Language of document : ECLI:EU:T:1997:159

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

24 ottobre 1997
(1)

«CECA — Ricorso d'annullamento — Aiuti concessi dagli Stati — Decisioni individuali che autorizzano la concessione di aiuti di Stato a imprese siderurgiche — Incompetenza — Legittimo affidamento — Incompatibilità con le disposizioni del Trattato — Discriminazione — Difetto di motivazione — Violazione dei diritti della difesa — Artt. 4, lett. b) e c), 15 e 95, primo e secondo comma, del Trattato»

Nella causa T-243/94,

British Steel plc, società di diritto inglese, con sede in Londra, rappresentata dai signori Richard Plender, Q.C., del foro d'Inghilterra e del Galles, e William Sibree, solicitor, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Elvinger, Hoss e Prussen, 15, Côte d'Eich,

ricorrente,

sostenuta da

SSAB Svenskt Stål AB, società di diritto svedese, con sede in Stoccolma, rappresentata dai signori John Boyce e Philip Raven, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Elvinger, Hoss e Prussen, 15, côte d'Eich,

Det Danske Stålvalseværk A/S, società di diritto danese, con sede in Frederiksværk (Danimarca), rappresentata dal signor Jonathan Alex Lawrence, solicitor, con

domicilio eletto in Lussemburgo nello studio dell'avv. Ernst Arendt, 8-10, rue Mathias Hardt,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Nicholas Khan e Ben Smulders, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai signori Rüdiger Bandilla, direttore presso il servizio giuridico, e John Carbery, consigliere giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessando Morbilli, direttore generale della direzione degli Affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

Repubblica italiana, rappresentata dal signor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata d'Italia, 5, rue Marie-Adélaide,

Regno di Spagna, rappresentato dal signor Alberto Navarro González, direttore generale del coordinamento giuridico e istituzionale per le Comunità europee, assistito inizialmente dalla signora Gloria Calvo Díaz, successivamente dal signor Luis Perez De Ayala Beccerril, entrambi abogados del Estado, con domicilio eletto in Lussemburgo presso l'ambasciata di Spagna, 4-6, boulevard Emmanuel Servais,

e

Ilva Laminati Piani SpA, società di diritto italiano, con sede in Roma, rappresentata dall'avv. Aurelio Pappalardo, del foro di Trapani, e dall'avv. Massimo Merola, del foro di Roma, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alain Lorang, 51, rue Albert 1°,

intervenienti,

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento delle decisioni della Commissione 12 aprile 1994, 94/258/CECA, relativa alla concessione da parte della Spagna di aiuti a favore dell'impresa siderurgica integrata pubblica Corporación de la Siderurgia Integral (CSI), e 12 aprile 1994, 94/259/CECA, relativa alla

concessione da parte dell'Italia di aiuti di Stato alle imprese siderurgiche del settore pubblico (gruppo siderurgico Ilva) (GU L 112, rispettivamente pagg. 58 e 64),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dal signor A. Saggio, presidente, dal signor A. Kalogeropoulos, dalla signora V. Tiili, dai signori A. Potocki e R.M. Moura Ramos, giudici,

cancelliere: H. Jung

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 febbraio 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

1.
    Il Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (in prosieguo: il «Trattato») vieta, in linea di principio, gli aiuti di Stato ad imprese siderurgiche, dichiarando, all'art. 4, lett. c), incompatibili col mercato comune del carbone e dell'acciaio e, di conseguenza, vietati alle condizioni previste dal detto Trattato «le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma».

2.
    L'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato stabilisce quanto segue:

«In tutti i casi non previsti dal presente Trattato, nei quali una decisione o una raccomandazione della Commissione appaia necessaria per attuare, mentre è in funzione il mercato comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle disposizioni dell'articolo 5, uno degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli articoli 2, 3 e 4, questa decisione o questa raccomandazione può essere presa con parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità e dopo consultazione del comitato consultivo.

La stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili».

3.
    Nell'intento di rispondere alle esigenze della ristrutturazione del settore siderurgico, la Commissione si è basata sulle precitate disposizioni dell'art. 95 del Trattato per istituire, a partire dall'inizio degli anni '80, un regime comunitario degli aiuti che autorizza la concessione di aiuti statali alla siderurgia in taluni casi tassativamente elencati. Tale regime è stato successivamente adattato per far fronte alle difficoltà congiunturali dell'industria siderurgica. Il codice comunitario degli aiuti alla siderurgia in vigore durante il periodo considerato nel caso in esame risulta così il quinto della serie ed è stato adottato con la decisione della Commissione 27 novembre 1991, 3855/91/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 362, pag. 57; in prosieguo: il «codice degli aiuti»). Emerge dal suo preambolo che esso istituisce, al pari dei precedenti codici, un sistema comunitario diretto ad applicarsi agli aiuti, specifici o meno, concessi dagli Stati in qualunque forma. Il codice non autorizza né gli aiuti al funzionamento né gli aiuti alla ristrutturazione, a meno che non si tratti di aiuti per la chiusura di impianti.

Fatti all'origine della causa

4.
    Di fronte all'aggravamento della situazione economica e finanziaria nel settore siderurgico, la Commissione presentava un piano di ristrutturazione nella sua comunicazione SEC (92) 2160 def. del 23 novembre 1992 indirizzata al Consiglio e al Parlamento europeo, intitolata «Per il rafforzamento della competitività dell'industria siderurgica. Necessità di una nuova ristrutturazione». Detto piano partiva dalla constatazione del permanere di una sovraccapacità produttiva di carattere strutturale e mirava principalmente a realizzare, in base ad una partecipazione volontaria delle imprese siderurgiche, una riduzione sostanziale e definitiva delle capacità di produzione dell'ordine di almeno 19 milioni di tonnellate. Esso prevedeva, a tale scopo, un insieme di provvedimenti concomitanti nel settore sociale, nonché incentivi finanziari, ivi compresi aiuti comunitari. Contemporaneamente, la Commissione conferiva un mandato esplorativo ad un esperto indipendente, il signor Braun, ex direttore generale della direzione generale dell'industria presso la Commissione, il cui compito fondamentale consisteva nell'effettuare la rilevazione dei i progetti di chiusura di imprese del settore siderurgico durante il periodo considerato nella comunicazione di cui sopra, che riguardava gli anni 1993-1995. Il signor Braun presentava in data 29 gennaio 1993 la sua relazione, intitolata «Le ristrutturazioni in corso o previste nell'industria siderurgica», dopo aver preso contatto con i dirigenti di circa 70 imprese.

5.
    Nelle sue conclusioni del 25 febbraio 1993 il Consiglio accoglieva favorevolmente i principi fondamentali del programma presentato dalla Commissione, a seguito della relazione Braun, al fine di ottenere una riduzione sostanziale delle capacità produttive. La ristrutturazione duratura del settore siderurgico doveva essere agevolata da «un insieme di misure di accompagnamento di durata limitata, che rispettassero rigorosamente le norme sul controllo degli aiuti di Stato», fermo restando che, in merito agli aiuti di Stato, «la Commissione [confermava] l'importanza da essa riposta in un'applicazione rigorosa e oggettiva del codice degli

aiuti e [avrebbe provveduto] affinché le eventuali deroghe che potessero essere proposte al Consiglio in forza dell'art. 95 del Trattato contribuissero pienamente al necessario impegno complessivo di riduzione delle capacità produttive. Il Consiglio [si sarebbe pronunciato] rapidamente su tali proposte in base a criteri oggettivi».

6.
    Seguendo tale orientamento, il Consiglio e la Commissione affermavano, nella loro dichiarazione congiunta figurante nel verbale del Consiglio 17 dicembre 1993 — il quale menziona l'accordo globale raggiunto in seno al Consiglio per dare il parere conforme ex art. 95, primo e secondo comma del Trattato, sugli aiuti di Stato alle imprese pubbliche Sidenor (Spagna), Sächsische Edelstahlwerke GmbH (Germania), Corporación de la Siderurgia Integral (CSI, Spagna), Ilva (Italia), EKO Stahl AG (Germania) e Siderurgia Nacional (Portogallo) — che essi «[consideravano] che l'unico mezzo per pervenire ad una siderurgia comunitaria sana, competitiva sul mercato mondiale, [era] di porre definitivamente fine alle sovvenzioni pubbliche alla siderurgia e di chiudere gli impianti non redditizi. Dando il suo consenso unanime alle proposte fondate sull'art. 95 che [erano] sottoposte al suo esame, il Consiglio [riaffermava] l'importanza da esso riposta nell'applicazione rigorosa del codice agli aiuti (...) e, in mancanza di autorizzazioni in forza del codice, nell'art. 4, lett. c), del Trattato CECA. Fermo restando il diritto di ciascun Stato membro di chiedere una decisione ai sensi dell'art. 95 del Trattato CECA, e conformemente alle sue conclusioni 25 febbraio 1993, il Consiglio si [dichiarava] fermamente deciso ad evitare qualsiasi nuova deroga sulla base dell'art. 95 per aiuti in favore di un'impresa specifica».

7.
    Il 22 dicembre 1993, in forza dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, il Consiglio emetteva parere conforme sulla concessione degli aiuti summenzionati destinati ad accompagnare la ristrutturazione o la privatizzazione delle imprese pubbliche interessate.

8.
    In tale contesto giuridico e fattuale, per agevolare una nuova ristrutturazione dell'industria siderurgica, la Commissione adottava il 12 aprile 1994, a seguito del parere conforme del Consiglio di cui sopra, sei decisioni individuali fondate sull'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, che autorizzavano la concessione di aiuti di Stato non conformi ai criteri che consentivano, in base al soprammenzionato codice degli aiuti, di derogare all'art. 4, lett. c), del Trattato. La Commissione autorizzava rispettivamente, in dette sei decisioni, gli aiuti che la Germania intendeva accordare all'impresa siderurgica EKO Stahl AG, Eisenhüttenstadt (decisione 94/256/CECA, GU L 112, pag. 45), gli aiuti che il Portogallo intendeva accordare all'impresa siderurgica Siderurgia Nacional (decisione 94/257/CECA, GU L 112, pag. 52), gli aiuti che la Spagna intendeva accordare all'impresa pubblica di siderurgia integrata Corporación de la Siderurgia Integral (CSI) (decisione 94/258/CECA, GU L 112, pag. 58, in prosieguo: la «decisione 94/258»), gli aiuti che l'Italia intendeva accordare alle imprese siderurgiche del settore pubblico (gruppo siderurgico Ilva), (decisione 94/259/CECA, GU L 112, pag. 64, in prosieguo: la

«decisione 94/259»), gli aiuti che la Germania intendeva accordare all'impresa siderurgica Sächsische Edelstahlwerke GmbH, Freital/Sachsen (decisione 94/260/CECA, GU L 112, pag. 71), e gli aiuti che la Spagna intendeva accordare alla Sidenor, impresa che produce acciai speciali (decisione 94/261/CECA, GU L 112, pag. 77).

9.
    Siffatte autorizzazioni erano accompagnate, in linea col parere conforme del Consiglio, «da obblighi corrispondenti a riduzioni nette di capacità produttive per 2 milioni di tonnellate almeno di acciaio grezzo e per un massimo di 5,4 milioni di tonnellate di laminati a caldo», secondo la comunicazione 13 aprile 1994 della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, (COM(94) 125 def.), mirante a stabilire un bilancio intermedio della ristrutturazione siderurgica e ad emettere suggerimenti volti a consolidare tale processo, conformemente alle precitate conclusioni del Consiglio 25 febbraio 1993.

Procedimento

10.
    In tale contesto, con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 27 giugno 1994, l'impresa siderurgica British Steel plc chiedeva, in forza dell'art. 33 del Trattato CECA, l'annullamento di due delle sopra menzionate decisioni adottate il 12 aprile 1994, vale a dire la decisione 94/258, riguardante l'impresa CSI, e la decisione 94/259, concernente il gruppo Ilva.

11.
    Contemporaneamente, venivano presentati altri due ricorsi: uno dall'Associazione delle Acciaierie Europee Indipendenti (EISA), contro le sei sopra indicate decisioni 94/256-94/261 del 12 aprile 1994 (causa T-239/94), e l'altro dalle imprese Wirtschaftsvereinigung Stahl, Thyssen Stahl AG, Preussag Stahl AG e Hoogovens Groep BV contro la summenzionata decisione 94/259, che autorizza la concessione di aiuti di Stato al gruppo Ilva (causa T-244/94).

12.
    Nel caso in esame, il Consiglio, la Repubblica italiana, il Regno di Spagna e l'Ilva Laminati Piani S.p.A. (in prosieguo: l'«Ilva») presentavano nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente il 25 ottobre, l'11 e il 13 novembre, e il 19 dicembre 1994, un'istanza d'intervento nella causa a sostegno delle conclusioni della convenuta. Le società SSAB Svenskt Stål AB e Det Danske Stålvalseværk A/S dalcanto loro depositavano nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente l'8 e il 15 dicembre 1994, una istanza d'intervento a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Con ordinanze 13 febbraio e 6 marzo 1995, il presidente della seconda Sezione ampliata del Tribunale ammetteva i detti interventi a sostegno delle conclusioni della convenuta e della ricorrente.

13.
    La British Steel depositava nella cancelleria del Tribunale, in data 28 ottobre 1984, una domanda di misure di organizzazione del procedimento, in forza dell'art. 64, n. 4, del regolamento di procedura, diretta a che il Tribunale ordinasse alla Commissione di produrre le relazioni peritali redatte, su domanda di detta

istituzione, dal signor Atkins sull'attuabilità dei piani di ristrutturazione delle imprese Ilva e CSI, nonché le relazioni relative a dette imprese che l'Italia e la Spagna sono tenute a inviare alla Commissione, in forza dell'art. 4 delle decisioni impugnate, due volte l'anno al fine di consentirle di controllare il rispetto delle condizioni stabilite dalle stesse decisioni. Dopo il deposito delle osservazioni della Commissione, in data 9 dicembre 1994, il Tribunale poneva alla ricorrente, alla Commissione e all'Ilva vari quesiti relativi, da un lato, alla necessità di disporre delle summenzionate relazioni al fine di valutare la regolarità delle decisioni impugnate e la garanzia dei diritti della difesa e, dall'altro, alla riservatezza o meno delle informazioni contenute in dette relazioni, e invitava le intervenienti a presentare le loro osservazioni sulla domanda della ricorrente. La ricorrente, la Commissione e l'Ilva rispondevano ai quesiti e gli intervenienti presentavano le loro osservazioni entro il termine impartito. Inoltre, quanto alla questione della riservatezza, la Commissione inviava al Tribunale, il 30 giugno 1995, la perizia Atkins concernente l'impresa CSI, priva delle informazioni che quest'ultima riteneva riservate. La Commissione spiegava che detta relazione era stata redatta in base ad una perizia SRI e non conteneva quindi lo stesso tipo di analisi dettagliate della relazione Atkins concernente l'Ilva, la quale avrebbe esaminato le possibilità di ristrutturazione di questa impresa in base a informazioni commerciali riservate, il che avrebbe spiegato l'impossibilità di comunicarne una versione non riservata. Il Tribunale riteneva che si doveva proseguire il procedimento prima di statuire sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento e comunicava tale decisione alla ricorrente con lettera della cancelleria 20 luglio 1995.

14.
    La British Steel presentava l'8 agosto 1995 una seconda domanda di misure di organizzazione del procedimento mirante a che il Tribunale ordinasse alla Commissione di produrre la perizia Atkins relativa all'Ilva e la perizia SRI concernente la CSI, se del caso private rispettivamente dalle dette due società di qualsiasi informazione riservata. Le intervenienti venivano ammesse a presentare le loro osservazioni. Il Tribunale rilevava che non si doveva statuire in questa fase del procedimento sulla detta seconda domanda e comunicava tale decisione alla ricorrente con lettera della cancelleria 26 ottobre 1995.

15.
    Con lettera della cancelleria 3 dicembre 1996, il Tribunale poneva alla Commissione vari quesiti relativi essenzialmente alle informazioni di cui la ricorrente chiedeva, in subordine, la comunicazione, nella sua prima domanda di misure di organizzazione del procedimento, qualora il Tribunale ritenesse opportuno di non accogliere la sua domanda diretta a far produrre le perizie summenzionate e a far ordinare altre misure di organizzazione del procedimento. La Commissione rispondeva a tali quesiti entro il termine impartito. Alla luce di tali risposte, il Tribunale riteneva che erano in suo possesso tutti gli elementi necessari per valutare i motivi addotti dalla ricorrente e che la produzione delle perizie Atkins concernente l'Ilva e SRI concernente la CSI, nonché le summenzionate relazioni degli Stati membri interessati non erano necessarie per garantire il rispetto dei diritti della difesa. Su relazione del giudice relatore, il

Tribunale ha deciso di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria. Le parti hanno svolto osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all'udienza 25 febbraio 1997.

Conclusioni delle parti

16.
    La ricorrente, sostenuta dalla SSAB Svenskt Stål, conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare le decisioni 94/258 e 94/259;

—    condannare la Commissione alle spese.

17.
    L'interveniente Det Danske Stålvalseværk conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare le decisioni 94/258 e 94/259;

—    condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute dall'interveniente.

18.
    La convenuta, sostenuta dal Consiglio, dalla Repubblica italiana e dal Regno di Spagna, conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

19.
    L'Ilva conclude che il Tribunale voglia:

—    dichiarare il ricorso irricevibile e/o infondato,

—    condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle sostenute dall'Ilva.

Sulla ricevibilità del ricorso

Argomenti delle parti

20.
    La British Steel sottolinea che essa è un'impresa interessata, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, del Trattato, dalle decisioni impugnate, che autorizzano la concessione di aiuti a imprese che sono sue concorrenti. Sotto tale profilo essa contesta la tesi dell'Ilva secondo la quale le sei summenzionate decisioni, adottate dalla Commissione il 12 aprile 1994, costituiscono un insieme indivisibile risultante da un compromesso politico realizzato in seno al Consiglio, di modo che il ricorso in esame, diretto unicamente all'annullamento di due di dette decisioni, non può essere considerato ricevibile poiché l'eventuale annullamento delle due decisioni

controverse comporterebbe un'inaccettabile modifica di un accordo politico raggiunto al più alto livello. Tale argomento sarebbe in particolare irrilevante per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, poiché il diritto della ricorrente di impugnare le due decisioni che, a suo avviso, la riguardano direttamente e individualmente non può essere messo in discussione a causa del mero fatto dell'esistenza di un nesso politico fra le decisioni impugnate ed altre decisioni adottate dalla Commissione nello stesso ambito.

