Language of document : ECLI:EU:C:2016:430

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 9 giugno 2016 (1)

Cause riunite da C‑401/15 a C‑403/15

Noémie Depesme (C‑401/15),

Saïd Kerrou (C‑401/15)

Adrien Kauffmann (C‑402/15)

Maxime Lefort (C‑403/15)

contro

Ministre de l’Enseignement supérieur et de la Recherche

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione delle persone – Parità di trattamento – Vantaggi sociali – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7, paragrafo 2 – Sussidio economico per studi superiori – Requisito – Discriminazione – Legame di filiazione – Nozione di “figlio” – Genitore acquisito»





I –          Introduzione

1.        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (2).

2.        Le suindicate domande sono state presentate nell’ambito di tre controversie di cui sono parti, da un lato, rispettivamente, la sig.ra Noémie Depesme e il sig. Saïd Kerrou, il sig. Adrien Kauffmann e il sig. Maxime Lefort e, dall’altro, il ministre de l’Enseignement supérieur et de la Recherche (Ministro dell’Istruzione superiore e della Ricerca; in prosieguo: il «ministro») vertenti sul diniego di concedere, per l’anno accademico 2013/2014, sussidi finanziari di Stato per studi superiori.

3.        Esse si collocano nel contesto delle modifiche apportate alla normativa lussemburghese in seguito alla sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411).

4.        Con la questione sollevata, la Corte è chiamata ad accertare se la nozione di «figlio» di un lavoratore migrante contenuta nel nuovo articolo 2 bis della legge del 22 giugno 2000 relativa al sussidio economico dello Stato per studi superiori, come modificata dalla legge del 19 luglio 2013 (loi du 22 juin 2000 concernant l’aide financière de l’État pour études supérieures, telle que modifiée par de la loi du 19 juillet 2013; Mémorial A 2013, pag. 3214), adottata a seguito della sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411), includa anche i figli acquisiti del lavoratore in questione (3).

5.        Nell’ambito delle presenti conclusioni i termini «figliastro (in prosieguo anche: figlio acquisito)», «figliastra (in prosieguo anche: figlia acquisita)a» o «figliastri (in prosieguo anche: figli acquisiti)» devono essere intesi come relativi al rapporto tra un figlio e la persona con la quale il padre o la madre dello stesso è unita in matrimonio o ha contratto un’unione registrata equiparata al matrimonio.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Il regolamento n. 492/2011

6.        L’articolo 7 del suindicato regolamento così recita:

«1.      Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.      Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

(…)».

2.      Direttiva 2004/38/CE

7.        La nozione di «familiare» di un cittadino dell’Unione è definita all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (4). Secondo la predetta disposizione, il «familiare» è:

«a)      il coniuge;

b)      il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;

c)      i discendenti diretti di età inferiore a ventuno anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);

d)      gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b)».

B –    Diritto lussemburghese

8.        L’articolo 2 della legge del 22 giugno 2000 relativa al sussidio economico dello Stato per studi superiori, come modificata dalla legge del 26 luglio 2010 (loi du 22 juin 2000 concernant l’aide financière de l’État pour etudes supérieures, telle que modifiée par la loi du 26 juillet 2010; Mémorial A 2010, pag. 2040) (in prosieguo: la «legge del 22 giugno 2000»), disponeva quanto segue:

«Beneficiari del sussidio economico

Possono beneficiare del sussidio economico dello Stato per studi superiori gli studenti ammessi a seguire studi superiori e che soddisfino uno dei seguenti requisiti:

a)      essere cittadini lussemburghesi o familiari di un cittadino lussemburghese e risiedere nel Granducato di Lussemburgo, o

b)      essere cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo [del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3)] e della Confederazione svizzera e soggiornare nel Granducato di Lussemburgo, conformemente al capitolo 2 della legge del 29 agosto 2008, modificata, sulla libera circolazione delle persone e sull’immigrazione, in qualità di lavoratore subordinato, di lavoratore autonomo, di persona che conserva tale status o di familiare di una delle categorie di persone precedentemente menzionate, oppure aver acquisito il diritto di soggiorno permanente (…)

(…)».

