Language of document : ECLI:EU:C:2019:775

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 24 settembre 2019 (1)

Cause riunite C558/18 e C563/18

Miasto Łowicz

contro

Skarb Państwa – Wojewoda Łódzki (C‑558/18),

intervenienti:

Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Regionalna w Łodzi),

Rzecznik Praw Obywatelskich

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź, Polonia)]

e

Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Okręgowa w Płocku)

contro

VX,

WW,

XV (C‑563/18)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale — Articolo 267 TFUE — Ricevibilità delle questioni — Stato di diritto — Articolo 2 TUE — Articolo 19, paragrafo 1, TUE — Principio della tutela giurisdizionale effettiva — Principio dell’indipendenza dei giudici — Misure nazionali istitutive del regime per i procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici»






I.      Introduzione

1.        Le conclusioni relative alla presente causa sono le quarte di una serie di conclusioni che ho redatto (2) in merito alla riforma del sistema della giustizia polacco, introdotta con misure adottate nel 2017 e che forma oggetto della proposta motivata della Commissione, formulata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE, sullo Stato di diritto in Polonia (3). Le modifiche delle norme di tale Stato membro che incidono sull’indipendenza della magistratura polacca hanno suscitato notevoli critiche a livello internazionale (4) e costituiscono altresì oggetto di una serie di cause instaurate dinanzi alla Corte (5).

2.        Nelle presenti cause, il Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź, Polonia) e il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia, Polonia) chiedono alla Corte di chiarire se il nuovo regime dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici in Polonia soddisfi i requisiti di indipendenza della magistratura ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Ciò a motivo, tra l’altro, del fatto che, secondo le ordinanze di rinvio, il Ministro della giustizia ha acquisito il potere di influire sull’avvio e lo svolgimento dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici, e le autorità legislative hanno acquisito influenza sulla composizione del Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura), l’organo responsabile della selezione del gruppo di giudici candidati alla nomina alla sezione disciplinare della Corte suprema, incaricata di esaminare le cause disciplinari che coinvolgono i giudici.

3.        Inoltre, nelle ordinanze di rinvio, i giudici del rinvio esprimono il timore di ritorsioni nel caso in cui non si pronuncino a favore dello Stato, una preoccupazione che discenderebbe dall’abuso del procedimento disciplinare nel quadro del nuovo regime. È altresì significativo il fatto che i giudici degli organi del rinvio abbiano dichiarato di essere stati chiamati a rendere conto delle loro decisioni di proporre le domande di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi mediante procedimenti di indagine avviati a seguito della presentazione di tali domande, pur non essendo stati formalmente avviati procedimenti disciplinari nei loro confronti.

4.        Sono giunto alla conclusione che le domande di pronuncia pregiudiziale di cui alle presenti cause sono irricevibili, poiché la Corte non può emettere pareri consultivi su problemi generali o ipotetici ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

5.        Più specificamente, le ordinanze di rinvio, il cui contenuto non è corroborato, nel fascicolo, nella misura necessaria, non contengono una spiegazione sufficiente del collegamento tra le misure di cui trattasi dello Stato membro e le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, segnatamente l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che prevede una tutela contro le violazioni strutturali dell’indipendenza dei giudici (6), poiché obbliga gli Stati membri a «stabili[re] i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione» (7).

6.        In altri termini, non sono stati rispettati i requisiti relativi al contenuto delle domande di pronuncia pregiudiziale di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, che, come la Corte ha ripetutamente dichiarato, deve essere osservato scrupolosamente (8). Tali requisiti figurano anche nelle raccomandazioni della Corte ai giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (9).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE così dispone:

«Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione».

B.      Diritto polacco

1.      Legge del 2017 sulla Corte suprema

8.        L’articolo 3 dell’Ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema) dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizioni 5, 650, 771, 847, 848, 1045 e 1443; in prosieguo: la «legge del 2017 sulla Corte suprema»), entrata in vigore il 3 aprile 2018, prevede la suddivisione della Corte suprema in varie sezioni, tra cui la sezione disciplinare.

9.        L’articolo 27 della legge del 2017 sulla Corte suprema prevede quanto segue:

«1.      Rientrano nella competenza della sezione disciplinare le seguenti controversie:

1)      disciplinari:

a)      concernenti i giudici della Corte suprema,

b)      esaminate dalla Corte suprema in relazione ai procedimenti disciplinari avviati in forza delle seguenti leggi:

(…)

-      ustawa z dnia 21 sierpnia 1997 r. – Prawo o ustroju sądów wojskowych [(Dz. U. del 2017, posizioni 2243 e 2265, e del 2018, posizioni 3 e 5) (legge del 21 agosto 1997 sull’organizzazione dei tribunali militari)];

(…)

-      ustawa z dnia 27 lipca 2001 r. – Prawo o ustroju sądów powszechnych [legge del 27 luglio 2001 sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari];

(…)

2.      La sezione disciplinare si compone delle seguenti sottosezioni:

1)      prima sottosezione;

2)      seconda sottosezione.

3.      La prima sottosezione si occupa, in particolare, delle controversie che coinvolgono:

1)      i giudici della Corte suprema;

2)      i giudici e i pubblici ministeri, concernenti le violazioni di carattere disciplinare integranti reati dolosi per i quali vige l’obbligatorietà dell’azione penale e le violazioni indicate nella domanda prevista all’articolo 97, paragrafo 3.

4.      La seconda sottosezione si occupa in particolare:

1)      dei ricorsi avverso le decisioni emanate dai giudici disciplinari di primo grado nelle controversie concernenti i giudici e i pubblici ministeri e avverso le decisioni e le ordinanze che ostano all’adozione di una sentenza;

2)      dei ricorsi per cassazione avverso le decisioni in materia disciplinare;

3)      dei ricorsi avverso le decisioni del Consiglio nazionale della magistratura».

10.      L’articolo 29 della legge del 2017 sulla Corte suprema così dispone:

«I giudici della Corte suprema sono nominati, al fine di esercitare le loro funzioni, dal Presidente della Repubblica di Polonia su proposta del Consiglio nazionale della magistratura».

2.      Legge sul Consiglio nazionale della magistratura (in prosieguo: il «CNM»)

11.      L’articolo 3 dell’Ustawa o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge sul Consiglio nazionale della magistratura), del 12 maggio 2011 (Dz. U. del 2018, posizioni 389, 848 e 1045; in prosieguo: la «legge sul CNM») prevede quanto segue:

«2.      Inoltre, il Consiglio svolge ulteriori mansioni definite dalla legge, in particolare:

4)      elegge il delegato alla disciplina per i giudici che siedono negli organi giurisdizionali ordinari e per i giudici ausiliari e il delegato alla disciplina per i giudici che compongono gli organi giurisdizionali militari».

12.      L’articolo 7 della legge sul CNM così dispone:

«Il primo presidente della Corte suprema, il presidente della Corte suprema amministrativa e il Ministro della Giustizia sono membri del Consiglio per il periodo in cui esercitano le loro funzioni».

13.      L’articolo 8 della legge sul CNM prevede quanto segue:

«1.      La persona nominata dal Presidente della Repubblica di Polonia esercita le sue funzioni in seno al Consiglio in forza di un mandato a tempo indeterminato, che può essere revocato in ogni momento.

2.      Il mandato della persona nominata dal Presidente si estingue, al più tardi, decorsi tre mesi dalla fine della carica del Presidente della Repubblica di Polonia o dal momento in cui tale carica sia divenuta vacante».

14.      L’articolo 9 della legge sul CNM così dispone:

«1.      Il Sejm [camera bassa del Parlamento polacco] elegge, tra i deputati, quattro membri del Consiglio per un periodo di quattro anni.

2.      Il Senat [camera alta del Parlamento polacco] elegge, tra i senatori, due membri del Consiglio, per un periodo di quattro anni.

3.      I membri di detto Consiglio designati dal Sejm e dal Senat esercitano le loro funzioni sino alla nomina dei nuovi membri».

15.      L’articolo 9a della legge sul CNM stabilisce quanto segue:

«1.      Il Sejm elegge, tra i giudici della Corte suprema, degli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e militari, 15 membri del Consiglio per un mandato congiunto della durata di quattro anni.

2.      Nel procedere all’elezione di cui al paragrafo 1, il Sejm tiene conto, per quanto possibile, della necessità che, in seno a detto Consiglio, siano rappresentati giudici provenienti da varie tipologie e livelli di giurisdizione.

3.      Il mandato congiunto dei nuovi membri di detto Consiglio, eletti tra i giudici, decorre dal giorno successivo alla loro elezione. I membri uscenti del Consiglio esercitano le loro funzioni sino al giorno in cui ha inizio il mandato congiunto dei nuovi membri del Consiglio».

16.      L’articolo 11a della legge sul CNM così dispone:

«2.      Possono proporre un candidato alla posizione di membro del Consiglio gruppi che riuniscono almeno: 1) 2000 cittadini della Repubblica di Polonia, che abbiano compiuto 18 anni di età e siano in pieno possesso della capacità giuridica e dei diritti civili e 2) 25 giudici, esclusi i giudici in pensione».

17.      L’articolo 11d della legge sul CNM dispone altresì quanto segue:

«1.      Il Presidente del Sejm invita i gruppi parlamentari a indicare, entro un termine di sette giorni, i candidati alla posizione di membro del Consiglio.

2.      Ciascun gruppo parlamentare designa, tra i giudici di cui sono state presentate le candidature a norma dell’articolo 11a, un massimo di nove candidati alla funzione di membro del Consiglio.

3.      Se il numero totale dei candidati designati dai gruppi parlamentari è inferiore a quindici, l’Ufficio di presidenza del Sejm designa, tra le candidature presentate ai sensi dell’articolo 11a, il numero di candidati necessario per raggiungere la soglia di quindici.

4.      La commissione parlamentare competente redige un elenco di candidati scegliendo, tra quelli designati in conformità ai paragrafi 2 e 3, quindici candidati per le funzioni di membro del Consiglio, fermo restando che deve essere preso in considerazione almeno un candidato designato da ciascun gruppo parlamentare attivo entro un termine di 60 giorni dalla prima seduta del Sejm, nel periodo della legislatura nel corso della quale avviene la selezione, a condizione che detto candidato sia stato designato da un gruppo ai sensi della procedura di nomina di cui al paragrafo 2.

5.      Nella prima seduta successiva, in presenza di almeno metà del numero legale dei deputati, il Sejm elegge, a maggioranza dei 3/5 dei voti, i membri del Consiglio per un mandato congiunto della durata di quattro anni, votando per la lista dei candidati prevista al paragrafo 4.

6.      Ove i membri del Consiglio non siano eletti secondo la procedura definita al paragrafo 5, il Sejm elegge detti membri a maggioranza assoluta dei voti, in presenza almeno metà del numero legale di deputati e votando sulla base della lista di candidati prevista al paragrafo 4 (…)».

3.      Legge sugli organi giurisdizionali ordinari

18.      L’articolo 22a dell’Ustawa – Prawo o ustroju sądów powszechnych (legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari), del 27 luglio 2001 (Dz. U. del 2018, posizioni 23, 3, 5, 106, 138, 771, 848, 1000, 1045 e 1443; in prosieguo: la «legge sugli organi giurisdizionali ordinari»), prevede quanto segue:

«5.      Il giudice o il giudice ausiliario riguardo al quale sia stato modificato il settore di attività, con conseguente variazione dell’ambito delle relative responsabilità, in particolare in ragione di un trasferimento verso una diversa sottosezione dell’organo giurisdizionale interessato, può presentare ricorso dinanzi al [CNM] entro un termine di sette giorni dall’attribuzione delle sue nuove responsabilità. Il ricorso non può essere proposto nei seguenti casi:

1)      trasferimento presso una sottosezione competente per controversie rientranti nel medesimo settore;

2)      attribuzione di responsabilità a tale giudice o giudice ausiliario in seno alla medesima sottosezione, in forza di regole applicabili anche agli altri giudici, in particolare, in caso di revoca di un’assegnazione a una sezione o a una diversa forma di specializzazione.

6.      Il ricorso di cui al paragrafo 5 è presentato per il tramite del presidente dell’organo giurisdizionale interessato che ha adottato la misura oggetto di detto ricorso. Detto presidente inoltra il ricorso al [CNM] entro un termine di quattordici giorni dal suo ricevimento prendendo posizione sulla controversia. Il [CNM] adotta una decisione di accoglimento o di rigetto del ricorso presentato dal giudice, tenendo conto degli elementi menzionati al paragrafo 1. La decisione del [CNM] sul ricorso previsto al paragrafo 5 non deve essere motivata. Avverso la suddetta decisione non può essere proposta impugnazione. Sino all’adozione della decisione succitata, il giudice o il giudice ausiliario continua a svolgere le funzioni già affidategli».

19.      L’articolo 82c della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«I giudici sono tenuti a svolgere le attività connesse alle funzioni che competono loro quali membri dell’organo giurisdizionale disciplinare presso la Corte d’appello».

