Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
GIOVANNI PITRUZZELLA
presentate il 15 dicembre 2022(1)
Causa C‑570/21
I.S.,
K.S.
contro
YYY. S.A.
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy dla Warszawy-Woli w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia – Wola, con sede in Varsavia, (Polonia)]
«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori – Nozione di consumatore – Contratto con duplice scopo concluso da una persona che esercita un’attività professionale o commerciale e da un’altra che non svolge alcuna attività professionale – Marginalità o non predominanza della finalità professionale o commerciale nel contesto globale del contratto sottoscritto»
1. Può definirsi consumatore, ai fini della tutela prevista dal diritto dell’Unione contro le clausole vessatorie, colui che, esercitando un’attività commerciale o professionale, abbia stipulato un contratto di mutuo, unitamente ad altro mutuatario che non eserciti analoga attività, qualora abbia agito in parte nell’ambito della propria attività ed in parte al di fuori di essa, laddove nel contesto generale del contratto il carattere commerciale o professionale non sia predominante?
I. Quadro giuridico
A. Diritto dell’Unione europea
1. Direttiva 93/13/CEE
2. Secondo l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE (2):
«La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».
3. L’articolo 2 di tale direttiva statuisce che:
«Ai fini della presente direttiva, si intende per
(...)
b) “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale;
c) “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata».
2. Direttiva 2011/83/UE
4. Il considerando 17 della direttiva 2011/83/UE (3) recita:
«[l]a definizione di consumatore dovrebbe includere le persone fisiche che agiscono al di fuori della loro attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Tuttavia, nel caso di contratti con duplice scopo, qualora il contratto sia concluso per fini che parzialmente rientrano nel quadro delle attività commerciali della persona e parzialmente ne restano al di fuori e lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto, la persona in questione dovrebbe altresì essere considerata un consumatore».
5. L’articolo 2 della presente direttiva, rubricato «Definizioni», dispone che:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;
2) “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto (...)».
3. Direttiva 2013/11/UE
6. Il considerando 18 della direttiva 2013/11/UE (4) dispone che:
«La definizione di “consumatore” dovrebbe comprendere le persone fisiche che agiscono per scopi estranei alla loro attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Tuttavia, se il contratto è stipulato per scopi in parte interni ed in parte esterni all’attività commerciale della persona (contratti a duplice scopo) e lo scopo dell’operazione è limitato in modo da non risultare predominante nel contesto generale della fornitura, tale persona dovrebbe essere parimenti considerata come un consumatore».
7. L’articolo 4, lettere a) e b) della predetta direttiva, rubricato «Definizioni», prevede che:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) “consumatore”: qualsiasi persona fisica che agisca a fini che non rientrano nella sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale;
b) “professionista” qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto privato o pubblico, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto;
(...)».
4. Regolamento (UE) n. 524/2013
8. Il considerando 13 del regolamento n. 524/2013 (5) dispone che:
«La definizione di “consumatore” dovrebbe comprendere le persone fisiche che agiscono per scopi estranei alla loro attività commerciale, industriale, artigianale o professionale. Tuttavia, se il contratto è stipulato per scopi in parte interni e in parte esterni all’attività commerciale della persona (contratti a duplice scopo) e lo scopo commerciale è limitato in modo da non risultare predominante nel contesto generale della fornitura, la persona dovrebbe essere parimenti considerata come un consumatore».
9. Anche l’articolo 4, lettere a) e b) del medesimo regolamento, rubricato «Definizioni», dispone che:
«Ai fini del presente regolamento s’intende per:
a) “consumatore”: un consumatore quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2013/11/UE;
b) “professionista”: un professionista quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2013/11/UE;
(...)».
B. Diritto polacco
10. L’articolo 221 del Kodeks cywilny (Codice civile), nella versione applicabile ai fatti oggetto del procedimento principale, definisce il «consumatore» come «qualsiasi persona fisica che compia un atto giuridico con un professionista, atto che non sia direttamente legato alla sua attività commerciale o professionale».
11. Ai sensi dell’articolo 3851 del Codice civile:
«(1) Le clausole di un contratto concluso con un consumatore che non sono state negoziate individualmente non vincolano il consumatore quando definiscono i diritti e gli obblighi del consumatore in modo contrario ai buoni costumi, danneggiando manifestamente i suoi interessi (clausole illecite). Questa disposizione non riguarda i termini che determinano le prestazioni principali delle parti, compresi il prezzo o la remunerazione, se sono formulati in modo inequivocabile.
(2) Se una clausola del contratto non è vincolante per il consumatore ai sensi del paragrafo 1, le parti restano vincolate dalle altre clausole del contratto.
(3) Le condizioni di un contratto che non sono state negoziate individualmente sono quelle sul cui contenuto il consumatore non ha avuto alcuna influenza concreta. Si tratta in particolare delle clausole contenute in un modello di contratto offerto al consumatore dalla controparte.
