Language of document : ECLI:EU:T:2020:561

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

25 novembre 2020 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Registrazione internazionale che designa l’Unione europea – Segno tridimensionale – Forma di una bottiglia scura – Impedimento alla registrazione assoluto – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001»

Nella causa T‑862/19,

Brasserie St Avold, con sede in Saint-Avold (Francia), rappresentata da P. Greffe, D. Brun e F. Donaud, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Folliard-Monguiral e V. Ruzek, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso presentato contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 21 ottobre 2019 (procedimento R 466/2019‑4), relativa alla registrazione internazionale che designa l’Unione europea di un segno tridimensionale costituito dalla forma di una bottiglia scura,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, V. Kreuschitz e G. Steinfatt (relatrice), giudici,

cancelliere: J. Pichon, amministratrice

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 18 dicembre 2019,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 febbraio 2020,

in seguito all’udienza del 10 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 16 marzo 2018 la Brasserie St Avold, ricorrente, ha designato l’Unione europea per la registrazione internazionale n. 1408065 di un segno tridimensionale costituito dalla forma di una bottiglia scura. Il marchio oggetto della registrazione internazionale che designa l’Unione europea è il segno tridimensionale di seguito riprodotto:

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2        I prodotti per i quali è stata chiesta la protezione del marchio rientrano nelle classi 32 e 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione:

–        classe 32: «Birre; acque minerali (bevande); acque gassate; bevande a base di frutta; succhi di frutta; sciroppi per bevande; preparati per fare bevande; limonate; nettari di frutta; acque di soda; aperitivi senza alcool»;

–        classe 33: «Bevande alcoliche (tranne le birre); vini; vini a denominazione di origine protetta; vini a indicazioni geografica protetta».

3        Con decisione del 25 gennaio 2019, l’esaminatrice dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) ha negato la protezione della registrazione internazionale sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).

4        Il 20 febbraio 2019 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione dell’esaminatrice.

5        Con decisione del 21 ottobre 2019 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso con la motivazione che il segno controverso era privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

6        Per giungere a tale conclusione, in primo luogo, la commissione di ricorso ha considerato che, poiché il segno controverso corrispondeva a una delle forme di confezionamento più evidenti per le bevande alcoliche e analcoliche oggetto della domanda di protezione, vale a dire la bottiglia, esso può essere considerato distintivo solo a condizione di divergere in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore. Tali divergenze dovrebbero essere particolari, memorizzabili e percepite dal pubblico come indicatori dell’origine commerciale dei prodotti.

7        In secondo luogo, il pubblico di riferimento sarebbe composto da acquirenti di bevande, alcoliche o analcoliche, in tutta l’Unione.

8        In terzo luogo, la forma della bottiglia di colore scuro, coronata da una capsula, sarebbe usuale nel settore delle bevande. Per quanto riguarda l’etichetta bianca arrotolata irregolarmente sul corpo della bottiglia, gli esempi concreti rilevati dall’esaminatrice mostrerebbero che si tratta di una caratteristica che non è inusuale nel settore interessato, a prescindere dal fatto che l’etichetta ricopra la bottiglia in tutto o in parte. Tali esempi concreti corroborerebbero la conclusione secondo cui il pubblico interessato è maggiormente incline a identificare l’origine commerciale delle bevande, alcoliche o meno, con riferimento agli elementi denominativi delle etichette piuttosto che con riferimento alla forma o alla posizione di queste ultime. Il pubblico interessato non percepirebbe il segno controverso come un indicatore d’origine, a prescindere dal fatto che l’etichetta sia percepita come la raffigurazione di una mitra di vescovo o come un tovagliolo piegato a triangolo. Il segno controverso non potrebbe essere facilmente e immediatamente memorizzato dal pubblico di riferimento come segno distintivo. Inoltre, l’etichetta potrebbe essere percepita come avente una funzione antigoccia quando il liquido viene versato.

9        Pertanto, il segno controverso sarebbe costituito solo da una combinazione di elementi tipici dei prodotti interessati, vale a dire una bottiglia e un’etichetta, la cui forma e la cui disposizione non si differenzierebbero sostanzialmente da talune forme di base di detti prodotti, ma apparirebbero piuttosto come una semplice variante di queste ultime. Le differenze asserite rispetto alle norme del settore sarebbero percepibili solo a seguito di un’ispezione piuttosto attenta che il consumatore medio non farebbe, cosicché esse non sarebbero percepite come indicazioni dell’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi. Detto consumatore percepirebbe il segno controverso come una finitura estetica, decorativa o funzionale dei prodotti interessati, la quale, del resto, non si differenzierebbe sostanzialmente dalle norme del settore.

10      In quarto luogo, la commissione di ricorso ha precisato che le registrazioni ottenute in Francia e negli Stati Uniti non possono vincolare la sua valutazione.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità degli elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale

13      Al punto 43 del ricorso figurano due fotografie che si ritiene rappresentino uno scaffale di bottiglie munite di etichette conformi all’asserita norma del settore e uno scaffale di prodotti della ricorrente recanti il marchio rivendicato.