9.        Per effetto della sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411), l’articolo 1, punto 1, della legge del 19 luglio 2013 (Mémorial A 2013, pag. 3214) ha introdotto nella legge del 22 giugno 2000 un articolo 2 bis così formulato:

«Uno studente non residente nel Granducato del Lussemburgo può parimenti beneficiare di sussidio economico per studi superiori purché sia figlio di un lavoratore subordinato o autonomo cittadino lussemburghese o cittadino dell’Unione europea o di un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione elvetica occupato o esercente la propria attività in Lussemburgo, e detto lavoratore sia stato occupato o abbia esercitato la propria attività in Lussemburgo per un periodo ininterrotto di almeno cinque anni al momento in cui lo studente presenta la domanda di sussidio economico per studi superiori. La durata dell’occupazione in Lussemburgo deve essere pari ad almeno la metà della normale durata dell’orario di lavoro applicabile nell’impresa ai sensi della legge o, eventualmente, del contratto collettivo di lavoro in vigore. Il lavoratore autonomo deve essere iscritto obbligatoriamente e in maniera continua [alla previdenza sociale] del Granducato del Lussemburgo ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del Codice della previdenza sociale durante i cinque anni precedenti la domanda di sussidio economico per studi superiori».

10.      La legge del 22 giugno 2000, come modificata dalla legge del 19 giugno 2013 (in prosieguo: la «legge del 22 giugno modificata»), è stata tuttavia rapidamente abrogata dalla legge del 24 luglio 2014 relativa al sussidio economico dello Stato per studi superiori (loi du 24 juillet 2014 concernant l’aide financière de l’État pour études supérieures; Mémorial A 2014, pag. 2188).

11.      Attualmente l’articolo 3 di quest’ultima legge dispone quanto segue:

«Possono beneficiare del sussidio economico dello Stato per studi superiori, gli studenti e gli allievi definiti all’articolo 2, indicati in prosieguo con il termine “lo studente”, e che soddisfano uno dei seguenti requisiti:

(…)

(5)      per gli studenti non residenti nel Granducato del Lussemburgo:

a)      essere un lavoratore cittadino lussemburghese o cittadino dell’Unione europea o di un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione elvetica che sia occupato o eserciti la propria attività nel Granducato del Lussemburgo al momento in cui presenta la domanda di sussidio economico per studi superiori; o

b)      essere figlio di un lavoratore cittadino lussemburghese o cittadino dell’Unione europea o di un altro Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione elvetica che sia occupato o eserciti la propria attività nel Granducato del Lussemburgo al momento in cui lo studente presenta la domanda di sussidio economico per studi superiori, a condizione che il lavoratore in questione continui a contribuire al mantenimento dello studente e che sia stato occupato o abbia esercitato la propria attività nel Granducato del Lussemburgo per un periodo di almeno cinque anni al momento in cui lo studente presenta la domanda di sussidio economico per studi superiori durante un periodo di riferimento di sette anni da calcolarsi retroattivamente a decorrere dalla data della domanda di sussidio economico per studi superiori o che, in via di deroga, la persona che conserva lo status di lavoratore abbia soddisfatto il suindicato criterio dei cinque anni su sette al momento della cessazione dell’attività».

III – Fatti di cui ai procedimenti principali

12.      La sig.ra Depesme è la figlia acquisita del sig. Kerrou, lavoratore frontaliero in Lussemburgo. Essi risiedono a Mont-Saint-Martin in Lorena (Francia), vicino al confine con il Granducato. La sig.ra Depesme ha presentato domanda di sussidio economico per studi superiori dello Stato lussemburghese per iscriversi al primo anno di medicina all’Université de Lorraine a Nancy (Francia).

13.      Il sig. Kauffmann è il figlio acquisito del sig. Patrick Kiefer, anch’egli lavoratore frontaliero in Lussemburgo. Essi risiedono a Marly Freskaty (Francia), nella regione frontaliera della Lorena. Per i propri studi di diritto e di economia all’Université de Lorraine a Nancy (Francia) il sig. Kauffmann ha presentato domanda di sussidio economico per studi superiori dello Stato lussemburghese.

14.      Il sig. Lefort è il figlio acquisito del sig. Terwoigne, anch’egli lavoratore frontaliero in Lussemburgo. Il sig. Terwoigne ha sposato la madre del sig. Lefort dopo la morte del di lei coniuge. Essi risiedono a Vance (Belgio), nella parte della provincia di Lussemburgo che confina con il Granducato del Lussemburgo. Per i propri studi di sociologia e antropologia all’Université catholique de Louvain a Louvain-la-Neuve (Belgio) il sig. Lefort ha presentato domanda di sussidio economico per studi superiori dello Stato lussemburghese.

15.      Nella versione della legge del 22 giugno 2000 modificata, applicabile ai fatti dei procedimenti principali, i sussidi economici chiesti sono concessi agli studenti che non risiedono sul territorio lussemburghese a condizione, da un lato, che il beneficiario dei medesimi sia figlio di un lavoratore subordinato o autonomo, cittadino lussemburghese o cittadino dell’Unione, e, dall’altro, che il lavoratore in questione sia stato occupato o abbia esercitato la propria attività in Lussemburgo per un periodo ininterrotto di almeno cinque anni al momento della domanda.

