Language of document : ECLI:EU:T:2023:133

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

15 marzo 2023 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi a diversi progetti nell’ambito dei programmi eTEN nonché del quinto e sesto programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico – Diniego parziale di accesso – Indisponibilità di documenti – Limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso – Obbligo di procedere a un esame specifico e concreto – Carico di lavoro irragionevole – Articolo 266 TFUE – Decisione adottata in esecuzione di una sentenza del Tribunale – Provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza di annullamento comporta»

Nella causa T‑597/21,

Giorgio Basaglia, residente in Milano (Italia), rappresentato da G. Balossi, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da C. Ehrbar e A. Spina, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da K. Kowalik-Bańczyk (relatrice), presidente, G. Hesse e I. Dimitrakopoulos, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione, ad opera delle parti, nel termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, di una domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, a norma dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, il sig. Giorgio Basaglia, ricorrente, chiede l’annullamento parziale della decisione C(2021) 5741 final della Commissione, del 27 luglio 2021, relativa a una domanda di conferma di accesso a documenti (in prosieguo: la «decisione controversa»).

I.      Fatti

2        A seguito di una relazione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) del 2008, il ricorrente è stato oggetto di diverse indagini, procedimenti e condanne dinanzi ai giudici penali e contabili italiani a causa di attività illecite commesse in relazione a dodici progetti, cofinanziati dall’Unione europea nell’ambito dei programmi eTEN e del quinto e sesto programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, vale a dire i progetti Clinic, Cocoon, Dicoems, E2SP, I‑Way, J-Web, Liric, Match, Mosaica, Noesis, Pharmacov e Secure-Justice (in prosieguo: i «dodici progetti in questione»).

3        Con lettera del 26 febbraio 2019 (in prosieguo: la «domanda di accesso»), il ricorrente ha chiesto alla Commissione europea l’accesso ai documenti relativi ai dodici progetti in questione sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).

4        Tale domanda riguardava, in particolare, i seguenti documenti:

–        le relazioni di valutazione, con indicazione dei valutatori esterni che hanno preso parte alla loro elaborazione e li hanno sottoscritti (in prosieguo: i «documenti della categoria 1»);

–        i resoconti delle riunioni di concertazione, con indicazione dei valutatori esterni e dei funzionari della Commissione che hanno preso parte alla loro elaborazione e li hanno sottoscritti (in prosieguo: i «documenti della categoria 2»);

–        le relazioni finali di selezione, con i nominativi dei funzionari della Commissione che hanno partecipato alla loro elaborazione e li hanno sottoscritti (in prosieguo: i «documenti della categoria 3»);

–        i contratti sottoscritti dai partner nonché i loro allegati e successive modifiche (in prosieguo: i «documenti della categoria 4»);

–        le lettere di nomina dei controllori esterni, con indicazione dei funzionari della Commissione che le hanno sottoscritte e dei controllori selezionati (in prosieguo: i «documenti della categoria 5»);

–        le relazioni di controllo di tutti i controlli formali, ivi compresi i controlli effettuati all’avvio, i controlli finali e ogni altro accertamento cui abbiano partecipato i responsabili dei progetti della Commissione o controllori esterni (in prosieguo: i «documenti della categoria 6»);

–        le relazioni di revisione, con indicazione dei nominativi dei funzionari della Commissione che li hanno sottoscritti e delle società esterne che li hanno elaborati o vi hanno contribuito (in prosieguo: i «documenti della categoria 7»).

5        Con messaggio di posta elettronica del 29 marzo 2019 (in prosieguo: il «messaggio di posta elettronica del 29 marzo 2019»), la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione ha chiesto al ricorrente di precisare e ridurre la portata della domanda di accesso. Essa ha altresì proposto di limitare a due, oppure a uno, il numero di progetti oggetto di tale domanda e di restringere la stessa ai documenti delle categorie 4, 6 e 7. Infine, essa ha informato il ricorrente che, in assenza di risposta da parte sua, sarebbe stata costretta a restringere unilateralmente l’oggetto della domanda di accesso.

6        Con lettera del 1° aprile 2019, il ricorrente ha risposto che non era possibile ridurre la portata della domanda di accesso, né in termini di numero di progetti né di numero di documenti.

7        Con decisione del 24 aprile 2019, la Direzione generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione si è pronunciata sulla domanda di accesso (in prosieguo: la «decisione del 24 aprile 2019»). In primo luogo, essa ha deciso di limitare unilateralmente l’ambito di applicazione di tale domanda a due progetti scelti aleatoriamente tra i dodici progetti in questione, ossia i progetti Mosaica e Secure-Justice, e a tre delle sette categorie di documenti relative a tali progetti, ossia le categorie 4, 6 e 7. In secondo luogo, dopo aver identificato ventotto documenti rientranti nell’ambito di applicazione della domanda di accesso così limitata, essa ha, a seconda dei casi, o concesso un accesso completo, o concesso un accesso parziale, oppure rifiutato totalmente l’accesso a detti documenti.

8        L’8 maggio 2019, il ricorrente ha presentato una domanda di conferma di accesso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001.

9        Il 4 settembre 2019, la Segretaria generale della Commissione ha adottato la decisione C(2019) 6474 final su una domanda di conferma di accesso ai documenti ai sensi del regolamento n. 1049/2001 (in prosieguo: la «decisione del 4 settembre 2019»), confermando sostanzialmente la decisione del 24 aprile 2019, segnatamente nella parte in cui essa aveva limitato unilateralmente l’ambito di applicazione della domanda di accesso.

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 ottobre 2019, il ricorrente ha proposto un ricorso di annullamento avverso la decisione del 4 settembre 2019. Detto ricorso è stato registrato con il numero di ruolo T‑727/19.

11      Con sentenza del 23 settembre 2020, Basaglia/Commissione (T‑727/19, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza di annullamento», EU:T:2020:446), il Tribunale ha annullato parzialmente la decisione del 4 settembre 2019, segnatamente nella parte in cui essa conteneva una limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso (sentenza di annullamento, punti da 31 a 58 e 88). Al riguardo, esso ha considerato essenzialmente che, in tale decisione, la Commissione non aveva valutato in modo sufficientemente obiettivo il carico di lavoro richiesto dal trattamento della domanda di accesso (sentenza di annullamento, punti da 51 a 54 e 56) e che non aveva neppure dimostrato l’impossibilità per la stessa di esaminare un volume maggiore di documenti (sentenza di annullamento, punto 55). Date tali circostanze, essa ha concluso che, operando una limitazione di siffatta portata della domanda di accesso nella decisione del 4 settembre 2019, la Commissione non aveva realmente studiato tutte le altre opzioni ipotizzabili e non aveva chiarito in modo circostanziato, in tale decisione, le ragioni per le quali tali diverse opzioni implicassero, a loro volta, un carico di lavoro irragionevole (sentenza di annullamento, punto 57).