14      Tali documenti, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo della legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 72 del regolamento 2017/1001, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Tali documenti devono essere quindi respinti senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR E FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

 Nel merito

15      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, relativo alla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

16      Tale motivo si suddivide in quattro parti. In primo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente valutato le caratteristiche e la natura del segno controverso. In secondo luogo, la commissione di ricorso, in sostanza, avrebbe applicato criteri erronei ai fini della valutazione del carattere distintivo del segno controverso. In terzo luogo, la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore nel concludere per l’assenza di carattere distintivo del segno controverso.

 Sulla prima parte, vertente su un errore nella percezione delle caratteristiche e della natura del marchio richiesto

17      La ricorrente formula, in sostanza, tre censure nell’ambito di tale parte. In primo luogo, essa contesta alla commissione di ricorso di aver mal definito il segno controverso. Quest’ultimo sarebbe costituito dall’etichetta posizionata in modo specifico su una bottiglia, senza che tale bottiglia faccia parte del segno controverso. In secondo luogo, essa sostiene che la forma e la collocazione di tale etichetta sulla bottiglia si discostano in maniera molto significativa dalla norma e dagli usi del settore. In terzo luogo, detta etichetta non presenterebbe alcun aspetto funzionale.

18      Poiché gli argomenti dedotti nell’ambito delle due ultime censure riguardano la valutazione concreta dell’esistenza del carattere distintivo del segno controverso e integrano quelli presentati nell’ambito della terza parte, essi saranno presi in considerazione nell’ambito di quest’ultima parte.

19      Per quanto riguarda la prima censura, la ricorrente fa valere che il segno controverso è composto dai seguenti elementi:

–        un’etichetta a forma di triangolo rettangolo;

–        una particolare apposizione di tale etichetta su una bottiglia: l’ipotenusa posta alla base della bottiglia e l’etichetta che si avvolge interamente attorno al corpo cilindrico della bottiglia in modo che la sua altezza vari sulla circonferenza della bottiglia formando una sporgenza a punta da un lato e un taglio a forma di lettera maiuscola «V» dalla parte opposta, evocando così una mitra di vescovo; l’etichetta ha un’altezza tale da superare il corpo cilindrico della bottiglia, cosicché, a livello della sporgenza, essa non ha la forma della bottiglia.

20      Poco importerebbe quindi che «la bottiglia scura con la chiusura a corona [sia] una confezione usuale dei prodotti in questione», poiché sarebbe su un’etichetta particolare, apposta in modo distintivo su una bottiglia, che la ricorrente rivendicherebbe diritti, e non sul contenente stesso. Sarebbe pertanto inconferente esaminare le caratteristiche della bottiglia e inesatto descrivere, come avrebbe fatto la commissione di ricorso, il segno controverso come «la rappresentazione tridimensionale vista da quattro angoli di una bottiglia scura con una capsula a corona come chiusura (...) munita di etichetta bianca avvolta sul corpo inferiore di quest’ultima». La commissione di ricorso avrebbe invece dovuto esaminare se la combinazione degli elementi dell’etichetta precisati al precedente punto 19 formasse, nel suo insieme, un segno distintivo.

21      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

22      A tal riguardo, in risposta ad un quesito posto dal Tribunale in udienza, la ricorrente ha precisato che il segno di cui era chiesta la registrazione era effettivamente un segno tridimensionale, come rappresentato al punto 2 del ricorso e nella domanda di protezione, ossia una bottiglia munita della sua capsula a corona e della sua etichetta.

23      Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente preso in considerazione l’impressione complessiva prodotta dalla totalità di tali elementi.

24      Inoltre, risulta in particolare dai punti 16, 17, 20, 22, 23 e 25 della decisione impugnata che la commissione di ricorso ha debitamente preso in considerazione l’insieme degli elementi che caratterizzano la percezione che ha il consumatore interessato del segno controverso.

25      Pertanto, e fatta salva la precisazione di cui al precedente punto 18, la prima parte deve essere respinta.

 Sulla seconda parte, relativa all’applicazione di criteri erronei ai fini della valutazione del carattere distintivo del segno controverso

26      Rinviando alla sentenza del 27 febbraio 2002, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL) (T‑34/00, EU:T:2002:41, punto 39), la ricorrente fa valere che un carattere distintivo minimo è sufficiente affinché non si applichi l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Orbene, il segno controverso sarebbe costituito da una combinazione di elementi che lo distinguono nettamente dalle altre forme presenti sul mercato per i prodotti interessati, cosicché, considerato nel suo insieme, esso sarebbe dotato del carattere distintivo minimo richiesto.