20.      L’articolo 107 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«1.      l giudici rispondono, a livello disciplinare, delle inadempienze professionali, compresi i casi di violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge e i casi di violazione della dignità della carica (infrazioni disciplinari).

2.      I giudici rispondono altresì, a livello disciplinare, del comportamento tenuto prima dell’assunzione della carica qualora, in ragione di detto comportamento, egli sia venuto meno agli obblighi collegati alla funzione da esso esercitata in tale momento in seno allo Stato o sia risultato non degno di rivestire la carica di giudice».

21.      L’articolo 109a della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«1.      La condanna definitiva pronunciata dal giudice disciplinare è oggetto di pubblicazione.

2.      Il giudice disciplinare può astenersi dalla suddetta pubblicazione se essa non è necessaria per realizzare gli obiettivi perseguiti dal procedimento disciplinare o se tale omissione è necessaria per tutelare un legittimo interesse privato (…)».

22.      L’articolo 110 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«1.      Nell’ambito dei procedimenti disciplinari a carico dei giudici, sono chiamati a pronunciarsi:

1)      in primo grado:

a)      gli organi giurisdizionali disciplinari presso le corti d’appello, in una formazione composta da tre giudici;

b)      la Corte suprema, in una formazione composta da due giudici della sezione disciplinare e da un giurato della Corte suprema, nell’ambito delle cause concernenti inadempienze professionali integranti reati dolosi per i quali vige l’obbligatorietà dell’azione penale o di reati tributari dolosi o nelle cause nell’ambito delle quali la Corte suprema ha presentato una richiesta di esame di una controversia disciplinare e ha indicato l’infrazione;

2)      in grado d’appello: la Corte suprema, in una formazione composta da due giudici della sezione disciplinare e da un giurato della Corte suprema».

23.      L’articolo 110a della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«1.      Previa consultazione del [CNM], il Ministro della Giustizia affida l’incarico di giudice disciplinare presso la Corte d’appello a un membro di un organo giurisdizionale ordinario con un’anzianità di servizio quale giudice di almeno dieci anni».

24.      L’articolo 112 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«3.      Il Ministro della Giustizia nomina il delegato alla disciplina per i giudici degli organi giurisdizionali ordinari e i suoi due sostituti per un mandato della durata di quattro anni».

25.      L’articolo 112b della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«1.      Il Ministro della Giustizia può nominare un delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia al fine di trattare un caso specifico concernente un giudice. La nomina del delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia esclude l’intervento di un altro delegato alla disciplina nell’ambito di detto caso.

2.      Il delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia è nominato tra i giudici degli organi giurisdizionali ordinari o della Corte suprema. Per quanto concerne le inadempienze disciplinari integranti reati dolosi per i quali vige l’obbligatorietà dell’azione penale, detto delegato alla disciplina può essere nominato anche tra i pubblici ministeri indicati dal Procuratore nazionale (. Se giustificato, in particolare, in caso di decesso o di ostacolo prolungato all’esercizio delle funzioni di delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia, detto Ministro nomina in suo luogo un altro giudice o, ove si tratti di inadempienze disciplinari integranti reati dolosi per i quali vige l’obbligatorietà dell’azione penale, un altro giudice o un pubblico ministero.

3.      Il delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia può avviare un procedimento su richiesta di detto Ministro o intervenire in un procedimento in corso.

4.      La nomina del delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia equivale a una richiesta di avvio di un’indagine o di un procedimento disciplinare».

26.      L’articolo 114 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«1.      Il delegato alla disciplina avvia un’indagine su richiesta del Ministero della Giustizia, di una corte d’appello o del presidente di un tribunale distrettuale, del collegio della corte d’appello o del tribunale distrettuale, del [CNM], o di propria iniziativa, dopo aver preventivamente accertato i fatti necessari per constatare la sussistenza degli elementi costitutivi di un’infrazione disciplinare. L’indagine deve essere compiuta entro un termine di 30 giorni a partire dalla prima misura adottata dal delegato alla disciplina.

(…)

9.      Qualora non individui elementi che giustifichino l’avvio di un procedimento disciplinare, il delegato alla disciplina emette, su richiesta dell’autorità competente, una decisione di rigetto dell’apertura di detto procedimento. Una copia di detta decisione è notificata all’autorità che ha presentato la richiesta di apertura del procedimento, al collegio, rispettivamente, del tribunale distrettuale o della corte d’appello e all’accusato. Copia di tale decisione è notificata inoltre al Ministro della Giustizia, che può proporre opposizione entro un termine di 30 giorni. Tale opposizione equivale a un obbligo di avvio di un procedimento disciplinare e le direttive impartite dal Ministro della Giustizia in merito al prosieguo del procedimento sono vincolanti per il delegato alla disciplina.

10.      Se il procedimento disciplinare non ha fornito elementi idonei a permettere di depositare, dinanzi al giudice disciplinare, una domanda di esame del relativo fascicolo, il delegato alla disciplina emette una decisione di archiviazione del suddetto procedimento.

11.      L’accusato, l’autorità che ha presentato la richiesta di apertura del procedimento disciplinare e il collegio competente possono presentare ricorso avverso la decisione di cui al paragrafo 10 dinanzi a un giudice disciplinare, entro un termine di sette giorni dalla sua notifica».

27.      L’articolo 115a della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«1.      L’assenza ingiustificata della persona accusata (se informata al riguardo) o del suo difensore in occasione di una seduta o di un’udienza non sospende l’esame del fascicolo.

2.      Ove sia impossibile esaminare il fascicolo in ragione di un’assenza giustificata della persona accusata e se quest’ultima non dispone di un difensore, il giudice disciplinare ne nomina uno d’ufficio, stabilendo il termine concesso a detto difensore per esaminare i documenti del fascicolo.

3.      Il giudice disciplinare dà seguito al procedimento malgrado l’assenza giustificata della persona accusata (debitamente informata) o del suo difensore, salvo che ciò sia contrario all’interesse del procedimento disciplinare di cui trattasi».

28.      L’articolo 115b della legge sugli organi giurisdizionali ordinari statuisce quanto segue:

«1.      Il giudice disciplinare quando, sulla base degli elementi raccolti dal delegato alla disciplina, stabilisce che le circostanze dell’infrazione e la colpevolezza della persona accusata non presentano dubbi e risulta opportuna l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 109, paragrafo 1, punti da 1 a 3, può pronunciare un’ordinanza penale

2.      L’ordinanza penale è pronunciata dal giudice disciplinare in composizione monocratica.

3.      Nell’ordinanza, la sanzione di cui all’articolo 109, paragrafo 1, punto 2a, è fissata in una misura compresa tra il 5% e il 10% della retribuzione di base, per un periodo da sei mesi a un anno».

29.      L’articolo 115c della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«Nell’ambito del procedimento disciplinare possono essere utilizzati gli elementi di prova acquisiti ai fini di un procedimento penale secondo le modalità definite agli articoli 168b, 237 o 237a del codice di procedura penale polacco o a seguito dell’effettuazione di un controllo operativo».

30.      L’articolo 125 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«Il [CNM], il primo presidente della Corte suprema e il Ministro della Giustizia possono sollecitare la riapertura di un procedimento disciplinare».

31.      L’articolo 126, paragrafo 1, della legge sugli organi giurisdizionali ordinari così dispone:

«La riapertura di un procedimento disciplinare a carico della persona accusata è possibile se la chiusura del procedimento o l’adozione della decisione sono intervenute a seguito di un reato o laddove, nei cinque anni successivi all’archiviazione del procedimento o all’adozione della decisione, emergano circostanze o elementi di prova nuovi che potrebbero giustificare una condanna o la comminazione di una sanzione più severa».

32.      L’articolo 129 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari prevede quanto segue:

«1.      Il giudice disciplinare può sospendere dalle sue funzioni un giudice qualora nei suoi confronti sia stato avviato un procedimento disciplinare o di interdizione e, altresì, ove adotti una decisione che autorizza l’avvio di un procedimento per responsabilità penale a suo carico.

2.      Qualora il giudice disciplinare adotti una decisione che autorizza l’avvio di un procedimento per responsabilità penale a carico di un giudice per un reato doloso in relazione al quale vige l’obbligatorietà dell’azione penale, questi è sospeso automaticamente dalle sue funzioni.

3.      Nel sospendere un giudice dalle sue funzioni, il giudice disciplinare riduce in misura compresa tra il 25% e il 50% l’ammontare della sua retribuzione per la durata di detta sospensione; tale disposizione non riguarda le persone destinatarie di un procedimento di interdizione.

3a.      Il giudice disciplinare, ove adotti una decisione che autorizza l’avvio di un procedimento per responsabilità penale a carico di un giudice in pensione per un reato doloso in relazione al quale vige l’obbligatorietà dell’azione penale, riduce d’ufficio in misura compresa tra il 25% e il 50% l’ammontare della sua pensione per la durata del procedimento disciplinare.

4.      Se il procedimento disciplinare è stato archiviato o si è concluso con un proscioglimento, si procede alla rettifica di tutte le componenti della retribuzione o degli emolumenti sino all’importo totale».

III. Fatti, cause principali e questioni pregiudiziali

33.      La causa C‑558/18 riguarda un’azione promossa dalla città di Łowicz, Polonia (in prosieguo: il «Comune») contro l’Erario, rappresentato dal presidente del voivodato di Łódź, Polonia (in prosieguo: l’«Erario») dinanzi al Sąd Okręgowy w Łodzi, Wydział I Cywilny (Tribunale distrettuale di Łódź, Prima Sezione civile).

34.      Secondo l’ordinanza di rinvio, la controversia verte sull’applicazione dell’articolo 49 dell’Ustawa dochodach jednostek samorządu terytorialnego (legge relativa alle entrate degli enti locali) del 13 novembre 2003 (Dz. U. del 2017, posizioni 1453, 2203, 2260, e del 2018, posizione 317). Il Comune sostiene di aver ricevuto, tra il 2005 e il 2015, risorse insufficienti per l’espletamento delle funzioni ad esso delegate dal governo centrale, e chiede il versamento di 2 357 148 zloty polacchi (PLN) per coprire i relativi costi. Il giudice del rinvio indica che è probabile che il procedimento sia deciso in senso sfavorevole all’Erario. Ciò ha fatto sorgere nel giudice del rinvio il timore reale che, nel caso sia adottata una determinata decisione nella fattispecie possa essere avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei membri del collegio che si pronuncia in tale causa.

35.      La causa C‑563/18 riguarda un’azione penale promossa dal Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Okręgowa w Płocku) [Procuratore generale rappresentato dalla Procura nazionale, Polonia (precedentemente Procura distrettuale di Płock, Polonia)] contro VX, WW e XV (in prosieguo: gli «imputati») dinanzi al Sąd Okręgowy w Warszawie w VIII Wydziale Karnym (Tribunale distrettuale di Varsavia, Ottava Sezione penale, Polonia), presieduto dal giudice Igor Tuleya.

36.      Secondo l’ordinanza di rinvio, il procedimento principale riguarda l’indagine del Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Okręgowa w Płocku) [Procuratore generale rappresentato dalla Procura nazionale, Polonia (precedentemente Procura distrettuale di Płock, Polonia)] sulle attività dei membri di un gruppo criminale organizzato dedito, tra l’altro, a omicidi e rapimenti di persone allo scopo di ottenere denaro per il loro rilascio. Gli imputati si sono dichiarati colpevoli e hanno richiesto il riconoscimento dello status di testimone cooperante per effetto della loro collaborazione con le autorità preposte all’applicazione della legge. Conseguentemente, il giudice del rinvio ha osservato che sarà tenuto a decidere se applicare un’attenuazione straordinaria della sanzione ai sensi dell’articolo 60, paragrafi da 3 a 5, del codice penale polacco. La prospettiva di applicare siffatta sanzione meno severa ha fatto sorgere nel giudice del rinvio il timore reale che, nel caso sia adottata una determinata decisione nella fattispecie, possa essere avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei membri del collegio che si pronuncia in tale causa e, in particolare, nei confronti del giudice Igor Tuleya.

37.      I giudici del rinvio nutrono dubbi in ordine al fatto che il nuovo regime dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici in Polonia sia compatibile con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (10). Essi osservano che, a causa delle modifiche del sistema dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici introdotte dalla legge del 2017 sulla Corte suprema, in combinato disposto con la legge sul CNM e la legge sugli organi giurisdizionali ordinari, il Ministro della giustizia, che è anche procuratore generale, ha acquisito un’influenza determinante sull’avvio e lo svolgimento dei procedimenti disciplinari contro i giudici. I giudici del rinvio ritengono che, per effetto del modello adottato per i procedimenti disciplinari, gli organi giurisdizionali disciplinari possano divenire uno strumento per rimuovere le persone che pronunciano decisioni non gradite alle autorità, e possano produrre un effetto paralizzante sui giudici, attraverso la minaccia di avviare procedimenti disciplinari a causa delle decisioni giurisdizionali emesse, costituendo così una minaccia diretta all’indipendenza dei giudici e determinando il rischio che la magistratura sia utilizzata a fini politici. A tale riguardo, i giudici del rinvio formulano, tra l’altro, le osservazioni esposte nel prosieguo.

