Language of document : ECLI:EU:C:2009:343

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

4 giugno 2009 (*)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Art. 81, n. 1, CE – Nozione di “pratica concordata” – Nesso causale fra la concertazione e il comportamento sul mercato delle imprese – Valutazione secondo le regole del diritto nazionale – Sufficienza di una sola riunione o necessità di una concertazione duratura e regolare»

Nel procedimento C‑8/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Paesi Bassi), con decisione 31 dicembre 2007, pervenuta in cancelleria il 9 gennaio 2008, nella causa

T‑Mobile Netherlands BV,

KPN Mobile NV,

Orange Nederland NV,

Vodafone Libertel NV

contro

Raad van bestuur van de Nederlandse Mededingingsautoriteit,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Ó Caoimh, J.N. Cunha Rodrigues, J. Klučka (relatore) e U. Lõhmus, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott,

cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 gennaio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la T‑Mobile Netherlands BV, dagli avv.ti I. VerLoren van Themaat e V.H. Affourtit, advocaten,

–        per la KPN Mobile NV, dagli avv.ti B.J.H. Braeken e P. Glazener, advocaten,

–        per la Vodafone Libertel BV, dall’avv. G. van der Klis, advocaat,

–        per il Raad van bestuur van de Nederlandse Mededingingsautoriteit, dalla sig.ra A. Prompers, in qualità di agente,

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels nonché dai sigg. Y. de Vries e M. de Grave, in qualità di agenti,

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. A. Bouquet e S. Noë, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 febbraio 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 81, n. 1, CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la T‑Mobile Netherlands BV (in prosieguo: la «T‑Mobile»), la KPN Mobile NV (in prosieguo: la «KPN»), la Orange Nederland NV (in prosieguo: la «Orange») e la Vodafone Libertel NV (in prosieguo: la «Vodafone») al Raad van bestuur van de Nederlandse Mededingingsautoriteit (Autorità garante della concorrenza nei Paesi Bassi, in prosieguo: la «NMa»), in merito a talune ammende da quest’ultima inflitte alle suddette imprese per la violazione dell’art. 81 CE e dell’art. 6, n. 1, della legge sulla concorrenza (Mededingingswet), nella versione modificata dalla legge 9 dicembre 2004, recante modifiche alla legge sulla concorrenza (Wet houdende wijziging van de Mededingingswet, in prosieguo: la «Mw»).

I –  Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3        Il quinto ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1, pag. 1), enuncia quanto segue:

«Per garantire l’applicazione efficace delle regole di concorrenza comunitarie e nel contempo il rispetto dei diritti fondamentali di difesa, il presente regolamento dovrebbe disciplinare l’onere della prova ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato [CE]. (…) Il presente regolamento non incide né sulle norme nazionali in materia di grado di intensità della prova né sugli obblighi delle autorità garanti della concorrenza e delle giurisdizioni nazionali degli Stati membri inerenti all’accertamento dei fatti pertinenti di un caso, purché dette norme e detti obblighi siano compatibili con i principi generali del diritto comunitario».

4        L’art. 2 di tale regolamento, rubricato «Onere della prova», così dispone:

«In tutti i procedimenti nazionali o comunitari relativi all’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato, l’onere della prova di un’infrazione dell’articolo 81, paragrafo 1, o dell’articolo 82 del trattato incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale infrazione (…)».

5        L’art. 3, nn. 1 e 2, del medesimo regolamento prevede quanto segue:

«1.      Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo 81 del trattato a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. (…)

2.       Dall’applicazione della legislazione nazionale in materia di concorrenza non può scaturire il divieto di accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri [, ma] che non impongono restrizioni alla concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del trattato (…)».

 La normativa nazionale

6        Ai sensi dell’art. 1, lett. h), della Mw, per «pratica concordata» si intende qualsiasi pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

7        L’art. 6, n. 1, della Mw vieta gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato olandese o in una parte di esso.