27      Tale conclusione sarebbe confermata dalla sentenza del 3 ottobre 2018, Wajos/EUIPO (Forma di contenitore) (T‑313/17, non pubblicata, EU:T:2018:638, punto 26), secondo la quale, nel settore alimentare, che sarebbe caratterizzato da una forte concorrenza, gli operatori sono fortemente incentivati a rendere i loro prodotti identificabili rispetto a quelli dei concorrenti, in particolare per quanto riguarda il loro aspetto e l’ideazione della loro confezione, al fine di attirare l’attenzione dei consumatori. Risulterebbe quindi che il consumatore medio è pienamente in grado di percepire la forma dell’imballaggio dei prodotti interessati come un’indicazione dell’origine commerciale di questi ultimi, purché tale forma presenti caratteristiche sufficienti per attirare la sua attenzione.

28      Orbene, la commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto di tale giurisprudenza al punto 11 della decisione impugnata, ritenendo, in sostanza, che potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo di un segno tridimensionale, che è costituito dall’aspetto del prodotto stesso o del suo confezionamento, rispetto a quello di un marchio denominativo o figurativo. Pertanto, esigendo un grado di distintività più elevato per il segno controverso, la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore di diritto.

29      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

30      A questo proposito, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento 2017/1001, la forma di un prodotto o del suo imballaggio può costituire un marchio dell’Unione europea, a condizione che sia adatta a distinguere i prodotti di un’impresa da quelli di altre imprese.

31      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, i marchi privi di carattere distintivo sono esclusi dalla registrazione.

32      Da una giurisprudenza costante risulta che il carattere distintivo di un marchio, ai sensi di quest’ultima disposizione, significa che tale marchio permette di identificare il prodotto o il servizio per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, quindi, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese.[v. sentenze del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, EU:C:2011:680, punto 42 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, Fränkischer Weinbauverband/EUIPO (Forma di una bottiglia ellissoidale), T‑68/18, non pubblicata, EU:T:2019:677, punto 15 e giurisprudenza ivi citata].

33      Tale carattere distintivo di un marchio dev’essere valutato, da un lato, con riguardo ai prodotti o ai servizi oggetto della domanda di registrazione e, dall’altro, tenendo conto della percezione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenze del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, EU:C:2011:680, punto 43 e giurisprudenza ivi citata, e del 16 gennaio 2014, Steiff/UAMI (Etichetta con pulsante in metallo al centro dell’orecchio di un peluche), T‑434/12, non pubblicata, EU:T:2014:6, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

34      Va altresì ricordato che, per valutare se un marchio sia o meno privo di carattere distintivo, occorre prendere in considerazione l’impressione complessiva che esso suscita. Ciò non può tuttavia implicare che non si debba procedere, in un primo tempo, ad un esame in successione dei vari elementi di presentazione utilizzati per tale marchio. Infatti, può essere utile, nel corso della valutazione complessiva, esaminare singolarmente gli elementi costitutivi del marchio considerato (v. sentenza del 16 gennaio 2014, Etichetta con pulsante in metallo al centro dell’orecchio di un peluche, T‑434/12, non pubblicata, EU:T:2014:6, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

35      Inoltre, un carattere distintivo minimo è sufficiente affinché non sia applicabile l’impedimento alla registrazione assoluto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del regolamento 2017/1001 [v. sentenza del 25 settembre 2015, Bopp/UAMI (Rappresentazione di un ottagono verde), T‑209/14, non pubblicata, EU:T:2015:701, punto 45 e giurisprudenza ivi citata].

36      Secondo una giurisprudenza costante, i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto stesso non differiscono da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Tuttavia, in sede di applicazione di tali criteri, la percezione del consumatore medio non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale, costituito dall’aspetto del prodotto stesso, e nel caso di un marchio denominativo o figurativo, consistente in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che esso contraddistingue. Non è, infatti, abitudine del consumatore medio presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o confezione in assenza di qualsivoglia elemento grafico o di testo, sicché potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo nel caso, appunto, di un marchio tridimensionale siffatto che in quello di un marchio denominativo o figurativo (v. sentenze del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, EU:C:2011:680, punti 45 e 46 e giurisprudenza ivi citata, e del 24 settembre 2019, Forma di una bottiglia ellissoidale, T‑68/18, non pubblicata, EU:T:2019:677, punto 17 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, per analogia, sentenza dell’8 aprile 2003, Linde e a., da C‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 48)

37      In particolare, dal momento che l’imballaggio di un prodotto liquido costituisce un vincolo inerente alla commercializzazione, il consumatore medio vi attribuisce, in primo luogo, tale semplice funzione. Un marchio tridimensionale costituito da un siffatto imballaggio è distintivo solo se consente al consumatore medio del prodotto interessato, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, senza procedere ad un’analisi o a una comparazione e senza dar prova di particolare attenzione, di distinguere tale prodotto da quelli delle altre imprese (v. sentenza del 24 settembre 2019, Forma di una bottiglia ellissoidale, T‑68/18, non pubblicata, EU:T:2019:677, punto 18 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, per analogia, sentenza del 12 febbraio 2004, Henkel, C‑218/01, EU:C:2004:88, punto 53).