38.      In primo luogo, i giudici che siedono nella sezione disciplinare, di nuova istituzione, della Corte suprema (in prosieguo: la «sezione disciplinare»), competente ad esaminare i procedimenti disciplinari che coinvolgono giudici, sono proposti dal CNM e nominati dal presidente della Repubblica. Tuttavia, attualmente, i membri del CNM sono eletti principalmente dalle autorità legislative e, quindi, la composizione di tale organo riflette le scelte politiche del partito al governo in Polonia. Ciò è confermato dalla selezione, da parte del CNM, dei candidati giudici alla sezione disciplinare, che desta preoccupazioni quanto alla regolarità e all’imparzialità dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici. Inoltre, il CNM è divenuto un organo quasi disciplinare, chiamato a occuparsi dei ricorsi proposti contro le decisioni dei presidenti degli organi giurisdizionali concernenti il trasferimento dei giudici ad un altro collegio giudicante.

39.      Inoltre, il Ministro della Giustizia nomina direttamente i giudici disciplinari attivi presso le corti d’appello e le disposizioni in vigore obbligano i giudici a svolgere le funzioni di giudice di un organo giurisdizionale disciplinare, poiché un eventuale rifiuto comporta la possibilità di avviare un procedimento disciplinare nei confronti del giudice interessato. Detto ministro nomina, inoltre, il delegato alla disciplina per i giudici degli organi giurisdizionali ordinari (in prosieguo: il «delegato alla disciplina») e i suoi due sostituti, circostanza che gli conferisce un’influenza sull’avvio dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici. Vi è un nuovo organo, denominato delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia, che è nominato dal Ministro stesso al fine di occuparsi di casi specifici concernenti giudici e che si colloca in una posizione privilegiata, poiché la sua nomina esclude l’intervento di un altro delegato alla disciplina nell’ambito di un dato caso. Il Ministro di cui trattasi può opporsi alla decisione del delegato alla disciplina di non avviare un procedimento, e ciò può far sì che il procedimento disciplinare prosegua senza limiti temporali definiti.

40.      Si teme, inoltre, che le garanzie procedurali riconosciute ai giudici siano state ridotte. In particolare, un organo giurisdizionale disciplinare può condurre un procedimento malgrado l’assenza giustificata del giudice accusato o del suo rappresentante; è ammessa la pronuncia di decreti penali di condanna e la possibilità di utilizzare contro un giudice elementi di prova ottenuti mediante un reato; la definizione delle infrazioni imputabili ai giudici è imprecisa; inoltre, il Ministro della Giustizia può sollecitare, in determinati casi, la riapertura di un procedimento disciplinare, il che significa che una pronuncia dell’organo giurisdizionale disciplinare non osta all’avvio di un ulteriore procedimento avente ad oggetto la responsabilità del giudice per il medesimo fatto.

41.      I giudici del rinvio sostengono che il nuovo regime disciplinare dei giudici e le disposizioni della legge del 2017 sulla Corte suprema, della legge sul CNM e della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, elencate nelle ordinanze di rinvio, rivestono un’importanza decisiva ai fini delle emanande decisioni relative ai procedimenti principali, poiché tali decisioni possono comportare, per i giudici che fanno parte del collegio giudicante, sanzioni disciplinari politicamente motivate e attuate sulla base delle disposizioni delle leggi nazionali succitate. Secondo i giudici del rinvio, ciò viola l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e, dunque, l’interpretazione della suddetta disposizione è essenziale affinché essi possano pronunciare una decisione. I giudici del rinvio ritengono, inoltre, che l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE sia rilevante ai fini dei procedimenti principali, poiché l’articolo 267 TFUE attribuisce al giudice nazionale una certa discrezionalità quanto all’identificazione delle disposizioni di diritto dell’Unione la cui interpretazione è necessaria ai fini della pronuncia della sentenza, e le disposizioni di diritto polacco concernenti il procedimento disciplinare a carico dei giudici assumono un’importanza reale, e non puramente ipotetica, per la definizione della controversia oggetto di cui a tali procedimenti.

42.      I giudici del rinvio sostengono, inoltre, di essere organi giurisdizionali dell’Unione, in quanto le loro competenze si estendono a controversie in settori disciplinati dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

43.      In tali circostanze, il Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź), nella causa C‑558/18, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che l’obbligo di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, obbligo derivante dalla disposizione succitata, osta a disposizioni idonee a incrementare considerevolmente il rischio che sia violata la garanzia di un procedimento disciplinare indipendente nei confronti dei giudici in Polonia a causa:

1)      dell’influenza politica esercitata sullo svolgimento dei procedimenti disciplinari,

2)      dell’insorgenza del rischio che il regime disciplinare sia utilizzato ai fini del controllo politico sul contenuto delle decisioni giudiziarie e

3)      della possibilità di impiegare elementi di prova ottenuti mediante un reato nell’ambito dei procedimenti disciplinari contro i giudici».

44.      Anche il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia), nella causa C‑563/18, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE debba essere interpretato nel senso che l’obbligo di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, obbligo derivante dalla disposizione succitata, osta a disposizioni che annullano le garanzie di un procedimento disciplinare indipendente nei confronti dei giudici in Polonia, in ragione dell’influenza politica sullo svolgimento di detti procedimenti e dell’insorgenza del rischio che il regime disciplinare sia utilizzato ai fini del controllo politico sul contenuto delle decisioni giudiziarie».

IV.    Eventi successivi alla presentazione delle domande di pronuncia pregiudiziale

45.      In base al punto 24 delle raccomandazioni della Corte (11), i giudici del rinvio hanno inviato delle lettere integrative delle loro domande di pronuncia pregiudiziale, al fine di informare la Corte degli eventi verificatisi a seguito della presentazioni di tali domande.

46.      Per quanto riguarda la causa C‑558/18, nella prima lettera del 7 dicembre 2018, il giudice del rinvio ha osservato, tra l’altro, che il sostituto delegato alla disciplina per i giudici degli organi giurisdizionali ordinari (in prosieguo: il «sostituto delegato») ha convocato il giudice Ewa Maciejewska ‑ che ha presentato la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑558/18  ‑ perché comparisse quale testimone all’udienza del 20 settembre 2018 «vertente sulla limitazione dell’autonomia decisionale del giudice che presiede il collegio» nel procedimento principale. Il sostituto delegato ha inoltre chiesto al presidente del Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź) informazioni sul numero di istanze di pagamento presentate contro l’Erario registrate presso la Prima Sezione civile del Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź) tra il gennaio 2015 e il 31 agosto 2018, l’elenco delle cause di questo tipo assegnate alla sezione del giudice Maciejewska, unitamente all’indicazione del contenuto delle sentenze emesse, compresi i numeri di riferimento dei procedimenti in cui è stata esposta la motivazione delle sentenze.

47.      Nella seconda lettera, dell’11 dicembre 2018, il giudice del rinvio nella causa C‑558/18 ha osservato che il giudice Ewa Maciejewska ha ricevuto la richiesta del sostituto delegato alla disciplina di presentare una «dichiarazione scritta (…) riguardante l’eventuale eccesso di potere da parte del [giudice del rinvio], consistente nella domanda di pronuncia pregiudiziale presentata da tale tribunale in violazione delle condizioni di cui all’articolo 267 [TFUE]».

48.      Per quanto riguarda la causa C‑563/18, nella prima lettera del 30 ottobre 2018, il giudice del rinvio ha osservato che il giudice Igor Tuleya è parte di sei serie di procedimenti condotti dal delegato alla disciplina, uno dei quali verte sui motivi della presentazione delle domande di pronuncia pregiudiziale nelle cause C‑558/18 e C‑563/18 da parte dei giudici del rinvio.

49.      Nella seconda lettera, del 12 dicembre 2018, il giudice del rinvio nella causa C‑563/18 ha osservato, in particolare, che il giudice Igor Tuleya è parte di sette serie di procedimenti condotti dal delegato alla disciplina e che ha ricevuto una richiesta del sostituto delegato di presentare una «dichiarazione scritta riguardante un eventuale eccesso di potere da parte del [giudice del rinvio], consistente nella presentazione di una domanda di pronuncia pregiudiziale da parte di tale giudice in violazione delle condizioni di cui all’articolo 267 [TFUE]».

V.      Procedimento dinanzi alla Corte

50.      Con decisione della Corte, le presenti cause sono state riunite ai fini della fase scritta e orale e della sentenza.

51.      Con ordinanza del 1o ottobre 2018 (12), il presidente della Corte ha respinto le domande dei giudici del rinvio dirette a sottoporre le presenti cause al procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.

52.      Con decisione del 12 novembre 2018, il presidente della Corte ha disposto che le presenti cause venissero trattate in via prioritaria, in conformità all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.

53.      Lo Skarb Państwa – Wojewoda Łódzki (Erario – presidente del voivodato di Łódź), il Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Regionalna w Łodzi) [Procuratore generale rappresentato dalla Procura nazionale, Polonia (precedentemente Procura regionale di Łódź)], il Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente la Prokuratura Okręgowa w Płocku) [Procuratore generale rappresentato dalla Procura nazionale, Polonia (precedentemente Procura distrettuale di Płock (in prosieguo: il «Procuratore generale») il governo dei Paesi Bassi, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Polonia e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte sulle questioni sollevate nelle presenti cause.

54.      Il Procuratore generale, il Rzecznik Praw Obywatelskich (Commissario per i diritti umani, Polonia), la Repubblica di Polonia, l’Autorità di vigilanza AELS e la Commissione europea hanno presentato osservazioni orali nel corso dell’udienza del 18 giugno 2019 (13).

VI.    Sintesi delle osservazioni delle parti

A.      Sulle eccezioni procedurali

55.      L’Erario e la Repubblica di Polonia sostengono che i procedimenti principali costituiscono situazioni meramente interne e non rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione. L’Erario sottolinea che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE non presenta alcun collegamento con i procedimenti principali e nessuna delle eccezioni relative a situazioni interne previste nella giurisprudenza giustifica la competenza della Corte nelle presenti cause (14).

56.      La Polonia, sostenuta dal Procuratore generale, sostiene, tra l’altro, che le norme sui procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici rientrano nella competenza degli Stati membri e che, per questo motivo, alla loro valutazione non si applica il diritto dell’Unione. Ad avviso della Polonia, dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE non possono essere desunte norme specifiche concernenti i procedimenti disciplinari. In udienza, la stessa ha sottolineato che, conformemente alla giurisprudenza della Corte (15), le misure degli Stati membri devono rientrare effettivamente, e non potenzialmente, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Il Procuratore generale ha inoltre sostenuto che la competenza degli Stati membri in materia di organizzazione della giustizia non è stata modificata dal trattato di Lisbona, come risulta dalla sentenza della Corte costituzionale federale tedesca su tale trattato (16).

57.      La Commissione, pur non sollevando un’obiezione formale, sostiene, per motivi di completezza, che i procedimenti principali non rientrano nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Per quanto concerne la causa C‑558/18, essa sottolinea che l’esercizio di funzioni nel settore della pubblica amministrazione non è disciplinato dal diritto dell’Unione e, in particolare, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Analogamente, per quanto riguarda la causa C‑563/18, la Commissione sostiene che il procedimento principale riguarda il diritto penale polacco e, in particolare, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 4, lettera b), della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU 2008, L 300, pag. 42) o dell’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (GU 2016, L 65, pag. 1).

58.      L’Erario, il Procuratore generale, la Polonia e la Commissione sostengono che le questioni sollevate sono irricevibili poiché sono ipotetiche e non presentano alcun collegamento con i procedimenti principali (17).

59.      L’Erario, il Procuratore generale e la Polonia sostengono che i giudici del rinvio non hanno indicato, tra l’altro, i motivi per i quali dovrebbe essere esaminata la questione dell’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e il collegamento tra tale disposizione del diritto dell’Unione e la normativa nazionale applicabile ai procedimenti principali, come richiesto dalla giurisprudenza, dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte e dalle sue raccomandazioni.

60.      L’Erario, il Procuratore generale e la Polonia sostengono, inoltre, che non è necessaria una risposta della Corte al fine di decidere le controversie di cui ai procedimenti principali, poiché tali controversie non hanno nulla a che vedere con il regime disciplinare in Polonia e i giudici interessati non sono attualmente sottoposti ad alcun procedimento disciplinare. A loro avviso, le domande scaturiscono dai timori soggettivi dei giudici in merito al possibile avvio di procedimenti disciplinari, ossia di eventi ipotetici, e la Corte si è occupata di situazioni simili nelle cause Falciola (18) e Nour (19), che sono sfociate nel rigetto delle questioni proposte. Essi sostengono, inoltre, che se i giudici nazionali potessero proporre questioni non connesse alle controversie di cui alla causa principale, ciò pregiudicherebbe la finalità del procedimento di rinvio pregiudiziale. L’Erario sottolinea che la giurisprudenza (20) della Corte che attenua il requisito della rilevanza delle questioni proposte al fine di addivenire a una decisione nel procedimento principale non è applicabile alle presenti cause.

