Language of document : ECLI:EU:T:2024:319

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 7 settembre 2017 (1)

Causa C298/16

Teodor Ispas

Anduța Ispas

contro

Direcția Generală a Finanțelor Publice Cluj

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Avvisi di accertamento fiscale che stabiliscono l’imposta sul valore aggiunto dovuta – Diritti processuali dei contribuenti nella procedura nazionale per la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto – Ambito di applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione – Diritti della difesa – Articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto di essere ascoltato – Accesso al fascicolo – Diritto di accedere alle informazioni e ai documenti che costituiscono il fondamento di una decisione»






I.      Introduzione

1.        I sigg. Ispas (in prosieguo: i «ricorrenti») sono stati sottoposti a una verifica fiscale. In base a tale verifica, è stato accertato che le dichiarazioni dei ricorrenti riguardo ai loro obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) non erano corrette. Sono stati emessi due avvisi di accertamento fiscale che indicavano gli importi IVA dovuti. I ricorrenti hanno contestato tali avvisi dinanzi al giudice nazionale sostenendo che, durante il procedimento sfociato nell’adozione di tali avvisi, i loro diritti della difesa erano stati violati. In particolare, essi affermano che le autorità tributarie avrebbero dovuto concedere loro, d’ufficio, l’accesso all’intero contenuto del fascicolo, compresi tutti i documenti raccolti prima dell’inizio della verifica fiscale.

2.        È in tale contesto che la Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania) chiede chiarimenti in ordine alla compatibilità della prassi nazionale pertinente con i diritti della difesa, come tutelati dal diritto dell’Unione.

3.        Nella fattispecie, la Corte viene invitata a esaminare il rapporto esistente tra il diritto di accesso al fascicolo, garantito dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa. Inoltre, può il diritto di accesso al fascicolo ritenersi applicabile anche ai procedimenti amministrativi svolti dalle autorità amministrative degli Stati membri quando agiscono entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione?

4.        Tale quesito, tuttavia, allude al vero «elefante nel fascicolo» del caso di specie, che deve essere considerato per primo: se la questione del potenziale (mancato) accesso a un fascicolo amministrativo e/o ai documenti ivi contenuti nel contesto di procedure nazionali di riscossione dell’IVA rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, rendendo in tal modo applicabile la Carta.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      La Carta

5.        L’articolo 41 della Carta è così redatto:

«1.      Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

2.      Tale diritto comprende in particolare:

a)      il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio;

b)      il diritto di ogni persona di accedere al fascicolo che la riguarda, nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale e commerciale;

c)      l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

(…)».

2.      Direttiva IVA

6.        Ai sensi dell’articolo 213, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA: (2) «[i]l soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo».

7.        Secondo l’articolo 242, paragrafo 1: «[o]gni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione fiscale».

8.        L’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede che: «[o]gni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione IVA in cui figurino tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare, compresi, nella misura in cui sia necessario per la determinazione della base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali detrazioni, nonché l’importo delle operazioni esenti».

9.        Ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, «[g]li Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. (…)».

B.      Diritto rumeno

1.      Codice di procedura tributaria

10.      L’articolo 9 dell’Ordonanţa Guvernului nr. 92 privind Codul de procedură fiscală (decreto del governo n. 92 recante il codice di procedura tributaria) del 24 dicembre 2003 (in prosieguo: il «codice di procedura tributaria») (3), prevede quanto segue:

«Diritto di essere ascoltato

1)      Prima di adottare una decisione, l’amministrazione tributaria deve offrire al contribuente la possibilità di esprimere il proprio punto di vista sui fatti e sulle circostanze rilevanti per l’adozione della decisione.

2)      L’amministrazione tributaria non è tenuta ad applicare le disposizioni di cui al paragrafo 1 qualora:

a)      il ritardo nell’adozione della decisione costituisca un rischio per la verifica della situazione fiscale reale in ordine all’esecuzione degli obblighi del contribuente o all’adozione di altre misure previste dalla legge;

b)      la situazione fattuale esposta venga modificata in misura insignificante per quanto riguarda l’importo del credito tributario;

c)      le informazioni fornite dal contribuente in una dichiarazione o in una domanda siano accettate;

d)      sia necessario adottare provvedimenti di esecuzione forzata».

11.      L’articolo 43 del codice di procedura tributaria è così formulato:

«Contenuto e motivazione dell’atto amministrativo tributario

1)      L’atto amministrativo tributario è redatto per iscritto, su supporto cartaceo o digitale.

2)      L’atto amministrativo tributario redatto su supporto cartaceo contiene i seguenti elementi:

(…)

j)      le indicazioni riguardanti l’audizione del contribuente».

12.      L’articolo 107 del codice di procedura tributaria è del seguente tenore:

«Diritto del contribuente di essere informato

1)      Il contribuente è informato, nel corso della verifica fiscale, degli accertamenti risultanti dalla stessa.

2)      L’amministrazione tributaria presenta al contribuente il progetto del verbale di verifica fiscale contenente gli accertamenti e le loro conseguenze fiscali, e gli permette di esprimere il proprio punto di vista, conformemente all’articolo 9, paragrafo 1, salvo nel caso in cui le basi imponibili non abbiano subito modifiche in esito alla verifica fiscale o se il contribuente rinunci a tale diritto e lo comunichi agli organi della verifica fiscale».

(…)

4)      Il contribuente ha il diritto di esporre, in forma scritta, il proprio punto di vista sugli accertamenti effettuati durante la verifica fiscale entro il termine di tre giorni lavorativi decorrenti dalla data in cui la verifica si è conclusa».

III. Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

13.      I sigg. Ispas sono stati sottoposti a una verifica fiscale. È stato accertato che il consiglio comunale di Florești aveva concesso loro cinque permessi di costruire fra il luglio 2007 e il giugno 2008. In base a tali permessi sono stati costruiti tre edifici, composti da 12, 24 e 30 appartamenti, nonché 4 aree di parcheggio e 2 locali da adibire a deposito. Dal dicembre 2007, i ricorrenti hanno iniziato a vendere gli appartamenti mediante una serie di operazioni commerciali. Secondo il giudice nazionale, i ricorrenti hanno effettuato, in tal modo, operazioni con carattere di stabilità, acquisendo lo status di soggetti passivi ai fini dell’IVA.

14.      Il 25 aprile 2012, a seguito degli accertamenti effettuati nel corso della verifica fiscale, la Direcția Generală a Finanțelor Publice Cluj (Direzione generale delle finanze pubbliche di Cluj, Romania) (in prosieguo: la «convenuta») ha emesso due avvisi di accertamento fiscale nei confronti dei sigg. Ispas. Entrambi gli avvisi di accertamento ammontavano a un importo totale pari a 513 489 lei rumeni (RON) (IVA dovuta); RON 451 546 (interessi per il ritardo nel pagamento dell’IVA), e RON 7 860 (penalità di mora per il ritardo nel pagamento dell’IVA).

15.      I ricorrenti hanno contestato gli avvisi di accertamento fiscale dinanzi alla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj), giudice del rinvio. Nel loro ricorso i ricorrenti hanno sostenuto che tali avvisi erano nulli per il motivo che i loro diritti della difesa non erano stati rispettati. Gli avvisi di accertamento fiscale non facevano alcun riferimento alla questione se i ricorrenti fossero stati o meno ascoltati durante il procedimento amministrativo.

16.      In ulteriori argomenti presentati dinanzi al giudice del rinvio, la convenuta ha chiesto che i ricorrenti individuassero i documenti per loro rilevanti, ai quali non erano stati autorizzati ad accedere dall’autorità tributaria. I ricorrenti hanno risposto che non richiedono l’accesso a tali documenti, ma che sollevano una questione di diritto riguardante, in particolare, le conseguenze derivanti dal fatto che talune informazioni e prove sono state raccolte al di fuori della procedura formale di verifica fiscale e che non è stato consentito loro di accedere a tali informazioni nel corso del procedimento preliminare. Essi chiedono inoltre se si possa porre rimedio a tale mancata autorizzazione consentendo l’accesso a tali documenti nel corso del procedimento giudiziario. I ricorrenti sostengono che l’autorità tributaria avrebbe dovuto concedere loro, d’ufficio, l’accesso automatico a tutte le informazioni rilevanti in base alle quali essa ha adottato il verbale di verifica fiscale e ha emesso gli avvisi di accertamento fiscale, in modo da consentire loro di contestare tali atti.

17.      In tali circostanze, la Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj) ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia conforme al principio del rispetto dei diritti della difesa una prassi amministrativa consistente nell’adottare una decisione che comporta obblighi a carico di un soggetto privato senza permettere a quest’ultimo di accedere all’insieme delle informazioni e dei documenti che l’autorità pubblica ha preso in considerazione al momento di adottare tale decisione, informazioni e documenti contenuti nel fascicolo amministrativo, non pubblico, predisposto da tale autorità».

18.      I sigg. Ispas, il governo rumeno e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Il sig. Ispas, il governo rumeno e la Commissione sono stati sentiti all’udienza del 4 maggio 2017.

IV.    Analisi

19.      Le presenti conclusioni sono così strutturate. In primo luogo, esaminerò la ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale (A). In secondo luogo, mi soffermerò sul problema se la questione pregiudiziale rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, e quindi se rientri nella competenza della Corte (B). Passerò successivamente alla questione sostanziale presentata dal giudice del rinvio, riguardante i diritti della difesa nei procedimenti in materia di IVA dinanzi alle autorità tributarie nazionali (C).

A.      Sulla ricevibilità

20.      Il governo rumeno ritiene che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia irricevibile. Esso sostiene che il giudice nazionale non ha descritto la situazione di fatto in modo sufficientemente dettagliato e non ha dimostrato che la questione sollevata sia rilevante ai fini del procedimento principale. La Commissione, sebbene non abbia rimesso formalmente in discussione la ricevibilità della questione, ha espresso anch’essa preoccupazione riguardo alla sufficiente precisione del contesto di fatto prospettato dal giudice del rinvio.

21.      L’ordinanza di rinvio è in effetti alquanto sintetica e non proprio un esempio di chiarezza nella sua descrizione del contesto di fatto. Essa non contiene alcun riferimento alle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili nella fattispecie. In tale decisione si dichiara semplicemente che la controversia nel procedimento principale riguarda l’IVA, un settore disciplinato dal diritto dell’Unione.

22.      Va ricordato che i giudici nazionali sono tenuti a osservare i requisiti relativi al contenuto della domanda di pronuncia pregiudiziale come stabiliti all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte di giustizia, nell’ambito della cooperazione di cui all’articolo 267 TFUE (4).