38      Ciò premesso, più la forma della quale è chiesta la registrazione assomiglia alla forma che con ogni probabilità assumerà il prodotto di cui trattasi più è verosimile che tale forma sia priva di carattere distintivo nel senso di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Solo un marchio che si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore e che, di conseguenza, assolva la sua funzione essenziale d’indicatore d’origine non è privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 (v. sentenze del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI, C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punto 39, e del 12 dicembre 2019, EUIPO/Wajos, C‑783/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1073, punto 24 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì e per analogia, sentenza del 12 febbraio 2004, Henkel, C‑218/01, EU:C:2004:88, punto 49).

39      Parimenti, occorre ricordare che la novità o l’originalità non sono criteri pertinenti per la valutazione del carattere distintivo di un marchio, ragion per cui, affinché un marchio possa essere registrato, non è sufficiente che esso sia originale, ma occorre che esso si differenzi sostanzialmente dalle forme di base del prodotto di cui trattasi, comunemente utilizzate nel commercio, e che esso non appaia come una semplice variante, o addirittura una variante possibile di tali forme. Inoltre, non è necessario fornire la prova del carattere usuale della forma nel commercio per dimostrare la mancanza di carattere distintivo del marchio richiesto [v. sentenza del 7 ottobre 2015, The Smiley Company/UAMI (Forma di un viso rappresentato come una stella), T‑244/14, non pubblicata, EU:T:2015:764, punto 38 e giurisprudenza ivi citata; v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2019, Gibson Brands/EUIPO – Wilfer (Forma di una chitarra), T‑340/18, non pubblicata, EU:T:2019:455, punto 39].

40      Il Tribunale ha altresì precisato che la presenza sul mercato di un numero considerevole di forme che il consumatore si trovava davanti rendeva poco probabile che quest’ultimo considerasse un tipo particolare di forma come appartenente a un produttore specifico piuttosto che alla diversità che caratterizza detto mercato. Infatti, la notevole diversità delle forme dall’aspetto originale o di fantasia già presenti sul mercato limita la probabilità che una forma particolare sia considerata significativamente divergente dalla norma prevalente in tale mercato e sia pertanto identificata dai consumatori sulla sola base della sua peculiarità o della sua originalità (sentenza del 28 giugno 2019, Forma di una chitarra, T‑340/18, non pubblicata, EU:T:2019:455, punto 36).

41      Di conseguenza, quando un marchio tridimensionale è costituito dalla forma del prodotto del quale si chiede la registrazione o dalla forma dell’imballaggio di tale prodotto, il semplice fatto che tale forma costituisca una variante di una delle forme abituali di tale tipo di prodotti o di imballaggi di tale tipo di prodotti non è sufficiente a stabilire che detto marchio non è privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Occorre sempre verificare se un marchio del genere consenta al consumatore medio di tale prodotto, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, di distinguere il prodotto interessato da quelli di altre imprese, senza procedere ad un’analisi e senza dar prova di un’attenzione particolare (v. sentenza del 12 dicembre 2019, EUIPO/Wajos, C‑783/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1073, punto 25 e giurisprudenza citata).

42      Nel caso di specie, ai punti da 8 a 13 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha riportato la giurisprudenza applicabile in materia di esame dell’esistenza del carattere distintivo di un marchio tridimensionale, costituito dalla forma del prodotto stesso o dal suo imballaggio. Essa ha ricordato, in particolare, il requisito secondo cui un marchio siffatto doveva discostarsi in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore. Ai punti da 14 a 27 della decisione impugnata, essa ha applicato tale giurisprudenza al segno controverso e ha concluso, ai punti da 25 a 27 di tale decisione, in primo luogo, che tale segno era costituito solo da una combinazione di elementi tipici dei prodotti interessati, vale a dire una bottiglia e un’etichetta, la cui forma e la cui disposizione non si differenziavano sostanzialmente da talune forme di base dei prodotti in questione, ma apparivano piuttosto come una semplice variante di questi ultimi, in secondo luogo, che le differenze addotte rispetto alla norma del settore sarebbero percepibili solo in seguito a un’ispezione piuttosto attenta che il consumatore medio non farebbe, cosicché esse non sarebbero percepite come indicazioni dell’origine commerciale dei prodotti richiesti e, in terzo luogo, che il predetto consumatore percepirebbe il marchio come una finitura estetica, decorativa o funzionale dei prodotti cui esso si riferisce, la quale peraltro non si discosterebbe sostanzialmente dalla norma del settore.

43      È vero che dal punto 26 della sentenza del 3 ottobre 2018, Forma di contenitore (T‑313/17, non pubblicata, EU:T:2018:638), cui rinvia la ricorrente, emerge che, nel settore alimentare, caratterizzato da una forte concorrenza, gli operatori sono fortemente incentivati a rendere i loro prodotti identificabili rispetto a quelli dei concorrenti, in particolare quanto al loro aspetto e ideazione del loro imballaggio, al fine di attirare l’attenzione dei consumatori, cosicché risulta che il consumatore medio è pienamente in grado di percepire la forma dell’imballaggio dei prodotti interessati come un’indicazione dell’origine commerciale di questi ultimi, purché tale forma presenti caratteristiche sufficienti a attirare la sua attenzione.

