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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate l’11 luglio 2024 (1)

Causa C400/23

Procedimento penale

a carico di

VB

con l’intervento di

Sofiyska gradska prokuratura

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Direttiva (UE) 2016/343 – Diritto di presenziare al processo – Articolo 8, paragrafo 2 – Processo che sfocia in una decisione di condanna o di assoluzione in contumacia – Modalità di esame delle condizioni che disciplinano il riconoscimento del diritto a un nuovo processo – Diritto dell’accusa e della difesa di essere ascoltate – Articolo 8, paragrafo 4 – Forma e portata dei mezzi di ricorso riconosciuti dopo una decisione pronunciata in contumacia – Informazione alla persona condannata in contumacia in merito ai suoi diritti processuali – Modalità – Articolo 9 – Diritto a un nuovo processo – Normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto a un nuovo processo alla previa presentazione di una domanda di riapertura del procedimento penale dinanzi a un’autorità giudiziaria di fronte alla quale la persona giudicata in contumacia deve comparire personalmente – Compatibilità – Direttiva 2012/13/UE – Diritto all’informazione nei procedimenti penali – Articolo 6 – Diritto dell’interessato di essere informato dell’accusa elevata a suo carico»






I.      Introduzione

1.        Nel presente rinvio pregiudiziale, che è il secondo rinvio proposto nell’ambito del procedimento principale, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) desidera ottenere precisazioni relative, da un lato, alla valutazione delle condizioni che disciplinano il riconoscimento, a favore di una persona giudicata in contumacia, del suo diritto a un nuovo processo e, dall’altro, all’informazione fornita a tale persona circa i suoi diritti processuali ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, e dell’articolo 9 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (2).

2.        Nella sua sentenza dell’8 giugno 2023, VB (Informazione al condannato in contumacia) (3), la Corte ha dichiarato che l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343, in forza del quale lo Stato membro garantisce che l’imputato, una volta informato della decisione pronunciata in contumacia, in particolare quando sia arrestato, sia informato anche della possibilità di impugnare tale decisione e del diritto a un nuovo processo, non impone al giudice nazionale di includere tali informazioni in detta decisione. In tale contesto la Corte ha osservato che la scelta delle modalità con cui dette informazioni devono essere messe a disposizione dell’interessato è lasciata alla discrezionalità dello Stato membro, purché esse siano portate a conoscenza di tale persona nel momento in cui ella viene informata della decisione in questione (4).

3.        Nella presente causa, il giudice del rinvio intende porre a confronto tali principi e il sistema processuale nazionale. Infatti esso osserva che, conformemente alla normativa bulgara, l’autorità giurisdizionale che si pronuncia nel merito dell’accusa ed emana una decisione in contumacia non è competente a valutare se l’imputato possa beneficiare di un nuovo processo alla luce delle condizioni fissate dalla direttiva 2016/343. A questo proposito esso osserva che tale valutazione rientra nella competenza esclusiva del Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria), cui l’interessato deve preliminarmente presentare una domanda di riapertura del procedimento penale e che si pronuncia a condizione che quest’ultimo sia comparso personalmente.

4.        Il giudice del rinvio sottopone alla Corte una serie di questioni pregiudiziali volte a stabilire in che misura tali modalità rispondano ai requisiti di cui all’articolo 8, paragrafo 4, e all’articolo 9 della direttiva 2016/343. A tal fine la Corte dovrà tener conto delle disposizioni enunciate, in particolare, dalla direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali (5), che definisce altresì meccanismi di protezione dei diritti degli indagati o degli imputati nei procedimenti penali cui l’interessato è sottoposto.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 2012/13

5.        La direttiva 2012/13 sancisce il diritto all’informazione delle persone indagate o imputate nei procedimenti penali.

6.        L’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), di detta direttiva definisce il diritto all’informazione sui diritti come segue:

«Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano tempestivamente fornite le informazioni concernenti almeno i seguenti diritti processuali, ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti:

(...)

c)      il diritto di essere informato dell’accusa, a norma dell’articolo 6».

7.        L’articolo 6 della direttiva in parola, rubricato «Diritto all’informazione sull’accusa», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che alle persone indagate o imputate siano fornite informazioni sul reato che le stesse sono sospettate o accusate di aver commesso. Tali informazioni sono fornite tempestivamente e con tutti i dettagli necessari, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa.

(...)

3.      Gli Stati membri garantiscono che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato.

(...)».

2.      Direttiva 2016/343

8.        La direttiva 2016/343 stabilisce, a termini del suo articolo 1, norme minime comuni concernenti, da un lato, alcuni aspetti della presunzione di innocenza e, dall’altro, il diritto di presenziare al processo.

9.        L’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Diritto di presenziare al processo», ai paragrafi da 1 a 4 prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri garantiscono che gli indagati e imputati abbiano il diritto di presenziare al proprio processo.

2.      Gli Stati membri possono prevedere che un processo che può concludersi con una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato possa svolgersi in assenza di quest’ultimo, a condizione che:

a)      l’indagato o imputato sia stato informato in un tempo adeguato del processo e delle conseguenze della mancata comparizione; oppure

b)      l’indagato o imputato, informato del processo, sia rappresentato da un difensore incaricato, nominato dall’indagato o imputato oppure dallo Stato.

3.      Una decisione adottata a norma del paragrafo 2 può essere eseguita nei confronti dell’indagato o imputato.

4.      Qualora gli Stati membri prevedano la possibilità di svolgimento di processi in assenza dell’indagato o imputato, ma non sia possibile soddisfare le condizioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo perché l’indagato o imputato non può essere rintracciato nonostante i ragionevoli sforzi profusi, gli Stati membri possono consentire comunque l’adozione di una decisione e l’esecuzione della stessa. In tal caso, gli Stati membri garantiscono che gli indagati o imputati, una volta informati della decisione, in particolare quando siano arrestati, siano informati anche della possibilità di impugnare la decisione e del diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, in conformità dell’articolo 9».

10.      L’articolo 9 di tale direttiva, intitolato «Diritto a un nuovo processo», così dispone:

«Gli Stati membri assicurano che, laddove gli indagati o imputati non siano stati presenti al processo e non siano state soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, questi abbiano il diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l’esame di nuove prove, e possa condurre alla riforma della decisione originaria. In tale contesto, gli Stati membri assicurano che tali indagati o imputati abbiano il diritto di presenziare, di partecipare in modo efficace, in conformità delle procedure previste dal diritto nazionale[,] e di esercitare i diritti della difesa».

B.      Diritto bulgaro

11.      L’articolo 15, paragrafi 2 e 3, del Nakazatelno‑protsesualen kodeks (codice di procedura penale bulgaro) (in prosieguo: il «NPK») prevede quanto segue:

«(2)      Gli imputati e le altre persone che partecipano al procedimento penale dispongono di tutti gli strumenti processuali necessari per la difesa dei loro diritti e interessi legittimi.

(3)      Il giudice, il procuratore e gli organi investigativi informano le persone di cui al paragrafo 2 dei loro diritti processuali e assicurano loro la possibilità di esercitarli».

12.      L’articolo 423, paragrafi da 1 a 4, NPK così dispone:

«(1)      Entro sei mesi dalla conoscenza della condanna penale definitiva (...), la persona condannata in contumacia può chiedere la riapertura del processo penale facendo valere la sua assenza nel corso del [procedimento penale]. La domanda è accolta salvo che la persona condannata, dopo la comunicazione dei capi di imputazione nel corso delle indagini, si sia data alla fuga rendendo impossibile l’attuazione della procedura di cui all’articolo 247c, paragrafo 1, oppure, dopo l’attuazione di tale procedura, non sia comparsa in udienza senza un valido motivo.

(2)      La domanda non sospende l’esecuzione della pena, salvo che il giudice disponga diversamente.

(3)      Il procedimento di riapertura del processo penale viene archiviato se la persona condannata in contumacia non compare all’udienza senza un valido motivo.

(4)      Se una persona condannata in contumacia è detenuta in esecuzione di una sentenza definitiva, il giudice che riapre il procedimento penale stabilisce nella sua decisione i provvedimenti sulla libertà personale».

13.      L’articolo 424, paragrafi 1 e 2, NPK prevede quanto segue:

«(1)      La domanda di riapertura di un procedimento penale conformemente all’articolo 422, paragrafo 1, punto 5, è esaminata dal l’Apelativen sad [Corte d’appello, Bulgaria] competente quando l’atto di cui all’articolo 419 è stato emesso da un Rayonen sad [Tribunale distrettuale, Bulgaria] o da un Okrazhen sad [Tribunale regionale, Bulgaria] quale giudice d’appello, eccezion fatta per le nuove sentenze.

(2)      Al di fuori dei casi previsti nel paragrafo 1, la domanda di riapertura di un procedimento penale è esaminata dal Varhoven kasatsionen sad [Corte suprema di cassazione]».

14.      L’articolo 425, paragrafo 2, NPK così recita:

«Nei casi di cui all’articolo 423, paragrafo 1, il procedimento è riaperto e la causa è riassunta nella fase in cui il processo contumaciale è iniziato».

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali (6)

15.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di procedimenti penali avviati a carico di VB in merito a fatti idonei a costituire reati punibili con pene detentive. Detti procedimenti penali si sono svolti, fin dall’inizio, in assenza di VB. Quest’ultimo non è stato informato ufficialmente dei capi d’imputazione a suo carico. Inoltre egli non ha potuto essere informato né del suo rinvio a giudizio né, a maggior ragione, della data e del luogo dell’udienza o delle conseguenze della sua mancata comparizione. Le autorità nazionali competenti non sono infatti riuscite a rintracciare VB in quanto, nel corso della fase istruttoria, quest’ultimo si è reso latitante prima dell’operazione di polizia diretta ad arrestare gli indagati. Egli è stato dichiarato «ricercato», in particolare mediante un mandato d’arresto europeo, ma non è stato rintracciato.