23.      Tuttavia, a mio avviso, sebbene le informazioni di fatto possano ritenersi, in effetti, alquanto «parche» quanto ai dettagli, esse contengono gli elementi di fatto fondamentali che, di fatto, hanno consentito alle parti interessate di presentare osservazioni alla Corte.

24.      Inoltre, sebbene l’ordinanza di rinvio non identifichi una disposizione specifica della direttiva IVA, gli obblighi generali derivanti da tale direttiva sono facilmente identificabili e la Corte è in grado di fornire un’utile risposta al giudice del rinvio. Secondo una giurisprudenza costante, quando le questioni sono formulate in modo impreciso, è compito della Corte dedurre dall’insieme dei dati ad essa forniti dal giudice nazionale e dai documenti relativi al procedimento principale gli elementi di diritto dell’Unione che necessitano di essere interpretati, tenendo conto dell’oggetto della lite (5). Nella fattispecie, il fatto che la questione pregiudiziale contenga soltanto un riferimento generico alla direttiva IVA non impedisce alla Corte di fornire al giudice nazionale gli elementi interpretativi di diritto dell’Unione che possano consentire allo stesso di pronunciarsi sulla causa di cui è investito (6).

25.      Di conseguenza, ritengo che la questione sollevata dal giudice del rinvio sia ricevibile. Occorre tuttavia sottolineare che la scarsità di dettagli contenuti nell’ordinanza di rinvio pone necessariamente dei limiti al grado di minuziosità e di precisione che questa Corte potrà raggiungere per fornire un’utile risposta alla questione sollevata dal giudice del rinvio.

B.      Sulla competenza della Corte

26.      Esiste, tuttavia, nella fattispecie, un secondo punto preliminare che va esaminato: l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e la questione correlata dell’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione.

27.      Il governo rumeno ha sostenuto che la presente causa riguarda esclusivamente l’interpretazione e l’applicazione del diritto tributario rumeno. Essa non riguarda il diritto dell’Unione. La Commissione afferma che, sebbene la direttiva IVA non preveda espressamente il diritto di essere ascoltato prima che gli Stati membri stabiliscano gli accertamenti fiscali, la situazione oggetto della causa in esame rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in quanto si tratta di un procedimento relativo alla riscossione dell’IVA. Questa è anche la posizione del giudice del rinvio, il quale presume che, poiché la causa si colloca nella sfera dell’IVA, la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione.

28.      Essere o non essere nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, questo è (ancora una volta) il vero problema. Nella fattispecie, le norme nazionali in discussione sembrano essere generalmente applicabili a tutti i procedimenti tributari nazionali. L’effettivo contenuto della questione in esame (i limiti entro i quali un soggetto privato può chiedere l’accesso al fascicolo o ai documenti nell’ambito di un procedimento tributario nazionale) sembra essere alquanto lontano da qualsiasi norma espressa di diritto dell’Unione che preveda specificamente un obbligo di tal genere da parte degli Stati membri. Tale situazione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, circostanza che renderebbe applicabili anche i diritti fondamentali dell’Unione?

1.      Sull’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione

29.      Il punto di partenza è evidente: i diritti fondamentali dell’Unione, compresi quelli codificati nella Carta nonché quelli che restano a livello di principi generali del diritto dell’Unione, si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse (7). In altri termini, i diritti fondamentali dell’Unione devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione: non possono esistere casi rientranti nel diritto dell’Unione in cui, però, non siano applicabili i diritti fondamentali dell’Unione (8). I diritti fondamentali sono, in realtà, «l’ombra del diritto dell’Unione» (9).

30.      Tuttavia, ciò significa altresì che deve esistere una norma di diritto dell’Unione che sia applicabile, indipendente e diversa dal diritto fondamentale in quanto tale (10). Le disposizioni della Carta (o un diritto fondamentale specifico) non possono essere fatte valere in quanto tali per giustificare la competenza della Corte (11). In altri termini, un’ombra non può proiettare la sua propria ombra.

31.      Pertanto, ai fini dell’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione da parte delle autorità degli Stati membri, sussiste un’equazione che collega i concetti di «applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione» e di «ambito di applicazione del diritto dell’Unione». Tuttavia, anziché risolvere il problema, tale equazione pone in evidenza la vera questione: quando una situazione sottoposta alle autorità nazionali rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione?

2.      Sull’ambito di applicazione del diritto dell’Unione

32.      Da un punto di vista funzionale, un’autorità nazionale agisce probabilmente entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione almeno in tre situazioni tipiche (12). In primo luogo, l’autorità nazionale applica direttamente una fonte del diritto dell’Unione a una causa di cui è investita, più di frequente un regolamento (ipotesi dell’applicazione diretta). In secondo luogo, l’autorità nazionale applica il diritto nazionale che recepisce o dà attuazione a una misura o a un obbligo di diritto dell’Unione. Anche se l’autorità nazionale applicherà probabilmente alla causa una fonte di diritto nazionale, il diritto dell’Unione fa comunque da sfondo, certamente ai fini dell’interpretazione (ipotesi dell’applicazione indiretta). In terzo luogo, l’autorità nazionale si ritrova in una situazione in cui la norma nazionale applica le deroghe o le giustificazioni delle restrizioni consentite dal diritto dell’Unione (ipotesi della deroga) (13).

33.      È la seconda ipotesi a ricorrere nel caso di specie. Contrariamente alla prima ipotesi, esistono due livelli normativi: nazionale e dell’Unione europea. La questione rilevante per questo tipo di situazione è la prossimità fra l’obbligo originario di diritto dell’Unione e la sua (mancata) attuazione a livello nazionale o, in altri termini, il grado di specificità della norma o dell’obbligo di diritto dell’Unione di cui trattasi.

34.      Il secondo tipo di situazione, in cui il diritto dell’Unione conferisce un incarico o impone a uno Stato membro di agire (14), è stato forse considerato, tradizionalmente, meno problematico dell’ipotesi della «deroga» (15). Dopo tutto, è riconosciuto che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie per l’attuazione del diritto dell’Unione (16). La giurisprudenza recente dimostra tuttavia la maggiore complessità della determinazione delle situazioni in cui si ritiene che gli Stati membri diano attuazione ad un obbligo di diritto dell’Unione. Tale complessità deriva proprio dall’incertezza relativa alle situazioni che possono ritenersi connesse al diritto dell’Unione «a valle» (17).

3.      Quando (e in quale misura) uno Stato membro «dà attuazione» al diritto dell’Unione?

35.      Ancor prima della sentenza Åkerberg Fransson, in una causa relativa all’applicazione del principio di uguaglianza ai termini di prescrizione per la riscossione dell’IVA, la Corte ha dichiarato che «è innegabile che la materia dell’IVA rientri nella sfera di applicazione del diritto [dell’Unione]» anche se le norme procedurali nazionali in questione non sono state determinate dal diritto dell’Unione (18).

36.      Nella causa Åkerberg Fransson, con la quale il caso di specie presenta una certa analogia, il giudice del rinvio non ha individuato le disposizioni specifiche della direttiva IVA cui lo Stato membro dava «attuazione» (19). Tuttavia, la Corte è stata in grado di individuare l’obbligo gravante sugli Stati membri di adottare tutte le misure legislative e amministrative adeguate al fine di garantire che l’IVA fosse interamente riscossa nel loro territorio e di lottare contro la frode, in base alle disposizioni generali della direttiva IVA che stabiliscono i requisiti generali in materia di riscossione dell’IVA, unitamente al principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE (20)

37.      La risposta fornita nella sentenza Åkerberg Franssonriguardava specificamente «sovrattasse e procedimenti penali per frode fiscale» (21). Tuttavia, si potrebbe suggerire che più che formulare un criterio esaustivo per la valutazione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, tale decisione ha rappresentato «una dichiarazione circonlocutoria di risultato, piuttosto che una spiegazione per giungere a tale risultato» (22). La questione quindi permane: qualsiasi aspetto relativo all’IVA negli Stati membri rientra ormai nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione?

38.      Da un lato, esistono situazioni a livello nazionale che risultano presumibilmente più vicine alle specifiche disposizioni della direttiva IVA, come stabilire gli elementi necessari di una dichiarazione IVA (articolo 250, paragrafo 1, della direttiva IVA) o prevedere sanzioni efficaci e dissuasive al fine di evitare le evasioni (articolo 273 della direttiva IVA).

39.      Dall’altro lato, la questione se debba sussistere la possibilità di avere accesso al fascicolo o di esaminare i documenti ivi contenuti nell’ambito di un procedimento sull’IVA a livello nazionale è probabilmente più difficile da collegare a una disposizione specifica della direttiva IVA. Certo, si potrebbe suggerire che un siffatto elemento procedurale è comunque contenuto nella nozione di «esatta riscossione dell’IVA» di cui all’articolo 273 della direttiva IVA. La questione, tuttavia, è proprio questa: in base a tale interpretazione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione nelle cause relative all’IVA, esiste un elemento sostanziale, procedurale o di struttura istituzionale riguardante, direttamente o indirettamente, la riscossione dell’IVA che non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione?

40.      Non mancano gli esempi curiosi, per non dire assurdi: la questione se uno Stato membro sia obbligato o meno a prevedere la possibilità di presentare dichiarazioni IVA in formato elettronico (anziché in formato cartaceo) rientrerebbe nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione? Che dire delle varie misure di austerità riguardanti una determinata amministrazione tributaria nazionale, come una notevole riduzione del numero dei agenti tributari incaricati di trattare le dichiarazioni IVA, che porterebbero a un rallentamento della riscossione dell’IVA? Oppure la modifica della competenza territoriale dei giudici avente un impatto sulla rapidità del controllo giurisdizionale nelle cause tributarie? Infine, che dire della chiusura di una caffetteria all’interno di un ufficio tributario regionale di uno Stato membro che comporta la riduzione della produttività del personale che lavora in tale ufficio in quanto i funzionari devono ora lasciare l’edificio per comprare i loro panini?

41.      In tutti questi casi, si potrebbe affermare che la misura nazionale in questione ha un impatto sull’«esatta riscossione dell’IVA» e quindi rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. È questo il criterio per definire l’«ambito di applicazione del diritto dell’Unione» nelle cause in materia di IVA, derivante dalla sentenza Åkerberg Fransson? Supponendo che non lo sia, sorge la vera difficile questione: dove e come va tracciata la linea di demarcazione?

4.      Prossimità, necessità, specificità? La giurisprudenza esistente

42.      Dalla sentenza della Corte Åkerberg Franssonemergerebbe che il criterio non è soggettivo: non sembrano essere decisivi né l’interesse originario dell’Unione o gli obiettivi perseguiti da quest’ultima né l’intento dello Stato membro nell’adottare la disposizione nazionale in questione (23).