44      Tuttavia, da un lato, occorre ricordare che, a partire dalla sentenza dell’8 aprile 2003, Linde e a. (da C‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 48), pronunciata nell’ambito dell’applicazione della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), ma i cui principi sono trasferibili al caso di specie, secondo una giurisprudenza costante, i consumatori medi non hanno l’abitudine di presumere l’origine dei prodotti basandosi sulla loro forma o su quella del loro imballaggio, in assenza di qualsivoglia elemento grafico o di testo, e che potrebbe dunque rivelarsi più difficile accertare il carattere distintivo per un marchio tridimensionale siffatto rispetto a un marchio denominativo o figurativo (v. precedente punto 36).

45      Dall’altro lato, al punto 26 della sentenza del 3 ottobre 2018, Forma di contenitore (T‑313/17, non pubblicata, EU:T:2018:638), il Tribunale ha fatto riferimento alla sua sentenza del 3 dicembre 2003, Nestlé Waters France/UAMI (Forma di una bottiglia) (T‑305/02, EU:T:2003:328, punto 34), che, a sua volta, era stata pronunciata prima che la Corte avesse precisato, nelle sue sentenze del 12 febbraio 2004, Henkel (C‑218/01, EU:C:2004:88, punto 49), del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI (C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punto 39), e del 7 ottobre 2004, Henkel/UAMI (C‑136/02 P, EU:C:2004:592, punto 31), che, in materia di marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto stesso o della sua confezione, solamente un marchio, il quale, si discostasse, in maniera significativa, dalla norma o dagli usi del settore e, di conseguenza, potesse assolvere alla sua funzione essenziale di indicatore d’origine, non era privo di carattere distintivo nel senso dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del regolamento n. 2017/2009 (v. precedente punto 38).

46      Infatti, occorre interpretare la regola risultante dal punto 34 della sentenza del 3 dicembre 2003, Forma di una bottiglia (T‑305/02, EU:T:2003:328), alla luce della giurisprudenza successiva della Corte (v. precedenti punti 36 e 38). Pertanto, la premessa secondo cui il consumatore medio è pienamente in grado di percepire la forma dell’imballaggio dei prodotti interessati come un’indicazione dell’origine commerciale di questi ultimi, purché tale forma presenti caratteristiche sufficienti per attirare la sua attenzione, deve essere intesa nel senso che essa riguarda una situazione in cui il marchio tridimensionale richiesto, costituito dalla forma del prodotto stesso o del suo confezionamento, si discosta in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore.

47      Ciò vale a maggior ragione in quanto il Tribunale, nella sua sentenza del 3 ottobre 2018, Forma di contenitore (T‑313/17, non pubblicata, EU:T:2018:638, punto 28), ha precisato che, al fine di valutare il carattere distintivo di un marchio tridimensionale, costituito dalla forma del prodotto stesso o dal suo confezionamento, occorreva verificare se il marchio richiesto si discostasse in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore. Nella sua sentenza del 12 dicembre 2019, EUIPO/Wajos (C‑783/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1073, punti 24, 26 e 30), la Corte ha espressamente confermato l’applicazione in materia del test della «divergenza significativa rispetto alla norma e agli usi del settore interessato».

48      Ne consegue che la ricorrente sostiene erroneamente che la commissione di ricorso ha applicato criteri erronei ai fini della valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto.

49      La seconda parte deve essere quindi respinta.

 Sulla terza parte, relativa al fatto che la commissione di ricorso ha erroneamente concluso per l’assenza di carattere distintivo del segno controverso

50      Alla luce della precisazione di cui al precedente punto 18, la ricorrente solleva due censure nell’ambito di questa terza parte. In primo luogo, essa fa valere, in sostanza, che la commissione di ricorso ha mal definito la norma e gli usi del settore. In secondo luogo, la forma e la collocazione dell’etichetta sulla bottiglia non presenterebbero alcun aspetto funzionale e si discosterebbero in maniera significativa dalla norma e dagli usi del settore.

–       Sulla prima censura, vertente su un errore nella definizione della norma e degli usi del settore

51      La ricorrente fa valere che gli esempi menzionati dalla commissione di ricorso non sono rappresentativi della norma e degli usi del settore. Nel settore alimentare e, più in particolare, in quello delle bevande alcoliche, la norma sarebbe quella di apporre sulla bottiglia un’etichetta, solitamente rettangolare, interamente fissata su una parte del corpo cilindrico della bottiglia.

