Language of document : ECLI:EU:T:2018:842

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

27 novembre 2018 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – SEAE – Assegnazione – Posto di capo delegazione dell’Unione europea presso l’Etiopia – Decisione di diniego di proroga dell’assegnazione – Interesse del servizio – Obbligo di motivazione – Parità di trattamento»

Nella causa T‑315/17,

Chantal Hebberecht, funzionaria del Servizio europeo per l’azione esterna, residente in Fourmies (Francia), rappresentata da B. Maréchal, avvocato,

ricorrente,

contro

Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), rappresentato da S. Marquardt e R. Spac, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 270 TFUE e intesa, da un lato, all’annullamento della decisione del SEAE comunicata alla ricorrente il 3 febbraio 2017 che ha respinto il reclamo di quest’ultima diretto contro la decisione del SEAE di non prorogare la sua assegnazione al posto di capo delegazione dell’Unione europea in Etiopia e, dall’altro, al risarcimento del preteso danno morale subito dalla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová, presidente, P. Nihoul (relatore) e J. Svenningsen, giudici,

cancelliere: M. Marescaux, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, sig.ra Chantal Hebberecht, è funzionaria del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Il 1o settembre 2013, ella è stata nominata capo delegazione dell’Unione europea in Etiopia, per un periodo di quattro anni.

2        Con nota del SEAE del 22 marzo 2016, i funzionari del SEAE in sevizio nelle delegazioni interessate dall’esercizio di rotazione che doveva svolgersi nel 2017 o nel 2018 sono stati informati della possibilità di presentare una domanda per una rotazione anticipata o una proroga della loro assegnazione. Tale nota precisava che il consenso sarebbe stato dato solo in casi eccezionali debitamente motivati, tenendo conto dell’interesse del servizio.

3        Il 15 aprile 2016, la ricorrente ha presentato una siffatta domanda di proroga, sostenendo che ella intendeva mettere a frutto la sua esperienza in Etiopia per un quinto anno prima di andare in pensione il 1o settembre 2018.

4        Con decisione del 30 giugno 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») del SEAE ha respinto tale domanda, specificando che, «al fine di garantire una rotazione regolare dei capi delegazione, è stata in generale applicata una chiara politica di mobilità dopo un periodo massimo di quattro anni di permanenza nel posto».

5        Con nota del 29 settembre 2016, la ricorrente, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), ha presentato un reclamo diretto contro la decisione impugnata, reclamo registrato il 30 settembre 2016. A sostegno di tale reclamo, ella sosteneva che la decisione impugnata sarebbe giuridicamente in contrasto con l’interesse del servizio, con la continuità del servizio, con la trasparenza, la parità di trattamento ed il rispetto delle misure di discriminazione positiva nei confronti delle donne. A suo parere:

–        l’interesse del servizio sarebbe quello di mantenere una delegazione ben gestita, sotto la direzione di un capo delegazione sperimentato; ella disporrebbe dell’esperienza e delle relazioni necessarie per contribuire a salvaguardare la stabilità dell’Etiopia e ad arrestare il flusso migratorio, e ciò nell’interesse dell’Unione;

–        la sua partenza determinerebbe una discontinuità del servizio sul piano della gestione garantita dal SEAE;

–        nessuna spiegazione le sarebbe stata fornita sul diniego di proroga;

–        la sua domanda sarebbe stata presentata in analogia ad altre che, invece, sarebbero state accolte;

–        se fosse stata adottata una decisione in tal senso, la sua proroga nel posto di capo delegazione, in quanto donna di grado AD 14, avrebbe costituito una misura di discriminazione positiva esemplare.

6        Con decisione del 1o febbraio 2017, comunicata alla ricorrente il 3 febbraio 2017 (in prosieguo: la «decisione di rigetto del reclamo»), il segretario generale del SEAE, nella sua qualità di APN, ha respinto il suo reclamo. Secondo l’APN:

–        l’amministrazione dispone di un’ampia discrezionalità per valutare le esigenze connesse con l’interesse del servizio; quest’ultimo richiederebbe una regolare mobilità del personale nelle delegazioni, in particolare per quanto riguarda i capi di queste ultime; senza prevedibilità ed automaticità l’efficacia dell’esercizio di rotazione sarebbe compromessa; la situazione in Etiopia non potrebbe essere qualificata come «eccezionale»; le ragioni personali non costituirebbero un valido motivo per concedere una deroga;

–        la continuità del sevizio sarebbe garantita dal SEAE con la presenza del capo delegazione aggiunto;

–        la decisione impugnata sarebbe stata chiaramente, ma anche succintamente, motivata dalla politica del SEAE di garantire una regolare mobilità del personale;

–        la ricorrente non avrebbe dimostrato l’esistenza di una differenziazione arbitraria o manifestamente inadeguata rispetto all’obiettivo perseguito;

–        in mancanza di un obbligo in tal senso, non potrebbe tenersi conto della sua qualità di donna per decidere la proroga richiesta, proroga che dev’essere esclusivamente motivata dall’interesse del servizio.