12      Con lettere del 6 ottobre e del 29 dicembre 2020, il ricorrente ha chiesto alla Commissione di dare esecuzione alla sentenza di annullamento e di concedergli l’accesso a tutti i documenti richiesti.

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 maggio 2021, il ricorrente ha proposto un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale, morale e alla reputazione che egli avrebbe subito a causa dell’illegittimo rigetto, da parte della Commissione, delle sue domande di accesso ai documenti e della mancata esecuzione, da parte di tale istituzione, della sentenza di annullamento. Tale ricorso è stato registrato con il numero di ruolo T‑257/21 ed è stato successivamente respinto dal Tribunale con sentenza del 5 ottobre 2022, Basaglia/Commissione (T‑257/21, non pubblicata, EU:T:2022:608).

14      Nel frattempo, il 27 luglio 2021, la Segretaria generale della Commissione ha adottato la decisione controversa al fine di dare esecuzione alla sentenza di annullamento. In primo luogo, ella ha informato il ricorrente che non era stato possibile individuare taluni documenti richiesti e, pertanto, accogliere la domanda di accesso per quanto riguarda i documenti non individuati; in secondo luogo, ha confermato la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso operata nella decisione del 24 aprile 2019; in terzo luogo, ha concesso un accesso totale o un accesso parziale più ampio a taluni documenti fino a quel momento non comunicati o comunicati parzialmente. Per contro, ha mantenuto, per altri documenti, un diniego parziale di accesso fondato sulle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1049/2001.

II.    Conclusioni delle parti

15      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione controversa.

16      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

III. In diritto

A.      Sulla portata del ricorso

17      Il ricorrente chiede formalmente l’annullamento della decisione controversa, senza precisare se intenda chiedere l’annullamento totale o parziale di tale decisione, sebbene quest’ultima sia suddivisa in più parti e gli sia persino parzialmente favorevole (v. punto 14 supra).

18      Tuttavia, dalle memorie del ricorrente, e in particolare dai motivi di ricorso e dagli argomenti dedotti a sostegno dello stesso, risulta che si deve giudicare che il ricorrente chieda unicamente l’annullamento parziale di tale decisione, nella misura in cui quest’ultima, da un lato, non accoglie la domanda di accesso per quanto riguarda i documenti non individuati dalla Commissione e, dall’altro, procede a una limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione di tale domanda per quanto riguarda i documenti individuati da tale istituzione.

B.      Sulla legittimità della decisione controversa

19      Occorre distinguere a seconda che la decisione controversa neghi l’accesso, sotto un primo profilo, a documenti non individuati dalla Commissione e, sotto un secondo profilo, a documenti individuati ma non esaminati dalla Commissione a causa della limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso.

1.      Sul diniego di accesso ai documenti non individuati dalla Commissione

20      Il ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione non avrebbe potuto rifiutare l’accesso a taluni documenti per il solo fatto che, da un lato, tali documenti, benché esistenti, sarebbero difficilmente disponibili e, dall’altro, il tempo necessario per individuarli sarebbe eccessivo. Egli mette altresì in dubbio l’indisponibilità di detti documenti.

21      La Commissione contesta l’argomentazione del ricorrente.

22      Occorre esaminare, in successione, gli argomenti del ricorrente relativi, in primo luogo, alla disponibilità dei documenti non individuati e, in secondo luogo, alla presa in considerazione del tempo necessario per la ricerca di tali documenti.

a)      Sulla disponibilità dei documenti non individuati

23      Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1049/2001:

«1.      Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.

(…)

3.      Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione (...)».

24      Si deve ricordare che l’esercizio del diritto di accesso per qualsiasi interessato presuppone, necessariamente, che i documenti richiesti esistano e siano detenuti dall’istituzione interessata (sentenze del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 38, e del 20 settembre 2019, Dehousse/Corte di giustizia dell’Unione europea, T‑433/17, EU:T:2019:632, punto 36) e siano dunque disponibili.

25      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante del Tribunale, qualsiasi dichiarazione delle istituzioni relativa all’inesistenza di documenti richiesti gode di una presunzione di veridicità. Si tratta nondimeno di una presunzione semplice, che il ricorrente può confutare con tutti i mezzi, in base a indizi pertinenti e concordanti. Tale presunzione deve essere applicata per analogia nell’ipotesi in cui l’istituzione dichiari di non essere in possesso dei documenti richiesti (v. sentenze del 19 gennaio 2010 Co-Frutta/Commissione, T‑355/04 e T‑446/04, EU:T:2010:15, punto 155 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 settembre 2019, Dehousse/Corte di giustizia dell’Unione europea, T‑433/17, EU:T:2019:632, punti 36 e 37 nonché giurisprudenza ivi citata) o di non essere riuscita a reperirli materialmente, il che conduce al medesimo risultato, ossia l’indisponibilità dei documenti richiesti.

26      Nel caso di specie, nella parte 2 della decisione controversa e in una tabella allegata a tale decisione la Commissione ha informato il ricorrente che, nonostante i suoi sforzi, essa non era riuscita a «reperire materialmente» alcuni documenti delle categorie 1, 2 e 3 relativi a diversi dei dodici progetti in questione, ossia i progetti Clinic, I-Way, Liric, Match, Mosaica, Pharmacov e Secure-Justice. Infatti, visto il tempo trascorso dalla creazione di questi documenti, la Commissione li avrebbe conservati «al di fuori del sistema di archiviazione». Di conseguenza, essa non deterrebbe tali documenti e, pertanto, non sarebbe più in grado di accogliere la domanda di accesso a questi ultimi.

27      Risulta quindi dalla motivazione della decisione controversa che, per giustificare il diniego di accesso a taluni documenti, la Commissione non ha affermato l’inesistenza di tali documenti, né il mancato possesso degli stessi. Essa ha piuttosto affermato, in sostanza, che, nonostante i suoi sforzi, non era riuscita a reperire materialmente detti documenti a causa del carattere risalente degli stessi e della loro conservazione al di fuori del sistema di archiviazione. In altri termini, essa si è basata sull’indisponibilità di detti documenti.