52      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

53      A tal riguardo, da una giurisprudenza costante risulta che, qualora il ricorrente faccia valere il carattere distintivo di un marchio richiesto, nonostante l’analisi dell’EUIPO, spetta ad esso fornire indicazioni concrete e comprovate che dimostrino che il marchio richiesto è dotato di un carattere distintivo intrinseco [v. sentenze del 28 settembre 2010, Rosenruist/UAMI (Rappresentazione di due linee curve su una tasca), T‑388/09, non pubblicata, EU:T:2010:410, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 novembre 2018, Bopp/EUIPO (Rappresentazione di un ottagono equilatero), T‑460/17, non pubblicata, EU:T:2018:816, punto 53 e giurisprudenza ivi citata].

54      Occorre altresì ricordare che la commissione di ricorso non è tenuta ad indicare, per di più, in modo generale e astratto, l’insieme delle norme e degli usi del settore interessato [v. sentenze del 13 maggio 2020, Cognac Ferrand/EUIPO (Forma di un intreccio su una bottiglia), T‑172/19, non pubblicata, EU:T:2020:202, punto 49 e giurisprudenza ivi citata].

55      Nel caso di specie, approvando l’analisi dell’esaminatrice relativa alla diversità delle forme delle etichette sulle bottiglie per bevande, anche per quanto riguarda la loro collocazione, e riproducendone alcune al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha dimostrato che la norma e gli usi in tale settore erano caratterizzati da una grande varietà di forme di presentazione (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2019, Forma di una chitarra, T‑340/18, non pubblicata, EU:T:2019:455, punti 38 e 39).

56      Infatti, anche supponendo che la forma preponderante di un’etichetta dei prodotti di cui trattasi sia, come afferma la ricorrente, rettangolare e interamente fissata su una parte del corpo cilindrico della bottiglia, la norma e gli usi del settore non possono essere ridotti, come sostiene giustamente l’EUIPO, alla sola forma statisticamente più diffusa, ma comprendono tutte le forme che il consumatore ha l’abitudine di reperire sul mercato.

57      Di conseguenza, la prima censura dev’essere respinta.

–       Sulla seconda censura, vertente su un errore nella valutazione della funzionalità dell’etichetta e sulla significativa divergenza dalla norma e dagli usi del settore

58      In primo luogo, la ricorrente sostiene che la forma dell’etichetta e il modo in cui essa si avvolge intorno alla bottiglia sono molto particolari. Il segno controverso sarebbe caratterizzato dalla sua etichetta a forma di triangolo rettangolo la cui ipotenusa sarebbe posizionata nella parte bassa della bottiglia e la cui altezza varierebbe sulla circonferenza della bottiglia in modo da formare una sporgenza a punta da un lato e un taglio a forma di lettera maiuscola «V» dalla parte opposta, evocando così una mitra di vescovo. L’etichetta avrebbe un’altezza superiore al corpo cilindrico della bottiglia, sicché, a livello della sporgenza, l’etichetta non si adatterebbe alla forma della bottiglia.

59      In quasi tutti gli esempi forniti dalla commissione di ricorso, l’etichetta sarebbe invece increspata e non liscia. Tali etichette rivestirebbero integralmente e non parzialmente il corpo della bottiglia. L’unico esempio fornito nella decisione impugnata che raffigura un’etichetta che si arrotola tutto intorno al corpo della bottiglia riguarderebbe tuttavia un’etichetta rettangolare, e l’altezza di quest’ultima sarebbe regolare su tutta la circonferenza della bottiglia, e non un’etichetta dall’altezza irregolare che presenta una sporgenza a punta.

60      Pertanto, il segno controverso sarebbe molto diverso da tali esempi e, quindi, dalla norma del settore. Nessuno degli esempi rilevati dalla commissione di ricorso riprodurrebbe una bottiglia la cui etichetta presenti le caratteristiche distintive del segno controverso. L’aspetto particolare di quest’ultimo sarebbe percepibile anche a distanza. Il pubblico di riferimento non lo percepirebbe come una variante classica delle forme possibili per i prodotti interessati, ma come un’indicazione di origine facilmente memorizzabile che gli consentirebbe, senza neppure guardare le diciture scritte su quest’ultima, di distinguere immediatamente i prodotti della ricorrente da quelli aventi altre origini commerciali.

61      In secondo luogo, sorprenderebbe l’affermazione della commissione di ricorso, di cui al punto 20 della decisione impugnata, secondo la quale la sporgenza dell’etichetta potrebbe non essere visibile o rinvenuta se colui che consuma il liquido della bottiglia afferra con la mano tale parte della bottiglia. Da un lato, la sporgenza non si collocherebbe a livello del corpo della bottiglia, vale a dire della parte bassa con la quale il consumatore l’afferra quando desidera consumare il liquido, ma a livello del collo della bottiglia, per cui non la coprirebbe con la mano quando beve. Dall’altro, non sarebbe affatto richiesto, perché sia distintivo, che un segno sia sempre visibile dal consumatore. In caso contrario, nessun marchio sarebbe tutelabile, poiché ogni segno apposto su un prodotto può essere momentaneamente celato a seconda di come venga messo o utilizzato.