21.
    Dal canto suo, l'Ilva ammette innanzi tutto che nella sua qualità di interveniente non ha il diritto di sollevare la questione della ricevibilità del ricorso, poiché la Commissione non l'ha sollevata nella fase scritta. Essa ricorda tuttavia che, ai sensi dell'art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può, in qualsiasi momento, esaminare d'ufficio l'irricevibilità per motivi di ordine pubblico, il che dovrebbe indurlo ad esaminare la sua argomentazione.

22.
    Nella specie, le due decisioni impugnate dalla British Steel costituiscono aspetti importanti di un accordo politico complessivo concluso in seno al Consiglio ai fini della ristrutturazione della siderurgia comunitaria. Il ricorso dovrebbe essere dichiarato pertanto irricevibile, in quanto esso non si limiterebbe a contestare i criteri utilizzati dalla Commissione nel valutare le condizioni per la concessione degli aiuti specifici autorizzati dalle due decisioni controverse, ma metterebbe in discussione il fondamento stesso dell'accordo politico intervenuto a livello comunitario e avallato dalle sei decisioni adottate dalla Commissione il 12 aprile 1994. Infatti, l'eventuale annullamento di una delle decisioni considerate o di varie di esse comporterebbe la modifica del compromesso politico ottenuto in seno al Consiglio. Ne conseguirebbe che la ricorrente poteva impugnare unicamente l'insieme delle sei decisioni.

Giudizio del Tribunale

23.
    Prima di esaminare la fondatezza dell'eccezione d'irricevibilità sollevata dall'interveniente Ilva, si deve valutarne la ricevibilità alla luce delle norme di procedura vigenti.

24.
    Ai sensi degli artt. 34, secondo comma, e 46, primo comma, dello Statuto (CECA) della Corte, le conclusioni di un'istanza d'intervento possono mirare unicamente a sostenere le conclusioni di una parte della controversia. Inoltre, l'art. 116, n. 3, del regolamento di procedura dispone che l'interveniente accetta il procedimento nello stato in cui questo si trova all'atto del suo intervento.

25.
    Ne consegue che, non avendo la convenuta sollevato la questione della ricevibilità del ricorso nel corso della fase scritta, l'interveniente Ilva non è legittimata a sollevare un'eccezione d'irricevibilità e che il Tribunale non è tenuto pertanto ad

esaminare i motivi d'irricevibilità da essa addotti (v., al riguardo, sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I-1125).

26.
    Tuttavia, in forza dell'art. 113 del regolamento di procedura, il Tribunale può in qualsiasi momento esaminare d'ufficio le eccezioni d'irricevibilità di ordine pubblico, comprese quelle sollevate dagli intervenienti (v., al riguardo, sentenze della Corte 11 luglio 1990, cause riunite C-305/86 e C-160/87, Neotype Techmashexport/Commissione, Racc. pag. I-2945, e 15 giugno 1993, causa C-225/91, Matra Commissione, Racc. pag. I-3203).

27.
    Un'eccezione d'irricevibilità presenta natura di ordine pubblico soltanto quando si riferisce ad una condizione essenziale di ricevibilità del ricorso proposto in forza dell'art. 33, secondo comma, del Trattato.

28.
    Nella specie, il motivo d'irricevibilità sollevato dall'interveniente, non riferendosi ad una di dette condizioni essenziali, non dev'essere sollevato d'ufficio. Infatti, l'Ilva si limita a sostenere, in sostanza, che un'impresa riguardata da una decisione facente parte di un «pacchetto» non può impugnare separatamente la decisione che la riguarda, ma è tenuta, per contestarla, a proporre un ricorso di annullamento contro l'insieme delle decisioni del «pacchetto». Orbene, l'imposizione di siffatta condizione di ricevibilità non soltanto non è prevista dalle pertinenti disposizioni del Trattato, ma inoltre sarebbe in totale contraddizione col testo e lo spirito dell'art. 33, secondo comma, del Trattato, che sancisce espressamente la legittimazione ad agire delle imprese e delle associazioni di imprese contro le decisioni individuali che le riguardano.

29.
    Ne consegue che l'eccezione d'irricevibilità addotta dall'Ilva dev'essere respinta in ogni caso, in quanto l'asserita condizione di ricevibilità sulla quale si basa è incompatibile con la legittimazione ad agire conferita ad un'impresa, in base all'art. 33 del Trattato, contro qualsiasi decisione individuale che la riguarda.

Nel merito del ricorso

30.
    La ricorrente adduce, a sostegno della sua domanda di annullamento, quattro motivi, relativi rispettivamente all'incompetenza della Commissione ad adottare le decisioni controverse, alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, alla violazione del Trattato CECA o di qualsiasi norma di diritto relativa alla sua applicazione, nonché all'inosservanza di forme sostanziali.

Sul primo motivo relativo all'incompetenza della Commissione

Argomenti delle parti

31.
    La British Steel sostiene che la Commissione non era competente ad adottare le decisioni controverse. Il codice degli aiuti costituirebbe una cornice giuridica esauriente e vincolante, in quanto esso si opporrebbe all'autorizzazione di aiuti incompatibili con le sue disposizioni. In particolare, l'art. 1 di detto codice vieterebbe espressamente tutti gli aiuti al funzionamento e agli investimenti. La Commissione non sarebbe stata pertanto legittimata a autorizzare la concessione di siffatti aiuti con le due decisioni impugnate. Essa non potrebbe arrogarsi siffatto potere basandosi sull'art. 95, primo comma, del Trattato, poiché avrebbe adottato in forza dell'art. 95 lo stesso codice degli aiuti, che stabilirebbe definitivamente i criteri da applicare per la realizzazione degli obiettivi del Trattato, fatta salva una sua modifica per effetto di una decisione generale.

32.
    A questo proposito, la ricorrente sottolinea che la Commissione, se intende autorizzare aiuti che non soddisfano le condizioni enunciate dal codice, deve modificare il testo stesso del codice mediante una decisione generale che si applica a tutte le imprese interessate. Infatti, il codice degli aiuti diverrebbe completamente inutile se fosse aggirato mediante decisioni individuali che la Commissione sia indotta ad adottare per tener conto dei singoli casi. Orbene, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe emendato il codice degli aiuti, ma si sarebbe limitata ad adottare decisioni che, contravvenendo alle norme di detto codice, accorderebbero irregolarmente aiuti a talune imprese pubbliche, a danno di concorrenti che non hanno fruito dell'autorizzazione di aiuti di Stato.

33.
    L'interveniente Det Danske Stålvalseværk concorda con la ricorrente nel ritenere che il codice degli aiuti costituisce una cornice giuridica vincolante e esauriente. La Commissione dovrebbe pertanto rispettare scrupolosamente l'orientamento che essa stessa si è imposta in forza dell'art. 95 del Trattato e non sarebbe competente ad adottare una decisione individuale incompatibile con i criteri del codice degli aiuti. Quest'ultimo mirerebbe a disciplinare un settore estremamente delicato con riguardo al buon funzionamento del mercato comune dell'acciaio in quanto aiuti statali incompatibili con gli obiettivi fondamentali del Trattato rischiano di porre in difficoltà le imprese che hanno saputo far fronte con i propri mezzi agli impegni di ristrutturazione e di privatizzazione. Esso costituirebbe il fondamento giuridico adeguato per l'adozione di decisioni individuali conformi alle sue disposizioni. Orbene, nella specie, la Commissione avrebbe adottato le decisioni controverse inbase all'art. 95 del Trattato al solo scopo di aggirare il procedimento e le norme stabilite dal codice degli aiuti.

34.
    La Commissione sottolinea che i vari codici degli aiuti sono stati adottati in forza dell'art. 95 del Trattato CECA, e si basano così sullo stesso fondamento giuridico delle decisioni controverse. Il valore giuridico di detti atti sarebbe pertanto identico e il codice degli aiuti in vigore non potrebbe essere considerato definitivo e vincolante. Al contrario, esso si limiterebbe a precisare la posizione della Commissione al momento della sua adozione quanto agli aiuti che essa considererebbe compatibili col Trattato. La Commissione sarebbe legittimata ad

esaminare la compatibilità col Trattato di altre forme di aiuti non previste dallo stesso codice, tenuto conto in particolare del fatto che il mercato dell'acciaio subisce spesso crisi estremamente gravi. Nella specie, la soluzione consistente nel modificare il codice degli aiuti, suggerita dalla ricorrente, non sarebbe stata praticabile in quanto avrebbe comportato un'autorizzazione generale degli aiuti alla ristrutturazione, mentre l'adozione delle decisioni individuali controverse costituiva, secondo la Commissione, una via molto più restrittiva per l'autorizzazione di un aiuto. La scelta fra la modifica del codice degli aiuti e l'adozione delle decisioni controverse non sarebbe pertanto indifferente per la Commissione; ciascun modo di procedere risponderebbe a situazioni molto diverse.

35.
    Il Consiglio afferma che, adottando il codice degli aiuti, la Commissione non ha esaurito le competenze attribuitele dall'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, e che essa aveva pertanto il potere di autorizzare la concessione di aiuti come quelli di cui trattasi nelle decisioni controverse. Infatti, secondo il Consiglio, si può verificare che una nuova decisione della Commissione sia necessaria per realizzare uno degli obiettivi della Comunità stabiliti dagli artt. 2, 3 e 4 del Trattato, anche in presenza di un codice degli aiuti che fissa le norme destinate ad applicarsi a tutti gli aiuti statali per il settore siderurgico. In particolare, il quinto codice degli aiuti si sarebbe limitato ad esporre i provvedimenti che la Commissione riteneva allora compatibili col Trattato, ma tale esposizione non sarebbe completa e la Commissione potrebbe pertanto, se necessario, avvalersi nuovamente dell'art. 95 per adottare altre decisioni, purché esse siano conformi alle condizioni enunciate da detto articolo. Nella specie, era necessario, secondo il Consiglio, adottare una strategia globale per far fronte alla crisi sempre più grave del settore siderurgico e per garantire la riduzione delle capacità produttive delle imprese siderurgiche europee; orbene, siffatta strategia non escluderebbe la concessione di aiuti alle imprese fra le misure di accompagnamento adottate nell'ambito di un programma generale di riduzione delle dette capacità.

36.
    Secondo la Repubblica italiana, la tesi della ricorrente porterebbe a conferire al codice degli aiuti il potere di modificare sostanzialmente l'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato. In altri termini, secondo tale tesi, esso produrrebbe l'effetto di esaurire la fonte da cui esso proviene. Orbene, l'art. 95 sarebbe una norma generale la cui applicazione non potrebbe essere vietata o limitata da una norma di rango inferiore. Ne conseguirebbe che in definitiva tanto il codice degli aiuti quanto le decisioni controverse si situano allo stesso livello nella gerarchia delle norme e presentano un valore giuridico identico. Inoltre, il codice degli aiuti riguarderebbe unicamente alcune categorie di aiuti, definite nei suoi articoli 2-5. Qualsiasi altro tipo di intervento finanziario pubblico a favore delle imprese siderurgiche non sarebbe disciplinato dal codice degli aiuti e, di conseguenza, non rientrerebbe nella sua sfera di applicazione. In conclusione, la legittimità delle decisioni individuali di cui trattasi non potrebbe essere valutata con riguardo a detto codice, ma esclusivamente in base all'art. 95 del Trattato.

37.
    Secondo il Regno di Spagna, la Commissione si è avvalsa legittimamente delle competenze conferitele dal Trattato senza mai esorbitare dai limiti prescritti. Infatti, l'art. 95 costituirebbe il fondamento adeguato per adottare decisioni dirette ad ovviare a situazioni che richiedono un'azione comunitaria efficace per la realizzazione degli obiettivi previsti dal Trattato, qualora le istituzioni comunitarie non siano state munite dei poteri richiesti a tale scopo. A questo proposito, sussisterebbe un parallelismo fra detto articolo e l'art. 235 del Trattato CE. Il codice degli aiuti, da un lato, e le decisioni controverse, dall'altro, si baserebbero sullo stesso fondamento giuridico e avrebbero una sfera di applicazione diversa, dal momento che ciascuno risponde alla situazione del mercato nel settore siderurgico all'epoca della sua adozione. In tale ambito, la Commissione sarebbe stata legittimata [e tenuta] ad adottare le disposizioni necessarie per far fronte a situazioni critiche, basandosi sul fondamento giuridico dell'art. 95, senza che si possa dedurre dall'esistenza di un codice degli aiuti che la Commissione abbia voluto privarsi del suo potere discrezionale.

38.
    L'Ilva sostiene del pari che la Commissione era competente ad adottare le decisioni controverse, in base all'art. 95 del Trattato. Tale disposizione l'autorizzerebbe infatti a disciplinare, mediante decisioni eccezionali, indipendentemente dal fatto che esse abbiano natura generale o particolare, qualsiasi situazione imprevedibile e straordinaria che possa verificarsi. Sotto tale profilo, se l'art. 95 costituisce una sufficiente base giuridica per il codice degli aiuti, non vi è secondo l'Ilva alcun motivo perché ciò non valga per quanto riguarda l'adozione di decisioni particolari. Spetterebbe alla Commissione valutare l'opportunità di ricorrere all'adozione di una decisione generale o di una decisione individuale secondo le circostanze. Il codice degli aiuti non avrebbe che una portata limitata. Esso dichiarerebbe compatibili con il Trattato determinate categorie di aiuti che perseguono taluni obiettivi del Trattato e non mirerebbe a vietare gli aiuti che non rientrino nella sua sfera di applicazione. Di conseguenza, un aiuto non conforme alle disposizioni del codice potrebbe essere autorizzato seguendo il procedimento contemplato dall'art. 95 del Trattato.

Giudizio del Tribunale

39.
    In limine, si deve rilevare che, in realtà, pur adducendo «l'incompetenza» della Commissione ad adottare le decisioni controverse, la ricorrente sostiene, in sostanza, nell'ambito di detto primo motivo, che le due decisioni controverse sono in contrasto col codice degli aiuti e violano il principio secondo cui un atto di portata generale non può essere modificato da una decisione individuale.

40.
    A questo proposito, occorre ricordare anzitutto l'ambito normativo nel quale rientrano le decisioni impugnate. L'art. 4, lett. c), del Trattato vieta, in via di principio, gli aiuti di Stato, all'interno della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nella misura in cui essi possono recare pregiudizio alla realizzazione

degli obiettivi essenziali della Comunità stabiliti dal Trattato, in particolare all'instaurazione di un regime di libera concorrenza. Ai termini di detta disposizione, «sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell'acciaio, e per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente Trattato, nell'interno della Comunità: (...) c) le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati (...) in qualunque forma».

41.
    Tuttavia, la presenza di siffatto divieto non significa che qualsiasi aiuto statale nell'ambito della CECA debba essere considerato incompatibile con gli obiettivi del Trattato. L'art. 4, lett. c), interpretato alla luce di tutti gli obiettivi del Trattato, quali sono stabiliti dai suoi artt. 2-4, non mira ad ostacolare la concessione di aiuti statali che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Trattato. Esso riserva alle istituzioni comunitarie la facoltà di valutare la compatibilità col Trattato e, se del caso, di autorizzare la concessione di siffatti aiuti, nel settore cui si applica il Trattato. Tale analisi è confermata dalla sentenza 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (causa 30/59, Racc. pag. 1, parte in diritto, capitolo B.I.1.b., nono 'considerando‘, sesto capoverso, pag. 43), in cui la Corte ha considerato che, come alcuni contributi finanziari non statali ad imprese produttrici di carbone o d'acciaio, autorizzati dagli artt. 55, n. 2, e 58, n. 2, del Trattato, possono essere assegnati soltanto dalla Commissione o previa sua espressa autorizzazione, del pari l'art. 4, lett. c), dev'essere interpretato nel senso che esso attribuisce alle istituzioni comunitarie una competenza esclusiva nel settore degli aiuti all'interno della Comunità.

42.
    Nel sistema del Trattato, l'art. 4, lett. c), non osta pertanto a che la Commissione autorizzi, in via di deroga, aiuti presi in considerazione dagli Stati membri e compatibili con gli obiettivi del Trattato, basandosi sull'art. 95, primo e secondo comma, al fine di far fronte a situazioni impreviste (v. sentenza della Corte 12 luglio 1962, causa 9/61, Paesi Bassi/Alta Autorità, Racc. pag. 403, in particolare pag. 437).

43.
    Infatti, le disposizioni di cui sopra dell'art. 95 autorizzano la Commissione ad adottare una decisione o una raccomandazione con parere conforme del Consiglio, deliberante all'unanimità e previa consultazione del Comitato consultivo CECA, in tutti i casi non previsti dal Trattato nei quali detta decisione o detta raccomandazione appaia necessaria per attuare, mentre è in funzione il mercato comune del carbone e dell'acciaio e conformemente alle disposizioni dell'art. 5, uno degli scopi della Comunità, quali sono definiti agli artt. 2, 3 e 4. Dette disposizioni stabiliscono che la stessa decisione o raccomandazione, presa nella medesima forma, determina eventualmente le sanzioni applicabili. Ne consegue che, nella misura in cui, a differenza del Trattato CE, il Trattato CECA non attribuisce alla Commissione o al Consiglio alcun potere specifico al fine di autorizzare gli aiuti di Stato, la Commissione è legittimata, in forza dell'art. 95, primo e secondo comma, ad adottare tutti i provvedimenti necessari per raggiungere gli obiettivi del Trattato e, pertanto, ad autorizzare, seguendo il procedimento che detto articolo istituisce, gli aiuti che le appaiano necessari per conseguire tali obiettivi.

44.
    La Commissione è così competente, in mancanza di disposizione specifica del Trattato, ad adottare qualsiasi decisione generale o individuale necessaria alla realizzazione degli obiettivi di quest'ultimo. L'art. 95, primo e secondo comma, che le conferisce tale competenza, non contiene infatti alcuna precisazione quanto alla portata delle decisioni che la Commissione può adottare. In tale ambito, spetta ad essa valutare, in ciascun caso, quale di questi due tipi di decisioni, generali o individuali, sia il più appropriato per raggiungere l'obiettivo o gli obiettivi perseguiti.

