Language of document : ECLI:EU:C:2011:674

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

20 ottobre 2011 (*)

«Imposte indirette – Accise sugli oli minerali – Incompatibilità con il diritto dell’Unione – Mancato rimborso dell’accisa agli acquirenti di prodotti sui quali è stata ripercossa l’accisa»

Nel procedimento C‑94/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Vestre Landsret (Danimarca) con decisione 11 febbraio 2010, pervenuta in cancelleria il 17 febbraio 2010, nella causa

Danfoss A/S,

Sauer-Danfoss ApS

contro

Skatteministeriet,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Safjan (relatore), A. Borg Barthet, E. Levits e J.-J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 febbraio 2011,

considerate il osservazioni presentate:

–        per la Danfoss A/S, dagli avv.ti T. K. Kristjánsson e H.S. Hansen, advokaterne;

–        per la Sauer-Danfoss ApS, dagli avv.ti A. Møllin e E. Vistisen, advokaterne;

–        per il governo danese, dalla sig.ra V. Pasternak Jørgensen, dal sig. K. Lundgaard Hansen e dalla sig.ra B. Weis Fogh, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, dal sig. M. Muñoz Pérez, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Albenzio, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, dalla sig.ra K. Rokicka, in qualità di agente;

–        per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, dal sig. S. Hathaway, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Mantle, barrister;

–        per la Commissione europea, dai sigg. N. Fenger e W. Mölls, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 marzo 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione delle norme dell’Unione in materia di ripetizione dell’indebito e di responsabilità dello Stato membro a causa della riscossione di un prelievo incompatibile con dette norme.

2        Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede la Danfoss A/S (in prosieguo: la «Danfoss») e la Sauer-Danfoss ApS (in prosieguo: la «Sauer-Danfoss») opporsi allo Skatteministeriet (Ministero delle Finanze) perché quest’ultimo ha rifiutato loro il rimborso di un’imposta sugli oli minerali riscossa in violazione del diritto dell’Unione e il risarcimento del danno subìto a causa della riscossione dell’imposta illegittima in parola.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

3        La direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), all’art. 1 così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce il regime dei prodotti sottoposti alle accise e ad altre imposte indirette gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di questi prodotti, ad esclusione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte stabilite dalla Comunità.

2.      Le singole disposizioni relative alle strutture e alle aliquote delle accise sui prodotti ad esse soggetti sono contenute in direttive specifiche».

4        Ai sensi dell’art. 3, nn. 1 e 2, della menzionata direttiva:

«1.      La presente direttiva è applicabile, a livello comunitario, ai prodotti seguenti, come definiti nelle direttive ad essi relative:

–        gli oli minerali,

–        l’alcole e le bevande alcoliche,

–        i tabacchi lavorati.

2.      I prodotti di cui al paragrafo 1 possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta».

5        L’art. 1° della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/81/CEE, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (GU L 316, pag. 12), è così formulato:

«1.      Gli Stati membri applicano agli oli minerali un’accisa armonizzata conformemente alla presente direttiva.

2.      Gli Stati membri stabiliscono le proprie aliquote conformemente alla direttiva 92/82/CEE relativa alle aliquote delle accise sugli oli minerali».

6        Ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 92/81:

«1.       Oltre alle disposizioni generali relative alle esenzioni per un uso determinato dei prodotti soggetti ad accisa, contenute nella direttiva 92/12/CEE e fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esentano dall’accisa armonizzata i prodotti elencati in appresso alle condizioni da essi stabilite, allo scopo di garantire un’agevole e corretta applicazione di tali esenzioni ed evitare frodi, evasioni o abusi:

a)      gli oli minerali non utilizzati come carburanti o come combustibili per riscaldamento;

b)      gli oli minerali forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione aerea diversa dall’aviazione privata da diporto.

(...)».

7        La comunicazione della Commissione 7 novembre 1990, sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali [COM(90) 434 def.], esplicitamente precisava che gli oli lubrificanti e idraulici beneficiano dell’esenzione prevista dalla direttiva 92/81.

 Il diritto nazionale

8        Al fine di trasporre le direttive 92/12 e 92/81 nell’ordinamento interno, il legislatore danese ha adottato la legge 19 dicembre 1992, n. 1029, relativa all’imposta sull’energia applicata ai prodotti degli oli minerali (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sugli oli minerali»). L’art. 1, primo comma, della menzionata legge prevedeva quanto segue:

«Sui prodotti degli oli minerali deve essere pagata un’imposta in Danimarca. L’imposta è dell’importo di:

(...)