28      Ne deriva che tale dichiarazione della Commissione deve beneficiare di una presunzione di veridicità, al pari delle dichiarazioni delle istituzioni relative all’inesistenza o al mancato possesso dei documenti richiesti (v. punto 25 supra).

29      Occorre quindi esaminare se, con gli argomenti da lui dedotti, il ricorrente riesca a confutare tale presunzione.

30      In primo luogo, il ricorrente ritiene che l’eventuale mancata conservazione dei documenti sia una circostanza molto grave, tenuto conto della considerevole importanza economica dei dodici progetti in questione e dell’esistenza di procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile in corso in Italia in relazione a tali progetti.

31      A questo proposito, va osservato che il regolamento n. 1049/2001 non crea un obbligo generale di conservazione dei documenti e che il ricorrente non menziona alcun’altra norma o principio che imponga la conservazione dei documenti di cui trattasi. In ogni caso, non è possibile, nell’ambito del regolamento n. 1049/2001, imporre l’adempimento di un eventuale obbligo di conservazione mediante una domanda di accesso a documenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 44).

32      Ne consegue che l’eventuale omissione, da parte della Commissione, per quanto riguarda la conservazione dei documenti non individuati non può avere alcuna incidenza sulla presunzione di veridicità connessa alla dichiarazione di tale istituzione, secondo cui essa non aveva reperito tali documenti (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 30 gennaio 2008, Terezakis/Commissione, T‑380/04, non pubblicata, EU:T:2008:19, punto 156).

33      In secondo luogo, il ricorrente addebita alla Commissione di non precisare in quale luogo essa conservi i documenti non individuati, pur essendone manifestamente a conoscenza.

34      A tale riguardo, è certamente vero che la Commissione non fornisce alcuna indicazione quanto al luogo, estraneo al sistema di archiviazione, in cui i documenti non individuati sarebbero conservati.

35      Tuttavia, da un lato, nessun indizio corrobora l’affermazione del ricorrente secondo cui la Commissione sarebbe a conoscenza del luogo in cui sono conservati tali documenti. Dall’altro lato, il mancato recupero materiale di detti documenti e la mancata indicazione del loro luogo preciso di conservazione possono spiegarsi reciprocamente.

36      In terzo luogo, il ricorrente ritiene che l’indisponibilità dei documenti non individuati non sia verosimile, sia perché la Commissione ha potuto indicarne il volume sia perché in Italia erano in corso procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile connessi a tali documenti. Inoltre, la Commissione non avrebbe mai menzionato l’indisponibilità di detti documenti prima della pronuncia della sentenza di annullamento.

37      A questo proposito, si deve anzitutto rilevare che la Commissione ha stimato unicamente il numero (300) e il volume (9 053 pagine) dei documenti effettivamente individuati. Per contro, essa non ha affatto valutato il volume dei documenti non individuati e si è limitata a qualificarli come «di numero limitato».

38      Inoltre, la mera circostanza che in Italia fossero in corso procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile che presentavano un nesso con i dodici progetti in questione non è sufficiente a rendere inverosimile la dichiarazione della Commissione, secondo la quale non le è stato possibile individuare taluni documenti connessi a tali progetti per il motivo che essi sarebbero stati conservati al di fuori del sistema di archiviazione. Infatti, è pacifico che, come precisato nel messaggio di posta elettronica del 29 marzo 2019, alcuni di detti documenti erano vecchi e risalivano a oltre dieci anni prima già all’inizio dell’esame della domanda di accesso. Orbene, per quanto riguarda i vecchi documenti, l’assenza di archiviazione e, pertanto, l’indisponibilità presentano generalmente un carattere plausibile [v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2016, Strack/Commissione, T‑221/08, EU:T:2016:242, punto 67 (non pubblicata)].

39      Infine, occorre rilevare che, nel messaggio di posta elettronica del 29 marzo 2019, la Commissione aveva già comunicato che essa non aveva ancora reperito e identificato determinati documenti delle categorie 1, 2 e 3. Se, in seguito, nelle decisioni del 24 aprile e del 4 settembre 2019, la Commissione non ha più menzionato l’impossibilità di individuare tali documenti, ciò può spiegarsi con il fatto che essa aveva già deciso di limitare la domanda di accesso a una parte dei documenti delle categorie 4, 6 e 7 e che aveva in pratica rinunciato a ricercare e a identificare i documenti nelle altre categorie. Per contro, è pacifico che, a seguito della sentenza di annullamento, la Commissione ha proceduto a una nuova ricerca di tutti i documenti oggetto della domanda di accesso e ha così reperito e identificato 300 documenti. In tale occasione, la Commissione ha identificato, per la prima volta, 38 documenti delle categorie 1, 2 e 3 (23 documenti della categoria 1, 5 documenti della categoria 2 e 10 documenti della categoria 3), senza tuttavia reperire tutti i documenti di queste tre categorie. Pertanto è logico che, nella decisione controversa, la Commissione abbia nuovamente invocato, questa volta in modo espresso e circostanziato, l’impossibilità di individuare alcuni documenti delle categorie 1, 2 e 3.

40      Ciò premesso, il ricorrente non apporta elementi che consentano di confutare la dichiarazione della Commissione secondo cui, nonostante i suoi sforzi, essa non era riuscita a reperire materialmente alcuni documenti delle categorie 1, 2 e 3. Di conseguenza, si deve considerare che detta istituzione abbia dimostrato l’indisponibilità di tali documenti.

41      Ne consegue che gli argomenti del ricorrente in merito alla disponibilità dei documenti non individuati devono essere respinti.

b)      Sulla presa in considerazione del tempo necessario per la ricerca dei documenti non individuati

42      A tale riguardo è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Commissione non si è affatto fondata, nella decisione controversa, sulla circostanza secondo cui il tempo necessario per individuare i documenti di cui trattasi sarebbe stato eccessivo. Infatti, come giustamente sottolineato dalla Commissione, è solo dopo aver proceduto a una nuova ricerca di tutti i documenti oggetto della domanda di accesso ed aver effettivamente reperito e identificato 300 documenti che essa ha valutato il carico di lavoro determinato dall’esame di tali 300 documenti e ha, di conseguenza, confermato la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione di detta domanda. In altri termini, la Commissione ha tenuto conto del carico di lavoro e del tempo necessario all’esame della domanda di accesso solo nella fase d’analisi dei documenti effettivamente individuati, e non nella fase preliminare della ricerca dei documenti oggetto di tale domanda.