8        In forza dell’art. 88 della Mw, la NMa ha il potere di applicare l’art. 81 CE.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

 I fatti della causa principale

9        Dall’ordinianza di rinvio risulta che i rappresentanti degli operatori che offrono servizi di telecomunicazione mobile sul mercato olandese si sono riuniti il 13 giugno 2001.

10      All’epoca, cinque operatori disponevano di una propria rete di telefonia mobile nei Paesi Bassi, ossia la Ben Nederland BV (in prosieguo: la «Ben», attualmente T‑Mobile), la KPN, la Dutchtone NV (in prosieguo: la «Dutchtone», attualmente Orange), la Libertel-Vodafone NV (in prosieguo: la «Libertel-Vodafone», attualmente Vodafone), nonché la Telfort Mobiel BV [divenuta O2 (Netherlands) BV, in prosieguo: la «O2 (Netherlands)» e, attualmente, Telfort]. Nel 2001, le quote di mercato di questi cinque operatori erano, rispettivamente, del 10,6%, 42,1%, 9,7%, 26,1% e 11,4%. La realizzazione di una sesta rete di telefonia mobile non era concepibile, dato che non venivano rilasciate nuove autorizzazioni. Pertanto, l’accesso al mercato dei servizi di telecomunicazioni mobili era possibile solo attraverso la stipulazione di un contratto con uno o più dei predetti cinque operatori.

11      L’offerta di servizi di telecomunicazioni mobili si suddivide in pacchetti prepagati e abbonamenti. La peculiarità dei pacchetti prepagati è che il cliente corrisponde anticipatamente il prezzo delle comunicazioni. Infatti, allorché acquista una tessera prepagata o una ricarica, egli acquisisce un credito di tempo di conversazione, fino all’esaurimento del quale potrà telefonare. Diversamente, gli abbonamenti si caratterizzano per il fatto che i minuti di conversazione effettuati in un determinato periodo sono fatturati a posteriori al cliente, che paga altresì un canone di base fisso, il quale può, a sua volta, includere un credito di minuti di conversazione.

12      Il 13 giugno 2001 si è tenuta una riunione dei rappresentanti degli operatori che offrono servizi di telecomunicazioni mobili sul mercato olandese. Nel corso di detta riunione si è discusso, in particolare, sulla riduzione dei compensi standard per i rivenditori degli abbonamenti a partire dal 1° settembre 2001 o intorno a tale data. Come risulta dall’ordinanza di rinvio, i partecipanti all’incontro hanno discusso anche su un certo numero di informazioni riservate.

13      Con decisione 30 dicembre 2002, la NMa ha accertato che la Ben, la Dutchtone, la KPN, e la O2 (Netherlands) e la Libertel-Vodafone avevano concluso fra loro un accordo oppure avevano concordato le rispettive pratiche. Avendo ritenuto che queste ultime restringevano sensibilmente la concorrenza e che, di conseguenza, erano vietate ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Mw, la NMa ha comminato ammende alle suddette imprese.

14      Gli operatori interessati hanno presentato un reclamo contro la decisione della NMa.

15      Con decisione 27 settembre 2004, la NMa ha dichiarato che i motivi di impugnazione dedotti dalla T‑Mobile, dalla KPN, dalla Orange, dalla Libertel-Vodafone e dalla O2 (Netherlands) erano parzialmente fondati e ha dichiarato che le pratiche descritte nella decisione 30 dicembre 2002 costituivano un’infrazione non soltanto all’art. 6 della Mw, ma anche all’art. 81, n. 1, CE. Di conseguenza, la NMa ha confermato tutte le ammende che aveva inflitto a tali società, pur riducendone l’importo.

16      Detta decisione 27 settembre 2004 è stata impugnata dalla T‑Mobile, dalla KPN, dalla Orange, dalla Vodafone e dalla Telfort dinanzi al Rechtbank te Rotterdam, il quale, con sentenza 13 luglio 2006, ha annullato detta decisione e rinviato la vertenza alla NMa affinché quest’ultima si pronunciasse nuovamente.