43.      Pertanto, l’elemento decisivo è probabilmente di natura oggettiva. In tal caso, però, la questione della prossimità tra il requisito di diritto dell’Unione e la norma nazionale o, in altri termini, la specificità/concretezza della norma dell’Unione che viene attuata diviene particolarmente rilevante. Un criterio oggettivo (o certamente un approccio oggettivo al criterio) potrebbe, in pratica, indicare qualsiasi cosa tra il requisito di uno «specchio testuale» completo (la disposizione di diritto dell’Unione deve prevedere una vera e proporia norma specifica che viene poi recepita a livello nazionale) e la qualificazione dell’«esatta riscossione dell’IVA» come una clausola generale che fa rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione nazionale riguardante qualsiasi elemento dell’IVA.

44.      Esistono due serie di cause rilevanti quando si tenta di stabilire dove possa collocarsi, tra questi due estremi potenziali, un approccio ragionevole: in primo luogo, la serie generale di cause relative alla delimitazione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, in particolare ai fini dell’accertamento dell’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione, e in secondo luogo, le cause più specifiche riguardanti le stesse questioni nel contesto dell’IVA.

a)      Il livello generale

45.      La Corte ha già chiarito che un semplice collegamento «materiale» o «tematico» con un atto o una disposizione del diritto dell’Unione, o con un ambito di competenze dell’Unione, non costituisce un collegamento sufficiente con il diritto dell’Unione (24). L’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione richiede un grado più intenso di connessione, che vada «al di là dell’affinità tra le materie prese in considerazione» (25).

46.      La giurisprudenza ha inoltre fornito diversi elementi che possono essere utilizzati per «testare» il collegamento con il diritto dell’Unione. Alcuni elementi elaborati dalla Corte per accertare se una situazione giuridica rientri nell’ambito di applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione sono «se la normativa nazionale in questione abbia lo scopo di attuare una disposizione del diritto dell’Unione, quale sia il suo carattere e se essa persegua obiettivi diversi da quelli contemplati dal diritto dell’Unione, anche se è in grado di incidere indirettamente su quest’ultimo, nonché se esista una normativa di diritto dell’Unione che disciplini specificamente la materia o che possa incidere sulla stessa» (26).

47.      Tuttavia, tali criteri non sono né cumulativi né tassativi. Essi costituiscono semplicemente criteri indicativi volti a fornire indicazioni ai giudici nazionali (27). Detti criteri dipendono tutti dal contesto della situazione giuridica di cui trattasi.

48.      Sembrerebbe che sia richiesto un certo grado di specificità (o di prossimità) (28). Tuttavia, tale elemento sembra alquanto flessibile. Non deve sussistere necessariamente un collegamento esplicito con la norma nazionale in questione (29). Inoltre, il contenuto della norma nazionale in questione non deve essere interamente determinato dal diritto dell’Unione. Le disposizioni nazionali non devono «riflettere» le disposizioni del diritto dell’Unione in modo da rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Si evince inoltre dalla giurisprudenza della Corte che i diritti fondamentali dell’Unione sono applicabili in situazioni in cui gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale (30), o quando gli Stati membri applicano eccezioni o deroghe ammissibili, rientranti comunque nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (31). Nonostante ciò, il grado di specificità dovrebbe sempre andare oltre la semplice esistenza di una connessione con un obiettivo o un settore di competenza dell’Unione: esso deve raggiungere un determinato livello di specificità in termini normativi (32).

49.      Inoltre, nonostante la relativa importanza dello scopo delle misure nazionali volte a dare attuazione al diritto dell’Unione (33), non è sempre necessario che gli obiettivi perseguiti dalla disposizione nazionale in questione si sovrappongano a quelli delle disposizioni specifiche del diritto dell’Unione che stabiliscono il collegamento con l’ordinamento giuridico dell’Unione.

50.      Pertanto, nell’applicazione, ad esempio, della decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo (34), gli Stati membri devono vigilare affinché le condizioni detentive non siano contrarie al divieto di trattamenti inumani o degradanti di cui all’articolo 4 della Carta, anche se il mandato d’arresto europeo non riguarda in alcun modo la determinazione di criteri per l’esecuzione di pene o condizioni detentive (35). Un altro esempio è costituito dal caso dei diritti processuali. Nella sentenza DEB (36) le disposizioni generalmente applicabili di diritto nazionale che disciplinavano l’accesso al gratuito patrocinio a favore di persone giuridiche non erano specificamente dirette ad attuare il diritto dell’Unione né avevano esattamente lo stesso obiettivo. Tuttavia, esse rientravano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione ai fini del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva di cui all’articolo 47 della Carta in rapporto ai mezzi di ricorso previsti dal diritto dell’Unione ‑ in particolare, una procedura per la presentazione di un ricorso inteso ad accertare la responsabilità dello Stato ai sensi del diritto dell’Unione. Tali disposizioni erano necessarie per garantire che coloro i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione erano stati violati avessero diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice.

51.      L’esempio dei diritti processuali è significativo anche per un’altra ragione: il diritto dell’Unione non sempre determina o stabilisce norme processuali specifiche. Esso si concentra piuttosto sull’aspetto sostanziale del diritto o dell’obbligo. Tuttavia, i diritti processuali sono necessari per garantire l’efficacia del diritto dell’Unione. È in considerazione di tale connessione che la Corte ha dichiarato che il rispetto dei diritti processuali fondamentali, come il diritto di essere ascoltato, si impone anche se non è espressamente disciplinato dalle disposizioni del diritto dell’Unione che stabiliscono diritti o obblighi sostanziali (37). In particolare, il principio del rispetto dei diritti della difesa si applica quando gli Stati membri agiscono o adottano decisioni entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, anche se la normativa dell’Unione applicabile non prevede espressamente specifici requisiti processuali (38).

b)      L’imposta sul valore aggiunto

52.      Passando al livello specifico dell’IVA e dei procedimenti tributari, la Corte non ha esitato, in passato, a includere vari elementi di norme, procedure e istituzioni nazionali in materia di IVA nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, specificamente ai sensi delle direttive IVA o ai sensi delle disposizioni del Trattato. L’esecuzione dell’esatta riscossione mediante sanzioni costituisce un’«attuazione della direttiva IVA» (39). L’istituzione e l’applicazione di procedimenti amministrativi diretti alla riscossione dell’IVA in quanto tale vanno intesi come rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (40). Di conseguenza, nel predisporre gli adeguati controlli e nel prevedere accertamenti fiscali, gli Stati membri adempiono un obbligo imposto dal diritto dell’Unione.

53.      Infatti, la Corte ha confermato che «l’omessa presentazione della dichiarazione IVA, così come la mancata tenuta di una contabilità, che permetterebbero l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’amministrazione finanziaria, nonché l’omessa registrazione delle fatture emesse e pagate, sono idonee ad impedire l’esatta riscossione dell’imposta e sono dunque atte a compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell’IVA» (41). Quando si trovano di fronte a tali situazioni, gli Stati membri hanno l’obbligo, in particolare, «di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel [loro] territorio (… e) sono obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la relativa contabilità e gli altri documenti utili, nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta» (42).

54.      Inoltre, la Corte ha spesso applicato i diritti fondamentali dell’Unione nel quadro di procedimenti giudiziari e amministrativi collegati alla riscossione dell’IVA (43).

c)      Il limite della necessità funzionale ragionevole

55.      È evidente che l’approccio della Corte è stato finora alquanto generoso. Al livello ipotetico, quale delineato supra al paragrafo 43 delle presenti conclusioni, nel particolare contesto dell’IVA, la Corte è infatti più incline a intendere l’«esatta riscossione dell’IVA» come una «clausola generale» che fa rientrare potenzialmente qualsiasi norma nazionale relativa a tale materia nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

56.      Sembra esistere, tuttavia, almeno un limite a tale logica generale e incidentale. Detto limite opera come una regola di esclusione dalla «clausola generale» summenzionata. Si tratta della regola della necessità funzionale (ragionevolmente prevedibile). Tale regola potrebbe essere descritta come segue: qualsiasi norma nazionale strumentale all’effettiva attuazione a livello nazionale di un obbligo basato sul diritto dell’Unione, sebbene non specificamente adottata a tal fine, ricadrà nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, salvo il caso in cui l’adozione e l’applicazione di tale norma nazionale non siano ragionevolmente necessarie ai fini dell’attuazione del diritto dell’Unione pertinente.

57.      Pertanto, in un sistema nazionale dell’IVA adeguatamente funzionante, è ragionevole attendersi che uno Stato membro preveda procedure amministrative per la riscossione dell’IVA ed eventuali sanzioni corrispondenti. È altresì lecito attendersi che nell’ambito di tali procedure, i contribuenti godano effettivamente di taluni diritti fondamentali, compreso il diritto di essere ascoltato o il diritto a un ricorso giurisdizionale. La modalità specifica in cui gli Stati membri prevedono concretamente tali elementi è rimesso alla loro discrezionalità. A un livello più elevato di astrazione, tuttavia, rimane l’aspettativa ragionevolmente prevedibile che tali elementi costituiscano una componente necessaria dell’esatta riscossione dell’IVA. Per contro, il fatto che la dichiarazione fiscale sia in formato elettronico o cartaceo o il fatto che esista o meno una caffetteria all’interno di un ufficio tributario non può essere ragionevolmente considerato come una componente necessaria del funzionamento della riscossione dell’IVA.

d)      Considerazioni finali: fari e ombre

58.      Si può riconoscere senza difficoltà che il modo di intendere l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione quale illustrato supra in casi di attuazione di tale diritto da parte degli Stati membri è, nella migliore delle ipotesi, una regola generale approssimativa. Esistono due elementi in particolare che rendono difficoltoso trarre una regola di più ampia portata dalla giurisprudenza della Corte finora elaborata.

59.      In primo luogo, attualmente il diritto dell’Unione copre un’ampia serie di settori del diritto, molti dei quali contengono atti giuridici completamente diversi per portata e natura. Inoltre, questi settori non si muovono tutti alla stessa velocità. Tuttavia, qualsiasi norma sulla competenza generalmente applicabile degna di questo nomedovrebbe essere oggetto di un’applicazione più ampia, vale a dire, non limitata soltanto al settore normativo dell’IVA, ma trasversale. Infatti, è difficilmente ipotizzabile che debba esistere un criterio che definisca l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in casi relativi all’IVA, un altro in casi inerenti alla previdenza sociale e un altro ancora nel settore della cooperazione giudiziaria, con uno speciale sotto-criterio per i casi riguardanti il diritto penale. Parimenti, tale regola dovrebbe basarsi principalmente su criteri normativi, ossia su caratteristiche normative individuabili ex ante della norma dell’Unione e delle norme nazionali in questione, non sul loro potenziale impatto sociale (44).