43      Ne consegue che l’argomento del ricorrente secondo cui la Commissione non poteva rifiutare l’accesso ai documenti non individuati per il motivo che il tempo necessario per ritrovare tali documenti sarebbe stato eccessivo è privo di fondamento in fatto.

44      Pertanto, l’argomento del ricorrente diretto contro il diniego di accesso ai documenti non individuati dalla Commissione deve essere respinto nel suo insieme.

2.      Sul diniego di accesso ai documenti individuati ma non esaminati dalla Commissione a causa della limitazione unilaterale dellambito di applicazione della domanda di accesso

45      Il ricorrente afferma, in sostanza, che la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso operata dalla Commissione sarebbe illegittima e contraria alla motivazione della sentenza di annullamento. Egli sostiene che la stima della Commissione del tempo necessario per il trattamento di tale domanda sarebbe errata ed eccessiva. A suo avviso, l’onere amministrativo invocato dalla Commissione non sarebbe sproporzionato rispetto alla necessità per il medesimo di accedere a tali documenti al fine di garantire la propria difesa dinanzi ai giudici penali e contabili italiani. Egli considera che la limitazione unilaterale del numero di progetti costituisca una restrizione indebita del suo diritto di accesso ai documenti nonché dei suoi diritti della difesa in tali procedimenti. Infine, egli ritiene che la Commissione si sia comportata in maniera contraddittoria e paradossale e abbia dato prova di malafede.

46      La Commissione contesta l’argomentazione del ricorrente.

47      Gli argomenti del ricorrente possono essere raggruppati in quattro gruppi a seconda che essi si riferiscano, in primo luogo, all’obbligo di un esame specifico e concreto dei documenti, in secondo luogo, all’esecuzione della sentenza di annullamento, in terzo luogo, al rispetto dei diritti della difesa dinanzi ai giudici italiani e, in quarto luogo, al comportamento della Commissione.

a)      Sullobbligo di un esame specifico e concreto dei documenti

48      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001:

«Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, l’istituzione in questione può contattare informalmente il richiedente onde trovare una soluzione equa».

49      Secondo una giurisprudenza costante, un’istituzione, quando riceve una domanda fondata sul regolamento n. 1049/2001, è tenuta, in linea di principio, a procedere a un esame specifico e concreto del contenuto dei documenti oggetto della domanda (v., in tal senso, sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punti da 69 a 74; del 22 maggio 2012, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, T‑300/10, EU:T:2012:247, punti 91 e 92, e del 25 settembre 2018, Psara e a./Parlamento, da T‑639/15 a T‑666/15 e T‑94/16, EU:T:2018:602, punti 103 e 104).

50      Il regolamento n. 1049/2001 non contiene alcuna disposizione che consenta espressamente all’istituzione, in mancanza di una soluzione equa concordata con il richiedente, di limitare la portata dell’esame che essa è normalmente tenuta ad effettuare in risposta a una domanda di accesso (sentenza del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 96).

51      Tuttavia, occorre tenere conto della possibilità che un richiedente, in forza del regolamento n. 1049/2001, presenti una domanda di accesso per un numero manifestamente irragionevole di documenti, magari per futili motivi, imponendo così, con il trattamento della sua domanda, un carico di lavoro tale da poter paralizzare, in modo davvero sostanziale, il buon funzionamento dell’istituzione (sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 101, e del 10 settembre 2008, Williams/Commissione, T‑42/05, non pubblicata, EU:T:2008:325, punto 85).

52      Per questo motivo, secondo la giurisprudenza, si evince dal principio di proporzionalità che le istituzioni possono, in casi specifici in cui il volume dei documenti ai quali è richiesto l’accesso o quello dei passaggi da censurare possa comportare un onere amministrativo spropositato, ponderare, da un lato, l’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti e, dall’altro, il carico di lavoro che deriverebbe dal trattamento della domanda di accesso al fine di salvaguardare l’interesse a un buon andamento dell’amministrazione (sentenze del 6 dicembre 2001, Consiglio/Hautala, C‑353/99 P, EU:C:2001:661, punto 30, e del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione, C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 27).

53      È dunque in via eccezionale e unicamente nel caso in cui l’onere amministrativo causato dall’esame specifico e concreto dei documenti si riveli particolarmente gravoso, oltrepassando così i limiti di ciò che può essere ragionevolmente richiesto, che può essere ammessa una deroga all’obbligo di esame di una domanda di accesso (sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 112, e del 14 dicembre 2017, Evropaïki Dynamiki/Parlamento, T‑136/15, EU:T:2017:915, punto 79).

54      Inoltre, dato che il diritto di accesso a documenti detenuti dalle istituzioni costituisce una regola generale, l’onere della prova circa la portata di un’eccezione relativa al carattere irragionevole del compito che la domanda comporta grava sull’istituzione che si avvale di tale eccezione (sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 113, e del 14 dicembre 2017, Evropaïki Dynamiki/Parlamento, T‑136/15, EU:T:2017:915, punto 80).

55      Infine, qualora l’istituzione abbia fornito la prova del carattere irragionevole dell’onere amministrativo che l’esame specifico e concreto dei documenti oggetto della domanda implica, essa ha l’obbligo di tentare di trovare un accordo con il richiedente al fine, da un lato, di fargli confermare o precisare il suo desiderio di ottenere la totalità dei documenti di cui trattasi o solo una parte di essi e, dall’altro, di delineare concretamente le alternative per essa disponibili, per adottare una misura meno restrittiva di un esame specifico e concreto dei documenti. Dal momento che il diritto di accesso ai documenti rappresenta la regola, l’istituzione, in tale contesto, resta nondimeno tenuta a privilegiare l’alternativa che, pur non oltrepassando i limiti di ciò che può essere ragionevolmente richiesto, resti la più favorevole per il richiedente (v., in tal senso, sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 114, e del 14 dicembre 2017, Evropaïki Dynamiki/Parlamento, T‑136/15, EU:T:2017:915, punto 81).

56      Ne deriva che l’istituzione può esimersi dall’effettuare un esame specifico e concreto solo dopo aver effettivamente vagliato tutte le alternative disponibili e aver spiegato in modo circostanziato, nella sua decisione, le ragioni per le quali tali diverse alternative implicano, a loro volta, un carico di lavoro irragionevole (sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 115, e del 14 dicembre 2017, Evropaïki Dynamiki/Parlamento, T‑136/15, EU:T:2017:915, punto 82).