17      La T‑Mobile, la KPN, la Orange, la Vodafone (in prosieguo, complessivamente considerati, gli «operatori interessati») e la NMa hanno interposto appello contro tale sentenza dinanzi al College van Beroep voor het bedrijfsleven, il quale deve valutare se la nozione di pratica concordata sia stata correttamente interpretata alla luce della costante giurisprudenza della Corte in materia.

 La posizione del giudice del rinvio

18      Il College van Beroep voor het bedrijfsleven ritiene di dover stabilire, da un lato, se lo scambio di informazioni relative agli abbonamenti nel corso della riunione del 13 giugno 2001 abbia avuto per oggetto di restringere la concorrenza e se sia legittimo che la NMa abbia omesso di esaminare gli effetti della pratica concordata, e, dall’altro, se esista un nesso causale tra la concertazione di cui trattasi ed il comportamento sul mercato degli operatori interessati.

19      Il giudice del rinvio chiarisce, innanzitutto, che la pratica concordata oggetto della causa principale non riguarda né i prezzi al dettaglio che gli operatori interessati dovrebbero praticare, né le tariffe d’abbonamento che i medesimi dovrebbero fatturare ai consumatori finali. Essa riguarda, in realtà, i compensi che tali operatori intendono corrispondere ai rivenditori per le prestazioni di servizi da questi ultimi effettuate. Di conseguenza, il suddetto giudice sottolinea che tale pratica concordata non può ritenersi direttamente tesa a stabilire i prezzi degli abbonamenti sul mercato al dettaglio.

20      Inoltre, il College van Beroep voor het bedrijfsleven afferma di nutrire dubbi sul fatto che la pratica concordata dagli operatori interessati, riguardante i compensi accordati ai rivenditori per la stipulazione di abbonamenti, possa essere considerata come avente per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. Esso sostiene, infatti, che la giurisprudenza della Corte in materia di concorrenza potrebbe essere intesa nel senso che un accordo o una pratica concordata ha per obiettivo di restringere la concorrenza qualora l’esperienza dimostri che tale accordo o tale pratica ha per effetto, sempre o quasi sempre, di impedire, restringere o falsare la concorrenza, a prescindere dalle circostanze economiche. Ciò avverrebbe, secondo il giudice del rinvio, quando le conseguenze dannose concrete siano innegabili e si producano indipendentemente dalle caratteristiche del mercato in questione. A suo avviso, quindi, si dovrebbero sempre esaminare gli effetti di una pratica concordata, al fine di evitare che un comportamento sia considerato come avente finalità restrittive della concorrenza, quando invece risulterebbe che esso non ha avuto effetti restrittivi.

21      Da ultimo, per quanto concerne il nesso causale fra la concertazione e il comportamento dei suddetti operatori sul mercato, il giudice del rinvio dubita della rilevanza della presunzione, enunciata nelle sentenze 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni (Racc. pag. I‑4125), e causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione (Racc. pag. I‑4287), secondo cui, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò vale, a maggior ragione, allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo. Detto giudice si chiede se, in forza del diritto comunitario, sia tenuto ad applicare questa presunzione nonostante esistano norme nazionali diverse in materia di produzione della prova, e se una siffatta presunzione sia applicabile a fattispecie in cui una sola riunione sia alla base della concertazione.

22      In tale contesto, il College van Beroep voor het bedrijfsleven ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      A quali criteri si debba far ricorso nell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, per valutare se una pratica concordata abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

2)      Se l’art. 81 CE debba essere interpretato nel senso che, nell’applicazione del detto articolo da parte del giudice nazionale, la prova del nesso causale tra concertazione e comportamento sul mercato deve essere fornita e valutata ai sensi delle norme di diritto nazionale, sempre che siffatte norme non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario.

3)      Se, nell’applicazione della nozione di pratica concordata ai sensi dell’art. 81 CE, la presunzione di un nesso causale tra la concertazione e il comportamento sul mercato valga sempre, anche qualora la concertazione avvenga una tantum e l’operatore che vi partecipa resti attivo sul mercato, oppure solo nei casi in cui la concertazione abbia luogo nel corso di un lungo periodo e su base regolare».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

23      Occorre preliminarmente rilevare che, dal punto di vista soggettivo, le nozioni di «accordo», di «decisioni di associazioni di imprese» e di «pratica concordata» ricomprendono forme di collusione aventi la medesima natura e che si distinguono unicamente per la loro intensità e per le forme in cui si manifestano (v., in tal senso, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 131).

