Language of document : ECLI:EU:T:2017:102

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

17 febbraio 2017 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Eccezione di illegittimità – Base giuridica – Sviamento di potere – Diritti della difesa – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Ne bis in idem – Autorità di cosa giudicata – Proporzionalità – Errore manifesto di valutazione – Diritti fondamentali»

Nelle cause riunite T‑14/14 e T‑87/14,

Islamic Republic of Iran Shipping Lines, con sede in Teheran (Iran), e le altre ricorrenti i cui nominativi figurano in allegato, rappresentate da F. Randolph, QC, P. Pantelis, solicitor, M. Lester, barrister, e M. Taher, solicitor,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e V. Piessevaux, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci e T. Scharf, in qualità di agenti,

interveniente nella causa T‑87/14,

avente ad oggetto, nella causa T‑14/14, la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione 2013/497/PESC del Consiglio, del 10 ottobre 2013, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2013, L 272, pag. 46), e del regolamento (UE) n. 971/2013 del Consiglio, del 10 ottobre 2013, che modifica il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2013, L 272, pag. 1), nella parte in cui tali atti riguardano le ricorrenti, e, nella causa T‑87/14, da un lato, la domanda fondata sull’articolo 277 TFUE e diretta a far dichiarare l’inapplicabilità della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013 e, dall’altro, la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione 2013/685/PESC del Consiglio, del 26 novembre 2013, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2013, L 316, pag. 46), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 1203/2013 del Consiglio, del 26 novembre 2013, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2013, L 316, pag. 1), nella parte in cui tali atti riguardano le ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, I. Pelikánová (relatore) e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 luglio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, la Islamic Republic of Iran Shipping Lines (in prosieguo: l’«IRISL»), la compagnia di trasporto marittimo della Repubblica islamica dell’Iran, e altri dieci enti i cui nominativi figurano in allegato, sono società iraniane, ad eccezione dell’IRISL Europe GmbH, che è una società tedesca. Tali società operano tutte nel settore del trasporto marittimo.

2        Le cause in esame si inseriscono nell’ambito delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché quest’ultima ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e alla messa a punto di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»).

3        Il 26 luglio 2010 i nominativi delle ricorrenti venivano inseriti nell’elenco contenuto nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU 2010, L 195, pag. 39).

4        Di conseguenza, i nominativi delle ricorrenti venivano inseriti nell’elenco contenuto nell’allegato V del regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2007, L 103, pag. 1), mediante il regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 (GU 2010, L 195, pag. 25).

5        L’inserimento del nominativo dell’IRISL nell’elenco contenuto nell’allegato II della decisione 2010/413 era basato sulle seguenti motivazioni, che sono sostanzialmente identiche a quelle esposte nell’allegato V del regolamento n. 423/2007:

«L’IRISL è stata coinvolta nella spedizione via mare di carichi militari, compresi carichi proibiti, a partire dall’Iran. Tre episodi di questo tipo hanno implicato chiaramente violazioni segnalate al Comitato delle sanzioni all’Iran del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Dati i collegamenti dell’IRISL con la proliferazione, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha chiesto agli Stati di effettuare ispezioni sulle navi dell’IRISL qualora vi siano fondati motivi per ritenere che esse stiano trasportando merci proibite dalle [risoluzioni] 1803 e 1929 [del Consiglio di sicurezza dell’ONU]».

6        L’inserimento dei nominativi delle altre ricorrenti era motivato dal fatto che si trattava di società possedute o controllate dall’IRISL o che agivano per suo conto.

7        Il regolamento n. 423/2007 è stato abrogato dal regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2010, L 281, pag. 1), e il regolamento n. 961/2010 è stato successivamente abrogato dal regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2012, L 88, pag. 1). I nominativi delle ricorrenti venivano inclusi nell’elenco contenuto nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 senza che le motivazioni dell’inserimento dei loro nominativi venissero modificate.

8        Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 ottobre 2010, le ricorrenti proponevano ricorso diretto all’annullamento dell’inserimento dei loro nominativi, contenuti nell’allegato II della decisione 2010/413 e nell’allegato V del regolamento n. 423/2007. Nel corso del procedimento esse adeguavano la domanda per chiedere, in particolare, l’annullamento dell’inserimento dei loro nominativi, contenuti nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012.

9        Con sentenza del 16 settembre 2013, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (T‑489/10; in prosieguo: la «sentenza IRISL», EU:T:2013:453), il Tribunale accoglieva il ricorso delle ricorrenti.

10      In primo luogo, il Tribunale rilevava che il Consiglio dell’Unione europea non aveva sufficientemente motivato l’affermazione secondo la quale, con la condotta contestatale, l’IRISL avrebbe aiutato persone, entità o organismi dell’elenco a violare le disposizioni della normativa pertinente dell’Unione e delle risoluzioni applicabili del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza»), ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413, dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 961/2010 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012. In secondo luogo, a giudizio del Tribunale, il Consiglio non avrebbe dimostrato che, avendo trasportato, per tre volte, materiale militare in violazione del divieto previsto al paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza, l’IRISL avrebbe fornito un sostegno alla proliferazione nucleare, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413, dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007, dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 961/2010 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 267/2012. In terzo luogo, il Tribunale rilevava che, quand’anche si supponesse che le ricorrenti diverse dall’IRISL siano state effettivamente possedute o controllate da quest’ultima o abbiano agito per suo conto, tale circostanza non avrebbe giustificato l’adozione e il mantenimento delle misure restrittive che la riguardavano, non essendo stata l’IRISL legittimamente riconosciuta come fonte di sostegno alla proliferazione nucleare.

11      Con decisione 2013/497/PESC, del 10 ottobre 2013, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2013, L 272, pag. 46), il Consiglio sostituiva l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 con il seguente testo, che prevede il congelamento dei capitali delle persone e delle entità di seguito menzionate:

«(…) persone e entità non menzionate dall’allegato I che partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno ad attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari dell’Iran, anche attraverso un coinvolgimento nell’approvvigionamento di prodotti, beni, attrezzature, materiali e tecnologie vietati, o (…) persone o entità che agiscono per loro conto o sotto la loro direzione, o (…) entità da esse possedute o controllate, anche attraverso mezzi illeciti, o (…) persone e entità che hanno eluso o violato, ovvero assistito persone o entità indicate per eludere o violare, le disposizioni [delle risoluzioni] 1737(2006), 1747(2007), 1803(2008) e 1929 (2010) [del Consiglio di sicurezza] ovvero della presente decisione, nonché (…) altri membri e entità [del Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica (IRGC)] e della IRISL e (…) persone ed entità da essi possedute o controllate o che agiscono per loro conto, ovvero che forniscono assicurazioni o altri servizi essenziali per IRGC e IRISL o (…) entità da essi possedute o controllate o che agiscono per loro conto, come elencate nell’allegato II».

12      Di conseguenza, con regolamento (UE) n. 971/2013, del 10 ottobre 2013, che modifica il regolamento n. 267/2012 (GU 2013, L 272, pag. 1), il Consiglio sostituiva l’articolo 23, paragrafo 2, lettere b) ed e), del regolamento n. 267/2012 con il seguente testo, che prevede il congelamento dei capitali delle persone, delle entità e degli organismi riconosciuti come:

«b)      persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che hanno aggirato o violato, o aiutato una persona, un’entità o un organismo dell’elenco ad aggirare o violare le disposizioni del presente regolamento, della decisione [2010/413] o [delle risoluzioni] 1737 (2006), 1747 (2007), 1803 (2008) e 1929 (2010) [del Consiglio di sicurezza];

(…)

e)      persone giuridiche, entità o organismi posseduti o controllati [dall’IRISL] oppure persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che agiscono per loro conto, oppure persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che forniscono assicurazioni o altri servizi essenziali all’IRISL o ad entità da essi possedute o controllate o che agiscono per loro conto».

13      Con lettera del 22 ottobre 2013, il Consiglio segnalava all’IRISL che, a suo avviso, sarebbe stata coinvolta nell’invio di materiale connesso agli armamenti dall’Iran in violazione del paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza e che, pertanto, essa risponderebbe al criterio di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012, relativo alle persone e alle entità che hanno eluso o violato talune delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Il Consiglio le comunicava quindi il proprio intendimento di reinserire il suo nominativo negli elenchi delle persone e delle entità oggetto delle misure restrittive, contenuti nell’allegato II della decisione 2010/413 e nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo: gli «elenchi controversi»).

14      Con lettere del 22 o del 30 ottobre 2013, il Consiglio segnalava a ciascuna delle altre ricorrenti che, per una serie di ragioni, le riteneva rispondenti ai criteri previsti all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012, relativi alle entità possedute o controllate dall’IRISL, o che agiscono per conto di quest’ultima, ovvero che le forniscono servizi essenziali (in prosieguo: i «criteri relativi alle entità collegate all’IRISL»). Il Consiglio comunicava quindi loro il proprio intendimento di reinserire i loro nominativi negli elenchi controversi.

15      Con lettera del 15 novembre 2013, l’IRISL replicava al Consiglio che, a seguito della sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il reinserimento del suo nominativo negli elenchi controversi sulla base delle stesse affermazioni di fatto sarebbe stato illegittimo. Essa sottolineava di aver fornito la prova di non essere mai stata coinvolta nella proliferazione nucleare e di non essere un caricatore, bensì un trasportatore, e che, in quanto tale, non sarebbe stata a conoscenza di ciò che veniva trasportato sulle sue navi e non avrebbe potuto esserne ritenuta responsabile. Essa chiedeva al Consiglio di trasmetterle le informazioni e i documenti sui quali l’istituzione stessa fondava la decisione di reinserimento.

16      Con lettere del 15 o del 19 novembre 2013, ciascuna delle altre ricorrenti replicava al Consiglio indicando le ragioni per cui esse ritenevano che, in seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), un reinserimento dei loro nominativi negli elenchi controversi sarebbe stato illegittimo. Esse chiedevano al Consiglio di trasmettere loro le informazioni e le prove sulle quali lo stesso fondava la sua decisione di reinserimento.

17      Con la decisione 2013/685/PESC del Consiglio, del 26 novembre 2013, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2013, L 316, pag. 46), i nominativi delle ricorrenti venivano reinseriti nell’elenco contenuto nell’allegato II della decisione 2010/413.

18      Di conseguenza, con il regolamento di esecuzione (UE) n. 1203/2013 del Consiglio, del 26 novembre 2013, che attua il regolamento n. 267/2012 (GU 2013, L 316, pag. 1), i nominativi delle ricorrenti venivano reinseriti nell’elenco contenuto nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012.

19      Il reinserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi era basato sui seguenti motivi:

«[L’]IRISL è stata coinvolta nell’invio di materiale connesso agli armamenti dall’Iran in violazione del paragrafo 5 della risoluzione 1747/2007 del [Consiglio di sicurezza]. Tre evidenti violazioni sono state segnalate al Comitato delle sanzioni all’Iran del [Consiglio di sicurezza] nel 2009».