57      In sintesi, dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 49 a 56 risulta che un’istituzione può derogare all’obbligo di un esame specifico e concreto di una domanda di accesso solo qualora siano soddisfatte tre condizioni cumulative. In primo luogo, il carico di lavoro rappresentato dall’esame specifico e concreto dei documenti richiesti deve risultare irragionevole. In secondo luogo, l’istituzione deve aver tentato di trovare un accordo con il richiedente. In terzo luogo, l’istituzione deve aver effettivamente considerato soluzioni alternative a un esame specifico e concreto dei documenti richiesti ed essere giunta alla conclusione che tali diverse opzioni sarebbero meno favorevoli per il richiedente o comporterebbero, a loro volta, un carico di lavoro irragionevole (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2017, Evropaïki Dynamiki/Parlamento, T‑136/15, EU:T:2017:915, punto 83).

58      Nel caso di specie, la Commissione ha ampiamente giustificato, nella parte 2.1 della decisione controversa, la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso.

59      Innanzitutto, la Commissione ha osservato che la domanda di accesso riguardava 300 documenti identificati, per un totale di 9 053 pagine. Essa ha quindi calcolato il tempo necessario per l’esame di tale domanda. A suo avviso, la lettura e l’analisi dei documenti, al ritmo di quattro pagine al minuto, avrebbe richiesto 75 giorni di lavoro a tempo pieno di un agente, ai quali si sarebbero dovuti aggiungere 5,5 giorni lavorativi per la consultazione dei terzi autori di taluni documenti e 4 giorni lavorativi per la stesura formale e la convalida interna della decisione. Pertanto, l’esame della domanda avrebbe richiesto complessivamente 84,5 giorni lavorativi. Poiché il ricorrente ha ribadito, dopo la sentenza di annullamento, il suo desiderio di avere accesso a tutti i documenti richiesti, la Commissione non ha avuto altra scelta che limitare unilateralmente l’oggetto della domanda.

60      La Commissione ha poi rilevato che i documenti rientranti nell’ambito di applicazione della domanda di accesso, quale limitata dalle decisioni del 24 aprile e del 4 settembre 2019, erano generalmente molto complessi e corrispondevano a ulteriori 1 266 pagine. Il trattamento della domanda di accesso così limitata avrebbe richiesto 10 giorni di lavoro a tempo pieno di un agente per la lettura dei documenti, ai quali si sarebbero dovuti aggiungere 5,5 giorni lavorativi per la consultazione dei terzi e 4 giorni lavorativi per la convalida della decisione. Pertanto, il trattamento della domanda dopo la limitazione avrebbe richiesto almeno 19,5 giorni lavorativi, ossia già più del termine di 15 giorni previsto dal regolamento n. 1049/2001 per il trattamento di una domanda di accesso ai documenti.

61      Infine, la Commissione ha spiegato che le alternative possibili sarebbero state meno favorevoli per il ricorrente rispetto all’opzione adottata, consistente nel limitare la domanda di accesso ai documenti delle categorie 4, 6 e 7 e ai progetti Mosaica e Secure-Justice. Infatti, da un lato, per quanto riguarda le categorie di documenti, i documenti delle categorie 4, 6 e 7 sarebbero tra i più voluminosi, mentre dai documenti della categoria 5 avrebbero dovuto essere espunti numerosi dati personali e non sarebbe stato possibile individuare tutti quelli delle categorie 1, 2 e 3. Dall’altro lato, per quanto riguarda i progetti, la scelta dei progetti Mosaica e Secure-Justice avrebbe consentito l’accesso a due progetti anziché a un solo progetto più voluminoso nonché a un numero maggiore di pagine, mentre la scelta di altri progetti avrebbe o limitato il volume dei documenti divulgati, o avrebbe ecceduto il carico di lavoro massimo che la Commissione avrebbe potuto dedicare all’esame di una domanda di accesso ai documenti nel rispetto dei termini previsti dal regolamento n. 1049/2001.

62      Occorre verificare, alla luce, in particolare, degli argomenti del ricorrente, se, procedendo a una limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso, la Commissione abbia violato l’obbligo di esame specifico e concreto di una domanda di accesso ai documenti ad essa incombente conformemente alla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 49 a 56, come sintetizzata nelle tre condizioni cumulative enunciate al precedente punto 57.

1)      Sulla condizione relativa al carico di lavoro irragionevole derivante dal trattamento della domanda di accesso

63      Per quanto riguarda la prima condizione enunciata al precedente punto 57, relativa al carico di lavoro irragionevole derivante dal trattamento della domanda di accesso, il ricorrente contesta, da un lato, la stima della Commissione del tempo di lavoro necessario a tale trattamento e, dall’altro, il carattere sproporzionato del carico di lavoro determinato dal trattamento stesso.

64      In primo luogo, per quanto riguarda la stima della Commissione del tempo di lavoro necessario al trattamento della domanda di accesso, il ricorrente formula, in sostanza, quattro argomenti.

65      Sotto un primo profilo, il ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe tenuto conto della grande eterogeneità dei documenti richiesti, costituiti in gran parte da piani, grafici, schemi e fatture il cui esame potrebbe essere rapido.

66      A tale riguardo occorre rilevare che, nella decisione controversa, la Commissione ha constatato che i documenti richiesti presentavano diversi livelli di complessità. Essa ha segnatamente precisato che, tra i documenti della categoria 4, ossia i contratti e i loro allegati e successive modifiche, solo le condizioni generali di detti contratti potevano essere considerate come semplici documenti esaminabili in maniera superficiale, in quanto non contenenti informazioni o dati personali che potessero rientrare nelle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Essa ha inoltre spiegato che gli altri documenti, quali le descrizioni dei lavori incluse negli allegati dei contratti (categoria 4), le relazioni di revisione (categoria 7) e le relazioni di controllo (categoria 6), erano documenti molto più complessi, in quanto aventi carattere tecnico o richiedenti conoscenze nel settore finanziario. Parimenti, le relazioni rientranti nelle categorie da 1 a 3 potrebbero contenere informazioni specifiche ai vari progetti e non sarebbero state standardizzate.

67      Dalla decisione controversa risulta quindi che la Commissione, da un lato, non ha ignorato l’eterogeneità dei documenti richiesti e, dall’altro, ha spiegato in maniera circostanziata perché numerosi documenti presentassero un carattere complesso. Ne consegue che la decisione controversa tiene conto del grado di complessità dei documenti richiesti.

68      Orbene, il ricorrente si limita a formulare una critica generale e non deduce alcun argomento dettagliato che metta in discussione le spiegazioni fornite dalla Commissione in merito ai diversi livelli di complessità dei documenti richiesti.