24      Pertanto, come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte per valutare se un comportamento abbia ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza sono applicabili sia che si tratti di un accordo, di una decisione oppure di una pratica concordata.

25      Si deve in proposito osservare che la Corte ha già elaborato un certo numero di criteri idonei a valutare se un accordo, una decisione oppure una pratica concordata presentino un carattere anticoncorrenziale.

26      Per quanto riguarda la definizione di pratica concordata, la Corte ha affermato che quest’ultima implica una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce consapevolmente una collaborazione pratica fra le stesse ai rischi della concorrenza (v. sentenze 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 26, nonché 31 marzo 1993, cause riunite C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I‑1307, punto 63).

27      Per quanto concerne la valutazione del carattere anticoncorrenziale di una pratica concordata, occorre considerare in particolare gli scopi oggettivi che persegue nonché il contesto economico e giuridico nel quale si inserisce (v, in tal senso, sentenze 8 novembre 1983, cause riunite da 96/82 a 102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ International Belgium e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 25, nonché 20 novembre 2008, causa C‑209/07, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, Racc. pag. I‑8637, punti 16 e 21). Inoltre, anche se l’intenzione delle parti non rappresenta un elemento necessario al fine di determinare la natura restrittiva di una pratica concordata, nulla vieta alla Commissione delle Comunità europee o ai giudici comunitari di tenerne conto (v., in tal senso, sentenza IAZ e a./Commissione, cit., punti 23‑25).

28      Quanto alla distinzione tra le pratiche concordate aventi un oggetto anticoncorrenziale e quelle aventi un effetto anticoncorrenziale, si deve ricordare che, al fine di stabilire se una pratica rientri nel divieto enunciato all’art. 81, n. 1, CE, l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale non sono condizioni cumulative, bensì alternative. Secondo una giurisprudenza costante a partire dalla sentenza 30 giugno 1966, causa 56/65, LTM (Racc. pagg. 262, 281), l’alternatività di tali condizioni, espressa dalla disgiunzione «o», rende necessario innanzi tutto considerare l’oggetto stesso della pratica concordata, tenuto conto del contesto economico nel quale quest’ultima deve trovare applicazione. Nel caso in cui, invece, l’analisi del tenore della pratica concordata non rivelasse un pregiudizio alla concorrenza di sufficiente entità, occorrerebbe prendere in esame i suoi effetti e, per poterla vietare, dovrebbero sussistere tutti gli elementi che comprovano che il gioco della concorrenza è stato di fatto impedito, ristretto o falsato in modo sensibile (v., in tal senso, sentenza Beef Industry Development Society e Barry Brothers, cit., punto 15).

29      Si deve inoltre sottolineare che, per valutare se una pratica concordata sia vietata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione i suoi effetti concreti laddove risulti che essa mira ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (v., in tal senso, sentenze 13 luglio 1966, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione, Racc. pagg. 457, 520; 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 125, nonché Beef Industry Development Society e Barry Brothers, cit., punto 16). La differenza tra «infrazioni per oggetto» e «infrazioni per effetto» verte sulla circostanza per cui talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, nocive al buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (v. sentenza Beef Industry Development Society e Barry Brothers, cit., punto 17).

30      In tale contesto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del rinvio, non occorre esaminare gli effetti di una pratica concordata una volta che ne sia stato accertato l’oggetto anticoncorrenziale.

31      Per quanto riguarda la valutazione del carattere anticoncorrenziale di una pratica concordata come quella di cui trattasi nella causa principale, occorre ricordare in primo luogo che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, affinché vi sia un oggetto anticoncorrenziale, è sufficiente che la pratica concordata sia tale da produrre effetti dannosi per la concorrenza. In altri termini, tale pratica concordata deve semplicemente essere idonea in concreto, tenuto conto del contesto giuridico ed economico nel quale si inserisce, ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. La questione se, ed in quale misura, un tale effetto si produca in concreto può avere interesse soltanto al fine di calcolare l’importo delle ammende e di valutare il diritto al risarcimento dei danni.