20      L’inserimento del nominativo delle altre ricorrenti negli elenchi controversi era basato sui seguenti motivi:

–        per la Hafiz Darya Shipping Co.: «[Hafiz Darya Shipping Lines (HDSL)] ha rilevato, in quanto beneficiario effettivo, una serie di navi d[ell’IRISL]. Di conseguenza, HDSL agisce per conto d[ell’]IRISL»;

–        per la Khazar Sea Shipping Lines Co.: «Khazar Shipping Lines è di proprietà d[ell’]IRISL»;

–        per la IRISL Europe: «IRISL Europe GmbH (Amburgo) è di proprietà d[ell’] IRISL»;

–        per la Qeshm Marine Services & Engineering Co., già IRISL Marine Services and Engineering Co.: «IRISL Marine Services and Engineering Company è controllata da[ll’]IRISL»;

–        per la Irano Misr Shipping Co.: «In quanto agente d[ell’]IRISL in Egitto, Irano Misr Shipping Company fornisce servizi essenziali a[ll’]IRISL»;

–        per la Safiran Payam Darya Shipping Co.: «Safiran Payam Darya (SAPID) ha rilevato, in quanto beneficiario effettivo, una serie di navi d[ell’IRISL]. Di conseguenza, agisce per conto d[ell’]IRISL»;

–        per la Marine Information Technology Development Co., già Shipping Computer Services Co.: «Shipping Computer Services Company è controllata da[ll’]IRISL»;

–        per la Rahbaran Omid Darya Ship Management Co., alias Soroush Sarzamin Asatir (SSA): «Soroush Saramin Asatir (SSA) opera e gestisce una serie di navi d[ell’IRISL]. Di conseguenza, agisce per conto d[ell’]IRISL e le fornisce servizi essenziali»;

–        per la Hoopad Darya Shipping Agency,alias South Way ShippingAgency Co. Ltd: «South Way Shipping Agency Co Ltd gestisce operazioni di terminal container in Iran e fornisce servizi relativi al personale imbarcato a Bandar Abbas per conto d[ell’]IRISL. Di conseguenza, South Way Shipping Agency Co Ltd agisce per conto d[ell’]IRISL»;

–        per la Valfajr Shipping Line Co.: «Valfajr 8th Shipping Line è di proprietà d[ell’]IRISL».

21      Con lettera del 27 novembre 2013, il Consiglio informava l’IRISL della propria decisione di reinserire il suo nominativo negli elenchi controversi e rispondeva alla sua domanda di accesso al fascicolo. Il Consiglio precisava che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 avevano introdotto un criterio relativo alle persone e alle entità che avevano eluso o violato le disposizioni delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, il che lo autorizzava a reinserire il suo nominativo negli elenchi controversi. Il Consiglio respingeva l’affermazione dell’IRISL secondo la quale essa non sarebbe stata a conoscenza dei carichi trasportati dalle sue navi o non ne sarebbe stata responsabile. L’istituzione aggiungeva che, poiché l’IRISL era di proprietà del governo iraniano ed era la principale compagnia di trasporto marittimo iraniana, sussisteva il rischio manifesto che le sue navi fossero utilizzate per trasportare materie e beni vietati, in violazione delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza. Il Consiglio precisava altresì che spettava all’IRISL adottare tutte le misure possibili per garantire che le sue navi non fossero utilizzate per trasportare beni vietati, anche al di là della normale prassi nel settore del trasporto marittimo, e che diverse violazioni manifeste in cui erano coinvolte navi appartenenti all’IRISL sarebbero state segnalate al Comitato delle sanzioni all’Iran delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Comitato delle sanzioni»).

22      Con lettere del 27 novembre 2013, il Consiglio informava ciascuna delle altre ricorrenti della propria decisione di reinserire il loro nominativo negli elenchi controversi e rispondeva alla loro domanda di accesso al fascicolo. Il Consiglio precisava che, poiché l’IRISL rispondeva al nuovo criterio introdotto con la decisione 2013/497 e con il regolamento n. 971/2013 ed essendo stato il suo nominativo conseguentemente reinserito negli elenchi controversi, il reinserimento del nominativo delle altre ricorrenti risultava parimenti giustificato per il fatto che esse erano di proprietà dell’IRISL o erano dalla stessa controllate, o agivano per suo conto o le fornivano servizi essenziali.

 Procedimento e conclusioni delle parti

23      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 6 gennaio e il 7 febbraio 2014, le ricorrenti hanno proposto i presenti ricorsi.

24      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 maggio 2014, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno del Consiglio nella causa T‑87/14. Con ordinanza del 1° luglio 2014, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha autorizzato l’intervento. La Commissione ha depositato la propria memoria di intervento il 6 agosto 2014. Le ricorrenti hanno presentato osservazioni su tale memoria entro il termine impartito.

25      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento.

26      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, il Tribunale ha invitato le parti, nelle cause T‑14/14 e T‑87/14 a produrre documenti e a rispondere a taluni quesiti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta nei termini impartiti.

27      Con ordinanza del 27 gennaio 2016, sentite le parti, le cause in esame sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

28      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza del 12 luglio 2016.

29      Nella causa T‑14/14 le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 nei limiti in cui tali atti le riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

30      Nella causa T‑87/14 le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        constatare l’inapplicabilità, sul fondamento dell’articolo 277 TFUE, della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013;

–        annullare la decisione 2013/685 e il regolamento di esecuzione n. 1203/2013, nei limiti in cui tali atti le riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

31      Nelle cause T‑14/14 e T‑87/14 il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

32      Nella causa T‑87/14 la Commissione chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

 In diritto

1.     Sulla causa T14/14

33      Con il loro ricorso, le ricorrenti chiedono l’annullamento della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013, nella parte in cui i criteri di inserimento negli elenchi delle persone e delle entità oggetto delle misure restrittive, contenuti in tali atti, fanno riferimento all’IRISL e a qualsiasi entità che presenti collegamenti con la stessa. Le ricorrenti sostengono che il Consiglio non poteva includere nella decisione 2013/497 e nel regolamento n. 971/2013, tra i criteri di inserimento, il fatto di essere: una persona giuridica, un’entità o un organismo posseduto o controllato dall’IRISL, o una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo che agisce per conto dell’IRISL, o una persona fisica o giuridica, un’entità o un organismo che fornisce assicurazioni o altri servizi essenziali all’IRISL o ad altre entità di sua proprietà o sotto il suo controllo o che agiscono per suo conto. Esse deducono che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, l’IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Consiglio non poteva né includere né mantenere criteri che rinviassero espressamente a collegamenti con l’IRISL, avendo il Tribunale dichiarato che l’inserimento del nominativo dell’IRISL era illegittimo e che un collegamento con la stessa non era sufficiente per giustificare un inserimento.

34      Conformemente alla giurisprudenza, il giudice dell’Unione può, in qualsiasi momento, esaminare d’ufficio i motivi di irricevibilità di ordine pubblico, tra i quali figurano la portata della sua competenza e le condizioni di ricevibilità di un ricorso (v. sentenza del 4 giugno 2014, Hemmati/Consiglio, T‑68/12, non pubblicata, EU:T:2014:349, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nella specie occorre esaminare d’ufficio, da un lato, la competenza del Tribunale a statuire sulla domanda di annullamento parziale della decisione 2013/497 e, dall’altro, la ricevibilità della domanda di annullamento parziale del regolamento n. 971/2013.

 Sulla domanda di annullamento parziale della decisione 2013/497

36      Le ricorrenti mirano, in sostanza, all’annullamento dell’articolo 1, punto 2, della decisione 2013/497 nella parte in cui sostituisce l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413.

37      Occorre rilevare che tali disposizioni sono state adottate in base all’articolo 29 TUE, norma relativa alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) ai sensi dell’articolo 275 TFUE. Orbene, a termini dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, il Tribunale è esclusivamente competente a pronunciarsi sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, adottate dal Consiglio in base al titolo V, capo 2, del Trattato UE. Come la Corte ha già avuto modo di rilevare, per quanto riguarda gli atti adottati in base alle disposizioni relative alla PESC, è la natura individuale di tali atti che dà accesso, conformemente all’articolo 275, secondo comma, TFUE e all’articolo 263, quarto comma, TFUE, al giudice dell’Unione (sentenze del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consigliol, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 38, e del 4 giugno 2014, Hemmati/Consiglio, T‑68/12, non pubblicata, EU:T:2014:349, punto 31).

38      Le misure restrittive di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 sono misure di portata generale, applicandosi a situazioni determinate obiettivamente e a una categoria di persone previste in termini generali e astratti come «persone e entità (…) di cui all’elenco nell’allegato II [della decisione 2010/413]». Di conseguenza, tale disposizione non può essere qualificata come «decision[e] che preved[e] misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche», ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE. Su tale conclusione non incide la circostanza che le ricorrenti hanno precisato di voler impugnare tale disposizione solo nella parte che le riguardava. Su tale conclusione non incide nemmeno il fatto che il nominativo dell’IRISL viene menzionato in tale disposizione in quanto la stessa non riguarda direttamente l’IRISL, bensì le entità ad essa collegate, definite in termini generali e astratti in base a criteri obiettivi. Infatti, la circostanza che detta disposizione sia stata applicata alle ricorrenti non modifica la sua natura giuridica di atto di portata generale. Nella specie, la «decision[e] che preved[e] misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche», ai sensi dell’articolo 275, secondo comma, TFUE, va rinvenuta nell’atto con il quale il nominativo delle ricorrenti è stato reinserito nell’allegato II della decisione 2010/413, come modificata dalla decisione 2013/685, a decorrere dal 27 novembre 2013 (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 39).

39      Il capo della domanda volto all’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione 2013/497, nella parte in cui sostituisce l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413, non risponde, quindi, alle regole che disciplinano la competenza del Tribunale, previste dall’articolo 275, secondo comma, TFUE. Pertanto, detto capo va respinto in quanto proposto dinanzi a un giudice incompetente a conoscerne.

 Sulla domanda di annullamento parziale del regolamento n. 971/2013

40      In limine, va ricordato che, ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, un ricorso deve indicare l’oggetto della controversia, il che implica che tale oggetto sia definito con precisione sufficiente per consentire al convenuto di far valere utilmente i suoi motivi difensivi al riguardo e al Tribunale di comprendere l’oggetto delle domande del ricorrente.

41      Al riguardo, occorre rilevare che, nell’atto introduttivo del ricorso, le ricorrenti non indicano espressamente quali sono le disposizioni del regolamento n. 971/2013 di cui esse chiedono l’annullamento.

42      Tuttavia, dagli argomenti esposti nell’atto introduttivo del ricorso emerge che questi ultimi sono unicamente diretti all’annullamento delle disposizioni del regolamento n. 971/2013 relative ai criteri di inserimento che menzionano l’IRISL e qualsiasi entità che presenti collegamenti con quest’ultima. Nell’atto introduttivo del ricorso sono menzionate espressamente soltanto le disposizioni dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 971/2013 che sostituiscono quelle dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012.

43      Va quindi ritenuto, al pari del Consiglio nel proprio controricorso, che solo queste disposizioni sono oggetto della domanda di annullamento delle ricorrenti. Infatti, le ricorrenti, nell’atto introduttivo del ricorso, non citano le disposizioni dell’articolo 1, lettera a), del regolamento n. 971/2013, che sostituisce l’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012, né fanno accenno al criterio relativo alle persone che hanno eluso o violato le disposizioni del regolamento n. 267/2012, della decisione 2010/413 o delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Esse non deducono alcun argomento diretto a contestare la legittimità di tale criterio.