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

8        Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale del procedimento.

9        Le parti hanno svolto le loro difese orali all’udienza del 15 maggio 2018.

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile e fondato;

–        annullare la decisione di rigetto del reclamo;

–        condannare il SEAE a versarle, a titolo di risarcimento del danno morale, una somma forfettaria, in via principale, di EUR 250 000, in via subordinata, di EUR 200 000 ovvero, in via ulteriormente subordinata, di EUR 150 000, di EUR 100 000 o di EUR 50 000;

–        condannare il SEAE alle spese di giudizio.

Il SEAE chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sull’atto impugnato

11      Nell’atto introduttivo del ricorso, la ricorrente chiede l’annullamento della «decisione adottata dall’[APN] del [SEAE] [Ares(2017) 615970 – 03/02/2017] per quanto riguarda il diniego della proroga di un anno della [s]ua missione […] in quanto capo delegazione dell’UE presso la Repubblica Federale Democratica d’Etiopia».

12      A tal riguardo si deve constatare che l’atto così individuato dalla ricorrente attraverso il numero attribuitogli nella banca dati Ares corrisponde alla decisione di rigetto del reclamo.

13      Occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante applicabile in materia di diritto della funzione pubblica dell’Unione, il reclamo amministrativo, quale previsto dall’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, e il suo rigetto, esplicito o implicito, formano parte integrante di un procedimento complesso e costituiscono solo una condizione preliminare all’adizione del giudice. Di conseguenza, il ricorso, anche se formalmente diretto avverso il rigetto del reclamo, implica che il giudice sia chiamato a conoscere dell’atto recante pregiudizio già oggetto del reclamo (v., in questo senso, sentenza del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento, 293/87, EU:C:1989:8, punti 7 e 8), salvo il caso in cui il rigetto del reclamo abbia una portata diversa da quella dell’atto contro il quale tale reclamo è stato presentato (sentenza del 25 ottobre 2006, Staboli/Commissione, T‑281/04, EU:T:2006:334, punto 26).

14      Infatti, ogni decisione di rigetto del reclamo, sia essa implicita o esplicita, si limita, se è pura e semplice, a confermare l’atto o il comportamento omissivo di cui il ricorrente si duole e non costituisce, presa isolatamente, un atto impugnabile, di modo che le conclusioni dirette contro tale decisione priva di contenuto autonomo rispetto alla decisione iniziale debbono essere considerate dirette contro l’atto iniziale. Una decisione esplicita di rigetto di un reclamo può, tenuto conto del suo contenuto, non avere carattere confermativo dell’atto contestato dal ricorrente. Tale ipotesi ricorre quando la decisione di rigetto del reclamo contiene un riesame della posizione del ricorrente sulla scorta di elementi di fatto o di diritto nuovi, oppure modifica o integra la decisione iniziale. In questi casi, il rigetto del reclamo costituisce un atto soggetto al controllo del giudice, che ne tiene conto nella valutazione della legittimità dell’atto contestato o lo considera un atto lesivo che si sostituisce ad esso (v. sentenze del 24 aprile 2017, HF/Parlamento, T‑584/16, EU:T:2017:282, punto 71 e giurisprudenza ivi citata, e del 15 settembre 2017, Skareby/SEAE, T‑585/16, EU:T:2017:613, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

15      Nella fattispecie, la decisione di rigetto del reclamo si limita a confermare la decisione impugnata, dato che essa non modifica il dispositivo di quest’ultima né contiene un riesame della situazione della ricorrente in relazione ad elementi di diritto o di fatto nuovi. La circostanza che l’autorità competente a statuire sul reclamo della ricorrente sia stata indotta, in risposta agli argomenti addotti dalla ricorrente nel reclamo, a fornire precisazioni in ordine alla motivazione della decisione impugnata non può far sì che il rigetto del reclamo sia considerato come un atto autonomo arrecante pregiudizio alla ricorrente (v., in questo senso, sentenze del 9 dicembre 2009, Commissione/Birkhoff, T‑377/08 P, EU:T:2009:485, punti 55 e 56, e del 14 novembre 2013, Europol/Kalmár, T‑455/11 P, EU:T:2013:595, punto 41).

16      Di conseguenza, poiché la decisione di rigetto del reclamo è priva di contenuto autonomo, la domanda di annullamento dev’essere considerata diretta contro la sola decisione impugnata, la cui legittimità deve tuttavia essere esaminata tenendo conto della motivazione contenuta nella decisione di rigetto del reclamo (v., in questo senso, sentenza del 13 dicembre 2017, HQ/OCVV, T‑592/16, non pubblicata, EU:T:2017:897, punto 21).