61.      La Repubblica di Polonia e la Commissione evidenziano che il fatto che i giudici del rinvio possano pronunciarsi su questioni concernenti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione non è sufficiente per affermare la ricevibilità delle questioni proposte, poiché esse devono essere rilevanti e necessarie ai fini della risoluzione delle controversie pendenti dinanzi ai giudici del rinvio. Il Procuratore generale e la Commissione affermano, inoltre, che le presenti cause si distinguono dalla causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (21) poiché, in tale causa, l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE era rilevante ai fini della risoluzione della controversia nel procedimento principale.

62.      La Commissione sostiene che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE non è rilevante rispetto all’oggetto delle controversie di cui ai procedimenti principali, né rispetto a qualsiasi questione preliminare (quaestio in limine litis) ad esse relativa. A suo avviso, la risposta della Corte equivarrebbe a fornire un parere consultivo su questioni generali o ipotetiche ed eccederebbe i limiti del meccanismo del rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, come definito dalla giurisprudenza (22). Essa riconosce che le preoccupazioni dei giudici del rinvio circa la possibilità di essere sottoposti a procedimento disciplinare non possono essere escluse, ma ritiene che tale circostanza non modifichi il fatto che le questioni sollevate sono irricevibili. Nel corso dell’udienza la Commissione ha evidenziato che i giudici del rinvio non hanno indicato alcun elemento che li indurrebbe ad adottare una decisione a seguito di una risposta della Corte sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE.

63.      Il Commissario della Polonia per i diritti umani e l’Autorità di vigilanza AELS ritengono che le questioni proposte siano ricevibili.

64.      Il Commissario della Polonia per i diritti umani sostiene che la sentenza nella causa Falciola (23) non è applicabile alle presenti cause, essendo stata pronunciata prima dell’introduzione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE nei Trattati. Esso sostiene che nelle presenti cause è rinvenibile un elemento di diritto dell’Unione, principalmente per effetto della necessità di garantire l’effettività dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e del procedimento di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE. Ai sensi della sentenza nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (24), la tutela dell’indipendenza dei giudici in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE diviene operativa quando il legislatore nazionale affida ai giudici questioni di diritto dell’Unione, e si estende a tutte le attività giurisdizionali dei giudici nazionali, al fine di non privare tale disposizione di qualsiasi effetto utile. Inoltre, a suo avviso, i giudici tutelati ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE devono poter dare avvio a un procedimento pregiudiziale senza correre alcun rischio, e l’assenza di tali garanzie costituisce, di per sé, un elemento di diritto dell’Unione nelle presenti cause, indipendentemente dal fatto che siano state avviate indagini nei confronti dei giudici del rinvio.

65.      Il Commissario della Polonia per i diritti umani sostiene, inoltre, che le questioni sollevate non sono ipotetiche e che la risposta della Corte è necessaria per consentire ai giudici del rinvio di emettere una decisione in presenza di condizioni che garantiscano la tutela dell’indipendenza dei giudici prevista dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Esso sottolinea che se i giudici potessero far valere la questione dell’indipendenza soltanto nei procedimenti disciplinari promossi nei loro confronti, ciò sarebbe incompatibile con la sentenza nella causa Unibet (25), nella quale la Corte ha statuito che la possibilità di invocare l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione in un procedimento in cui il singolo rischia determinate sanzioni non è sufficiente a garantire una tutela giurisdizionale effettiva.

66.      L’Autorità di vigilanza AELS sostiene che dalla sentenza nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (26) discende l’indivisibilità dell’indipendenza dei giudici. A suo avviso, i giudici nazionali agiscono sempre in qualità di giudici dell’Unione, e non solo quando decidono cause che riguardano specificamente il diritto dell’Unione. Pertanto, essa sostiene che le presenti domande sono ricevibili, poiché vi è chiaramente una questione di diritto dell’Unione da affrontare per quanto riguarda i requisiti di indipendenza che assistono i giudici nazionali.

B.      Merito

67.      Il Commissario della Polonia per i diritti umani sostiene che le questioni proposte dovrebbero essere risolte in senso affermativo. Esso sostiene che, alla luce della giurisprudenza della Corte (27), le misure nazionali relative al procedimento disciplinare non garantiscono la tutela dei giudici contro un eccessivo controllo da parte delle autorità esecutive. Esso sostiene, fra l’altro, che il Ministro della giustizia nomina i giudici degli organi giurisdizionali disciplinari presso le corti d’appello per un mandato a tempo determinato, ma che tale mandato si estingue qualora il giudice sia sottoposto a sanzioni disciplinari, e si sono verificate situazioni in cui taluni giudici che si sono rifiutati di avviare un procedimento disciplinare nei confronti di un altro giudice sono stati a loro volta sottoposti a un procedimento disciplinare. Esso ricorda, inoltre, che il Ministro della giustizia nomina il delegato alla disciplina e due sostituti, e può opporsi alla decisione del delegato di non avviare un procedimento disciplinare, il che determina la necessità, per quest’ultimo, di avviare tale procedimento e di conformarsi alle istruzioni vincolanti del Ministro della Giustizia in merito al suo svolgimento.

68.      Inoltre, secondo il Commissario della Polonia per i diritti umani, il Ministro della giustizia può nominare il delegato alla disciplina del Ministro della giustizia, circostanza che esclude l’intervento di altri delegati e che equivale alla necessità di avviare un procedimento disciplinare. Egli afferma che non vi è un termine definito per l’avvio del procedimento disciplinare, in contrasto con il requisito secondo cui i procedimenti devono essere decisi entro un termine ragionevole e che il Ministro della giustizia può sollecitare la riapertura di un procedimento disciplinare, il che consente di contestare a un giudice le medesime violazioni nel caso in cui emergano nuove circostanze o prove.

69.      Il Commissario della Polonia per i diritti umani sostiene, inoltre, che mancano le necessarie garanzie dei diritti della difesa dei giudici nei procedimenti disciplinari. In particolare, esso afferma che l’organo giurisdizionale disciplinare può statuire malgrado l’assenza giustificata del giudice accusato e del suo rappresentante e che, in relazione all’articolo 115c della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, l’uso di prove provenienti da procedimenti penali nei procedimenti disciplinari relativi ad illeciti professionali dei giudici non è giustificato. A suo avviso, anche gli aspetti istituzionali del regime disciplinare sono problematici, ivi compreso il ricorso a giurati nella sezione disciplinare, poiché per decidere in merito a procedimenti disciplinari sono necessarie conoscenze giuridiche, nonché la circostanza che il presidente della sezione disciplinare designi l’organo giurisdizionale disciplinare di primo grado, la qual circostanza solleva dubbi sul fatto che tale organo sia un giudice precostituito per legge.

70.      Il Procuratore generale sostiene che il regime disciplinare polacco relativo ai giudici soddisfa le garanzie di indipendenza giudiziaria previste dalla giurisprudenza della Corte (28), nonché le norme risultanti dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (29). In particolare, lo stesso ricorda che il Ministro della giustizia può avviare un procedimento disciplinare e opporsi a una decisione di mancato avvio di tale procedimento, ma non può determinarne l’esito, né può sanzionare un giudice. A suo avviso, la riforma polacca del regime disciplinare è intesa a migliorare la disciplina della responsabilità dei giudici. Nel corso dell’udienza ha sottolineato che non vi è responsabilità disciplinare dei giudici per il contenuto delle loro decisioni e che nessun giudice è stato sottoposto a procedimenti disciplinari per aver presentato domande di pronuncia pregiudiziale; il procedimento d’indagine che coinvolge i giudici nelle presenti cause è diverso, ed era inteso a chiarire il motivo per cui le domande sono identiche.

71.      La Polonia sostiene che l’ordinamento giuridico polacco non contiene disposizioni che violano le garanzie di indipendenza dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici o che aumentano il rischio di violazione di tali garanzie. A suo avviso, le questioni si riferiscono a misure che non esistono in Polonia e hanno carattere ipotetico, poiché non indicano quali garanzie sono state in concreto violate e in che modo lo sono state. Inoltre, la Polonia sostiene che è difficile rispondere alle affermazioni contenute nelle domande, trattandosi di un’enunciazione selettiva di alcune disposizioni del diritto polacco concernenti i procedimenti disciplinari, unitamente a valutazioni soggettive il cui obiettivo è formulare una critica generale della riforma del sistema della giustizia in Polonia.

72.      La Polonia sostiene, tra l’altro, che né il Ministro della giustizia né alcun altro organo del potere esecutivo statuisce nei procedimenti disciplinari o applica sanzioni disciplinari nei confronti dei giudici. Essa ricorda che, ai sensi degli articoli 110 e 110a della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, gli organi giurisdizionali disciplinari presso le corti d’appello si pronunciano sui procedimenti disciplinari relativi ai giudici ordinari e, in alcuni casi, è la sezione disciplinare a statuire. Secondo la Polonia, i giudici della sezione disciplinare sono nominati, conformemente all’articolo 179 della Costituzione polacca, dal presidente della Repubblica, e il Ministro della giustizia, previa consultazione dell’CNM, nomina i giudici degli organi giurisdizionali disciplinari presso le corti d’appello, per un periodo di sei anni, tra i giudici degli organi giurisdizionali ordinari con almeno dieci anni di anzianità e, a tale titolo, tra i giudici nominati a detta funzione conformemente alla Costituzione polacca. A suo avviso, i giudici che si pronunciano in procedimenti disciplinari nei confronti di altri giudici sono soggetti alle garanzie formali di indipendenza (30), tra cui la nomina a tempo indeterminato, l’irremovibilità, l’immunità, la retribuzione e l’obbligo di rimanere apolitici (31).

73.      La Polonia sottolinea che né il Ministro della giustizia, né altre figure politiche esercitano un’influenza sugli organi giurisdizionali disciplinari e sui giudici che siedono in tali organi, in particolare in ragione del fatto che: 1) non determinano la composizione degli organi giurisdizionali disciplinari che, ai sensi dell’articolo 111 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, è determinata mediante estrazione, sulla base di un elenco dei giudici di un determinato organo; 2) non possono fornire istruzioni ai giudici che siedono negli organi giurisdizionali disciplinari; 3) non possono rimuovere i giudici degli organi giurisdizionali disciplinari; 4) non possono sollevare un giudice di un organo giurisdizionale disciplinare da una causa di cui si occupa; e 5) non hanno il diritto di controllare l’attività degli organi giurisdizionali disciplinari.

74.      La Polonia riconosce che il Ministro della giustizia possiede determinati poteri in merito all’avvio di un procedimento disciplinare, dal momento che può chiedere a un delegato alla disciplina di avviare un’indagine, opporsi alla decisione di quest’ultimo di non avviare un procedimento disciplinare o designare un delegato alla disciplina del Ministro della giustizia per trattare un caso specifico. Tuttavia, la Polonia sottolinea che, ciò nonostante, il Ministro della Giustizia esercita un’influenza indiretta, principalmente attraverso l’opposizione alla decisione di non avviare un procedimento disciplinare, e non possiede alcuna influenza sull’esito del procedimento avviato dai delegati alla disciplina o sulle decisioni dei giudici disciplinari. Nel corso dell’udienza, la Polonia ha affermato che il delegato alla disciplina del Ministro della Giustizia è nominato in situazioni in cui è necessario concentrarsi su un unico procedimento, e che tale organo è stato creato per alleviare il carico di lavoro dei delegati alla disciplina e trattare casi caratterizzati da circostanze di diritto e di fatto complesse.

75.      La Polonia sostiene che, nei procedimenti disciplinari, i giudici godono delle garanzie procedurali del diritto a un processo equo. Essa afferma che le cause sono decise da un organo giurisdizionale che agisce in base alla legge sugli organi giurisdizionali ordinari, che i giudici che si pronunciano in tali cause sono soggetti alle garanzie di imparzialità ed indipendenza, e che i procedimenti disciplinari sono pubblici, ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 1, della legge sugli organi giurisdizionali ordinari. La Polonia sottolinea che il procedimento disciplinare rispetta i principi della parità delle armi e del ne bis in idem e che il giudice accusato può nominare difensori tra giudici, pubblici ministeri, avvocati o consulenti giuridici e, in caso di malattia, ha diritto a un difensore nominato dall’organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 113, paragrafi 1 e 2, della legge sugli organi giurisdizionali ordinari; tale giudice beneficia, inoltre, della presunzione d’innocenza e può proporre ricorso contro la decisione dell’organo giurisdizionale disciplinare di primo grado, ricorso che deve essere esaminato entro due mesi dal deposito dello stesso, ai sensi dell’articolo 121 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari. Secondo la Polonia, la definizione di illecito disciplinare di cui all’articolo 107 della legge sugli organi giurisdizionali ordinari è rimasta invariata per molti anni, ed è intesa ad assicurare flessibilità e prevedibilità. Nel corso dell’udienza, la Polonia ha posto l’accento sul fatto che non vi è responsabilità disciplinare per il contenuto delle decisioni dei giudici.