44      Nella replica le ricorrenti contestano tale interpretazione del ricorso e sostengono che il criterio di cui all’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012 era parimenti contestato. Orbene, dai punti dell’atto introduttivo del ricorso, ai quali le ricorrenti rinviano, emerge che essi sono diretti a contestare unicamente il reinserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi e non già la legittimità del criterio in base al quale essa è stata reinserita.

45      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, sebbene il disposto dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura consenta, in taluni casi, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, tale disposto non può essere interpretato, in alcun caso, nel senso di autorizzare il ricorrente ad investire il Tribunale di una nuova domanda e, pertanto, a modificare in corso di causa l’oggetto della controversia (v. ordinanza del 30 aprile 2015, EEB/Commissione, T‑250/14, non pubblicata, EU:T:2015:274, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

46      Ne risulta che i nuovi argomenti presentati dalle ricorrenti per la prima volta nella replica, secondo i quali il Consiglio avrebbe illegittimamente esteso la categoria delle persone il cui nominativo poteva essere inserito o reinserito negli elenchi controversi includendo le persone o le entità che avevano eluso o violato le risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza, devono essere interpretati come una nuova domanda diretta all’annullamento dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012 e sono, pertanto, irricevibili.

47      Dalle suesposte considerazioni risulta che la domanda di annullamento parziale del regolamento n. 971/2013 dev’essere considerata diretta unicamente all’annullamento dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 971/2013, nella parte in cui sostituisce l’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012.

48      Va osservato che l’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 971/2013, che sostituisce l’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012, è stato adottato in base all’articolo 215 TFUE, che disciplina le misure restrittive adottate dal Consiglio nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, il Tribunale è competente a pronunciarsi sui ricorsi proposti da qualsiasi persona fisica o giuridica, alle condizioni previste all’articolo 263, primo e secondo comma, TFUE, contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

49      Le misure restrittive di cui all’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012 sono misure di portata generale, in quanto si applicano a situazioni determinate obiettivamente e a una categoria di persone previste in termini generali e astratti come le persone, le entità e gli organismi di cui all’allegato IX di tale regolamento. Per la sua applicazione, tale disposizione necessita dell’adozione di una misura di esecuzione o, in altri termini, di un atto di natura individuale consistente, come emerge dall’articolo 46, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012, nell’inserimento o, previo riesame, nel mantenimento dell’inserimento del nominativo della persona, dell’entità o dell’organismo di cui all’allegato IX di detto regolamento. Pertanto, l’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012 non è, in quanto tale, la disposizione di un atto che le ricorrenti possano impugnare direttamente ex articolo 263, quarto comma, TFUE. Su tale conclusione non incide il fatto che le ricorrenti abbiano precisato di voler impugnare tale disposizione solo per la parte che le riguardava. Infatti, la circostanza che detta disposizione sia stata applicata alle ricorrenti non modifica la sua natura giuridica di atto di portata generale (v., per analogia, sentenza del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 42). Nella specie, l’atto individuale, direttamente impugnabile dalle ricorrenti, è l’atto con il quale i nominativi di queste ultime sono stati reinseriti nell’allegato IX del regolamento n. 961/2010, a decorrere dal 27 novembre 2013.

50      La domanda diretta all’annullamento dell’articolo 1, lettera c), del regolamento n. 971/2013, che modifica l’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012, non soddisfa quindi le condizioni di ricevibilità previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE. Pertanto, dev’essere respinta in quanto irricevibile.

51      Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il ricorso nella causa T‑14/14 dev’essere considerato come proposto dinanzi a un giudice incompetente a conoscerne, nella parte in cui è volto all’annullamento parziale della decisione 2013/497, e come irricevibile, nella parte in cui è diretto all’annullamento parziale del regolamento n. 971/2013.

2.     Sulla causa T87/14

52      Le ricorrenti, nel primo capo della domanda, sollevano un’eccezione di illegittimità, ai sensi dell’articolo 277 TFUE, della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013 e, nel secondo capo della domanda, chiedono l’annullamento della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013, nella parte in cui tali atti le riguardano.

 Sull’eccezione di illegittimità

53      Le ricorrenti deducono che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013, finalizzati alla determinazione dei criteri in base ai quali i nominativi delle ricorrenti sono stati inseriti negli elenchi controversi, sono illegittimi e devono essere pertanto dichiarati inapplicabili in base all’articolo 277 TFUE. Esse contestano al Consiglio di aver modificato, nell’adottare la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013, in seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), i criteri contenuti nell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e nell’articolo 23, paragrafo 2, lettere b) e e), del regolamento n. 267/2012, al fine di reinserire il loro nominativo negli elenchi controversi.

54      Le ricorrenti sostengono che, avendo il Tribunale dichiarato, nella sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), che nessuna di esse forniva il proprio sostegno alla proliferazione nucleare, il Consiglio avrebbe dovuto eliminare i criteri che rinviavano all’IRISL. I criteri introdotti dal Consiglio nella decisione 2013/497 e nel regolamento n. 971/2013 sarebbero sproporzionati, in violazione dell’articolo 215 TFUE, e sarebbero finalizzati ad eludere tale sentenza, consentendogli di reinserire retroattivamente i loro nominativi negli elenchi controversi.

55      Secondo giurisprudenza costante, l’articolo 277 TFUE costituisce l’espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare in via incidentale, al fine di ottenere l’annullamento di una decisione che la concerne direttamente e individualmente, la validità di precedenti atti delle istituzioni che costituiscono il fondamento giuridico della decisione impugnata, qualora questa parte non avesse il diritto di proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali atti, di cui essa subisce così le conseguenze senza averne potuto chiedere l’annullamento (sentenza del 25 aprile 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Commissione, T‑526/10, EU:T:2013:215, punto 24). L’atto generale di cui è eccepita l’illegittimità deve essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione (v. sentenza del 10 luglio 2014, Moallem Insurance/Consiglio, T‑182/13, non pubblicata, EU:T:2014:624, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

56      Per quanto riguarda l’IRISL, il suo nominativo è stato reinserito negli elenchi controversi in base all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012, in base al rilievo che essa avrebbe violato le disposizioni della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza.

57      Per quanto riguarda le altre ricorrenti, i loro nominativi sono stati inseriti negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

58      Pertanto, si deve ritenere che l’eccezione di illegittimità sollevata dalle ricorrenti è ricevibile solo nella parte in cui è volta a dichiarare inapplicabili, da un lato, per quanto riguarda l’IRISL, la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 nei limiti in cui hanno introdotto, rispettivamente, nell’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e nell’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012, un criterio che consente il congelamento dei capitali delle persone e delle entità che hanno eluso o violato la risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza (in prosieguo: il «criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747») e, dall’altro, per quanto riguarda le altre ricorrenti, la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 nella parte in cui hanno sostituito, rispettivamente, l’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e l’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012.

59      A sostegno dell’eccezione di illegittimità della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013, le ricorrenti deducono, in sostanza, cinque motivi, vertenti, il primo, su un difetto di base giuridica, il secondo, sulla violazione del loro legittimo affidamento nonché dei principi della certezza del diritto, del ne bis in idem e dell’autorità di cosa giudicata, il terzo, su uno sviamento di potere, il quarto, sulla violazione dei loro diritti della difesa e, il quinto, sulla violazione dei loro diritti fondamentali, in particolare il loro diritto di proprietà e il diritto al rispetto della loro reputazione.

 Sul primo motivo, vertente su un difetto di base giuridica

60      Le ricorrenti fanno valere che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 sono privi di base giuridica. Il Consiglio non avrebbe precisato che la modifica dei criteri nel 2013 sarebbe stata giustificata da una ragione obiettiva collegata alle misure restrittive adottate contro il programma nucleare iraniano. Orbene, l’articolo 215 TFUE autorizzerebbe l’imposizione di misure restrittive solo laddove siano necessarie e proporzionate all’obiettivo da realizzare nell’ambito della PESC, consistente nell’impedire il finanziamento della proliferazione nucleare in Iran.

61      Occorre rilevare che la decisione 2013/497 ha come base giuridica l’articolo 29 TUE e che il regolamento n. 971/2013 ha come base giuridica l’articolo 215 TFUE. Va considerato che, con questa prima censura, le ricorrenti sostengono, in realtà, che le modifiche introdotte dalla decisione 2013/497 e dal regolamento n. 971/2013 violano il principio di proporzionalità.

62      Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte ha già avuto modo di affermare che al legislatore dell’Unione doveva essere riconosciuto un ampio potere discrezionale nei settori che implicano, da parte del medesimo, scelte di natura politica, economica e sociale, in cui deve effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenze del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 120, e del 1° marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 77).

63      Va altresì ricordato che la decisione 2010/413 e il regolamento n. 267/2012 sono volti ad impedire la proliferazione nucleare e ad esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività in questione. Tale obiettivo si colloca nel contesto più ampio degli sforzi volti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed è, conseguentemente, legittima (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

64      Occorre distinguere il criterio che ha costituito la base giuridica dell’inserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi dal criterio riguardante le altre ricorrenti.

–       Per quanto riguarda l’IRISL

65      Va ricordato che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Consiglio, con la decisione 2013/497 e con il regolamento n. 971/2013, ha modificato, rispettivamente, il criterio stabilito all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e quello stabilito all’articolo 23, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 267/2012, in modo da non considerare più unicamente le persone e le entità che abbiano aiutato persone o entità a eludere o a violare le disposizioni di talune risoluzioni del Consiglio di sicurezza, bensì parimenti le persone e le entità che le abbiano eluse o violate.

66      Occorre inoltre ricordare che il nominativo dell’IRISL è stato reinserito negli elenchi controversi, con la decisione 2013/685 e con il regolamento di esecuzione n. 1203/2013, sulla base del rilievo che quest’ultima aveva violato le disposizioni del paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza.

67      Nel paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza viene precisato che quest’ultimo «[d]ecide che l’Iran non deve fornire, vendere o trasferire, direttamente o indirettamente, a partire dal suo territorio e per il tramite dei suoi cittadini o mediante navi o aeromobili battenti bandiera iraniana, né armi né materiale connesso e che tutti gli Stati dovranno vietare l’acquisto di tali articoli presso l’Iran da parte dei loro cittadini, o mediante navi o aeromobili battenti bandiera di tali Stati, a prescindere dal fatto che tali articoli abbiano o meno origine nel territorio iraniano». Nell’ambito della lotta alla proliferazione delle armi nucleari, il Consiglio di sicurezza, con tale risoluzione, ha esteso la portata delle misure restrittive nei confronti dell’Iran vietando l’acquisto di armi e di materiali connessi presso quest’ultimo. Tale risoluzione è diretta a garantire che il programma nucleare iraniano serva esclusivamente per fini pacifici e ad ostacolare la messa a punto, da parte dell’Iran, di tecnologie sensibili a sostegno dei suoi programmi nucleari e missilistici.

68      Occorre rilevare che la risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza è menzionata al considerando 2 della decisione 2010/413. Orbene, le norme generali dell’Unione che prevedono l’adozione di misure restrittive devono essere interpretate alla luce del testo e dell’oggetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza cui esse danno attuazione (sentenza del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, EU:C:2011:735, punto 104).