62      In terzo luogo, contrariamente a quanto indicherebbe la commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, l’etichetta presa in considerazione dalla ricorrente non presenterebbe alcun aspetto funzionale e non sarebbe destinata a ricevere la goccia di liquido rimanente sul collo appena dopo il servizio in un bicchiere o dopo aver bevuto direttamente dal collo. Infatti, non si tratterebbe di un tovagliolo, bensì di un’etichetta di carta fine priva di proprietà assorbente. Una goccia che coli lungo la bottiglia, che sia dal lato della sporgenza che forma una punta o dal lato che forma un taglio a «V», non sarebbe trattenuta dall’etichetta di cui trattasi più che da qualsiasi altra etichetta di carta.

63      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

64      A tal riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che il segno controverso consiste nella rappresentazione tridimensionale vista da quattro angoli diversi di una bottiglia scura, tappata con una capsula a corona. Un’etichetta bianca è arrotolata sul corpo inferiore della bottiglia in modo irregolare, fatta eccezione per una sporgenza verso l’alto che non si adatta al corpo della bottiglia in tale parte. Dall’altro lato della bottiglia, l’etichetta forma un taglio a forma di lettera maiuscola «V».

65      Sia la commissione di ricorso sia l’esaminatrice hanno dimostrato che il settore delle bevande alimentari era caratterizzato da una grande varietà delle forme e dei modi di posizionamento delle etichette sulle bottiglie. Esistono in particolare etichette increspate o lisce, come quella di cui trattasi, ed etichette che coprono interamente la bottiglia o la circondano soltanto in parte, come l’etichetta di cui trattasi. Talune etichette sono completamente incollate sulla bottiglia, mentre altre, come quella di cui trattasi, se ne distaccano parzialmente. Del pari, esistono etichette rettangolari, rotonde o quelle che, come l’etichetta di cui trattasi, utilizzano altre forme geometriche. Anche se non è escluso che un’etichetta come quella oggetto della domanda di registrazione, o addirittura un’etichetta molto simile, non sia ancora presente sul mercato dei prodotti interessati, si deve tuttavia ricordare che la novità o l’originalità non sono criteri pertinenti per la valutazione del carattere distintivo di un marchio. L’aspetto e la collocazione dell’etichetta in questione sulla bottiglia si collocano nella scia delle forme che il consumatore può abitualmente vedere sul mercato. Pertanto, come risulta sostanzialmente in particolare dai punti da 17 a 25 della decisione impugnata, lungi dal divergere in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore, tale etichetta costituisce solo una variante possibile delle forme già esistenti.

66      Come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso, in particolare ai punti 23 e 26 della decisione impugnata, al fine di percepire differenze tra l’etichetta cui si riferisce il segno controverso e le altre forme di etichette comunemente presenti sul mercato, occorre effettuare un attento esame, che il consumatore medio dei prodotti di cui trattasi non farà. Pertanto, dette divergenze non attirano la sua attenzione e non saranno memorizzate dal medesimo come segno distintivo (v. sopra giurisprudenza citata ai punti 37 e 41).

67      In ogni caso, una semplice divergenza dalla norma o dagli usi del settore non è sufficiente per affermare il carattere distintivo del segno controverso (sentenza del 13 maggio 2020, Forma di un intreccio su una bottiglia, T‑172/19, non pubblicata, EU:T:2020:202, punto 55).

68      In secondo luogo, come emerge dai punti 18, 19, 22 e 27 della decisione impugnata, e come correttamente sostenuto dall’EUIPO, i consumatori medi si aspetteranno che l’etichetta sia il supporto per informazioni relative ai prodotti in parola, compresa la designazione della loro origine commerciale, ma non che essa designi di per sé, vale a dire in assenza di qualsiasi elemento grafico o figurativo, la provenienza di tali prodotti. La ricorrente ammette peraltro che l’etichetta sarà coperta da elementi denominativi (v. precedente punto 60). I consumatori potrebbero anche percepire l’etichetta come una finitura estetica. In assenza di elementi informativi tali da sensibilizzare detti consumatori sul fatto che tale segno designi l’origine dei prodotti di cui trattasi, essi non saranno in grado di immaginare che il segno in questione designi un produttore concreto e non vi presteranno particolare attenzione [v., per analogia, sentenze del 9 ottobre 2002, Glaverbel/UAMI (Superficie di una lastra di vetro), T‑36/01, EU:T:2002:245, punto 28, e del 21 novembre 2018, Bopp/EUIPO (Rappresentazione di un ottagono equilatero), T‑460/17, non pubblicata, EU:T:2018:816, punto 63].

69      Pertanto, il segno controverso non è idoneo a designare l’origine dei prodotti in parola. Di conseguenza, esso non possiede il carattere distintivo minimo richiesto.