 Sulla domanda di annullamento

17      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente presenta tre motivi, relativi, il primo, alla violazione dell’interesse e della continuità del servizio, il secondo, alla violazione dell’obbligo di trasparenza e, il terzo, alla violazione del principio di parità di trattamento.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’interesse e della continuità del servizio

18      Il primo motivo è suddiviso in due parti riguardanti, rispettivamente, l’interesse e la continuità del servizio.

–       Sulla prima parte, riguardante l’interesse del servizio

19      Nella prima parte, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata contrasta con l’interesse del servizio che, a suo parere, richiede che venga accordata la proroga da lei richiesta.

20      A sostegno della propria posizione, ella adduce quattro argomenti.

21      Innanzitutto, ella sostiene che non si doveva perturbare una delegazione che, posta sotto la sua direzione, funzionava con un grado elevato di efficienza e di motivazione.

22      Ella sostiene poi che occorreva mantenere in Etiopia una delegazione pienamente operativa a seguito degli aiuti concessi dall’Unione a tale paese e dei rischi che l’Unione correva per le possibilità di destabilizzazione locale o regionale in grado di provocare una nuova crisi migratoria.

23      Per giunta, la ricorrente ritiene che ella fosse idealmente in possesso dei requisiti da soddisfare per le esigenze della funzione: esperienza acquisita nell’ambito diplomatico, in particolare l’aiuto allo sviluppo; conoscenze acquisite sul paese e sulla regione interessati; rapporti di fiducia e di rispetto instaurati con le autorità locali; accesso a dati privilegiati a seguito del suo inserimento in una rete di contatti ben informati.

24      Infine, ella sottolinea che il fatto di non concedere la proroga richiesta potrebbe essere inteso come un atto di cattiva gestione delle risorse pubbliche e che tale argomento potrebbe essere sfruttato in parecchi Stati membri da partiti di estrema destra ostili all’integrazione europea.

25      Questi argomenti sono contestati dal SEAE.

26      A tal riguardo, è chiaro che, nella fattispecie, la ricorrente contesta una decisione adottata nei suoi confronti nell’ambito della politica di mobilità attuata dal SEAE e che implica, in linea di principio, una rotazione, ogni quattro anni, per ciascun membro del personale – politica fondata sui seguenti atti:

–        l’articolo 2 dell’allegato X dello Statuto, ai sensi del quale si procede periodicamente alla mobilità dei funzionari con sede di servizio in un paese terzo secondo una procedura specifica, denominata «procedura di mobilità»;

–        l’articolo 6, paragrafo 10, della decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del SEAE (GU 2010, L 201, pag. 30), ai sensi del quale «l’alto rappresentante stabilisce le norme relative alla mobilità per assicurare che i membri del personale del SEAE beneficino di un elevato grado di mobilità»;

–        la «EU Delegations’ guide» (guida delle delegazioni dell’Unione), che prevede che un’assegnazione presso una delegazione dura normalmente quattro anni e che il personale ha la possibilità di chiedere una proroga o una partenza anticipata, fermo restando che tali deroghe sono concesse solo in casi eccezionali, che debbono essere debitamente motivate e tener conto dell’interesse del servizio.

27      Su questa politica di rotazione, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza, le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale nell’organizzazione dei loro servizi, in funzione dei compiti loro affidati, e nell’assegnazione a determinati posti, in considerazione dei detti compiti, del personale disponibile, a condizione che tale assegnazione venga effettuata nell’interesse del servizio e nel rispetto dell’equivalenza degli impieghi (v., in questo senso, sentenze del 23 marzo 1988, Hecq/Commissione, 19/87, EU:C:1998:165, punto 6, e del 19 ottobre 2017, Bernaldo de Quiros/Commissione, T‑649/16, non pubblicata, EU:T:2017:736, punto 22).

28      Nel sindacato da esso esercitato sulle decisioni riguardanti l’organizzazione dei servizi, il Tribunale, quando è investito di un ricorso, deve verificare se l’APN si sia attenuta entro limiti ragionevoli e non abbia fatto uso del suo potere discrezionale in maniera manifestamente errata (v., in questo senso, sentenze del 12 dicembre 2000, Dejaiffe/UAMI, T‑223/99, EU:T:2000:292, punto 53, e del 21 settembre 2004, Soubies/Commissione, T‑325/02, EU:T:2004:271, punto 50).

29      Per dimostrare l’esistenza di un errore manifesto, la ricorrente deve fornire elementi di prova che privino di plausibilità le valutazioni operate dall’amministrazione (v., in questo senso, sentenza del 24 aprile 2013, Demeneix/Commissione, F‑96/12, EU:F:2013:52, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

30      Nella fattispecie, appare chiaro che tale esigenza non è stata soddisfatta, dato che la ricorrente ha presentato il proprio punto di vista su quanto a suo parere l’interesse del servizio comportava senza contestare in maniera convincente le valutazioni operate dal SEAE, valutazioni di cui ella non è riuscita ad intaccare la credibilità.