45.
    Nel settore degli aiuti di Stato, la Commissione si è avvalsa dello strumento giuridico dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato avvalendosi di due sistemi diversi. Essa ha, da un lato, adottato decisioni generali, — i «codici degli aiuti» — che prevedono una deroga generale al divieto degli aiuti di Stato per quanto riguarda talune determinate categorie di aiuti. D'altro canto, essa ha adottato decisioni individuali che autorizzano alcuni aiuti specifici a titolo eccezionale.

46.
    Nella specie, il problema consiste pertanto nel determinare l'oggetto e la portata rispettivi del codice degli aiuti e delle decisioni individuali controverse.

47.
    A questo proposito, occorre ricordare che il codice degli aiuti vigente durante il periodo considerato dalle decisioni impugnate è stato istituito con la precitata decisione 27 novembre 1991, n. 3855/91. Si trattava del quinto codice degli aiuti, entrato in vigore il 1° gennaio 1992 e rimasto in vigore fino al 31 dicembre 1996, come stabilito dal suo articolo 9. Basato sull'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, tale codice si innestava espressamente nella serie dei codici precedenti (v., in particolare, le decisioni della Commissione 27 novembre 1985, n. 3484/85/CECA, e 1° febbraio 1989, n. 322/89/CECA, che istituiscono norme comunitarie per gli aiuti alla siderurgia, rispettivamente GU L 340, pag. 1, e GU L 38, pag. 8), ai quali ci si può dunque riferire per la sua interpretazione. Dalla sua motivazione (v., in particolare, il punto I della motivazione della decisione n. 3855/91) emerge che esso mirava anzitutto «a non privare la siderurgia del beneficio degli aiuti a favore della ricerca e dello sviluppo nonché di quelli destinati ad adattare gli impianti alle nuove norme sulla tutela dell'ambiente». Nell'intento di ridurre le sovraccapacità produttive e di riequilibrare il mercato, esso autorizzava del pari, a talune condizioni, «gli aiuti sociali destinati a favorire una chiusura parziale di impianti nonché gli aiuti destinati a finanziare la cessazione definitiva di attività CECA per le imprese meno competitive». Infine, esso vietava espressamente gli aiuti in favore del funzionamento o degli investimenti, ad eccezione degli «aiuti regionali in favore degli investimenti in taluni Stati membri». Potevano fruire di siffatti aiuti regionali le imprese stabilite nel territorio della Grecia, del Portogallo o dell'ex Repubblica democratica tedesca.

48.
    Le due decisioni controverse sono state, dal canto loro, adottate dalla Commissione in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, per consentire, secondo

le loro motivazioni, la ristrutturazione di imprese siderurgiche pubbliche in gravi difficoltà, in due degli Stati membri, vale a dire la Spagna e l'Italia, nei quali il settore siderurgico era messo in crisi dal forte deterioramento del mercato dell'acciaio comunitario. Per quanto riguardava più in particolare l'Ilva, l'obiettivo fondamentale degli aiuti di cui trattasi consisteva nella privatizzazione del gruppo siderurgico che aveva fruito fino ad allora della concessione di crediti grazie alla responsabilità illimitata dell'azionista unico prevista dall'art. 2362 del codice civile italiano (punti II e IV della motivazione). La Commissione precisava che la congiuntura difficilissima nella quale si trovava l'industria siderurgica comunitariaera dovuta a fattori economici ampiamente imprevedibili. Essa riteneva pertanto di trovarsi di fronte ad una situazione eccezionale che non era specificamente prevista dal Trattato (punto IV della motivazione).

49.
    Il raffronto fra il quinto codice degli aiuti, da un lato, e le due decisioni controverse, dall'altro, consente quindi di evidenziare che tali diversi atti si basano sullo stesso fondamento giuridico, vale a dire l'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, e introducono deroghe al principio del divieto generale degli aiuti enunciato dall'art. 4, lett. c), del Trattato. Essi hanno una sfera di applicazione diversa, in quanto il codice si riferisce in generale a talune categorie di aiuti che esso considera compatibili col Trattato, mentre le decisioni controverse autorizzano, per motivi eccezionali e una tantum, aiuti che, in via di principio, non potrebbero essere considerati compatibili col Trattato.

50.
    Sotto tale profilo, la tesi della ricorrente, secondo cui il codice presenta natura obbligatoria, esauriente e definitiva, non può essere accolta. Infatti, il codice costituisce una cornice giuridica vincolante soltanto per gli aiuti compatibili col Trattato da esso elencati. In tale materia, esso istituisce un sistema complessivo destinato a garantire un trattamento uniforme, nell'ambito di un unico procedimento, di tutti gli aiuti che rientrano nelle categorie da esso definite. La Commissione è vincolata da tale sistema soltanto quando valuta la compatibilità col Trattato di aiuti considerati dal codice stesso. Essa non può pertanto autorizzare siffatti aiuti mediante una decisione individuale in contrasto con le norme generali stabilite dal codice (v. sentenze della Corte 29 marzo 1979, dette dei «cuscinetti a sfera», causa 113/77, NTN Toyo Bearing e a./Consiglio, Racc. pag. 1185; causa 118/87, ISO/Consiglio, Racc. pag. 1277; causa 119/77, Nippon Seiko e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1303; causa 120/77, Koyo Seiko/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 1337; causa 121/77, Nachi Fujikoshi e a./Consiglio, Racc. pag. 1363, nonché 21 febbraio 1984, cause riunite 140/82, 146/82, 221/82 e 226/82, Walzstahl-Vereinigung e Thyssen/Commissione, Racc. pag. 951, e 14 luglio 1988, cause riunite 33/86, 44/86, 110/86, 226/86 e 285/86, Peine-Salzgitter e Hoogovens/Commissione, Racc. pag. 4309, e la precitata sentenza CIRFS e a./Commissione).

51.
    Al contrario, gli aiuti che non rientrano nell'ambito delle categorie esentate dal divieto per effetto delle disposizioni del codice possono fruire di una deroga individuale a tale divieto, qualora la Commissione ritenga, nell'ambito dell'esercizio

del suo potere discrezionale in forza dell'art. 95 del Trattato, che siffatti aiuti siano necessari per il conseguimento degli obiettivi del Trattato. Infatti, il codice degli aiuti mira soltanto ad autorizzare in generale, e a talune condizioni, deroghe al divieto degli aiuti a favore di determinate categorie di aiuti da esso elencate in modo completo. La Commissione non è competente in forza dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, che riguarda unicamente i casi non previsti dal Trattato (v. sentenza Paesi Bassi/Alta Autorità, già citata, punto 2), a vietare talune categorie di aiuti, poiché siffatto divieto è già previsto dallo stesso Trattato, al suo articolo 4, lett. c). Gli aiuti che non rientrano nelle categorie che il codice esenta da detto divieto rimangono pertanto esclusivamente soggetti all'ambito di applicazione dell'art. 4, lett. c). Ne consegue che, qualora siffatti aiuti risultino tuttavia necessari per realizzare gli obiettivi del Trattato, la Commissione è legittimata ad avvalersi dell'art. 95 del Trattato, al fine di far fronte a tale situazione imprevista, se del caso, mediante una decisione individuale (v., sopra, i punti 40-44).

52.
    Nel caso di specie, le decisioni controverse — che autorizzano aiuti di Stato al fine di consentire la ristrutturazione di grandi gruppi siderurgici in taluni Stati membri — non rientrano nella sfera di applicazione del codice degli aiuti. Quest'ultimo stabilisce, a determinate condizioni, deroghe di portata generale al divieto degli aiuti di Stato per quanto riguarda esclusivamente gli aiuti alla ricerca e allo sviluppo, quelli in favore della tutela dell'ambiente, gli aiuti alla chiusura degli impianti nonché gli aiuti regionali alle imprese siderurgiche stabilite nel territorio o in una parte del territorio di taluni Stati membri. Orbene, gli aiuti al funzionamento e alla ristrutturazione di cui trattasi nella specie non rientrano manifestamente in nessuna delle summenzionate categorie di aiuti. Ne consegue che le deroghe autorizzate dalle decisioni impugnate non sono subordinate alle condizioni enunciate dal codice degli aiuti e presentano pertanto una natura complementare rispetto a quest'ultimo, ai fini del conseguimento degli obiettivi stabiliti dal Trattato (v., in prosieguo, i punti 103-109).

53.
    Di conseguenza, le decisioni controverse non possono essere considerate deroghe ingiustificate al quinto codice degli aiuti, ma costituiscono atti che trovano, al pari di quest'ultimo, la loro fonte nel disposto dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato.

54.
    Pertanto, la censura relativa all'incompetenza è del tutto infondata, poiché la Commissione non poteva in alcun caso privarsi, con l'adozione del codice degli aiuti, del potere attribuitole dall'art. 95 del Trattato di adottare atti individuali per fronteggiare situazioni impreviste. Siccome, nella specie, la sfera di applicazione del codice degli aiuti non riguardava le situazioni economiche che avevano indotto la Commissione ad adottare le decisioni controverse, questa era infatti legittimata a basarsi sull'art. 95 del Trattato per autorizzare gli aiuti di cui trattasi, purché rispettasse i presupposti di applicazione di detto articolo.

55.
    Ne consegue che le decisioni controverse non sono viziate da illegittimità a causa di un'asserita incompetenza della Commissione ad adottarle.

Sul secondo motivo relativo ad una violazione del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

56.
    La British Steel sostiene che le decisioni controverse violano il principio della tutela del legittimo affidamento. Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, il legittimo affidamento potrebbe sorgere per effetto di provvedimenti normativi della Commissione, anche nello specifico settore della concessione di aiuti di Stato (v. sentenza della Corte 21 settembre 1983, cause riunite da 205/82 a 215/82, Deutsche Milchkontor e a., Racc. pag. 2633). Nella specie, tale principio sarebbe stato violato in quanto la ricorrente si attendeva che la Commissione rispettasse il codice degli aiuti e, eventualmente, lo modificasse, o persino lo sostituisse, qualora intendesse discostarsene.

57.
    Il codice degli aiuti costituirebbe infatti un provvedimento normativo mirante espressamente a vietare qualsiasi forma di sovvenzione, ad eccezione di quelle che esso considera compatibili col Trattato. Un'impresa siderurgica sarebbe stata legittimata ad attendersi che la Commissione non si discostasse da detto codice nel corso del periodo durante il quale esso sarebbe restato in vigore. Pertanto, qualsiasi provvedimento in contrasto con detto codice avrebbe dovuto essere annullato poiché, in mancanza di un interesse pubblico perentorio, esso comporta un cambiamento imprevedibile in una situazione creata dal codice, a danno di un operatore che ha agito ragionevolmente confidando nel mantenimento della situazione risultante da detto atto normativo. Nella specie, la British Steel adduce che non esisteva un interesse pubblico perentorio che giustificasse la concessione degli aiuti controversi.

58.
    L'autorizzazione di aiuti di Stato mediante una decisione individuale della Commissione, vale a dire la decisione 23 dicembre 1988, 89/218/CECA, relativa alla concessione da parte del governo italiano di aiuti alle imprese siderurgiche del settore pubblico (GU L 1989, L 86, pag. 76), citata da detta istituzione, non sarebbe stata atta a intaccare il legittimo affidamento della ricorrente, in quanto tale decisione avrebbe dichiarato espressamente che presentava natura eccezionale e autorizzava inoltre soltanto una parte degli aiuti prospettati dal governo italiano. Inoltre, la decisione in esame sarebbe stata adottata precedentemente al quarto codice e al quinto codice degli aiuti alla siderurgia, i quali avrebbero riaffermato la loro completezza.

59.
    In pratica, la ricorrente si sarebbe ragionevolmente attesa, al momento della sua privatizzazione avvenuta nel 1988, di poter basarsi sulla sua posizione fortemente concorrenziale in materia di prezzi. Essa avrebbe realizzato i suoi investimenti nella ragionevole speranza che un produttore efficace e operante a basso costo fosse in

grado di svilupparsi in modo redditizio e che i suoi sforzi non fossero ostacolati da produttori meno efficaci beneficiari di sovvenzioni statali. Del pari, essa avrebbe reagito nel 1991 alle tendenze dei mercati nella legittima attesa che queste avrebbero operato anche altrove nella Comunità, costringendo i produttori meno efficaci a ritirarsi dal mercato e a chiudere i loro impianti, consentendo ad essa come ad altri produttori efficaci di realizzare sufficienti profitti e di rispondere alle speranze riposte dagli azionisti in un adeguato rendimento dei loro investimenti.

60.
    La British Steel contesta l'argomento della Commissione secondo cui il suo legittimo affidamento sarebbe stato in ogni caso intaccato dal comportamento di tale istituzione dopo il 1° gennaio 1992, in quanto più documenti provenienti dagli uffici di quest'ultima, nonché le conclusioni del Consiglio 25 febbraio 1993, sostenevano l'idea che la concessione di aiuti pubblici a talune imprese pubbliche era ormai inevitabile, a causa della gravità della crisi del settore siderurgico europeo. Secondo la ricorrente, anche se esisteva il rischio che una decisione politica autorizzasse aiuti illeciti, era del tutto logico attendersi che la Commissione tenesse conto del fatto che il codice degli aiuti doveva essere rispettato senza alcuna deroga, al fine di non causare discriminazioni fra le imprese interessate.

61.
    L'interveniente SSAB Svenskt Stål si riferisce alla cornice normativa stabilita dall'accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l'«accordo SEE») e sottolinea che, con decisione 31 marzo 1994 del comitato misto SEE, n. 7/94 (GU L 160 del 28 giugno 1994), il quinto codice degli aiuti è stato inserito nell'allegato XV dell'accordo SEE, conformemente all'art. 5 del protocollo XIV dell'accordo SEE. Detto codice sarebbe stato così applicabile alle imprese svedesi un anno prima dell'adesione del Regno di Svezia all'Unione europea e, secondo l'interveniente, avrebbe rafforzato il suo legittimo affidamento nel fatto che la Commissione non avrebbe autorizzato aiuti al funzionamento o agli investimenti come quelli che sono stati concessi grazie alle decisioni impugnate. Basandosi su tale previsione, l'interveniente si sarebbe impegnata in uno sforzo di ristrutturazione. Autorizzando aiuti non previsti dal codice, la Commissione avrebbe recato pertanto pregiudizio al suo legittimo affidamento.

62.
    Secondo la Commissione, un provvedimento di portata generale come il quinto codice degli aiuti non può validamente generare un legittimo affidamento. Le condizioni fissate da ciascun codice dipenderebbero dalla situazione economica della siderurgia comunitaria al momento considerato, situazione che è mutata nel tempo per divenire particolarmente drammatica verso l'anno 1992. Sarebbe stato del tutto giustificato, secondo la Commissione, adottare provvedimenti destinati a far fronte a rischi tali da compromettere il futuro stesso dell'industria siderurgica in alcuni paesi. Nessun legittimo affidamento avrebbe potuto di conseguenza nascere per il semplice fatto dell'esistenza di un codice degli aiuti. Inoltre, nulla dimostrerebbe che la ricorrente ha effettivamente agito in base a un legittimo affidamento quando ha proceduto alla chiusura di taluni impianti. Infine, anche ammesso che il codice degli aiuti abbia effettivamente suscitato un legittimo

affidamento, secondo la Commissione questo sarebbe stato messo in discussione dal comportamento successivo delle istituzioni comunitarie. Infatti, nella sua corrispondenza con la British Steel, la Commissione avrebbe spesso sottolineato il fatto che il ricorso all'art. 95 non poteva essere escluso neanche durante il periodo di applicazione del codice degli aiuti.

63.
    Il Consiglio contesta del pari che la ricorrente abbia potuto legittimamente attendersi, basandosi sul codice degli aiuti, che gli aiuti di cui trattasi non sarebbero stati autorizzati. L'idea del legittimo affidamento non potrebbe essere associata ad un atto che può essere modificato a seconda del cambiamento della situazione economica. Inoltre, la ricorrente si contraddirebbe quando ammette che il codice degli aiuti avrebbe dovuto essere modificato in modo da consentire alla Commissione di adottare, in base al codice, le decisioni controverse. Siccome il codice degli aiuti è stato adottato avvalendosi della stessa base giuridica delle decisioni di cui trattasi, il Consiglio non comprenderebbe perché la Commissione non avrebbe potuto legittimamente adottare le decisioni controverse, dal momento che i procedimenti decisionali sono gli stessi.

64.
    Secondo la Repubblica italiana, il principio della tutela del legittimo affidamento non può opporsi all'adozione di un atto, basato su un potere discrezionale, che innova rispetto al regime preesistente. Se si ammettesse il contrario si impedirebbe all'ordinamento giuridico comunitario di adeguarsi ai cambiamenti in funzione dei suoi obiettivi. Inoltre, l'adozione del codice degli aiuti non potrebbe aver fatto sorgere nella ricorrente un legittimo affidamento che le decisioni controverse avrebbero violato poiché queste ultime non mettono affatto in discussione ciò che era previsto e disciplinato dal codice.

65.
    Il Regno di Spagna rileva che il principio della tutela del legittimo affidamento non può estendersi al punto da costituire un ostacolo generale al fatto che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in forza della disciplina precedente, il cui obiettivo comporta necessariamente un costante adattamento ai cambiamenti della situazione economica. Nel caso di specie, la ricorrente non avrebbe provato che essa si trovava in una situazione tale da aver fatto sorgere inessa un legittimo affidamento nel fatto che le decisioni controverse non avrebbero mai potuto essere adottate a causa dell'esistenza di un codice degli aiuti.

66.
    L'Ilva, dal canto suo, aderisce a tutti gli argomenti formulati dalla Commissione e dagli altri intervenienti a sostegno delle conclusioni di tale istituzione. L'esistenza di un codice degli aiuti non potrebbe fare legittimamente ritenere che la Commissione non avrebbe autorizzato alcun aiuto che non rientrasse nell'ambito di applicazione del detto codice. Questo esprimerebbe il potere discrezionale di cui la Commissione è stata investita ai fini del perseguimento degli obiettivi del Trattato e rifletterebbe le condizioni economiche che sussistevano all'epoca della sua adozione. Inoltre, la ricorrente non avrebbe provato che soddisfaceva le rigorose condizioni che fanno sorgere un legittimo affidamento. Essa avrebbe omesso di provare che si era posta in una situazione impossibile da modificare

contando sul fatto che il codice di aiuti non sarebbe stato modificato. Per di più, anche ammesso che il codice degli aiuti possa effettivamente far sorgere un legittimo affidamento, la ricorrente avrebbe omesso di provare che le decisioni impugnate hanno comportato un cambiamento improvviso o imprevisto della sua situazione e che, di conseguenza, il suo legittimo affidamento è stato tradito. La ricorrente avrebbe conosciuto infatti tutte le iniziative di cui trattasi adottate dalla Commissione prima dell'adozione delle decisioni, nonché gli eventi che hanno preceduto l'adozione di queste ultime.