16.      Con lettere, rispettivamente, del 26 settembre, 17 ottobre e 12 novembre 2013 il ministro ha respinto le domande presentate dalla sig.ra Depesme, dal sig. Kauffmann e dal sig. Lefort sulla base del rilievo che non soddisfacevano i requisiti previsti dalla legge del 22 giugno 2000 modificata. Secondo le decisioni di rinvio, il ministro ha considerato che la sig.ra Depesme, il sig. Kauffman e il sig. Lefort non potevano essere definiti «figli» di un lavoratore frontaliero giacché soltanto i loro padri acquisiti lavoravano in Lussemburgo.

17.      Il 20 dicembre 2013 la sig.ra Depesme ha presentato ricorso dinanzi al tribunal administratif de Luxembourg (tribunale amministrativo di Lussemburgo) per chiedere l’annullamento della decisione di diniego che la riguardava. Il suo padre acquisito, il sig. Kerrou, ha dichiarato di intervenire volontariamente nella causa. Il 20 gennaio e il 25 aprile 2014 il sig. Lefort e il sig. Kauffmann hanno presentato, ciascuno, un ricorso analogo avverso le decisioni di diniego che li riguardavano.

18.      Con sentenze del 15 gennaio 2015 il tribunal administratif de Luxembourg (tribunale amministrativo di Lussemburgo) ha dichiarato i ricorsi della sig.ra Depesme, del sig. Kauffmann e del sig. Lefort ricevibili ma non fondati. La sig.ra Depesme, il sig. Kerrou, il sig. Kauffmann e il sig. Lefort hanno impugnato le suindicate sentenze dinanzi al giudice del rinvio.

19.      Dinanzi a detto giudice la sig.ra Depesme e il sig. Kerrou sostengono segnatamente che quest’ultimo, lavoratore frontaliero in Lussemburgo da quattordici anni, ha sposato, il 24 maggio 2006, la madre della sig.ra Depesme. Da tale momento essi vivrebbero assieme nella stessa abitazione e il sig. Kerrou contribuirebbe al mantenimento della figlia della propria coniuge, anche per quanto riguarda gli studi superiori. Egli avrebbe altresì percepito assegni familiari lussemburghesi per la figlia acquisita, prima che ella iniziasse gli studi superiori.

20.      Il sig. Kauffmann afferma che i propri genitori si sono separati nel 2003 e che sono divorziati dal 20 giugno 2005. I figli sarebbero stati affidati in via esclusiva alla madre. Quest’ultima avrebbe sposato il sig. Kiefer il 10 marzo 2007. Da tale momento essi condividerebbero la medesima abitazione. Il sig. Kiefer avrebbe provveduto al suo mantenimento e alla sua istruzione, oltre ad avere percepito assegni familiari lussemburghesi per il sig. Kauffmann.

21.      Infine, il sig. Lefort fa presente che il padre è deceduto. Sua madre si è risposata con il sig. Terwoigne, lavoratore frontaliero in Lussemburgo da oltre cinque anni. Da tale momento egli vive con la madre e il padre acquisito, il sig. Terwoigne, il quale contribuirebbe pienamente a far fronte alle spese della famiglia. Quest’ultimo provvederebbe parimenti ai costi per gli studi superiori del sig. Lefort.

22.      In risposta alle argomentazioni di fatto addotte lo Stato lussemburghese afferma che la sig.ra Depesme e i sigg. Kauffmann e Lefort non sono «giuridicamente» figli dei rispettivi patrigni.

23.      Nelle decisioni di rinvio la Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo) osserva che l’articolo 2 bis della legge del 22 giugno 2000 modificata, è conseguenza della sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411). Secondo il giudice del rinvio, il punto controverso delle liti dinanzi ad esso pendenti non riguarda le condizioni per la concessione previsti dalla nuova legge, bensì la nozione stessa di «figlio» che la legge utilizza e a cui la suindicata sentenza della Corte faceva riferimento. Orbene, il legame di filiazione potrebbe essere configurato da un punto di vista sia giuridico che economico.

24.      Ciò premesso, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale.

IV – Domande di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

25.      Con tre decisioni del 22 luglio 2015, pervenute alla Corte il 24 luglio 2015, la Cour administrative (Corte amministrativa) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, tre questioni pregiudiziali redatte in termini identici, se non per una sola differenza.

26.      Nella causa C‑403/15, infatti, il giudice del rinvio aggiunge, alle disposizioni del diritto dell’Unione invocate nelle altre due cause, l’articolo 33, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in combinato disposto, se del caso, con l’articolo 7 della stessa.