60.      In secondo luogo, il procedimento di rinvio pregiudiziale costituisce un sistema di cooperazione giudiziaria basato sui singoli casi. Il suo scopo non è di riesaminare astrattamente la normativa nazionale, bensì di interpretare il diritto dell’Unione nell’ambito di un caso concreto di cui è investito il giudice nazionale. In una sfera di competenza così configurata, avviene inevitabilmente che in un dato caso, se viene dimostrato che un elemento del procedimento o delle strutture istituzionali di uno Stato membro è manifestamente collegato all’applicazione, nel singolo caso, di un diritto basato sul diritto dell’Unione, esso rientrerà effettivamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, anche se la medesima norma nazionale, se considerata in astratto e isolatamente, sarebbe ritenuta probabilmente non rientrante nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (45).

61.      Tuttavia, contrariamente alla questione dell’esistenza umana, non ritengo che la questione di rientrare o non rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione debba essere per definizione bipolare: una causa o è completamente «dentro» o è completamente «fuori».

62.      La Corte ha già riconosciuto che esiste una differenza tra le situazioni pienamente definite dal diritto dell’Unione e quelle in cui gli Stati membri mantengono una notevole libertà d’azione. Nel secondo caso, a patto che il livello di tutela dei diritti fondamentali dell’Unione sia rispettato, resta consentito ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali (46).

63.      Proiettando tale logica nella questione dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, dovrebbe esistere una scala, una graduazione per i casi rientranti «nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione», basata proprio sulla prossimità a un requisito concreto e specifico del diritto dell’Unione: più una situazione si avvicina a un requisito chiaramente definito del diritto dell’Unione, minore è la discrezionalità da parte dello Stato membro e maggiore la minuziosità del controllo. Per contro, più un caso si allontana da una norma di diritto dell’Unione chiara e specifica, pur rientrando ancora nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, più ampia è la discrezionalità da parte degli Stati membri nelle modalità di attuazione di tale obbligo.

64.      In senso metaforico, il suggerimento è che, anziché cercare il proverbiale unicorno di un criterio chiaro e prevedibile degli Stati membri «che agiscono entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione» nella situazione di trasposizione o di attuazione del diritto dell’Unione, che, devo ammetterlo, ho difficoltà a riscontrare nell’attuale diritto dell’Unione, la Corte potrebbe forse accogliere una sorta di «approccio del faro»: più ci si avvicina a una norma specifica e concreta di diritto dell’Unione, minore è la discrezionalità da parte del diritto nazionale. Per contro, più ci si allontana dal faro, pur essendo ancora raggiunti dalla sua luce (ossia, senza applicare la regola di esclusione della necessità funzionale ragionevole discussa supra ai paragrafi da 55 a 57), minore è il grado di intensità del controllo.

65.      Tuttavia, una questione rimane chiara: se vi è luce, deve esservi anche ombra (quella dei diritti fondamentali dell’Unione) (47). Se, sotto il profilo del diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare un’effettiva applicazione in nome del diritto dell’Unione, tale applicazione deve essere controllata a partire dalla stessa fonte, ossia, dai diritti fondamentali dell’Unione. Sarebbe inconcepibile obbligare gli Stati membri a svolgere talune attività (quali l’effettiva riscossione dell’IVA) mentre il controllo e i limiti di tale operazione esulerebbero improvvisamente dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

5.      Sul caso di specie

66.      Il presente procedimento riguarda l’applicazione di norme nazionali del codice di procedura tributaria relative ai diritti individuali della difesa in un procedimento di accertamento e riscossione dell’IVA.

67.      Sebbene le garanzie procedurali generalmente contenute nel codice di procedura tributaria non siano specificamente previste nel diritto dell’Unione, tali norme costituiscono parte integrante dell’intero processo di corretta riscossione dell’IVA. Il fatto che in una procedura in materia di IVA correttamente condotta l’amministrazione tributaria è tenuta a comunicare con il soggetto passivo non solo per fornire a tale persona alcune informazioni riguardo alla decisione da adottare, ma anche per accertare la completa portata dei fatti pertinenti sui quali intende basare la propria decisione, non può essere considerato un elemento non necessario e imprevedibile della procedura.

68.      In realtà, una verifica fiscale diretta ad accertare se una persona sia stata assoggettata o meno all’IVA e se le sue operazioni commerciali siano debitamente documentate, a livello puramente testuale, non è più lontana dalla formulazione dell’articolo 213, paragrafo 1, e dell’articolo 242, paragrafo 1, della direttiva IVA di quanto lo siano «sovrattasse e procedimenti penali per frode fiscale» dalla formulazione dell’articolo 2, dell’articolo 250, paragrafo 1, e dell’articolo 273 della direttiva IVA (48).

69.      Pertanto, la Corte è competente a rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio.

C.      Accesso al fascicolo nell’ambito di procedure di riscossione dell’IVA

70.      In via preliminare, va chiarito che la questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda solo il problema dell’accesso alle informazioni e ai documenti contenuti nel fascicolo amministrativo. Il caso di specie non riguarda pertanto elementi di un accertamento fiscale (sostanziale), come la qualificazione dei ricorrenti come soggetti passivi o la determinazione della natura delle operazioni imponibili.

71.      Inoltre, la questione come formulata dal giudice del rinvio menziona espressamente la prassi amministrativa nazionale. Tuttavia, come sostiene la Commissione, non è chiaro se, nella fattispecie, le autorità tributarie abbiano applicato correttamente gli obblighi procedurali derivanti dal diritto nazionale riguardanti i diritti della difesa, compreso il diritto di essere ascoltato. Al di là di questa singola fattispecie, l’ordinanza di rinvio non fornisce ulteriori dettagli su quale dovrebbe essere la prassi nazionale addebitata. Pertanto, valutare se la prassi amministrativa nazionale sia conforme al diritto nazionale rimane una questione che spetta al giudice nazionale accertare.

72.      Alla luce di tali chiarimenti, ritengo necessario riformulare la questione sollevata dal giudice del rinvio, per consentire alla Corte di fornire un’utile risposta: se il principio generale del rispetto dei diritti della difesa imponga che, nei procedimenti amministrativi nazionali volti alla riscossione dell’IVA, un singolo abbia accesso a tutte le informazioni e a tutti i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione dalla pubblica autorità quando ha adottato la sua decisione.

73.      La mia risposta a tale questione sarà strutturata come segue: esaminerò anzitutto la questione relativa alla precisa fonte dei diritti di cui trattasi nel caso di specie (1) prima di passare alla questione di cosa esattamente il rispetto dei diritti della difesa impone per quanto riguarda l’accesso alle informazioni e ai documenti nei procedimenti amministrativi nazionali di attuazione della direttiva IVA (2).

1.      Il diritto o il principio generale applicabile

74.      Il giudice del rinvio ha sollevato la sua questione esclusivamente con riferimento al principio del rispetto dei diritti della difesa (49). Questo modo di inquadrare la questione è, a mio avviso, corretto. Né l’articolo 48 né l’articolo 41 della Carta sono applicabili alle circostanze del caso di specie.

75.      In primo luogo, l’articolo 48 della Carta non è rilevante ai fini della causa in esame. Tale disposizione stabilisce la presunzione di innocenza e i diritti della difesa di cui deve beneficiare una persona «imputata». I ricorrenti nel procedimento principale non sono «imputati». Sono stati semplicemente destinatari di un avviso di accertamento fiscale che stabilisce i loro obblighi tributari (50).

76.      In secondo luogo, l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta include espressamente il diritto di accesso al fascicolo tra le componenti del diritto ad una buona amministrazione. Tale disposizione, tuttavia, è chiaramente limitata alle istituzioni, agli organi e organismi dell’Unione (a). Inoltre, sussiste una differenza tra l’articolo 41 della Carta e il principio del rispetto dei diritti della difesa (b) riguardante la portata e il contenuto esatti di tale principio.

a)      Il diritto di accesso al fascicolo come componente del diritto ad una buona amministrazione

77.      Dopo alcune esitazioni iniziali (51), la Corte ha ripetutamente dichiarato, in linea con la formulazione della Carta, che l’articolo 41 della stessa è rivolto soltanto alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione europea (52).

78.      Siffatta interpretazione non ha ottenuto un consenso unanime. È stata espressa una posizione contraria, secondo la quale tale interpretazione sembra contraddire la regola generale riguardante l’ambito di applicazione dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Essa esclude l’azione dello Stato membro anche se adottata nell’attuazione del diritto dell’Unione (53).

79.      Devo ammettere che non vedo una simile contraddizione, almeno per quattro ragioni.

80.      In primo luogo, il testo è assai chiaro. L’articolo 41, paragrafo 1, della Carta limita espressamente, ai fini dell’intero articolo, la sua applicazione alle «istituzioni, organi e organismi dell’Unione». A mio avviso, dovrebbero sussistere argomenti estremamente validi per riformulare concretamente, in via giudiziaria, una chiara disposizione di diritto primario, che, per di più, è stata emanata alquanto di recente.

81.      In secondo luogo, definendo espressamente i destinatari della disposizione dedicata al diritto ad una buona amministrazione, l’articolo 41 della Carta esprime la volontà del legislatore (costituzionale) di adottare disposizioni specifiche applicabili all’Unione europea quando agisce attraverso la sua amministrazione diretta.In sostanza, per quanto riguarda l’applicabilità di tale disposizione specifica della Carta, l’articolo 41 contiene la propria lex specialis rispetto alla definizione generale dell’ambito di applicazione della Carta di cui all’articolo 51, paragrafo 1. Non vedo niente di contraddittorio o di incoerente in tale interpretazione: in effetti, è abbastanza comune che un atto legislativo possa definire il proprio ambito di applicazione (ratione personae o materiae) in modi diversi. Potrebbe esistere una disposizione generale sull’applicabilità, generalmente applicabile, salvo se diversamente disposto. Infatti, potrebbero esistere, al contempo, una o più disposizioni specifiche che definiscono il proprio ambito di applicazione, stabilendo, ad esempio, che la sezione X o il titolo Y dell’atto in questione si applica solo a un determinato gruppo di persone o in situazioni specifiche.