(4) Chiunque sostenga che un termine è stato negoziato individualmente è tenuto a provarlo».
II. Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali
12. In data 28 febbraio 2006, I.S. e K.S. richiedevano la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario al rappresentante legale della convenuta nel procedimento principale (in franchi svizzeri) per far fronte, in parte, al rimborso di taluni debiti dell’attività commerciale di uno dei due coniugi ed in parte per provvedere all’acquisto di un immobile.
13. L’importo complessivo delle somme richieste era pari a 206 120,00 zloty polacchi (PLN) di cui 96 120,00 PLN sarebbero stati destinati al finanziamento di taluni debiti di uno dei ricorrenti nel procedimento principale e 110 000,00 PLN, invece, al soddisfacimento di esigenze private di consumo.
14. Quanto alla posizione negoziale dei ricorrenti del procedimento principale, I.S. esercitava un’attività professionale a titolo di socio di una società semplice K.S., invece, lavorava alle dipendenze di un’impresa in qualità di fabbro.
15. In data 21 marzo 2006, I.S. e K.S., da un lato, e l’istituto di credito, convenuto nel procedimento principale dall’altro, stipulavano, infine, il contratto di mutuo per la somma complessiva di 198 996,73 PLN indicizzato al tasso di cambio in franchi svizzeri, alle condizioni di cui al contratto principale ed alle condizioni generali del contratto di prestito ipotecario.
16. Il predetto importo avrebbe dovuto essere corrisposto in 300 rate uguali. Segnatamente, la prima di esse sarebbe stata destinata al rimborso della somma di 70 000,00 PLN, erogata dall’istituto di credito in favore dei ricorrenti su un conto specificamente intestato alla società di I.S., soppresso immediatamente dopo il rimborso.
17. Secondo quanto affermato da I.S. all’udienza dell’11 gennaio 2021, la concessione integrale della predetta somma era stata subordinata dalla convenuta nel procedimento principale alla destinazione di parte della somma presa a mutuo all’estinzione di altra obbligazione legata all’attività professionale con un altro istituto di credito.
18. Una parte della prima rata era stata destinata, poi, al pagamento di taluni premi assicurativi.
19. La seconda rata, infine, copriva l’importo di: 9 720,00 PLN, volto al rimborso di un credito contratto dalla società il 18 aprile 2005; l’importo di 7 400,00 PLN a titolo di rimborso del prestito rotativo della società a favore del creditore mutuatario; l’importo di 9 000,00 PLN a titolo di rimborso di altri debiti finanziari del mutuatario del conto del mutuatario; infine l’importo di 93 880,00 PLN a titolo di spese di consumo.
20. Successivamente, i mutuatari convenivano in giudizio dinanzi al giudice nazionale l’odierna resistente del procedimento principale per far accertare l’abusività di talune clausole del contratto ed ottenere il pagamento delle somme indebitamente riscosse.
21. Nel contesto del procedimento principale, l’istituto di credito negava che i ricorrenti potessero essere qualificati alla stregua di «consumatori» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 in virtù della destinazione di parte delle somme al soddisfacimento di esigenze connesse all’attività commerciale di uno dei due ricorrenti nel procedimento principale.
22. In tale contesto, il Sąd Rejonowy dla Warszawy-Woli w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia – Wola, con sede in Varsavia, Polonia) ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«Se l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori nonché i suoi considerando, debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano all’inclusione nella definizione di “consumatore” di una persona che esercita un’attività economica, la quale, insieme ad un mutuatario che non svolge tale attività, abbia concluso un contratto di mutuo indicizzato ad una valuta estera, destinato in parte all’uso professionale di uno dei mutuatari e in parte ad un uso estraneo alla sua attività economica, e ciò non solo nell’ipotesi in cui l’uso professionale sia talmente marginale da avere un ruolo trascurabile nel contesto globale del contratto di cui trattasi, mentre è irrilevante a tale riguardo il fatto che l’aspetto extraprofessionale sia predominante;
2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché i suoi considerando, debbano essere interpretati nel senso che la nozione di “consumatore” contenuta nella citata disposizione comprende anche una persona che, al momento della firma del contratto, esercitava un’attività economica, mentre l’altro mutuatario non svolgeva affatto tale attività, e successivamente queste due persone hanno stipulato con la banca un contratto di mutuo indicizzato ad una valuta estera, il cui capitale è stato destinato in parte all’uso professionale di uno dei mutuatari ed in parte ad uso estraneo all’attività economica esercitata, in una situazione in cui l’uso professionale non sia marginale e non abbia un ruolo solo trascurabile nel contesto globale del contratto di mutuo, fermo restando tuttavia che l’aspetto extraprofessionale è predominante e che, senza l’uso del capitale del mutuo per scopi professionali, una concessione del mutuo per scopi extraprofessionali non sarebbe stata possibile».