69      Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, l’obiettivo delle misure restrittive nei confronti dell’Iran non è unicamente quello di impedire il finanziamento della proliferazione nucleare in Iran, ma più in generale di esercitare pressioni sull’Iran affinché quest’ultimo ponga termine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e alla messa a punto di sistemi di lancio di armi nucleari.

70      Il criterio introdotto con la decisione 2013/497 e con il regolamento n. 971/2013, mediante la previsione del congelamento dei capitali delle persone che, nel violare la risoluzione 1747 (2007), abbiano partecipato alla fornitura, alla vendita o al trasferimento all’Iran di armi o di materiale connesso, si colloca in un contesto giuridico chiaramente delimitato dagli obiettivi perseguiti dalla normativa che disciplina le misure restrittive nei confronti dell’Iran.

71      Pertanto, conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al punto 62, il criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747 dev’essere considerato adeguato all’obiettivo della lotta alla proliferazione nucleare previsto dalla decisione 2010/413 e dal regolamento n. 267/2012 e, quindi, conforme al principio di proporzionalità.

72      Peraltro, occorre rilevare che il Tribunale ha già dichiarato che il congelamento dei capitali e delle risorse economiche di un’entità che abbia aiutato una persona, un’entità o un organismo dell’elenco a violare o ad eludere le disposizioni della decisione 2010/413, del regolamento n. 961/2010, del regolamento n. 267/2012 o delle risoluzioni 1737 (2006), 1747 (2007), 1803 (2008) e 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza, era connesso all’obiettivo della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012, menzionato supra al punto 63. Il Tribunale ha considerato che, in tale contesto, il congelamento dei capitali e delle risorse economiche delle entità riconosciute responsabili della fornitura di siffatto aiuto a un’entità designata era necessario e adeguato per garantire l’efficacia del regime delle misure restrittive stabilito con la decisione 2010/413 e con il regolamento n. 267/2012 e per garantire che tali misure non fossero eluse (sentenza del 6 settembre 2013, Europäisch‑Iranische Handelsbank/Consiglio, T‑434/11, EU:T:2013:405, punto 192).

73      Ciò vale, a maggior ragione, per il criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747.

–       Per quanto riguarda le altre ricorrenti

74      Per quanto attiene ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL, occorre anzitutto rilevare che le ricorrenti non deducono alcun argomento specifico riguardo alla proporzionalità di tali criteri con gli obiettivi della PESC.

75      Orbene, come la Corte ha già avuto modo di dichiarare, qualora i capitali di un ente siano congelati, esiste un rischio non trascurabile che l’ente medesimo eserciti una pressione sugli enti da esso posseduti o controllati al fine di eludere l’effetto delle misure che lo riguardano, cosicché il congelamento dei capitali di tali entità è necessario e appropriato al fine di garantire l’efficacia delle misure adottate ed assicurare che tali misure non vengano eluse (sentenza del 13 marzo 2012, Melli Bank/Consiglio, C‑380/09 P, EU:C:2012:137, punto 58).

76      Va osservato che tale rischio di elusione sussiste anche quando un’entità i cui capitali siano congelati deleghi alcune sue attività ad altre imprese o ad altre entità che, sebbene non possedute da tale entità, agiscano per suo conto o esercitino a suo nome talune attività essenziali.

77      Ne consegue che i criteri relativi alle entità collegate all’IRISL non sono arbitrari, ma sono stati adottati dal Consiglio nell’ambito dell’ampio potere discrezionale al medesimo riconosciuto e sono basati su un rischio non trascurabile di elusione delle misure restrittive da parte di un’entità i cui fondi sono congelati. Tali criteri devono essere considerati conformi al principio di proporzionalità.

78      Pertanto, il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del legittimo affidamento delle ricorrenti nonché dei principi della certezza del diritto, del ne bis in idem e dell’autorità di cosa giudicata

79      Le ricorrenti deducono che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 violano il loro legittimo affidamento nonché i principi della certezza del diritto, del ne bis in idem e dell’autorità di cosa giudicata. Esse ritengono che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Consiglio non potesse includere nuovi criteri che consentissero di inserire il loro nominativo negli elenchi controversi.

80      In primo luogo, occorre ricordare che il Tribunale, sebbene in tale sentenza abbia annullato l’inserimento dei nominativi delle ricorrenti nell’allegato II della decisione 2010/413 e nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012, non si è pronunciato, per contro, sulla validità dei criteri di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 267/2012 nella versione applicabile alle circostanze del caso di specie.

81      Pertanto, le ricorrenti sostengono erroneamente che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Consiglio avrebbe dovuto revocare i criteri riguardanti l’IRISL e che esso non avrebbe potuto mantenere i criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

82      In secondo luogo, al punto 64 di tale sentenza, il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio, se avesse ritenuto che la normativa applicabile non gli consentisse di intervenire con sufficiente efficacia al fine di lottare contro la proliferazione nucleare, avrebbe potuto adeguarla nel suo ruolo di legislatore, fatto salvo il controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione, per ampliare i casi in cui possono essere adottate misure restrittive.

83      Inoltre, se è vero che, nella sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), gli effetti dell’inserimento dei nominativi delle ricorrenti negli elenchi sono stati mantenuti sino alla scadenza del termine di cui all’articolo 60, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, in deroga all’articolo 280 TFUE, ossia sino alla scadenza del termine per l’impugnazione contemplato nell’articolo 56, primo comma, di detto Statuto, tuttavia, si deve necessariamente rilevare che, alla scadenza di tale termine, l’inserimento stesso è stato eliminato retroattivamente dall’ordinamento giuridico, come se non fosse mai esistito (v. sentenza del 24 maggio 2016, Good Luck Shipping/Consiglio, T‑423/13 e T‑64/14, EU:T:2016:308, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

84      Infatti, il Tribunale può fissare un termine durante il quale gli effetti dell’annullamento di un atto sono sospesi al fine di consentire al Consiglio di porre rimedio alle violazioni accertate, adottando, eventualmente, nuovi criteri generali per l’inserimento nell’elenco delle persone o entità soggette a misure restrittive e nuove misure restrittive, volte al congelamento, per il futuro, dei capitali dell’entità interessata. Si deve tuttavia sottolineare che né tali nuovi criteri generali di inserimento, né tali nuove misure restrittive consentono di convalidare misure dichiarate illegittime da una sentenza del Tribunale (sentenza del 24 maggio 2016, Good Luck Shipping/Consiglio, T‑423/13 e T‑64/14, EU:T:2016:308, punto 80).

85      Ne deriva che le ricorrenti non possono sostenere che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Consiglio non potesse includere nuovi criteri che consentissero di inserire il loro nominativo negli elenchi controversi, e ciò tanto più in quanto dall’esame del primo motivo emerge che il criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747 e i criteri relativi alle entità collegate all’IRISL, contenuti nella decisione 2013/497 e nel regolamento n. 971/2013, sono conformi agli obiettivi della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012.

86      In terzo luogo, le ricorrenti sostengono altresì erroneamente che il Consiglio avrebbe modificato i criteri nella decisione 2013/497 e nel regolamento n. 971/2013, al fine di inserire i loro nominativi negli elenchi in modo retroattivo.

87      Infatti, con la sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), gli atti che hanno portato al primo inserimento dei nominativi delle ricorrenti negli elenchi controversi sono stati eliminati retroattivamente dall’ordinamento giuridico, cosicché deve ritenersi che i nominativi delle ricorrenti non siano mai stati inseriti in tali elenchi per il periodo precedente a tale sentenza.

88      La decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 sono entrati in vigore il giorno della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea,ossia il 12 ottobre 2013. Qualsiasi inserimento in base ai criteri contenuti in tali atti è possibile a decorrere da tale data. Orbene, è sufficiente rilevare che il reinserimento dei nominativi delle ricorrenti negli elenchi controversi, effettuato con la decisione 2013/685 e con il regolamento di esecuzione n. 1203/2013, è entrato in vigore il 27 novembre 2013. Le ricorrenti non spiegano come la modifica dei criteri mediante la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 abbia consentito di inserire i loro nominativi retroattivamente negli elenchi controversi.

89      Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale esse avrebbero potuto ritenere che, a seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), non sarebbero state oggetto di un nuovo inserimento negli elenchi controversi in mancanza di nuove prove, detto argomento è volto a contestare la validità dell’inserimento dei loro nominativi in tali elenchi effettuato con la decisione 2013/685 e con il regolamento di esecuzione n. 1203/2013 e sarà quindi esaminato nell’ambito del secondo capo della domanda.

90      Dalle considerazioni sin qui svolte emerge che, adottando la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013, il Consiglio non ha violato il legittimo affidamento delle ricorrenti né i principi della certezza del diritto, del ne bis in idem e dell’autorità di cosa giudicata. Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente su uno sviamento di potere

91      Le ricorrenti deducono che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 «discriminano» l’IRISL in modo ingiustificato e sproporzionato. Tali testi normativi riguarderebbero specificamente l’IRISL al fine di eludere la sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), e non a fini di lotta al programma nucleare iraniano. Adottando la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 e imponendo misure restrittive riguardanti l’IRISL e le altre ricorrenti il Consiglio avrebbe abusato dei propri poteri al fine di eludere tale sentenza.

92      Secondo la giurisprudenza, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

93      Dall’esame del primo motivo emerge che le modifiche dei criteri introdotti dalla decisione 2013/497 e dal regolamento n. 971/2013 sono conformi agli obiettivi della lotta alla proliferazione nucleare.

94      Inoltre, dall’esame del secondo motivo emerge che dalla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), non si può desumere che quest’ultima vietasse l’adozione o il mantenimento di criteri di portata generale, come il criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747 o i criteri relativi alle entità collegate all’IRISL. La questione se i nominativi delle ricorrenti potessero essere validamente inseriti negli elenchi controversi in base a tali criteri ricade nell’esame del secondo capo della domanda.

95      Pertanto, con l’adozione della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013 il Consiglio non ha abusato dei propri poteri e il terzo motivo dev’essere conseguentemente respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

96      Le ricorrenti sostengono che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 violano i loro diritti della difesa, in quanto il Consiglio non le avrebbe informate del proprio intendimento di includere nella decisione 2013/497 e nel regolamento n. 971/2013 criteri che rinviavano direttamente all’IRISL. Il Consiglio non avrebbe trasmesso loro alcun documento che spiegasse il motivo per cui l’inclusione di siffatti criteri potesse essere legittimo e non avrebbe dato loro la possibilità di rispondere.

97      È sufficiente rilevare che il diritto ad essere sentiti nell’ambito di un procedimento amministrativo concernente una persona specifica, che dev’essere rispettato anche se non vi sia alcuna disciplina circa la procedura, non può essere trasposto nel contesto della procedura prevista dall’articolo 29 TUE e di quella prevista dall’articolo 215 TFUE che conducono, come nel caso di specie, all’adozione di misure di portata generale (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2002, Alpharma/Consiglio, T‑70/99, EU:T:2002:210, punto 388 e giurisprudenza ivi citata).

98      Nessuna disposizione obbliga il Consiglio a informare tutti coloro che siano potenzialmente oggetto di un nuovo criterio di portata generale in merito all’adozione del criterio medesimo. Le ricorrenti non possono far valere la violazione dei loro diritti della difesa per effetto dell’adozione della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013.