16.      I procedimenti penali principali sono ancora in corso e la maggior parte delle prove è stata raccolta. Il giudice nazionale chiamato a pronunciarsi in questi procedimenti penali, che era in precedenza lo Spetsializiran nakazatelen sad (Tribunale penale specializzato, Bulgaria), all’origine del rinvio pregiudiziale proposto nella causa che ha dato luogo alla sentenza VB I, ed è oggi il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia), si interroga, da un lato, sulle misure che dovrà adottare per garantire che VB, qualora sia condannato in contumacia a una pena detentiva, sia informato, all’atto del suo arresto, della decisione pronunciata nei suoi confronti e dei diritti processuali a lui riconosciuti conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 4, e all’articolo 9 della direttiva 2016/343, come interpretate dalla Corte nella sentenza VB I.

17.      Dall’altro, detto giudice si chiede se la normativa bulgara, che prevede una procedura con la quale la persona condannata in contumacia è informata del suo diritto a un nuovo processo soltanto all’esito dell’udienza che si pronuncia sulla domanda di riapertura del procedimento penale, alla quale deve comparire personalmente, risponda o meno ai requisiti fissati dalla direttiva 2016/343 e, in particolare, al diritto di essere informato del suo diritto a un nuovo processo, previsto all’articolo 8, paragrafo 4, di detta direttiva.

18.      Alla luce di tali circostanze, il Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343] debba essere interpretato nel senso che una persona condannata in sua assenza a una pena detentiva, senza che si riscontri un caso di cui al paragrafo 2, debba essere informata della decisione di condanna quando viene arrestata ai fini dell’esecuzione di tale pena.

b)      Quale sia il contenuto dell’obbligo di “essere informati della decisione” ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343], e se [tale obbligo] richieda la consegna di una copia della decisione.

c)      In caso di risposta in senso negativo alle questioni sub [a)] e [b)]: se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343] osti a che un giudice nazionale decida di garantire la consegna di una copia di tale decisione.

2)      a)      Se la normativa nazionale che – nel caso in cui un’accusa penale venga esaminata in assenza dell’imputato e venga adottata una decisione giudiziaria di condanna senza che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva [2016/343] – non preveda alcuna modalità per informare la persona condannata in contumacia del proprio diritto a un nuovo processo in sua presenza, in particolare quando tale informazione non viene fornita nel momento in cui la persona condannata in contumacia viene arrestata, sia compatibile con l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343].

b)      Se rilevi il fatto che la norma nazionale – articolo 423 del codice di procedura penale bulgaro (NPK) – prevede che la persona condannata in contumacia sia informata del proprio diritto a un nuovo processo, ma soltanto dopo che tale persona abbia presentato un’istanza di annullamento della condanna e di svolgimento di un nuovo processo con la sua partecipazione, e l’informazione le venga fornita mediante una decisione giudiziaria in risposta a tale istanza.

c)      In caso di risposta in senso negativo: se gli obblighi di cui all’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, e all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva [2016/343] siano rispettati se l’autorità giudiziaria che esamina un’imputazione penale in assenza dell’imputato ed emette una decisione di condanna senza che si verifichi il caso di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva, faccia riferimento nella sua decisione al diritto di tale persona a un nuovo processo o ad un altro mezzo di ricorso e imponga alle persone che eseguono l’arresto della persona condannata di fornirgli copia di tale decisione.

d)      In caso di risposta in senso affermativo: se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343] osti a che un giudice, che adotta una decisione di condanna in assenza dell’imputato senza che sussista un caso di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva, decida di fare riferimento, nella sua decisione, al diritto di tale persona a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso ai sensi dell’articolo 9 [di detta] direttiva e di imporre alle persone che eseguono l’arresto del condannato di fornirgli una copia di tale decisione.

3)      Quale sia il primo e quale sia l’ultimo momento possibile in cui l’autorità giudiziaria debba decidere se il procedimento penale condotto in assenza dell’imputato non soddisfi gli obblighi di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva [2016/343] e debba adottare misure per garantire che le informazioni siano fornite conformemente all’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva.

4)      Se le posizioni dell’accusa e del difensore dell’imputato contumace debbano essere prese in considerazione all’atto della decisione di cui al[la terza questione].

5)      a)      Se la nozione di “possibilità di impugnare la decisione”, di cui all’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343], si riferisca a un mezzo di ricorso ordinario oppure all’impugnazione di una decisione giudiziaria definitiva.

b)      Quale debba essere il contenuto delle informazioni, da fornire ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva [2016/343] a una persona che è stata condannata in sua assenza senza che sussistano i presupposti di cui al paragrafo 2, riguardo al “[suo] diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, in conformità dell’articolo 9”: se riguardi il diritto di attivare tale mezzo di ricorso qualora si impugni la condanna in sua assenza, oppure il diritto di presentare tale istanza, la cui fondatezza debba essere valutata in un momento successivo.

6)      Quale sia il contenuto dell’espressione “diritto a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso l’esame di nuove prove, e possa condurre alla riforma della decisione originaria”, di cui all’articolo 9, prima frase, della direttiva [2016/343].

7)      Se una disposizione di legge nazionale – l’articolo 423, paragrafo 3, NPK – che impone la comparizione personale della persona condannata in sua assenza come condizione obbligatoria per l’esame e l’accoglimento della sua istanza di un nuovo processo, sia compatibile con l’articolo 8, paragrafo 4, e con l’articolo 9 della direttiva [2016/343].

8)      Se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, e l’articolo 9 della direttiva [2016/343] sia applicabile a persone assolte».

19.      Solo la Commissione europea ha depositato osservazioni scritte.

IV.    Analisi

20.      Prima di affrontare l’esame delle suddette questioni occorre ricordare che la direttiva 2016/343, al pari della direttiva 2012/13, è stata adottata sulla base dell’articolo 82, paragrafo 2, TFUE. Da detto articolo risulta che, per facilitare il riconoscimento reciproco e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, il legislatore dell’Unione può stabilire norme minime riguardanti, in particolare, i diritti della persona nella procedura penale. Così, conformemente al suo considerando 9 e al suo articolo 1, la direttiva 2016/343 intende rafforzare il diritto fondamentale a un equo processo nei procedimenti penali, in modo da aumentare la fiducia degli Stati membri nei reciproci sistemi di giustizia penale, stabilendo norme minime comuni relative, segnatamente, al diritto di presenziare al processo (7). Queste norme, dette «minime», riguardano in realtà principi processuali cui gli Stati membri non possono derogare e che sono essenziali per garantire i diritti della difesa e il rispetto del diritto a un processo equo, in particolare delle persone nei cui confronti una decisione è stata emanata in contumacia.

21.      Benché il legislatore dell’Unione debba, conformemente all’articolo 82, paragrafo 2, primo comma, ultima frase, TFUE, tener conto delle tradizioni giuridiche e degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, con la conseguenza che non può essere imposto un sistema processuale unico, tali sistemi processuali nazionali devono tuttavia rispettare non soltanto i principi di cui trattasi, salvo ostacolare l’esercizio del diritto di presenziare al processo riconosciuto all’imputato, ma anche il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie di condanna in contumacia di detta persona (8).

22.      È in tale contesto che il giudice del rinvio si rivolge alla Corte. Infatti dalla decisione di rinvio emerge che, nella misura in cui la cooperazione transfrontaliera potrà risultare necessaria, essa mira a garantire che la decisione di condanna, che sarà pronunciata dal giudice del rinvio al termine del procedimento condotto in assenza di VB, rispetti le garanzie processuali a quest’ultimo riconosciute così da assicurare che detta decisione possa essere riconosciuta dalle autorità giudiziarie degli altri Stati membri nell’ambito dell’esecuzione di un eventuale mandato d’arresto europeo (9).

23.      A tal fine, detto giudice solleva numerose questioni pregiudiziali vertenti sulle modalità di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 4, e dell’articolo 9 della direttiva 2016/343, che propongo alla Corte di riunire al fine del loro esame.

A.      Sull’esame delle condizioni che disciplinano il riconoscimento di un diritto a un nuovo processo (terza, quarta, settima e ottava questione pregiudiziale)

24.      Il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare a quali condizioni esso possa riconoscere che le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 non sono soddisfatte, e che invece lo sono quelle relative al riconoscimento di un diritto a un nuovo processo, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, e dell’articolo 9 della direttiva 2016/343. Mentre, con la sua ottava questione, il giudice del rinvio si chiede se detto esame debba essere condotto anche quando l’imputato è stato oggetto di una decisione di assoluzione, con la sua terza questione esso si interroga su quali siano «il primo e l’ultimo momento possibile» in cui detto esame deve essere compiuto e, con la sua quarta questione, se, ai fini di tale esame, sia necessario tener conto delle osservazioni sia dell’accusa che dell’avvocato della difesa.

25.      L’analisi di ciascuna di tali questioni impone di ricordare, in via preliminare, il senso e la portata della valutazione richiesta dall’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343.

26.      Gli articoli 8 e 9 della direttiva 2016/343 istituiscono un regime giuridico che garantisce all’indagato o imputato nel procedimento penale il diritto di presenziare al processo (10). Mentre l’articolo 8, paragrafo 1, di detta direttiva impone allo Stato membro di garantire il rispetto del diritto di presenziare al processo, il suo articolo 8, paragrafi 2 e 4, prevede invece due regimi giuridici che consentono allo Stato membro di pronunciarsi nel merito di un’accusa al termine di un procedimento condotto in assenza dell’imputato, garantendo nel contempo l’effettivo rispetto del diritto a un processo riconosciuto a quest’ultimo.