III. Analisi giuridica
A. Osservazioni preliminari
23. Le due questioni pregiudiziali sono tra loro strettamente connesse e riguardano, in sostanza: la prima, l’applicabilità o meno del criterio elaborato nella sentenza Gruber (6) all’interpretazione dell’articolo 1 della direttiva 93/13; la seconda, le modalità e le condizioni in presenza delle quali si può considerare consumatore ai sensi della direttiva 93/13 una persona che sottoscrive un contratto con una duplice finalità, in parte professionale e in parte personale.
24. Nell’intraprendere l’analisi giuridica, è utile a mio avviso ricapitolare alcuni fatti essenziali della vicenda che aiutano a meglio inquadrare la fattispecie oggetto dell’analisi.
25. Due coniugi stipulano un contratto di mutuo per l’acquisto di una casa. Uno dei due svolge un’attività commerciale in relazione alla quale ha contratto un debito con un istituto di credito. Al momento della richiesta di mutuo per l’acquisto dell’immobile, l’istituto di credito pone come condizione per l’erogazione del mutuo stesso che quello dei mutuatari, che ha contratto il debito per motivi professionali, lo estingua. L’ammontare della somma erogata copre per circa un terzo il debito pregresso del mutuatario già debitore per motivi professionali e per due terzi spese connesse all’acquisto della casa e ad altre esigenze personali dei due mutuatari. Il coniuge del mutuatario che aveva in passato assunto il debito per ragioni professionali è estraneo all’attività professionale dell’altro coniuge.
26. Per rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal giudice del rinvio, occorre qualificare, ai sensi della direttiva 93/13, la posizione di due persone fisiche che abbiano stipulato un contratto in parte per scopi di consumo privato ed in parte per scopi che rientrino nell’ambito dell’attività commerciale o professionale di una delle due, tenendo in considerazione che la finalità commerciale o professionale del credito a consumo è rilevante nell’economia generale del contratto, sebbene non prevalente. Ci si deve cioè domandare se esse possano essere o no considerati «consumatori» ai fini dell’applicazione della tutela contro le clausole vessatorie.
27. A questo fine, si prospettano due possibili interpretazioni alla luce del quadro normativo e della giurisprudenza della Corte.
28. Da un lato, quella sostenuta dai ricorrenti nel procedimento principale, nonché dal governo polacco e dalla Commissione, secondo cui la posizione dei ricorrenti andrebbe inquadrata all’interno del perimetro della nozione di consumatori, in considerazione della rilevanza limitata e non predominante della finalità professionale nel contesto generale del contratto di mutuo, facendo applicazione di un orientamento riconducibile alla nozione di consumatore contenuta nella direttiva 2011/83 e in altri atti successivi (7) in materia di tutela del consumatore.
29. Ad essa, d’altro lato, si contrappone quella, sostenuta unicamente dalla convenuta nel procedimento principale, secondo cui nel caso di specie non ricorrerebbero i presupposti per l’applicazione della tutela invocata dai ricorrenti, dal momento che la finalità commerciale o professionale non è marginale al punto di svolgere un ruolo trascurabile nel contesto generale del contratto di mutuo, facendo applicazione analogica dell’orientamento espresso dalla Corte nella sentenza Gruber (8), in cui la disposizione oggetto dell’interpretazione della Corte era la Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (9).
30. Per questa ragione, ritengo utile una breve analisi della nozione di consumatore nel diritto dell’Unione europea prima di procedere alle proposte di risposta ai quesiti.
1. La nozione di consumatore nel diritto dell’Unione europea
31. Sul presupposto che le differenze normative nell’ambito della disciplina dei singoli Stati membri fossero di ostacolo all’integrazione economica, le istituzioni europee negli anni ’90 hanno approvato talune direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni, apprestando in tal modo una maggiore protezione al consumatore nell’acquisto di beni e servizi (10).
32. Nell’ordinamento dell’Unione non esiste ad oggi una definizione unica di consumatore. In assenza di una specifica definizione nel diritto dell’Unione di rango primario, nelle fonti di rango secondario, a seconda dell’obiettivo della misura presa in considerazione, la nozione di consumatore varia in maniera più o meno significativa.
33. Nel diritto dei contratti dell’Unione la nozione di consumatore riceve tendenzialmente una caratterizzazione unitaria, centrata sulla considerazione della «debolezza» del consumatore rispetto alla controparte, il professionista o l’impresa: ciò sia in ragione delle asimmetrie informative che del potere contrattuale, circostanze che impongono una tutela giuridica differenziata rispetto a quella garantita al resto dei consociati.