99      Il quarto motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà e del diritto al rispetto della reputazione

100    Le ricorrenti sostengono che la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 violano i loro diritti fondamentali, in particolare il loro diritto di proprietà e il diritto al rispetto della loro reputazione, includendo nei criteri di inserimento negli elenchi controversi un collegamento con l’IRISL e menzionandola espressamente. La decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 lascerebbero intendere che l’IRISL e le entità ad essa collegate sarebbero coinvolte nella proliferazione nucleare, il che sarebbe privo di qualsiasi fondamento, avendo il Tribunale dichiarato nella sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), che le cose stavano differentemente.

101    Per quanto riguarda l’IRISL, il suo nominativo è stato reinserito negli elenchi controversi in base al criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747. Occorre rilevare, da un lato, che tale criterio di portata generale non riguarda specificamente l’IRISL e, dall’altro, che tale criterio si distingue da quello stabilito all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 267/2012 relativo alla fornitura di «un sostegno [alla proliferazione nucleare]» e che esso non impone al Consiglio di stabilire un collegamento, diretto o indiretto, tra le attività della persona o dell’entità soggetta a misure restrittive e la proliferazione nucleare.

102    Per quanto riguarda le altre ricorrenti, i loro nominativi sono stati reinseriti negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL. Tali criteri non implicano che venga stabilita l’esistenza di un collegamento, diretto o indiretto, tra le attività della persona o dell’entità interessata e la proliferazione nucleare.

103    Le ricorrenti non possono quindi sostenere che i criteri introdotti con la decisione 2013/497 e con il regolamento n. 971/2013 violano i loro diritti fondamentali stabilendo un collegamento tra le stesse e la proliferazione nucleare.

104    Il quinto motivo dev’essere pertanto respinto.

105    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che l’eccezione di illegittimità della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013 dev’essere respinta.

 Sulla domanda di annullamento della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013, nella parte in cui tali atti riguardano le ricorrenti

106    A sostegno della loro domanda di annullamento, le ricorrenti deducono cinque motivi, vertenti, il primo, sull’assenza di base giuridica, il secondo, su errori manifesti di valutazione commessi dal Consiglio, il terzo, sulla violazione dei diritti della difesa, il quarto, sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, dell’autorità di cosa giudicata, del principio del ne bis in idem e del principio di non discriminazione e, il quinto, sulla violazione dei loro diritti fondamentali, in particolare del loro diritto di proprietà e del diritto al rispetto della loro reputazione, e sulla violazione del principio di proporzionalità.

 Sul primo motivo, vertente sull’assenza di base giuridica

107    Le ricorrenti deducono che, poiché la decisione 2013/497 e il regolamento n. 971/2013 sono illegittimi per le ragioni esposte nella loro eccezione di illegittimità e devono essere dichiarati inapplicabili, la decisione 2013/685 e il regolamento di esecuzione n. 1203/2013 sono privi di base giuridica.

108    Al riguardo, è sufficiente rilevare che, poiché l’eccezione di illegittimità della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013 è stata respinta, anche il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente su errori manifesti di valutazione commessi dal Consiglio

109    Le ricorrenti fanno valere che il Consiglio ha commesso errori manifesti di valutazione decidendo di reinserire negli elenchi controversi, da un lato, il nominativo dell’IRISL e, dall’altro, i nominativi delle altre ricorrenti.

110    L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula in particolare che, nello svolgere il controllo di legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di inserire o di mantenere il nominativo di una persona o di un’entità negli elenchi delle persone oggetto di misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione, la quale riveste una portata individuale per detta persona o detta entità, si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119).

111    In caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi. Occorre che le informazioni o gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona interessata. Qualora detti elementi non consentano di accertare la fondatezza di un motivo, il giudice dell’Unione espunge tale motivo da quelli posti a fondamento della decisione di iscrizione o di mantenimento dell’iscrizione in oggetto (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti da 121 a 123).

–       Per quanto riguarda l’IRISL

112    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che il Consiglio non poteva basarsi su comportamenti risalenti al 2009, ossia gli episodi relativi alla violazione della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza sui quali il Consiglio si era basato per includere il nominativo dell’IRISL negli atti annullati dalla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑89/10, EU:T:2013:453), per reinserire il suo nominativo negli elenchi controversi nel 2013. Al riguardo, il Tribunale avrebbe rilevato, in tale sentenza, che detti episodi non riguardavano la proliferazione nucleare e non avevano portato all’applicazione di sanzioni a suo carico da parte del Consiglio di sicurezza.

113    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che l’IRISL non ha violato alcuna risoluzione del Consiglio di sicurezza, come risulterebbe da dichiarazioni rese da testimoni, trasmesse al Consiglio prima dell’adozione della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013. Quest’ultimo non avrebbe spiegato il motivo per cui aveva respinto tali prove.

114    In terzo luogo, le ricorrenti chiedono che il Tribunale non tenga conto della lettera del Consiglio, del 27 novembre 2013, nella quale quest’ultimo aggiungerebbe nuovi motivi al reinserimento del nominativo dell’IRISL che non comparirebbero nella decisione 2013/685 e nel regolamento di esecuzione n. 1203/2013.

115    Esse fanno valere che, in ogni caso, il contenuto di tale lettera è errato. Da un lato, l’IRISL non sarebbe di proprietà del governo iraniano, come risulterebbe dalla testimonianza del suo direttore generale. D’altro lato, il fatto, per il Consiglio, di «non accettare» che l’IRISL non fosse a conoscenza dei carichi trasportati dalle sue navi o che essa non potesse esserne ritenuta responsabile consisterebbe nell’affermare un principio di responsabilità oggettiva che sarebbe privo di fondamento giuridico. Al riguardo, le ricorrenti precisano che l’IRISL, in qualità di trasportatore, non sarebbe responsabile dei carichi trasportati dalle sue navi, conformemente ai principi internazionali di diritto marittimo. Infine, l’IRISL riconoscerebbe che le sue navi potrebbero essere utilizzate per trasportare beni vietati e avrebbe istituito sistemi rigorosi per evitare tale rischio, che vanno oltre la normale prassi nel settore del trasporto marittimo.

116    Occorre ricordare che, con la decisione 2013/685 e con il regolamento di esecuzione n. 1203/2013, il Consiglio ha deciso di reinserire il nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi sulla base del rilievo che essa «[era] stata coinvolta nell’invio di materiale connesso agli armamenti dall’Iran in violazione del paragrafo 5 della risoluzione 1747/2007 del [Consiglio di sicurezza]» e che «[t]re evidenti violazioni [erano] state segnalate al Comitato delle sanzioni all’Iran del [Consiglio di sicurezza] nel 2009».

117    Anzitutto, occorre rilevare che la motivazione del reinserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi si fonda sulla constatazione di violazioni effettive della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, tale rilievo si basa necessariamente su fatti precedenti all’adozione della decisione di reinserimento. Il Consiglio era quindi legittimato a tener conto delle violazioni di tale risoluzione del Consiglio di sicurezza, accertate nel 2009. Esso poteva altresì ritenere, nel 2013, che eventi verificatisi nel 2009 fossero sufficientemente recenti.

118    Il Consiglio si è basato sulla relazione del Comitato delle sanzioni del Consiglio di sicurezza per l’anno 2009 (in prosieguo: la «relazione del Comitato delle sanzioni»), che segnalava la ricezione di tre rapporti in cui si menzionavano violazioni del paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) che imponeva all’Iran un embargo sull’esportazione di armi e di materiale connesso. Tale relazione rilevava che le tre violazioni segnalate riguardavano l’IRISL, che aveva noleggiato la nave che trasportava il materiale dall’Iran verso un altro Stato.

119    Tale relazione contiene precisazioni relative a questi tre episodi in cui era coinvolta l’IRISL. Per ciascuno dei tre episodi, il Comitato delle sanzioni ha ricevuto da uno Stato terzo un’informazione riguardante la presenza di un carico sospetto, proveniente dall’Iran e destinato a un altro Stato, a bordo di una nave noleggiata dall’IRISL. Nel corso di un’ispezione della nave effettuata dalle autorità dello Stato che aveva segnalato i fatti, è stato accertato che il carico conteneva materiale a potenziale militare. Il medesimo Stato ha precisato di aver trattenuto e scaricato il carico e di averlo collocato in un deposito.

120    Occorre rilevare che le ricorrenti non deducono alcun argomento diretto a contestare i fatti riferiti dalla relazione del Comitato delle sanzioni, ossia che è stato sequestrato materiale militare a bordo di navi di cui l’IRISL era il noleggiatore. Esse non svolgono alcun argomento né alcun elemento di prova volto a dimostrare che l’IRISL non sarebbe stata coinvolta in questi tre episodi.

121    Le ricorrenti si limitano a fondare i propri argomenti su una dichiarazione resa dal direttore generale e presidente del consiglio di amministrazione dell’IRISL e su una dichiarazione del direttore generale della divisione dei prodotti alimentari sfusi dell’IRISL che dimostrerebbero che l’IRISL non ha violato alcuna risoluzione del Consiglio di sicurezza.

122    Secondo la giurisprudenza, per l’attività della Corte e del Tribunale vale il principio della libera valutazione delle prove e soltanto l’attendibilità delle prove prodotte è decisiva per la valutazione delle stesse. Inoltre, per valutare l’efficacia probatoria di un documento si deve anzitutto prendere in considerazione la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta e considerare, in particolare, la provenienza del documento, le circostanze in cui esso è stato elaborato, il suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, EU:T:2012:478, punto 161 e giurisprudenza ivi citata)

123    Orbene, dato che queste due dichiarazioni sono rese da persone alle dipendenze dell’IRISL dal 1984 o dal 1985 ed esercenti attualmente, in tale società, funzioni dirigenziali, la loro testimonianza non può essere qualificata come distinta e indipendente da quella dell’IRISL. Inoltre, tali dichiarazioni sono state formulate su richiesta dell’IRISL, in occasione del presente ricorso, e sono rivolte alla stessa.

124    Va quindi ritenuto che tali dichiarazioni presentano soltanto scarso valore probatorio.

125    Peraltro, per quanto riguarda il contenuto di tali dichiarazioni, da un lato, è sufficiente rilevare che la dichiarazione del direttore generale della divisione dei prodotti alimentari sfusi dell’IRISL non contiene alcun elemento relativo ai tre episodi oggetto della relazione del Comitato delle sanzioni.

126    D’altro lato, nella propria dichiarazione, in primo luogo, il direttore generale dell’IRISL afferma che, nella sua qualità di trasportatore, l’IRISL non sarebbe stata a conoscenza della natura del carico trasportato nelle tre navi coinvolte negli episodi e che essa si sarebbe attenuta alla descrizione del carico effettuata dal caricatore. In secondo luogo, il direttore generale precisa che non esistevano prove che a bordo di tali navi fosse stato rinvenuto materiale nucleare sensibile. In terzo luogo, lo stesso rileva che le Nazioni Unite non hanno accertato violazioni di una risoluzione del Consiglio di sicurezza.

127    Tali affermazioni sono identiche agli argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’atto introduttivo del ricorso.