27.      Il regime previsto all’articolo 8, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2016/343, letto alla luce dei considerando da 35 a 37 della medesima, riguarda il caso in cui uno Stato membro può prevedere che un processo possa essere condotto e possa dar luogo a una «decisione sulla colpevolezza o innocenza» dell’imputato e si possa dar esecuzione a tale decisione senza prevedere il diritto a un nuovo processo, poiché la persona di cui trattasi ha rinunciato volontariamente e in modo inequivocabile a presenziare al processo o a difendersi, alle condizioni stabilite al paragrafo 2 di detto articolo. Qualsiasi rinuncia al diritto di comparire o difendersi implica pertanto l’esecuzione della decisione pronunciata a seguito del processo condotto in contumacia e l’impossibilità per l’imputato di contestare tale decisione e di chiedere una nuova pronuncia.

28.      Per contro il regime previsto all’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 presuppone che non sia stato possibile soddisfare le condizioni enunciate all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva poiché l’imputato non ha potuto essere rintracciato nonostante gli sforzi profusi dalle autorità competenti. Esso consente allo Stato membro di prevedere che tale persona possa essere giudicata in sua assenza e che «una decisione» possa essere adottata, a condizione che ella sia debitamente informata della facoltà di impugnare detta decisione e del diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, in conformità all’articolo 9 di detta direttiva (11).

29.      È alla luce di queste considerazioni che occorre rispondere alle questioni del giudice del rinvio.

1.      Sui beneficiari del diritto a un nuovo processo

30.      Con la sua ottava questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare se le disposizioni relative al diritto all’informazione e al diritto a un nuovo processo, previste rispettivamente all’articolo 8, paragrafo 4, e all’articolo 9 della direttiva 2016/343, siano applicabili quando l’imputato è stato oggetto di una decisione di assoluzione pronunciata in contumacia.

31.      Il giudice del rinvio sottolinea infatti che, contrariamente all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, che stabilisce le condizioni in cui «una decisione di colpevolezza o innocenza dell’indagato o imputato» (12) può essere eseguita al termine di un processo tenutosi in sua assenza, una siffatta precisazione non figura né all’articolo 8, paragrafo 4, di detta direttiva, che disciplina i casi in cui «[gli Stati membri possono] consentire comunque l’adozione di una decisione e l’esecuzione della stessa» (13), né all’articolo 9 della medesima, che fissa le condizioni in cui «la decisione originaria» (14) può essere riformata in ragione dello svolgimento di un nuovo processo.

32.      Mi sembra anzitutto che tale questione riguardi un’ipotesi del tutto teorica che vedrebbe una persona assolta in sua assenza contestare la decisione di assoluzione e chiedere un nuovo processo con il rischio, questa volta, di essere condannata.

33.      Inoltre, tenuto conto del rapporto che il legislatore dell’Unione ha previsto tra l’articolo 8, paragrafo 2, l’articolo 8, paragrafo 4, e l’articolo 9 della direttiva 2016/343, non vi è dubbio che tali disposizioni formino un tutt’uno che deve essere letto e interpretato nel suo insieme. Dai lavori preparatori di detta direttiva emerge così che il legislatore ha inteso definire il campo di applicazione delle disposizioni che disciplinano lo svolgimento di un processo in contumacia e, segnatamente, le garanzie procedurali ad esso associate come comprendente tutti i procedimenti penali il cui oggetto è valutare «la colpevolezza dell’imputato (che la decisione finale sia di condanna o di assoluzione)» (15).

34.      Infine escludere, in linea di principio, la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia dal diritto a un nuovo processo per il fatto che beneficia di un’assoluzione porterebbe a disattendere, in maniera evidente, il senso e la finalità del diritto di presenziare al processo e a pregiudicare l’equità del procedimento di cui esso costituisce un elemento essenziale (16). Infatti, pur beneficiando di un’assoluzione tale persona potrebbe considerarsi privata della possibilità di essere «sentita» dal giudice e di essere messa a confronto con i testimoni e/o le vittime, aspetto che costituisce un elemento essenziale di un processo penale (17).

35.      Alla luce di questi elementi concludo che l’articolo 8, paragrafo 4, e l’articolo 9 della direttiva 2016/343 devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alla persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di assoluzione in contumacia.

2.      Sulle modalità processuali dell’esame da cui dipende il riconoscimento del diritto a un nuovo processo

36.      Da una giurisprudenza consolidata risulta che la direttiva 2016/343 non realizza un’armonizzazione esaustiva del procedimento penale (18). Il legislatore dell’Unione, pur enunciando le condizioni sostanziali di cui uno Stato membro deve tener conto nello stabilire se la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia beneficerà o meno del diritto a un nuovo processo, in forza delle disposizioni previste all’articolo 9 di detta direttiva, non determina, per contro, con quali modalità processuali vadano valutate dette condizioni e, segnatamente, il contesto e i termini in cui tale valutazione deve inserirsi.

37.      Conformemente al principio di autonomia processuale, spetta pertanto allo Stato membro stabilire, in base alle peculiarità del suo sistema giuridico, le condizioni e le modalità processuali relative a tale esame a condizione, tuttavia, che tali modalità non siano, nelle situazioni rientranti nell’ambito del diritto dell’Unione, meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (19).

38.      Inoltre, come emerge dal considerando 47 della direttiva 2016/343, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi generali riconosciuti sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (20) che dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (21).

39.      È sulla base di questi elementi e, in particolare, alla luce del principio di effettività e del diritto a un equo processo che occorre valutare se uno Stato membro abbia previsto procedure che consentano il riconoscimento del diritto a un nuovo processo, dopo che l’autorità giurisdizionale si è pronunciata nel merito dell’accusa e ha pronunciato una decisione in contumacia (22).

40.      Il «primo momento» in cui lo Stato membro può prevedere procedure relative a detto esame è, a mio avviso, agevolmente identificabile, poiché corrisponde all’apertura del processo. Infatti, è solo a partire dal momento in cui constata che l’imputato non è comparso nel processo a suo carico e non è ivi rappresentato che l’autorità giurisdizionale può valutare in che misura detta persona abbia rinunciato in modo inequivocabile a presenziare o a difendersi e può condurre il procedimento penale in contumacia.

41.      Per contro, a mio parere l’«ultimo momento» coincide, in termini generali, con il momento in cui le autorità competenti intendono dare attuazione alla decisione pronunciata in contumacia, laddove non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343. Infatti il regime giuridico di cui all’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva in parola non consiste nel prevedere la possibilità di giudicare una persona in sua assenza, ma nel precisare le conseguenze legate all’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia, al di fuori delle condizioni previste all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva. Nell’ambito della procedura penale, l’esecuzione di una decisione di condanna presuppone che questa sia esecutiva e definitiva. Ove l’autorità giurisdizionale si sia pronunciata nel merito dell’accusa e abbia emanato una decisione in contumacia, qualora non si sia accertato che l’imputato ha rinunciato a comparire o a difendersi, l’esecuzione di detta decisione sarà possibile solo se detta persona non si avvale dei mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale o non chiede un nuovo processo. In tali circostanze, ritengo che nulla impedisca a uno Stato membro di prevedere una procedura con la quale le autorità competenti esaminino le condizioni che disciplinano il riconoscimento del diritto a un nuovo processo in una fase successiva del procedimento penale, dopo che l’autorità giurisdizionale ha emanato una decisione in contumacia, a condizione che l’esecuzione di detta decisione sia sospesa sino al termine di tale esame.

42.      Tuttavia, posto che il giudice del rinvio chiede alla Corte di indicare quale sia l’«ultimo momento» in cui è per esso possibile, quale giudice chiamato a pronunciarsi nel merito dell’accusa, verificare se le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343 siano soddisfatte, così da informare, se del caso, l’imputato della possibilità di contestare la decisione che andrà a pronunciare e del suo diritto a un nuovo processo, tale «ultimo momento» è quello in cui detto giudice emanerà la decisione con cui si pronuncerà sulla colpevolezza o sull’innocenza di detta persona, poiché in seguito esso avrà esaurito la propria cognizione della controversia.

43.      Occorre ora analizzare in che misura il giudice debba tener conto delle osservazioni dell’accusa e di quelle dell’avvocato della difesa ai fini dell’esame delle condizioni enunciate all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343.

44.      Ricordo che tale esame rappresenta una fase essenziale del procedimento penale poiché dal suo esito dipendono sia l’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia, sia lo svolgimento di un nuovo processo. L’esame di cui trattasi deve pertanto avvenire nel rispetto delle garanzie procedurali che assicurano la salvaguardia dei diritti della difesa, di cui all’articolo 47 della Carta.

45.      Da una giurisprudenza costante emerge che il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa, implica, in particolare, che le parti di un processo devono avere il diritto di conoscere tutti i documenti o le osservazioni presentati al giudice al fine di influire sulla sua decisione, nonché quello di discuterli (23). Quanto al principio della parità delle armi, che costituisce un corollario della nozione stessa di equo processo, esso implica l’obbligo di offrire a ciascuna parte una possibilità ragionevole di esporre la propria causa, comprese le proprie prove, in condizioni che non la collochino in una posizione di netto svantaggio rispetto al proprio avversario (24).