34. I primi interventi sul rapporto tra professionista e consumatori avevano carattere settoriale. La direttiva 93/13 è invece una normativa a portata generale rivolta a tutti i contratti tra consumatore e professionista, che per la prima volta implementa una tutela sostanziale nel rapporto contrattuale tra consumatore e professionista (11). In particolare, dalla lettura dei considerando 2, 5 e 6, risulta evidente la strumentalità dell’intervento normativo alla realizzazione del mercato interno: le differenze normative tra gli Stati membri nella materia delle clausole abusive rappresentavano, infatti, una barriera alla libera circolazione delle merci nei differenti Stati membri e dunque all’integrazione economica.
35. Per quanto attiene alla nozione di consumatore, l’articolo 2, lettera b), della medesima direttiva identifica il consumatore con «qualsiasi persona fisica che nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale».
36. Tale nozione va letta in contrapposizione a quella di professionista – di cui all’articolo 2, lettera c), della medesima direttiva – che viene identificato come «qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata».
37. Analogo contenuto presentano le nozioni di consumatori e di professionista contemplate nelle direttive 2011/83, 2013/11 (12), nonché nel regolamento n. 524/2013.
38. Emerge, pertanto, che il discrimen tra consumatore e professionista risiede nell’estraneità della finalità del contratto dall’attività professionale del contraente, più che nella «qualità dei contraenti» (13).
39. Dipendendo la nozione di consumatore dalla riconducibilità o meno del fine negoziale all’ambito professionale (14), va poi osservato come il criterio sia relativo allo specifico contratto.
40. Il parametro adottato dalla Corte è oggettivo. Come ha rilevato l’avvocato generale Mischo nella causa Di Pinto, le persone fisiche ascrivibili alla nozione di consumatore vengono definite «non in abstracto, ma a seconda di quello che esse fanno in concreto» (15).
41. Esclusa, dunque, una prospettiva soggettiva riconducibile alle intenzioni dei contraenti, si afferma una prospettiva oggettiva ma nel prisma dell’effetto utile delle direttive e delle istanze di protezione necessarie anche a rafforzare la fiducia dei consumatori nel mercato (16), indispensabile per un efficiente funzionamento dello stesso.
42. Di conseguenza, anche il professionista, persino l’avvocato specializzato nell’ambito dei contratti di assistenza legale (17), o un soggetto che svolge la funzione di commerciante può fruire della tutela a favore del consumatore.
43. Si può, quindi, concludere sul punto che l’evoluzione delle fonti del diritto dell’Unione e della giurisprudenza della Corte sia nel senso di una maggiore protezione del consumatore ma sempre in bilanciamento anche con altre libertà e in ultima analisi con l’efficiente funzionamento del mercato unico, lasciando tuttavia sufficienti margini di flessibilità nella nozione per consentire di ricomprendere tutte le situazioni in cui oggettivamente si realizzano istanze di protezione.
44. L’intera disciplina si fonda infatti sull’assunto secondo cui i nuovi modelli di mercato pongono il consumatore in una condizione di inferiorità per l’assenza di un reale potere negoziale nelle trattative e per il modesto livello di informazioni disponibili, sì da costringerlo in concreto ad aderire alle condizioni poste dal professionista in modo acritico e comunque senza poter incidere sulle stesse.
2. La nozione di consumatore nei contratti misti o a duplice scopo
45. I contratti misti o a duplice scopo sono quei contratti conclusi per fini che parzialmente rientrano nel quadro delle attività commerciali della persona e parzialmente per fini di carattere personale.
46. La qualificazione della posizione del contraente nei contratti a duplice scopo è stata affrontata per la prima volta dalla Corte nella sentenza Gruber (18).
47. In quella sede, il ricorrente invocava la tutela che la Convenzione di Bruxelles riservava ai consumatori, ai sensi degli articoli 13, 14 e 15, ovvero la facoltà di adire il giudice dello Stato membro in cui l’obbligazione è stata eseguita invece del giudice dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato.
48. Trattandosi di un contratto a finalità mista, alla Corte si richiedeva di specificare se il criterio determinante fosse il criterio della finalità privata o professionale del contratto controverso.
49. La Corte ha ritenuto che la persona fisica potesse essere qualificata alla stregua di consumatore soltanto nella misura in cui «l’uso professionale [fosse] talmente marginale da avere un ruolo trascurabile nel contesto globale dell’operazione di cui trattasi, essendo irrilevante a tale riguardo il fatto che predomini l’aspetto extraprofessionale» (19).
50. La sentenza Gruber, dunque, nel contesto specifico della questione di natura processuale posta alla Corte, al fine di considerare consumatore per i fini previsti dal regolamento un soggetto che sottoscrive un contratto a duplice scopo con un professionista, utilizza un criterio che potremmo chiamare «della marginalità».
51. La direttiva 93/13 non disciplina espressamente la nozione di consumatore nell’ipotesi dei contratti a duplice scopo.
52. Il considerando 17 della direttiva 2011/83 afferma, invece, che «(...) nel caso di contratti con duplice scopo, qualora il contratto sia concluso per fini che parzialmente rientrano nel quadro delle attività commerciali della persona e parzialmente ne restano al di fuori e lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto, la persona in questione dovrebbe altresì essere considerata un consumatore».