27.      La questione sottoposta nella formulazione più completa è così redatta:

«Al fine di soddisfare debitamente i requisiti di non discriminazione dettati dalle disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento [n. 492/2011], in combinato disposto con l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, tenendo presente l’articolo 33, paragrafo 1, della Carta, in combinato disposto, se del caso, con il suo articolo 7, nell’ambito della considerazione del reale grado di collegamento di uno studente non residente, che richiede un sussidio economico per studi superiori, con la società e il mercato del lavoro del Lussemburgo, Stato membro nel quale un lavoratore frontaliero è stato occupato o ha esercitato la sua attività alle condizioni di cui all’articolo 2 bis della legge [del 22 giugno 2000 modificata], in quanto conseguenza diretta della sentenza della Corte del 20 giugno 2013[, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411)],

–        se occorra qualificare la condizione posta a detto studente di essere il “figlio” del lavoratore frontaliero in parola come equivalente ad essere suo “discendente in linea diretta e in primo grado, la cui filiazione sia giuridicamente stabilita in rapporto al suo autore” ponendo l’accento sul legame di filiazione stabilito tra lo studente e il lavoratore frontaliero, che si presume sotteso al collegamento previsto, oppure

–        se occorra porre l’accento sul fatto che il lavoratore frontaliero “continua a provvedere al mantenimento dello studente”, senza che un legame giuridico di filiazione necessariamente lo unisca allo studente, segnatamente ravvisando un legame sufficiente nella comunione di vita, di natura tale da unirlo ad uno dei genitori dello studente rispetto al quale è giuridicamente stabilito un legame di filiazione.

In questa seconda ipotesi, se il contributo, ipoteticamente non obbligatorio, del lavoratore frontaliero, nel caso in cui esso non sia esclusivo, ma parallelo a quello di uno o dei genitori uniti da un legame giuridico di filiazione allo studente e tenuti pertanto in linea di principio ad un obbligo legale di mantenimento nei suoi confronti, debba rispondere a taluni criteri di entità».

28.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla sig.ra Depesme, dai sigg. Kerrou, Kauffmann e Lefort, dal governo lussemburghese nonché dalla Commissione europea. Al termine della fase scritta del procedimento, la Corte si è ritenuta sufficientemente edotta per statuire senza udienza di discussione, conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte.

V –    Analisi

A –    Osservazioni preliminari sulla sentenza Giersch e a. e sul regolamento applicabile

1.      La sentenza Giersch e a.

29.      Il giudice del rinvio pone in evidenza a più riprese il legame esistente tra la sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411) e la modifica della legge relativa al sussidio economico di Stato per studi superiori. Detto legame è espressamente confermato dalla relazione del progetto della legge n. 6585 all’origine della legge del 19 luglio 2013 (5).

30.      Per quanto riguarda il problema al centro dei procedimenti principali, anche la Corte, al punto 39 della sua sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411), la Corte stessa ha in effetti richiamato una giurisprudenza costante secondo la quale «il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per il lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi [dell’]articolo 7, paragrafo 2, del regolamento [(CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (6), come modificato dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004 (7)]» (8).

31.      Essa ha parimenti confermato che i familiari del lavoratore migrante sono beneficiari indiretti della parità di trattamento riconosciuta a detto lavoratore dal suindicato articolo 7, paragrafo 2, e che, «[p]oiché la concessione del finanziamento degli studi al figlio di un lavoratore migrante costituisce, per il lavoratore migrante, un vantaggio sociale, il figlio può, in prima persona, avvalersi di detta disposizione per ottenere tale finanziamento qualora, in forza del diritto nazionale, esso sia concesso direttamente allo studente» (9).

2.      Il regolamento applicabile

32.      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio menziona l’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011. Orbene, nella sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411), la Corte fa riferimento al regolamento n. 1612/68.

33.      Tuttavia, tale differenza non incide in alcun modo sulla rilevanza della sentenza per i procedimenti principali. Infatti, sebbene il regolamento n. 1612/68 sia stato abrogato e sostituito con effetto al 15 giugno 2011 dal regolamento n. 492/2011, l’articolo 7 è in tutto e per tutto identico nei due regolamenti (10).

B –    Sulla questione pregiudiziale

34.      Per rispondere in modo utile al giudice del rinvio, occorre, anzitutto, interpretare la nozione di «figlio» di un lavoratore migrante.

35.      Detta nozione, quale compare nella giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 (divenuto articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011), si riferisce esclusivamente al legame di filiazione giuridica o include anche i «figli acquisiti» del lavoratore, vale a dire i figli del suo coniuge, senza che sussista necessariamente un legame giuridico tra di loro?

36.      È soltanto nell’ipotesi in cui si adotti la seconda interpretazione – come suggerisco – che si dovrà verificare, in seguito, l’eventuale necessità di un contributo del lavoratore frontaliero al mantenimento del figlio.