46.      Nell’ambito di una procedura volta a stabilire se fossero soddisfatte le condizioni enunciate all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, l’imputato deve poter essere sentito e poter far valere in maniera efficace, se del caso, per il tramite del proprio avvocato, l’insieme dei motivi che giustificano il riconoscimento, a suo favore, del diritto a un nuovo processo, tanto più che il fatto che vi sia un avvocato a rappresentarlo è, in linea di principio, idoneo a dimostrare che egli intende far valere il suo diritto a difendersi (25).

47.      Alla luce della natura dell’esame condotto dall’autorità competente, l’imputato deve poter discutere in contraddittorio gli elementi di fatto decisivi ai fini dell’esito del procedimento. Egli deve, segnatamente, essere sentito per stabilire se fosse a conoscenza della natura e della causa dell’accusa che gli è stata mossa e per determinare in che misura tale accusa gli sia stata notificata personalmente o egli sia stato citato nella debita forma. Tale esame impone pertanto all’autorità competente di accertare l’esistenza o meno di una rinuncia sulla base di fatti precisi, oggettivi e rilevanti. In tale contesto, le osservazioni formulate sia dall’accusa che dalla difesa sembrano essenziali e possono esercitare un’influenza determinante sulla valutazione delle condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343.

48.      Alla luce di questi elementi ritengo che l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che lo Stato membro può prevedere procedure relative all’esame delle condizioni che disciplinano il riconoscimento del diritto a un nuovo processo, enunciate all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, dopo che l’autorità giurisdizionale ha pronunciato una decisione in contumacia a carico dell’imputato, a condizione che l’esecuzione di detta decisione sia sospesa sino al termine di tale esame e che l’autorità competente senta, a tal fine, sia l’accusa che la difesa.

49.      Tuttavia, anche in questo caso il giudice del rinvio sembra immaginare il momento in cui dovrà pronunciarsi in contumacia e desidera sapere se, per accertare il soddisfacimento o il mancato soddisfacimento delle condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, esso debba acquisire la posizione dell’accusa e dell’avvocato nominato a difendere gli interessi dell’imputato. A mio avviso, trovano applicazione i principi enunciati nel precedente paragrafo delle presenti conclusioni.

3.      Sulle modalità processuali relative al riconoscimento del diritto a un nuovo processo previste all’articolo 423 NPK

50.      Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, sostanzialmente, se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, e l’articolo 9 della direttiva 2016/343 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un sistema processuale nazionale in cui, per beneficiare del diritto a un nuovo processo, la persona nei cui confronti è stata pronunciata in contumacia una decisione di condanna a una pena detentiva è tenuta, ove non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, a presentare una domanda di riapertura del procedimento penale dinanzi al Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) e a comparire personalmente dinanzi ad esso.

51.      Un sistema processuale come quello controverso non mi sembra di per sé criticabile, non soltanto per le ragioni illustrate al paragrafo 41 delle presenti conclusioni, ma anche per rispetto della norma stabilita dall’articolo 82, paragrafo 2, TFUE, vale a dire che le norme adottate sulla base di tale disposizione devono tener conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

52.      Occorre tuttavia che tale sistema processuale rispetti, in fase di attuazione, le condizioni che disciplinano il riconoscimento del diritto a un nuovo processo previste dall’articolo 8, paragrafi 2 e 4, e dall’articolo 9 della direttiva 2016/343, come interpretate dalla Corte, e consenta, in ragione di dette caratteristiche, alla persona che è stata condannata in contumacia, quando non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, di esercitare pienamente i suoi diritti della difesa, aspetto questo che occorre qui esaminare (26).

53.      Orbene, fatte salve le verifiche che spetterà al giudice del rinvio compiere, mi sembra che le caratteristiche di questo sistema, quali risultano dalla decisione di rinvio, non consentano di garantire il rispetto dei diritti processuali di detta persona.

54.      Ricordo che la domanda di riapertura del procedimento penale costituisce una fase particolare di detto procedimento, la cui importanza può rivelarsi essenziale per la persona che è stata condannata in contumacia a una pena detentiva. La facoltà di presentare una siffatta domanda è di conseguenza determinante tanto più che, non essendo più possibile proporre appello, si tratta del solo rimedio giurisdizionale disponibile per pervenire a una nuova valutazione della causa nel merito (27).

55.      Orbene, a norma dell’articolo 423, paragrafo 2, NPK, la presentazione di una domanda di riapertura del procedimento penale non ha effetto sospensivo «salvo che il giudice disponga diversamente». Di per sé, una siffatta modalità mi sembra contraria al principio secondo cui una decisione di condanna pronunciata in contumacia non può costituire oggetto di esecuzione immediata fino a quando non si sia stabilito se l’interessato abbia diritto o meno a un nuovo processo.

56.      Inoltre, dall’articolo 423, paragrafo 3, NPK emerge che l’esame della domanda di riapertura del procedimento penale esige, in linea di principio, la comparizione personale della persona condannata in contumacia (28). Detto procedimento viene infatti chiuso quando quest’ultima non compare personalmente dinanzi al giudice competente, a meno che non fornisca un valido motivo.

57.      A prescindere dalla natura di tale motivo e dalla misura in cui detta persona potrebbe farsi rappresentare da un avvocato, un siffatto obbligo equivale a subordinare il diritto a un nuovo processo, garantito dall’articolo 9 della direttiva 2016/343, a una condizione che non è prevista dal legislatore dell’Unione.

58.      Tale obbligo può certamente rispondere alla preoccupazione legittima di non ostacolare indebitamente l’efficacia dell’azione penale e la buona amministrazione della giustizia (29). Nel contesto di una domanda di riapertura del procedimento penale, non si può in effetti rimproverare a uno Stato membro di voler evitare che detta domanda sia proposta indebitamente, alla leggera e in maniera immotivata, al fine di ostacolare l’esecuzione di una decisione emanata in contumacia. Non gli si può nemmeno rimproverare di privilegiare l’audizione personale dell’imputato per valutare le ragioni che ne abbiano giustificato l’assenza dal processo. Come riconosce la Corte europea dei diritti dell’uomo, la comparizione è importante in ragione sia del diritto dell’imputato di essere sentito e di fornire al giudice la «sua versione dei fatti» (30), sia della necessità di verificare la correttezza delle sue affermazioni (31).

59.      Tuttavia, un siffatto obbligo può comportare una restrizione particolarmente grave del diritto di beneficiare di un nuovo processo quando l’imputato è condannato a una pena detentiva. Infatti, in un caso del genere sembra che detta persona, ove intenda beneficiare di un nuovo processo, non abbia altra scelta che comparire personalmente e, di conseguenza, consegnarsi ai fini dell’arresto in esecuzione della sentenza pronunciata in contumacia, poiché la sua assenza «senza un valido motivo» comporterebbe, conformemente all’articolo 423, paragrafo 3, NPK, la chiusura del procedimento e, quindi, la sua rinuncia a un nuovo processo. Posto che la domanda di riapertura del procedimento penale non ha effetto sospensivo, detta persona sarebbe, in linea di principio, sottoposta ad arresto ai fini dell’esecuzione della pena pronunciata in contumacia «salvo che il giudice disponga diversamente», e ciò quand’anche l’autorità giurisdizionale competente non abbia ancora stabilito se detta persona avesse rinunciato a comparire o a difendersi. Aggiungo peraltro che, in caso di rigetto di detta domanda, la decisione di condanna diverrebbe irrevocabile, poiché il termine di impugnazione è scaduto e la decisione con cui il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione) respinge la domanda di riapertura del procedimento penale non è, dal canto suo, impugnabile.

60.      Tenuto conto dell’importanza della domanda di riapertura del procedimento penale che può rivelarsi essenziale per la persona condannata in contumacia a una pena detentiva, ritengo che il requisito della comparizione personale, nella misura in cui costituisce una condizione preliminare e obbligatoria dell’esame della domanda e, quindi, della riapertura del procedimento penale, non giustifichi il fatto che detta persona venga privata del suo diritto a un nuovo processo ove non vi compaia personalmente. Una siffatta modalità, unitamente ad altre caratteristiche di tale procedura, può comportare una restrizione eccessiva dei diritti della difesa della persona condannata in contumacia, tanto più che, come sottolinea il giudice del rinvio, l’articolo 423 NPK enuncia l’unico rimedio giurisdizionale disponibile contro una condanna in contumacia una volta che quest’ultima abbia acquisito, il sedicesimo giorno dopo la sua pronuncia, efficacia di giudicato.

61.      Tale interpretazione si inserisce nella linea giurisprudenziale tracciata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di cui occorre qui tener conto (32). Quest’ultima dichiara che il diritto a un nuovo processo prevale sull’importanza della comparizione dinanzi al giudice della persona condannata in contumacia. Il fatto che l’imputato, benché debitamente informato, non compaia, perché impedito a farlo o perché per ragioni personali preferisce astenersi, non può, a suo avviso, persino in mancanza di giustificazioni, legittimare il fatto che sia privato del diritto di beneficiare di un nuovo processo. Detta Corte dichiara altresì che la norma in forza della quale la persona condannata in contumacia non può farsi rappresentare da un avvocato risulta anch’essa manifestamente sproporzionata, poiché finisce col sanzionare la mancata comparizione del ricorrente con il divieto assoluto di qualsiasi forma di difesa (33).