53. Espressioni analoghe sono utilizzate nel considerando 18 della direttiva 2013/11, nonché nel considerando 13 del regolamento n. 524/2013.
54. La disposizione in esame sancisce dunque quello che potremmo chiamare il criterio della «non predominanza». Di conseguenza, anche colui che agisca parzialmente nell’ambito della propria attività professionale potrebbe essere qualificato alla stregua di un consumatore nella misura in cui, sebbene non trascurabile, il fine commerciale o professionale possa considerarsi non predominante nel contesto generale del contratto.
B. Questioni pregiudiziali
1. La prima questione pregiudiziale
55. Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede a quali condizioni un mutuatario che abbia stipulato un contratto di mutuo in parte con finalità commerciali o professionali ed in parte per scopi privati di consumo, unitamente ad un altro mutuatario che agisce esclusivamente per finalità private di consumo, possa rientrare nella nozione di consumatore di cui all’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 e, sostanzialmente, se sia preferibile, in caso di contratti a duplice scopo, l’orientamento espresso dalla Corte nella sentenza Gruber o quello ricavabile dai considerando della direttiva 2011/83 e dei successivi provvedimenti legislativi(20).
56. Come sopra ricordato, dall’analisi delle fonti e della giurisprudenza emergono due differenti interpretazioni possibili sintetizzabili con il criterio della «marginalità» ed il criterio della «non predominanza» dello scopo commerciale o professionale rispetto a quello di consumo privato.
57. I profili da esaminare per orientare la scelta verso l’una o l’altra interpretazione riguardano: quanto alla prima questione pregiudiziale, la diversa ratio delle fonti (procedurali) cui si riferisce la sentenza Gruber e la direttiva 93/13, nonché i successivi provvedimenti legislativi (21) in materia di tutela (sostanziale) del consumatore e la portata della relativa interpretazione; la posizione sostanziale dei soggetti stipulanti il contratto di consumo e gli effettivi scopi della sottoscrizione per garantire l’effetto utile della direttiva che, in particolare in materia di clausole abusive, sarebbe gravemente compromessa da un’interpretazione eccessivamente restrittiva; la stretta connessione delle finalità della direttiva 93/13 con le successive intervenute.
58. Quanto alla diversa ratio delle fonti interpretate nella sentenza Gruber e della direttiva 93/13, quest’ultima mira essenzialmente a ristabilire gli equilibri all’interno del rapporto contrattuale tra consumatore e professionista, ridisegnandone simmetricamente i rapporti (22).
59. L’idea su cui si basa il sistema di protezione attuato dalla direttiva è, infatti, come detto, che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista sia per quanto riguarda il potere negoziale sia per quanto riguarda il livello di informazione, situazione che lo porta ad aderire alle condizioni predisposte in anticipo dal professionista senza poter esercitare alcuna influenza sul contenuto di tali condizioni (23).
60. Alla luce di questa situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 stabilisce che le clausole abusive non sono vincolanti per i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa (24) che mira a sostituire l’equilibrio formale che il contratto stabilisce tra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti con un equilibrio reale che ristabilisca l’uguaglianza tra di esse (25). La Corte ha ripetutamente affermato che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva deve essere considerato equivalente alle norme nazionali che hanno lo status di ordine pubblico nell’ordinamento giuridico nazionale (26). Inoltre, va considerato che tale qualificazione, come ricordato dalla Commissione nelle sue osservazioni (27), si estende a tutte le disposizioni della direttiva che sono indispensabili per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’articolo 6 (28).
61. La natura imperativa delle disposizioni contenute nella direttiva 93/13 e le particolari esigenze di tutela del consumatore ad esse connesse inducono, pertanto, a preferire un’interpretazione estensiva della nozione di consumatore per garantire l’effetto utile della direttiva.
62. Le disposizioni di cui all’articolo 14 della Convenzione di Bruxelles ed attualmente quelle del regolamento n. 44/2001 (29), nonché del regolamento n. 1215/12 (30) mirano invece a tutelare il consumatore sotto il profilo processuale, ponendo una deroga alla regola generale del foro del convenuto, secondo cui le persone domiciliate in uno Stato membro sono convenute dinnanzi al giudice del foro di tale Stato membro. Esse non hanno introdotto una protezione generale dei consumatori ma solo definito i casi di contratti dei consumatori che sono soggetti a una protezione speciale ai sensi delle norme sulla giurisdizione. La Corte ha infatti sottolineato nella sentenza Gruber che «evitare una moltiplicazione dei criteri di giurisdizione in relazione allo stesso rapporto giuridico è uno degli obiettivi essenziali della Convenzione di Bruxelles» (31).