32      In secondo luogo, per quanto riguarda lo scambio di informazioni tra concorrenti, occorre ricordare che i criteri del coordinamento e della collaborazione, costitutivi di una pratica concordata, vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire sul mercato comune (v. sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 173; 14 luglio 1981, causa 172/80, Züchner, Racc. pag. 2021, punto 13; Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, cit., punto 63, e 28 maggio 1998, causa C‑7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I‑3111, punto 86).

33      Se è vero che la suddetta esigenza di autonomia non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei loro concorrenti, nondimeno essa vieta rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contatti, diretti o indiretti, in grado di influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, oppure di rivelare a tale concorrente il comportamento che si intende tenere, o che si prevede di tenere, sul mercato, qualora tali contatti abbiano lo scopo, o producano l’effetto, di realizzare condizioni di concorrenza diverse da quelle normali nel mercato in questione, tenuto conto della natura dei prodotti o delle prestazioni fornite, dell’importanza e del numero delle imprese e del volume di detto mercato (v., in tal senso, citate sentenze Suiker Unie e a./Commissione, punto 174; Züchner, punto 14, e Deere/Commissione, punto 87).

34      Così, ai punti 88 e seguenti della citata sentenza Deere/Commissione, la Corte ha dichiarato che, in un mercato oligopolistico fortemente concentrato, come quello oggetto della causa principale, lo scambio di informazioni può consentire alle imprese di conoscere le posizioni sul mercato, nonché la strategia commerciale dei loro concorrenti e, di conseguenza, può alterare sensibilmente la concorrenza in essere fra gli operatori economici.

35      Ne cosegue che lo scambio di informazioni tra concorrenti può risultare contrario alle regole della concorrenza qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi, con conseguente restrizione della concorrenza tra le imprese (v. sentenze Deere/Commissione, cit., punto 90, e 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. I‑10821, punto 81).

36      In terzo luogo, per quanto riguarda la possibilità di considerare che una pratica concordata abbia uno scopo anticoncorrenziale nonostante essa sia priva collegamenti diretti con i prezzi al dettaglio, occorre rilevare che la formulazione dell’art. 81, n. 1, CE non è tale da indurre a ritenere che siano vietate unicamente quelle pratiche concordate che abbiano effetti diretti sul prezzo pagato dai consumatori finali.

37      Per contro, dall’art. 81, n. 1, lett. a), CE si evince che una pratica concordata può avere uno scopo anticoncorrenziale qualora consista nel «fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione». Nella causa principale, come sostenuto dal governo olandese nelle sue osservazioni scritte, risulta che i compensi dei rivenditori costituiscono elementi determinanti nella fissazione del prezzo che sarà pagato dal consumatore finale relativamente agli abbonamenti.

38      In ogni caso, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, l’art. 81 CE, come le altre regole in materia di concorrenza enunciate nel Trattato, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale.

39      Pertanto, contrariamente a quanto sembra ritenere il giudice del rinvio, l’accertamento della sussistenza dell’oggetto anticoncorrenziale di una pratica concordata non può essere subordinata all’accertamento di un legame diretto di quest’ultima con i prezzi al dettaglio.

40      In quarto luogo, relativamente all’argomento di Vodafone secondo cui la pratica concordata oggetto della causa principale non può avere lo scopo di restringere la concorrenza perché i compensi standard dei rivenditori avrebbero dovuto comunque essere ridotti a causa delle condizioni del mercato, è ben vero che, dal punto 33 della presente sentenza, risulta che l’esigenza di autonomia degli operatori economici non esclude il loro diritto di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti.