70      Gli argomenti della ricorrente non inficiano tale conclusione.

71      In primo luogo, la ricorrente non ha dimostrato che il consumatore medio intenderebbe l’etichetta nel senso che allude ad una mitra di vescovo, il che contribuirebbe a smarcarla dalla norma e dagli usi del settore. Da un lato, contrariamente a detta etichetta, una mitra di vescovo ha solitamente due sporgenze, l’una di fronte e l’altra dietro. Dall’altro, sono i consumatori a livello dell’Unione considerata nel suo insieme che dovrebbero comprendere il significato dell’etichetta in quanto mitra di vescovo. Orbene, una mitra con le sporgenze a punta di solito fa parte soltanto degli abiti dei vescovi delle chiese cattolica e anglicana e di altre chiese meno diffuse. Essa non è utilizzata nelle chiese ortodosse o evangeliche, pur largamente diffuse in molti Stati membri. In ogni caso, la ricorrente ha precisato in udienza che poco importava che i consumatori riconoscessero l’etichetta come allusione ad una mitra.

72      In secondo luogo, la constatazione della commissione di ricorso di cui al punto 20 della decisione impugnata, secondo la quale, in sostanza, i consumatori potrebbero non percepire che la sporgenza dell’etichetta sia distaccata dalla parte alta della bottiglia, dato il modo in cui tengono quest’ultima quando consumano il suo contenuto, deve essere intesa alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti 37 e 41, quale ricordata ed applicata in particolare ai punti 12, 22, 23 e 26 della decisione impugnata, secondo la quale il pubblico di cui trattasi, normalmente informato e ragionevolmente attento, di solito non fa particolarmente attenzione al momento dell’acquisto dei prodotti interessati, cosicché l’etichetta controversa e il modo in cui essa è apposta sulla bottiglia non richiameranno veramente la sua attenzione. Del pari, la commissione di ricorso non ha affermato che nessun consumatore percepirebbe tale elemento. Infatti, essa si è limitata ad evocare la possibilità che un consumatore normalmente attento possa non percepire tale particolarità se tiene la bottiglia in un certo modo. Orbene, una situazione del genere non può essere effettivamente esclusa, in quanto la bottiglia può essere tenuta sia dalla parte inferiore sia dalla parte superiore, anche se può verificarsi solo raramente.

73      Inoltre, risulta chiaramente, in particolare, dai punti da 17 a 19, 21, 22 e 27 della decisione impugnata che tale caratteristica particolare dell’etichetta non sarà percepita dai consumatori come un elemento atto a conferirle un carattere distintivo. Da un lato, essa rappresenta solo una leggera variazione estetica o decorativa rispetto alle forme presenti sul mercato. Dall’altro, i consumatori medi si aspetteranno che l’etichetta sia il supporto per informazioni relative ai prodotti in questione, compresa la designazione della loro origine commerciale, ma non che ne indichi di per sé, vale a dire in assenza di qualsiasi elemento grafico o figurativo, la provenienza. Pertanto, la motivazione di cui al punto 20 della decisione impugnata era di fatto ad abundantiam.

74      In terzo luogo, sebbene la motivazione contenuta ai punti 24 e 27 della decisione impugnata, relativa all’asserita funzione antigoccia dell’etichetta di cui trattasi, sia poco convincente, come peraltro riconosciuto dall’EUIPO, essa è, in ogni caso, ultronea. Non solo da quanto precede risulta che gli altri motivi contenuti nella decisione impugnata sono già sufficienti a giustificare l’assenza di carattere distintivo del segno controverso, ma le affermazioni in questione sono introdotte con le espressioni «del pari», se non addirittura «o anche», che confermano la loro importanza secondaria nel ragionamento della commissione di ricorso. Ne consegue che gli argomenti della ricorrente diretti a contestare tale motivazione devono essere respinti in quanto, nel caso di specie, sono inconferenti [v., in tal senso, sentenza del 29 gennaio 2020, Vinos de Arganza/EUIPO – Nordbrand Nordhausen (ENCANTO), T‑239/19, non pubblicata, EU:T:2020:12, punto 51].

75      I consumatori dei prodotti interessati non percepiranno quindi il segno controverso come designante l’origine commerciale di questi ultimi, ragion per cui tale segno non possiede il carattere distintivo minimo nel senso dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001.

76      La constatazione dell’assenza del carattere distintivo minimo ai sensi di tale disposizione è ancor più giusta in quanto il segno controverso è costituito, oltre che dall’etichetta in parola, da una bottiglia scura corredata dalla sua capsula, il cui carattere del tutto abituale rispetto alla norma del settore, accertato dalla commissione di ricorso, non è stato contestato dalla ricorrente. Il segno controverso costituisce quindi solo una variante delle forme di presentazione presenti sul mercato.

77      Da tutto quanto precede risulta che la ricorrente non ha dimostrato che il segno controverso si discostava in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore in un mercato caratterizzato da una grande varietà delle forme di imballaggio. Pertanto, anche la seconda censura della terza parte deve essere respinta.

78      Da quanto precede risulta che il motivo unico e, di conseguenza, l’intera impugnazione devono essere respinti.

 Sulle spese

79      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Brasserie St Avold è condannata alle spese.

Collins

Kreuschitz

Steinfatt

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 novembre 2020.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.