63. La sentenza Gruber riguardava, pertanto, l’interpretazione delle norme sulla giurisdizione in materia di contratti con i consumatori, che introducono un’eccezione alla regola generale secondo cui la giurisdizione spetta ai giudici dello Stato del domicilio del convenuto. Siamo, pertanto, su un terreno differente dalla tutela sostanziale del consumatore; il campo in cui si muove la sentenza Gruber è quello del diritto processuale. E, come correttamente osservato dalla Commissione (32), l’interpretazione restrittiva offerta da essa della nozione di consumatore è stata dettata dal fatto che questa disposizione deroga in linea di principio alla norma sulla competenza (33). Trattandosi di una deroga, essa non può che interpretarsi restrittivamente (34).
64. Nella ratio sottesa alle norme dei regolamenti in questione rientrano, infatti, considerazioni ulteriori rispetto a quelle della tutela della parte debole al fine di contemperare la tutela del consumatore con ulteriori necessità egualmente meritevoli di tutela: la prevedibilità delle soluzioni e la certezza giuridica (35), per evitare la discrezionalità delle parti nella scelta del foro che andrebbe a scapito della certezza negli scambi commerciali internazionali (36). E, infatti, nel sistema del regolamento n. 1215/12, il disequilibrio di forza contrattuale nel rapporto tra professionista e consumatore non basta a giustificare la deroga alle norme generali sulla competenza; è necessario anche che il consumatore abbia concluso particolari tipologie di contratto.
65. Dalla natura imperativa delle disposizioni contenute nella direttiva 93/13 e dalla conseguente necessità di particolare protezione del consumatore in presenza di clausole vessatorie discende la necessità di esaminare con attenzione la posizione sostanziale dei soggetti stipulanti il contratto di consumo e gli effettivi scopi della sottoscrizione.
66. Al fine di non vanificare, infatti, l’effetto utile della direttiva è necessario adottare un’interpretazione della nozione di consumatori nei contratti a duplice scopo la più ampia possibile per evitare che il professionista possa agevolmente eludere l’applicazione delle disposizioni imperative sulle clausole vessatorie, imponendole, sulla base della mera contemporanea sussistenza di finalità latamente commerciali o professionali nella richiesta di finanziamento (37).
67. Il caso che ci occupa è, infatti, esemplificativo di un rischio di tal genere: da quanto risulta dal fascicolo i richiedenti il finanziamento avevano come finalità decisamente prevalente (se non esclusiva) l’acquisto di un immobile familiare, uno solo dei due richiedenti svolgeva un’attività professionale, l’istituto di credito ha condizionato l’erogazione del finanziamento per i motivi personali sopracitati all’estinzione di un debito pregresso, di natura professionale, di uno dei richiedenti; l’importo per l’estinzione del debito professionale era circa un terzo dell’importo complessivo del finanziamento.
68. Come condivisibilmente argomentato dal governo polacco «[L]a direttiva 93/13/CEE è stata adottata proprio per proteggere i consumatori da questo tipo di comportamento, ossia l’imposizione di condizioni sulle quali non hanno alcuna influenza e che di conseguenza violano i loro diritti e interessi. Un consumatore non può quindi essere privato della protezione della direttiva 93/13/CEE solo perché un professionista gli ha imposto, in un contratto concluso per scopi non commerciali, una clausola che si riferisce alla sua attività commerciale» (38).
69. Da ultimo, sul punto, come rilevato dai ricorrenti in via principale (39), l’adesione all’interpretazione fornita dalla Corte nel caso Gruber implicherebbe che l’asserito consumatore avrebbe l’onere di dimostrare in giudizio i fatti costitutivi della propria pretesa (40) a fronte del sistema della direttiva 93/13, in cui l’accertamento della qualità di consumatore in capo a colui che invochi la tutela contro le clausole abusive è operato d’ufficio dal giudice nazionale (41).
70. Passando all’analisi delle finalità della disciplina contenuta nella direttiva 93/13, non può non rilevarsi la loro stretta connessione con quelle delle successive direttive (42), circostanza questa che fa propendere per un’interpretazione uniforme ed estensiva della nozione di consumatore.
71. La direttiva 2011/83, in materia di tutela in materia di contratti conclusi con i professionisti, persegue, infatti, il medesimo fine della direttiva 93/13 (43) e la nozione di consumatore di cui all’articolo 2 della direttiva 2011/83 è pressoché identica nelle due fonti. Le medesime considerazioni quanto alla nozione di consumatore valgono poi con riferimento alla direttiva 2013/11 ed al regolamento n. 524/2013.
72. Il legame della sopra richiamata normativa con la direttiva 93/13 è reso ancor più evidente dal fatto che la direttiva 2011/83 ha modificato la direttiva 93/13, inserendovi l’articolo 8-bis. Non a caso, ambedue normalmente possono essere applicate simultaneamente al medesimo contratto (44). Il legame tra le due direttive è stato accentuato recentemente dal legislatore dell’Unione con l’approvazione della direttiva 2019/2161 (45), che modifica la direttiva 93/13, nonché la direttiva 2011/83, per quanto riguarda una migliore applicazione e modernizzazione delle norme a tutela dei consumatori.