41      Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 66‑68 delle sue conclusioni, sebbene un parallelismo dei comportamenti delle imprese concorrenti sul mercato non sia necessariamente riconducibile ad una concertazione contraria alla concorrenza, si deve ritenere che ha un oggetto anticoncorrenziale uno scambio di informazioni che sia idoneo ad eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento che l’impresa interessata deve effettuare, anche quando, come nella causa principale, l’adeguamento riguardi la riduzione dei compensi standard per i rivenditori.

42      Spetta quindi al giudice del rinvio verificare, nell’ambito della causa principale, se le informazioni scambiate nel corso della riunione del 13 giugno 2001 fossero idonee ad eliminare incertezze di questo tipo.

43      Con riferimento a tutte le considerazioni che precedono, occorre risolvere la prima questione dichiarando che una pratica concordata ha un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE qualora, in ragione del suo tenore nonché delle sue finalità, e tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce, sia concretamente idonea ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale pratica concordata e i prezzi al dettaglio. Lo scambio di informazioni tra concorrenti ha oggetto anticoncorrenziale qualora sia idoneo ad eliminare le incertezze in relazione al comportamento previsto dagli operatori interessati.

 Sulla seconda questione

44      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il giudice nazionale, nell’ambito dell’esame del nesso causale tra la concertazione ed il comportamento sul mercato delle imprese ad essa partecipanti, nesso che è necessario al fine di accertare la sussistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, sia tenuto ad applicare la presunzione di causalità enunciata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui tali imprese, allorché restano attive sul mercato, tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti, oppure se esso possa applicare le regole del diritto nazionale in materia di onere della prova.

45      Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni, siffatta questione mira a stabilire se la presunzione applicata dai giudici comunitari si imponga anche alle autorità e ai giudici nazionali quando applicano l’art. 81, n. 1, CE.

46      Secondo il giudice del rinvio, se la suddetta presunzione è inclusa nella nozione di pratica concordata di cui all’art. 81, n. 1, CE, il giudice nazionale è tenuto ad applicarla. Per contro, esso sostiene che, se si dovesse ritenere che tale presunzione rappresenti una regola procedurale, il giudice nazionale sarebbe legittimato a non applicarla in virtù del principio di autonomia procedurale degli Stati membri.

47      La T‑Mobile, la KPN e la Vodafone osservano che nulla nell’art. 81 CE o nella giurisprudenza della Corte induce a concludere che la presunzione di causalità costituisca parte integrante della nozione di pratica concordata di cui all’art. 81, n. 1, CE. Esse osservano quindi che, secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali destinati a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto comunitario, purché tali modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e, dall’altro, non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività).

48      Per contro, il governo olandese e la Commissione ritengono che la presunzione di causalità sia stata istituita quale parte integrante della nozione di pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, e non già quale norma procedurale avulsa da tale nozione, sicché detta presunzione vincola i giudici nazionali.

49      A tale riguardo, occorre anzitutto ricordare che l’art. 81 CE, da un lato, produce effetti diretti nei rapporti tra i singoli e fa sorgere in capo a questi ultimi diritti che i giudici nazionali devono tutelare, e, dall’altro, costituisce una disposizione di ordine pubblico, indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità europea, che deve essere applicata d’ufficio dai giudici nazionali (v., in tal senso, sentenze 1° giugno 1999, causa C‑126/97, Eco Swiss, Racc. pag. I‑3055, punti 36 e 39, nonché 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a., Racc. pag. I‑6619, punti 31 e 39).

50      Pertanto, in sede di applicazione dell’art. 81 CE, l’interpretazione fornita dalla Corte è vincolante per tutti i giudici nazionali degli Stati membri.

51      In ordine alla presunzione di causalità formulata dalla Corte nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 81, n. 1, CE, si deve preliminarmente ricordare che la Corte ha dichiarato che, come risulta dalla lettera stessa di tale disposizione, la nozione di pratica concordata implica, oltre alla concertazione tra le imprese interessate, un comportamento sul mercato che dia seguito a tale concertazione e un nesso causale tra questi due elementi. La Corte ha poi considerato che, tuttavia, si deve presumere, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, che le imprese partecipanti alla concertazione e che restano attive sul mercato tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti per determinare il proprio comportamento su tale mercato. Ciò vale, a maggior ragione, quando la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo. Infine, la Corte ha concluso che una pratica concordata quale innanzi definita rientra nell’ambito dell’art. 81, n. 1, CE, anche in assenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato (v. sentenza Hüls/Commissione, cit., punti 161‑163).