1.      Sulla nozione di «figlio» del lavoratore migrante

37.      Due osservazioni possono guidare l’interpretazione della Corte.

38.      Da un lato, secondo costante giurisprudenza, il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per un lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 quando il lavoratore continui a provvedere al sostentamento del figlio (11). I suoi familiari, inoltre, sono stati riconosciuti come beneficiari indiretti della parità di trattamento prevista all’articolo in questione (12).

39.      Dall’altro, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1612/68, il coniuge di un lavoratore cittadino di uno Stato membro «e i loro discendenti minori di ventuno anni o a carico» avevano il diritto di stabilirsi con il lavoratore sul territorio di un altro Stato membro, a prescindere dalla loro cittadinanza.

40.      Orbene, la Corte ha interpretato tale «diritto di stabilirsi con il lavoratore migrante di cui godono “il coniuge ed i loro discendenti minori di anni 21 o a carico” nel senso che esso spetta tanto ai discendenti del lavoratore quanto a quelli del coniuge. Difatti, interpretare restrittivamente tale disposizione nel senso che unicamente ai figli in comune del lavoratore migrante e del coniuge spetti il diritto di stabilirsi con i medesimi si porrebbe in contrasto con l’obiettivo [di integrazione dei familiari dei lavoratori migranti] del regolamento n. 1612/68» (13).

41.      È pur vero che, con la modifica del regolamento n. 1612/68 ad opera della direttiva 2004/38, l’articolo 10 del regolamento n. 1612/68 è stato abrogato (14). Tuttavia, occorre constatare, da una parte, che la disposizione in questione è stata ripresa a favore di tutti i cittadini dell’Unione all’articolo 2 della direttiva 2004/38 e che, dall’altra, il legislatore dell’Unione ha precisato la definizione formale di «discendente» facendo propria l’interpretazione estensiva della Corte.

42.      In base all’articolo 2, punto 2), lettera c), della direttiva 2004/38, sono infatti considerati familiari del cittadino dell’Unione «i discendenti diretti di età inferiore a ventuno anni o a carico e quelli del coniuge o partner» (15).

43.      Vertendo sul regolamento n. 1612/68 ed essendo successive all’adozione della direttiva 2004/38, è incontestabile che la sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411) e la nozione di «figlio» utilizzata in quest’ultima debbano fatte rientrare in tale evoluzione giurisprudenziale e legislativa.

44.      Tuttavia, alla predetta interpretazione contestuale e storica il governo lussemburghese oppone una separazione rigorosa degli ambiti di applicazione del regolamento n. 492/2011 e della direttiva 2004/38. La menzionata direttiva verterebbe unicamente sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri e non sul diritto dei lavoratori frontalieri di beneficiare degli stessi vantaggi sociali dei lavoratori nazionali previsto all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 (16).

45.      Secondo tale governo, il riferimento alla definizione di «familiare» della direttiva 2004/38 non sarebbe, pertanto, rilevante ai fini della valutazione del principio di non discriminazione dei lavoratori nell’ambito del regolamento n. 492/2011 (17).

46.      Non condivido la suindicata tesi che opera una distinzione rigorosa tra gli ambiti di applicazione delle due norme e secondo cui la famiglia di un cittadino dell’Unione non corrisponderebbe necessariamente a quella del cittadino dell’Unione quando il medesimo è considerato in qualità di «lavoratore».

47.      La tesi esposta non solo prescinde dall’evoluzione della legislazione dell’Unione che ho descritto in precedenza, ma conduce altresì a situazioni che non possono essere giustificate.

48.      È infatti d’uopo ricordare che la definizione estensiva di «discendenti minori di anni 21 o a carico» è stata data dalla Corte nell’ambito di una causa ove era in discussione il diritto «[dei] figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, [di ricevere un’istruzione] alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono» (18).

49.      Ciò posto, il diritto in parola, precedentemente sancito dall’articolo 12 del regolamento n. 1612/68, è comunque presente in termini identici nel regolamento n. 492/2011 (19). La circostanza che detta disposizione non sia stata interpretata in modo diverso dalla Corte dalla sentenza del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493) significa, concretamente, che tanto i discendenti del lavoratore migrante quanto quelli del suo coniuge hanno il diritto di essere ammessi nel sistema di istruzione dello Stato membro ospitante per effetto dell’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

50.      Pertanto, se la Corte dovesse seguire la tesi del governo lussemburghese, ne conseguirebbe che la nozione di «figlio» riceverebbe un’interpretazione estensiva nell’ambito del diritto a ricevere un’istruzione (articolo 10 del regolamento n. 492/2011), ma una invece restrittiva per la concessione dei medesimi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali (articolo 7 del regolamento n. 492/2011), ivi compresi i vantaggi relativi al finanziamento degli studi.