31      Pertanto, in ordine al primo argomento, il SEAE ha potuto considerare, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che la delegazione avrebbe continuato a funzionare adeguatamente essendo posta sotto la direzione di un nuovo capo delegazione nominato, in particolare, sulla base delle sue qualità gestionali.

32      Per quanto riguarda il secondo argomento, il SEAE ha potuto ritenere, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che le difficoltà incontrate nel paese o nella regione interessati non fossero diverse, nella loro natura o nella loro intensità, da quelle incontrate altrove senza che ciò debba ostacolare l’esercizio di rotazione, fermo restando che tali difficoltà potevano essere trattate, in maniera altrettanto efficace, da un altro diplomatico, selezionato sulla base dell’esperienza e delle conoscenze necessarie per svolgere questo tipo di funzioni in una delegazione di questo genere.

33      Relativamente al terzo argomento, il SEAE ha potuto ritenere, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che le qualità messe in rilievo dalla ricorrente dovevano essere necessariamente possedute da qualunque capo delegazione in servizio da parecchi anni e che concedere su questa base la proroga richiesta renderebbe impossibile, o quasi, l’esercizio di rotazione, a tale livello di responsabilità.

34      Quanto all’ultimo argomento, il SEAE ha potuto ritenere, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che la mobilità regolare in seno alla sua organizzazione, in particolare nella delegazione interessata, contribuisse ad una sana gestione delle finanze pubbliche e al rafforzamento dell’immagine dell’Unione dato che essa si allineava alla prassi seguita in materia negli Stati membri.

35      A questo proposito, occorre ricordare che, come segnala il SEAE, la mobilità è un principio costante nell’organizzazione dei servizi diplomatici, il cui obiettivo è quello di evitare una eccessiva prossimità, che può derivare da una presenza troppo lunga, tra i diplomatici e le autorità, gli enti e gli ambienti influenti dei paesi riceventi.

36      Poiché queste spiegazioni sono plausibili, si deve considerare che, alla luce degli argomenti presentati dalla ricorrente nella prima parte di questo primo motivo, la valutazione operata dal SEAE non appare viziata da errore manifesto, con la conseguenza che tale prima parte dev’essere respinta.

–       Sulla seconda parte, riguardante la continuità del servizio

37      Secondo la ricorrente, la continuità del servizio esigerebbe che le fosse accordata la proroga richiesta in quanto il numero di partenze annunciate nella delegazione era tale da destabilizzare quest’ultima in assenza del saldo punto di riferimento che sarebbe stato costituito dal mantenimento del capo delegazione.

38      Tale posizione è contestata dal SEAE.

39      A tal proposito, si deve ricordare che l’interesse del servizio esige che la continuità di quest’ultimo non conosca interruzioni (v., in questo senso, sentenza del 23 novembre 2017, PF/Commissione, T‑617/16, non pubblicata, EU:T:2017:829, punto 100 e giurisprudenza citata) con la conseguenza che il sindacato deve vertere anche sull’esistenza di eventuali errori manifesti che privino di plausibilità le valutazioni operate dall’APN (v. giurisprudenza citata ai precedenti punti 28 e 29).

40      Nella fattispecie, la ricorrente sottolinea che, oltre alla sua partenza, per l’esercizio di rotazione 2017 era prevista quella di altre cinque persone che coprivano posti di rilievo, e cioè, da una parte, tra il personale del SEAE, la sua assistente, il capo dell’amministrazione e il capo della sezione politica e, dall’altra, tra il personale della direzione generale della cooperazione internazionale e dello sviluppo, il capo della cooperazione e il capo sezione «sviluppo rurale e sicurezza alimentare».

41      Al riguardo, è importante sottolineare che il rinnovo del personale è inerente all’esercizio di mobilità e non mette in questione, di per se stesso, la continuità del servizio, continuità che viene garantita da una concertazione tra il personale in uscita, il personale restante e il personale in arrivo, il quale è in particolare selezionato sulla base delle conoscenze e dell’esperienza che può vantare per il tipo di posto interessato.

42      L’argomento sollevato dalla ricorrente non intacca la credibilità delle valutazioni operate dal SEAE, che ha potuto ritenere, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che, nella fattispecie, la continuità sarebbe garantita, nell’ambito di tale concertazione, in primo luogo, dal mantenimento del capo delegazione aggiunto che era già in carica da due anni e doveva ancora restare per due anni, in secondo luogo, dall’arrivo di un nuovo capo della sezione politica in possesso di una conoscenza e di un’esperienza appropriate e, in terzo luogo, dall’iscrizione del posto di capo delegazione nell’elenco dei posti da coprire nel corso dell’esercizio di rotazione 2017 in modo tale che questo posto non rimanga mai scoperto.