Giudizio del Tribunale

— Sulla ricevibilità dei nuovi argomenti relativi all'accordo SEE, addotti dalla SSAB Svenskt Stål.

67.
    L'impresa svedese SSAB Svenskt Stål, interveniente a sostegno della British Steel, ha addotto argomenti afferenti all'accordo SEE. Infatti, per quanto riguarda la violazione del legittimo affidamento, essa si riferisce al codice degli aiuti CECA, ma quale esso è stato inserito nell'allegato XV dell'accordo SEE per effetto dell'art. 5 del Protocollo XIV dello stesso accordo. Tale argomento non figura fra quelli addotti dalla ricorrente. Inoltre, l'interveniente deduce unicamente una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento nei suoi confronti, e non nei confronti della ricorrente.

68.
    La facoltà per un'interveniente di invocare, da un lato, talune disposizioni dell'accordo SEE e, dall'altro, una violazione del principio della tutela del proprio legittimo affidamento, a sostegno delle conclusioni della ricorrente che non aveva, quanto ad essa, invocato detto accordo, nell'ambito del suo motivo di annullamento relativo alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, solleva una questione di ordine pubblico comunitario. Il Tribunale ritiene quindi necessario esaminare, in base all'art. 113 del regolamento di procedura, la ricevibilità dei nuovi argomenti addotti dalla SSAB Svenskt Stål.

69.
    Ai sensi dell'art. 34, secondo comma, dello Statuto della Corte, le conclusioni dell'istanza d'intervento possono mirare soltanto a sostenere le conclusioni di una delle parti della causa. Inoltre, ai sensi dell'art. 116, n. 3, del regolamento di procedura, l'interveniente accetta il procedimento nello stato in cui esso si trova all'atto del suo intervento.

70.
    Tali disposizioni sono state interpretate dalla giurisprudenza nel senso che sono ricevibili gli argomenti nuovi, formulati da un interveniente, che non modificano l'ambito della controversia (v. la precitata sentenza della Corte, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, l'ordinanza della Corte 24 ottobre 1962, causa 16/62, Confédération nationale des producteurs de fruits et légumes e a./Consiglio, Racc. pag. 909, in particolare pag. 912, e le sentenze del Tribunale 8

giugno 1995, causa T-459/93, Siemens/Commissione, Racc. pag. II-1675, punto 21, nonché 6 luglio 1995, cause riunite T-447/93, T-448/93 e T-449/93, AITEC e a./Commissione, Racc. pag. II-1971, punto 122).

71.
    Nel caso di specie, occorre chiedersi se gli argomenti della SSAB Svenskt Stål debbano essere considerati ricevibili alla luce delle disposizioni procedurali e della giurisprudenza precitate. In altri termini, occorre porsi la questione se tali argomenti, pur non esulando dalle conclusioni della ricorrente, mirino a modificare l'«ambito della controversia» o ne rispettino la sostanza.

72.
    Il Tribunale rileva che l'interveniente esamina il codice degli aiuti sotto il profilo dell'accordo SEE, al fine di corroborare il suo argomento diretto a dimostrare una violazione del proprio legittimo affidamento. Tale argomento non può essere accolto, poiché, da un lato, esso mira esclusivamente a provare una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento nei confronti dell'interveniente e non nei confronti della ricorrente e, dall'altro, si riferisce all'accordo SEE, modificando così l'ambito della controversia in esame, quale è stato definito dalla ricorrente.

73.
    Ne consegue che sono irricevibili gli argomenti dedotti dalla SSAB Svenskt Stål nell'ambito del secondo motivo.

— Sulla fondatezza del motivo

74.
    La ricorrente adduce che le decisioni controverse ledono il principio della tutela del legittimo affidamento in quanto produrrebbero l'effetto di perturbare il mercato comune dell'acciaio introducendo, malgrado l'espresso divieto degli aiuti statali e l'esistenza di un codice di aiuti molto rigoroso, elementi di confusione tali da rendere inefficaci le strategie industriali delle imprese che non beneficiano degli aiuti.

75.
    Siffatto argomento si basa sull'idea errata — come giustamente hanno osservato la Commissione e gli intervenienti a suo sostegno — secondo cui l'esistenza del codice degli aiuti avrebbe fornito alle imprese interessate la certezza che nessuna decisione specifica, contenente un'autorizzazione degli aiuti di Stato al di fuori delle categorie considerate dal codice, sarebbe stata adottata in circostanze particolari. Orbene, come il Tribunale ha già rilevato (v., sopra, i punti 46-52), il codice degli aiuti non ha lo stesso oggetto delle decisioni controverse, adottate per far fronte ad una situazione eccezionale. Esso non poteva in alcun caso far sorgere legittime aspettative per quanto riguarda l'eventuale possibilità di accordare deroghe individuali al divieto degli aiuti di Stato, in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, in una situazione imprevista quale quella che ha portato all'adozione delle decisioni controverse (v., sopra, il punto 48).

76.
    Inoltre, e in ogni caso, dalla costante giurisprudenza della Corte emerge che, «anche se il principio del rispetto del legittimo affidamento è uno dei principi fondamentali della Comunità, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie» (v. sentenza 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 33).

77.
    Infatti, il buon funzionamento del mercato comune dell'acciaio comporta l'evidente necessità di un continuo adattamento in funzione dei mutamenti della situazione economica e gli operatori economici non possono invocare un diritto acquisito al mantenimento della situazione giuridica esistente in un determinato momento (v. sentenza della Corte 27 settembre 1979, causa 230/78, Eridania, Racc. pag. 2749, punto 22, e sentenza del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T-472/93, Campo Ebro e a./Consiglio, Racc. pag. II-421, punto 52). Inoltre, la Corte si è del pari avvalsa della nozione di «operatore prudente e avveduto» per sottolineare che, in alcuni casi, è possibile prevedere l'adozione di misure specifiche dirette a combattere evidenti situazioni di crisi, di modo che il principio della tutela del legittimo affidamento non può essere invocato (v. sentenza 1° febbraio 1978, causa 78/77, Lührs, Racc. pag. 169).

78.
    In tali circostanze, la ricorrente, tenuto conto della sua posizione economica di grande importanza nonché della sua partecipazione al Comitato consultivo CECA, avrebbe comunque dovuto accorgersi che sarebbe sorta la necessità imperiosa di adottare misure efficaci per salvaguardare gli interessi della siderurgia europea, e che il ricorso all'art. 95 del Trattato avrebbe potuto giustificare l'adozione di decisioni ad hoc da parte della Commissione, come ciò si era già verificato più volte in presenza di un codice degli aiuti. A questo proposito, la Commissione cita giustamente la precitata decisione 89/218 del 23 dicembre 1988, e la decisione 31 luglio 1992, 94/411/CECA, concernente la concessione da parte dei governi danese e olandese di aiuti alle imprese siderurgiche (GU L 223, pag. 28), le quali hanno autorizzato alcuni aiuti statali non contemplati dal codice degli aiuti vigente all'epoca della loro adozione.

79.
    Ne consegue che le decisioni controverse non violano il principio della tutela del legittimo affidamento.

Sul terzo motivo relativo alla violazione dell'art. 95 del Trattato nonché dei principi di non discriminazione e di proporzionalità

80.
    Occorre esaminare successivamente l'argomentazione della ricorrente relativa, da un lato, alla violazione del Trattato e, dall'altro, alla violazione dei principi fondamentali addotti.

Sull'asserita violazione dell'art. 95, primo e secondo comma

Argomenti delle parti

81.
    Secondo la British Steel, una misura può essere validamente adottata in base ai primi due commi dell'art. 95 soltanto se è necessaria per realizzare gli obiettivi definiti dal Trattato. Nella specie, l'unico obiettivo individuato nei 'considerando‘ delle decisioni controverse consisterebbe nel fornire alle industrie siderurgiche pubbliche italiana e spagnola una struttura solida e valida economicamente. Orbene, la concessione di aiuti di Stato a dette industrie non contribuirebbe a conferire loro una siffatta struttura a lungo termine. Gli aiuti concessi alle imprese interessate nel passato non avrebbero mai raggiunto tale obiettivo e sarebbe molto improbabile che gli aiuti di cui trattasi lo conseguano in futuro. Per contro, i detti aiuti prolungherebbero l'esistenza di unità produttive inefficienti, e consentirebbero il mantenimento di capacità produttive eccedentarie, comportando così una riduzione dei prezzi e una diminuzione della redditività di tutta l'industria siderurgica europea. La British Steel fa menzione, a questo proposito, degli aiuti concessi in epoca anteriore all'Ilva ed all'altra impresa italiana cui essa è subentrata, la Finsider, nonché all'impresa spagnola CIS: nonostante gli aiuti autorizzati dalla Commissione nel 1989 per l'Ilva e nel 1987 per la CSI, l'efficienza di dette imprese non sarebbe stata ristabilita, cosa che la Commissione ammetterebbe implicitamente nei 'considerando‘ delle decisioni controverse.

82.
    Più in particolare, gli aiuti autorizzati dalle decisioni controverse non consentirebbero di garantire la redditività dell'Ilva e della CSI, a causa, da un lato, della specifica situazione congiunturale di queste due imprese, che avrebbero subito, secondo articoli apparsi nella stampa, negli anni 1992 e 1993, perdite maggiori di quelle previste e per tale motivo sarebbero costrette a rallentare la necessaria razionalizzazione, o a ricorrere a nuovi crediti tali da compromettere così la loro futura redditività. L'inefficacia di siffatti aiuti risulterebbe, d'altro lato, dalle prospettive generali dell'industria siderurgica comunitaria, caratterizzata da capacità produttive eccedentarie. In tale ambito, l'unico effetto degli aiuti di cui trattasi sarebbe quello di porre i beneficiari in grado di aumentare le loro quote di mercato vendendo i loro prodotti a prezzi inferiori al costo effettivo di produzione, a danno di produttori più efficienti.

83.
    In tali circostanze, la ricorrente contesta la valutazione dei piani di ristrutturazione dell'Ilva e della CSI effettuata dalla Commissione, in base alle perizie Atkins e CSI (v., sopra, il punto 13), cui si riferisce implicitamente il punto III della motivazione delle decisioni impugnate, che fa menzione dell'assistenza di esperti esterni. Essa sostiene che vi sarebbero più opzioni alternative a quella dell'aiuto statale, basandosi su una relazione redatta su sua domanda dal professore T.A.J. Cockerill (allegato 9 del ricorso), il quale considera vari altri mezzi che consentirebbero di conseguire, nel caso dell'Ilva e della CSI, gli obiettivi perseguiti. In particolare, tale relazione caldeggia la messa in vendita totale o parziale delle imprese di cui trattasi, o di elementi di attivo delle stesse, la conclusione di accordi di imprese

comuni e la vendita di singole unità produttive al fine del loro trasferimento a acciaierie stabilite al di fuori dell'Unione europea.

84.
    La SSAB Svenskt Stål afferma che le decisioni controverse pregiudicano il commercio tra la Comunità e gli Stati dell'EFTA, disciplinato dall'accordo SEE. La Commissione avrebbe violato pertanto il procedimento decisionale contemplato dall'art. 97 dell'accordo SEE, il quale esige in particolare che la parte contraente interessata informi le altre parti contraenti delle modifiche della sua legislazione interna, e che il comitato misto SEE concluda che la legislazione modificata non arreca pregiudizio al buon funzionamento dell'accordo.

85.
    La Commissione sottolinea, in limine, che l'argomento della ricorrente costituisce, in realtà, un malcelato tentativo di pervenire ad un controllo nel merito dell'analisi economica che giustifica le decisioni controverse, il che esorbita dai motivi di annullamento contemplati dall'art. 33 del Trattato. Orbene, il controllo della legittimità delle decisioni adottate in forza dell'art. 95 dovrebbe limitarsi alla questione se la Commissione abbia commesso un manifesto errore nella sua valutazione della necessità di aiuti autorizzati per la realizzazione degli obiettivi del Trattato.

86.
    Le decisioni controverse mirerebbero a dare alle imprese interessate strutture sane e redditizie, mediante provvedimenti di ristrutturazione basati su riduzioni di capacità produttive. Si tratterebbe pertanto di aiuti comunitari, nel senso che essi sono utili per gli obiettivi definiti dal Trattato e compatibili col buon funzionamento del mercato comunitario dell'acciaio. La politica comunitaria nei confronti degli aiuti alla ristrutturazione della siderurgia dovrebbe tener conto anche di taluni obiettivi di carattere sociale definiti dall'art. 3, lett. c), d), e), e g), del Trattato. Per far fronte alla crisi, la Commissione avrebbe conciliato pertanto le esigenze collegate alla continuità dell'occupazione con la necessità di limitare gli interventi e di mantenere normali condizioni di concorrenza.

87.
    Da tale punto di vista, le critiche formulate nella relazione Cockerill con riferimento alle decisioni controverse si baserebbero su un'analisi meramente teorica dell'economia del settore siderurgico nonché su una conoscenza incompleta dei fatti. Inoltre, la relazione ignorerebbe la complessità e la varietà degli obiettivi di cui la Commissione deve tener conto.

88.
    Il Consiglio condivide l'argomentazione della Commissione secondo la quale la ricorrente dovrebbe dimostrare che c'è stato un errore nel valutare se la concessione degli aiuti di cui trattasi fosse necessaria per realizzare gli obiettivi del Trattato. La ricorrente non avrebbe fornito tale prova.

89.
    La Repubblica italiana aderisce a tutta l'argomentazione della Commissione. Essa sottolinea che le decisioni controverse hanno preso in considerazione le difficoltà in cui versava tutto il settore siderurgico nella Comunità. Né il contesto della loro

adozione né il loro contenuto consentirebbero di affermare che esse sono state influenzate dalla natura pubblica delle imprese interessate. Peraltro, le critiche formulate dalla ricorrente quanto agli obiettivi perseguiti dalle decisioni impugnate e i motivi addotti per contestare la loro legittimità eccederebbero i limiti del sindacato giurisdizionale definiti dall'art. 33 del Trattato.

90.
    Secondo il Regno di Spagna, la Commissione avrebbe tentato di conciliare fra di loro diversi obiettivi fondamentali menzionati nel Trattato, nell'intento di risanare i settori interessati che costituiscono una parte sostanziale dell'industria siderurgica comunitaria. La valutazione della necessità di adottare misure e la determinazione del contenuto delle stesse spetterebbero esclusivamente alla Commissione. Toccherebbe alla ricorrente provare l'esistenza di un errore manifesto o di uno sviamento di potere, al fine di rovesciare la presunzione di legittimità che è propria degli atti delle istituzioni comunitarie.

91.
    L'Ilva contesta l'uso effettuato dalla British Steel dei criteri economici impiegati nella relazione Cockerill. Una grandissima parte delle critiche rivolte dalla ricorrente al contenuto delle decisioni controverse porterebbe a contestare elementi di fatto sui quali la Commissione ha basato la sua valutazione. Orbene, il giudice comunitario non può sostituire il proprio giudizio a quello dell'autorità competente, ma deve limitarsi a controllare che non vi sia stato errore manifesto o sviamento di potere, in base ai dati disponibili all'atto dell'adozione delle decisioni controverse. Inoltre, e in ogni caso, sarebbe infondato quanto asserito dalla ricorrente secondo cui l'aiuto concesso all'Ilva non consentirebbe di conseguire gli obiettivi perseguiti. Al contrario, tale aiuto avrebbe consentito di aumentare il margine beneficiario lordo rispetto al giro d'affari dell'impresa beneficiaria, ben oltre la media europea. L'uso corretto di tale aiuto ricevuto dall'Ilva sarebbe stato ufficialmente confermato in una relazione redatta da un consulente indipendente designato dalla Commissione. La redditività dell'Ilva sarebbe stata ristabilita pertanto grazie ad un intervento che servirà a difendere il mercato comune dell'acciaio dalle disastrose conseguenze della crisi mondiale che colpisce il settore. Si dovrebbe del pari ricordare che, dopo avere soddisfatto le condizioni imposte dalla Commissione per l'autorizzazione dell'aiuto, l'Ilva ha realizzato integralmente il piano di ristrutturazione nel cui contesto il 100% del capitale dell'Ilva e dell'Acciai Speciali Terni è stato venduto a imprese private. Quanto all'argomento secondo il quale l'Ilva potrebbe continuare a vendere a qualsiasi prezzo al fine di garantire il proseguimento delle sue attività, l'interveniente sottolinea che l'aiuto autorizzato dalla Commissione non può servire a fini di concorrenza sleale, e che l'art. 5, n. 2, della decisione controversa che la riguarda dispone l'apertura di un'inchiesta in base all'art. 60 del Trattato.

Giudizio del Tribunale

— Sulla ricevibilità degli argomenti nuovi, relativi all'accordo SEE, addotti dalla SSAB Svenskt Stål

92.
    L'impresa svedese SSAB Svenskt Stål, interveniente a sostegno della British Steel, ha addotto, nel suo atto d'intervento, argomenti relativi all'accordo SEE: infatti, per quanto riguarda il motivo tratto dalla violazione dell'art. 95 del Trattato, nonché dai principi di proporzionalità e di non discriminazione, essa ha formulato ex novo una censura relativa alla violazione del procedimento stabilito negli artt. 97 e seguenti dell'accordo SEE, censura che non era stata mossa dalla ricorrente.

93.
    La facoltà per un'interveniente di fare riferimento a talune disposizioni dell'accordo SEE a sostegno delle conclusioni della ricorrente, la quale, dal canto suo, non aveva fatto riferimento a detto accordo, nell'ambito di un ricorso di annullamento attiene all'ordine pubblico comunitario. Il Tribunale considera quindi necessario esaminare, in base all'art. 113 del regolamento di procedura, la ricevibilità dei nuovi argomenti addotti dalla SSAB Svenskt Stål.

94.
    Ai sensi dell'art. 34, secondo comma, dello Statuto della Corte, le conclusioni dell'istanza d'intervento possono mirare soltanto a sostenere le conclusioni di una parte. Inoltre, ai sensi dell'art. 116, n. 3, del regolamento di procedura, l'interveniente accetta il procedimento nello stato in cui esso si trova all'atto del suo intervento.