62.      La Corte europea dei diritti dell’uomo dichiara altresì sproporzionata l’imposizione di un siffatto obbligo per ottenere un nuovo processo se le autorità nazionali procedono, inoltre, all’esecuzione della decisione di condanna emanata in contumacia (34). A suo avviso, una siffatta modalità equivale a subordinare il beneficio del diritto a un equo processo a una «sorta di cauzione, la libertà fisica dell’interessato», e mira a sostituire a procedure che ricadono nell’esercizio dei poteri di polizia un obbligo che grava sull’accusato stesso (35). Orbene, benché l’intento di assicurare l’esecuzione delle decisioni giudiziarie sia in sé legittimo, detta Corte dichiara che le autorità nazionali dispongono di altri mezzi che consentano loro di garantire la presenza della persona condannata (36). Pertanto, a suo avviso, a prescindere da quale sia la durata, anche breve, della detenzione, non si può ipotizzare che una persona libera che intenda beneficiare del diritto di essere nuovamente giudicata alle condizioni di cui all’articolo 6 della CEDU sia tenuta a costituirsi ai fini dell’arresto in esecuzione della decisione di condanna pronunciata in contumacia, dal momento che una siffatta modalità viola il principio della presunzione di innocenza (37).

63.      Nella sentenza Khalfaoui c. Francia, in cui si discuteva di una disposizione del codice di procedura penale francese in forza della quale l’inosservanza dell’obbligo di presentarsi era sanzionato con la decadenza dal ricorso in cassazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, «[t]enuto conto dell’importanza del controllo finale operato dalla Cour de cassation [Francia] in materia penale e della posta in gioco di detto controllo per chi può essere stato condannato a una pesante pena detentiva, la Corte ritiene che si tratti di una sanzione particolarmente grave alla luce del diritto di adire un giudice garantito dall’articolo 6 della [CEDU]» (38). Essa ha inoltre dichiarato che «l’irricevibilità di un ricorso in cassazione, fondata unicamente (...) sul fatto che il ricorrente non si sia costituito ai fini dell’arresto in esecuzione della decisione giudiziaria oggetto di impugnazione, costringe l’interessato ad autoinfliggersi fin da subito la privazione di libertà risultante dalla decisione impugnata, benché tale decisione non possa essere considerata definitiva fino a che non sia intervenuta una pronuncia sull’impugnazione o non sia decorso il termine di impugnazione» (39). La suddetta Corte ha ritenuto che si ledesse così «la sostanza stessa del diritto di ricorso, imponendo al ricorrente un onere sproporzionato, rompendo il giusto equilibrio che deve esistere tra, da un lato, il legittimo intento di garantire l’esecuzione delle decisioni giudiziarie e, dall’altro, il diritto di ricorrere al giudice di cassazione e l’esercizio dei diritti della difesa» (40).

64.      Di conseguenza, benché il sistema processuale di cui trattasi non mi sembri criticabile per il fatto che esige che l’imputato presenti, dinanzi all’autorità giudiziaria competente, una domanda di riapertura del procedimento penale al fine di beneficiare di un nuovo processo, ritengo, per contro, che talune caratteristiche di detta procedura e, in particolare, il fatto che essa non abbia effetto sospensivo e che richieda la comparizione personale di detta persona non consentano di garantire a quest’ultima un esercizio effettivo dei diritti della difesa, segnatamente del diritto di presenziare al processo.

65.      Alla luce di tutti questi elementi ritengo che l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, e l’articolo 9 della direttiva 2016/343 debbano essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro preveda una procedura che esige dalla persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia, quando non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, la presentazione, dinanzi all’autorità competente, di una domanda di riapertura del procedimento penale affinché detta autorità valuti, alla luce delle condizioni enunciate all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva, se la persona di cui trattasi benefici del diritto a un nuovo processo, a condizione che le caratteristiche di detta procedura consentano di garantire a quest’ultima il diritto di presenziare al processo e l’esercizio effettivo dei suoi diritti della difesa.

66.      Per contro, l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, e l’articolo 9 della direttiva 2016/343 devono essere interpretati nel senso che essi ostano alla norma secondo cui una siffatta procedura non produrrebbe effetti sospensivi e imporrebbe, inoltre, la comparizione personale della persona condannata in contumacia a una pena detentiva.

B.      Sulla portata e sul contenuto del diritto all’informazione della persona condannata in contumacia (prima, seconda e quinta questione pregiudiziale)

67.      Con la sua prima, seconda e quinta questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, essenzialmente, se l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che una persona nei cui confronti è stata pronunciata, in contumacia, una decisione di condanna a una pena detentiva non sia informata, all’atto del suo arresto, né di detta decisione, né della possibilità di impugnarla, né del suo diritto a un nuovo processo o a un altro rimedio giurisdizionale laddove non si sia accertato, tenuto conto delle condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva, che ella ha rinunciato a comparire o a difendersi. Tale giudice si interroga parimenti sulla forma e sul contenuto che devono avere tali informazioni.

68.      Il suddetto giudice sottopone tali questioni nella misura in cui, in applicazione della normativa bulgara, la decisione resa in contumacia non sarebbe notificata all’imputato, il quale non sarebbe quindi informato dei suoi diritti processuali e, in particolare, della possibilità di introdurre una domanda di riapertura del procedimento penale sulla base dell’articolo 423 NPK.

69.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio si chiede pertanto in che misura uno Stato membro sia tenuto a prevedere procedure volte ad assicurare che, al momento dell’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia nei confronti di detta persona o all’atto del suo arresto, quest’ultima sia informata di tale decisione, se del caso garantendo che le sia fornita copia del testo integrale della medesima.

70.      Inoltre, con la sua seconda questione esso chiede alla Corte di formulare precisazioni quanto alle modalità con cui uno Stato membro deve soddisfare il suo obbligo di informazione in un sistema processuale come quello di cui trattasi nell’ambito del quale, all’atto dell’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia o dell’arresto della persona condannata in contumacia, le autorità competenti non si siano ancora espresse sull’esistenza del diritto a un nuovo processo, essendo tale diritto riconosciuto in una fase successiva, in esito all’esame di una domanda di riapertura del procedimento penale che detta persona è tenuta a presentare.

1.      Sul quadro in cui vanno esaminate le questioni

71.      In forza dell’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343, lo Stato membro garantisce che la persona nei cui confronti è stata adottata una decisione in contumacia, una volta informata di detta decisione, in particolare quando sia arrestata, sia informata anche della facoltà di impugnare la decisione e del diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale.

72.      Dai termini di detta disposizione emerge inequivocabilmente che il legislatore dell’Unione pone a carico dello Stato membro un preciso obbligo di risultato, quello di garantire che la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia sia messa al corrente dei suoi diritti processuali nel momento in cui è informata di detta decisione e, al più tardi, all’atto dell’esecuzione della stessa, segnatamente quando, in caso di condanna a una pena detentiva, detta persona è sottoposta ad arresto. Si tratta di una norma minima, che verte su un principio processuale essenziale per il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a un processo equo riconosciuti a detta persona, cui lo Stato membro non può derogare.

73.      A mio avviso, non vi è quindi alcun dubbio che l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 osta a che una persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia, quando non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, non sia informata, all’atto dell’esecuzione di detta decisione o all’atto del suo arresto, né della decisione in parola, né della possibilità di impugnarla, né del suo diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso. Infatti, una situazione siffatta finisce col privare di ogni efficacia i diritti della difesa di cui detta persona gode e col privare di contenuto il diritto a un nuovo processo, sancito all’articolo 9 della direttiva di cui trattasi.

74.      Per contro, l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343 non ha né per oggetto, né per obiettivo di stabilire le modalità di detto dovere di informazione e, in particolare, le modalità con cui l’imputato debba, all’atto dell’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia o al momento del suo arresto, essere informato, da un lato, di detta decisione e, dall’altro, del suo diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale.

75.      A mio avviso, dette particolari modalità devono essere valutate alla luce delle disposizioni generali previste dalla direttiva 2012/13 sul diritto all’informazione degli indagati e degli imputati nei procedimenti penali, cui fa riferimento il considerando 8 della direttiva 2016/343 (41). Come emerge dal considerando 25 della direttiva 2012/13, quest’ultima è strettamente legata alla direttiva 2010/64/UE (42), che conferisce a chi, tra dette persone, non parli o non comprenda la lingua del procedimento penale in cui è implicato un diritto all’interpretazione e alla traduzione delle informazioni in tal modo comunicate.

76.      Conformemente al suo articolo 1, la direttiva 2012/13 mira a stabilire norme minime comuni relative al diritto delle persone indagate o imputate di essere informate dei loro diritti nei procedimenti penali e dell’accusa elevata a loro carico (43). In base alla giurisprudenza della Corte, il diritto menzionato in detto articolo 1 riguarda, quantomeno, due diritti distinti (44).

77.      Il primo è il diritto riconosciuto agli indagati o imputati di essere informati, «quantomeno», di determinati diritti processuali, nelle forme vigenti nel diritto nazionale. Detto diritto è riconosciuto all’articolo 3 della direttiva 2012/13 ed è muovendo da questa disposizione che esaminerò le modalità relative al rispetto del diritto di essere informati del proprio diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, sancito all’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343.

78.      Il secondo è il diritto all’informazione sull’accusa, riconosciuto dall’articolo 6 della direttiva 2012/13. Esaminerò alla luce di quest’ultimo articolo le condizioni alle quali la persona condannata in contumacia debba, all’atto dell’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia nei suoi confronti o al momento del suo arresto, essere informata di detta decisione.

79.      Al fine di garantire l’effettività del diritto all’informazione in tal modo disciplinato, l’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2012/13 sancisce che le persone indagate o imputate o i loro avvocati devono avere il diritto di impugnare, secondo le procedure del diritto nazionale, l’eventuale rifiuto delle autorità competenti di fornire le informazioni di cui alla suddetta direttiva.