128    Orbene, occorre rilevare che l’argomento secondo il quale l’IRISL avrebbe ignorato il contenuto dei carichi trasportati dalle sue navi è inoperante. Infatti, è sufficiente constatare che, quand’anche si ammettesse che l’IRISL fosse all’oscuro del fatto che nelle sue navi erano trasportati armi o materiale militare, i fatti riferiti nella relazione del Comitato delle sanzioni dimostrano tuttavia che, in qualità di noleggiatore, essa «è stata coinvolta nell’invio di materiale connesso agli armamenti dall’Iran».

129    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il criterio relativo all’inosservanza della risoluzione 1747 non richiede che gli episodi che giustificano la sua applicazione riguardino la proliferazione nucleare. L’applicazione di tale criterio non richiede neppure che il soggetto cui si riferisce tale criterio sia stato sanzionato dal Consiglio di sicurezza.

130    Quanto all’argomento secondo il quale il Consiglio sarebbe incorso in un errore nella lettera del 27 novembre 2013, precisando che l’IRISL era di proprietà del governo iraniano, esso è inoperante in quanto tale considerazione non rientra fra le motivazioni in base alle quali il nominativo dell’IRISL è stato reinserito negli elenchi controversi.

131    Infine, è altresì inoperante l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il Consiglio, nella propria lettera del 27 novembre 2013, non avrebbe potuto affermare che sussistesse il rischio che le navi dell’IRISL fossero utilizzate per trasportare beni vietati in violazione di risoluzioni del Consiglio di sicurezza, mentre le ricorrenti avrebbero dimostrato l’insussistenza di tale rischio. Infatti, come rilevato dalle stesse ricorrenti, tale affermazione non rientra nella motivazione della decisione di reinserimento, la quale si fonda sulla constatazione di violazioni effettive della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza. Tale affermazione costituisce unicamente una replica del Consiglio alle osservazioni formulate dall’IRISL nella sua lettera del 15 novembre 2013. Le ricorrenti non possono quindi sostenere che il Consiglio ha ignorato tali osservazioni e le testimonianze che esse gli avevano trasmesso. Peraltro, tale argomento è in contrasto con l’affermazione delle ricorrenti, contenuta nell’atto introduttivo del ricorso, secondo la quale esse riconoscono l’esistenza di tale rischio e precisano che l’IRISL ha adottato misure per evitarlo.

132    Pertanto, si deve escludere che il Consiglio abbia commesso errori nel ritenere che l’IRISL fosse stata coinvolta nell’invio di materiale connesso agli armamenti dall’Iran e che il reinserimento del suo nominativo fosse giustificato in base al criterio dell’inosservanza della risoluzione 1747.

–       Per quanto riguarda le altre ricorrenti

133    In limine, le ricorrenti deducono che, essendo il reinserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi illegittimo, il reinserimento del nominativo delle altre ricorrenti, a causa del loro legame con l’IRISL, è parimenti illegittimo.

134    Al riguardo, è sufficiente rilevare che, atteso che il Consiglio non ha commesso errori nel reinserire il nominativo dell’IRISL negli elenchi, tale argomento dev’essere respinto.

135    Le ricorrenti sostengono che il Consiglio è incorso in una serie di errori di fatto riguardanti le ragioni per cui esso ha reinserito negli elenchi il nominativo di ciascuna delle altre ricorrenti.

136    In primo luogo, i nominativi della Khazar Sea Shipping Lines, dell’IRISL Europe e della Valfajr Shipping Line sono stati reinseriti negli elenchi controversi sulla base del rilievo che queste ultime erano di proprietà dell’IRISL.

137    È sufficiente osservare che le ricorrenti non contestano il fatto che queste tre entità fossero di proprietà dell’IRISL.

138    Il Consiglio ha quindi inserito correttamente il loro nominativo negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

139    In secondo luogo, i nominativi della Qeshm Marine Services & Engineering e della Marine Information Technology Development sono stati reinseriti negli elenchi controversi sulla base del rilievo che queste ultime erano controllate dall’IRISL.

140    Le ricorrenti contestano la motivazione riguardante queste due entità limitandosi a far valere che queste ultime hanno modificato la loro denominazione sociale.

141    È sufficiente rilevare che tale argomento è inoperante. Infatti, la semplice modifica della denominazione sociale di queste due entità non influisce sulla detenzione del loro capitale né sul fatto che esse siano controllate dell’IRISL.

142    Il Consiglio ha quindi inserito correttamente il loro nominativo negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

143    In terzo luogo, i nominativi della Hafize Darya Shipping e della Safiran Payam Darya Shipping sono stati reinseriti negli elenchi controversi sulla base del rilievo che queste ultime agiscono per conto dell’IRISL, dato che esse hanno rilevato, in quanto beneficiari effettivi, una serie di navi appartenenti a quest’ultima.

144    Le ricorrenti deducono che queste due entità non possiedono navi e che il Consiglio si è basato su dichiarazioni generiche provenienti da fonti non indipendenti e che non dimostrerebbero che esse sono proprietarie di navi. Inoltre, le ricorrenti ritengono che il Consiglio non abbia spiegato che cosa significasse il fatto di essere «beneficiario effettivo» né hanno dimostrato che queste due entità rispondessero a tale qualificazione.

145    Va ricordato che il Consiglio ha precisato, nelle proprie lettere del 22 ottobre 2013 trasmesse a ciascuna di queste due entità, che il fatto che esse avessero rilevato, in quanto beneficiari effettivi, una serie di navi dell’IRISL risultava confermato dalle relazioni del 12 giugno 2012 e del 5 giugno 2013 del gruppo di esperti delle Nazioni Unite istituito con la risoluzione 1929 (2010) del Consiglio di sicurezza. Nelle proprie lettere del 27 novembre 2013, trasmesse a ciascuna di queste due entità, il Consiglio ha precisato che la relazione del 12 giugno 2012 specificava che, in seguito alla risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza, l’IRISL aveva iniziato a trasferire navi alla Hafize Darya Shipping e alla Safiran Payam Darya Shipping, ad essa collegate, e che l’IRISL e le compagnie ad essa collegate avevano effettuato numerose modifiche riguardanti i proprietari registrati e i beneficiari effettivi delle loro navi dal 2008 sino all’adozione della risoluzione 1929 (2010). Il Consiglio ha aggiunto che la relazione del 5 giugno 2013 aveva precisato che le navi, di cui erano beneficiari effettivi l’IRISL, la Hafize Darya Shipping e la Safiran Payam Darya Shipping, tra l’aprile 2012 e l’aprile 2013, non avevano smesso di mutare denominazione, bandiera e proprietario.

146    Occorre rilevare che le relazioni del 12 giugno 2012 e del 5 giugno 2013 sono consultabili sul sito Internet dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e che le ricorrenti non contestano il fatto di averne preso conoscenza.

147    La relazione del 12 giugno 2012 descrive il meccanismo del trasferimento di proprietà delle navi dall’IRISL alla Hafize Darya Shipping e alla Safiran Payam Darya Shipping in seguito all’adozione della risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza, che menzionava l’IRISL per la prima volta. Tale relazione spiega in particolare che poche navi erano direttamente registrate a nome della Hafize Darya Shipping e della Safiran Payam Darya Shipping, in quanto le loro navi erano registrate a nome di numerose e diverse compagnie di loro proprietà.

148    Ne risulta chiaramente che, con la nozione di «beneficiario effettivo», utilizzata in contrapposizione a quella di «proprietario registrato», il Consiglio indica un’entità che, sebbene non ufficialmente registrata quale proprietario di una nave, ne è il «beneficiario effettivo» attraverso una compagnia che essa possiede e che risulta essere il proprietario registrato di tale nave.

149    Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che tale nozione non sarebbe chiara e che esse non sarebbero in grado di comprendere entro quali limiti la Hafize Darya Shipping e la Safiran Payam Darya Shipping rispondevano a tale qualificazione.

150    Inoltre, occorre rilevare che le ricorrenti non deducono alcun argomento e non forniscono alcun elemento di prova diretto a contestare gli elementi di fatto esposti nelle relazioni del 12 giugno 2012 e del 5 giugno 2013. Esse non possono sostenere che le relazioni del gruppo di esperti delle Nazioni Unite provengono da fonti non indipendenti.

151    Il Consiglio ha quindi correttamente inserito il nominativo della Hafize Darya Shipping e della Safiran Payam Darya Shipping negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

152    In quarto luogo, il nominativo della Rahbaran Omid Darya Ship Management è stato reinserito negli elenchi controversi con la motivazione che essa agiva per conto dell’IRISL e le forniva servizi essenziali, dal momento che sfruttava e gestiva varie navi dell’IRISL. Il nominativo della Hoopad Darya Shipping Agency è stato reinserito negli elenchi controversi sulla base del rilievo che essa agiva per conto dell’IRISL, dal momento che gestiva operazioni di terminal container in Iran e forniva servizi relativi al personale imbarcato a Bandar Abbas per conto dell’IRISL.

153    Per quanto riguarda la Rahbaran Omid Darya Ship Management, le ricorrenti riconoscono che essa fornisce taluni servizi a varie navi appartenenti all’IRISL, ma contestano il fatto che tali servizi siano «essenziali».

154    Per quanto riguarda la Hoopad Darya Shipping Agency, le ricorrenti ammettono che essa effettua operazioni di stoccaggio per navi appartenenti all’IRISL e che essa agisce per conto di quest’ultima, ma contestano la natura «essenziale» di tali servizi.

155    È sufficiente rilevare che, per quanto riguarda la Rahbaran Omid Darya Ship Management e la Hoopad Darya Shipping Agency, le ricorrenti non contestano o riconoscono espressamente il fatto che queste ultime agiscono per conto dell’IRISL.

156    Il fatto che tali entità agiscano per conto dell’IRISL costituisce un motivo sufficiente per giustificare il reinserimento dei loro nominativi negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

157    Pertanto, gli argomenti diretti a contestare la natura «essenziale» dei servizi forniti all’IRISL da tali entità sono inoperanti, tanto più nel caso della Hoopad Darya Shipping Agency per la quale la fornitura di servizi essenziali non costituisce un motivo di reinserimento del suo nominativo negli elenchi controversi.

158    Per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti secondo la quale queste due entità avrebbero modificato la loro denominazione sociale, esse non spiegano entro quali limiti tale informazione sarebbe pertinente al fine di rimettere in discussione le motivazioni sulle quali il Consiglio si è basato per reinserire il loro nominativo negli elenchi controversi.

159    Il Consiglio ha quindi correttamente inserito il nominativo della Rahbaran Omid Darya Ship Management e della Hoopad Darya Shipping Agency negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

160    In quinto luogo, il nominativo della Irano Misr Shipping è stato reinserito negli elenchi controversi sulla base del rilievo che essa forniva servizi essenziali all’IRISL, nella sua qualità di agente di quest’ultima in Egitto.

161    Le ricorrenti deducono che la Irano Misr Shipping agisce quale agente dell’IRISL e le fornisce taluni servizi, ma contestano il fatto che tali servizi siano «essenziali».

162    Al riguardo, è sufficiente osservare che, nella sua qualità di agente dell’IRISL in Egitto, tale entità esercita attività indispensabili per l’esercizio delle attività di trasporto dell’IRISL in tale paese. Le ricorrenti non possono quindi contestare il fatto che, nell’ambito delle sue attività, essa fornisca servizi essenziali all’IRISL.