95.
    Conformemente a tali disposizioni procedurali, quali sono state interpretate dalla giurisprudenza citata sopra al punto 70, occorre chiedersi se gli argomenti della SSAB Svenkst Stål, pur rientrando nell'ambito delle conclusioni della ricorrente, non mirino, in realtà, a modificare l'ambito della controversia o se, al contrario, essi ne rispettino la sostanza e pertanto possano essere considerati ricevibili.

96.
    Nella specie, l'interveniente adduce un'asserita violazione degli artt. 97 e seguenti dell'accordo SEE. Il Tribunale rileva che, si ammettesse la ricevibilità di tale argomento, l'ambito della controversia sarebbe ampliato, nel senso che sarebbe addotto un motivo nuovo e autonomo: nuovo, per il fatto che esso si riferisce esclusivamente al procedimento decisionale istituito dall'art. 97 nell'ambito dell'accordo SEE, e in nessun momento della fase scritta del procedimento è stato sollevato dalla ricorrente; autonomo, in quanto non vi è alcun collegamento con la violazione dell'art. 95 del Trattato nonché dei principi fondamentali cui si riferisce la ricorrente. In realtà, la SSAB Svenskt Stål cerca di introdurre un motivo nuovo afferente alla violazione delle norme procedurali vigenti nell'ambito dell'accordo SEE, mentre il procedimento in esame si riferisce esclusivamente al contesto normativo del Trattato CECA.

97.
    Ne consegue che gli argomenti addotti dalla SSAB Svenskt Stål eccedono l'ambito della controversia in esame e pertanto non possono essere considerati ricevibili.

— Sulla fondatezza del motivo

98.
    Occorre ricordare in limine che, come già è stato considerato (v., sopra, i punti 39-55), la Commissione, in forza dell'art. 95, primo e secondo comma del Trattato, può autorizzare aiuti di Stato all'interno della Comunità, ogni volta che la situazione economica nel settore siderurgico rende necessaria l'adozione di misure di questo tipo per realizzare uno degli obiettivi della Comunità.

99.
    Tale condizione è soddisfatta in particolare quando il settore interessato si trova di fronte a situazioni di crisi eccezionale. A questo proposito, la Corte ha sottolineato, nella sentenza 3 ottobre 1985, causa 214/83, Germania/Commissione, Racc. pag. 3053, punto 30, «lo stretto nesso che esiste, in fatto di applicazione del Trattato CECA, in periodo di crisi, fra la concessione di aiuti all'industria siderurgica e l'opera di riorganizzazione che si rende necessaria per questa industria» (causa 214/83, Racc. pag. 3053, punto 30). La Commissione valuta discrezionalmente, nell'ambito di detta applicazione, la compatibilità con i principi fondamentali del Trattato degli aiuti destinati ad accompagnare i provvedimenti di ristrutturazione.

100.
    Nella specie, è pacifico che, all'inizio degli anni '90, la siderurgia europea ha conosciuto una crisi improvvisa e grave, a causa dell'azione congiunta di più fattori, quali la recessione economica internazionale, la chiusura dei tradizionali circuiti di esportazione, la salita alle stelle della concorrenza delle imprese siderurgiche dei paesi in via di sviluppo e la rapida crescita delle importazioni comunitarie di prodotti siderurgici dai paesi membri dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (O.P.E.C.). Tenendo conto di tale contesto di crisi si deve valutare, nella specie, se gli aiuti di cui trattasi fossero necessari, come prescrive l'art. 95, primo e secondo comma del Trattato, per realizzare gli obiettivi fondamentali del Trattato.

101.
    Le decisioni controverse indicano chiaramente, al punto IV della loro motivazione, che esse mirano al risanamento del settore siderurgico nello Stato membro considerato. Ai termini della decisione concernente gli aiuti destinati alla CSI, «il consolidamento e il risanamento economico-finanziario della struttura dell'industria siderurgica integrata pubblica spagnola contribuisce al conseguimento degli obiettivi del Trattato CECA, in particolare di quelli indicati agli artt. 2 e 3». Nella decisione 94/259, relativa agli aiuti destinati all'Ilva, la Commissione esprime lo stesso concetto utilizzando un'espressione leggermente diversa. Essa afferma che «il consolidamento ed il risanamento economico-finanziario della struttura dell'industria siderurgica italiana contribuisce al conseguimento degli obiettivi del Trattato (...)».

102.
    Occorre accertare pertanto, in primo luogo, se tale finalità faccia parte degli obiettivi del Trattato e, in secondo luogo, se l'autorizzazione degli aiuti di cui trattasi fosse necessaria per conseguire tali obiettivi.

103.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se il risanamento delle imprese beneficiarie miri alla realizzazione degli obiettivi del Trattato, dalla motivazione

delle decisioni impugnate emerge espressamente che tale obiettivo era complesso e poteva scomporsi in più aspetti. Gli aiuti di cui trattasi miravano ad agevolare la privatizzazione delle imprese pubbliche beneficiarie, la chiusura di alcuni impianti, la riduzione delle capacità produttive eccedentarie e la soppressione di posti di lavoro in una misura accettabile (v. il punto II della motivazione delle decisioni controverse). L'insieme di tali aspetti, una volta realizzati, doveva consentire alle imprese interessate di disporre di una struttura sana e redditizia.

104.
    L'obiettivo delle decisioni controverse riunisce così, con un'espressione sintetica, un'ampia varietà di obiettivi, per i quali occorre accertare se, nell'ambito della crisi attraversata dall'industria siderurgica (v., sopra, i punti 98-100), essi rientrino fra quelli definiti dal Trattato ai suoi artt. 2 e 3, cui si fa specifico riferimento nella motivazione delle decisioni controverse.

105.
    Ciò posto, occorre ricordare anzitutto che, tenuto conto della diversità degli obiettivi fissati dal Trattato, la funzione della Commissione consiste nel garantire la permanente conciliazione dei vari obiettivi, avvalendosi del suo potere discrezionale per soddisfare l'interesse comune, conformemente alla costante giurisprudenza della Corte (v. sentenze della Corte 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 43; 21 giugno 1958, causa 8/57, Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità, Racc. pag. 213, in particolare pag. 232, e 29 settembre 1987, cause riunite 351/85 e 360/85, Fabrique de fer de Charleroi et Dillinger Hüttenwerke/Commissione, Racc. pag. 3639, punto 15). In particolare, nella sentenza 18 marzo 1980, Valsabbia e a./Commissione (cause riunite 154/78, 205/78, 206/78, 226/78, 227/78, 228/78, 263/78, 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, Racc. pag. 907, punto 55), la Corte ha affermato che «se in una situazione normale di mercato è necessario giungere a un compromesso fra le varie finalità, ciò vale ancor più in una situazione di crisi, che giustifica l'adozione di provvedimenti eccezionali che derogano alle norme ordinarie concernenti il funzionamento del mercato comune dell'acciaio ed implicano manifestamente l'inosservanza di determinate finalità di cui all'art. 3, fosse anche solo quella di cui al punto (c), ove si prescrive di vegliare all'instaurazione dei prezzi più bassi».

106.
    Nella specie, il Tribunale constata che le decisioni controverse conciliano vari obiettivi del Trattato, al fine di salvaguardare interessi fondamentali.

107.
    I provvedimenti considerati da queste decisioni, cioè la razionalizzazione dell'industria siderurgica europea tramite il risanamento di alcuni gruppi, la chiusura degli impianti obsoleti o poco competitivi, la riduzione delle capacità produttive eccedentarie, la privatizzazione del gruppo Ilva al fine di garantirne la redditività e la soppressione di posti di lavoro in una misura ragionevoleconcorrono infatti a realizzare gli obiettivi del Trattato, tenuto conto della particolarità del settore siderurgico e del fatto che il persistere, o addirittura l'aggravarsi della crisi, avrebbe rischiato di provocare, nei sistemi economici degli

Stati membri interessati, sconvolgimenti estremamente gravi e persistenti. E' pacifico che tale settore riveste, in più Stati membri, un'importanza fondamentale, a causa dell'ubicazione degli impianti siderurgici in regioni caratterizzate da una situazione di sottoccupazione e dell'ampiezza degli interessi economici in gioco. In tali circostanze, eventuali decisioni di chiusura e di soppressione di posti di lavoro, nonché l'assunzione del controllo delle imprese interessate da parte di società private operanti secondo la pura legge del mercato, avrebbero potuto far sorgere, in mancanza di provvedimenti di sostegno dell'autorità pubblica, gravissime difficoltà di ordine pubblico, in particolare aggravando il problema della disoccupazione e rischiando di creare una situazione di crisi economica e sociale di rilevanti dimensioni.

108.
    In tali circostanze, cercando di risolvere siffatte difficoltà mediante il risanamento delle imprese siderurgiche beneficiarie degli aiuti di cui trattasi, le decisioni controverse mirano inequivocabilmente a salvaguardare «la continuità dell'occupazione» e ad evitare «di provocare, nell'economia degli Stati membri, turbamenti fondamentali e persistenti», come prescritto dall'art. 2, secondo comma, del Trattato. Inoltre, esse perseguono gli obiettivi sanciti dall'art. 3, relativi, fra l'altro, al «mantenimento di condizioni che stimolino le imprese a sviluppare e migliorare la loro capacità di produzione» [lett. d)] e a promuovere «l'espansione regolare e l'ammodernamento della produzione e parimenti il miglioramento della qualità, a condizione che evitino contro le industrie concorrenti qualunque protezione» [lett. g)]. Infatti, esse mirano a razionalizzare l'industria siderurgica europea in particolare mediante la definitiva chiusura di impianti obsoleti o poco competitivi (ad esempio Bagnoli in Italia, Avilés, Gijón, Biscaye e Ansiao in Spagna) e la riduzione irreversibile delle capacità produttive di taluni prodotti (ad esempio a Taranto, in Italia), al fine di far fronte alla situazione di sovraccapacità produttiva (v. art. 2 delle decisioni controverse). Esse rientrano così, con le altre summenzionate quattro decisioni individuali, che autorizzano aiuti di Stato e che sono state adottate lo stesso giorno, nell'ambito di un programma complessivo di ristrutturazione duratura del settore siderurgico e di riduzione delle capacità produttive nella Comunità (v., sopra, i punti 4-6). Sotto tale profilo, si deve sottolineare che la finalità degli aiuti di cui trattasi non è quella di garantire la pura e semplice sopravvivenza delle imprese beneficiarie — il che sarebbe incompatibile con l'interesse comune — ma di ristabilire la loro redditività pur limitando al minimo l'incidenza degli aiuti sulla concorrenza e vigilando sull'osservanza delle norme di concorrenza leale, in particolare quanto alle modalità di privatizzazione del gruppo Ilva.

109.
    Ne consegue che le decisioni controverse mirano a salvaguardare l'interesse comune, conformemente agli obiettivi del Trattato. Dev'essere respinta pertanto la tesi della ricorrente secondo la quale dette decisioni non mirerebbero alla realizzazione di tali obiettivi.

110.
    Dopo aver rilevato che le decisioni controverse perseguono gli obiettivi del Trattato, occorre accertare, in secondo luogo, se esse fossero necessarie per la

realizzazione di tali obiettivi. Come ha precisato la Corte nella precitata sentenza Germania/Commissione, la Commissione non potrebbe «assolutamente autorizzare la concessione di aiuti statali che non fossero indispensabili per conseguire gli obiettivi contemplati dal Trattato e che fossero tali da causare distorsioni alla concorrenza sul mercato comune dell'acciaio» (punto 30).

111.
    Occorre sottolineare, a questo proposito, che l'art. 33, primo comma, del Trattato dispone che «l'esame della Corte non può vertere sulla valutazione dello stato risultante da fatti o circostanze economiche in considerazione del quale sono state prese le dette decisioni o raccomandazioni, salvo che sia mossa accusa alla Commissione di aver commesso uno sviamento di potere o di avere misconosciuto in modo patente le disposizioni del Trattato oppure ogni norma giuridica concernente la sua applicazione».

112.
    In materia di aiuti di Stato, la Corte ha costantemente affermato che «la Commissione gode di un potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale da effettuarsi in un contesto comunitario» (sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punto 24, e Matra/Commissione, già citata, nonché sentenza del Tribunale 13 settembre 1995, cause riunite T-244/93 e T-486/93, TWD/Commissione, Racc. pag. II-2265).

113.
    Nell'ambito del motivo in esame, che implica una complessa valutazione economica e tecnica, il sindacato del Tribunale deve limitarsi pertanto al controllo dell'esattezza sostanziale dei fatti e della mancanza di manifesto errore di valutazione, conformemente ad una giurisprudenza costante (v. sentenze del Tribunale 15 luglio 1994, causa T-17/93, Matra Hachette/Commissione, Racc. pag. II-595, punto 104, 8 giugno 1995, causa T-9/93, Schöller/Commissione, Racc. pag. II-1611, punto 140, e 22 ottobre 1996, causa T-266/94, Skibsvaerftsforeningen e a./Commissione, Racc. pag. II-1399, punto 170).

114.
    Nella specie, per difendere la tesi del carattere «non necessario» degli aiuti concessi alla CSI e all'Ilva, la ricorrente sottolinea in particolare che, tenuto conto dell'esperienza del passato e delle eccessive capacità produttive nel settore siderurgico, qualsiasi tentativo di ristabilire la redditività delle imprese di cui trattasi mediante aiuti di Stato porterà inevitabilmente ad un fallimento, con gravi conseguenze sull'equilibrio generale del mercato comune.

115.
    Al riguardo, il Tribunale constata anzitutto che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la cronistoria e la motivazione delle decisioni controverse attestano un'approfondita analisi dell'attuale situazione di crisi della siderurgia europea e dei mezzi più adeguati per farvi fronte. La Commissione aveva conferito un mandato esplorativo ad un esperto indipendente, il signor Braun, il cui compito consisteva nell'effettuare la rilevazione dei progetti di chiusura di imprese del settore siderurgico e la cui relazione è stata presentata il 29 gennaio 1993. Tale relazione,

prodotta dalla Commissione, corroborava i dati contenuti nella comunicazione 23 novembre 1992 della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo (v., sopra, punto 4). Inoltre, dagli atti e dalle risposte della Commissione ai quesiti del Tribunale (v., sopra, punto 15) emerge che tale istituzione ha esaminato minuziosamente, con l'ausilio di esperti esterni, i piani di ristrutturazione che accompagnavano i progetti di aiuto considerati dagli Stati membri interessati, sotto il profilo della loro capacità di garantire l'efficienza delle imprese beneficiarie (punto III della motivazione di ciascuna decisione controversa).

116.
    Inoltre, la ricorrente non fornisce alcun elemento concreto che consenta di presumere che la Commissione abbia commesso un manifesto errore nel valutare la necessità degli aiuti e, in particolare, la loro idoneità ad agevolare il risanamento delle imprese beneficiarie.

117.
    A questo proposito, il fatto di affermare, limitandosi a far riferimento all'inefficacia degli aiuti precedenti, che gli aiuti di cui trattasi non saranno probabilmente idonei a conseguire i risultati previsti non costituisce nient'altro che un'anticipazione di natura meramente speculativa ed ipotetica. Infatti, un tentativo di proiettare nel futuro i risultati ottenuti nel passato, senza esaminare approfonditamente le concrete condizioni imposte dalle decisioni controverse al fine di realizzare una ristrutturazione delle imprese beneficiarie tale da garantire la loro efficienza o la loro redditività, non può costituire un mezzo di prova della violazione del Trattato da parte della Commissione.

118.
    Quanto agli argomenti della ricorrente relativi alle asserite perdite impreviste subite dall'Ilva e dalla CSI nel 1992 e nel 1993, nonché alla situazione del settore siderurgico caratterizzato da capacità produttive eccedentarie, essi sono del pari privi di qualsiasi fondamento. Infatti, la ricorrente omette di considerare le precauzioni adottate dalla Commissione nelle decisioni impugnate, al fine di garantire la redditività dell'Ilva e della CSI, in particolare riassorbendo l'indebitamento di tali imprese (v. il punto II della motivazione delle decisioni controverse), pur limitando i provvedimenti di ristrutturazione finanziari agli importi strettamente necessari, in modo da non alterare le condizioni degli scambi nella Comunità in misura contraria al comune interesse, in particolare, tenuto conto delle attuali difficoltà del mercato siderurgico (punto VI della motivazione delle decisioni controverse). Sotto tale profilo, il Tribunale constata che la Commissione, al fine di non fornire alle imprese beneficiarie un indebito vantaggio rispetto alle altre imprese del settore, vigila in particolare, nelle decisioni controverse, affinché le imprese interessate non beneficino sin dall'inizio di oneri finanziari netti inferiori al 3,5% del fatturato annuo (al 3,2% per l'AST, Acciai Speciali Terni), il che, secondo detta istituzione, non contraddetta su questo punto dalla ricorrente, costituisce la media attuale per le imprese siderurgiche comunitarie. Più in generale, le decisioni controverse impongono, al loro art. 2, varie condizioni destinate a garantire che l'aiuto al finanziamento non superi lo stretto necessario. Alla luce di tali elementi, è del tutto infondata l'argomentazione della ricorrente diretta a dimostrare che, nella situazione attuale di sovraccapacità produttiva, gli

aiuti di cui trattasi consentirebbero unicamente ai loro beneficiari di vendere i loro prodotti a prezzi inferiori al costo di produzione.

119.
    Inoltre, dalle comunicazioni della Commissione al Consiglio, nel corso del procedimento che è sfociato nell'adozione delle decisioni controverse, emerge che l'istituzione convenuta ha analizzato approfonditamente le condizioni di redditività delle imprese beneficiarie degli aiuti di cui trattasi. Quanto alla CSI (decisione 94/258), la Commissione si è avvalsa, per valutare l'attuabilità del piano di ristrutturazione notificato dal governo spagnolo, del criterio operativo secondo il quale «a steel undertaking cannot hope to attain lasting financial viability if it cannot achieve, under normal market conditions, an annuale gross operating result of 13,5% of turnover» (un'impresa siderurgica non può sperare di conseguire un'efficienza finanziaria duratura se non è in grado di realizzare, nelle normali condizioni di mercato, un margine di beneficio lordo pari al 13,5% del fatturato) [(comunicazione della Commissione al Consiglio 5 novembre 1992, SEC(92)1916 def., concernente la ristrutturazione della CSI, punto 5.1, pag. 11, allegato 9 del controricorso)]. In base a tale criterio, la perizia Atkins, prodotta dalla Commissione, constata che il programma di aiuti del governo spagnolo poteva ristabilire la redditività della CSI entro la fine del 1996, in base a previsioni di vendita di 3,274 milioni di tonnellate di prodotti piani e di 1,250 milioni di tonnellate di prodotti lunghi e di lamiere «quarto». Essa era giunta alla conclusione che «on an estimated turnover of 303 171 billions pesetas (2.2 BECU) the company should return to positive operating results in 1996, with a gross operating return of 17%, financial charges of 5% over sales, depreciation of 10% and a net return of 2%» [(in base ad un fatturato stimato pari a 303 171 miliardi di pesetas (2,2 miliardi di ECU), la società dovrebbe ottenere risultati positivi di gestione nel 1996, con un utile di gestione lordo del 17%, oneri finanziari del 5% sulle vendite, ammortamenti del 10% e un utile netto del 2%).