2.      Sull’informazione relativa alla decisione di condanna pronunciata in contumacia

80.      Dalla formulazione dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 emerge inequivocabilmente che detto articolo non ha né per oggetto, né per obiettivo di stabilire le modalità con cui uno Stato membro deve garantire, quando procede all’esecuzione di una decisione pronunciata in contumacia o all’arresto di una persona destinataria di tale decisione, che quest’ultima sia informata della medesima. Imponendo allo Stato membro di prevedere che l’imputato sia messo al corrente dei suoi diritti processuali quando è «informato» della decisione pronunciata nei suoi confronti, «in particolare quando [sia] arrestato», il legislatore dell’Unione non ha inteso esigere che esso fornisca una copia del testo integrale di detta decisione, unitamente a una comunicazione dei diritti, nel momento stesso in cui dà esecuzione a tale decisione o procede all’arresto di detta persona.

81.      Tali modalità devono, a mio avviso, essere determinate alla luce delle norme relative al diritto all’informazione sull’accusa, previste all’articolo 6 della direttiva 2012/13, e di quelle concernenti il diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine, sancite all’articolo 7 di detta direttiva.

82.      Nella sentenza del 15 ottobre 2015, Covaci (45), la Corte ha dichiarato che, alla luce segnatamente degli articoli 2, 3 e 6 della direttiva 2012/13, la notifica di un decreto penale di condanna, come quello previsto dal diritto tedesco, deve essere considerata una forma di comunicazione dell’accusa a carico dell’interessato, per cui essa deve rispettare i requisiti stabiliti da detto articolo 6 (46). Ricordo che, in base al diritto tedesco, il decreto penale di condanna è una decisione provvisoria emessa da un giudice su domanda del pubblico ministero per reati minori, in relazione ai quali non è richiesta la comparizione fisica dell’imputato. Detto decreto, che si inserisce nel quadro di un procedimento penale semplificato, senza udienza, acquisisce il carattere di sentenza avente forza di giudicato alla scadenza di un termine di opposizione di due settimane decorrenti dalla notifica di tale decreto penale, se del caso ai domiciliatari dell’imputato (47).

83.      Per ragioni simili a quelle accolte dalla Corte in detta sentenza, ritengo che, quando non si sia accertato che l’imputato ha rinunciato a comparire o a difendersi, l’informazione relativa a una decisione pronunciata in contumacia debba essere considerata come una forma di comunicazione dell’accusa elevata a carico di detta persona, cosicché l’informazione di cui trattasi deve rispettare i requisiti previsti all’articolo 6 della direttiva 2012/13.

84.      Da un lato, dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2012/13 emerge che il legislatore dell’Unione ha chiaramente previsto l’applicazione di detta direttiva per l’intera durata del procedimento penale, dai primi sospetti sino alla pronuncia della sentenza, se del caso, dopo l’esaurimento dei rimedi giurisdizionali (48).

85.      Dall’altro, nell’ambito di un procedimento condotto in contumacia in applicazione dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343, all’atto dell’emanazione della decisione non è noto se l’imputato abbia inteso rinunciare a comparire o a difendersi, cosicché detta informazione può rappresentare, in realtà, la prima occasione per tale persona di essere informata dell’accusa elevata nei suoi confronti. Ciò trova conferma nel fatto che detta persona, se non soddisfa le condizioni enunciate nell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva in parola, può ottenere la riapertura del procedimento o l’accesso a un mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente, nell’ambito del quale possa esercitare pienamente i suoi diritti della difesa prima che l’autorità giurisdizionale si pronunci di nuovo sulla fondatezza dell’accusa in punto di fatto e di diritto.

86.      Ritengo pertanto che il diritto all’informazione sull’accusa, previsto all’articolo 6 della direttiva 2012/13, comporti per la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia, allorquando non si è accertato che ella ha rinunciato a comparire o a difendersi, anche il diritto di essere informata di detta decisione.

87.      Certo, come riconosciuto dalla Corte, la direttiva 2012/13 non disciplina le modalità con cui l’informazione sull’accusa, prevista dal suo articolo 6, debba essere comunicata all’imputato (49). L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva prevede che lo Stato membro assicura che alla persona indagata o imputata siano fornite tempestivamente e con tutti i dettagli necessari informazioni sul reato che la stessa è sospettata o accusata di aver commesso, al fine di garantire l’equità del procedimento e l’esercizio effettivo dei diritti della difesa. Il paragrafo 2 di tale articolo riguarda specificamente l’indagato o l’imputato che sia arrestato o detenuto. In tal caso, lo Stato membro assicura che detta persona sia informata dei motivi del suo arresto o della sua detenzione, e anche del reato per il quale è indagata o imputata. Infine, conformemente al paragrafo 3 dell’articolo in esame, lo Stato membro garantisce che, al più tardi al momento in cui il merito dell’accusa è sottoposto all’esame di un’autorità giudiziaria, siano fornite informazioni dettagliate sull’accusa, inclusa la natura e la qualificazione giuridica del reato, nonché la natura della partecipazione allo stesso dell’accusato.

88.      In considerazione del margine di discrezionalità che il legislatore dell’Unione riconosce agli Stati membri, compete a questi ultimi definire, tenuto conto delle caratteristiche del loro sistema processuale, in che modo la persona nei cui confronti è stata emanata una decisione in contumacia debba essere informata della medesima. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che dette modalità non devono, tuttavia, recare pregiudizio all’obiettivo perseguito, in particolare, dall’articolo 6 della direttiva 2012/13, che consiste, come emerge altresì dal considerando 27 della stessa, nel consentire a tale persona di predisporre la propria difesa e garantire l’equità del procedimento (50).

89.      Nel caso particolare in cui l’imputato sia arrestato in esecuzione di una decisione di condanna pronunciata in contumacia, quando non si sia accertato che aveva rinunciato a comparire o a difendersi, l’informazione che egli riceve all’atto stesso del suo arresto è volta, segnatamente, a informarlo dei motivi del suo arresto e delle accuse elevate contro di lui, ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2012/13, nonché dei suoi diritti processuali.

90.      Tale finalità non richiede, a mio avviso, di imporre allo Stato membro di assicurare che le autorità competenti, quando procedono all’esecuzione della decisione pronunciata in contumacia o all’arresto dell’imputato, adempiano il loro obbligo di informazione fornendogli, all’atto di detta esecuzione o di detto arresto, una copia del testo integrale di tale decisione. Un siffatto obbligo non è necessario. Sembra essere sufficiente la mera informazione circa il contenuto di detta decisione e il fatto che essa è stata emanata in assenza di tale persona.

91.      Per contro, come osserva il giudice del rinvio, alla luce del diritto a un ricorso effettivo, la persona condannata in contumacia dovrà essere messa pienamente  a conoscenza dei motivi che giustificano la sua condanna. Lo Stato membro dovrà quindi prevedere che le autorità competenti prestino particolare cura nell’informare rapidamente e ufficialmente detta persona della decisione di condanna pronunciata in contumacia nei suoi confronti attraverso, ad esempio, una procedura di notificazione o comunicazione (51). Infatti, tale decisione diverrà esecutiva solo a partire dal momento in cui detta persona ne sarà stata informata ufficialmente, una volta scaduto il termine per esercitare i rimedi giurisdizionali, che inizia a decorrere, in linea di principio, con l’espletamento di detta procedura e dopo che tale persona ha rinunciato al suo diritto a un nuovo processo o dopo che un siffatto diritto le è stato negato. Inoltre, come segnala il giudice del rinvio, dall’articolo 4 bis, paragrafo 1, lettera d), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (52), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (53), emerge che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo se detto mandato precisa, in particolare, che l’interessato riceverà senza indugio, dopo la consegna, la notifica della decisione pronunciata in contumacia.

92.      Infine aggiungo che, in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2012/13, qualora una persona sia arrestata e detenuta in una qualunque fase del procedimento penale, lo Stato membro deve provvedere a mettere a sua disposizione i documenti relativi alla causa che sono essenziali per impugnare effettivamente, conformemente al diritto nazionale, la legittimità dell’arresto o della detenzione. Orbene, come precisa la direttiva 2010/64, la decisione di condanna o la «sentenza» costituisce un documento fondamentale, di cui si rende necessaria la comunicazione, e peraltro la traduzione, per consentire alla persona condannata di esercitare i suoi diritti della difesa e al fine di tutelare l’equità del procedimento (54).

93.      Alla luce di questi elementi ritengo che l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che le autorità competenti di uno Stato membro, qualora procedano all’esecuzione di una decisione pronunciata in contumacia o all’arresto di una persona nei cui confronti tale decisione è stata emanata, sono tenute a informare detta persona dell’accusa elevata nei suoi confronti, inclusi i motivi della sua condanna, conformemente alle disposizioni enunciate all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2012/13. Il rispetto di questa prescrizione non comporta l’obbligo, per lo Stato membro, di prevedere che, all’atto di tale esecuzione o di tale arresto, sia notificata all’interessato una copia del testo integrale della decisione di cui trattasi.

3.      Sull’informazione relativa al diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale

94.      Ricordo che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, di precisare le modalità relative al rispetto del diritto di essere informato in merito al proprio diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, sancito all’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343.

95.      In particolare, il giudice del rinvio desidera porre a confronto i principi sviluppati dalla Corte nella sentenza VB I con il sistema processuale bulgaro. Infatti, in tale sentenza, la Corte ha dichiarato che «la scelta delle modalità secondo cui [le informazioni relative al diritto ad un nuovo processo e alla possibilità di impugnare la decisione pronunciata in contumacia] devono essere messe a disposizione delle persone interessate è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, purché esse siano portate a conoscenza dell’interessato nel momento in cui quest’ultimo viene informato della decisione in questione» (55). Orbene, il giudice del rinvio osserva che, nel sistema processuale bulgaro, le autorità competenti si pronunciano sull’esistenza del diritto a un nuovo processo in esito all’esame di una domanda di riapertura del procedimento penale che deve essere presentata dalla persona condannata in contumacia.