73. Condivido, pertanto, quanto osservato dalla Commissione, secondo cui «un’interpretazione sistematica della nozione di “consumatore” depone a favore di un’accezione orizzontale di tale nozione ai sensi della direttiva 93/13/CEE e di altri strumenti di diritto del consumo dell’UE, in particolare la direttiva 2011/83/UE, la direttiva LER e il regolamento CLR. Le spiegazioni contenute nei considerando di questi strumenti dovrebbero essere applicate sulla base della direttiva 93/13/CEE, in quanto questi atti sono funzionalmente collegati alla Direttiva e sono stati adottati con l’obiettivo di proteggere il consumatore in quanto parte debole del contratto con il venditore» (46).
74. Quanto fin qui osservato in relazione ai rapporti tra la direttiva 93/13 e la direttiva 2011/83 (e gli atti successivi) consente a mio avviso di superare le considerazioni della parte convenuta contrarie ad un’interpretazione estensiva della nozione di consumatore, coincidente con quella contenuta nei considerando delle direttive 2011/83 e successive. Esse si incentrano, in particolare, sul diverso campo di applicazione delle direttive 93/13 e 2011/83 e sulla circostanza che, essendo la direttiva 2011/83 successiva ai fatti di causa, la nozione di consumatore in caso di contratto a duplice scopo in essa contenuta non sarebbe applicabile al caso di specie.
75. Per quanto attiene al diverso campo di applicazione delle direttive, osservo solo, ad integrazione degli argomenti che precedono, che la definizione dei contratti a duplice scopo non è nella disciplina di dettaglio ma nei «considerando», la cui valenza è notoriamente quella di suggerire degli orientamenti interpretativi, senza che dispieghino efficacia vincolante.
76. Quanto alle considerazioni relative al diritto applicabile ratione temporis, non si tratta di applicare la disciplina di direttive successivamente intervenute a una situazione preesistente ma semplicemente di adottare un’interpretazione teleologicamente orientata, già preferibile al momento della sola vigenza della direttiva 93/13, esplicitata dal legislatore dell’Unione nei provvedimenti successivamente intervenuti.
77. In proposito osservo, riprendendo le considerazioni svolte dall’avvocato generale Villalón, che dai lavori preparatori (47) della direttiva 2011/83 emerge che il considerando 17 ha rappresentato un compromesso nei negoziati tra le istituzioni europee sull’opportunità di interpretare la nozione di consumatore nei contratti a duplice scopo conformemente alla soglia del c.d. criterio dell’oggetto predominante (48). Anche i lavori preparatori della direttiva 2011/83 confermano che la portata del considerando 17 non può dirsi specificamente legata alla sola direttiva 2011/83.
78. Alla luce delle predette considerazioni, sono del parere che occorra adottare un’interpretazione che tenga conto dell’effetto utile della direttiva, del sistema all’interno del quale l’atto normativo si inserisce, della funzione che esplica e di conseguenza optare per l’interpretazione più estensiva della nozione di consumatore per qualificare un soggetto che sottoscrive un contratto per duplice scopo, qual è quella contenuta nei sopra richiamati considerando della direttiva 2011/83, della direttiva 2013/11 e del regolamento n. 524/2013.
2. La seconda questione pregiudiziale
79. Con la seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio (49), se ben comprendo in ragione di una formulazione non chiarissima, domanda in sostanza alla Corte di precisare i criteri che gli consentano di stabilire che il fine professionale per il quale uno dei mutuatari ha stipulato il contratto di credito non era predominante e aveva solo un carattere limitato. Esiste un certo margine di sovrapposizione fra le due questioni dal momento che alcuni elementi che inducono a far prevalere l’interpretazione sopra proposta per la nozione di consumatore nei contratti a duplice scopo svolgono al contempo il ruolo di criteri per stabilire la prevalenza o meno del fine personale su quello professionale nella richiesta di finanziamento.
80. In ogni caso, l’accertamento della sussumibilità del caso concreto entro la nozione di consumatore come sopra ricostruita spetta al giudice nazionale che è chiamato a «verificare, tenendo conto di tutti gli elementi di prova e, segnatamente, delle condizioni di tale contratto, se il mutuatario possa essere qualificato come “consumatore” ai sensi di detta direttiva» (50).
81. In questo senso, il giudice nazionale è tenuto ad un’analisi qualitativa e quantitativa di tutti gli elementi utili ai fini della soluzione del caso concreto e deve operare una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso concreto, prestando particolare attenzione alla natura del bene o del servizio oggetto del contratto considerato, idonee a dimostrare i fini per i quali il bene o il servizio è acquisito (51).