163    Peraltro, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, le ricorrenti hanno precisato che, tra i servizi forniti da tale entità all’IRISL, risultavano in particolare i cambi di equipaggio, l’attracco delle navi o l’emissione di polizze di carico, costituenti servizi essenziali per l’attività di una compagnia di trasporto marittimo.

164    Il Consiglio ha quindi inserito correttamente il nominativo della Irano Misr Shipping negli elenchi controversi in base ai criteri relativi alle entità collegate all’IRISL.

165    Alla luce delle suesposte considerazioni, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

166    Le ricorrenti rilevano che, nella fattispecie, il Consiglio ha comunicato loro il proprio intendimento di reinserire i loro nominativi e le motivazioni sulle quali si basava, concedendo loro un breve termine per formulare osservazioni. Tuttavia, il Consiglio avrebbe violato i loro diritti della difesa.

167    Infatti, anzitutto, il Consiglio avrebbe indicato gli elementi assunti a fondamento solo successivamente all’adozione della decisione di reinserimento, troppo tardi quindi per consentire alle ricorrenti di presentare osservazioni e al Consiglio di tenerne conto. Inoltre, il Consiglio non avrebbe precisato su quale base fosse giustificato reinserire, nel novembre 2013, il nominativo delle ricorrenti negli elenchi controversi e non avrebbe tenuto conto delle loro osservazioni né avrebbe spiegato le ragioni per cui le respingeva. Le ricorrenti aggiungono che il fatto che le loro osservazioni non compaiano nei documenti esaminati dal Consiglio per fondare la sua decisione di reinserimento significa che il Consiglio non li ha presi in considerazione. Infine, avendo il Consiglio esposto le ragioni del reinserimento del nominativo dell’IRISL solo nella lettera del 27 novembre 2013, ossia successivamente all’adozione della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013, tali ragioni non sarebbero pertinenti. Il Consiglio avrebbe dovuto consentire all’IRISL di presentare le sue osservazioni sulle affermazioni contenute in tale lettera e avrebbe dovuto includerle nella motivazione del reinserimento del suo nominativo negli elenchi controversi, contenuta nella decisione 2013/685 e nel regolamento di esecuzione n. 1203/2013.

168    In limine, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa e in particolare del diritto al contraddittorio, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di un’entità e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che deve essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi (v. sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

169    Da un lato, il principio del rispetto dei diritti della difesa richiede che gli elementi accolti a carico dell’entità interessata per fondare l’atto che le arreca pregiudizio le siano comunicati. Dall’altro, essa deve essere posta in condizione di far valere utilmente il suo punto di vista in merito a tali elementi (v. sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

170    Inoltre, nell’ambito dell’adozione di una decisione che mantiene il nominativo di una persona o di un’entità in un elenco di persone o di entità interessate da misure restrittive, il Consiglio deve rispettare il diritto di tale persona o di tale entità di essere previamente sentita qualora, nella decisione che comporta il mantenimento del suo nominativo nell’elenco, prenda in considerazione nei suoi confronti nuovi elementi, ossia elementi che non erano contenuti nella decisione iniziale di inserimento del suo nominativo in tale elenco (sentenza del 18 giugno 2015, Ipatau/Consiglio, C‑535/14 P, EU:C:2015:407, punto 26).

171    Peraltro, si deve rilevare che, qualora siano state comunicate informazioni sufficientemente precise, che consentano all’entità interessata di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addotti a suo carico dal Consiglio, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica l’obbligo per l’istituzione di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. Soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a dare accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v. sentenza del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

172    Infine, per quanto riguarda il principio della tutela giurisdizionale effettiva, si deve ricordare che tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Detto principio implica che l’autorità dell’Unione che adotta un atto comportante misure restrittive ai danni di una persona o di un’entità comunichi alla stessa i motivi alla base dell’atto, quanto più possibile, al momento in cui tale atto è stato adottato o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale adozione, in modo da consentire alla persona e all’entità interessata di esercitare nei termini il suo diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, EU:C:2011:735, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

173    Nella specie, occorre ricordare che, con lettere del 22 o del 30 ottobre 2013, il Consiglio ha comunicato alle ricorrenti le ragioni per cui intendeva reinserire i loro nominativi negli elenchi controversi nonché i fatti che giustificavano, a suo avviso, la rispondenza di ciascuna di esse ai criteri di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettere b) ed e), del regolamento n. 267/2012 (v. supra, punti 13 e 14).

174    Con tali lettere, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il Consiglio ha comunicato loro le motivazioni e la base giuridica del reinserimento del loro nominativo negli elenchi controversi prima dell’adozione della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013. In tali lettere, il Consiglio ha anche concesso loro un termine per presentare osservazioni.

175    Inoltre, occorre rilevare, al pari delle ricorrenti, che il reinserimento del loro nominativo negli elenchi controversi era basato sugli stessi elementi di fatto alla base del primo inserimento, ossia, per l’IRISL, i tre episodi relativi all’invio di materiale militare e, per le altre ricorrenti, i collegamenti che queste avevano con l’IRISL.

176    Con lettere del 15 o del 19 novembre 2013 (v. supra, punti 15 e 16), le ricorrenti hanno presentato osservazioni dettagliate sugli elementi di fatto invocati dal Consiglio. Esse sono state quindi in grado di far conoscere utilmente il loro punto di vista sugli elementi accolti a loro carico dal Consiglio.

177    Con lettere del 27 novembre 2013, il Consiglio ha replicato specificamente alle osservazioni delle ricorrenti respingendo le affermazioni da esse presentate. Erroneamente le ricorrenti fanno quindi valere che il Consiglio non ha tenuto conto delle loro osservazioni né ha spiegato le ragioni del loro rigetto.

178    Le ricorrenti sostengono sempre erroneamente che, poiché le loro osservazioni non compaiono nel fascicolo del Consiglio, ciò significherebbe che l’istituzione non le avrebbe prese in considerazione ai fini dell’adozione della decisione di reinserimento. Infatti, oltre agli elementi di cui il Consiglio disponeva contro le ricorrenti per fondare le sue decisioni di reinserimento, contenuti nel suo fascicolo, quest’ultimo ha trasmesso loro, con le lettere del 27 novembre 2013, le ragioni per cui le loro osservazioni non rimettevano in discussione tali decisioni.

179    Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, le lettere del Consiglio del 27 novembre 2013 non contengono nuove motivazioni a sostegno della decisione di reinserimento del loro nominativo negli elenchi controversi, che sarebbero diverse da quelle contenute nelle lettere del 22 o del 30 ottobre 2013 e che sono state comunicate prima della decisione di reinserimento in tali elenchi. Le spiegazioni fornite dal Consiglio per rispondere alle osservazioni delle ricorrenti non possono essere assimilate a nuove motivazioni che giustificano il loro inserimento.

180    Infine, occorre rilevare che, con lettere del 27 novembre 2013, il Consiglio ha trasmesso alle ricorrenti, in risposta alla loro domanda di accesso al fascicolo, i documenti sui quali si era basato per reinserire il loro nominativo negli elenchi controversi (v. supra, punti 21 e 22). Conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 171, il Consiglio non era tenuto a comunicare loro spontaneamente tali documenti prima della decisione di reinserimento.

181    Dalle suesposte considerazioni emerge che il Consiglio non ha violato i diritti della difesa delle ricorrenti e che il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, dell’autorità di cosa giudicata, del principio del ne bis in idem e del principio di non discriminazione

182    Le ricorrenti deducono che, in seguito alla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), era per esse legittimo attendersi che il loro nominativo non fosse reinserito negli elenchi controversi in mancanza di affermazioni o di nuovi elementi di prova presentati dal Consiglio. Nel reinserire il loro nominativo in tali elenchi, il Consiglio avrebbe violato i principi della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, dell’autorità di cosa giudicata, il principio del ne bis in idem nonché il principio di non discriminazione.

–       Sulla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata

183    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, le sentenze di annullamento pronunciate dai giudici dell’Unione godono, una volta divenute definitive, dell’autorità assoluta di cosa giudicata. Essa copre non solo il dispositivo della sentenza di annullamento ma anche i motivi che ne costituiscono il sostegno necessario, e ne sono pertanto inseparabili (v. sentenza del 5 settembre 2014, Éditions Odile Jacob/Commissione, T‑471/11, EU:T:2014:739, punto 56 e giurisprudenza ivi citata). La sentenza di annullamento implica, quindi, che l’autore dell’atto annullato ne adotti uno nuovo rispettando non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, garantendo, in tal modo, che tale nuovo atto non sia viziato dalle stesse irregolarità individuate nella sentenza di annullamento (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punti 29 e 30).

184    L’autorità di cosa giudicata di una sentenza riguarda, tuttavia, unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi (sentenza del 19 febbraio 1991, Italia/Commissione, C‑281/89, EU:C:1991:59, punto 14). Pertanto, l’articolo 266 TFUE obbliga l’istituzione da cui emana l’atto annullato solo nei limiti di quanto è necessario per assicurare l’esecuzione della sentenza di annullamento. Inoltre, l’autore dell’atto può invocare, nella sua nuova decisione, motivi diversi da quelli sui quali aveva fondato la prima decisione (v., in tal senso, sentenza del 6 marzo 2003, Interporc/Commissione, C‑41/00 P, EU:C:2003:125, punti da 28 a 32).

185    Occorre rilevare che la sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), non ha rimesso in discussione la correttezza della condotta contestata all’IRISL, ossia i tre episodi in cui quest’ultima era coinvolta, relativi all’invio di materiale militare in violazione del paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza, né le prove relative a tali comportamenti. Il Tribunale ha unicamente rilevato che tale condotta, da un lato, non era sufficiente per motivare l’inserimento del nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi in base al criterio riguardante le persone che abbiano agevolato un soggetto a violare le disposizioni della risoluzione pertinente del Consiglio di sicurezza e, dall’altro, non costituivano un sostegno alla proliferazione nucleare secondo il criterio relativo a coloro che forniscano sostegno alle attività nucleari dell’Iran.

186    Orbene, il criterio in base al quale il nominativo dell’IRISL è stato reinserito negli elenchi controversi, mediante la decisione 2013/685 e il regolamento di esecuzione n. 1203/2013, si distingue da quelli applicati dal Consiglio negli atti annullati dalla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453). Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, basandosi su un nuovo criterio, legittimamente adottato, che giustifica l’imposizione di misure restrittive nei loro confronti, il Consiglio non ha quindi eluso tale sentenza.

187    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il Consiglio non avrebbe potuto basarsi sulle stesse affermazioni e sugli stessi elementi di prova fatti valere a sostegno del primo inserimento dei loro nominativi negli elenchi controversi, è sufficiente osservare che, nella sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Tribunale non si è pronunciato sulla questione se tali affermazioni e tali elementi di prova potessero giustificare l’inserimento del nominativo dell’IRISL in base al nuovo criterio introdotto dalla decisione 2013/497 e dal regolamento n. 971/2013.

188    Infine, per quanto riguarda le ricorrenti distinte dall’IRISL, il Tribunale ha semplicemente rilevato, al punto 77 della sentenza medesima, che la circostanza che esse fossero detenute o controllate dall’IRISL o che agissero per suo conto non giustificava l’adozione o il mantenimento delle misure restrittive che le riguardavano, in quanto l’IRISL stessa non era stata legittimamente riconosciuta come fonte di sostegno alla proliferazione nucleare.