120.
    Per quanto riguarda la situazione dell'Ilva, il capitolo 2 della comunicazione della Commissione al Consiglio e al Comitato consultivo CECA 15 dicembre 1993, SEC(93)2089 def., con cui si chiede il parere conforme del Consiglio e il parere del Comitato consultivo in forza dell'art. 95 del Trattato, contiene la descrizione analitica delle prospettive di redditività delle imprese (l'ILP e l'AST) risultanti dalla privatizzazione del gruppo Ilva (punti 2.5 e 2.6), quali sono state accettate dal Consiglio, nonché il riferimento all'attività di un esperto indipendente incaricato di individuare «the hot-rolling mills which could be closed without jeopardizing the viability of either of the new companies, be it ILP or AST» (i laminatoi a caldo che potrebbero essere chiusi senza arrecare pregiudizio alla redditività di una delle nuove società, indipendentemente dal fatto che essa sia l'ILP o l'AST; ibidem, punto 2.9). Dal documento di cui trattasi emerge che l'esperto ha considerato sei opzioni consistenti in varie possibilità di chiusure e di riduzioni di capacità produttive, tra le quali la seconda è stata accolta dal governo italiano. L'opzione 2 è descritta come segue: «eliminating one of the four reheating furnaces belonging to the n° 1 mill and one of the three furnaces belonging to the sheet mill at

Taranto and closing down completely the facilities at Bagnoli» (sopprimere uno dei quattro forni di riscaldamento appartenenti al laminatoio n° 1 e uno dei tre forni appartenenti al laminatoio a lamiera ubicato a Taranto e chiudere completamente gli impianti di Bagnoli; ibidem, punto 2.9). In base a tali elementi, la Commissione ha ritenuto che l'ILP e l'AST fossero economicamente capaci di sopravvivere. In particolare, basandosi sul criterio secondo cui un'impresa siderurgica risulta sana «if it is able to show a return on its equity capital in the range of 1 - 1,5% of turnover» (se è in grado di realizzare sulla base del capitale azionario un utile dell'ordine di 1 - 1,5% del fatturato; ibidem, punto 3.3.2, pag. 20), essa ha sottolineato che gli utili dell'ILP sarebbero stati dell'ordine dell'1,4 - 1,5% del fatturato, anche se gli oneri finanziari fossero aumentati. Quanto ai livelli di produzione che non possono arrecare pregiudizio all'efficienza dell'ILP e dell'AST, i punti 2.5 e 2.6 del documento considerato (pag. 5-8) contengono un'analisieconomica delle condizioni indispensabili per ottenere una situazione soddisfacente entro la fine del 1996; si è fatto riferimento a tali risultati per stabilire il contenuto dell'art. 2 della decisione controversa.

121.
    Infine, per quanto riguarda l'argomento della ricorrente secondo cui, per ristabilire la redditività delle imprese considerate, la Commissione avrebbe potuto avvalersi di altri mezzi con effetti distorsivi minori di quelli degli aiuti in esame, il che dimostrerebbe che questi aiuti non sono necessari, il Tribunale rileva che, quand'anche fosse stato possibile prendere in considerazione ed applicare nella realtà soluzioni alternative, il che non è dimostrato, l'esistenza di tali opzioni non sarebbe sufficiente di per sé a viziare le decisioni controverse, poiché la soluzione adottata dalla Commissione non è viziata né da un manifesto errore di valutazione né da uno sviamento di potere. Infatti, non spetta al Tribunale esercitare un controllo sull'opportunità della scelta effettuata dalla Commissione, a meno di non sostituire la propria valutazione dei fatti a quella di detta istituzione.

122.
    Emerge da quanto precede che la ricorrente non espone alcun argomento convincente col quale si possa mettere in dubbio che le decisioni controverse siano state adottate conformemente alle condizioni enunciate dall'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato, in particolare per quanto riguarda le necessità di autorizzare gli aiuti di cui trattasi, al fine di realizzare gli obiettivi del Trattato.

123.
    Ne consegue che le decisioni controverse non sono viziate da illegittimità a causa di un'asserita violazione dell'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato.

Sull'asserita violazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione

Argomenti delle parti

124.
    Per quanto riguarda il principio di non discriminazione, la ricorrente sottolinea che, autorizzando la concessione di aiuti di Stato a imprese pubbliche di alcuni Stati membri, la Commissione ha consentito a un numero limitato di imprese di tentare

di operare una ristrutturazione mediante fondi pubblici, mentre altre imprese, fra cui essa stessa, hanno dovuto, a detto scopo, avvalersi dei propri mezzi. Le decisioni controverse sarebbero state così adottate a favore di imprese appartenenti esclusivamente allo Stato membro considerato a danno degli interessi delle imprese private concorrenti o delle imprese di altri Stati membri. Orbene, il principio di non discriminazione imporrebbe di non trattare in modo diverso situazioni analoghe o in modo uguale situazioni diverse, a meno che siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato. In particolare, esso richiederebbe che non venga effettuata alcuna distinzione tra il settore pubblico e quello privato. Secondo la giurisprudenza della Corte, la Commissione non sarebbe legittimata ad autorizzare aiuti la cui concessione potrebbe creare una manifesta discriminazione fra il settore pubblico e quello privato, poiché in tal caso la concessione degli aiuti comporterebbe distorsioni di concorrenza in misura incompatibile col comune interesse (v., al riguardo, sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 304/85, Falck/Commissione, Racc. pag. 871). Le decisioni controverse contengono un altro elemento discriminatorio secondo la British Steel: esse favorirebbero imprese che avevano trascurato di procedere a una ristrutturazione radicale a danno di quelle che vi avevano già proceduto.

125.
    Le decisioni controverse violerebbero inoltre il principio di proporzionalità, quale è stato definito dalla Corte di giustizia. Infatti, i mezzi impiegati dalla Commissione non sarebbero conformi all'importanza degli obiettivi perseguiti e non sarebbero stati necessari per conseguirli. Inoltre, secondo la ricorrente, l'elemento discriminatorio contenuto nelle decisioni impugnate non costituirebbe soltanto un motivo di annullamento autonomo, ma anche un importante elemento a dimostrazione del fatto che le decisioni controverse violano il principio di proporzionalità, poiché esse fanno gravare sulle imprese che si trovano nella stessa situazione della ricorrente uno svantaggio concorrenziale del tutto sproporzionato rispetto all'obiettivo dichiarato dalla Commissione, il che porrebbe in pericolo l'equilibrio del mercato.

126.
    La Commissione, sostenuta dal Consiglio, fa valere che non le si può imputare la presunta discriminazione, poiché spetta agli Stati membri interessati proporre la concessione di aiuti di Stato. Checché ne sia, il fatto che aiuti siano stati accordati in un caso particolare a imprese pubbliche e non a imprese private non implicherebbe necessariamente una violazione del principio di non discriminazione. Le decisioni controverse, anche ammesso che favoriscano imprese che non avevano previsto una ristrutturazione, non presenterebbero carattere discriminatorio ai sensi del diritto comunitario, poiché non hanno per effetto di falsare la concorrenza in maniera incompatibile con l'interesse comune. Orbene, la ricorrente non dimostrerebbe che le decisioni controverse sono tali da creare distorsioni di concorrenza. Inoltre, la Commissione ricorda che la British Steel ha acquisito solo recentemente il suo status di impresa privata, e che essa ha fruito, per il periodo 1981-1985, di aiuti che le hanno consentito di essere privatizzata e di creare una struttura sana e redditizia. Asserendo di aver dovuto ristrutturarsi con le proprie

risorse, la ricorrente non terrebbe conto quindi della sua storia recente. Il motivo tratto dalla violazione del principio di proporzionalità non aggiungerebbe poi praticamente nulla, da parte sua, all'argomentazione della ricorrente circa la necessità dell'adozione delle decisioni controverse in forza dell'art. 95 del Trattato.

127.
    Secondo la Repubblica italiana, le decisioni controverse sarebbero illecite solo se fossero state ispirate dallo scopo di discriminare talune imprese rispetto ad altre, accordando un trattamento diverso in condizioni e circostanze identiche. Tuttavia, dal contesto della loro adozione e dal loro tenore non emergerebbe alcun elemento che consenta di affermare che le suddette decisioni sono state influenzate in modo decisivo dalla natura pubblica delle imprese interessate e sarebbero perciò state diverse nel caso di imprese private.

128.
    Il Regno di Spagna riconosce esso pure che la Commissione non può autorizzare aiuti che comportino una manifesta discriminazione fra il settore pubblico e il settore privato. Ciò non avverrebbe nel caso specifico. Nella specie, le imprese di cui trattasi, vale a dire la British Steel e la SCI, non si troverebbero in una situazione analoga, giacché la seconda è tenuta ad effettuare riduzioni di capacità come contropartita degli aiuti autorizzati, mentre la prima non partecipa ad un nuovo sforzo di ristrutturazione. Per quanto concerne l'asserita violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente non proverebbe affatto l'esistenza di uno squilibrio fra i mezzi usati dalla Commissione e gli obiettivi perseguiti. L'autorizzazione degli aiuti di cui trattasi farebbe parte della strategia comunitaria volta a fronteggiare la crisi del settore siderurgico.

129.
    L'Ilva sottolinea che la Commissione aveva informato le imprese comunitarie del piano di ristrutturazione che intendeva realizzare, chiedendo che ciascuna di esse partecipasse all'impegno generale di riduzione delle capacità al fine di ottenere una vera e propria riorganizzazione della siderurgia europea. La Commissione non avrebbe quindi avvantaggiato l'Ilva a danno dei suoi concorrenti, ma avrebbe autorizzato aiuti in cambio del rispetto di impegni precisi. Non sarebbe quindi possibile parlare di violazione del principio di non discriminazione, poiché situazioni diverse sarebbero state valutate in modo diverso.

Giudizio del Tribunale

130.
    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare, anzitutto, la censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità, prima di esaminare quella che si riferisce alla violazione del principio di non discriminazione.

131.
    Per quanto attiene, in primo luogo, all'asserita violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente asserisce che gli aiuti di cui trattasi sono sproporzionati rispetto al loro obiettivo. Inoltre, essa afferma, in sostanza, che le decisioni controverse non impongono alle imprese beneficiarie sufficienti riduzioni

di capacità, in cambio dei vantaggi economici conferiti a dette imprese dagli aiuti di cui trattasi e delle distorsioni di concorrenza che ne conseguirebbero.

132.
    Ai sensi dell'art. 95, primo comma, del Trattato, le decisioni adottate dalla Commissione per far fronte a casi non previsti dal Trattato devono rispettare il disposto dell'art. 5 del Trattato, il quale stabilisce che la Commissione compie la sua missione solo «con interventi limitati». Quest'ultima disposizione dev'essere interpretata come una consacrazione del principio di proporzionalità (v., in questo senso, le conclusioni dell'avvocato generale Roemer relative alla sentenza della Corte 4 aprile 1960, causa 31/59, Acciaieria e Tubificio di Brescia/Alta Autorità, Racc. pag. 147, in particolare pag. 184).

133.
    Nel settore degli aiuti di Stato, la Corte ha considerato, nella citata sentenza Germania/Commissione, che la Commissione non poteva autorizzare la concessione di aiuti «che fossero tali da causare distorsioni alla concorrenza sul mercato comune dell'acciaio» (punto 30). Nello stesso senso, essa ha affermato, nella sentenza 13 giugno 1958, causa 15/57, Compagnie des hauts fourneaux de Chasse/Alta Autorità (Racc. pag. 147, in particolare pag. 178), che tale istituzione «ha l'obbligo di agire con prudenza e d'intervenire solo dopo aver accuratamente valutato i vari interessi in gioco, pur limitando — per quanto possibile — i prevedibili danni a terzi».

134.
    Peraltro, per giurisprudenza costante, la Commissione dispone in materia di un «ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche» da essa esercitate (v. sentenza della Corte 26 giugno 1990, causa C-8/89, Zardi, Racc. pag. I-2515, punto 11). Di conseguenza, solo il «carattere manifestamente inidoneo» o sproporzionato di una decisione adottata dalla Commissione, rispetto all'obiettivo che essa intende perseguire, potrebbe inficiare la legittimità di tale decisione (v. sentenze della Corte 9 luglio 1985, causa 179/84, Bozzetti, Racc. pag. 2301, nonché 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder, Racc. pag. 2237, punto 22).

135.
    Nella specie, si deve sottolineare, in limine, che gli aiuti di cui trattasi concorrono alla realizzazione di taluni obiettivi del Trattato mediante il ristabilimento della redditività delle imprese beneficiarie ed erano necessari a tale scopo, come si è già considerato (v., sopra, punti 98-123). Alla luce della citata giurisprudenza, e contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, i detti aiuti non presentano quindi natura inidonea rispetto agli obiettivi economici e sociali perseguiti mediante il ristabilimento di tale redditività. Tuttavia, perché le decisioni impugnate possano essere considerate conformi al principio di proporzionalità, in un mercato caratterizzato da una sovraccapacità produttiva, occorre anche verificare se esse impongano alle imprese beneficiarie adeguate chiusure e riduzioni di capacità, in cambio degli aiuti autorizzati.

136.
    A questo scopo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, non deve essere stabilito alcun «rapporto quantitativo preciso» fra «l'importo degli aiuti

e l'entità delle capacità produttive da eliminare» (v., al riguardo, la citata sentenza Germania/Commissione, punto 33). Al contrario, i fattori che possono influenzare gli importi esatti degli aiuti da autorizzare «non sono costituiti solo dal numero di tonnellate di capacità produttiva da eliminare, ma comprendono anche altri dati, che variano da una regione della Comunità all'altra», quali lo sforzo di ristrutturazione, i problemi regionali e sociali causati dalla crisi dell'industria siderurgica, lo sviluppo della tecnica e l'adeguamento delle imprese alle esigenze del mercato (ibidem, punto 34). Ne consegue che la valutazione della Commissione non può essere soggetta a un controllo che si basi unicamente su criteri economici. Essa può legittimamente tener conto di un'ampia gamma di considerazioni di ordine politico, economico o sociale, nell'ambito dell'esercizio del suo potere discrezionale in forza dell'art. 95 del Trattato.

137.
    Nella specie, il Tribunale constata che, al punto IV della motivazione della decisione 94/258 concernente la CSI, la Commissione sottolinea la necessità «che vi siano contropartite adeguate, commisurate all'ammontare degli aiuti eccezionalmente autorizzati, che diano un rilevante contributo al necessario risanamento strutturale del settore». Peraltro, al punto VI della motivazione di detta decisione, si afferma che «non basta vigilare (...) a che gli aiuti autorizzati consentano all'impresa di recuperare l'efficienza economico-finanziaria entro il 1996; occorre anche che gli aiuti siano limitati allo stretto necessario. Sotto questo profilo ci si deve assicurare che l'impresa, grazie alle misure di ristrutturazione finanziaria, non acquisisca un indebito vantaggio rispetto alle altre imprese del settore (...)». Ai punti V e VI della motivazione della decisione 94/259 riguardante l'Ilva, la Commissione afferma che, «per limitare il più possibile le conseguenze sulla concorrenza, occorre che l'industria siderurgica italiana del settore pubblico contribuisca in misura determinante all'adeguamento strutturale ancora necessario in detto settore, mediante riduzioni di capacità realizzate come contropartite dell'aiuto», e che «la concessione dell'aiuto al funzionamento deve limitarsi allo stretto necessario». La motivazione delle due decisioni impugnate contiene così una giustificazione dei criteri impiegati per determinare le riduzioni di capacità da realizzare. Per quanto riguarda l'Ilva, si tratta di riduzioni di capacità per un ammontare complessivo di 1,7 milioni di tonnellate l'anno a Taranto, tramite la demolizione di forni di riscaldo, e della chiusura completa degli impianti di Bagnoli.La decisione relativa alla CSI impone invece riduzioni di capacità dell'ordine di 2,3 milioni di tonnellate di ghisa ad Avilés e a Biscaye, di 1,423 milioni di tonnellate di acciaio grezzo a Gijón e a Biscaye, e di 2,3 milioni di tonnellate di coils laminati a caldo ad Ansiao. Inoltre, l'art. 1, n. 3, di dette due decisioni precisa che «gli aiuti non possono essere utilizzati a fini di concorrenza sleale»; in caso di inosservanza di tale obbligo la Commissione può esigere la sospensione del versamento degli aiuti o la restituzione degli aiuti già versati, fatte salve eventuali sanzioni (art. 6, n. 1, delle decisioni considerate).

138.
    Peraltro, si deve sottolineare che la ricorrente non adduce alcun argomento concreto al fine di dimostrare che le chiusure di impianti imposte dalle decisioni

controverse sarebbero insufficienti tenuto conto dell'entità dell'aiuto autorizzato e degli obiettivi perseguiti.

139.
    Il Tribunale constata pertanto che nessun elemento consente di presumere che la Commissione non abbia imposto alle imprese beneficiarie degli aiuti di cui trattasi condizioni adeguate, come contropartita del vantaggio così concesso, al fine di contribuire alla ristrutturazione di tutto il settore interessato e alla riduzione delle capacità, in conformità agli obiettivi del Trattato.

140.
    Ne consegue che è infondata la censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità.

141.
    Per quanto attiene, in secondo luogo, all'asserita violazione del principio di non discriminazione, occorre ricordare che, ai termini dell'art. 4, lett. b), del Trattato, «i provvedimenti o le pratiche che stabiliscono una discriminazione tra produttori» sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune dell'acciaio e di conseguenza sono proibiti all'interno della Comunità.