43      Allo stesso modo, il SEAE ha potuto ritenere, senza commettere alcun errore manifesto di valutazione, che, così da garantire la continuità a medio termine, occorresse nominare il nuovo capo delegazione nel 2017 per consentire alla compagine di lavoro di esaminare, sotto tale nuova direzione, gli sviluppi che dovevano verificarsi nel paese a seguito delle imminenti elezioni.

44      Dagli elementi che precedono risulta che, non essendo stato provato alcun errore manifesto di valutazione, la parte riguardante la continuità del servizio dev’essere respinta così come, essendo state disattese le due parti in cui è suddiviso, il primo motivo, considerato nel suo insieme.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di trasparenza

45      La ricorrente afferma che le regole di trasparenza non sono state rispettate, non essendole stata data alcuna autentica spiegazione eccetto l’affermazione, comunicata verbalmente, secondo cui la politica di mobilità non conosceva alcuna eccezione, affermazione che, del resto, sarebbe erronea alla luce di altri casi in cui sarebbero state concesse eccezioni.

46      Al riguardo, basta constatare che, in applicazione di una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenze del 1o marzo 2017, Silvan/Commissione, T‑698/15 P, non pubblicata, EU:T:2017:131, punto 17 e giurisprudenza citata, e del 19 luglio 2017, Parlamento/Meyrl, T‑699/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:524, punto 47 e giurisprudenza citata).

47      Riprendendo la formulazione dell’articolo 296 TFUE, l’obbligo di motivazione prescritto dall’articolo 25, secondo comma, dello Statuto ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consenta di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso (v., in questo senso, sentenza del 17 gennaio 2017, LP/Europol, T‑719/15 P, non pubblicata, EU:T:2017:7, punto 17).

48      Nella fattispecie, il SEAE ha asserito, nella decisione impugnata, che il diniego di proroga era fondato sulla necessità di garantire una rotazione regolare dei capi delegazione, essendo generalmente seguita una chiara politica di mobilità dopo un massimo di quattro anni di permanenza nel posto.

49      Tale motivazione è stata ribadita, e minutamente esposta, nella decisione di rigetto del reclamo, e gli argomenti addotti dalla ricorrente sono stati allora esaminati in maniera circostanziata come risulta dal precedente punto 6.

50      Per il resto, l’argomento fondato sul carattere erroneo della motivazione si confonde col motivo riguardante la parità di trattamento, che viene trattato qui di seguito.

51      Da quanto precede, risulta che il secondo motivo dev’essere respinto in quanto, anch’esso, infondato.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione del principio della parità di trattamento

52      Il terzo motivo è suddiviso in tre parti.

–       Sulla prima parte, riguardante una discriminazione di carattere razziale nei confronti della ricorrente

53      Nella prima parte, la ricorrente afferma che il rigetto della sua domanda si basava su una discriminazione a carattere antisemita.

54      Indipendentemente dal carattere generico di tali affermazioni, occorre ricordare che l’articolo 91, paragrafo 2, dello Statuto richiede, a pena di irricevibilità, che un motivo sollevato dinanzi al giudice lo sia stato nell’ambito del procedimento precontenzioso, affinché l’APN sia stata in grado di conoscere le critiche formulate dall’interessato contro la decisione contestata (v. sentenza del 25 ottobre 2013, Commissione/Moschonaki, T‑476/11 P, EU:T:2013:557, punti 71 e 73 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nella fattispecie, nel suo reclamo, la ricorrente non ha fatto alcun accenno a sospetti di motivazione a carattere antisemita. D’altro canto, ella non ha asserito che circostanze intervenute posteriormente al reclamo potrebbero dare adito a sospetti di discriminazione nei suoi confronti.

56      Pertanto, la prima parte del terzo motivo deve essere respinta in quanto irricevibile.

–       Sulla seconda parte, riguardante la concessione di una proroga ad altri capi delegazione

57      Nella seconda parte, la ricorrente considera che il SEAE ha violato il principio della parità di trattamento negandole la proroga, ma concedendola ad altri capi delegazione che, pure, si trovavano in una situazione analoga.

58      A questo proposito, si deve rammentare che l’obbligo di garantire una parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

59      Secondo la giurisprudenza, tale principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 55, e giurisprudenza ivi citata).

60      Il principio non è violato da differenze giustificate sulla base di un criterio obiettivo e ragionevole qualora tali differenze siano proporzionate al fine perseguito dalla differenziazione di cui trattasi (v., in questo senso, sentenze del 16 marzo 2004, Afari/BCE, T‑11/03, EU:T:2004:77, punto 65, e del 23 gennaio 2007, Chassagne/Commissione, F‑43/05, EU:F:2007:14, punto 91).

61      Nella sua argomentazione, il SEAE sottolinea che le decisioni sulle proroghe sono fondate sull’interesse del servizio, mentre il principio di uguaglianza è difficilmente loro applicabile, in quanto i raffronti sono resi complessi dalle differenze esistenti tra i vari paesi.