96.      Nella sentenza VB Ila Corte ha dichiarato che l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343 non determina le modalità precise con cui la persona condannata in contumacia deve essere informata del suo diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale (56). Solo il considerando 39 della medesima direttiva precisa che detta informazione dovrebbe essere fornita per iscritto oppure oralmente, a condizione, in quest’ultimo caso, che il fatto che tali informazioni sono state fornite sia verbalizzato conformemente alla procedura prevista dal diritto nazionale (57).

97.      Per rispondere alla questione sollevata dal giudice del rinvio occorre, in primo luogo, fare riferimento alle disposizioni previste dalla direttiva 2012/13. Infatti, posto che il diritto di essere informato del diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale costituisce un diritto processuale, l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343 deve essere letto alla luce delle disposizioni generali previste agli articoli 3 e 4 della direttiva 2012/13.

98.      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2012/13, esige che gli Stati membri assicurino che siano tempestivamente comunicate «informazioni concernenti almeno i (…) diritti processuali [elencati nelle lettere da a) ad e)], ai sensi del diritto nazionale, onde consentire l’esercizio effettivo di tali diritti» (58). Tale disposizione stila un elenco comprendente il diritto all’assistenza di un avvocato, il diritto al gratuito patrocinio e le condizioni per beneficiarne , il diritto di essere informato dell’accusa, il diritto all’interpretazione e alla traduzione, nonché il diritto al silenzio. Come testimonia l’impiego dell’espressione «almeno», il legislatore dell’Unione non ha inteso limitare i diritti processuali di cui gli indagati o gli imputati devono essere informati; tale direttiva, peraltro, si applica sino alla pronuncia della sentenza definitiva. Inoltre, dal considerando 20 della direttiva in parola emerge che tali norme «non pregiudica[no] le informazioni da fornire riguardo altri diritti processuali derivanti dalla Carta, dalla CEDU, dal diritto nazionale e dal diritto dell’Unione applicabile».

99.      In applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2012/13, tali informazioni devono essere «tempestivamente» portate a conoscenza dell’indagato o dell’imputato oralmente o per iscritto, in un linguaggio semplice e accessibile (59). All’atto dell’arresto o della carcerazione di detta persona, l’articolo 4 della direttiva in parola impone allo Stato membro di garantire che le sia notificata prontamente una comunicazione dei suoi diritti processuali, quali si applicano ai sensi del diritto nazionale. Tale comunicazione deve essere scritta, formulata in un linguaggio semplice e accessibile che l’interessato sia in grado di comprendere. Essa deve contenere le informazioni relative ai diritti processuali di cui all’articolo 3 della direttiva 2012/13, il cui elenco non è esaustivo, e ai diritti sanciti all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, della direttiva in parola, quali il diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine, oltre a informazioni sulle facoltà previste dal diritto nazionale di contestare, in particolare, la legittimità dell’arresto. Qualora le autorità competenti di uno Stato membro procedano all’arresto dell’imputato, in esecuzione di una decisione di condanna pronunciata in contumacia, ritengo che detta comunicazione scritta dei diritti possa contenere il diritto a un nuovo processo o a un altro rimedio giurisdizionale (60).

100. Per quanto attiene, in secondo luogo, al contenuto delle informazioni che devono essere comunicate, mi sembra che ciò debba essere valutato, da un lato, alla luce delle peculiarità della procedura nazionale di cui trattasi e, dall’altro, in funzione della finalità dell’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343, vale a dire garantire l’effettività dei diritti della difesa dell’imputato e il suo diritto a un nuovo processo, sancito all’articolo 9 della direttiva 2016/343.

101. Infatti, ho già osservato che il legislatore dell’Unione non intende imporre un sistema processuale unico in cui lo Stato membro sia tenuto a prevedere la necessità di organizzare un nuovo processo nella fase di pronuncia della decisione in contumacia. L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2012/13 indica peraltro espressamente che gli Stati membri comunicano all’imputato le informazioni relative ai suoi diritti processuali «ai sensi del diritto nazionale». Ciò comporta, in un sistema processuale come quello controverso, che la citata comunicazione dei diritti indichi alla persona condannata in contumacia la procedura messa a sua disposizione per consentirle di chiedere, conformemente all’articolo 9 della direttiva 2016/343, un nuovo processo.

102. Nel caso di specie, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 15, paragrafo 3, NPK gli fornisca una base giuridica sufficiente per consentirgli di adottare le misure necessarie al fine di assicurare che l’imputato sia informato dei suoi diritti processuali ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343. In tali circostanze, a mio avviso, nulla osta a che detto giudice precisi, nella decisione che pronuncia in contumacia, le modalità con cui l’imputato può chiedere un nuovo processo o un altro mezzo di ricorso giurisdizionale alle condizioni indicate all’articolo 9 di detta direttiva.

103. Alla luce di questi elementi, ritengo che l’articolo 8, paragrafo 4, seconda frase, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che le autorità competenti di uno Stato membro, quando procedono all’esecuzione di una decisione o all’arresto di una persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia, sono tenute, nell’ambito della comunicazione dei diritti di cui all’articolo 4 della direttiva 2012/13, a informarla del suo eventuale diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, ai sensi del diritto nazionale.

104. In un sistema processuale come quello controverso che prevede una procedura in forza della quale una persona deve, ai fini del riconoscimento del diritto a un nuovo processo di cui all’articolo 9 della direttiva 2016/343, presentare preventivamente una domanda di riapertura del procedimento penale dinanzi all’autorità giudiziaria competente, l’articolo 8, paragrafo 4, di detta direttiva esige che la comunicazione dei diritti faccia menzione di tale procedura.

C.      Sulla forma e sulla portata dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsti a seguito di una decisione resa in contumacia (quinta e sesta questione pregiudiziale)

105. Con la sua quinta e la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede essenzialmente alla Corte se l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 debba essere interpretato nel senso che la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia deve beneficiare di due rimedi giurisdizionale distinti che consentano, l’uno, di proporre appello avverso detta decisione e, l’altro, di beneficiare di un nuovo processo o di un altro mezzo di ricorso giurisdizionale conformemente all’articolo 9 di detta direttiva.

106. Ricordo che l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 richiede che la persona oggetto di una decisione pronunciata in contumacia, una volta informata di detta decisione, sia anche informata della «possibilità di impugnare [tale] decisione e del [suo] diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale», che deve consentire, in conformità all’articolo 9 di detta direttiva, «di riesaminare il merito della causa (...) e [può] condurre alla riforma della decisione originaria».

107. Dalla formulazione dell’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 e, in particolare, dall’impiego della congiunzione coordinativa «o» emerge che gli Stati membri devono assicurare che la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia, senza che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva, abbia la facoltà di impugnare detta decisione chiedendo un nuovo processo o esercitando un mezzo di ricorso giurisdizionale.

108. Come dichiarato dalla Corte nella sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (61), detta facoltà deve consentire all’interessato di ottenere la riapertura del processo o l’accesso a un rimedio giurisdizionale equivalente che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza. La portata di questo nuovo processo è espressamente definita all’articolo 9 della direttiva 2016/343. Il legislatore dell’Unione impone agli Stati membri obblighi precisi e inequivocabili. Esso esige da questi ultimi che prevedano la riapertura del procedimento o che istituiscano un procedimento che consenta di riesaminare il merito della causa, incluso un esame delle nuove prove, e che consenta di condurre alla riforma della decisione originaria. Esso impone, inoltre, agli Stati membri di garantire che, nell’ambito di tale nuovo processo o dell’esercizio di detto nuovo rimedio giurisdizionale, l’imputato abbia il diritto di presenziare e partecipare in modo efficace al processo che ne deriva, in conformità alle procedure previste dal diritto nazionale, e possa esercitare i diritti della difesa.

109. Come ho già illustrato nelle mie conclusioni nella causa che ha dato luogo a detta sentenza (62), il legislatore dell’Unione recepisce i requisiti essenziali del nuovo processo quali elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (63). Essa esige, infatti, che l’imputato abbia la facoltà di ottenere una nuova valutazione della fondatezza delle accuse formulate a suo carico, sia in fatto che in diritto, da parte di un giudice «dotato di piena competenza» e che giudichi in sua presenza (64), offrendogli tutte le garanzie di un processo equo previste dall’articolo 6 della CEDU. Ricordo che essa riconosce, tuttavia, agli Stati contraenti «un’ampia libertà nella scelta dei mezzi idonei a consentire ai loro sistemi giudiziari di soddisfare gli obblighi [di cui a tale articolo]», a condizione che «i mezzi offerti dal diritto interno si rivelino efficaci qualora l’imputato non abbia né rinunciato a comparire e a difendersi né inteso sottrarsi alla giustizia» (65).

110. Ricordo altresì che, allo stesso modo, la direttiva 2016/343 non realizza un’armonizzazione esaustiva del procedimento penale. In forza del principio di autonomia processuale, gli Stati membri dispongono pertanto di grande libertà nel definire il sistema di mezzi di ricorso e di procedimenti che consentano di garantire il rispetto dei diritti della difesa della persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia, a condizione, da un lato, che essi non siano meno favorevoli di quelli disciplinanti situazioni simili sottoposte al diritto interno (principio di equivalenza) e, dall’altro, che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività).