142.
    Per giurisprudenza costante, una discriminazione è costituita quando situazioni comparabili sono trattate in modo diverso, causando con ciò un pregiudizio a taluni operatori rispetto ad altri, senza che questo diverso trattamento sia giustificato dall'esistenza di differenze obiettive di un certo rilievo (v. sentenza della Corte 15 gennaio 1985, causa 250/83, Finsider/Commissione, Racc. pag. 131, punto 8). Specialmente nel settore degli aiuti alla siderurgia, la Corte ha constatato che sussiste disparità di trattamento e quindi discriminazione quando una decisione di autorizzazione comporta «o vantaggi diversi per imprese siderurgiche che si trovano nella stessa situazione, oppure vantaggi identici per imprese siderurgiche che fossero in situazioni molto diverse» (sentenza Germania/Commissione, già citata, punto 36).

143.
    La questione della discriminazione in materia di aiuti fra il settore pubblico e il settore privato nell'ambito del Trattato CECA è stata esaminata nella precitata sentenza Falck/Commissione. Dopo aver sottolineato che la responsabilità della concessione dell'aiuto tocca in primo luogo al governo interessato, la Corte ha precisato il compito della Commissione come segue: «E' vero che (...) benché qualsiasi intervento in materia di aiuti possa favorire un'impresa rispetto ad un'altra, la Commissione non può, comunque, autorizzare aiuti la cui concessione sia atta a provocare una manifesta discriminazione fra il settore pubblico ed il settore privato. In tal caso, infatti, la concessione degli aiuti in questione implicherebbe distorsioni della concorrenza in misura incompatibile con l'interesse comune» (punto 27).

144.
    Nella specie, per stabilire se le decisioni controverse presentino natura discriminatoria occorre accertare se esse comportino distorsioni di concorrenza in misura incompatibile con l'interesse comune.

145.
    A questo scopo, occorre anzitutto rilevare che la ricorrente non formula alcun concreto argomento atto a dimostrare che le decisioni controverse possono falsare le condizioni di concorrenza «in misura incompatibile con l'interesse comune» e per questo motivo comportano discriminazioni «manifeste» contro, in particolare, imprese private.

146.
    A questo riguardo, come afferma il governo italiano, il contesto nel quale le decisioni sono state adottate e le stesse decisioni non evidenziano alcun elemento che consenta di affermare che esse sono state influenzate in modo decisivo dal fatto che le imprese beneficiarie degli aiuti erano imprese pubbliche e che, di conseguenza, le decisioni sarebbero state diverse nel caso di imprese private. D'altra parte, la Commissione non avrebbe legittimamente potuto tener conto della natura pubblica delle imprese considerate per rifiutarsi di autorizzare gli aiuti di cui trattasi, a meno di non violare il principio della parità di trattamento fra imprese pubbliche e imprese private.

147.
    Inoltre, si deve ricordare che, come si è già dichiarato (v. sopra, i punti 131-139), i vantaggi concessi alle imprese beneficiarie degli aiuti di cui trattasi sono proporzionati agli obiettivi perseguiti, grazie in particolare agli obblighi imposti come contropartita a dette imprese (la chiusura di impianti e la riduzione di capacità produttive). Inoltre, le distorsioni di concorrenza risultanti dalle decisioni controverse sono limitate allo stretto necessario (v. sopra, punto 118) e sono giustificate dalla stessa finalità di tali decisioni — il ristabilimento di una struttura sana e redditizia delle imprese beneficiarie — che è stato considerata compatibile col Trattato (v. sopra, punti 103-108). Infine, l'art. 1, n. 3, di dette decisioni enuncia che «gli aiuti di cui sopra non devono essere utilizzati per pratiche di concorrenza sleale». In forza dell'art. 6, n. 1, delle decisioni impugnate, in caso di violazione di uno di detti obblighi, la Commissione può esigere la sospensione del versamento o il rimborso degli aiuti di cui trattasi (v. sopra, punto 137).

148.
    Di conseguenza, il Tribunale constata che la Commissione ha agito nell'interesse comune, valutando i vari interessi in gioco e provvedendo a salvaguardare interessi rilevanti, pur evitando gli effetti sfavorevoli per gli altri operatori economici nella misura in cui lo consentivano l'oggetto stesso e lo scopo delle decisioni controverse.

149.
    Questa analisi è conforme alla giurisprudenza della Corte la quale ha considerato, nella precitata sentenza Valsabbia e a./Commissione, punto 49, quanto segue: «Indubbiamente la Commissione, a norma dell'art. 3 del Trattato, è tenuta ad agire nell'interesse comune, ma ciò non significa che essa debba agire nell'interesse di tutti gli amministrati senza eccezione, giacché il suo compito non implica l'obbligo di agire solo a condizione di non ledere alcun interesse. Al contrario, essa deve agire valutando i vari interessi ed evitando conseguenze dannose, sempre che la decisione da adottare consenta ragionevolmente di farlo. La Commissione può, nell'interesse comune, avvalersi del suo potere di decisione come lo richiede la situazione, anche a danno di taluni interessi particolari».

150.
    Ne consegue che dev'essere respinto l'argomento della ricorrente, secondo cui le decisioni controverse sono viziate da una violazione del principio di non discriminazione.

Sul quarto motivo relativo all'inosservanza di forme sostanziali

151.
    La British Steel sostiene che le decisioni controverse sono state adottate senza osservare forme sostanziali. Tale motivo può essere ripartito in tre parti: la prima è relativa al difetto di motivazione, la seconda all'asserita mancanza di procedimento in contraddittorio, la terza alla violazione del parere conforme del Consiglio.

Sull'asserito difetto di motivazione

Argomenti delle parti

152.
    Secondo la British Steel, sostenuta dalla SSAB Svenskt Stål, la Commissione ha violato l'obbligo di motivare sufficientemente le sue decisioni, contemplato dall'art. 15 del Trattato. Per giurisprudenza costante, anche se l'obbligo di motivazione dipende dalla natura dell'atto di cui trattasi e dal contesto nel quale è stato adottato, i requisiti stabiliti dall'art. 15 non sono soddisfatti quando una decisione controversa si limita a constatare che sono soddisfatte le condizioni previe di applicazione delle disposizioni di cui trattasi (v., al riguardo, sentenza della Corte 1° luglio 1986, causa 185/55, Usinor/Commissione, Racc. pag. 2079, punto 21).

153.
    La motivazione delle decisioni impugnate sarebbe in pratica identica a quella di ciascuna delle decisioni adottate dalla Commissione alla stessa data e che autorizzavano aiuti ad imprese siderurgiche. In particolare, la Commissione non spiegherebbe né perché gli aiuti di cui trattasi consentirebbero di dotare la CSI e l'Ilva di una struttura solida ed economicamente vitale né come essi permetterebbero di conseguire gli obiettivi del Trattato. Infine, essa non indicherebbe quali fossero gli obiettivi di cui agli artt. 2 e 3 del Trattato che intendeva conseguire.

154.
    La ricorrente rileva che la Commissione ha effettivamente acquisito una relazione proveniente da un esperto esterno, vale a dire la ditta W.S. Atkins, prima di adottare le decisioni controverse. Tuttavia, le decisioni impugnate, non facendo menzione di tale relazione né delle conclusioni che occorrerebbe trarne, non sarebbero motivate in modo abbastanza preciso da consentire alle parti interessate di garantire la tutela dei loro diritti e al Tribunale di esercitare un efficace sindacato giurisdizionale.

155.
    La Det Danske Stålvalseværk sostiene, anche essa, l'insufficienza di motivazione delle decisioni controverse. In particolare, il fatto che la Commissione non abbia individuato gli obiettivi perseguiti e i nessi tra i detti obiettivi e gli aiuti di cui trattasi significherebbe che le decisioni controverse sono il risultato di un'operazione politica.

156.
    La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, respinge l'argomentazione della ricorrente. In primo luogo, questa non spiegherebbe perché la motivazione di una decisione dovrebbe essere considerata insufficiente per il solo fatto che risulta identica a quella di altre decisioni. Nella specie, le sei decisioni adottate dalla Commissione rientrerebbero in un piano complessivo di ristrutturazione della siderurgia e sarebbero state adottate allo stesso momento, in uno stesso contesto di crisi e di inevitabile riduzione delle capacità. In secondo luogo, l'asserzione secondo cui le decisioni controverse non spiegano come gli obiettivi del Trattato possano essere realizzati mediante la concessione di un aiuto di Stato sarebbe del tutto tendenziosa, in quanto un aiuto può essere validamente autorizzato con riguardo al Trattato CECA solo nell'interesse della Comunità, il che gli conferisce la natura di aiuto comunitario. La Commissione constata che la mancanza di riferimenti alla relazione della ditta W.S. Atkins non cambia affatto la sostanza della motivazione, poiché il punto III della motivazione di ciascuna decisione menziona espressamente il fatto che essa è stata assistita da esperti esterni. Infine, nel sindacare la motivazione delle decisioni controverse, occorrerebbe tener conto del fatto che la Commissione non ha inflitto una sanzione alla ricorrente e che, inoltre, questa ha assiduamente partecipato al procedimento conclusosi con l'adozione delle decisioni, come sarebbe attestato dal verbale delle riunioni del Comitato consultivo CECA.

157.
    Il Consiglio osserva che, nel caso dell'Ilva e della CSI, l'aiuto autorizzato dalla Commissione aveva chiaramente natura comunitaria e rientrava nel programma di ristrutturazione della siderurgia proposto dalla Commissione e accettato dal Consiglio. Inoltre, la British Steel sarebbe stata strettamente associata al procedimento che è sfociato nell'adozione delle decisioni controverse, di modo che la stessa non potrebbe affermare di non essere stata pienamente a conoscenza dei motivi che hanno portato alla loro adozione.

158.
    Secondo il Regno di Spagna, un'istituzione comunitaria non è tenuta a precisare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. La motivazione di una decisione deve valutarsi tenendo conto anche del suo contesto, come di tutte le norme che disciplinano la materia considerata (v. sentenza della Corte 7 febbraio 1990, causa C-213/87, Gemeente Amsterdam e VIA/Commissione, Racc. pag. I-221). Nella fattispecie, la motivazione delle decisioni controverse sarebbe più che sufficiente, in quanto la Commissione esamina punto per punto ciascuna delle condizioni che giustificano l'adozione delle misure considerate, ne menziona il fondamento giuridico ed elenca i meccanismi di controllo previsti.

Giudizio del Tribunale

159.
    L'art. 5, secondo comma, quarto trattino, del Trattato dispone che la Comunità «rende pubblici i motivi della sua azione». L'art. 15, primo comma, precisa che «le decisioni, le raccomandazioni e i pareri della Commissione sono motivati e fanno riferimento ai pareri obbligatoriamente richiesti». Da dette disposizioni, nonché dai principi generali del Trattato CECA, emerge che un obbligo di motivazione incombe alla Commissione quando adotta decisioni generali o individuali, indipendentemente dalla base giuridica scelta a questo scopo.

160.
    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione dev'essere adeguata alla natura dell'atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione, da cui promana l'atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Non si richiede che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti. Essa dev'essere valutata non solo alla luce del tenore dell'atto, ma anche del suo contesto, nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia considerata (sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C-56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-723,e sentenza Skibsværftsforeningen e a./Commissione, già citata, punto 230). Inoltre, la motivazione di un atto dev'essere valutata in funzione, fra l'altro, «dell'interesse che il destinatario dell'atto o altre persone da esso riguardate ai sensi dell'art. 33, secondo comma, del Trattato CECA possono avere ad ottenere spiegazioni» (sentenza della Corte 19 settembre 1985, cause riunite 172/83 e 226/83, Hoogovens Groep/Commissione, Racc. pag. 2831, punto 24).

161.
    Nella specie, occorre esaminare le censure della ricorrente relative ad un asserito difetto di motivazione delle decisioni controverse per quanto riguarda, da un lato, l'idoneità degli aiuti di cui trattasi a ristabilire la redditività delle imprese interessate e, dall'altro, la conformità di detta finalità con gli obiettivi del Trattato.

162.
    Con riferimento, in primo luogo, alla questione della redditività delle imprese beneficiarie degli aiuti, il Tribunale constata che le decisioni controverse indicano chiaramente i motivi per i quali detta redditività deve, secondo la Commissione, essere ristabilita, quando esse elencano, in particolare al punto II della loro motivazione, i vari aspetti del piano di ristrutturazione sostenuto dagli aiuti di cui trattasi. Per quanto attiene alla CSI, la decisione che la riguarda indica espressamente che tale piano comporta fondamentalmente vari provvedimenti di ristrutturazione industriale, sociale e finanziaria, da essa descritti succintamente. La decisione menziona così, ad esempio, i principali provvedimenti diretti a riequilibrare le strutture finanziarie dell'impresa, la chiusura degli impianti meno competitivi e una riduzione del 42% dell'organico. Quanto all'Ilva, dalla motivazione della decisione relativa agli aiuti ad essa destinati emerge espressamente che il ristabilimento della redditività di detta impresa è perseguito tramite la privatizzazione del gruppo, che costituisce l'obiettivo fondamentale degli

aiuti di cui trattasi, e mediante un nuovo programma di riorganizzazione, per il tramite in particolare della scissione della sua attività essenziale in due nuove società in base ad uno schema esposto nella decisione.

163.
    Inoltre, la Commissione precisa, nelle decisioni controverse (punto III della motivazione), che, nell'ambito del suo esame dell'idoneità dei rispettivi piani di ristrutturazione, si è avvalsa degli stessi criteri da essa imposti nel corso della precedente ristrutturazione dell'industria siderurgica della Comunità. Siffatti criteri non potevano essere ignorati pertanto dagli operatori economici e, in particolare, dalla ricorrente. Del resto, quest'ultima aveva essa stessa beneficiato della concessione di aiuti di Stato diretti ad agevolare la sua privatizzazione, secondo le asserzioni dell'interveniente Ilva che non sono state contestate. In tali circostanze, specificando i principali aspetti dei piani di ristrutturazione sopra indicati, le decisioni controverse hanno esposto sufficientemente i motivi per i quali gli aiuti di cui trattasi avrebbero consentito, secondo la Commissione, di conferire alla CSI e all'Ilva una struttura sana e redditizia.

164.
    In tali circostanze, non può essere accolto l'argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe omesso di esporre, nelle decisioni controverse, i criteri impiegati dagli esperti indipendenti che le hanno fornito la loro assistenza al fine di valutare le prospettive di redditività delle imprese beneficiarie. A questo proposito, è sufficiente ricordare che, per giurisprudenza costante, la Commissione non è tenuta a specificare i vari fatti numerosi e complessi in base ai quali una decisione è stata adottata, quando menziona la situazione complessiva che ha determinato la sua adozione e gli obiettivi generali da essa perseguiti. Orbene, nella fattispecie, le decisioni controverse sono sufficientemente motivate per quanto concerne il ristabilimento della redditività delle imprese interessate, come è stato mostrato al punto precedente.

165.
    Inoltre, la motivazione delle decisioni controverse, per quanto riguarda la redditività delle imprese beneficiarie, è in ampia misura completata e sviluppata dagli atti della causa. Quanto alla situazione della CSI, la Commissione ha prodotto il testo integrale della sua comunicazione al Consiglio 5 novembre 1992 [doc. SEC(92) 1916 def.], concernente la ristrutturazione della CSI e facente seguito alla notifica di un piano di ristrutturazione di detta impresa da parte del governo spagnolo. Il summenzionato documento contiene un'approfondita analisi delle condizioni di redditività della nuova società risultante dall'incorporazione da parte della CSI delle imprese AHV (Altos Hornos de Vizcaya) e Ensidesa (v. sopra, punto 119). Per di più, una versione della relazione Atkins riguardante la CSI, priva dei dati riservati, è stata fornita dalla Commissione nella sua risposta supplementare ai quesiti del Tribunale 30 giugno 1995. La versione disponibile illustra, in modo dettagliatissimo, il sistema di lavoro dell'esperto, nonché le opzioni che sono state considerate per giungere ad appurare un'affidabile previsione di ripresa di redditività da parte della CSI.

166.
    Per quanto attiene alla situazione dell'Ilva (decisione 94/259), la Commissione ha del pari prodotto il testo completo della sua comunicazione 15 dicembre 1993 al Consiglio [doc. SEC(93) 2089 def.], nella quale essa chiedeva il parere conforme del Consiglio in forza dell'art. 95, primo comma, del Trattato. Detta comunicazione riproduce in parte il contenuto di una precedente comunicazione 10 novembre 1993 [doc. SEC(93) 1745 def.]. Essa contiene un'approfondita analisi delle condizioni di redditività delle imprese (la ILP e la AST) risultanti dalla privatizzazione dell'Ilva (punti 2.5 e 2.6), come sono state accettate dal Consiglio (v. sopra, punto 120).

167.
    Quanto, in secondo luogo, ai motivi per i quali la Commissione ha ritenuto che l'obiettivo degli aiuti di cui trattasi, vale a dire il ristabilimento della redditività delle imprese beneficiarie, fosse conforme agli obiettivi del Trattato, occorre sottolineare che tali motivi sono non soltanto esposti al punto IV della motivazione delle decisioni, ma sono anche sviluppati in tutta la motivazione. In particolare, dal punto IV emerge che, secondo la Commissione, a causa delle gravi difficoltà del settore siderurgico in più Stati membri, a partire dalla metà del 1990, il risanamento delle imprese di cui trattasi dev'essere considerato conforme agli obiettivi definiti dagli artt. 2 e 3 del Trattato. Ai punti V e VI della motivazione, la Commissione precisa che le decisioni controverse mirano in particolare a contribuire ad una ristrutturazione del settore mediante riduzioni di capacità. Essa sottolinea anche che uno degli obiettivi perseguiti dalle varie condizioni da essa imposte consiste nel limitare al minimo gli effetti sulla concorrenza degli aiuti di cui trattasi. Il Tribunale rileva pertanto che la motivazione delle decisioni controverse era sufficiente a consentire alla ricorrente di individuare gli obiettivi del Trattato che dette decisioni intendevano perseguire e per valutare se il risanamento della CSI e dell'Ilva fosse conforme a tali obiettivi.

168.
    Per di più, le censure che sono state esaminate sono tanto meno fondate in quanto è pacifico che la ricorrente è stata strettamente associata al procedimento che è sfociato nell'adozione delle decisioni, il che contribuisce a ridurre la necessità di una motivazione estremamente dettagliata quanto agli elementi di fatto sui quali le decisioni controverse si basano (v. sentenza della Corte 11 gennaio 1973, causa 13/72, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. 27).