76.      Per quanto concerne le lettere dei giudici del rinvio che integrano le loro domande di pronuncia pregiudiziale, la Polonia afferma che il delegato alla disciplina si è pronunciato in merito alle informazioni contenute in tali lettere in una comunicazione «relativa ai procedimenti di indagine con la partecipazione dei giudici Ewa Maciejewska e Igor Tuleya, con riguardo alla presentazione di questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia dell’Unione europea» (32). La Polonia sostiene che, secondo tale comunicazione, l’indagine aveva lo scopo di accertare se qualche giudice avesse tentato di esercitare un’influenza sui giudici del rinvio al fine di interferire con il contenuto delle sentenze nelle cause nell’ambito delle quali tali questioni sono state proposte. La Polonia afferma che il sospetto di un illecito disciplinare è sorto a motivo del fatto che le due ordinanze di rinvio erano praticamente identiche. La Polonia afferma, inoltre, che il sostituto delegato alla disciplina ha archiviato l’indagine in ragione dell’assenza di illeciti disciplinari, e che nell’ambito di tali procedimenti i giudici interessati avevano lo status di testimoni, e non di accusati. Inoltre, la Polonia sottolinea che tali giudici non sono attualmente sottoposti a procedimenti disciplinari e sono stati ascoltati soltanto in qualità di testimoni in cause riguardanti altri giudici.

77.      La Lettonia suggerisce alla Corte di rispondere alle questioni proposte statuendo che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro ha l’obbligo di garantire che il regime disciplinare dei giudici rispetti le garanzie di indipendenza della magistratura. Essa sottolinea che tale regime deve rispettare le garanzie previste dalla giurisprudenza della Corte (33), come accade nel sistema disciplinare lettone. Essa osserva che le decisioni giurisdizionali non comportano, in linea di principio, la responsabilità disciplinare dei giudici e che soltanto i comportamenti non regolari manifesti e inescusabili possono determinare tale responsabilità (34). Essa sottolinea il legame tra l’indipendenza dei giudici, la separazione dei poteri e lo Stato di diritto riconosciuti, tra l’altro, nel diritto lettone e nel diritto dell’Unione (35).

78.      I Paesi Bassi suggeriscono di rispondere alle questioni proposte in senso affermativo (36). Esso ritiene che, in base alla giurisprudenza della Corte (37), le misure nazionali che, come spiegato dai giudici del rinvio, implicano o permettono un’influenza politica nei procedimenti disciplinari nei confronti di giudici e che possono essere utilizzate per esercitare un controllo politico sul contenuto delle decisioni giurisdizionali violano il principio di indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nonché l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

79.      L’Autorità di vigilanza AELS sottolinea l’importanza dell’indipendenza dei giudici ai fini del rispetto dello Stato di diritto, come riconosciuto negli ordinamenti giuridici del SEE e dell’Unione (38). Essa esprime preoccupazione per il fatto che, sulla base della giurisprudenza della Corte (39), una serie di elementi del regime disciplinare polacco dei giudici è incompatibile con i requisiti di indipendenza della magistratura. Questi elementi comprendono i seguenti aspetti: 1) l’infrazione disciplinare per illeciti professionali non è chiaramente definita; 2) sembra esistere un nesso tra la parte responsabile del procedimento disciplinare e il potere esecutivo per quanto riguarda la composizione della sezione disciplinare e la nomina da parte del potere esecutivo di delegati alla disciplina per l’esame dei casi e per quanto attiene all’esito delle indagini; 3) l’uso di prove ottenute in procedimenti penali o da un controllo operativo nei procedimenti disciplinari; 4) preoccupazioni circa l’indipendenza della sezione disciplinare; e 5) le sanzioni disciplinari sono severe e i procedimenti possono essere riaperti a danno dei giudici accusati.

80.      L’Autorità di vigilanza AELS sostiene che si dovrebbe tener conto dell’intero quadro delle modifiche legislative relative al sistema della giustizia in Polonia e che se ogni modifica fosse considerata separatamente, senza valutare gli effetti cumulativi, vi sarebbe il rischio di non prestare sufficiente attenzione all’impatto complessivo di ciò che sembra essere una serie di misure coordinate. Essa sottolinea, inoltre, le conseguenze allarmanti derivanti dal fatto che i giudici del rinvio sono stati invitati a presentare dichiarazioni scritte in merito alle questioni proposte.

81.      Nel corso dell’udienza, la Commissione ha sostenuto, in subordine, che, secondo la giurisprudenza della Corte (40), il sistema disciplinare in Polonia viola il principio di indipendenza dei giudici poiché non offre le garanzie necessarie per evitare il rischio che tale sistema sia utilizzato come strumento di controllo politico del contenuto delle decisioni giurisdizionali. Per questo motivo, la Commissione ha dichiarato di aver avviato una procedura d’infrazione ai sensi dell’articolo 258 TFUE nei confronti della Polonia, sostenendo che il nuovo regime disciplinare per i giudici è incompatibile con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta (41).

82.      Riassumendo le sue censure nell’ambito di tale procedimento, la Commissione sostiene, in particolare, che: 1) il diritto polacco permette di sottoporre ad azioni disciplinari i giudici degli organi giurisdizionali ordinari a causa del contenuto delle loro decisioni giudiziarie, ivi comprese le domande di pronuncia pregiudiziale; 2) la sezione disciplinare non soddisfa i requisiti di indipendenza dei giudici previsti dal diritto dell’Unione, oggetto delle cause riunite pendenti C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema); 3) il regime disciplinare polacco non garantisce che un giudice precostituito per legge decida, in primo grado, nei procedimenti disciplinari nei confronti di un giudice di un organo giurisdizionale ordinario, poiché il presidente della sezione disciplinare determina, ad hoc e discrezionalmente, l’organo giurisdizionale disciplinare competente che sarà adito; e 4) i diritti procedurali dei giudici nei procedimenti disciplinari sono limitati, poiché tale regime non garantisce più che le cause siano trattate entro un termine ragionevole, con conseguente pregiudizio dei diritti della difesa dei giudici accusati.

VII. Analisi

83.      Sono giunto alla conclusione che le domande di pronuncia pregiudiziale nelle presenti cause siano irricevibili, poiché la Corte non dispone di elementi di fatto e di diritto sufficienti per determinare se vi sia stata una violazione dell’obbligo degli Stati membri di garantire l’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

84.      In particolare, l’assenza di spiegazioni nelle ordinanze di rinvio sul collegamento tra le misure dello Stato membro in questione e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in contrasto con i requisiti di cui all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte, ha condotto i giudici del rinvio a sottoporre questioni generali. Una risposta della Corte a tali questioni costituirebbe, pertanto, un parere consultivo, che non è ammesso ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

85.      La mia analisi si divide in due parti. In primo luogo, nella sezione A, verificherò se la situazione di cui ai procedimenti principali rientri nel campo di applicazione materiale del diritto dell’Unione e, in particolare, dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. In secondo luogo, nella sezione B, mi occuperò della valutazione della ricevibilità delle domanda di pronuncia pregiudiziale. Nel corso della trattazione di cui alla sezione B risulterà evidente il motivo per cui nel fascicolo non vi sono informazioni sufficienti per compiere una valutazione di merito sull’esistenza o meno di una violazione strutturale dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Per tale ragione, non mi esprimerò in merito alla presunta violazione delle garanzie di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

A.      Se la situazione di cui ai procedimenti principali rientri nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE

86.      A mio avviso, la situazione di cui ai procedimenti principali rientra nell’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione e, più specificamente, dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

87.      Nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) (42), la Corte ha affermato che, per quanto riguarda il campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione fa riferimento ai «settori disciplinati dal diritto dell’Unione» indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. Al punto 51 di tale sentenza, la Corte ha statuito quanto segue:

«Contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia e dall’Ungheria a tal riguardo, la circostanza che le misure nazionali di riduzione salariale discusse nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), siano state adottate a causa di esigenze imperative connesse all’eliminazione del disavanzo eccessivo del bilancio dello Stato membro interessato e nel contesto di un programma di assistenza finanziaria dell’Unione a tale Stato membro, come emerge dai punti da 29 a 40 di tale sentenza, non ha giocato alcun ruolo nell’interpretazione che ha portato la Corte a concludere per l’applicabilità dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE alla causa di cui trattasi. Tale conclusione è stata, infatti, fondata sulla circostanza che l’organo nazionale interessato da tale causa, vale a dire il Tribunal de Contas (Corte dei conti, Portogallo), era, fatte salve le verifiche spettanti al giudice del rinvio in detta causa, idoneo a pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40)» (43).

88.      Ciò che è degno di nota, nella sentenza appena menzionata, è il rigetto, da parte della Corte, degli argomenti addotti dalla Polonia e dall’Ungheria secondo cui l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE era applicabile nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses poiché le misure nazionali di riduzione salariale in questione, che hanno dato origine alla sentenza della Corte in tale causa, erano state adottate a causa dell’obbligo di limitare il disavanzo di bilancio eccessivo nello Stato membro interessato, nell’ambito di un programma di assistenza finanziaria dell’Unione. Piuttosto, la Corte ha confermato che l’elemento determinante nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses consisteva nel fatto che l’organo nazionale in questione «era (…) idoneo» a pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, ossia ai sensi dell’articolo 267 TFUE, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti, dunque, in settori disciplinati da tale diritto.

89.      Lo stesso vale per i giudici del rinvio nelle presenti cause (cfr. paragrafo 42 delle presenti conclusioni). Non si contesta il fatto che si tratti di organi «idonei» a pronunciarsi, in qualità di organi giurisdizionali ai sensi dell’articolo 267 TFUE, su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione. Pertanto, in linea di principio, i giudici del rinvio rientrano nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e tale disposizione è applicabile nelle presenti cause.

90.      Ciò premesso, non ritengo che la Corte abbia affermato, nelle sue sentenze nelle cause Associação Sindical dos Juízes Portugueses o Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) che l’ampio campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE ha soppresso, o anche solo attenuato, le norme della Corte sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale. Tale aspetto – che non era presente nel procedimento che ha dato luogo alle mie conclusioni nelle cause riunite A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (44), un altro caso di rinvio pregiudiziale da parte di un giudice polacco vertente sulla conformità delle misure nazionali ai requisiti di indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – osta a che la Corte si pronunci sulla presunta violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nelle presenti cause. Ciò sarà discusso nel prosieguo, nella sezione B delle presenti conclusioni.

91.      L’ampio campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE comporta anche che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Erario, la giurisprudenza della Corte sulle cosiddette situazioni interne e, in particolare la sua sentenza nella causa Ullens de Schooten (45), non si applica alle situazioni di cui ai procedimenti principali. Tale giurisprudenza riguarda la possibilità, per la Corte, di rispondere a domande di pronuncia pregiudiziale in circostanze che possono essere considerate una deroga alla regola generale secondo cui le situazioni interne, in cui tutti gli elementi di una determinata causa sono circoscritti a un unico Stato membro, non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Questa giurisprudenza si colloca prevalentemente nel contesto di domande di pronuncia pregiudiziale relative a norme dell’Unione in materia di libera circolazione e altri settori del diritto dell’Unione in cui, in linea di principio, è richiesto un elemento transfrontaliero (46). Le presenti cause riguardano il campo di applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Ciò non può, per definizione, essere classificato come una questione puramente interna.

92.      Ciò è dovuto al fatto che nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, la Corte ha il potere di pronunciarsi sulle violazioni strutturali delle garanzie di indipendenza dei giudici, dato che l’articolo 19 TUE è una manifestazione concreta dello Stato di diritto, uno dei valori fondamentali su cui si fonda l’Unione europea ai sensi dell’articolo 2 TUE, e gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, a «stabili[re] i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva» (47). Le violazioni strutturali dell’indipendenza dei giudici incidono inevitabilmente sul meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE e, quindi, sulla capacità dei giudici degli Stati membri di agire in qualità di giudici dell’Unione.

93.      A tale riguardo, accolgo le argomentazioni del Commissario della Polonia per i diritti umani, di cui al paragrafo 64 delle presenti conclusioni, in merito al significato di «settori disciplinati dal diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (48), e respingo quelle del Procuratore generale e della Polonia, di cui al paragrafo 56 delle presenti conclusioni, secondo cui una pronuncia ai sensi della quale i procedimenti principali rientrano nel campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE interferirebbe con la ripartizione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. Ciò è dovuto al fatto che il diritto dell’Unione incide sulle competenze degli Stati membri concernenti l’organizzazione dei sistemi nazionali di amministrazione della giustizia nelle situazioni specifiche descritte in questa sede.