82. Ciò premesso, alcune particolari circostanze che si osservano nel caso odierno, come suggerito dal giudice nazionale, possono svolgere un ruolo di criteri generali in ragione dei quali stabilire se sia integrato il requisito della «non predominanza» del fine professionale su quello personale nel caso di contratto a duplice scopo.
83. La circostanza che, pur agendo nell’ambito di un contratto misto, il mutuatario abbia stipulato il contratto di mutuo unitamente ad altro contraente che ha agito esclusivamente per ragioni di consumo privato è rilevante e può svolgere anche la funzione di criterio per determinare, nel contesto generale del contratto, la «predominanza» o meno del fine professionale.
84. La parziale concorrenza della finalità professionale non può, infatti, far perdere al mutuatario «semplice» consumatore il proprio status. In ragione poi delle modalità di predisposizione e stipulazione dell’atto, da quanto emerge dal fascicolo, il negozio di mutuo sottoscritto dei mutuatari era inscindibile. Il mancato riconoscimento dello status di consumatore ad uno dei due richiedenti per la concorrente finalità professionale di uno dei due avrebbe come effetto di privare della tutela anche il mutuatario semplice consumatore. L’istituto di credito ben avrebbe potuto proporre ai mutuatari due negozi distinti in modo da non sovrapporre le finalità.
85. Assume senz’altro rilievo (52) anche la circostanza secondo cui la concessione del credito sarebbe stata subordinata dalla banca convenuta all’estinzione (con parte della somma richiesta) di altra obbligazione contratta nell’ambito della propria attività commerciale. La presenza di tale circostanza può svolgere il ruolo di criterio discretivo per il test di «non predominanza» del fine professionale dal momento che, nella concreta negoziazione, la finalità professionale sarebbe presente solo in quanto «imposta» dal professionista (53).
86. Di sicuro rilievo è poi l’aspetto quantitativo, vale a dire il rapporto tra l’entità della somma erogata per le finalità professionali e quella per le finalità di natura personale. Nel caso di specie, il rapporto che era di 1 a 3 mi pare possa far propendere, unitamente agli altri elementi, ove accertati, verso una «non predominanza» della finalità professionale.
3. Sulla limitazione degli effetti della sentenza della Corte nel tempo
87. Da ultimo, la convenuta nel procedimento principale richiede di limitare gli effetti della sentenza nell’ipotesi in cui non venga accolta l’interpretazione restrittiva della nozione di «consumatore» di cui all’articolo 2, lettera b).
88. A tal fine, osservo come «solo in via eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Affinché una tale limitazione possa essere disposta, è necessario che siano soddisfatti due criteri essenziali, cioè la buona fede delle parti interessate e il rischio di gravi inconvenienti (54)».
89. La convenuta nel procedimento principale, tuttavia, non fornisce delle indicazioni precise e puntuali per dimostrare la ricorrenza dei due requisiti appena menzionati. Si limita infatti a segnalare genericamente delle circostanze che non sono in grado di suffragare i predetti presupposti.
90. Per questa ragione, ritengo che la domanda debba essere rigettata.
IV. Conclusione
91. Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Sąd Rejonowy dla Warszawy-Woli w Warszawie [Tribunale distrettuale di Varsavia – Wola, con sede in Varsavia, Polonia] nel seguente modo:
«L’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché i suoi considerando,
devono essere interpretati nel senso che:
essi non ostano all’inclusione nella definizione di “consumatore” di una persona che esercita un’attività economica, che, insieme ad un mutuatario che non svolge tale attività, abbia concluso un contratto di mutuo indicizzato ad una valuta estera, destinato in parte all’uso professionale di uno dei mutuatari e in parte ad un uso estraneo alla sua attività economica, e ciò non solo nell’ipotesi in cui l’uso professionale sia talmente marginale da avere un ruolo trascurabile nel contesto globale del contratto di cui trattasi. Tenuto conto, infatti, dei criteri interpretativi offerti dal considerando 17 della direttiva 2011/83/UE, nel caso di contratti con duplice scopo è sufficiente che lo scopo commerciale sia talmente limitato da non risultare predominante nel contesto generale del contratto.
L’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nonché i suoi considerando,
devono essere interpretati nel senso che:
la questione se la finalità di natura commerciale o professionale sia predominante nel contesto generale del contratto deve essere decisa dal giudice nazionale che deve operare una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso concreto. A tal fine il giudice nazionale, nel caso di richiesta di mutuo ad un istituto di credito, potrà prendere in considerazione come criteri per la sua valutazione: il rapporto tra la somma erogata per fini professionali e di quella erogata per fini personali, la circostanza che il mutuo sia stato congiuntamente richiesto da un soggetto non svolgente alcuna attività professionale o commerciale ed estraneo alla attività commerciale dell’altro richiedente; l’eventuale condizionamento della concessione del mutuo per fini privati al contestuale pagamento del debito contratto per fini commerciali o professionali da uno dei due richiedenti».