12)       DKK 178 per gli oli lubrificanti, gli oli idraulici e simili».

9        L’accisa sugli oli lubrificanti e idraulici doveva essere versata dalle società petrolifere, ma i lavori preparatori della proposta della legge relativa all’imposta sugli oli minerali preannunciavano che detta imposta sarebbe stata ripercossa sugli acquirenti degli oli gravati dall’imposta.

10      In seguito alla pronuncia della sentenza 10 giugno 1999, causa C‑346/97, Braathens (Racc. pag. I‑3419), confermata dalla sentenza 25 settembre 2003, causa C‑437/01, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑9861), da cui risulta che l’istituzione di un’imposta indiretta sui prodotti esenti dall’accisa armonizzata priverebbe di qualsiasi effetto utile l’art. 8, n. 1, lett. b), della direttiva 92/81 e non può quindi fondarsi sull’art. 3, n. 2, della direttiva 92/12, l’amministrazione finanziaria danese ha deciso di disporre la sospensione amministrativa della riscossione dell’imposta sugli oli lubrificanti e idraulici, con effetto dal 1° dicembre 2001. La legge 6 giugno 2002, n. 395, ne ha previsto la soppressione, parimenti con effetto dal 1° dicembre 2001.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

11      Nel periodo dal 1° gennaio 1995 al 30 novembre 2001 la Danfoss ha acquistato oli lubrificanti presso diverse società petrolifere danesi, le quali, dopo aver versato l’imposta sugli oli minerali all’erario danese, ne avevano ripercosso l’intero importo, pari a DKK 6 108 054, sulla Danfoss.

12      Fra il 1° gennaio 1998 e il 30 novembre 2001 la Danfoss ha rivenduto parte di tali oli alla Sauer‑Danfoss, includendo nel prezzo di vendita di questi ultimi l’importo dell’imposta sugli oli minerali per un totale di DKK 1 686 096.

13      A seguito della soppressione dell’imposta sugli oli minerali, la Danfoss e la Sauer‑Danfoss hanno presentato domanda all’amministrazione finanziaria danese per ottenere il rimborso della parte del prezzo complessivo degli oli lubrificanti da esse acquistati corrispondente all’imposta illegittima, ossia rispettivamente DKK 6 108 054 e 1 686 096, precisando tuttavia che, qualora la Danfoss avesse ricevuto l’intero importo richiesto all’amministrazione finanziaria, avrebbe versato alla Sauer‑Danfoss l’importo di DKK 1 686 096, corrispondente alla parte del prezzo di vendita della Danfoss che costituiva l’imposta sugli oli minerali inclusa in detto prezzo, e che la Sauer‑Danfoss avrebbe in tal caso rinunciato alla propria domanda. La domanda di quest’ultima presenta quindi carattere accessorio rispetto a quella della Danfoss.

14      Peraltro, dalla decisione di rinvio risulta che le società petrolifere non hanno chiesto il rimborso dell’accisa sugli oli lubrificanti venduti alla Danfoss.

15      A sostegno delle loro pretese le ricorrenti della causa principale hanno fatto valere che, avendo dovuto sopportare le conseguenze finanziarie dell’imposta illegittima, il principio di effettività del diritto dell’Unione imporrebbe che solamente esse, e non le compagnie petrolifere, abbiano il diritto di chiederne il rimborso. Esse hanno altresì chiesto allo Stato danese il risarcimento del danno subìto a causa della riscossione dell’imposta de qua.

16      Le domande delle ricorrenti nella causa principale sono state respinte. Secondo le autorità danesi, infatti, il diritto alla ripetizione dell’indebito previsto dal diritto dell’Unione è usufruibile unicamente dal soggetto passivo diretto e non dagli elementi successivi della catena commerciale, i quali non erano essi stessi tenuti al pagamento dell’imposta e, del resto, non hanno versato all’erario alcun importo di cui potrebbero chiedere il rimborso.