51.      Siffatto diverso modo di concepire la nozione di «figlio» per l’applicazione dello stesso regolamento non troverebbe, senza dubbio, giustificazioni.

52.      Lo stesso legislatore dell’Unione ha peraltro, molto di recente, confermato l’unicità della nozione di «familiare» a seconda che sia presa in considerazione sotto il profilo del lavoratore o sotto quello, più ampio, della cittadinanza dell’Unione.

53.      Infatti, ai sensi del considerando 1 della direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (20), «[l]a libera circolazione dei lavoratori è una delle libertà fondamentali dei cittadini dell’Unione nonché uno dei pilastri del mercato interno dell’Unione sancita dall’articolo 45 [TFUE]. Questo principio trova ulteriore applicazione nel diritto dell’Unione mirante a garantire il pieno esercizio dei diritti conferiti ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari. Il termine “loro familiari” dovrebbe avere lo stesso significato del termine definito all’articolo 2, punto 2), della direttiva [2004/38], che si applica anche ai familiari di lavoratori frontalieri» (21).

54.      Orbene, secondo l’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, il suo ambito di applicazione è identico a quello del regolamento n. 492/2011. L’articolo 1 della direttiva 2014/54 precisa, peraltro, che essa «stabilisce disposizioni che agevolano l’uniforme applicazione e attuazione pratica dei diritti conferiti dall’articolo 45 [TFUE] e dagli articoli da 1 a 10 del regolamento n. 492/2011».

55.      La direttiva 2014/54, entrata in vigore il 20 maggio 2014, mi sembra pertanto pienamente applicabile nei procedimenti principali, giacché impone agli Stati membri, al suo articolo 3, paragrafo 1, di provvedere affinché i lavoratori e i loro familiari che «si considerano lesi dalla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento» possano accedere a procedimenti giudiziari finalizzati all’attuazione degli obblighi ai sensi dell’articolo 45 TFUE e degli articoli da 1 a 10 del regolamento n. 492/2011.

56.      Ci si chiede se sia ancora necessario ricordare che l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato da questa contemplato come pure il dovere che essi hanno di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo valgono per tutti gli organi degli Stati membri, ivi compresi, nell’ambito della loro competenza, quelli giurisdizionali (22). Ne consegue che «nell’applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo [288, terzo comma, TFUE]» (23).

57.      In tale contesto, la direttiva 2014/54 conferma che è precisamente con riferimento alla nozione di «familiari» definita dalla giurisprudenza della Corte con riferimento al regolamento n. 1612/1968, e successivamente ripresa dall’articolo 2 della direttiva 2004/38, che occorre interpretare la nozione di «figlio» idoneo a beneficiare indirettamente del principio di parità sancito dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 (24).

58.      Inoltre, l’interpretazione in parola è conforme all’interpretazione della «vita familiare» così come protetta dall’articolo 7 della Carta e dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. La Corte europea dei diritti dell’Uomo si è infatti progressivamente discostata, segnatamente, dal criterio relativo al «legame di parentela» per riconoscere la possibilità di «legami familiari di fatto» (25). Orbene, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, laddove la stessa contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla citata convenzione, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione.

59.      Un esempio riuscirà a dimostrare l’irrilevanza di una definizione strettamente giuridica del legame di filiazione nell’ambito dell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 e dei vantaggi sociali e fiscali.

60.      Immaginiamo una famiglia ricomposta con tre figli. Il primo aveva solo qualche mese quando ha perso il padre in seguito ad un incidente stradale. All’età di tre anni, la madre ha incontrato un uomo, anch’egli padre divorziato con un figlio di due anni di cui aveva l’affidamento esclusivo. Un terzo figlio è nato da questa nuova unione. La famiglia vive in Belgio, a qualche chilometro dal Lussemburgo dove la madre lavora da oltre dieci anni.

61.      Nella situazione appena descritta, se la nozione di «figlio» utilizzata all’articolo 2 bis della legge del 22 giugno 2000 modificata dovesse essere intesa in senso restrittivo ciò significherebbe che la madre potrebbe ottenere il sussidio economico per studi superiori dello Stato lussemburghese per il proprio figlio e per il figlio comune della coppia. Per contro, il figlio del coniuge, che vive dall’età di due anni in detta famiglia, non potrebbe beneficiare del medesimo sussidio.

62.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo pertanto che un figlio che non ha un legame giuridico con il lavoratore migrante, ma che corrisponde alla definizione di «familiare» dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38, debba essere considerato come figlio del lavoratore in questione e beneficiario indiretto dei vantaggi sociali di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011.