94.      Non mi preoccupa, pertanto, il fatto che le controversie di cui ai procedimenti principali riguardino l’applicazione di disposizioni del diritto nazionale in materia di pubblica amministrazione nella causa C‑558/18 e di diritto penale polacco nella causa C‑563/18. Come chiarito dalla Corte al punto 51 della sentenza Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18) e ribadito al paragrafo 87 delle presenti conclusioni, il campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non è in alcun modo collegato alla questione se la controversia concreta in cui viene contestata l’indipendenza dei giudici riguardi il diritto dell’Unione. Come evidenziato supra, ai paragrafi 88 e 89 delle presenti conclusioni, il campo di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è ampio. Se la violazione dell’indipendenza dei giudici sia o meno di natura strutturale e quindi, violi l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è una questione separata (cfr. paragrafo 125 delle presenti conclusioni).

95.      Pertanto, le analogie tra le cause in esame e le pronunce della Corte nelle cause Falciola (49) e Nour (50) non sono direttamente pertinenti alla luce della situazione di cui ai procedimenti principali, dato che tali pronunce sono state emesse prima delle sentenze della Corte nelle cause Associação Sindical dos Juízes Portugueses e Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18).

96.      Nell’ordinanza della Corte in seduta plenaria, del 26 gennaio 1990, nella causa Falciola (51), la controversia dinanzi al giudice del rinvio riguardava l’applicazione delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici, ma dall’ordinanza di rinvio risultava chiaramente che le questioni sollevate avevano lo scopo di determinare se i giudici nazionali potessero esercitare le loro funzioni di giudici dell’Unione in modo indipendente e imparziale nonostante l’adozione della legislazione italiana sulla responsabilità dei magistrati. La Corte ha ritenuto che le questioni sollevate non avessero alcuna relazione con il procedimento principale, poiché non riguardavano l’interpretazione delle norme dell’Unione in questione in materia di appalti pubblici, e il giudice del rinvio nutriva «dubbi unicamente sulle possibili reazioni psicologiche di taluni giudici italiani» rispetto a tale normativa. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che le questioni sollevate non implicavano un’interpretazione del diritto dell’Unione oggettivamente necessaria per risolvere la controversia e che non era competente a pronunciarsi su tali questioni.

97.      Analogamente, nella sua ordinanza del 25 maggio 1998 nella causa Nour (52), la Corte ha dichiarato che le questioni sollevate non avevano alcuna relazione con il procedimento principale e che essa non era competente a rispondere. Tali domande erano state proposte da una commissione di ricorso austriaca nell’ambito di una controversia tra un medico e un organismo previdenziale in merito ai suoi onorari di medico e concernevano i principi generali facenti parte del diritto dell’Unione relativi a taluni aspetti del funzionamento di tale commissione. La motivazione della Corte si è fondata su tre elementi. In primo luogo, le questioni proposte esulavano dall’oggetto della controversia e non vertevano, quindi, su un’interpretazione del diritto dell’Unione oggettivamente necessaria per risolvere tale controversia. In secondo luogo, il procedimento di cui all’articolo 267 TFUE non permetteva a un giudice nazionale di sottoporre questioni connesse ad una controversia in cui era coinvolto a titolo individuale tramite l’organo giurisdizionale che presiedeva e nell’ambito di diversi procedimenti, come aveva fatto il presidente di tale commissione di ricorso. In terzo luogo, non era stata dimostrata l’applicabilità del diritto dell’Unione alla situazione di cui al procedimento principale.

98.      Tuttavia, nessuna di queste cause riguardava l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’obiezione secondo cui la situazione nei procedimenti principali non rientra nell’ambito di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE dovrebbe essere respinta.

B.      Sul motivo per cui le questioni proposte sono irricevibili

99.      Ritengo che l’obiezione relativa alla ricevibilità delle questioni proposte debba essere accolta, ma per motivi leggermente diversi da quelli esposti nelle osservazioni delle parti. Nelle presenti cause, il cuore del problema della ricevibilità risiede nell’assenza di basi sufficienti, tanto in termini di diritto, quanto di fatto, per consentire alla Corte di determinare se si sia verificata una violazione dell’indipendenza dei giudici tutelata ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Per questo motivo, mi è impossibile assistere la Corte nell’accertare se tale disposizione sia stata violata. Mi asterrò pertanto dal pronunciarmi in via subordinata, nel caso in cui la Corte non concordi con la mia analisi della ricevibilità delle questioni proposte.

1.      Regole concernenti la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

100. È utile ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (53).

101. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (54).

102. Ai sensi della giurisprudenza concernente l’interpretazione dell’articolo 94, lettere a) e b), del regolamento di procedura della Corte (55), la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale esige che tale giudice definisca il contesto di fatto e di diritto nel quale si collocano le questioni da esso sollevate o che esso, quanto meno, chiarisca le ipotesi di fatto sulle quali tali questioni si fondano (56). Inoltre, ai sensi dell’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione e sul collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale (57). Come osservato al paragrafo 6 delle presenti conclusioni, tali requisiti compaiono anche nelle raccomandazioni della Corte (58).

103. Secondo una giurisprudenza costante, inoltre, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (59). Pertanto, laddove la risposta della Corte a una questione pregiudiziale la condurrebbe a fornire un parere consultivo su un problema di natura generale (60) o ipotetica (61), la Corte dichiara tale questione irricevibile.

104. Ciò corrisponde alla finalità del procedimento di rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE. Istituendo un dialogo tra la Corte e gli organi giurisdizionali degli Stati membri, tale procedimento mira ad assicurare la coerenza e l’uniformità nell’interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai trattati (62).

105. Un’analisi della giurisprudenza relativa ai requisiti del contenuto delle domande di pronuncia pregiudiziale di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte mostra le ragioni per cui le domande di pronuncia pregiudiziale di cui alle presenti cause sono problematiche in termini di ricevibilità.

106. La sentenza della Corte del 27 settembre 2017, nella causa Puškár (63), riguardava l’interpretazione di varie disposizioni del diritto dell’Unione nel contesto di un ricorso promosso contro le autorità slovacche per ottenere l’eliminazione del nominativo del ricorrente dall’elenco di persone che si riteneva agissero come prestanome per rivestire funzioni direttive. Il ricorrente sosteneva che l’inserimento del suo nominativo in tale elenco costituiva una violazione dei suoi diritti della personalità.

107. Il quarto quesito nella causa Puškár (64) riguardava la questione se, in caso di divergenza tra la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e quella della Corte di giustizia, dovesse essere privilegiata quest’ultima. La Corte ha statuito che tale questione era irricevibile, poiché «[era] stata sollevata dal giudice del rinvio in maniera generale, senza precisare in modo chiaro e concreto in cosa consistano le divergenze menzionate». La Corte ha inoltre affermato che, per quanto concerne i requisiti di cui all’articolo 94 del suo regolamento di procedura, «il giudice del rinvio deve indicare le ragioni precise che l’hanno portato ad interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione» e che «è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni sulle ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione e sul nesso a suo avviso intercorrente tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito».

108. La constatazione dell’insufficienza di spiegazioni in merito alla legislazione degli Stati membri al fine di consentire l’accertamento di questo legame essenziale, e conseguentemente, una constatazione di irricevibilità, sono state constatate, in particolare, nelle sentenze del 9 marzo 2017, nella causa Milkova (65), e del 13 dicembre 2018, nella causa Rittinger e a. (66), nonché nell’ordinanza del 7 giugno 2018 nella causa Filippi e a. (67).

109. Nella causa Milkova (68), concernente l’impugnazione, dinanzi ai giudici bulgari, di un licenziamento, che avrebbe violato il divieto di discriminazione fondata sulla disabilità, la Corte ha dichiarato che il giudice del rinvio si è limitato a fare riferimento, in termini generali, all’articolo 4 della direttiva 2000/78, unitamente ad altre disposizioni di tale direttiva, senza stabilire un nesso tra tali disposizioni e la normativa nazionale oggetto di tale procedimento.

110. La causa  Rittinger e a. (69) riguardava una controversia concernente, fra l’altro, la normativa dell’Unione sugli aiuti di Stato in riferimento a una normativa tedesca ai sensi della quale tutte le persone maggiorenni che dispongono di un’abitazione nel territorio nazionale erano tenute a pagare un contributo alle emittenti radiotelevisive pubbliche. La Corte ha ritenuto decisivo, ai fini della ricevibilità del rinvio pregiudiziale, che «se è vero che detto giudice riferisce che il contributo radiotelevisivo ha permesso di finanziare tale sistema a vantaggio esclusivo delle emittenti radiotelevisive in Germania, esso non precisa però le condizioni di finanziamento di detto sistema né i motivi per cui altre emittenti sarebbero escluse dall’utilizzo dello stesso».

111. Nella causa Filippi e a. (70), concernente il sequestro, da parte delle autorità austriache, di macchine automatiche da gioco installate in assenza di autorizzazione e altre sanzioni collegate, la Corte ha statuito che la domanda di pronuncia pregiudiziale era manifestamente irricevibile. Ciò, in particolare, in ragione del mancato rispetto dei requisiti di cui all’articolo 94, lettera c) del regolamento di procedura della Corte, poiché nella decisione di rinvio non vi era alcun elemento che illustrasse con la precisione e la chiarezza necessarie i motivi che avevano indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione delle norme di diritto dell’Unione pertinenti, e non era stato spiegato il collegamento tra il diritto dell’Unione e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale. Inoltre, per quanto riguarda tali requisiti, mancavano le informazioni necessarie in merito a tale normativa nazionale. Sebbene la domanda di pronuncia pregiudiziale illustrasse il contenuto di alcune disposizioni di diritto nazionale, essa non «indica[va] in modo sufficientemente chiaro come tali disposizioni po[tessero] applicarsi nelle controversie di cui è investito il giudice del rinvio e che sono oggetto della presente domanda».

112. Infine, rilevo che, nella recente sentenza della Corte in seduta plenaria, nella causa Wightman e a. (71), che respinge gli argomenti concernenti la ricevibilità di un rinvio relativo alla notifica da parte del Regno Unito della sua intenzione di ritirarsi dall’Unione europea, i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, compreso il nesso richiesto dall’articolo 94, lettera c), di tale regolamento tra le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione e il diritto dello Stato membro applicabile al procedimento principale, non sono stati contestati.

2.      Applicazione alle presenti cause

113. La Corte ha dichiarato che, per assicurarsi che gli elementi forniti nella decisione di rinvio soddisfino i requisiti relativi al contenuto delle domande di pronuncia pregiudiziale, si tiene conto della natura e della portata della questione sollevata (72). Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte rivestono particolare importanza in settori, quali il diritto della concorrenza, sovente caratterizzati da situazioni di fatto e di diritto complesse (73).

114. Tali considerazioni, unitamente al fatto che la giurisprudenza ha stabilito, in termini più ampi, che i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte devono essere osservati scrupolosamente (74), mi inducono a concludere che la difficoltà di accertare se si sia verificata una violazione strutturale dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE significa che, in tale contesto, l’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte esige una spiegazione sufficiente delle misure degli Stati membri contestate e dei motivi per cui esse sono incompatibili con le garanzie di indipendenza dei giudici previste dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

115. Nelle presenti cause, le ordinanze di rinvio non forniscono spiegazioni sufficienti sul rapporto tra l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e le misure nazionali in questione. Nel contesto delle preoccupazioni dei giudici del rinvio per quanto concerne l’indipendenza della magistratura, le misure polacche pertinenti sono riportate in termini generali ai paragrafi da 8 a 32 delle presenti conclusioni. Tuttavia, contrariamente ad altre cause in cui è stato chiesto alla Corte di valutare la compatibilità di misure nazionali relative alla riforma del sistema della giustizia in Polonia con le garanzie di indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (75), nel fascicolo di causa mancano informazioni in merito a quali disposizioni del diritto polacco sarebbero incompatibili con tali garanzie e sui motivi di tale incompatibilità.

116. A questo proposito, concordo con gli argomenti addotti sul merito dalla Polonia e riprodotti supra, al paragrafo 71 delle presenti conclusioni, secondo cui le affermazioni contenute nelle ordinanze di rinvio sono di carattere generale. In particolare, sebbene le ordinanze di rinvio espongano il contenuto di varie disposizioni del diritto polacco, esse non spiegano il funzionamento di tali disposizioni, né indicano in che modo esse violerebbero i requisiti di indipendenza dei giudici di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Inoltre, le ordinanze di rinvio non spiegano in che modo le disposizioni del diritto polacco in questione sono state modificate dalle leggi adottate nel contesto della riforma polacca della giustizia, né le modalità di applicazione di tali disposizioni nel quadro del nuovo regime dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici. Di conseguenza, mancano gli elementi di fatto e di diritto necessari per valutare le affermazioni contenute nelle ordinanze di rinvio e per accertarne la portata.

117. Inoltre, le ordinanze di rinvio vertono su un elemento di condizionamento soggettivo concernente l’impatto del nuovo regime disciplinare sulla capacità dei giudici del rinvio di decidere in modo indipendente. Esso è stato descritto in entrambe le ordinanze di rinvio come «timore» (cfr. paragrafi 34 e 36 delle presenti conclusioni). In assenza di una controversia tra le parti interessate in merito a tale questione, è difficile stabilire se l’indipendenza dei giudici sia stata viziata o meno da condizionamenti soggettivi, il che, come ho sottolineato nelle mie precedenti conclusioni sull’indipendenza della magistratura in Polonia (76), costituisce un’operazione separata rispetto alla valutazione dell’indipendenza oggettiva.