17      Quanto al diritto al risarcimento, le autorità danesi hanno escluso qualsivoglia indennizzo, poiché, trattandosi del periodo antecedente alla pronuncia della menzionata sentenza Braathens, l’incompatibilità del tributo disposto dalla legge relativa all’imposta sugli oli minerali non era sufficientemente evidente affinché la sua riscossione fosse tale da far sorgere la responsabilità dello Stato e, relativamente al periodo successivo alla menzionata pronuncia, poiché sarebbe impossibile determinare in quale punto della catena di distribuzione era stato subìto il danno e non sarebbe pertanto sussistito un nesso causale diretto. Difatti, in caso di ripercussione dell’imposta indebita, la questione – e, eventualmente, in quale misura – talune imprese o taluni consumatori, situati a valle della catena di distribuzione, saranno effettivamente gravati dell’onere dell’imposta in parola dipenderebbe da numerosi fattori, in particolare dalla politica dei prezzi attuata, relativamente ai prodotti interessati, dal soggetto passivo e da ciascuno degli operatori economici a valle, dalla modalità di utilizzo di detti prodotti e dallo stato della concorrenza sul mercato in discussione.

18      Le ricorrenti nella causa principale hanno proposto ricorso avverso le decisioni di rigetto delle loro domande dinanzi al Vestre Landsret (Corte d’appello della regione occidentale), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione osti a che uno Stato membro respinga una domanda di rimborso proposta da un’impresa su cui sia stata ripercossa un’accisa contraria ad una direttiva, qualora la domanda – come nella specie della causa principale – venga respinta in base al rilievo che non è tale impresa ad aver versato l’imposta di cui trattasi allo Stato.

2)      Se il diritto dell’Unione osti a che uno Stato membro respinga una domanda di risarcimento del danno proposta da un’impresa su cui sia stata ripercossa un’accisa contraria ad una direttiva, qualora la domanda – come nella specie della causa principale – venga respinta in base al rilievo formulato al riguardo dallo Stato membro (vale a dire che l’impresa non costituisce il soggetto direttamente leso e che non esiste un nesso causale diretto tra un eventuale danno e il comportamento fonte della responsabilità)».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

19      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se uno Stato membro possa opporsi ad una domanda di rimborso presentata da un operatore sul quale è stato ripercosso l’importo dell’imposta indebitamente riscossa, deducendo che quest’ultimo non era il soggetto tenuto a corrisponderla e che non ha pertanto versato tale importo all’amministrazione finanziaria.

20      Per risolvere siffatta questione, occorre innanzitutto ricordare che il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi da uno Stato membro in violazione del diritto dell’Unione costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi. Lo Stato membro è quindi tenuto, in linea di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto dell’Unione (v. sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12; causa C‑264/08, Direct Parcel Distribution Belgium, Racc. pag. I‑731, punto 45, nonché 6 settembre 2011, causa C‑398/09, Lady & Kid e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17).

21      Tuttavia, in deroga al principio del rimborso di tributi incompatibili con il diritto dell’Unione, la ripetizione di tributi indebitamente percepiti può essere negata unicamente nell’ipotesi in cui essa comporterebbe un arricchimento senza causa degli aventi diritto, vale a dire quando sia appurato che la persona tenuta al loro pagamento li ha di fatto riversati direttamente sull’acquirente (v., in tal senso, sentenza Lady & Kid e a., cit., punti 18 e 20).

22      In effetti, in tale situazione, l’onere del tributo indebitamente percepito non è stato sopportato dal soggetto passivo, bensì dall’acquirente, sul quale l’onere è stato traslato. Pertanto, il rimborso al soggetto passivo dell’importo del tributo che questi ha già riversato sull’acquirente equivarrebbe, per lui, a un doppio introito qualificabile come arricchimento senza causa, mentre non sarebbe posto rimedio alle conseguenze che derivano all’acquirente dall’illegittimità del tributo (sentenze 14 gennaio 1997, cause riunite da C‑192/95 a C‑218/95, Comateb e a., Racc. pag. I‑165, punto 22, e Lady & Kid e a., cit., punto 19).

23      Risulta con evidenza che il diritto alla ripetizione dell’indebito è inteso a rimediare alle conseguenze dell’incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione, neutralizzando l’onere economico che ha indebitamente gravato l’operatore che, in definitiva, lo ha effettivamente sopportato.