62      A questo proposito, occorre rilevare che il principio di cui trattasi ha portata generale e si applica agli atti adottati dall’APN nel contesto statutario ogniqualvolta sia possibile un raffronto tra situazioni (v., in questo senso, sentenze del 19 ottobre 2006, Buendia Sierra/Commissione, T‑311/04, EU:T:2006:329, punto 130).

63      La sua applicazione non è, di per sé, impedita dal fatto che le decisioni concernenti le domande di proroga siano fondate sull’interesse del servizio, interesse che figura tra i criteri obiettivi e ragionevoli atti a giustificare una disparità di trattamento tra funzionari (v., in questo senso, sentenza del 19 ottobre 2006, De Smedt/Commissione, F‑59/05, EU:F:2006:105, punto 76).

64      Dalle memorie presentate dalle parti e dalla trattazione intervenuta all’udienza risulta che, pur non essendo agevole, un raffronto tra le risposte date alle domande di proroga è possibile, dato che il SEAE stesso opera un siffatto raffronto nella decisione di rigetto del reclamo sforzandosi di mettere in rilievo in che modo i capi delegazione menzionati dalla ricorrente si trovavano in situazioni diverse dalla sua.

65      Così, la decisione di rigetto del reclamo esamina gli argomenti addotti dalla ricorrente a proposito di quattro domande accolte favorevolmente mentre le persone interessate si sarebbero trovate in situazioni analoghe alla sua riguardo all’età del pensionamento e all’instabilità politica regnante nel paese ricevente.

66      Tale argomento dev’essere esaminato sulla base della giurisprudenza che concede all’amministrazione un ampio potere discrezionale per decidere sui provvedimenti da adottare nell’interesse del servizio, mentre il giudice dell’Unione deve allora verificare, nel suo sindacato, se una differenziazione arbitraria o un errore manifesto di valutazione sia stato commesso (sentenza del 25 febbraio 2010, Pleijte/Commissione, F‑91/08, EU:F:2010:13, punto 58).

67      Dalla discussione tra le parti risulta che, tra i casi fatti valere dalla ricorrente, due domande erano attinenti all’esercizio di rotazione durante il quale la domanda di proroga è stata formulata dalla ricorrente, e cioè l’esercizio 2017.

68      In un caso, secondo il SEAE, la proroga è stata concessa per mantenere al suo posto un diplomatico per la durata abituale di un’assegnazione all’estero, ossia quattro anni, dato che l’assegnazione era stata originariamente concessa per un periodo limitato a tre anni, trattandosi di un’assegnazione in un paese «difficile». In tale caso, il SEAE intendeva allineare la durata dell’assegnazione per tale persona alla prassi seguita nel servizio, e cioè un’assegnazione di quattro anni al massimo. Per il SEAE, tale situazione è diversa da quella in cui si trovava la ricorrente, poiché quest’ultima era stata subito assegnata per un periodo di quattro anni al suo posto di capo delegazione.

69      Nell’altro caso, la decisione, secondo il SEAE, era motivata dalla necessità di lasciare al suo posto il capo di delegazione per consentire alla compagine di lavoro di seguire sotto la sua direzione gli sviluppi connessi alla tenuta di elezioni nel paese ricevente.

70      La ricorrente sostiene che anche nel paese in cui ella era assegnata si tenevano elezioni, con la conseguenza che, per identità di motivazione, la sua domanda avrebbe dovuto essere accolta.

71      Secondo il SEAE, le due situazioni non possono tuttavia essere confrontate, in quanto le elezioni prese in considerazione nelle decisioni non avvenivano nello stesso momento relativamente all’eventuale partenza del capo delegazione. Nel paese in cui la proroga è stata accordata, esse avevano luogo prima dell’esercizio di rotazione, il che rendeva auspicabile il mantenimento al suo posto del capo delegazione per esaminare i conseguenti sviluppi. Diversa era la situazione nel paese di assegnazione della ricorrente, in cui le elezioni seguivano la partenza del capo delegazione, il che rendeva preferibile un cambiamento immediato, dato che la compagine di lavoro poteva in tal caso seguire l’iter nel suo complesso sotto la guida di una nuova direzione.

72      Nei suoi atti scritti, la ricorrente esamina inoltre altri due casi in cui, a suo dire, è stata concessa una proroga in violazione della parità di trattamento.

73      A questo proposito, occorre rilevare che i casi in questione riguardavano esercizi di rotazione anteriori con la conseguenza che, pur rimanendo possibili, i raffronti sono meno immediati, dato che le priorità e le necessità possono variare con il tempo.

74      In un caso, secondo il SEAE, la proroga è stata concessa alla luce del fatto che, contrariamente a quella diretta dalla ricorrente, la delegazione non disponeva di un capo delegazione aggiunto. Nell’altro, essa sarebbe stata accordata per evitare che la partenza del capo delegazione coincidesse con quella del capo della sezione politica, il che appariva non auspicabile, in quanto la delegazione era composta da un gruppo ridotto in cui la continuità non poteva essere garantita dai membri restanti.