82.      In tale prospettiva, l’articolo 41 della Carta costituisce una particolare espressione di un diritto fondamentale autonomo che tutela i singoli solo quando questi entrano in contatto con l’amministrazione diretta dell’Unione, che viene descritta dai trattati come «un’amministrazione europea aperta, efficace ed indipendente» (54).

83.      In terzo luogo, esiste l’argomento sistematico. La limitazione dei «destinatari» tenuti a rispettare e a conformarsi all’articolo 41 della Carta è coerente con la logica complessiva della Carta che, in varie disposizioni contenute nel titolo V, sancisce specificamente i diritti fondamentali dei singoli quando instaurano un rapporto diretto con gli organi amministrativi e politici dell’Unione (55).

84.      Infine, esiste il più ampio argomento costituzionale. Nel contesto della consolidata e ben documentata insistenza del legislatore costituzionale nel limitare le possibilità di estensione dei diritti della Carta alle competenze non attribuite (56) un’espressa limitazione dei destinatari di alcune disposizioni della Carta può essere difficilmente considerata come un’omissione involontaria o come un semplice lapsus calami del legislatore costituzionale (57).

85.      In sintesi, a mio avviso l’articolo 41 della Carta costituisce una disposizione specificamente rivolta all’amministrazione diretta dell’Unione europea allo scopo di stabilire uno standard di tutela elevato e autonomo. L’articolo 41 non è quindi applicabile nel caso di specie.

b)      Il principio generale del rispetto dei diritti della difesa e il principio di buona amministrazione

86.      La discussione sull’ambito di applicazione dell’articolo 41 della Carta simboleggia la più ampia discussione riguardante la correlazione tra i principi generali e i diritti della Carta (58). Proprio perché l’articolo 41 della Carta definisce il suo ambito di applicazione facendo riferimento all’amministrazione diretta dell’Unione europea, il suo rapporto con i principi di buona amministrazione e del rispetto dei diritti della difesa rimane un tema alquanto controverso (59).

87.      Tuttavia, è evidente che molte delle diverse componenti «operative» poste sotto l’egida del «diritto ad una buona amministrazione» dal paragrafo 2 dell’articolo 41 riflettono altresì principi generali specifici del diritto dell’Unione (60). Di particolare rilevanza, a tal proposito, è il principio generale del rispetto dei diritti della difesa, comprendente il diritto di essere ascoltato o l’obbligo di motivazione (61).

88.      È altrettanto evidente che il principio della tutela dei diritti della difesa, che risulta pertinente alle circostanze del caso di specie, è applicabile agli Stati membri quando agiscono entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, se le autorità nazionali prevedono di adottare nei confronti della persona in questione un atto ad essa lesivo (62).

89.      D’altro canto, si può dubitare che tali principi generali, come i diritti della difesa nel caso di specie, abbiano esattamente lo stesso contenuto dell’articolo 41 della Carta. Innanzitutto, l’espressa limitazione nel testo dell’articolo 41 della Carta osta, come afferma l’avvocato generale Kokott, a che il suo contenuto possa «essere trasposto sic et simpliciter ad autorità nazionali, anche quando esse diano esecuzione al diritto [dell’Unione]» (63). Su un piano più concettuale, tale trasposizione sarebbe pericolosamente simile all’elusione dell’espresso disposto dell’articolo 41 della Carta.

90.      Alla luce di tale importante osservazione, ogni componente dell’articolo 41 deve essere attentamente e singolarmente considerata. Così è in particolare per il diritto di accesso al fascicolo, che è stato inserito nel testo dell’articolo 41 a seguito di un’evoluzione giurisprudenziale che, a sua volta, ha avuto origine nella valutazione della prassi delle istituzioni dell’Unione nel settore specifico del diritto della concorrenza (64).

91.      In definitiva, il principio generale applicabile è il rispetto dei diritti della difesa. Il suo contenuto con riferimento all’applicazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri può differire dalle garanzie (specifiche e autonome) previste all’articolo 41 della Carta, applicabili all’amministrazione diretta dell’Unione. Tenendo a mente tutte queste considerazioni, esaminerò nella sezione seguente i requisiti dei diritti della difesa in circostanze analoghe a quelle di cui trattasi nel procedimento principale.

2.      Accesso alle informazioni e ai documenti costituenti il fondamento di una decisione nazionale rientrante nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione

92.      I ricorrenti hanno sostenuto che il diritto di accesso al fascicolo, sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), della Carta, non è espressamente disciplinato nel diritto nazionale con riferimento ai procedimenti tributari (65). Pertanto, i contribuenti esercitano il loro diritto di essere ascoltati senza avere un accesso adeguato al loro fascicolo. Più precisamente, i ricorrenti hanno spiegato che, durante il procedimento amministrativo, essi non hanno avuto accesso a tutti i documenti contenuti nel loro fascicolo, in particolare, ai documenti raccolti prima che la verifica fiscale avesse formalmente inizio (66). I documenti raccolti prima dell’inizio della verifica fiscale sono stati inclusi nel fascicolo solo nella fase giurisdizionale, su richiesta del giudice del rinvio. Tali documenti non sono stati inclusi negli allegati menzionati negli avvisi originari di accertamento fiscale. Essi sostengono che tali documenti sono stati celati per mascherare l’esistenza di un’indagine tributaria prima dell’inizio effettivo della verifica fiscale.

93.      I ricorrenti chiariscono inoltre che, nell’ambito dei procedimenti nazionali, non è possibile dedurre nuovi argomenti nella fase giurisdizionale – ossia dopo che il fascicolo amministrativo sia stato inviato al giudice secondo le disposizioni di diritto nazionale. I ricorrenti sostengono, in particolare, che secondo la giurisprudenza della Corte (67), alla violazione del diritto di accesso al fascicolo non è possibile porre rimedio quando l’accesso è consentito in fase di procedimento giurisdizionale. In una situazione di tal genere, secondo i ricorrenti, l’interessato non deve dimostrare che se avesse avuto accesso al fascicolo l’esito del procedimento amministrativo sarebbe stato diverso, ma solo che avrebbe potuto avvalersi degli elementi contenuti nel fascicolo amministrativo per la sua difesa.

94.      La Commissione e il governo rumeno non concordano con gli argomenti dei ricorrenti. A loro avviso, i diritti della difesa non sono stati violati nel caso di specie.

95.      Il governo rumeno sostiene che le diposizioni pertinenti di diritto nazionale garantiscono il diritto di essere ascoltato prima dell’adozione di una decisione e il diritto del contribuente di essere informato per tutta la durata della procedura (68). Il diritto nazionale prevede che l’autorità tributaria presenti al contribuente il progetto del verbale di verifica fiscale, che contiene gli accertamenti della verifica e le conseguenze fiscali e che offre al contribuente la possibilità di esprimere il suo punto di vista. La relazione definitiva della verifica fiscale viene trasmessa al contribuente con gli allegati, contenenti tutti i documenti rilevanti di cui l’amministrazione ha tenuto conto come base dell’avviso di accertamento fiscale. Inoltre, il governo rumeno adduce che la violazione di tali requisiti comporta l’annullamento dell’atto amministrativo fiscale.

96.      Analogamente, la Commissione sostiene che non sussiste alcuna violazione dei diritti della difesa. I ricorrenti non hanno richiesto l’accesso al fascicolo e non hanno risposto agli inviti delle autorità tributarie ad accedere ai documenti nell’ambito dei procedimenti giurisdizionali. I ricorrenti non hanno invocato la mancata conoscenza dei documenti costituenti il fondamento della decisione tributaria. Secondo la Commissione, il diritto di essere ascoltato viene rispettato quando la decisione si fonda su elementi comunicati dal ricorrente e riguardanti un contesto di fatto e di diritto di cui lo stesso è a conoscenza. Inoltre, per quanto riguarda l’accesso al fascicolo in fase giurisdizionale, la Commissione sostiene che i ricorrenti non hanno dimostrato che i documenti ai quali non hanno avuto accesso, e in base ai quali è stata adottata la decisione, avrebbero potuto essere invocati per la loro difesa.

97.      A mio avviso, gli argomenti dei ricorrenti non possono essere accolti. Prima di spiegare nei dettagli il perché di tale conclusione, sono necessari alcuni chiarimenti.

a)      Accesso a cosa esattamente?

98.      Parte del problema del caso di specie, che già emergeva in sede di ricevibilità, è la netta mancanza di chiarezza riguardo al tipo di accesso esattamente richiesto dai ricorrenti e a ciò che avrebbe dovuto essere concesso loro e ciò che non avrebbe dovuto esserlo. Tale mancanza di chiarezza si è ulteriormente accentuata in udienza, ove è risultato evidente che le diverse parti attribuivano all’espressione «accesso al fascicolo» significati alquanto diversi. Pertanto, l’esatto contenuto delle informazioni richieste nella fattispecie rimane vago.

99.      Per tale ragione, prima di procedere ulteriormente nell’analisi della questione pregiudiziale, andrebbero chiarite tre variabili: accesso a che cosa, quando, e come.

100. Il «che cosa» allude all’oggetto del diritto di accesso: in che cosa consiste esattamente un «fascicolo» al quale è richiesto l’accesso? La serie completa di documenti contenuti in un fascicolo amministrativo relativi all’intero procedimento oppure soltanto i documenti specifici contenuti nel fascicolo costituenti il fondamento di una decisione? Per fascicolo completo si dovrebbe intendere presumibilmente l’intero fascicolo, compresi tutti gli elementi non direttamente collegati a una decisione adottata, come alcune note interne, bozze, calcoli accessori e tutte le informazioni ottenute da terzi.

101. Il «quando» si riferisce alla «tempistica» dell’accesso e al fatto che le informazioni e i documenti possono essere stati ottenuti in tempi diversi: l’istruttoria, il periodo di indagine amministrativa formale che conduce all’accertamento fiscale o la fase successiva di attuazione.

102. Il «come» si riferisce al modo in cui viene consentito l’accesso: ciò può avvenire su richiesta dei ricorrenti o a seguito di un invito da parte dell’autorità tributaria oppure, forse, dovrebbe essere concesso d’ufficio, il che significherebbe presumibilmente che l’autorità tributaria sarebbe tenuta a copiare e a inviare il fascicolo o parti di esso al ricorrente senza che le venga richiesto espressamente.

103. Se ho inteso correttamente le osservazioni dei ricorrenti, come ulteriormente esaminate in udienza, essi sembrano richiedere l’accesso automatico all’intero fascicolo amministrativo riguardante la procedura di accertamento fiscale, che si estenda addirittura alle fasi dell’istruttoria, e tale accesso al fascicolo dovrebbe essere loro consentito d’ufficio dalle autorità, senza che essi debbano neppure richiederlo.