52      In tale contesto, occorre constatare che la presunzione di causalità deriva dall’art. 81, n. 1, CE, come interpretato dalla Corte, e che, di conseguenza, essa costituisce parte integrante del diritto comunitario applicabile.

53      Con riferimento alle considerazioni che precedono, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che, nell’ambito dell’esame del nesso causale tra la concertazione ed il comportamento sul mercato delle imprese ad essa partecipanti, nesso che è necessario perché sia dichiarata la sussistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, il giudice nazionale è tenuto ad applicare, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, la presunzione di causalità enunciata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui tali operatori, allorché restano attivi sul mercato, tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti.

 Sulla terza questione

54      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, nell’applicazione della nozione di pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, la presunzione di un nesso causale tra la concertazione e il comportamento tenuto dalle imprese interessate sul mercato valga sempre, anche qualora la concertazione sia basata unicamente su una sola riunione.

55      La T‑Mobile, la KPN e la Vodafone osservano essenzialmente che non è possibile dedurre dalle citate sentenze Commissione/Anic Partecipazioni e Hüls/Commissione che la presunzione di causalità sia sempre valida. A loro avviso, l’applicazione di quest’ultima dovrebbe restare limitata ai casi in cui i fatti e le circostanze siano identici a quelli oggetto di tali sentenze. In sostanza, dette società sostengono che è possibile presumere che talune imprese hanno determinato il proprio comportamento sul mercato basandosi su una concertazione soltanto qualora esse si riuniscano regolarmente, nella consapevolezza che nel corso delle riunioni precedenti sono state scambiate informazioni riservate. Esse ritengono, inoltre, che sarebbe irragionevole ritenere che un’impresa possa basare il suo comportamento sul mercato su informazioni scambiate nel corso di un’unica riunione, tanto più laddove la riunione abbia perseguito uno scopo lecito, come avvenuto nella fattispecie oggetto della causa principale.

56      Per contro, il governo olandese e la Commissione affermano che risulta chiaramente dalla giurisprudenza, segnatamente dalle citate sentenze Commissione/Anic Partecipazioni e Hüls/Commissione, che la presunzione di causalità non dipende dal numero di riunioni alla base della concertazione. Essi rilevano che tale presunzione è giustificata se i contatti effettuati risultano sufficienti, tenuto conto del loro contesto, oggetto e frequenza, a determinare una coordinazione dei comportamenti sul mercato idonei ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, e se, oltre a ciò, le imprese interessate sono rimaste attive sul mercato.

57      Secondo il governo olandese, la causa principale è un perfetto esempio del fatto che una sola riunione può essere sufficiente perché vi sia una concertazione. Da un lato, la riunione del 13 giugno 2001 ha consentito agli operatori interessati di coordinarsi circa la riduzione dei compensi ai rivenditori. Dall’altro, tale riunione ha parimenti consentito di eliminare talune incertezze circa la questione intesa ad accertare quale operatore avrebbe ridotto le sue spese di assunzione, quando ed in quale misura lo avrebbe fatto, nonché circa il termine entro cui gli altri operatori avrebbero agito allo stesso modo.

58      A tale riguardo, si deve rilevare che, come risulta dai punti 121 della citata sentenza Commissione/Anic Partecipazioni e 162 della citata sentenza Hüls/Commissione, la Corte ha fatto dipendere l’applicazione della presunzione in argomento unicamente dall’esistenza di una concertazione e dalla circostanza che l’impresa sia rimasta attiva sul mercato. L’aggiunta dell’enunciato «[c]iò vale, a maggior ragione, allorché la concertazione ha luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo», lungi dal confermare la tesi secondo cui la presunzione di causalità vale unicamente nel caso in cui le imprese si riuniscano regolarmente, deve necessariamente essere interpretata nel senso che detta presunzione è rafforzata quando le imprese hanno concertato il loro comportamento in modo regolare nel corso di un lungo periodo.