75      In nessuno di tali due casi, né in quelli esaminati in precedenza, la decisione di accordare la proroga sarebbe stata presa, comunque, per consentire alla persona interessata di terminare la sua carriera nel posto in cui era assegnata, mentre la decisione, al contrario, era fondata su una valutazione condotta alla luce dell’interesse del servizio e vertente sull’apporto costituito dal mantenimento della persona interessata rispetto al vantaggio ricavabile dall’arrivo di una nuova direzione.

76      Secondo il Tribunale, tali considerazioni formulate nella decisione di rigetto del reclamo per spiegare la differenziazione operata tra i diversi casi presentano un carattere plausibile senza che la ricorrente abbia addotto elementi che facciano pensare che una discriminazione arbitraria o un errore manifesto avesse potuto essere commesso.

77      Quanto all’importanza che può essere accordata alle considerazioni personali come il desiderio di terminare la propria carriera in un determinato luogo, occorre ricordare che le decisioni devono essere fondate sull’interesse del servizio e che, anche se l’autorità può tenerne conto, considerazioni del genere non possono prevalere su altri elementi giudicati più importanti rispetto a tale interesse.

78      Alla luce di tali considerazioni, la seconda parte del terzo motivo dev’essere respinta.

–       Sulla terza parte, riguardante le misure da prendere nei confronti delle donne

79      Nella terza parte, la ricorrente ritiene che la sua domanda avrebbe dovuto essere accolta sulla base dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 2 e 3, dello Statuto, che, a suo parere, implica l’adozione di misure compensative della scarsa rappresentanza delle donne nelle funzioni di direzione presso la funzione pubblica dell’Unione.

80      Tale tesi è criticata dal SEAE.

81      Ai sensi dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 2, dello Statuto, una completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa costituisce un elemento essenziale di cui tener conto nell’attuazione di tutti gli aspetti dello Statuto.

82      Ai sensi della stessa disposizione, il principio della parità di trattamento non osta a che le istituzioni dell’Unione mantengano o adottino misure che prevedono vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali.

83      In forza dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 3, dello Statuto, le APN delle istituzioni definiscono, di comune accordo, previo parere del comitato dello Statuto, i provvedimenti e le azioni destinate a favorire le pari opportunità tra uomini e donne nei settori coperti dallo Statuto e adottano i provvedimenti del caso, in particolare per ovviare alle ineguaglianze di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne nei settori coperti dallo Statuto.

84      Da queste disposizioni risulta, in primo luogo, che la parità tra uomini e donne è un elemento «essenziale» per l’attuazione dello Statuto, in secondo luogo, che tale dimensione deve intervenire in «tutti» gli aspetti connessi a tale attuazione, in terzo luogo, che le istituzioni possono adottare provvedimenti diretti a compensare la scarsa rappresentanza delle donne in talune funzioni e, in quarto luogo, che esse debbono definire di comune accordo provvedimenti atti ad ovviare alle diseguaglianze di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne.

85      Secondo il SEAE, il genere non può essere preso in considerazione nelle decisioni in materia di proroga in un’assegnazione ad un posto di capo delegazione, dato che tali decisioni devono essere fondate, in maniera esclusiva, sull’interesse del servizio.

86      Tale tesi è stata esposta nella decisione di rigetto del reclamo, nella quale il SEAE ha precisato che «poiché la proroga dell’assegnazione del personale ad una delegazione è esclusivamente motivata dall’interesse del servizio, non può essere tenuto conto della sua qualità di donna per decidere l’eventuale proroga della sua assegnazione a tale posto».

87      Essa è stata altresì espressa nella risposta fornita dal SEAE ai quesiti scritti posti dal Tribunale prima dell’udienza, in cui tale servizio ha allora sottolineato, da un lato, «che non vi [era] alcuna connessione tra la politica di pari opportunità e la politica di mobilità in seno al SEAE» e, dall’altro, che «la trattazione di una siffatta domanda [di proroga] rientra[va] nell’ambito della politica di mobilità e non […] della politica di pari opportunità tra uomini e donne».

88      All’udienza, il rappresentante del SEAE ha asserito, nello stesso senso, che «la politica di mobilità [era] una politica distinta dalla politica di pari opportunità». In risposta a quesiti posti a titolo di misure di organizzazione del procedimento successive all’udienza, il SEAE ha altresì precisato che «le domande di proroga [erano] trattate in funzione dell’interesse del servizio in ciascun caso singolo, indipendentemente dalla questione se il richiedente [fosse] un uomo o una donna».

89      Al riguardo, è importante osservare che, adottando le disposizioni di cui trattasi, il legislatore statutario ha manifestato la sua volontà di conferire alla parità di genere, in particolare alla rappresentanza delle donne in talune funzioni, una collocazione «essenziale» nelle deliberazioni che attuano «tutti» gli aspetti dello Statuto.