104. A tale richiesta occorre rispondere, a mio avviso, in senso decisamente negativo: il principio generale di diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa non garantisce un siffatto diritto. Ciò che può essere dedotto, a mio avviso, dai diritti della difesa nell’ambito dei procedimenti nazionali come quello di cui trattasi è assai più circoscritto e indefinito: il singolo dovrebbe avere accesso, su richiesta, alle informazioni e ai documenti costituenti il fondamento della decisione amministrativa che l’amministrazione prevede di adottare.

b)      L’analogia (mancante) con il diritto di accesso al fascicolo nel diritto dell’Unione in materia di concorrenza

105. A sostegno dei loro argomenti, i ricorrenti hanno fatto valere la giurisprudenza di questa Corte relativa all’accesso al fascicolo nelle cause riguardanti il diritto della concorrenza. In primo luogo, essi affermano che, secondo questo orientamento giurisprudenziale, esiste un diritto di accesso all’intero fascicolo. In secondo luogo, essi sostengono che la violazione di tale diritto comporta l’annullamento della decisione se l’interessato avesse potuto avvalersi dei documenti a sua difesa.

106. La giurisprudenza della Corte conferma che l’accertamento di un’eventuale violazione dei diritti della difesa in una particolare fattispecie dovrebbe essere effettuato tenendo conto non solo delle particolari circostanze in discussione, ma anche della natura dell’atto in questione e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (69). Ciò significa che i requisiti specifici derivanti dal principio del rispetto dei diritti della difesa e le conseguenze derivanti dalla loro violazione possono differire a seconda degli elementi summenzionati. A tal proposito, è importante tenere debitamente conto dell’impianto sistematico e dell’ambito di applicazione delle disposizioni di diritto dell’Unione entro il quale lo Stato membro agisce, poiché, quando tali disposizioni non predispongono garanzie procedurali specifiche (e quindi non si può ritenere che il diritto dell’Unione abbia pienamente definito la situazione giuridica), i diritti della difesa devono essere garantiti, in via di principio, attraverso il diritto procedurale nazionale.

107. A tal riguardo, le summenzionate affermazioni dei ricorrenti non tengono conto della differenza sostanziale tra la natura delle cause in materia di diritto della concorrenza e altre procedure nazionali generali, svolte entro l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, come la procedura di riscossione dell’IVA. Occorre evidenziare, in particolare, due differenze fondamentali.

108. In primo luogo, la natura delle procedure è semplicemente molto diversa. Il diritto della concorrenza impone sanzioni di natura e gravità tali da configurarsi come sanzioni di natura quasi penale (70). Per contro, le procedure nel caso di specie riguardano l’accertamento dell’importo dell’imposta dovuta (71). Salvo che non si aderisca a correnti di filosofia politica piuttosto marginali, è improbabile che l’imposizione fiscale e la riscossione dell’imposta siano intese come aventi natura penale.

109. In secondo luogo, la giurisprudenza sull’accesso al fascicolo nei procedimenti di diritto della concorrenza dell’Unione stabilisce una regola autonoma, applicabile all’azione delle istituzioni dell’Unione nell’adozione di decisioni che impongono sanzioni ai singoli. Tali procedure e le loro conseguenze sono disciplinate unicamente ed esclusivamente dal diritto dell’Unione. Lo standard di tutela deve essere quindi adeguatamente solido e di livello elevato sotto il profilo del diritto dell’Unione, in quanto solo le istituzioni dell’Unione possono adottare e riesaminare tali decisioni. È in tale specifico contesto che si è sviluppata la particolare giurisprudenza sul diritto di accesso al fascicolo nelle cause in materia di concorrenza, contestualmente all’evoluzione della prassi e della disciplina amministrativa di tale questione a livello dell’Unione (72).

110. Per contro, in mancanza di specifiche norme procedurali di diritto dell’Unione, le condizioni procedurali per il rispetto dei diritti della difesa e le conseguenze delle violazioni di tali diritti sono disciplinate, in linea di principio, dal diritto nazionale (73). Esistono naturalmente requisiti ai sensi del diritto dell’Unione, ma questi, secondo il ragionamento già esposto (74), sono fissati a un diverso livello.

111. La giurisprudenza fatta valere dai ricorrenti nel presente procedimento non si può quindi estendere alle procedure nazionali di riscossione dell’IVA.

c)      Effettività del diritto alla difesa

112. Dove potrebbero quindi collocarsi tali standard? I limiti alla scelta che deve essere operata dagli Stati membri al riguardo derivano dai noti requisiti di equivalenza e di effettività. Le norme procedurali nazionali dovrebbero essere simili a quelle applicabili ai sensi del diritto nazionale in situazioni analoghe. Tali norme non dovrebbero rendere impossibile o eccessivamente difficile esercitare i diritti della difesa conferiti dal diritto dell’Unione (75).

113. A mio avviso, e salvo verifica da parte del giudice nazionale, non è stato dimostrato che le norme procedurali nazionali di cui trattasi nel caso di specie violino i requisiti di equivalenza e di effettività.

114. Per quanto riguarda il primo di tali requisiti, va osservato che la causa in esame riguarda le norme procedurali generali in materia tributaria, non attinenti specificamente all’IVA. Pertanto, il requisito dell’equivalenza è, per definizione, soddisfatto.

115. L’esame del requisito dell’effettività è più complesso. Il suo esame si sovrappone in realtà alla valutazione del contenuto sostanziale dei diritti della difesa (76).

116. Innanzitutto, l’accesso al fascicolo in quanto tale, inteso come serie completa di documenti e di informazioni in possesso delle autorità amministrative, dovrebbe essere nettamente distinto dal diritto di accedere ai documenti sui quali si fonda la decisione amministrativa definitiva.

117. L’accesso ai documenti e alle informazioni che costituiscono il fondamento della decisione amministrativa è infatti strettamente connesso all’effettivo rispetto dei diritti della difesa, quale principio generale del diritto dell’Unione, e in particolare, al diritto di essere ascoltato In forza di tale principio, «i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione» (77).

118. La rilevanza del diritto di essere ascoltato è stata spiegata dalla Corte nei seguenti termini: «la regola (…) ha lo scopo di mettere l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi del caso. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona o dell’impresa coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a queste ultime di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro» (78).

119. Ritengo che l’accesso, così definito, alle informazioni o ai documenti costituenti il fondamento di una decisione amministrativa, garantisca adeguatamente ed effettivamente il diritto di essere ascoltato e quindi i diritti della difesa. Tale accesso permette al contribuente di rendere nota la sua posizione riguardo agli elementi fondamentali alla base della decisione amministrativa.

120. Inoltre, si potrebbe anche aggiungere che tale scambio, tempestivo e opportuno, non avviene esclusivamente nell’interesse del contribuente. È interesse anche dell’amministrazione tributaria adottare una decisione corretta sulla base di tutte le informazioni pertinenti. Questo tipo di scambio costituisce un sistema collaborativo che consente una comunicazione fluida tra il singolo e l’amministrazione.

121. Pertanto, non esiste alcun diritto di consultare l’intero fascicolo, ma piuttosto il diritto avere accesso alle informazioni o ai documenti fondamentali alla base della decisione amministrativa. Inoltre, per quanto riguarda l’elemento temporale corrispondente alla portata delle informazioni, condivido l’opinione della Commissione, secondo la quale la fase d’indagine nel corso della quale sono state raccolte le informazioni va tenuta distinta dalla fase contraddittoria (79) Pertanto, nella misura in cui tali documenti non costituiscono il fondamento di una decisione, non ravviso l’esistenza dell’obbligo, sotto il profilo del diritto dell’Unione, di dare accesso a tutti i documenti e a tutte le informazioni raccolti durante la fase d’indagine, anche se le informazioni raccolte in tale fase preliminare possono aver contribuito a determinare l’adozione della rettifica proposta.

122. Infine, va osservato che, come sostiene correttamente la Commissione, non esiste, a mio avviso, un obbligo di fornire i documenti e le informazioni pertinenti d’ufficio. È lecito attendersi che i contribuenti agiscano con la dovuta diligenza nel procedimento che li riguarda. Il quadro procedurale nazionale deve stabilire le vie per consentire al soggetto passivo di accedere alle informazioni pertinenti qualora lo desideri, vale a dire su richiesta (80).

123. Nella fattispecie, come sostengono la Commissione e il governo rumeno, le disposizioni applicabili di diritto nazionale sembrano prevedere il diritto del soggetto passivo di esprimere il proprio punto di vista riguardo ai fatti e alle circostanze rilevanti prima dell’adozione della decisione (articolo 9, paragrafo 1, del codice di procedura tributaria). Tali disposizioni stabiliscono altresì il diritto di essere informati e, in particolare, di ricevere il progetto del verbale di verifica fiscale contenente gli accertamenti e le conseguenze fiscali (articolo 107, paragrafo 2, del codice di procedura tributaria).

124. A mio avviso, e salvo verifica da parte del giudice nazionale, tale contesto normativo non sembra rendere l’esercizio del diritto di essere ascoltato impossibile o eccessivamente difficile. Come è stato già affermato, spetta quindi al giudice nazionale accertare se tali norme siano state osservate o meno nel caso specifico dei ricorrenti e se possano sussistere o meno altri elementi potenzialmente problematici nella prassi amministrativa nazionale (81).

125. Infine, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti relativo al divieto di dedurre nuovi motivi nella fase giurisdizionale, questa Corte non dispone di alcun elemento di prova che le consenta di effettuare un’adeguata valutazione di tale questione. Detta questione non è stata esposta nell’ordinanza di rinvio presentata dal giudice nazionale. Essa è stata invocata dai ricorrenti nel corso del presente procedimento, ma fortemente contestata dal governo rumeno. In tali circostanze, si può solo ricordare che il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo sancito all’articolo 47 della Carta comporta che i giudici che effettuano il controllo di legittimità di decisioni che attuano il diritto dell’Unione «poss[ono] verificare se le prove sulle quali tale decisione si fonda non siano state ottenute e utilizzate in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione e, in special modo, dalla Carta» (82).

126. Alla luce di quanto precede, ritengo che si debba rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio nel seguente modo: il principio generale del rispetto dei diritti della difesa impone che, in una procedura nazionale di riscossione dell’IVA, un singolo abbia accesso, su richiesta, alle informazioni e ai documenti costituenti il fondamento della decisione amministrativa che stabilisce i suoi obblighi in materia di IVA.