2.      Sulla necessità di partecipare al mantenimento del figlio per il genitore senza legame giuridico

63.      Nella seconda parte della questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si chiede anche quale sia l’entità del contributo necessaria, per il lavoratore frontaliero, al mantenimento di uno studente rispetto al quale egli non ha legami giuridici, per consentire a quest’ultimo di beneficiare di un sussidio economico come quello oggetto del procedimento principale.

64.      È corretto che, secondo la giurisprudenza della Corte richiamata al punto 39 della sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411), «il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli dei lavoratori costituisce, per il lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 [divenuto l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011], quando questi continui a provvedere al mantenimento del figlio» (26).

65.      È parimenti vero che l’articolo 10 del regolamento n. 1612/68 concerneva il coniuge del lavoratore «ed i loro discendenti minori di 21 anni o a carico» (27) e che l’espressione è stata ripresa all’articolo 2, punto 2), lettera c), della direttiva 2004/38.

66.      Al riguardo è d’uopo constatare che la Corte ha dichiarato che «la condizione di familiare a carico non presuppone (…) un diritto agli alimenti» (28). Infatti «[s]e cosi fosse, il ricongiungimento delle famiglie verrebbe a dipendere dalle normative nazionali, che cambiano da uno stato all’altro, il che condurrebbe ad un’applicazione non uniforme del diritto comunitario» (29).

67.      Occorre rilevare che la stessa osservazione si applica al contributo di un coniuge nei confronti dei suoi figli acquisiti. Pare dunque sempre ragionevole considerare che la condizione di «familiare a carico risulta da una situazione di fatto» (30) che spetta all’amministrazione, e in seguito eventualmente al giudice, valutare.

68.      L’interpretazione fornita è peraltro compatibile con la giurisprudenza richiamata in precedenza che predilige l’espressione ampia di «provvedere al mantenimento del figlio» (31) piuttosto che quella di «figlio a carico».

69.      La condizione relativa al contributo al mantenimento del figlio risulta da una situazione di fatto che può essere dimostrata da elementi oggettivi come il matrimonio (o l’unione registrata del genitore «con legame giuridico» con il genitore acquisito) o un domicilio comune, e senza che sia necessario stabilire le ragioni del ricorso a detto sostegno né quantificarne l’entità in modo preciso.

70.      In proposito non può essere accolta la tesi del governo lussemburghese secondo cui sarebbe impossibile per la sua amministrazione accertare in ogni singolo caso se e in quale misura il lavoratore frontaliero, genitore acquisito dello studente, contribuisca o non contribuisca al suo mantenimento (32).

71.      Anzitutto, la presa a carico del figlio è presunta fino all’età di 21 anni, poiché l’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2004/38 indica la condizione di presa a carico come alternativa a quella dell’età maggiore di 21 anni.

72.      Emerge inoltre dalle osservazioni dei ricorrenti nei procedimenti principali che la «presa a carico» del figlio da parte della famiglia costituisce il criterio di versamento degli assegni familiari (percepiti nei casi in esame da, almeno, due dei genitori acquisiti interessati) senza che ciò ponga particolari difficoltà, mentre non è richiesta nessuna condizione di filiazione giuridica (33).

73.      Infine, lo stesso legislatore lussemburghese ha introdotto all’articolo 3 della legge attualmente in vigore, vale a dire la legge del 24 luglio 2014 relativa al sussidio economico dello Stato per studi superiori, la condizione che il «lavoratore continui a contribuire al mantenimento dello studente». Siffatto requisito non può pertanto essere considerato come non verificabile da parte dell’amministrazione.

VI – Conclusione

74.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sottoposta dalla Cour administrative (Corte amministrativa, Lussemburgo) nel modo seguente:

L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione devono essere interpretati nel senso che un figlio che non è unito da un legame giuridico con un lavoratore migrante ma che è il discendente del coniuge (o del convivente registrato) di detto lavoratore deve essere considerato come figlio del lavoratore in parola. In quanto tale, egli è il beneficiario indiretto dei vantaggi sociali di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011, a condizione che il lavoratore provveda al suo mantenimento.

La condizione relativa al contributo al mantenimento del figlio risulta da una situazione di fatto senza che sia necessario stabilire le ragioni del ricorso a tale sostegno né quantificarne l’entità in modo preciso.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 2011, L 141, pag. 1.


3 – Si noti che la normativa in parola è oggetto di un’altra domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Bragança Linares Verruga e a., attualmente pendente dinanzi alla Corte e nel cui ambito ho presentato le mie conclusioni il 2 giugno 2016 (C‑238/15, EU:C:2016:389). Tale altra causa verte in modo più fondamentale e diretto sulla conformità al diritto dell’Unione del requisito scelto dal legislatore lussemburghese di subordinare la concessione del sussidio economico dello Stato per studi superiori a un periodo minimo di impiego in Lussemburgo. Al termine della mia analisi, ho proposto alla Corte di ritenere che l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 ostava a una normativa di uno Stato membro quale la legge lussemburghese.