90      Tale volontà non si trova rispecchiata nelle posizioni adottate dal SEAE il quale, con le dichiarazioni da esso formulate nel corso dei procedimenti amministrativo e giurisdizionale, ha affermato, al contrario, che, per quanto lo riguardava, esso vedeva le considerazioni relative al genere come estranee all’interesse del servizio.

91      Il SEAE sostiene di non essere vincolato, allo stato attuale, da alcuna disposizione che gli imponga di compensare la scarsa rappresentanza delle donne in talune funzioni, dato che disposizioni del genere possono soltanto essere adottate in applicazione dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 2 e 3, dello Statuto, che non avrebbe ancora avuto attuazione.

92      In tale contesto, la questione è quella di determinare se, in attesa di provvedimenti che devono così essere adottati dalle istituzioni, queste ultime, come sostiene il SEAE, possano escludere dalle decisioni che attuano aspetti dello Statuto le considerazioni relative al genere, in particolare quelle concernenti la rappresentanza delle donne in talune funzioni.

93      A questo proposito, è importante constatare che, nell’articolo 1 quinquies, paragrafo 2, dello Statuto, il legislatore statutario non si limita ad annunciare l’adozione di provvedimenti da parte delle istituzioni. Esso dichiara altresì, senza che tale dichiarazione sia accompagnata da un qualunque termine o da una qualunque condizione, e senza che essa sia subordinata all’adozione di qualche provvedimento, che la parità di genere costituisce una dimensione «essenziale» di cui tener conto in «tutti» gli aspetti che attuano lo Statuto.

94      Ne consegue che, escludendo la parità di genere dalle considerazioni che hanno accompagnato l’adozione della decisione vertente sulla domanda di proroga presentata dalla ricorrente, mentre tale dimensione presenta un carattere essenziale agli occhi del legislatore statutario, il SEAE ha violato le disposizioni statutarie citate dalla ricorrente.

95      Tale errore presenta un carattere evidente dato il contrasto tra, da un lato, l’esclusione delle considerazioni relative al genere nella decisione di rigetto del reclamo e, dall’altro, il carattere essenziale attribuito a tali considerazioni dal legislatore statutario.

96      Tuttavia, secondo la giurisprudenza, l’annullamento di una decisione amministrativa a seguito di un errore non è giustificato qualora l’errore non abbia influenzato in maniera determinante il contenuto di tale decisione (v., in questo senso, sentenza del 9 giugno 2015, Navarro/Commissione, T‑556/14 P, EU:T:2015:368, punto 26).

97      Nella fattispecie, il dispositivo della decisione impugnata avrebbe potuto essere diverso se la parità di genere non fosse stata subito esclusa, per principio, dalla valutazione operata dal SEAE, mentre le decisioni vertenti sull’organizzazione dei suoi servizi devono essere inserite nel contesto normativo stabilito dallo Statuto.

98      Per questo motivo, si deve accogliere la terza parte del terzo motivo e annullare la decisione impugnata.

 Sulla domanda di risarcimento danni

99      La ricorrente chiede la condanna del SEAE a versarle a titolo di risarcimento del danno morale una somma forfettaria, in via principale, di EUR 250 000, in via subordinata, di EUR 200 000, o, in via ulteriormente subordinata, di EUR 150 000, di EUR 100 000 o di EUR 50 000.

100    Ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di predisporre la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche solo sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso. Per quanto riguarda più in particolare un ricorso diretto a ottenere il risarcimento di danni asseritamente causati da un’istituzione dell’Unione, esso deve contenere gli elementi che consentono di individuare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per cui egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che afferma di aver subito, nonché la natura e l’entità di tale danno (v. ordinanza del 16 gennaio 2004, Arizona Chemical e a./Commissione, T‑369/03 R, EU:T:2004:9, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

101    Orbene, si deve necessariamente constatare che, per quanto riguarda l’identificazione del danno lamentato nonché il nesso di causalità tra il comportamento asseritamente illegittimo e tale danno, il ricorso non soddisfa le condizioni stabilite dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

102    Infatti, la ricorrente non adduce alcun elemento atto a provare l’esistenza di un danno, a misurarne la portata o a dimostrare la presenza di un nesso di causalità.

103    Occorre pertanto respingere la presente domanda di risarcimento in quanto irricevibile.

 Sulle spese

104    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

105    Nella fattispecie, il SEAE, rimasto sostanzialmente soccombente, deve essere condannato alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), del 30 giugno 2016, recante rigetto della domanda della sig.ra Chantal Hebberecht di prorogare di un anno la sua assegnazione quale capo delegazione dell’Unione europea in Etiopia è annullata.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      Il SEAE è condannato alle spese.

Pelikánová

Nihoul

Svenningsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.