169.
    Da tutte le precedenti considerazioni emerge che le decisioni controverse non sono viziate da illegittimità a causa di un asserito difetto della loro motivazione.

Sull'asserita mancanza di procedimento in contraddittorio

Argomenti delle parti

170.
    La British Steel, sostenuta dalla SSAB Svenkst Stål, sostiene che, non avviando il procedimento in contraddittorio contemplato dall'art. 6 del codice degli aiuti, la Commissione ha violato una forma sostanziale prevista dal diritto comunitario. Le

disposizioni procedurali contenute nell'art. 6 del codice degli aiuti coinciderebbero sostanzialmente con quelle enunciate all'art. 93, nn. 2 e 3, del Trattato CE, quali sono interpretate dalla costante giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz/Germania, Racc. pag. 1471). Secondo la ricorrente, la struttura di questi due insiemi di disposizioni è a tal punto simile che, anche se l'art. 6 non prevede espressamente l'obbligo della Commissione di avviare un procedimento in contraddittorio quando avverte dubbi sulla compatibilità di un progetto di aiuti, l'esistenza di un simile obbligo deve manifestamente essere ricavato per analogia. Essa ricorda la giurisprudenza della Corte secondo cui il riconoscimento da parte della Commissione dell'incompatibilità di un aiuto deve risultare da un procedimento adeguato per la cui applicazione è responsabile detta istituzione (v., al riguardo, sentenza 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I-877). Secondo la ricorrente, sarebbe sorprendente che le garanzie procedurali previste dal Trattato CECA fossero inferiori a quelle stabilite dal Trattato CE, se si tiene conto del fatto che il primo Trattato contiene un regime di aiuti di Stato molto più rigoroso del secondo.

171.
    La ricorrente respinge l'argomento della Commissione secondo il quale l'art. 95 del Trattato contiene un procedimento che offre maggiori garanzie dell'art. 6 del codice degli aiuti. L'art. 95 non prevederebbe infatti alcun procedimento formale di consultazione dei settori interessati e ciò sarebbe incompatibile con l'importanza attribuita dalla Corte all'uso di un procedimento formale per garantire a tutti gli interessati la possibilità di presentare le loro osservazioni. Inoltre, l'art. 95 non conterrebbe alcuna disposizione specifica per quanto riguarda i termini, che evidentemente possono variare a seconda dell'urgenza e dell'importanza della decisione da adottare da parte della Commissione.

172.
    La Commissione, sostenuta dal Consiglio e dalla Repubblica italiana, sottolinea che l'obbligo di avvalersi di un procedimento in contraddittorio, come quello di cui all'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti, non è previsto dall'art. 95, primo comma, del Trattato. Infatti, l'avvalersi dell'art. 6 del codice degli aiuti sarebbe semplicemente inadeguato nel caso di specie; la Commissione potrebbe avviare tale procedimento al fine di stabilire se i versamenti considerati costituiscano effettivamente un aiuto. Orbene, nella specie, sarebbe evidente sin dall'inizio che i proposti piani di ristrutturazione costituivano aiuti incompatibili col codice. In ogni caso, la Commissione osserva che l'art. 95 conferirebbe alla ricorrente diritti procedurali più ampi di quelli che sarebbero risultati dall'art. 6. La ricorrente avrebbe infatti disposto di un termine più lungo per presentare le sue osservazioni e avrebbe potuto farlo tanto direttamente quanto per il tramite del Comitato consultivo CECA. Quanto all'art. 6, esso si limiterebbe ad obbligare la Commissione a chiedere il parere degli Stati membri prima di decidere sulla compatibilità degli aiuti di Stato proposti; per contro, l'adozione delle decisioni di cui trattasi in forza dell'art. 95 richiederebbe l'approvazione unanime del Consiglio, il che offrirebbe una tutela molto più ampia. Peraltro, l'esistenza di un procedimento di autorizzazione degli aiuti, che conferisce un ruolo formale agli interessati, e di un

altro procedimento, che non lo attribuisce, non sarebbe così strana come sembra credere la ricorrente. Infatti, il primo comma dell'art. 93, n. 2, del Trattato CE, prevede un procedimento che consente la partecipazione delle parti interessate, mentre l'art. 93, n. 2, terzo comma, contempla un procedimento col quale gli Stati membri, all'unanimità, possono derogare all'art. 92 autorizzando un aiuto se ciò è giustificato da circostanze eccezionali. Quest'ultimo procedimento escluderebbe espressamente l'intervento formale degli interessati.

173.
    Secondo il Regno di Spagna, il procedimento contenzioso previsto dall'art. 6 del codice degli aiuti è inapplicabile nel caso di specie, poiché questo articolo riguarda il caso di aiuti disciplinati dal codice degli aiuti. Orbene, le decisioni controverse si baserebbero non sul codice degli aiuti, ma sull'art. 95 del Trattato, che non prevede un procedimento in contraddittorio.

Giudizio del Tribunale

174.
    Le decisioni controverse sono state adottate in base all'art. 95, primo e secondo comma, del Trattato. Questo articolo prevede il parere conforme del Consiglio e la consultazione obbligatoria del Comitato consultivo CECA. Esso non sancisce il diritto dei destinatari delle decisioni e delle persone interessate ad essere ascoltati. Dal canto suo, l'art. 6, n. 4, del quinto codice degli aiuti istituisce siffatto diritto, enunciando che «qualora la Commissione, dopo avere intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto non è compatibile con le disposizioni della presente decisione, informa lo Stato membro interessato della propria decisione». Tale disposizione figurava in tutti i codici degli aiuti che precedevano quello vigente, a partire dal primo (v., al riguardo, la decisione della Commissione 1° febbraio 1980, n. 257/80/CECA, che istituisce norme comunitarie per gli aiuti specifici alla siderurgia, GU L 29, pag. 5).

175.
    La ricorrente adduce che la Commissione ha violato i diritti della difesa, in quanto, anche in mancanza di un'espressa disposizione dell'art. 95 del Trattato CECA, essa avrebbe dovuto avviare un procedimento in contraddittorio nei suoi confronti, secondo il modello dell'art. 6 del quinto codice degli aiuti. Essa cerca così di stabilire un parallelismo fra l'art. 95 del Trattato CECA e l'art. 93, n. 2, del Trattato CE, al fine di affermare un principio generale che obbligherebbe la Commissione a far partecipare sistematicamente gli interessati al procedimento ogni volta che essa deve valutare la compatibilità col Trattato di un aiuto di Stato.

176.
    Senza che occorra esaminare la questione se esista un principio generale di diritto comunitario che attribuisce agli interessati il diritto di essere ascoltati nel corso diun procedimento decisionale in materia di aiuti di Stato, occorre sottolineare che, nell'ambito del procedimento di adozione delle decisioni controverse in forza dell'art. 95, primo comma, del Trattato CECA, che prevede la consultazione del Comitato consultivo CECA, la ricorrente ha in ogni caso avuto occasione di far

valere la sua posizione in seno a detto Comitato. Infatti, in forza dell'art. 18 del Trattato CECA, il Comitato consultivo è composto da membri che rappresentano i produttori, i lavoratori, i consumatori e i commercianti. Orbene, è pacifico che la British Steel, nella sua qualità di produttore, era rappresentata in seno a detto Comitato, in quanto il signor Evans, membro del Comitato, era all'epoca dei fatti il direttore degli affari internazionali della British Steel, come questa ha dichiarato nella sua lettera 4 marzo 1997, rispondendo ad un quesito sollevato dal presidente del Tribunale all'udienza. In occasione della 310a riunione di detto Comitato, avvenuta il 12 novembre 1993, la questione degli aiuti all'Ilva e alla CSI è stata a lungo discussa (v. gli estratti del verbale nell'allegato 3 delle osservazioni della Commissione) e il rappresentate della ricorrente era presente e ha dato il suo parere sui provvedimenti proposti dalla Commissione. La comunicazione rivista relativa all'Ilva è stata discussa, alle stesse condizioni, nel corso della riunione del Comitato 16-17 dicembre 1993.

177.
    Inoltre, per quanto concerne la decisione 94/259, riguardante l'Ilva, il punto VIII, secondo capoverso, della motivazione menziona espressamente il fatto che un procedimento era stato avviato in base all'art. 6, n. 4, del codice degli aiuti, prima che l'Italia comunicasse alla Commissione il nuovo programma di riorganizzazione e di privatizzazione del gruppo Ilva (punto II della motivazione di tale decisione). Al riguardo, la Commissione afferma, senza essere contraddetta, che la ricorrente è stata consultata e ha avuto la possibilità di esprimere il suo punto di vista. Quanto alla decisione 94/258, attinente alla CSI, l'allegato 4 del ricorso elenca quindici riunioni o scambi di corrispondenza fra il settembre 1992 e il marzo 1994 a proposito del programma di autorizzazione di aiuti a talune imprese, fra le quali la CSI; l'allegato 6 del controricorso, dal canto suo, contiene lo scambio di corrispondenza fra la British Steel e la Commissione sugli aiuti alla CSI.

178.
    Per di più la British Steel è membro dell'Eurofer, un'associazione senza scopo di lucro che raggruppa le imprese siderurgiche europee. Orbene, come afferma la Commissione, senza essere contraddetta dalla ricorrente, l'Eurofer ha comunicato le sue osservazioni sui provvedimenti previsti, a nome di tutti i suoi membri. A titolo esemplificativo è possibile fare riferimento ad un memorandum del 9 ottobre 1992 (allegato 7 del controricorso).

179.
    Ne consegue che, in pratica, la ricorrente ha avuto occasione di far valere il suo punto di vista nell'ambito del procedimento di adozione delle decisioni controverse, di modo che queste non possono in alcun caso essere viziate da illegittimità a causa dell'asserita mancanza di procedimento in contraddittorio.

Sull'asserita violazione del parere conforme del Consiglio

Argomenti delle parti

180.
    La British Steel sottolinea che, ai termini dell'art. 95, primo comma, del Trattato, una decisione può essere adottata dalla Commissione solo con parere conforme del Consiglio deliberante all'unanimità. A questo proposito, sarebbe fondamentale che il testo della decisione adottata dalla Commissione sia identico, quanto al suo contenuto, a quello approvato dal Consiglio. Non sarebbe affatto lecito per la Commissione adottare una decisione in forza dell'art. 95 del Trattato in una forma diversa da quella del testo approvato dal Consiglio.

181.
    Nel caso della decisione 94/259 siffatto principio sarebbe stato violato. La Commissione avrebbe chiesto infatti al Consiglio di approvare una proposta diretta ad autorizzare aiuti all'Ilva all'espressa condizione che la riduzione di capacità di 1,2 milioni di tonnellate l'anno nell'area di Taranto fosse realizzata irreversibilmente entro il 30 giugno 1994, e il Consiglio avrebbe approvato dette proposte a tale espressa condizione. Il dispositivo della decisione controversa non conterrebbe tuttavia alcuna condizione che imponga di operare la riduzione prima di detta data. Il calendario sarebbe menzionato solo nella motivazione della decisione e non presenterebbe quindi natura vincolante. La decisione della Commissione sarebbe diversa quindi in un punto importante dal testo approvato all'unanimità dal Consiglio.

182.
    La tesi della Commissione secondo la quale il Consiglio deve dare il suo consenso soltanto alla sostanza della proposta della Commissione comporterebbe il rischio di un'alterazione dell'equilibrio istituzionale, in quanto la Commissione potrebbe procedere ad una libera interpretazione delle deliberazioni del Consiglio. L'art. 95 richiederebbe il parere conforme del Consiglio sullo stesso testo della decisione e non sulla sostanza della proposta.

183.
    La Commissione, sostenuta dalla Repubblica italiana, ammette che il termine del 30 giugno 1994 per la chiusura degli impianti di Taranto non figura nel dispositivo della decisione, ma soltanto nella motivazione. Le decisioni di cui trattasi sarebbero state adottate nella loro forma definitiva dalla Commissione dopo aver ottenuto l'approvazione del Consiglio, in base alla comunicazione di detta istituzione al Consiglio che descriveva in sostanza la sua proposta di decisione, senza occuparsi della forma precisa che la stessa decisione avrebbe rivestito. Di conseguenza, non vi sarebbe stata modifica di un atto del Consiglio da parte della Commissione. Inoltre, e in ogni caso, le motivazioni delle decisioni controverse esorbiterebbero da una mera esposizione dei motivi, poiché esse fanno riferimento ai mezzi con i quali la ristrutturazione sarà effettuata, formando unitamente al dispositivo un insieme che rinvia ai programmi da seguire. La data del 30 giugno 1994, riprodotta nella motivazione della decisione controversa, costituirebbe quindi una condizione effettivamente prevista dalle stesse decisioni, conformemente a quanto prescritto dal Consiglio.

184.
    Il Consiglio osserva che il testo dell'art. 95, primo comma, del Trattato non l'obbliga a dare un parere conforme sull'atto formale che la Commissione intende

adottare. Nella specie, avrebbe emesso all'unanimità un parere conforme entro i limiti e le condizioni enunciati nelle comunicazioni della Commissione concernenti i vari casi di aiuti, tenendo conto del pari delle modifiche da apportare al dispositivo delle decisioni in seguito alle discussioni nell'ambito della stessa. Il Consiglio afferma che le decisioni adottate dalla Commissione erano conformi a quanto esso stesso aveva deciso.

Giudizio del Tribunale

185.
    Il Tribunale constata che la censura sollevata dalla British Steel riguarda la mera regolarità formale della decisione 94/259, concernente l'Ilva. La ricorrente adduce che questa decisione sarebbe stata adottata in violazione del parere conforme del Consiglio, tassativamente prescritto dall'art. 95, primo comma, del Trattato, poiché il termine 30 giugno 1994, per l'adempimento da parte dell'Ilva del suo obbligo di ridurre le capacità produttive nell'area di Taranto figura nella comunicazione della Commissione 15 dicembre 1993 (punto 24), sulla quale si basa il parere del Consiglio 22 dicembre 1993, ma non si ritrova nel dispositivo della decisione controversa, essendo riprodotto unicamente nella motivazione (punto II, ottavo capoverso).

186.
    E' pacifico che la data del 30 giugno 1994 figurava nel programma di riorganizzazione e di privatizzazione del Gruppo Ilva approvato dall'IRI nel settembre 1993 e comunicato dal governo italiano alla Commissione con lettera 13 dicembre 1993 (v. il punto II della motivazione della decisione considerata). E' del pari pacifico che detta data figurava al punto 24 della comunicazione della Commissione al Consiglio 15 dicembre 1993, sulla quale si è basato il parere del Consiglio, e che essa non figura nel dispositivo della decisione 94/259, ma unicamente nella motivazione (punto II).

187.
    Orbene, l'art. 95, anche se dispone che la decisione della Commissione dev'essere adottata «con parere conforme del Consiglio, deliberante all'unanimità», non determina le modalità secondo le quali la Commissione deve chiedere il parere: in particolare, esso non precisa chiaramente se la Commissione debba presentare un progetto di decisione al Consiglio. La prassi decisionale della Commissione consiste, a partire dagli anni '60, nel presentare al Consiglio una comunicazione, che riproduce gli elementi fondamentali del programma nazionale di aiuti, nonché le linee principali dell'attività prevista. Il procedimento utilizzato per l'adozione della decisione concernente l'Ilva rispetta siffatto modo di agire.

188.
    La ricorrente non contesta la prassi che consiste nel presentare al Consiglio una comunicazione invece di un progetto di decisione. Essa si limita a sostenere che un importante elemento della comunicazione presentata al Consiglio non è stato riprodotto nel dispositivo della decisione controversa.

189.
    Tale censura potrebbe comportare l'annullamento della decisione controversa per inosservanza di forme sostanziali solo nel caso in cui il Consiglio non avrebbe dato il suo parere favorevole se avesse saputo che la Commissione avrebbe inserito la data 30 giugno 1994 nella motivazione invece che nel dispositivo della decisione che avrebbe adottato (v. sentenza della Corte 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I-959, nonché la citata sentenza Skibsværftsforeningen e a./Commissione, punto 243)

190.
    Orbene, lo stesso Consiglio afferma che «il testo dell'art. 95, primo comma, non obbliga il Consiglio a dare un parere conforme sull'atto formale che la Commissione intende adottare» e che «le decisioni adottate dalla Commissione erano conformi a quanto esso stesso aveva deciso».

191.
    Il Tribunale ne deduce che il parere conforme del Consiglio verteva sulla sostanza della proposta di attività prevista dalla Commissione, pur lasciando a quest'ultima un certo margine di manovra quanto alla forma precisa che la decisione finale avrebbe rivestito. Orbene, il dispositivo della decisione controversa (artt. 1, n. 1, 4, nn. 1 e 6) insiste sull'assoluta necessità di rispettare il programma di ristrutturazione, descritto al punto II della motivazione della decisione, il quale menziona espressamente la data 30 giugno 1994. Non si può pertanto validamente sostenere che la decisione controversa si discosta in un punto fondamentale da quanto approvato dal Consiglio.

192.
    Ne consegue che la decisione 94/259 non è viziata da illegittimità a causa di un'asserita violazione del parere conforme del Consiglio.

193.
    Dal complesso delle considerazioni sopra svolte emerge che il ricorso di annullamento dev'essere respinto.

Sulle spese

194.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Orbene, da quanto precede emerge che la British Steel, ricorrente, è risultata soccombente quanto alle sue conclusioni dirette all'annullamento delle decisioni controverse. La Commissione e l'Ilva, interveniente a suo sostegno, hanno presentato domanda in tale senso, e si deve quindi condannare la British Steel al pagamento delle spese dalle stesse sostenute.

195.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Ne consegue che il Consiglio, il Regno di Spagna e la Repubblica italiana, intervenienti, dovranno sopportare le loro spese.

196.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che un interveniente, diverso dagli Stati membri, dagli Stati parti dell'accordo SEE, dalle istituzioni e dall'Autorità di sorveglianza dell'EFTA, sopporterà le proprie spese. Nella specie, la SSAB Svenskt Stål e la Det Danske Stålvalseværk, intervenienti a sostegno della ricorrente, sopporteranno le loro spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente è condannata a pagare le spese della convenuta e dell'Ilva Laminati Piani SpA, interveniente.

3)    Il Consiglio, il Regno di Spagna, la Repubblica italiana, la SSAB Svenskt Stål AB e la Det Danske Stålvalseværk A/S sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Saggio
Kalogeropoulos
Tiili

        Potocki                        Moura Ramos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 ottobre 1997

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

A. Saggio


1: Lingua processuale: l'inglese.