V.      Conclusione

127. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di giustizia di rispondere alla questione sollevata dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania) nel seguente modo:

Il principio generale del rispetto dei diritti della difesa impone che, in una procedura nazionale di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, un singolo abbia accesso, su richiesta, alle informazioni e ai documenti costituenti il fondamento della decisione amministrativa che stabilisce i suoi obblighi in materia di IVA.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»). La verifica fiscale di cui trattasi nel caso di specie si riferiva al periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011. La domanda di pronuncia pregiudiziale non ha individuato in modo preciso le disposizioni specifiche della direttiva IVA interessate. In ogni caso, le disposizioni riprese dalla direttiva 2006/112 corrispondono in sostanza all’articolo 22, paragrafi 1, 2, 4 e 8, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1).


3      Monitorul Oficial al României, Parte I, N. 941 del 29 dicembre 2003, come ripubblicato e modificato, nella versione applicabile al procedimento principale.


4      V., ad esempio, sentenza del 27 ottobre 2016, Audace e a. (C‑114/15, EU:C:2016:813, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


5      V., ad esempio, sentenza del 12 febbraio 2015, Surgicare (C‑662/13, EU:C:2015:89, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


6      Conformemente alla prassi della Corte in casi analoghi, in particolare nella sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105), in cui il giudice del rinvio ha fatto unicamente riferimento alla Carta, ma non ha invocato disposizioni specifiche della direttiva IVA.V. conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2012:340, paragrafo 56).


7      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 19).


8      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 21).


9      Lenaerts, K., e Gutiérez‑Fons, J.A., «The Place of the Charter in the EU Constitutional Edifice», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J., e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights:A Commentary (C.H. Beck, Hart, Nomos, 2014), pagg. da 1560 a 1593, in particolare pag. 1568.


10      Naturalmente, ciò non osta a che norme contenute nei trattati o in atti di diritto derivato che costituiscono espressione di un diritto fondamentale facciano scattare anche la tutela del corrispondente diritto fondamentale dell’Unione (come, ad esempio, la disposizione sulla parità di trattamento contenuta nella direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).


11      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson(C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 22).


12      L’elenco di seguito riportato costituisce una sintesi introduttiva ai fini della causa in esame, certamente non esaustiva di tutte le possibili situazioni e del dibattito ugualmente complesso sull’applicabilità della Carta – v., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Konstantinidis(C‑168/91, EU:C:1992:504, punti 42 e segg.); conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Centro Europa 7 (C‑380/05, EU:C:2007:505, paragrafi 15 e segg.); conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Ruiz Zambrano (C‑34/09, EU:C:2010:560, paragrafi 156 e segg.); conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Scattolon (C‑108/10, EU:C:2011:211, paragrafi 110 e segg.); conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Åkerberg FranssonÅkerberg FranssonÅkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2012:340, paragrafi 25 e segg.); o conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe, nelle cause riunite SEGRO e Horváth (C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2017:410, paragrafi 122 e segg.


13      La presente ripartizione (ancora una volta alquanto semplificata) si focalizza sulla singola causa a livello nazionale e sulla natura delle fonti giuridiche applicate. Non mancano certamente altre classificazioni e approcci, v., ad esempio, Sarmiento, D., «Who’s Afraid of the Charter? The Court of Justice, national courts and the new framework of fundamental rights protection in Europe», Common Market Law Review, vol. 50, 2013, pagg. da 1267 a 1304; Besselink, L.F.M., «The Member States, the National Constitutions and the Scope of the Charter», Maastricht Journal of European and Comparative Law, vol. 1, 2001, pagg. da 68 a 80; Eeckhout, P., «The EU Charter of Fundamental Rights and the Federal Question», Common Market Law Review, vol. 39, 2002, pagg. da 945 a 999; Dougan, M., «Judicial Review of Member State Action Under the General Principle and the Charter: Defining the “Scope of Union Law”», Common Market Law Review, vol. 52, 2015, pagg. da 1201 a 1245; Fontanelli, F., «The Implementation of European Union Law by Member States under Article 51(1) of the Charter of Fundamental Rights», Columbia Journal of European Law, vol. 20, (2014), pagg. da 193 da 247.


14      Secondo la terminologia utilizzata da Lenaerts, K., «Exploring the Limits of the EU Charter of Fundamental Rights», European Constitutional Law Review, vol. 8, 2012, pagg. da 375 a 403, in particolare pag. 378.


15      Per tale dibattito, v. Jacobs, F., «Human Rights in the European Union: The Role of the Court of Justice», European Law Review, vol. 26, 2001, pagg. da 331 a 341. V., di recente, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nelle cause riunite SEGRO e Horváth (C‑52/16 e C‑113/16, EU:C:2017:410).


16      Articolo 291, paragrafo 1, TFUE.


17      V., su tale dibattito, ad esempio: Eeckhout, P., «The EU Charter of Fundamental Rights and the Federal Question», Common Market Law Review, vol. 39, 2002, pagg. 945 a 999, in particolare pag. 976. V. anche, in generale, Groussot, X., Pech, L. e Petursson, G.T., «The Scope of Application of EU Fundamental Rights on Member States’ Action: In Search of Certainty in EU Adjudication», Eric Stein Working Paper 1/2011.


18      Sentenza del 19 novembre 1998, SFI (C‑85/97, EU:C:1998:552, punto 31).


19      V., supra, nota a piè di pagina n. 6.


20      Tali disposizioni erano l’articolo 2, l’articolo 250, paragrafo 1, e l’articolo 273 della direttiva 2006/112, v. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 25). Analogamente, v. anche sentenza del 12 febbraio 2015, Surgicare(C‑662/13, EU:C:2015:89, punto 20).


21      Sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 27).


22      In un contesto leggermente diverso (per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte relativa al mercato interno) v. Weatherill, S., in Adams., M e a. (a cura di), Judging Europe’s Judges: The Legitimacy of the Case Law of the European Court of Justice,Hart Publishing, Oxford, 2013, pag. 87.


23      Nelle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón, presentate nella causa Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2012:340, paragrafi da 40 a 41 e da 60 a 63), è stato proposto un approccio basato «sulla presenza o persino sul ruolo preponderante del diritto dell’Unione all’interno dell’ordinamento nazionale, in ciascun caso specifico», che porterebbe quindi a una distinzione tra situazioni in cui la realizzazione (degli obiettivi) del diritto dell’Unione era la causa dell’adozione di norme nazionali e situazioni in cui l’uso di tali norme ai fini dell’attuazione a livello nazionale del diritto dell’Unione costituisce una mera occasio incidentale. Tuttavia, per quanto riguarda il risultato di tale causa, certamente tale approccio non è stato accolto dalla Grande Sezione.


24      V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punti 36 e 46 e giurisprudenza ivi citata).


25      V., ad esempio, sentenze del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 24); del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a. (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 34), e del 6 ottobre 2016, Paoletti e a. (C‑218/15, EU:C:2016:748, punto 14). V. anche altri casi precedenti alla Carta come le sentenze del 29 maggio 1997, Kremzow(C‑299/95, EU:C:1997:254, punto 16), e del 18 dicembre 1997, Annibaldi(C‑309/96, EU:C:1997:631), punti da 21 a 23).


26      Varie sentenze della Corte fanno riferimento a tali criteri: v. sentenze dell’8 novembre 2012, Iida (C‑40/11, EU:C:2012:691, punto 79); dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291, punto 41); del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 25), e del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., (C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 37).


27      V., a tal proposito, Thym, D., «Blaupausenfallen bei der Abgrenzung von Grundgesetz und Grundrechtecharta», Die öffentliche Verwaltung, 2014, pagg. da 941 a 951, in particolare pag. 944.


28      V., a tal fine, sentenze del 13 giugno 1996, Maurin(C‑144/95, EU:C:1996:235, punti 11 e 12); del 6 marzo 2014, Siragusa(C‑206/13, EU:C:2014:126, punti 26 e 27); del 22 maggio 2014, Érsekcsanádi Mezőgazdasági (C‑56/13, EU:C:2014:352, punti da 50 a 56), e dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a. (C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 54).


29      Conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:2, paragrafo 44).


30      V., ad esempio, sentenze del 13 aprile 2000, Karlsson e a. (C‑292/97, EU:C:2000:202, punto 35), e del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 48). V., su tale dibattito, conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2017:395, paragrafi 52 e 53) e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2016:995, paragrafo 70).


31      V., ad esempio, sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punti 38 e 39), e del 16 febbraio 2017, C.K. e a. (C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 53).


32      V., a tal fine, sentenza del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punti 38 e 39). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causaBerlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:2, paragrafo 45).


33      V., in particolare, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a. (C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 47 e 48).


34      Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, (GU 2009, L 81, pag. 24; in prosieguo: la «decisione quadro»).


35      Sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punti 84 e 88).


36      Sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, EU:C:2010:811, punti 33 e segg.).


37      V., ad esempio, sentenza del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


38      V., a tal fine, sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé(C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 38), e del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


39      V., ad esempio, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105); dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555), e del 5 aprile 2017, Orsi e Baldetti (C‑217/15 e C‑350/15, EU:C:2017:264). V. anche le mie conclusioni presentate nella causa Scialdone (C‑574/15, EU:C:2017:553).


40      V. sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 67), in cui la Corte ha dichiarato che «un accertamento dell’IVA in seguito alla constatazione di una pratica abusiva (…) costituisce un’attuazione degli articoli 2, 250, paragrafo 1, 273 della direttiva IVA e dell’articolo 325 TFUE e, quindi, del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta».


41      V., ad esempio, sentenza del 28 luglio 2016, Astone (C‑332/15, EU:C:2016:614, punto 56) e giurisprudenza ivi citata.


42      V., ad esempio, sentenze del 17 luglio 2008, Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 37); del 29 luglio 2010, Profaktor Kulesza, Frankowski, Jóźwiak, Orłowski (C‑188/09, EU:C:2010:454, punto 21), e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 25).


43      V., ad esempio, sentenze del 29 marzo 2012, Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186, punti 24 e segg.) (riguardante i termini di prescrizione e il principio del termine ragionevole nel recupero dei crediti d’imposta), e del 12 febbraio 2015, Surgicare (C‑662/13, EU:C:2015:89, punto 33) (relativa ai procedimenti amministrativi nazionali applicabili nei casi in cui l’amministrazione tributaria sospetti l’esistenza di pratiche abusive). V. anche, per quanto riguarda i dazi doganali, sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé(C‑349/07, EU:C:2008:746, punti 34 e segg.) (sulle disposizioni della legge generale tributaria del Portogallo, che stabiliscono termini generali di notifica), e del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punti 28 e segg.) (riguardante il diritto ad essere sentito).