4 – GU 2004, L 158, pag. 77, e, per rettifica, GU 2004, L 229, pag. 35.


5 – Riprendendo i termini precisi della relazione, la modifica del regime dei sussidi economici per studi superiori dello Stato lussemburghese era destinata a «trarre le conseguenze» dalla sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411). V. progetto di legge n. 6585 che modifica la legge, del 22 giugno 2000, relativa al sussidio economico dello Stato per studi superiori (documento 6585 del 5 luglio 2013, pag. 2, disponibile sul sito Internet della Camera dei deputati del Granducato del Lussemburgo all’indirizzo: http://www.chd.lu/wps/portal/public/RoleEtendu?action=doDocpaDetails&id= 6585#).


6 – GU 1968, L 257, pag. 2.


7 – GU 2004, L 158, pag. 77, e, per rettifica, GU 2004, L 229, pag. 35.


8 – Il corsivo è mio.


9 – Sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 40). Il corsivo è mio.


10 – Inoltre, ai sensi dell’articolo 41, secondo comma, del regolamento n. 492/2011, i riferimenti al regolamento n. 1612/68 si intendono operati al regolamento n. 492/2011.


11 – V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 1992, Bernini (C‑3/90, EU:C:1992:89, punto 29); dell’8 giugno 1999, Meeusen (C‑337/97, EU:C:1999:284, punto 19), nonché del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑542/09, EU:C:2012:346, punto 35).


12 – V., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 1992, Bernini (C‑3/90, EU:C:1992:89, punti 26 e 29), e del 14 giugno 2012, Commissione/Paesi Bassi (C‑542/09, EU:C:2012:346, punto 48). V., inoltre, ma a proposito di una garanzia che assicura il minimo dei mezzi di sussistenza, sentenza del 18 giugno 1985, Lebon (316/85, EU:C:1987:302, punto 12).


13 – Sentenza del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 57). Il corsivo è mio.


14 – V. articolo 38 della direttiva 2004/38.


15 – Il corsivo è mio. Si noti come una definizione simile di «familiari» è parimenti utilizzata all’articolo 4 della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2003, L 251, pag. 12).


16 – V. osservazioni scritte del governo lussemburghese (punto 23).


17 – V. osservazioni scritte del governo lussemburghese (punto 22).


18 – Articolo 12 del regolamento n. 1612/68. V. sentenza del 17 settembre 2002, Baumbast e R (C‑413/99, EU:C:2002:493).


19 – Articolo 10 del regolamento n. 492/2011.


20 – GU 2014, L 128, pag. 8.


21 – Il corsivo è mio.


22 – V., in tal senso, per un richiamo recente della giurisprudenza constante, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


23 – V., in tal senso, sentenza del 13 novembre 1990, Marleasing (C‑106/89, EU:C:1990:395, punto 8). Il corsivo è mio.


24 – Analizzando la giurisprudenza della Corte e le norme di diritto derivato che utilizzano la nozione di «famiglia», T. Stein giunge alla stessa conclusione. Secondo quest’ultimo, la nozione di famiglia nel diritto dell’Unione si basa su una concezione della famiglia fondata su una relazione coniugale che include le unioni registrate, ma va oltre la nozione tradizionale della famiglia nucleare includendovi i familiari a carico (Stein, T., «The notion of the term of family on european level with a focus on the case law of the European Court of Human Rights and the European Court of Justice», in Verbeke, A., Scherpe, J.-M., Declerck, Ch., Helms, T. e Senaeve, P. (a cura di), Confronting the frontiers of family and succession law: liber amicorum Walter Pintens, vol. 2, Cambridge/Anversa, Portland/Intersentia, 2012, pagg. da 1375 a 1392, spec. pag. 1391).


25 – V., in tal senso, Corte Eur. D.U., 22 aprile 1997, X, Y e Z c. Regno Unito ECLI:CE:ECHR:1997:0422JUD002183093.


26 – Il corsivo è mio.


27 – Il corsivo è mio.


28 – Sentenza del 18 giugno 1985, Lebon (316/85, EU:C:1987:302, punto 21).


29 – Sentenza del 18 giugno 1985, Lebon (316/85, EU:C:1987:302, punto 21).


30 – Sentenza del 18 giugno 1985, Lebon (316/85, EU:C:1987:302, punto 22).


31 – Sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 39).


32 – V. osservazioni scritte del governo lussemburghese (punto 46).


33–      V. osservazioni scritte della sig.ra Depesme e del sig. Kerrou (pag. 21) e del sig. Kauffmann (punti 90 e segg.).