118. Nelle presenti cause, nelle ordinanze di rinvio si afferma che l’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE è necessaria ai fini della pronuncia delle decisioni nei procedimenti principali, poiché i giudici del rinvio temono che, nel caso di adozione di una determinata decisione in tali procedimenti, possa essere avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei membri degli organi giudicanti. Ne consegue che l’avvio del procedimento disciplinare non si è ancora verificato. Sulla base delle ordinanze di rinvio, i giudici del rinvio nutrono un timore meramente soggettivo, che non si è concretizzato in un procedimento disciplinare e rimane di natura ipotetica.

119. Pertanto, nelle circostanze di cui ai procedimenti principali, la questione se vi sia stata una violazione strutturale dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE rimane ipotetica, in ragione dell’assenza di informazioni sufficienti sul modo in cui tale violazione si sarebbe verificata e sui relativi motivi, il tutto aggravato dall’assenza di una controversia concreta tra le parti interessate in relazione all’indipendenza dei giudici.

120. Rilevo, in particolare, che nessuna delle parti che hanno presentato osservazioni nelle presenti cause ha contestato, in udienza, le argomentazioni dettagliate contenute nelle osservazioni scritte della Polonia sui motivi per cui le disposizioni del diritto polacco indicate sono conformi agli obblighi degli Stati membri in materia di indipendenza dei giudici (cfr. paragrafi da 72 a 75 delle presenti conclusioni). Né sono state presentate osservazioni sui motivi per cui il timore soggettivo dei giudici interessati sarebbe giustificato, anche se il Procuratore generale e la Polonia hanno affermato che le indagini avviate in relazione a tali giudici sono state motivate dal fatto che le ordinanze di rinvio erano identiche e non dal fatto che siano state proposte domande di pronuncia pregiudiziale, e che non sono state adottate misure disciplinari nei confronti di tali giudici (cfr. paragrafi 70 e 76 delle presenti conclusioni). Alla luce di tutto ciò, è difficile ravvisare una controversia concreta, nelle presenti cause, concernente tali giudici.

121. Come osservato dal Procuratore generale e dalla Commissione, le circostanze di cui alle presenti cause differiscono da quelle che hanno condotto alla sentenza della Corte nella causa Associação Sindical dos Juízes Portugueses (77). Tale causa riguardava un ricorso proposto dinanzi a un organo giurisdizionale portoghese dal sindacato dei giudici portoghesi avverso la Corte dei conti portoghese, diretto, tra l’altro, all’annullamento di misure nazionali di riduzione salariale, che avevano ridotto la loro retribuzione. A sostegno del suo ricorso, il sindacato ha sostenuto che tali misure violavano il principio di indipendenza dei giudici sancito dal diritto portoghese e dell’Unione (78). È evidente che, in tale causa, i giudici avevano subito una riduzione della retribuzione. Nelle circostanze di cui alla presente causa, non è chiaro se l’azione intrapresa dalla Polonia abbia determinato un giustificato timore di parzialità tale da richiedere un’indagine sul merito.

122. Inoltre, come indicato dall’Erario, nella giurisprudenza della Corte, gli esempi che offrono un’interpretazione ampia della rilevanza delle questioni sollevate ai fini della risoluzione delle controversie nel procedimento principale non invalidano tale analisi. Ad esempio, la Corte ha risposto a questioni relative al diritto o all’obbligo di rinvio del giudice nazionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE (79), che, in senso stretto, non possono determinare l’esito della decisione da pronunciare nel procedimento principale. Inoltre, in un filone giurisprudenziale che afferisce al settore della cooperazione giudiziaria in materia civile (80), la Corte ha offerto un’interpretazione ampia dell’espressione «emanare la sua sentenza» di cui all’articolo 267, secondo comma, TFUE, nel senso che si applica all’intero procedimento che conduce alla sentenza del giudice del rinvio.

123. Tuttavia, si tratta di questioni diverse da quella di descrivere in misura sufficiente il collegamento tra le misure dello Stato membro in questione e le pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, nel caso di specie l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Inoltre, come indicato al paragrafo 114 delle presenti conclusioni, la difficoltà di stabilire se le misure dello Stato membro siano incompatibili con le garanzie di indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone il rigoroso rispetto dei requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.

124. A ciò aggiungo che, alla luce delle argomentazioni addotte dal Commissario della Polonia per i diritti umani sulla rilevanza della sentenza della Corte nella causa Unibet (81) nelle presenti cause (cfr. paragrafo 65 delle presenti conclusioni), tale sentenza non dispensa il giudice nazionale dall’obbligo di conformarsi alle regole della Corte sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale. Non considero le presenti cause come casi in cui l’assenza di un rimedio nazionale ostacola l’applicazione del diritto dell’Unione. Le presenti cause sono semplicemente fattispecie in cui la Corte non dispone di informazioni sufficienti per stabilire se il diritto dell’Unione sia stato violato.

125. Infine, rilevo che, mentre l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE dispone di un ampio ambito di applicazione materiale e si applica a tutti i giudici nazionali «idonei» a proporre questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE (cfr. paragrafi da 87 a 89 delle presenti conclusioni), in termini sostanziali e in termini di competenza dell’Unione, ritengo che, nel contesto dell’indipendenza dei giudici, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE sia circoscritto alle violazioni strutturali che compromettono l’essenza stessa dell’indipendenza dei giudici. In precedenti conclusioni ho espresso l’opinione secondo cui una siffatta violazione strutturale si verifica quando si ripercuote su un intero segmento della magistratura, e sono giunto alla medesima conclusione per quanto riguarda la sezione disciplinare, in un contesto in cui essa è il foro previsto dal diritto polacco per decidere cause in cui sono coinvolti giudici lesi da misure che abbassano l’età pensionabile dei membri della Corte suprema (82), misure che, come statuito dalla Corte nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18), violano le garanzie di indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (83). Il rispetto dell’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte esige anche una spiegazione sufficiente dei motivi per cui la violazione dell’indipendenza dei giudici in questione possiede natura strutturale ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e che non si tratta di una violazione inquadrabile nell’articolo 47 della Carta, ma solo quando gli Stati membri attuano il diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta.

126. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere accolta l’obiezione secondo cui le questioni sollevate nelle presenti cause sono irricevibili.

VIII. Conclusione

127. Suggerisco alla Corte di dichiarare irricevibili le domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Sąd Okręgowy w Łodzi (Tribunale distrettuale di Łódź, Polonia) nella causa C‑558/18 e dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale distrettuale di Varsavia, Polonia) nella causa C‑563/18.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:325) concernenti l’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema e l’attribuzione al presidente della Repubblica del potere di estendere il mandato attivo di detti giudici); nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18, EU:C:2019:529) relative a una presunta discriminazione fondata sul sesso, determinata dall’abbassamento dell’età pensionabile per i giudici ordinari, i giudici della Corte suprema e i pubblici ministeri a un’età diversa per donne e uomini e l’attribuzione al Ministro della giustizia del potere di estendere il mandato attivo dei giudici dei tribunali ordinari; e nelle cause riunite A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551) concernenti l’indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema alla luce delle modifiche attinenti alle modalità di nomina dei membri giudici del Consiglio nazionale della magistratura.


3      Proposta di decisione del Consiglio, del 20 dicembre 2017, sulla constatazione dell’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia, COM(2017) 835 final. In tale proposta motivata la Commissione ha contestato, in particolare, i seguenti provvedimenti: 1) la Ustawa o zmianie ustawy o Krajowej Szkole Sądownictwa i Prokuratury, ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sulla scuola nazionale della magistratura e del pubblico ministero, la legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari e talune altre leggi), dell’11 maggio 2017 (Dz. U. del 2017, posizione 1139, come modificata); 2) la Ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari e talune altre leggi), del 12 luglio 2017 (Dz. U. del 2017, posizione 1452, come modificata); 3) la Ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5, come modificata); e 4) la Ustawa o zmianie ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e talune altre leggi), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 3, come modificata). È principalmente su questi ultimi due provvedimenti che vertono, in particolare, le cause in esame.


4      V. ad esempio, Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (in prosieguo: la «Commissione di Venezia»), Opinion No 904/2017 of 11 December 2017 on the Draft Act amending the Act on the National Council of the Judiciary, on the Draft Act amending the Act on the Supreme Court, proposed by the President of Poland, and on the Act on the Organisation of Ordinary Courts (Parere n. 904/2017, dell’11 dicembre 2017, relativo ai progetti di legge di modifica della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e della legge sulla Corte suprema, proposti dal presidente della Polonia, e sulla legge sull’organizzazione dei tribunali ordinari), CDL-AD(2017)031; Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite,  Report of the Special Rapporteur on the independence of judges and lawyers on his mission to Poland (Relazione del relatore speciale per l’indipendenza dei giudici e degli avvocati sulla sua missione in Polonia), 5 aprile 2018, A/HRC/38/38/Add.1; Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani, Opinion on Certain Provisions of the Draft Act on the Supreme Court of Poland (as of 26 September 2017) [Parere su talune disposizioni del progetto di legge sulla Corte suprema della Polonia (al 26 settembre 2017)], 13 novembre 2017, JUD-POL/315/2017.


5      Fra queste vi sono domande di pronuncia pregiudiziale sottoposte dalla Corte suprema della Polonia (C‑522/18, C‑537/18, C‑585/18, C‑624/18, C‑625/18, C‑668/18, C‑487/19 e C‑508/19), dalla Corte suprema amministrativa della Polonia (C‑824/18) e da giudici polacchi di grado inferiore (C‑623/18), unitamente a due ricorsi per infrazione presentati dalla Commissione nei confronti della Polonia (C‑619/18 e C‑192/18). Nella sua sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531), la Corte ha statuito che le misure che abbassano l’età pensionabile dei giudici della Corte suprema e che conferiscono al presidente della Repubblica il potere di prorogare il mandato attivo dei giudici della Corte suprema sono incompatibili con gli obblighi della Polonia ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in quanto contrastanti con i principi di irremovibilità e indipendenza dei giudici tutelati dal diritto dell’Unione.


6      V. paragrafi 92 e 125 delle presenti conclusioni.


7      Come ho osservato nelle mie conclusioni nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18, EU:C:2019:529), utilizzo l’espressione «effective legal protection» (tutela giuridica effettiva) in conformità con la versione inglese del testo dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, pur tenendo presente che la Corte ha dichiarato che tale disposizione garantisce una «tutela giurisdizionale effettiva» (effective judicial protection). V., ad esempio, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C‑619/18, EU:C:2019:531, in particolare punti 3, 48, 54 e giurisprudenza ivi citata. Risulta che vi siano formulazioni analoghe in alcune versioni linguistiche di tale disposizione, come mostrato dalla sentenza appena citata (v., ad esempio, in maltese: «protezzjoni legali effettiva» e «protezzjoni ġudizzjarja effettiva»; in polacco: «skutecznej ochrony prawnej» e «skutecznej ochrony sądowej»), in contrapposizione ad altre (v., ad esempio, in neerlandese: «daadwerkelijke rechtsbescherming»; in francese: «protection juridictionnelle effective»; in spagnolo: «tutela judicial efectiva»).


8      V., ad esempio, sentenze del 5 luglio 2016, Ognyanov (C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 19), e del 2 maggio 2019, Asendia Spain (C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 19).


9      V., ad esempio, sentenza del 13 dicembre 2018, Rittinger e a. (C‑492/17, EU:C:2018:1019, punto 38). Tali raccomandazioni sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2018, C 257, pag. 1) (in prosieguo: le «raccomandazioni della Corte»).


10      Essi richiamano, in particolare, le sentenze del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117), e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586).


11      Il punto 24 delle raccomandazioni della Corte afferma, al passaggio rilevante, che «[p]oiché il procedimento pregiudiziale presuppone che una controversia sia effettivamente pendente dinanzi al giudice del rinvio, spetta a quest’ultimo rendere noto alla Corte qualsiasi incidente processuale che possa influire sul procedimento pregiudiziale dinanzi ad essa pendente e, in particolare, qualsiasi rinuncia agli atti, composizione amichevole della controversia o altro incidente che comporti l’estinzione del procedimento principale».


12      Miasto Łowicz e Prokuratura Okręgowa w Płocku (C‑558/18 e C‑563/18, non pubblicata, EU:C:2018:923).


13      Sebbene la sezione disciplinare non sia parte nei procedimenti principali e non possa pertanto partecipare alle presenti cause, conformemente al regolamento di procedura della Corte, il presidente della Corte, con decisione del 14 giugno 2019, ha accettato un documento della sezione disciplinare depositato dalla Repubblica di Polonia, ossia la risoluzione n. 8 dell’Assemblea dei giudici della sezione disciplinare della Corte suprema, del 4 giugno 2019, che esprime la posizione di tale sezione sulle presenti cause (v. note 17 e 30 delle presenti conclusioni).