69      In particolare, la Commissione afferma nel suo controricorso, senza essere smentita dal ricorrente, che un esame anche superficiale dei documenti effettivamente comunicati al ricorrente contraddice l’affermazione di quest’ultimo secondo cui i documenti richiesti erano, in generale, costituiti in gran parte da piani, grafici, schemi e fatture. Essa spiega altresì, correttamente e senza essere contraddetta dal ricorrente, che anche uno schema, un grafico o una fattura possono contenere informazioni che possono rientrare nelle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

70      Sotto un secondo profilo, il ricorrente sostiene che l’agente della Commissione incaricato di esaminare i documenti richiesti non doveva esaminarli nel merito, ma soltanto valutare se essi potessero essere divulgati.

71      A questo proposito, occorre osservare che la Commissione ha spiegato nella decisione controversa che l’agente doveva non soltanto leggere i documenti richiesti, ma altresì analizzarne il contenuto al fine di determinare se essi contenessero informazioni che potessero rientrare nelle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Essa ha altresì stimato il tempo di lettura di tali documenti basandosi su una velocità di lettura di quattro pagine al minuto e citando un articolo scientifico secondo il quale una persona potrebbe leggere in media 238 parole al minuto.

72      Tuttavia, il ricorrente non contesta la necessità di leggere, anche solo brevemente, e analizzare, anche solo succintamente, il contenuto dei documenti richiesti per decidere se possano essere divulgati. Per quanto riguarda il calcolo effettuato dalla Commissione per stimare il tempo necessario per leggere e analizzare tali documenti, egli si limita ad affermare che detto calcolo sarebbe «generico», senza formulare alcuna critica circostanziata.

73      Sotto un terzo profilo, il ricorrente rileva che la documentazione richiesta è già stata «esaminata» nel 2019.

74      Tale argomento è del tutto irrilevante, in quanto la stima del carico di lavoro derivante dal trattamento della domanda di accesso deve essere effettuata oggettivamente e non può dipendere dalla questione, se tale documentazione sia già stata «esaminata» dalla Commissione al momento dell’adozione di una precedente decisione. Del resto, il Tribunale ha dichiarato nella sentenza di annullamento che la stima di tale carico di lavoro effettuata dalla Commissione nel 2019 era insufficiente (v. punto 11 supra).

75      Sotto un quarto profilo, il ricorrente addebita alla Commissione di aver erroneamente preso in considerazione, anzitutto, il tempo necessario per la ricerca dei documenti, poi, il tempo trascorso a consultare i terzi e, infine, il tempo corrispondente alle procedure interne alla Commissione. A suo avviso, tali diversi tempi non potevano essere presi in considerazione ai fini del calcolo del tempo necessario al trattamento della domanda di accesso.

76      Anzitutto, per quanto riguarda il tempo necessario alla ricerca dei documenti, è giocoforza constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Commissione non ha tenuto conto delle operazioni di ricerca dei documenti per valutare il tempo necessario all’analisi dei documenti effettivamente individuati. Ne consegue che l’argomento del ricorrente vertente sull’erronea presa in considerazione del tempo di ricerca dei documenti è privo di fondamento in fatto.

77      Inoltre, relativamente al tempo necessario alla consultazione dei terzi, occorre rilevare che l’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 prevede che, per quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine di determinare se sia applicabile una delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi 1 o 2, del medesimo regolamento, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.

78      È stato altresì dichiarato che, anche nel caso di consultazione di terzi, l’istituzione deve pronunciarsi su una domanda di accesso ai documenti nel termine imperativo di quindici giorni lavorativi, eventualmente prorogati, di cui agli articoli 7 e 8 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 86, e del 19 gennaio 2010, Co-Frutta/Commissione, T‑355/04 e T‑446/04, EU:T:2010:15, punto 70).

79      Pertanto, il termine per la consultazione di terzi è necessariamente incluso nel termine entro il quale la Commissione deve pronunciarsi su una domanda di accesso ai documenti. Ne consegue che il ricorrente non può fondatamente addebitare alla Commissione di aver preso in considerazione un termine di 5,5 giorni per la consultazione dei terzi, del quale non afferma peraltro il carattere eccessivo.

80      Infine, per quanto riguarda il tempo corrispondente alle procedure interne alla Commissione, il ricorrente si limita a sostenere che esso sarebbe irrilevante e non contesta la necessità di preparare e adottare una decisione formale che statuisca su una domanda di accesso ai documenti. Ne consegue che il ricorrente non può fondatamente criticare la Commissione per aver preso in considerazione un termine di 4 giorni di lavoro per la stesura formale e la convalida interna della decisione, di cui non afferma peraltro neppure il carattere eccessivo.

81      In tali circostanze, e tenuto conto dell’insieme degli elementi esaminati ai precedenti punti da 64 a 80, il ricorrente non dimostra, con gli argomenti da esso invocati, il carattere erroneo o eccessivo della stima della Commissione del tempo di lavoro necessario al trattamento della domanda di accesso.

82      In secondo luogo, per quanto riguarda il carattere irragionevole del carico di lavoro causato dal trattamento della domanda di accesso, il ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione avrebbe dovuto tener conto della sua situazione personale specifica e ponderare, da un lato, il carico di lavoro determinato dal trattamento della domanda di accesso e, dall’altro, la necessità per lui di disporre dei documenti richiesti al fine di difendersi nell’ambito dei procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile avviati nei suoi confronti in Italia ed evitare così una condanna a pene detentive o all’obbligo di restituire determinate somme alla Commissione. Orbene, nel caso di specie, il carico di lavoro causato dal trattamento della domanda di accesso non sarebbe sproporzionato a fronte del rispetto dei suoi diritti della difesa.

83      A questo proposito, occorre ricordare che il regolamento n. 1049/2001 ha lo scopo di conferire un diritto di accesso del pubblico in generale ai documenti delle istituzioni e non di stabilire norme dirette a tutelare l’interesse specifico alla consultazione di uno di questi, che un qualsiasi soggetto possa avere (sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 43, e ordinanza del 6 novembre 2019, Hércules Club de Fútbol/Commissione, C‑332/19 P, non pubblicata, EU:C:2019:948, punti 5 e 6). In altri termini, questo regolamento mira a garantire a tutti la consultazione dei documenti pubblici e non semplicemente a consentire al richiedente la consultazione dei documenti che lo riguardino (sentenza del 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, EU:T:2005:143, punto 50).

84      Ne consegue che la domanda di accesso del ricorrente doveva essere esaminata allo stesso modo in cui sarebbe stata esaminata una domanda proveniente da un qualsiasi altro soggetto (v., per analogia, sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 82).

