuttosto che come un’indicazione della loro origine commerciale.

38      Quanto al carattere asseritamente di fantasia del termine «moda» invocato dalla ricorrente, occorre rilevare che, da un lato, l’argomentazione a tal riguardo non è corroborata e, d’altro lato e in ogni caso, essa è infondata atteso che siffatto termine rinvia ad una definizione quale ricordata al precedente punto 34, e che tale definizione può riferirsi anche a prodotti come quelli in esame nel caso di specie, come rilevato ai precedenti punti da 35 a 37.

39      Infine, è irrilevante che il segno di cui trattasi sia composto da un unico termine o da una breve frase, sintetica, concisa, che, ad avviso della ricorrente, comporterebbe che il termine «moda» non possa essere assimilato a uno slogan. Infatti nulla consente di ritenere che i messaggi promozionali o elogiativi non possano essere basati su un segno costituito da un unico termine o da una frase concisa. Del pari, è anche privo di rilevanza l’argomento secondo cui il termine «moda» non potrebbe attribuire ai prodotti di cui trattasi una connotazione positiva in quanto detto termine non è un aggettivo.

40      Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in un errore di valutazione concludendo che il pubblico di riferimento percepirà il termine «moda» come messaggio privo di carattere distintivo. Ne consegue che la seconda censura dev’essere respinta.

 Sull’errore di valutazione quanto all’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto

41      La ricorrente contesta la decisione impugnata adducendo che la commissione di ricorso ha commesso un errore nella sua valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto ritenendo che il segno di cui trattasi, composto dalla suddivisione del termine «moda» in due sillabe, «mo» e «da», separate da un quadratino, integrasse un espediente grafico alquanto banale e comune che non conferirebbe carattere distintivo a tale segno. La ricorrente ritiene che sia erronea l’analisi, compiuta dalla commissione di ricorso, del grado di distintività del segno di cui trattasi.

42      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

43      Nella fattispecie, è sufficiente notare che la suddivisione del termine «moda» in due sillabe, «mo» e «da», separate da un quadratino, e l’impiego di caratteri minuscoli integrano un espediente grafico banale e comune, come giustamente ritenuto dalla commissione di ricorso.

44      Le caratteristiche grafiche utilizzate nel segno di cui trattasi non hanno un impatto sufficiente per aggiungere un minimo di carattere distintivo al termine «moda» [v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2009, Media-Saturn/UAMI (BEST BUY), T‑476/08, non pubblicata, EU:T:2009:508, punti 27 e 28, e del 28 giugno 2011, ReValue Immobilienberatung/UAMI (ReValue), T‑487/09, non pubblicata, EU:T:2011:317, punto 39].

45      La commissione di ricorso non è dunque incorsa in alcun errore di valutazione nel concludere per l’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto. Di conseguenza, la terza censura non può essere accolta.

 Sull’errore di valutazione quanto all’acquisizione, da parte del marchio richiesto, di carattere distintivo in seguito all’uso

46      La ricorrente contesta la decisione impugnata adducendo che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione sull’uso anteriore del marchio nazionale mo·da, i cui elementi denominativi e figurativi sarebbero identici a quelli del marchio richiesto. Di conseguenza, la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore di valutazione circa la mancata acquisizione, da parte del marchio richiesto, di carattere distintivo in seguito all’uso.

47      L’EUIPO contesta l’argomentazione della ricorrente.

48      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2), del regolamento 2017/1001, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo, anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

49      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, è consentita la registrazione di segni che abbiano acquisito carattere distintivo in seguito all’uso.

50      Dalla giurisprudenza emerge che, sebbene non sia necessario ai fini della registrazione, in base all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, di un marchio privo ab initio di carattere distintivo in tutti gli Stati membri, che venga fornita la prova, per ciascuno Stato membro considerato singolarmente, dell’acquisizione, da parte di tale marchio, di carattere distintivo in seguito all’uso (sentenze del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI, C‑98/11 P, EU:C:2012:307, punto 62, e del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punti 77 e 83), i mezzi di prova forniti devono consentire di dimostrare una siffatta acquisizione in tutti gli Stati membri (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punti 78, 80 e 83).

51      Nella fattispecie, secondo la ricorrente, il livello di fatturato relativo a più di sette anni di presenza sul mercato di riferimento del marchio italiano ha dimostrato che l’uso di detto marchio da parte della ricorrente per i prodotti di cui trattasi, sia in Italia che nel territorio di altri Stati membri, ha fidelizzato il consumatore finale di detti prodotti con riguardo alla ricorrente, in quanto tale consumatore è in grado di ricollegare il marchio mo·da all’origine commerciale dei suddetti prodotti senza difficoltà e di memorizzarlo in modo duraturo e diretto.

52      Orbene, l’unica prova dedotta dalla ricorrente per dimostrare l’uso del marchio italiano mo·da per i prodotti di cui trattasi sul mercato italiano nonché su quello di sedici altri Stati membri, per sette anni, e dunque l’uso di un segno identico a quello di cui trattasi nella fattispecie, è costituita dall’allegato A 12 accluso al ricorso, il quale è irricevibile conformemente alle considerazioni già esposte al precedente punto 15.

53      Poiché la suddetta prova dell’uso è irricevibile, si deve concludere che la ricorrente non ha affatto dimostrato l’acquisizione da parte del marchio richiesto di carattere distintivo in seguito all’uso in tutti gli Stati membri.