59      Quasiasi altra interpretazione equivarrebbe, in sostanza, ad affermare che uno scambio di informazioni una tantum fra concorrenti non possa mai condurre ad alcuna concertazione contraria alle regole della concorrenza sancite nel Trattato. Orbene, non è possibile escludere che, a seconda della struttura del mercato, una sola presa di contatto, come quella di cui trattasi nella causa principale, possa essere sufficiente, in via di principio, perché le imprese interessate concordino i rispettivi comportamenti sul mercato e, in tal modo, pervengano ad una cooperazione di fatto sostitutiva della concorrenza e dei rischi che quest’ultima comporta.

60      Come correttamente osservato dal governo olandese e dall’avvocato generale ai paragrafi 104 e 105 delle sue conclusioni, la frequenza, la periodicità e la forma dei contatti fra concorrenti necessari affinché abbia luogo una concertazione del loro comportamento sul mercato dipendono sia dall’oggetto della concertazione, sia dalle corrispondenti condizioni di mercato. Infatti, se gli operatori interessati istituiscono un’intesa con un sistema complesso di concertazione su una pluralità di aspetti del loro comportamento sul mercato, potranno essere necessari contatti regolari che si estendono sul lungo periodo. Se invece, come nella causa principale, la concertazione è puntuale e mira ad un’armonizzazione una tantum del comportamento sul mercato in ordine a un singolo parametro concorrenziale, anche una sola presa di contatto potrà essere sufficiente a realizzare lo scopo anticoncorrenziale perseguito dagli operatori interessati.

61      In tale contesto, si deve considerare che ciò che rileva non è tanto il numero di riunioni tra gli operatori interessati, quanto il fatto di accertare se il contatto, o i contatti, che sono avvenuti abbiano consentito a questi ultimi di tenere conto delle informazioni scambiate con i concorrenti per determinare il proprio comportamento sul mercato e di sostituire scientemente una cooperazione pratica tra di loro ai rischi della concorrenza. Nel momento in cui può essere accertato che tali operatori hanno dato luogo ad una concertazione e che sono rimasti attivi su tale mercato, è legittimo esigere che essi forniscano la prova che la concertazione in questione non ha influito in alcun modo sul loro comportamento sul detto mercato.

62      Con riferimento alle considerazioni che precedono, occorre risolvere la terza questione dichiarando che la presunzione di un nesso causale tra la concertazione e il comportamento sul mercato di cui trattasi vale sempre, anche qualora la concertazione sia basata unicamente su una sola riunione tra gli operatori interessati, sempre che l’operatore partecipante alla concertazione sia rimasto attivo su tale mercato.

 Sulle spese

63      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      Una pratica concordata ha un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE qualora, in ragione del suo tenore nonché delle sue finalità, e tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce, sia concretamente idonea ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. Non è necessario che la concorrenza sia effettivamente impedita, ristretta o falsata, né che sussista un nesso diretto fra tale pratica concordata e i prezzi al dettaglio. Lo scambio di informazioni tra concorrenti ha oggetto anticoncorrenziale qualora sia idoneo ad eliminare le incertezze in relazione al comportamento previsto dagli operatori interessati.

2)      Nell’ambito dell’esame del nesso causale tra la concertazione ed il comportamento sul mercato degli operatori ad essa partecipanti, nesso che è necessario perché sia dichiarata la sussistenza di una pratica concordata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, il giudice nazionale è tenuto ad applicare, salvo prova contraria che spetta agli operatori interessati fornire, la presunzione di causalità enunciata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui tali operatori, allorché restano attivi sul mercato, tengono conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti.

3)      La presunzione di un nesso causale tra la concertazione e il comportamento sul mercato di cui trattasi vale sempre, anche qualora la concertazione sia basata unicamente su una sola riunione tra gli operatori interessati, sempre che l’operatore partecipante alla concertazione sia rimasto attivo su tale mercato.

Firme


* Lingua processuale: l’olandese.