85      In tali circostanze, la ponderazione degli interessi che la Commissione era tenuta a effettuare in base alla giurisprudenza citata al precedente punto 52 poteva essere effettuata solo alla luce, da un lato, del carico di lavoro causato dal trattamento della domanda di accesso e, dall’altro, dell’interesse dell’accesso del pubblico ai documenti richiesti. Per contro, non occorreva tener conto della situazione personale specifica del ricorrente e, in particolare, del suo interesse privato a disporre di tali documenti al fine di difendersi nell’ambito dei procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile avviati nei suoi confronti in Italia (v., in tal senso e per analogia, sentenza di annullamento, punti 27 e 30).

86      Orbene, da un lato, dalla stima della Commissione del tempo necessario per trattare la domanda di accesso (v. punto 59 supra) si evince che un siffatto trattamento – implicante un esame specifico e concreto di tutti i documenti richiesti – avrebbe rappresentato un carico di lavoro considerevole e avrebbe quindi potuto nuocere a un buon andamento dell’amministrazione.

87      Dall’altro lato, il ricorrente non deduce alcun argomento vertente sull’interesse dell’accesso del pubblico in generale all’insieme dei documenti richiesti.

88      Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, si deve ritenere che la Commissione abbia dimostrato il carattere irragionevole del carico di lavoro che sarebbe derivato dal trattamento della domanda di accesso.

2)      Sulla condizione relativa all’obbligo per la Commissione di tentare di trovare un accordo con il ricorrente

89      Per quanto riguarda la seconda condizione enunciata al precedente punto 57, relativa all’obbligo per la Commissione di tentare di trovare un accordo con il ricorrente, occorre ricordare in quale contesto tale istituzione abbia operato una limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso.

90      A tal proposito è pacifico che, con messaggio di posta elettronica del 29 marzo 2019, la Commissione ha proposto al ricorrente una soluzione equa ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001. Essa ha chiesto al ricorrente di precisare e ridurre la portata della domanda di accesso e gli ha proposto di limitare il numero di progetti e di categorie di documenti oggetto di tale domanda (v. punto 5 supra). Tuttavia, con lettera del 1° aprile 2019, il richiedente ha risposto che non era possibile ridurre la portata della domanda di accesso (v. punto 6 supra). Successivamente, il ricorrente ha continuato a lamentare la limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso e ha rifiutato di ridurre la portata di tale domanda.

91      Ne consegue che la Commissione ha adempiuto il suo obbligo di tentare di trovare un accordo con il ricorrente, cosa che quest’ultimo, del resto, non contesta.

3)      Sulla condizione relativa all’obbligo per la Commissione di considerare soluzioni alternative

92      Per quanto riguarda la terza condizione di cui al precedente punto 57, relativa all’obbligo della Commissione di prendere in considerazione soluzioni alternative e dimostrare il fatto che tali diverse opzioni sarebbero state meno favorevoli per il ricorrente o avrebbero comportato un carico di lavoro irragionevole, si deve rilevare che la Commissione ha esaminato ed escluso soluzioni alternative nella decisione controversa.

93      Infatti, dal precedente punto 61 risulta che la Commissione ha considerato alternative disponibili, consistenti nel limitare la domanda di accesso secondo criteri diversi e nel selezionare, ai fini di un esame specifico e concreto, documenti rientranti in categorie diverse dalle categorie 4, 6 e 7 o relativi a progetti diversi dai progetti Mosaica e Secure-Justice. Essa ha tuttavia spiegato, in maniera circostanziata, che tali soluzioni alternative sarebbero state, le une, meno favorevoli per il ricorrente, in quanto avrebbero limitato il numero o il volume dei documenti comunicati o, ancora, avrebbero condotto alla divulgazione di documenti con numerosi dati personali omessi, e le altre avrebbero ecceduto il carico di lavoro massimo che essa avrebbe potuto dedicare all’esame di una domanda di accesso ai documenti nel rispetto dei termini previsti dal regolamento n. 1049/2001.

94      Il ricorrente non contesta affatto le spiegazioni fornite dalla Commissione in merito all’esame di soluzioni alternative e si limita a ribadire il suo desiderio di accedere a tutti i documenti richiesti.

95      Peraltro, nel suo atto introduttivo il ricorrente non contesta neppure la scelta iniziale della Commissione, operata nella decisione del 24 aprile 2019, di limitare l’ambito di applicazione della domanda ai documenti di tre categorie (categorie 4, 6 e 7) relativi a due progetti (progetti Mosaica e Secure-Justice). A tale riguardo, il Tribunale ha giudicato, al punto 55 della sentenza di annullamento, che, in assenza di qualsiasi indicazione da parte del ricorrente quanto a un’eventuale selezione dei progetti aventi per lui un’importanza particolare, il metodo di selezione dei progetti per estrazione a sorte non era, in tale situazione, censurabile.

96      Vero è che, in sede di replica, il ricorrente sembra lamentare il fatto che la Commissione non gli abbia comunicato alcun documento delle categorie 1, 2 e 3. Tuttavia, occorre notare che egli non ha mai espresso, prima dell’emanazione della decisione controversa, una qualsivoglia preferenza a favore di un esame e di una divulgazione prioritari dei documenti delle tre categorie suddette. Inoltre, egli non contesta la circostanza che la Commissione abbia reperito solo un numero ridotto di documenti, non molto voluminosi, relativi a tali categorie, vale a dire 38 documenti corrispondenti a 142 pagine, secondo la tabella allegata alla decisione controversa (v. punti 26 e 39 supra).

97      Alla luce di quanto suesposto, si deve ritenere che la Commissione abbia adempiuto il suo obbligo di considerare soluzioni alternative e di dimostrare che tali diverse opzioni sarebbero state meno favorevoli al richiedente o avrebbero comportato, a loro volta, un carico di lavoro irragionevole.

98      Ne consegue che le tre condizioni cumulative di cui al precedente paragrafo 57 sono soddisfatte nel caso di specie, cosicché devono essere respinti gli argomenti del ricorrente vertenti sulla violazione dell’obbligo di un esame specifico e concreto dei documenti.

b)      Sullesecuzione della sentenza di annullamento

99      Il ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe manifestamente ignorato la motivazione della sentenza di annullamento e vi si sarebbe conformata solo in modo meramente apparente. In particolare, essa avrebbe tenuto conto, da un lato, del tempo necessario alla ricerca dei documenti e, dall’altro, del tempo corrispondente alle proprie procedure interne, mentre il Tribunale avrebbe giudicato tali tempi irrilevanti.