24      Ciò precisato, occorre altresì rammentare che, conformemente a costante giurisprudenza, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate, purché i requisiti in questione rispettino i principi di equivalenza e di effettività (v. sentenze 6 ottobre 2005, causa C‑291/03, MyTravel, Racc. pag. I‑8477, punto 17, e 15 marzo 2007, causa C‑35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken, Racc. pag. I‑2425, punto 37).

25      A questo proposito, considerata la finalità del diritto alla ripetizione dell’indebito quale richiamata al punto 23 della presente sentenza, il rispetto del principio di effettività impone che le condizioni per l’esercizio dell’azione di ripetizione dell’indebito siano stabilite dagli Stati membri in base al principio dell’autonomia processuale, cosicché l’onere economico dell’imposta indebitamente riscossa possa essere neutralizzato.

26      In siffatta ottica è già stato dichiarato che, se l’acquirente finale, in forza del diritto interno, è in grado di ottenere il rimborso, da parte del soggetto passivo, dell’importo del tributo riversatogli, tale soggetto passivo, a sua volta, deve essere in grado di ottenere dalle autorità nazionali il rimborso di detto importo (v. sentenza Comateb e a., cit., punto 24). Analogamente, un sistema giuridico nazionale che consente al prestatore il quale abbia versato erroneamente l’IVA alle autorità tributarie di chiederne il rimborso e al destinatario dei servizi di esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti di quest’ultimo rispetta il principio di effettività, dal momento che consente a detto prestatore gravato dell’imposta erroneamente fatturata di ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate (v. sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken, cit., punto 39).

27      Ne discende che uno Stato membro può, in via di principio, opporsi ad una domanda di rimborso di un’imposta indebitamente riscossa formulata dall’acquirente finale su cui essa è stata ripercossa, argomentando che non è stato detto acquirente finale a versarla alle autorità tributarie, purché quest’ultimo, il quale ne è in definitiva gravato, possa, sulla base del diritto interno, esperire un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito nei confronti del soggetto passivo.

28      Tuttavia, se il rimborso da parte del soggetto passivo risultasse impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza di quest’ultimo, il principio di effettività impone che l’acquirente debba essere in grado di agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie e che, a tal fine, lo Stato membro preveda gli strumenti e le modalità procedurali necessari (v. sentenza Reemtsma Cigarettenfabriken, cit., punto 41).

29      Occorre quindi risolvere la prima questione nel senso che uno Stato membro può opporsi ad una domanda di rimborso di un’imposta indebitamente riscossa, formulata dall’acquirente su cui essa è stata ripercossa, poiché non è stato detto acquirente a versarla alle autorità tributarie, purché quest’ultimo possa, sulla base del diritto interno, esperire un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito nei confronti del soggetto passivo, e il rimborso dell’imposta indebitamente riscossa da parte di quest’ultimo non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

 Sulla seconda questione

30      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se uno Stato membro possa respingere una domanda di risarcimento presentata da un’impresa, sulla quale è stata ripercossa un’imposta indebitamente riscossa dal soggetto passivo, sulla base del rilievo che debba essere esclusa a priori la sussistenza di un nesso causale diretto tra l’imposizione fiscale da parte dello Stato e il danno patito da detta impresa.

31      In tal modo il giudice del rinvio invita la Corte a precisare se si possa ritenere che la decisione liberamente presa dal soggetto passivo di ripercuotere l’imposta indebitamente riscossa a valle spezzi il menzionato nesso causale diretto tra quanto posto in essere dallo Stato membro e il danno subìto dall’acquirente.

32      In via preliminare, occorre ricordare che non spetta alla Corte dare una qualificazione giuridica delle richieste presentate dalle ricorrenti nella causa principale innanzi al giudice del rinvio dirette ad ottenere il rimborso dell’imposta indebitamente riscossa o il risarcimento del danno subìto (v. sentenze 8 marzo 2001, cause riunite C‑397/98 e C‑410/98, Metallgesellschaft e a., Racc. pag. I‑1727, punto 81, e 12 dicembre 2006, causa C‑446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation, Racc. pag. I‑11753, punto 201), e che una domanda di risarcimento danni può coesistere con una domanda di ripetizione dell’indebito (v., in tal senso, sentenza Comateb e a., cit., punto 34).