14      L’Erario richiama, in particolare, le sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360); del 5 dicembre 2006, Cipolla e a. (C‑94/04 e C‑202/04, EU:C:2006:758); e del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874).


15      La Polonia richiama, in particolare, le sentenze del 29 maggio 1997, Kremzow (C‑299/95, EU:C:1997:254, punto 16), e del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti 39 e 40).


16      BVerfG, Urteil vom 30. Juni 2009 (2 BvE 2/08), BVerfE 123, 267.


17      Osservo che, nella risoluzione che illustra la posizione della sezione disciplinare in merito alle presenti cause (cfr. nota 13 delle presenti conclusioni), tale sezione afferma, tra l’altro, che le questioni sollevate sono irricevibili e prive di oggetto, in quanto proposte nel contesto di procedimenti che non presentano alcun collegamento con il diritto dell’Unione, nonché astratte e ipotetiche, poiché non riguardano le controversie di cui ai procedimenti principali, bensì l’organizzazione giudiziaria di uno Stato membro, che rientra nella competenza esclusiva di tale Stato.


18      Ordinanza del 26 gennaio 1990 (C‑286/88, EU:C:1990:33).


19      Ordinanza del 25 maggio 1998 (C‑361/97, EU:C:1998:250).


20      L’Erario richiama le sentenze del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723), e del 17 febbraio 2011, Weryński (C‑283/09, EU:C:2011:85).


21      Sentenza del 27 febbraio 2018 (C‑64/16, EU:C:2018:117).


22      La Commissione richiama, in particolare, le sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400), e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236).


23      Ordinanza del 26 gennaio 1990 (C‑286/88, EU:C:1990:33).


24      Sentenza del 27 febbraio 2018 (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 40).


25      Sentenza del 13 marzo 2007 (C‑432/05, EU:C:2007:163, punti 62 e 64).


26      Sentenza del 27 febbraio 2018 (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti 37 e 40).


27      Il Commissario della Polonia per i diritti umani richiama la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


28      Il Procuratore generale fa riferimento alla sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


29      Il Procuratore generale fa riferimento alla sentenza della Corte EDU, 25 settembre 2018, Denisov c. Ucraina (CE:ECHR:2018:0925JUD007663911), e Corte EDU, 9 gennaio 2013, Oleksandr Volkov c. Ucraina (CE:ECHR:2013:0109JUD002172211).


30      Osservo che, nella risoluzione che esprime la posizione della sezione disciplinare nelle cause in questione (cfr. nota 13 delle presenti conclusioni), tale sezione sostiene, tra l’altro, che i giudici della sezione disciplinare godono di tutte le garanzie di indipendenza previste dalle stesse regole applicabili alle altre sezioni della Corte suprema, e che tale sezione soddisfa tutti i requisiti previsti dal diritto dell’Unione per garantire alle parti del giudizio il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, anche nelle cause disciplinari che coinvolgono i giudici.


31      La Polonia richiama gli articoli 178, paragrafi 2 e 3, 179, 180 e 181 della Costituzione polacca.


32      NR RDSP 713-53/18, 17 dicembre 2018, disponibile all’indirizzo: http://rzecznik.gov.pl/wp-content/uploads/2018/12/Komunikat-Rzecznika-Dysc-z-1712.pdf.


33      La Lettonia richiama la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


34      La Lettonia si riferisce, in particolare, al documento della Commissione di Venezia, della Direzione generale dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa e dell’Ufficio dell’OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo, Joint Opinion No 755/2014 of 24 March 2014 on the Draft Law on Disciplinary Liability of Judges of the Republic of Moldova (Parere congiunto n. 755/2014, del 24 marzo 2014 relativo al progetto di legge sulla responsabilità disciplinare dei giudici nella Repubblica di Moldova), CDL-AD(2014)006, e al documento della Commissione di Venezia, Opinion No 825/2015 of 21 December 2015 on the Laws on the Disciplinary Liability and Evaluation of Judges of «the Former Yugoslav Republic of Macedonia» (Parere n. 825/2015, del 21 dicembre 2015, sulle leggi in materia di responsabilità disciplinare e valutazione dei giudici dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia), CDL-AD(2015)042.


35      La Lettonia si riferisce, in particolare, alla sentenza del 18 gennaio 2010 della Satversmes tiesa (Corte costituzionale, Lettonia), n. 2009-11-01; essa richiama, inoltre, le sentenze del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587); del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158); e del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117).


36      Nelle loro osservazioni scritte, i Paesi Bassi dichiarano di non prendere posizione sul punto 3 della questione proposta nella causa C‑558/18, concernente la possibilità di utilizzare elementi di prova ottenuti mediante un reato nei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici, poiché non vi sono elementi sufficienti per poter rispondere.


37      I Paesi Bassi richiamano la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti da 48 a 54 e da 63 a 67).


38      L’autorità di vigilanza AELS si riferisce, in particolare, alla decisione della Corte AELS del 14 febbraio 2017, Pascal Nobile c. DAS Rechtsschutz-Versicherungs, E‑21/16; e alle sentenze del 19 settembre 2006, Wilson (C‑506/04, EU:C:2006:587), e del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117).


39      L’autorità di vigilanza AELS richiama la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


40      La Commissione richiama la sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


41      Comunicato stampa – Rule of Law: European Commission launches infringement procedure to protect judges in Poland from political control  (Stato di diritto: la Commissione avvia un procedimento di infrazione per tutelare i giudici in Polonia dal controllo politico), 3 aprile 2019, disponibile all’indirizzo Internet: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-1957_en.htm.


42      EU:C:2019:531, punto 50 e giurisprudenza ivi citata.


43      Il corsivo è mio.


44      C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551. In tali cause, la ricevibilità delle questioni proposte non è stata posta in discussione, poiché vi era un chiaro nesso tra il diritto dell’Unione, segnatamente la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), e le controversie da decidere nei procedimenti principali. Stando così le cose, confermo la tesi secondo cui la Corte poteva pronunciarsi in tali cause, oltre che sulla presunta violazione dell’articolo 47 della Carta, sull’esistenza di una violazione strutturale dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. V. anche paragrafo 125 delle presenti conclusioni.


45      Sentenza del 15 novembre 2016 (C‑268/15, EU:C:2016:874, punti da 49 a 55); V. anche sentenza del 20 settembre 2018, Fremoluc (C‑343/17, EU:C:2018:754).


46      V. Iglesias Sánchez, S., «Purely Internal Situations and the Limits of EU Law: A Consolidated Case Law or a Notion to be Abandoned?», European Constitutional Law Review, vol. 14, 2018, pagg. da 7 a 36, in particolare da 14 a 28. Per un’ulteriore discussione, v., ad esempio, Dubout, E., «Voyage en eaux troubles: vers une épuration des situations “purement” internes?: CJUE, gde ch., 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, aff. C‑268/15, ECLI:EU:C:2016:874», Revue des affaires européennes, n. 4, 2016, pagg. da 679 a 693; Krommendijk, J., «Wide Open and Unguarded Stand our Gates: The CJEU and References for a Preliminary Ruling in Purely Internal Situations», German Law Journal, vol. 18, 2017, pagg. da 1359 a 1394; Potvin-Solis, L., «Qualification des situations purement internes», in Neframi E. (a cura di), Renvoi préjudiciel et marge d’appréciation du juge national, Larcier, 2015, pagg. da 39 a 99.


47      V., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, in particolare punti da 42 a 48, 54, 55, 57, 58 e giurisprudenza ivi citata).


48      Ad esclusione dei suoi argomenti concernenti la causa Falciola, perlomeno nelle circostanze di cui alle presenti cause.


49      Ordinanza del 26 gennaio 1990 (C‑286/88, EU:C:1990:33).


50      Ordinanza del 25 maggio 1998 (C‑361/97, EU:C:1998:250).


51      C‑286/88, EU:C:1990:33, in particolare punti da 1 a 5 e da 8 a 10. Per un’ulteriore discussione in merito a tale causa e al suo ruolo nello sviluppo della giurisprudenza della Corte in materia di ricevibilità delle domande pregiudiziali v., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Lenz nella causa Bosman e a. (C‑415/93, EU:C:1995:293, paragrafi da 76 a 80); dell’avvocato generale Fennelly nella causa Corsica Ferries France (C‑266/96, EU:C:1998:19, paragrafo 19, nota 30); e dell’avvocato generale Jacobs nella causa Centrosteel (C‑456/98, EU:C:2000:137, paragrafo 24).


52      C‑361/97, EU:C:1998:250, in particolare punti da 1 a 9 e da 12 a 20. Questa ordinanza è stata pronunciata da una sezione composta da tre giudici.


53      V., ad esempio, sentenze del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 26), e del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punti 43 e 44).


54      V., ad esempio, sentenze del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27), e del 5 marzo 2019, Eesti Pagar (C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 48).


55      L’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte stabilisce quanto segue: «Oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene: a) un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni; b) il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia; c) l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».


56      V., ad esempio, sentenze del 10 marzo 2016, Safe Interenvios (C‑235/14, EU:C:2016:154, punto 114), e del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Élite Taxi (C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 24).


57      V., ad esempio, sentenze del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa (C‑306/16, EU:C:2017:844, punto 54), e del 2 maggio 2019, Asendia Spain (C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 18).


58      V., ad esempio, sentenze del 13 luglio 2017, INGSTEEL e Metrostav (C‑76/16, EU:C:2017:549, punto 51), e del 2 maggio 2019, Asendia Spain (C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 20).


59      V., ad esempio, sentenze del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 28), e del 13 dicembre 2018, Rittinger e a. (C‑492/17, EU:C:2018:1019, punto 50).


60      V., ad esempio, sentenze del 24 aprile 2012, Kamberaj (C‑571/10, EU:C:2012:233, punti da 44 a 46), e del 7 novembre 2013, Romeo (C‑313/12, EU:C:2013:718, punti da 39 a 41).


61      V., ad esempio, sentenze del 25 luglio 2018, Aviabaltika (C‑107/17, EU:C:2018:600, punti da 40 a 43), e dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000, punti 165 e 166).


62      V., ad esempio, sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 45).


63      C‑73/16, EU:C:2017:725, in particolare punti 1, 2, 25 e 26.


64      Sentenza del 27 settembre 2017 (C‑73/16, EU:C:2017:725, punti da 118 a 124).


65      C‑406/15, EU:C:2017:198.


66      C‑492/17, EU:C:2018:1019.


67      C‑589/16, EU:C:2018:417.


68      Sentenza del 9 marzo 2017 (C‑406/15, EU:C:2017:198, in particolare punti da 73 a 77).


69      Sentenza del 13 dicembre 2018 (C‑492/17, EU:C:2018:1019, in particolare punti da 45 a 47).


70      Ordinanza del 7 giugno 2018 (C‑589/16, EU:C:2018:417, in particolare punti 25, 28, e da 31 a 33).


71      Sentenza del 10 dicembre 2018 (C‑621/18, EU:C:2018:999, in particolare punti da 29 a 34).


72      V., ad esempio, sentenza del 14 dicembre 2006, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio (C‑217/05, EU:C:2006:784, punto 29).


73      V., ad esempio, sentenze del 13 dicembre 2018, Rittinger e a.  (C‑492/17, EU:C:2018:1019, punto 39); e del 5 marzo 2019, Eesti Pagar (C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 49); v. anche conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Danqua (C‑429/15, EU:C:2016:485, paragrafo 32).


74      V., ad esempio, sentenze del 5 luglio 2016, Ognyanov (C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 19), e del 2 maggio 2019, Asendia Spain (C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 19).


75      V. nota 2 delle presenti conclusioni.


76      V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nelle cause riunite A.K. e a., (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551, punto 120).


77      Sentenza del 27 febbraio 2018 (C‑64/16, EU:C:2018:117).


78      V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, in particolare punti da 11 a 13).


79      V., ad esempio, sentenze del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punti da 23 a 26); del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punti da 68 a 74); e del 5 aprile 2016, PFE (C‑689/13, EU:C:2016:199, punti da 31 a 36). Osservo che, in quest’ultima causa, non sono state avanzate obiezioni in ordine alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.


80      V. sentenze del 17 febbraio 2011, Weryński (C‑283/09, EU:C:2011:85, punti da 34 a 42); dell’11 giugno 2015, Fahnenbrock e a. (C‑226/13, C‑245/13, C‑247/13 e C‑578/13, EU:C:2015:383, punto 30); e del 16 giugno 2016, Pebros Servizi (C‑511/14, EU:C:2016:448, punto 28).


81      Sentenza del 13 marzo 2007 (C‑432/05, EU:C:2007:163, punti 62 e 64).


82      V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18, EU:C:2019:529, paragrafi da 114 a 116), e nelle cause riunite A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551, paragrafi da 145 a 152).


83      EU:C:2019:531. V. nota 5 delle presenti conclusioni.