100    Ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE:

«L’istituzione, l’organo o l’organismo da cui emana l’atto annullato (...) sono tenuti a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea comporta».

101    L’articolo 266 TFUE impone all’istituzione interessata di evitare che ogni atto destinato a sostituire l’atto annullato sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (v. sentenza del 29 aprile 2004, IPK-München e Commissione, C‑199/01 P e C‑200/01 P, EU:C:2004:249, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

102    Nel caso di specie, anche supponendo che il ricorrente abbia inteso dedurre un motivo di ricorso distinto vertente sulla violazione delle disposizioni dell’articolo 266 TFUE, egli non formula argomenti specifici e circostanziati al riguardo diversi da quelli relativi alla presa in considerazione di taluni tempi al fine di valutare il tempo necessario all’analisi dei documenti effettivamente individuati.

103    Orbene, da un lato, per quanto riguarda il tempo necessario alla ricerca dei documenti, di cui il Tribunale ha effettivamente escluso la presa in considerazione al punto 54 della sentenza di annullamento, è già stato rilevato che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la Commissione non aveva tenuto conto di tale tempo (v. punto 76 supra). Dall’altro lato, per quanto concerne il tempo corrispondente ai procedimenti interni alla Commissione, il Tribunale non ne ha affatto escluso la presa in considerazione nella sentenza di annullamento.

104    Peraltro, e in ogni caso, dalla decisione controversa non risulta che quest’ultima sia viziata da una insufficienza o irregolarità identica a quelle individuate nella sentenza di annullamento.

105    In tali circostanze, il ricorrente non può legittimamente sostenere che la Commissione abbia ignorato la motivazione della sentenza di annullamento.

c)      Sul rispetto dei diritti della difesa dinanzi ai giudici italiani

106    Il ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione, restringendo l’ambito di applicazione della richiesta di accesso, avrebbe limitato i suoi diritti della difesa nei procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile avviati nei suoi confronti in Italia.

107    A questo proposito occorre ricordare che i diritti della difesa nell’ambito di procedimenti giudiziari nazionali non possono essere esercitati specificamente mediante le procedure di pubblica consultazione dei documenti disposte dal regolamento n. 1049/2001. Ne consegue che l’eventuale violazione di siffatti diritti nell’ambito di dette procedure non può derivare da una decisione di diniego di consultazione adottata in forza di tale regolamento né, di conseguenza, essere fonte di una condanna in giudizio, in accoglimento di un ricorso di annullamento contro una siffatta decisione (v., per analogia con un procedimento giurisdizionale dinanzi al giudice dell’Unione, sentenza del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punti 48 e 52).

108    Pertanto, l’argomento del ricorrente vertente sulla limitazione dei suoi diritti della difesa nell’ambito dei procedimenti penali e per responsabilità amministrativo-contabile avviati nei suoi confronti in Italia deve essere respinto in quanto inconferente.

d)      Sul comportamento della Commissione

109    Il ricorrente ritiene, in sostanza, che la Commissione abbia agito in maniera contraddittoria e paradossale chiedendo ai giudici contabili italiani di condannarlo a risarcire i danni finanziari connessi a tutti i dodici progetti in questione, concedendogli nel contempo unicamente l’accesso a documenti relativi a due di tali progetti. In aggiunta, la Commissione non avrebbe selezionato in modo aleatorio i documenti da divulgare poiché avrebbe «guarda caso» escluso tutti i documenti delle categorie 1, 2 e 3, i quali sarebbero decisivi per determinare se le spese sostenute nell’ambito di detti progetti dessero diritto a un finanziamento. Infine, la Commissione sarebbe in malafede in quanto avrebbe adottato la decisione controversa dieci mesi dopo la pronuncia della sentenza di annullamento e unicamente dopo la proposizione, da parte del ricorrente, di un ricorso per risarcimento dei danni causati dal comportamento precedente della Commissione.

110    A tale riguardo, anzitutto, risulta da quanto rilevato ai precedenti punti da 83 a 85 e 107 che il comportamento della Commissione dinanzi ai giudici contabili italiani e le eventuali conseguenze di tale comportamento sui diritti della difesa del ricorrente dinanzi a tali giudici non possono incidere sul diritto di quest’ultimo di accedere ai documenti richiesti.

111    Inoltre, gli elementi invocati dal ricorrente non sono sufficienti a dimostrare che la Commissione abbia agito in modo parziale o ingiusto nei suoi confronti o, ancora, che sia incorsa in uno sviamento di potere limitando unilateralmente l’ambito di applicazione della domanda di accesso a 28 documenti rientranti in tre categorie (categorie 4, 6 e 7) e relativi a due progetti (progetti Mosaica e Secure-Justice). Infatti, in assenza di qualsiasi indicazione del ricorrente che esprimesse una preferenza a favore di un esame e di una divulgazione prioritari dei documenti di talune categorie o di taluni progetti, la Commissione poteva procedere a un’estrazione a sorte al fine di selezionare i documenti da esaminare e divulgare (v., in tal senso, punto 95 supra). In aggiunta, la Commissione ha spiegato nella decisione controversa che le alternative disponibili, consistenti nella selezione di altri progetti o di altre categorie di documenti, sarebbero state meno favorevoli per il ricorrente (v. punti 61 e 93 supra) e il ricorrente non è riuscito a inficiare tale constatazione (v. punti da 94 a 97 supra).

112    Infine, la sola circostanza che la Commissione abbia tardato ad adottare la decisione controversa dopo la pronuncia della sentenza di annullamento non è sufficiente a integrare una violazione del principio di buona fede da parte di tale istituzione, né a determinare un’illegittimità di detta decisione tale da giustificarne l’annullamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 3 maggio 2018, Malta/Commissione, T‑653/16, EU:T:2018:241, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

113    Pertanto, gli argomenti del ricorrente vertenti sul comportamento della Commissione devono essere respinti. Lo stesso vale, di conseguenza, per l’intera argomentazione del ricorrente diretta contro il diniego di accesso ai documenti individuati, ma non esaminati dalla Commissione a causa della limitazione unilaterale dell’ambito di applicazione della domanda di accesso.

114    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto.

IV.    Sulle spese

115    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

116    Il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Giorgio Basaglia è condannato alle spese.

Kowalik-Bańczyk

Hesse

Dimitrakopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 marzo 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

S. Papasavvas


*      Lingua processuale: l’italiano.