54      Infine, si deve osservare che, dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha asserito l’esistenza del marchio nazionale mo·da, debitamente registrato presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, presentando la prova della suddetta registrazione dinanzi alla commissione di ricorso e ne ha affermato l’uso senza tuttavia fornirne alcuna prova. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha correttamente respinto le affermazioni della ricorrente, adducendo in sostanza che la registrazione del marchio nazionale mo·da, ad opera dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, non era indicativa di un uso anteriore del segno richiesto, per il quale esso avrebbe acquisito carattere distintivo in tutti gli Stati membri.

55      Ne consegue che la quarta censura è infondata e deve essere respinta.

 Sulla mancata presa in considerazione dell’esistenza di marchi dell’Unione europea contenenti il termine «moda»

56      La ricorrente contesta la decisione impugnata adducendo che la commissione di ricorso non ha preso in considerazione, nella sua analisi del carattere distintivo del marchio richiesto, l’esistenza di marchi dell’Unione europea costituiti dal termine «moda», nella fattispecie quelli citati nell’allegato A 13 prodotto dalla ricorrente, in considerazione del fatto che i marchi invocati dalla ricorrente si riferiscono a prodotti completamente diversi da quelli presi in esame nel caso di specie, sicché i marchi stessi non sarebbero comparabili. Orbene, secondo la ricorrente, i marchi dell’Unione europea da essa invocati dinanzi all’EUIPO, costituiti dal termine «moda», non si limitano a una classe specifica di prodotti ma coprono prodotti e servizi molto diversi (rientranti nelle classi 6, 7, 9, 11, 21, 26, 33, 35 e 36). La ricorrente sostiene di aver dimostrato, in tal modo, che il segno richiesto è atto ad evocare le caratteristiche di molti prodotti, compresi quelli rientranti nella classe 19, circostanza che confermerebbe il carattere distintivo del suddetto segno e ciò persino per marchi meramente denominativi costituiti dal termine «moda», tanto rispetto ai consumatori di lingua italiana quanto rispetto ai consumatori di altre lingue.

57      La ricorrente contesta altresì l’argomento della commissione di ricorso secondo cui tale commissione di ricorso non è a conoscenza delle ragioni che hanno condotto alla registrazione dei marchi dell’Unione europea invocati dalla ricorrente e essa non è vincolata ad una precedente prassi dell’EUIPO nel caso in cui fosse errata.

58      In udienza, la ricorrente ha anche citato altri quattro marchi dell’Unione europea, menzionati al precedente punto 8, tre dei quali contengono il termine «moda» e sono registrati per prodotti delle classi 9, 16, 21, 35, 41 e 42, e il quarto dei quali contiene il termine «modaiolo» ed è registrato per prodotti rientranti nelle classi 32, 33, 35 e 43. La ricorrente fa valere, in sostanza, riguardo ai predetti quattro marchi dell’Unione europea gli stessi argomenti addotti per i marchi che compaiono nell’allegato A 13 (v. punto 56 supra), già invocati dinanzi all’EUIPO.

59      L’EUIPO contesta l’argomentazione della ricorrente.

60      Va anzitutto ricordato che la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinate a verificare se il segno di cui trattasi non sia soggetto ad un impedimento alla registrazione [v. sentenza dell’8 novembre 2012, Hartmann/UAMI (Nutriskin Protection Complex), T‑415/11, non pubblicata, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza del 3 luglio 2013, Airbus/UAMI (NEO), T‑236/12, EU:T:2013:343, punto 50].

61      Orbene, la ricorrente non ha corroborato la propria argomentazione per dimostrare che la fattispecie del marchio controverso si avvicina ai criteri specifici applicati in occasione della registrazione dei marchi invocati.

62      In ogni caso, per quanto attiene all’asserita inosservanza di una precedente prassi di registrazione dell’EUIPO, va rilevato che dalla giurisprudenza risulta che l’EUIPO è tenuto ad esercitare le sue competenze in conformità con i principi generali del diritto dell’Unione. Sebbene, in ossequio ai principi di parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO debba prendere in considerazione le decisioni già adottate su domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso, l’applicazione di tali principi deve tuttavia essere conciliata con il rispetto del principio di legalità. D’altronde, per ragioni di certezza del diritto e, precisamente, di buona amministrazione, l’esame di qualsiasi domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo al fine di evitare la registrazione indebita di marchi. Pertanto un esame del genere deve essere eseguito in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi sia soggetto ad un impedimento alla registrazione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 73 a 77 e giurisprudenza ivi citata).

63      Nel caso di specie, come emerge da tutte le considerazioni che precedono, la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto che al marchio richiesto ostasse l’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, sicché la ricorrente non può proficuamente invocare decisioni anteriori dell’EUIPO al fine di inficiare tale conclusione.

64      Di conseguenza, occorre respingere la quinta censura.

65      Poiché nessuna delle censure sollevate dalla ricorrente riguardo al motivo dedotto è fondata, il ricorso dev’essere respinto integralmente.

 Sulle spese

66      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

67      Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Gruppo Armonie SpA è condannata alle spese.

Kanninen

Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Reine

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      H. Kanninen


*      Lingua processuale: l’italiano.