33      Si deve altresì rammentare che il riconoscimento ai soggetti lesi di un diritto al risarcimento del danno subìto a causa della violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro è subordinata al ricorrere di tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica dell’Unione violata sia preordinata a conferire diritti a detti soggetti lesi, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la violazione in parola e il danno subìto dai soggetti lesi (v. sentenze 26 gennaio 2010, causa C‑118/08, Transportes Urbanos y Servicios Generales, Racc. pag. I‑635, punto 30, e 9 dicembre 2010, causa C‑568/08, Combinatie Spijker Infrabouw‑De Jonge Konstruktie e a., Racc. pag. I‑12655, punto 87).

34      Quanto al requisito di un nesso causale diretto, da una costante giurisprudenza risulta che, in via di principio, spetta al giudice del rinvio verificare se il danno invocato derivi in modo sufficientemente diretto dalla violazione del diritto dell’Unione da parte dello Stato membro (v. sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I‑1029, punto 65; 13 marzo 2007, causa C‑524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I‑2107, punto 122, e 17 aprile 2007, causa C‑470/03, AGM‑COS.MET, Racc. pag. I‑2749, punto 83).

35      Ciò nondimeno, la Corte, al fine di offrire una risposta utile al giudice del rinvio, può fornirgli le indicazioni che essa reputi necessarie (v., in tal senso, sentenze 18 gennaio 2001, causa C‑150/99, Stockholm Lindöpark, Racc. pag. I‑493, punto 38, e 18 giugno 2009, causa C‑566/07, Stadeco, Racc. pag. I‑5295, punto 43).

36      In tale ottica è necessario rilevare che un sistema giuridico nazionale come quello in discussione nella causa principale, in base a cui un nesso causale diretto può essere dimostrato unicamente tra la riscossione da parte dello Stato di un’imposta indebitamente riscossa e il danno subìto dal soggetto passivo, non può concepire il requisito di un siffatto nesso in modo che il risarcimento del danno patito sia reso praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

37      Ne risulta che un sistema giuridico nazionale del genere è, in via di principio, conforme al principio di effettività, a condizione che l’acquirente, sul quale il soggetto passivo ha ripercosso l’onere del tributo in parola, possa, sulla base del diritto interno, agire per il risarcimento del danno subìto per tale motivo nei confronti di detto soggetto passivo.

38      Tuttavia, per analogia con quanto rammentato al punto 28 della presente sentenza, se il risarcimento, da parte del soggetto passivo, del danno subìto dall’acquirente sui cui è gravato l’onere economico dell’imposta indebitamente riscossa riversatagli risultasse impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso d’insolvenza del soggetto passivo, il principio di effettività impone che detto acquirente sia messo in grado di rivolgere la sua domanda di risarcimento direttamente contro lo Stato, senza che quest’ultimo possa validamente opporgli la mancanza del nesso causale diretto fra la riscossione dell’imposta indebitamente riscossa e il danno subìto dall’acquirente.

39      Occorre quindi risolvere la seconda questione nel senso che uno Stato membro può respingere una domanda di risarcimento presentata dall’acquirente su cui il soggetto passivo ha ripercosso un’imposta indebitamente riscossa, facendo valere la mancanza del nesso causale diretto fra la riscossione dell’imposta e il danno subìto, purché l’acquirente possa, sulla base del diritto interno, agire nei confronti del soggetto passivo e il risarcimento, da parte di quest’ultimo, del danno subìto dall’acquirente non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Le norme del diritto dell’Unione devono essere interpretate nel senso che:

1)      uno Stato membro può opporsi ad una domanda di rimborso di un’imposta indebitamente riscossa formulata dall’acquirente su cui essa è stata ripercossa, poiché non è stato detto acquirente a versarla alle autorità tributarie, purché quest’ultimo possa, sulla base del diritto interno, esperire un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito nei confronti del soggetto passivo, e purché il rimborso da parte di quest’ultimo dell’imposta indebitamente riscossa non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile;

2)      uno Stato membro può respingere una domanda di risarcimento presentata dall’acquirente su cui il soggetto passivo ha ripercosso un’imposta indebitamente riscossa, facendo valere la mancanza del nesso causale diretto fra la riscossione dell’imposta e il danno subìto, purché l’acquirente possa, sulla base del diritto interno, agire nei confronti del soggetto passivo e purché il risarcimento, da parte di quest’ultimo, del danno subìto dall’acquirente non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

Firme


* Lingua processuale: il danese.