44      Non mancano gli esempi in diversi settori del diritto dell’Unione che confermano che i criteri relativi alla competenza che intendono basarsi sul successivo impatto sociale della norma sono di difficile (se non addirittura impossibile) applicazione pratica, senza contare il rischio che tale impatto sociale possa mutare, il che significherebbe quindi, concretamente, che una norma nazionale, nel corso del tempo, potrebbe rientrare nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e uscire da tale ambito. Un esempio potrebbe includere il dovere di accertare se una misura nazionale abbia o meno un’influenza significativa sulla commercializzazione al fine di accertare se essa costituisca un «altro requisito» soggetto a notifica ai sensi della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37) [v. le mie conclusioni nella causa M. e S. (C‑303/15, EU:C:2016:531, paragrafi da 63 a 66].


45      V., ad esempio, ordinanza del 28 novembre 2013, Sociedade Agrícola e Imobiliária da Quinta de S. Paio Lda, (C‑258/13, EU:C:2013:810, punto 23). Tale causa, al pari della causa DEB, riguardava l’accesso al gratuito patrocinio delle persone giuridiche. Tuttavia, come ha dichiarato la Corte «a differenza della causa all’origine della citata sentenza DEB, in cui la Corte ha interpretato l’articolo 47 della Carta nell’ambito di un procedimento per responsabilità dello Stato introdotto ai sensi del diritto dell’Unione, la decisione di rinvio non contiene alcun elemento concreto che consenta di ritenere che la Sociedade Agrícola abbia presentato un’istanza di gratuito patrocinio nell’ambito di un’azione giudiziaria avente ad oggetto la protezione dei diritti che le sono attribuiti dal diritto dell’Unione».


46      Sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 29), e del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 60). V., ad esempio, sentenza del 30 maggio 2013, F. (C‑168/13 PPU, EU:C:2013:358, punti da 52 a 55).


47      Si ritorna così al punto di partenza della sentenza Åkerberg Fransson di cui al precedente paragrafo 44.


48      V. sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 27.


49      Diversamente dalla sentenza del 17 luglio 2014, YS e a. (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 68), in cui la Corte ha sottolineato che la questione era stata sollevata esclusivamente con riferimento all’articolo 41 della Carta.


50      V., a tal fine, sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83). Nonostante il fatto che siano state inflitte, nella fattispecie, sanzioni amministrative per ritardato pagamento, nella domanda di pronuncia pregiudiziale o nelle osservazioni delle parti non sono rinvenibili elementi che indichino che tali sanzioni sarebbero di natura penale.


51      V. sentenza del 22 novembre 2012, M.(C‑277/11, EU:C:2012:744, punti da 81 a 84), in cui la Corte ha dichiarato che il principio del rispetto dei diritti della difesa era enunciato all’articolo 41 della Carta, e ha statuito che «come emerge dalla sua stessa formulazione, tale disposizione è di applicazione generale».


52      V. sentenze del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 28); del 17 luglio 2014, YS e a. (C‑141/12 e C‑372/12, EU:C:2014:2081, punto 67); del 5 novembre 2014, Mukarubega(C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 44); del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses(C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 83), e del 9 marzo 2017, Doux(C‑141/15, EU:C:2017:188, punto 60).


53      V. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Boudjlida(C‑249/13, EU:C:2014:2032, paragrafo 47) in cui quest’ultimo sostiene quanto segue: «[n]on mi sembrerebbe coerente né conforme alla giurisprudenza della Corte che la formulazione dell’articolo 41 della Carta potesse così introdurre un’eccezione alla norma di cui all’articolo 51 della stessa, che consentirebbe pertanto agli Stati membri di non applicare un articolo della Carta anche nell’attuazione del diritto dell’Unione. Inoltre, esprimo la mia netta preferenza per l’applicabilità dell’articolo 41 della Carta agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (…)». V. anche, su tale dibattito, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Bensada Benallal(C‑161/15, EU:C:2016:3, paragrafi da 28 a 32) e nella causaM. (C‑560/14, EU:C:2016:320, paragrafo 27), e dell’avvocato generale Bot nella causaN. (C‑604/12, EU:C:2013:714, paragrafo 36).


54      Articolo 298, paragrafo 1, TFUE.


55      Come il diritto d’accesso ai documenti (articolo 42), il diritto di sottoporre al mediatore europeo casi di cattiva amministrazione (articolo 43), o il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo (articolo 44). Anche tutti questi diritti sono logicamente limitati per quanto riguarda i loro «destinatari».


56      Articolo 51, paragrafo 2, della Carta e articolo 6, paragrafo 1, TUE.


57      Alcuni autori collegano espressamente tale circostanza alla reticenza degli Stati membri: «L’intenzione sottesa a tale redazione è di rassicurare gli Stati membri del fatto che essi non dovranno tener conto del principio di buona amministrazione in procedimenti amministrativi meramente nazionali, compresi quelli che comportano l’applicazione del diritto comunitario» (traduzione libera),– Dutheil de la Rochère, J., «The EU Charter of Fundamental Rights, Not Binding but Influential: the Example of Good Administration» in Arnull, A., e a. (a cura di), Continuity and Change inEU Law:Essays in Honour of Sir Francis Jacobs, Oxford University Press, 2007, pagg. da 157 a 172, in particolare pag. 170. V. anche Kanska, K., «Towards Administrative Human Rights in the EU. Impact of the Charter of Fundamental Rights», European Law Journal, vol. 10, 2004, pagg. da 296 a 326, in particolare pag. 310.


58      V., su tale dibattito, Hofmann, H., e Mihaescu, C., «The relation between the Charter’s Fundamental Rights and the unwritten general principles of EU law: Good administration as the test case», European Constitutional Law Review, vol. 9, 2013, pagg. da 73 a 101, in particolare pag. 73.


59      V., in generale, Mihaescu Evans, B.C., «The right to good administration at the crossroads of the various sources of fundamental rights in the EU integrated administrative system», vol. 7, Luxembourg Legal Studies, Nomos, 2015. La giurisprudenza precedente alla Carta che applica specificamente il principio generale di buona amministrazione ai procedimenti amministrativi nazionali è alquanto limitata. V. sentenza del 21 giugno 2007, Laub(C‑428/05, EU:C:2007:368, punto 25).


60      V., ad esempio, sentenza dell’8 maggio 2014, N. (C‑604/12, EU:C:2014:302, punti 49 e 50), in cui la Corte ha dichiarato che il diritto ad una buona amministrazione, sancito all’articolo 41 della Carta, riflette un principio generale di diritto dell’Unione e ha affermato che «poiché (…) uno Stato membro applica il diritto dell’Unione, le esigenze che derivano dal diritto a una buona amministrazione, in particolare, il diritto di ogni individuo a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale e entro un termine ragionevole, trovano applicazione nell’ambito di una procedura volta al riconoscimento della protezione sussidiaria, come quella in esame nel procedimento principale, condotta dall’autorità nazionale competente». V. anche, a tal fine, sentenza del 22 novembre 2012, M.(C‑277/11, EU:C:2012:744, punti 85 e segg.), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa LS Customs Services(C‑46/16, EU:C:2017:247, paragrafo 77).


61      V., ad esempio, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a. (222/86, EU:C:1987:442, punto 15); del 5 novembre 2014, Mukarubega (C‑166/13, EU:C:2014:2336, punti 45 e segg.), e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punti da 30 a 34).


62      V. sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou(C‑276/12, EU:C:2013:678, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


63      Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Mellor (C‑75/08, EU:C:2009:32, paragrafo 25).


64      V., al riguardo, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione(C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 68). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa BPB Industries e British Gypsum/Commissione (C‑310/93 P, EU:C:1994:408, paragrafi 112 e segg.). Per una spiegazione di tale «origine», v., in generale, Nehl, H.P., Principles of Administrative Procedure in EC Law, Hart Publishing, Oxford, 1999, pagg. 45 e segg.


65      Essi fanno riferimento all’articolo 9, paragrafo 1, all’articolo 43, paragrafo 2, lettera j), e all’articolo 107, paragrafi 2 e 4, del codice di procedura tributaria applicabili nel caso di specie.


66      In particolare, essi dichiarano che non è stato dato loro accesso a diverse informazioni che avrebbero potuto essere rilevanti. Essi sostengono che le informazioni di cui sono entrate in possesso le autorità tributarie prima dell’apertura formale della verifica fiscale, quale la consultazione con notai e banche, la consultazione di varie banche dati, gli scambi di informazioni con altre autorità o le richieste di assistenza provenienti da altri Stati membri, dovrebbero anch’esse rientrare nel diritto di accesso al fascicolo.


67      I ricorrenti hanno fatto più volte riferimento, nello loro osservazioni scritte e orali, alla sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686, punti da 54 a 57).


68      Essi fanno riferimento agli articoli 9, 43 e 107 del codice di procedura tributaria, citati ai paragrafi da 10 a 12 delle presenti conclusioni.


69      V., ad esempio, sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega(C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 54), e del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).


70      V., a tal fine, sentenza dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione (C‑199/92 P, EU:C:1999:358, punto 150). V. anche Corte EDU, 27 settembre 2011, A. Menarini Diagnostics S.r.l.c. Italia, CE:ECHR:2011:0927JUD004350908, §§ da 38 a 42. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che l’articolo 48 della Carta si applica nei procedimenti in materia di diritto della concorrenza. V., ad esempio, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punti 72 e 73).


71      V. supra, nota a piè di pagina n. 50.


72      Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).


73      V., ad esempio, sentenze del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 35); del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics(C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 75), e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 41).


74      V. supra, paragrafi da 62 a 65 delle presenti conclusioni.


75      V., a tal fine, sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé (C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 38), e del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 75).


76      V., ad esempio, la dichiarazione della Corte secondo la quale le esigenze di equivalenza e di effettività «sono espressione» dei diritti della difesa. V. sentenze del 5 novembre 2014, Mukarubega(C‑166/13, EU:C:2014:2336, punto 52), e dell’11 dicembre 2014, Boudjlida (C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 42).


77      V., ad esempio, sentenze del 18 dicembre 2008, Sopropé (C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 37), e del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 84) – il corsivo è mio.


78      V., ad esempio, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 e C‑130/13, EU:C:2014:2041 punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


79      Sentenza del 22 ottobre 2013, Sabou (C‑276/12, EU:C:2013:678, punti 40 e 41).


80      Diversi atti sono in linea con questa opinione, come la Risoluzione (77) 31 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sulla tutela dell’individuo relativamente agli atti dell’amministrazione (principio II) o il codice europeo di buona condotta amministrativa adottato dal Mediatore europeo (articolo 22).


81      V. supra, paragrafo 71 delle presenti conclusioni.


82      Sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C‑419/14, EU:C:2015:832, punto 87).