189    Pertanto, dalle considerazioni sin qui svolte emerge che dalla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), non può dedursi che essa ostasse a che il Consiglio reinserisse il nominativo dell’IRISL negli elenchi controversi in base a motivazione diversa da quella già esaminata in tale sentenza; lo stesso vale per le altre ricorrenti per le quali il reinserimento dei loro nominativi è collegato a quello dell’IRISL.

190    Pertanto, la censura relativa alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata dev’essere respinta.

–       Sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto

191    Occorre ricordare che il diritto di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi soggetto nei cui confronti un’istituzione dell’Unione abbia ingenerato fondate aspettative fornendogli precise assicurazioni. Tuttavia, qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, egli non può invocare il beneficio di tale principio nel caso in cui detto provvedimento venga adottato (sentenze del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 147; del 17 settembre 2009, Commissione/Koninklijke FrieslandCampina, C‑519/07 P, EU:C:2009:556, punto 84, e del 16 dicembre 2010, Kahla Thüringen Porzellan/Commissione, C‑537/08 P, EU:C:2010:769, punto 63).

192    Peraltro, per quanto riguarda il principio della certezza del diritto, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, tale principio richiede che la normativa dell’Unione sia certa e che la sua applicazione sia prevedibile per i destinatari delle norme (sentenze del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 69, e del 14 ottobre 2010, Nuova Agricast e Cofra/Commissione, C‑67/09 P, EU:C:2010:607, punto 77).

193    Nella specie, occorre ricordare, come emerge dal punto 189 supra, che il Consiglio, a seguito della sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), poteva decidere di reinserire i nominativi delle ricorrenti negli elenchi controversi. Ai punti da 81 a 83 di tale sentenza, il Tribunale ha mantenuto gli effetti della decisione e del regolamento con i quali i nominativi delle ricorrenti erano stati inseriti inizialmente negli elenchi controversi sino alla scadenza del termine per l’impugnazione, per consentire al Consiglio di porre rimedio alle violazioni accertate, adottando, eventualmente, nuove misure restrittive nei confronti delle ricorrenti.

194    Il fatto, sottolineato dalle ricorrenti, che il Consiglio non abbia proposto impugnazione avverso la sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), non può aver ingenerato nelle stesse l’aspettativa fondata che i loro nominativi non sarebbero stati reinseriti negli elenchi controversi. Infatti, la mancata impugnazione di tale sentenza non poteva essere assolutamente interpretata come una rinuncia da parte del Consiglio a reinserire il nominativo delle ricorrenti in tali elenchi, tanto più che il Tribunale ha espressamente dichiarato, al punto 64 della sentenza medesima, che il Consiglio poteva, nel suo ruolo di legislatore, ampliare i casi in cui potevano essere adottate misure restrittive.

195    Ne consegue che le ricorrenti non potevano trarre dalla sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453), l’assicurazione che il loro nominativo non sarebbe stato reinserito negli elenchi controversi in base a criteri distinti da quelli che avevano costituito la base del loro primo inserimento.

196    Pertanto, la censura relativa alla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto dev’essere respinta.

–       Sulla violazione del principio del ne bis in idem

197    Il principio del ne bis in idem, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione di cui il giudice garantisce il rispetto e che vieta di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso interesse giuridico, (v., in tal senso, sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 338), deve essere applicato in presenza di sanzioni ad un comportamento illegittimo (sentenza del 27 settembre 2012, Italia/Commissione, T‑257/10, non pubblicata, EU:T:2012:504, punto 41).

198    È sufficiente ricordare che, secondo costante giurisprudenza, le misure restrittive di congelamento dei capitali non sono di natura penale (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 101, e del 7 dicembre 2010, Fahas/Consiglio, T‑49/07, EU:T:2010:499, punto 67). Infatti, poiché gli averi degli interessati non sono confiscati in quanto prodotto del crimine, bensì congelati a titolo cautelare, tali misure non costituiscono una sanzione penale e non comportano peraltro alcuna accusa della stessa natura (sentenze dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 101, e del 9 dicembre 2014, Peftiev/Consiglio, T‑441/11, non pubblicata, EU:T:2014:1041, punto 87).

199    Pertanto, le ricorrenti non possono far valere la violazione di tale principio e la censura dev’essere respinta.

–       Sulla violazione del principio di non discriminazione

200    Secondo la giurisprudenza, il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio giuridico fondamentale, vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale disparità di trattamento non sia oggettivamente giustificata (sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 56).

201    È sufficiente rilevare che le ricorrenti non deducono alcun argomento atto a dimostrare che tale principio sarebbe stato violato dal Consiglio e, pertanto, la censura dev’essere respinta in quanto irricevibile.

202    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà e del diritto al rispetto della reputazione, e sulla violazione del principio di proporzionalità

203    Le ricorrenti deducono che il reinserimento del loro nominativo negli elenchi controversi arreca un pregiudizio ingiustificato e sproporzionato ai loro diritti fondamentali, in particolare al loro diritto di proprietà e al diritto al rispetto della loro reputazione. Il reinserimento dei loro nominativi negli elenchi controversi con la decisione 2013/685 e con il regolamento di esecuzione n. 1203/2013 lascerebbe intendere che esse forniscono un sostegno alla proliferazione nucleare o che sono collegate a tale attività, contrariamente a quanto avrebbe dichiarato il Tribunale nella sentenza del 16 settembre 2013, IRISL (T‑489/10, EU:T:2013:453). Il Consiglio non avrebbe precisato, nella decisione 2013/685 e nel regolamento di esecuzione n. 1203/2013, come la decisione di reinserire i loro nominativi sarebbe ormai giustificata da un obiettivo legittimo e proporzionata a tale obiettivo. La decisione 2013/685 e il regolamento di esecuzione n. 1203/2013 farebbero riferimento a episodi avvenuti nel 2009, senza alcun collegamento con l’obiettivo di porre fine al programma nucleare iraniano, e non menzionerebbero alcuna ragione attuale che giustifichi la decisione di reinserimento.

204    Secondo costante giurisprudenza, i diritti fondamentali fatti valere dalle ricorrenti, ossia il diritto di proprietà e il diritto al rispetto della reputazione, nel diritto dell’Unione, non fruiscono di una tutela assoluta. Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio dei diritti medesimi, a condizione che esse rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non rappresentino, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 121, e del 25 giugno 2015, Iranian Offshore Engineering & Construction/Consiglio, T‑95/14, EU:T:2015:433, punto 59).

205    Risulta, inoltre, da costante giurisprudenza che il principio di proporzionalità è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli (sentenze del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 122, e del 25 giugno 2015, Iranian Offshore Engineering & Construction/Consiglio, T‑95/14, EU:T:2015:433, punto 60).

206    È ben vero che i diritti delle ricorrenti sono limitati, in un certo senso, dalle misure restrittive adottate nei loro confronti, dato che esse, in particolare, non possono disporre dei loro capitali eventualmente situati nel territorio dell’Unione o posseduti dai suoi cittadini, né possono trasferire i loro capitali verso l’Unione, se non in forza di autorizzazioni particolari. Parimenti, le misure applicate alle ricorrenti possono suscitare, eventualmente, una certa sfiducia o diffidenza nei loro confronti da parte dei loro partner e dei loro clienti.

207    Tuttavia, da un lato, da quanto esposto supra ai punti da 65 a 77 emerge che i criteri applicati dal Consiglio sono conformi all’obiettivo della lotta alla proliferazione nucleare perseguito dalla decisione 2010/413 e dal regolamento n. 267/2012 e da quanto esposto supra ai punti da 116 a 164 emerge che il Consiglio ha correttamente reinserito il nominativo delle ricorrenti negli elenchi controversi in base a tali criteri. Pertanto, le restrizioni dei diritti delle ricorrenti che derivano da tale reinserimento devono essere considerate giustificate.

208    D’altro lato, gli inconvenienti arrecati alle ricorrenti dal reinserimento dei loro nominativi negli elenchi controversi non appaiono sproporzionati rispetto all’obiettivo del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale perseguito dalla decisione 2013/685 e dal regolamento di esecuzione n. 1203/2013.

209    Infine, occorre rilevare che il Consiglio non afferma che le ricorrenti sono coinvolte direttamente nella proliferazione nucleare. Esse non sono pertanto associate individualmente a condotte che presentino un rischio per la pace e per la sicurezza internazionale e, di conseguenza, il livello di diffidenza suscitato nei loro confronti è minore.

210    Ne deriva che il reinserimento del nominativo delle ricorrenti negli elenchi controversi non arreca un pregiudizio sproporzionato al loro diritto di proprietà e al rispetto della loro reputazione.

211    Il quinto motivo dev’essere pertanto respinto.

212    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il ricorso nella causa T‑87/14 dev’essere respinto in toto.

 Sulle spese

213    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

214    A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento medesimo, le spese sostenute dalle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico.

215    Le ricorrenti, essendo rimaste soccombenti, devono essere condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio conformemente alla domanda del medesimo.

216    La Commissione sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      La Islamic Republic of Iran Shipping Lines e le altre ricorrenti i cui nominativi figurano in allegato sopporteranno, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 febbraio 2017.

Firme


Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulla causa T 14/14

Sulla domanda di annullamento parziale della decisione 2013/497

Sulla domanda di annullamento parziale del regolamento n. 971/2013

2.  Sulla causa T 87/14

Sull’eccezione di illegittimità

Sul primo motivo, vertente su un difetto di base giuridica

–  Per quanto riguarda l’IRISL

–  Per quanto riguarda le altre ricorrenti

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del legittimo affidamento delle ricorrenti nonché dei principi della certezza del diritto, del ne bis in idem e dell’autorità di cosa giudicata

Sul terzo motivo, vertente su uno sviamento di potere

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà e del diritto al rispetto della reputazione

Sulla domanda di annullamento della decisione 2013/685 e del regolamento di esecuzione n. 1203/2013, nella parte in cui tali atti riguardano le ricorrenti

Sul primo motivo, vertente sull’assenza di base giuridica

Sul secondo motivo, vertente su errori manifesti di valutazione commessi dal Consiglio

–  Per quanto riguarda l’IRISL

–  Per quanto riguarda le altre ricorrenti

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto, dell’autorità di cosa giudicata, del principio del ne bis in idem e del principio di non discriminazione

–  Sulla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata

–  Sulla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto

–  Sulla violazione del principio del ne bis in idem

–  Sulla violazione del principio di non discriminazione

Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto di proprietà e del diritto al rispetto della reputazione, e sulla violazione del principio di proporzionalità

Sulle spese

Allegato

Hafize Darya Shipping Co., con sede in Teheran (Iran),

Khazar Sea Shipping Lines Co., con sede in Anzali Free Zone (Iran),

IRISL Europe GmbH, con sede in Amburgo (Germania),

Qeshm Marine Services & Engineering Co., con sede in Qeshm (Iran),

Irano Misr Shipping Co., con sede in Teheran,

Safiran Payam Darya Shipping Co., con sede in Teheran,

Marine Information Technology Development Co., con sede in Teheran,

Rahbaran Omid Darya Ship Management Co., con sede in Teheran,

Hoopad Darya Shipping Agency, con sede in Teheran,

Valfajr Shipping Co., con sede in Teheran.


* Lingua processuale: l’inglese.