111. Tenuto conto di queste considerazioni l’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343 deve essere interpretato nel senso che gli Stati membri devono prevedere che la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione in contumacia, quando non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, possa beneficiare di due mezzi di ricorso distinti che le consentano di contestare detta decisione ottenendo la riapertura del procedimento oppure accedendo a un rimedio giurisdizionale equivalente, che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza, conformemente all’articolo 9 di detta direttiva.

V.      Conclusione

112. Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Sofiyski gradski sad (Tribunale di Sofia, Bulgaria) nel seguente modo:

1)      L’articolo 8, paragrafo 4, e l’articolo 9 della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali,

devono essere interpretati nel senso che:

essi si applicano alla persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di assoluzione in contumacia.

2)      L’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva 2016/343

deve essere interpretato nel senso che:

–        per quanto attiene all’esame del rispetto delle condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, di detta direttiva e del riconoscimento di un diritto a un nuovo processo, ai sensi dell’articolo 9 della medesima direttiva,

a)      l’autorità giurisdizionale che si pronuncia nel merito dell’accusa mossa all’imputato può, in conformità al sistema processuale nazionale, verificare se dette condizioni siano soddisfatte e, in caso negativo, informare detta persona, nella decisione pronunciata in contumacia, della facoltà di contestare tale decisione e del suo diritto a un nuovo processo;

b)      ai fini di tale esame, l’autorità di cui trattasi è tenuta a sentire sia l’accusa che la difesa;

c)      lo Stato membro può prevedere una procedura che esiga dalla persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia, quando non si sia accertato che ha rinunciato a comparire o a difendersi, la presentazione, dinanzi all’autorità giudiziaria competente, di una domanda di riapertura del procedimento penale, a condizione che le caratteristiche di detta procedura consentano di garantire a tale persona il diritto di presenziare al processo e l’esercizio effettivo dei suoi diritti della difesa.

La norma secondo cui una siffatta procedura non produrrebbe effetti sospensivi e imporrebbe, inoltre, la comparizione personale della persona condannata in contumacia a una pena detentiva è incompatibile con detti principi.

–        Per quanto attiene alle modalità concernenti l’informazione che deve essere fornita alla persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia, ove non si sia accertato, tenuto conto delle condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, che ella ha rinunciato a comparire o a difendersi,

a)      esso osta a che detta persona non sia informata, all’atto del suo arresto, né di detta decisione, né della facoltà di impugnarla, né del suo diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale;

b)      esso richiede che lo Stato membro informi detta persona dei motivi del suo arresto, conformemente al diritto all’informazione sull’accusa di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 6, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali. Il rispetto di detta prescrizione non comporta l’obbligo, per lo Stato membro, di notificarle una copia del testo integrale di detta decisione all’atto del suo arresto;

c)      esso richiede che lo Stato membro, nell’ambito della comunicazione dei diritti prevista all’articolo 4 della direttiva 2012/13, informi tale medesima persona del suo diritto a un nuovo processo o a un altro mezzo di ricorso giurisdizionale, ai sensi del diritto nazionale;

d)      in un sistema processuale che prevede una procedura in forza della quale la persona nei cui confronti è stata pronunciata una decisione di condanna in contumacia deve, ai fini del riconoscimento del diritto a un nuovo processo di cui all’articolo 9 della direttiva 2016/343, presentare preventivamente una domanda di riapertura del procedimento penale dinanzi all’autorità giudiziaria competente, esso esige che detta comunicazione dei diritti faccia menzione di tale procedura.

–        Per quanto concerne la forma e la portata dei mezzi di ricorso giurisdizionale riconosciuti a seguito di una decisione resa in contumacia, la persona nei cui confronti sia stata emanata una siffatta decisione, quando non si sia accertato, temuto conto delle condizioni previste all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2016/343, che aveva rinunciato a comparire o a difendersi, deve beneficiare di due rimedi giurisdizionali distinti che le consentano di contestare detta decisione, ottenendo la riapertura del procedimento, oppure accedendo a un mezzo di ricorso giurisdizionale equivalente che conduca ad un nuovo esame del merito della causa in sua presenza, conformemente all’articolo 9 di detta direttiva.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2016, L 65, pag. 1.


3      C‑430/22 e C‑468/22; in prosieguo: la «sentenza VB I», EU:C:2023:458.


4      V. sentenza VB I (punto 30).


5      GU 2012, L 142, pag. 1.


6      I fatti sono identici a quelli illustrati dalla Corte nella sentenza VB I.


7      V. sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:401, punti 25 e 36).


8      V. considerando 2, 4 e 10 della direttiva 2016/343 e, a titolo di esempio, sentenza del 22 dicembre 2017, Ardic (C‑571/17 PPU, EU:C:2017:1026), relativa all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di una persona definitivamente condannata a una pena detentiva al termine di un processo svoltosi in sua assenza.


9      V., per un esempio, causa Khuzdar (C‑95/24), attualmente pendente.


10      Il considerando 35 della direttiva 2016/343 precisa, infatti, che il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo non è assoluto e che, a determinate condizioni, gli indagati e imputati dovrebbero avere la possibilità di rinunciarvi, esplicitamente o tacitamente, purché in modo inequivocabile [v. sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 26), che concerne la misura in cui una persona latitante può beneficiare di un nuovo processo].


11      Per quanto concerne l’interpretazione degli articoli 8 e 9 della direttiva 2016/343, v. mie conclusioni nella causa Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:26).


12      Il corsivo è mio.


13      Il corsivo è mio.


14      Il corsivo è mio.


15      V. punto 40 della motivazione della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali [COM(2013) 821 final], e il considerando 23 il quale precisa che, «[a] certe condizioni ben definite che consentono di garantire l’effettivo rispetto del diritto a un equo processo, dovrebbe essere possibile che il processo[,] il cui esito è un verdetto di colpevolezza o di innocenza, si svolga in assenza dell’indagato o imputato».


16      V. considerando 33 della direttiva 2016/343.


17      In tale contesto, la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiara peraltro che la presenza dell’imputato al processo riveste un’importanza capitale in ragione sia del suo diritto di essere ascoltato sia della necessità di verificare l’esattezza delle sue affermazioni e di raffrontarle con le dichiarazioni della vittima, della quale occorre parimenti tutelare gli interessi, nonché dei testimoni [v. Corte EDU, 23 maggio 2000, Van Pelt c. Francia (CE:ECHR:2000:0523JUD003107096, § 66)].


18      V. sentenze del 13 febbraio 2020, Spetsializirana prokuratura (Udienza in assenza dell’imputato) (C‑688/18, EU:C:2020:94, punto 30 e giurisprudenza ivi citata), e del 15 settembre 2022, HN (Processo a un imputato allontanato dal territorio) (C‑420/20, EU:C:2022:679, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


19      V. sentenza del 30 marzo 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Sospensione del termine di trasferimento in appello) (C‑556/21, EU:C:2023:272, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


20      In prosieguo: la «Carta».


21      Firmata a Roma il 4 novembre 1950; in prosieguo: la «CEDU».


22      Allo stesso modo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che la CEDU conceda agli Stati contraenti un’ampia libertà nella scelta dei mezzi idonei a consentire ai loro sistemi giudiziari di soddisfare gli obblighi di cui all’articolo 6 di tale Convenzione, a condizione tuttavia che i mezzi offerti dal diritto interno si rivelino efficaci qualora l’imputato non abbia né rinunciato a comparire e a difendersi, né inteso sottrarsi alla giustizia [v., a titolo di esempio, Corte EDU, 14 giugno 2001, Medenica c. Svizzera (CE:ECHR:2001:0614JUD002049192, § 55)].


23      V. sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a. (C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


24      V. sentenza del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 49).


25      La Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che il diritto di ogni imputato di essere effettivamente difeso da un avvocato, se necessario nominato d’ufficio, figuri tra gli elementi fondamentali del processo equo e che un imputato non ne perda il beneficio per il solo fatto di non essere comparso al dibattimento. Essa reputa d’importanza fondamentale per l’equità del sistema penale che la mancata comparizione dell’imputato al processo a suo carico non venga sanzionata in deroga al diritto all’assistenza di un difensore e che l’imputato sia adeguatamente difeso sia in primo grado che in appello [Corte EDU, 21 gennaio 1999, Van Geyseghem c. Belgio (CE:ECHR:1999:0121JUD002610395, § 34); 13 febbraio 2001, Krombach c. Francia (CE:ECHR:2001:0213JUD002973196, § 89), e 1º marzo 2006, Sejdovic c. Italia (CE:ECHR:2006:0301JUD005658100, § 91)].


26      Conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, va tenuto conto delle peculiarità e della natura della procedura di cui trattasi, della sua importanza nel quadro complessivo del processo, del modo in cui gli interessi della persona implicata sono stati illustrati e del modo in cui essi devono essere protetti, alla luce della questione che occorre dirimere e della sua importanza per l’interessato [v. Corte EDU, 25 marzo 1998, Belziuk c. Polonia (CE:ECHR:1998:0325JUD002310393, § 37 e giurisprudenza ivi citata)].


27      Dalla decisione di rinvio emerge che, conformemente alla normativa bulgara, il termine per impugnare una condanna in contumacia sarebbe di soli quindici giorni e decorrerebbe, senza interruzione, a partire dalla data di detta condanna, anche se l’imputato non ne sia venuto a conoscenza.


28      Né dall’illustrazione del quadro giuridico nazionale, né dalla decisione di rinvio si evince se la persona condannata in contumacia possa farsi rappresentare da un avvocato.


29      V. sentenza del 19 maggio 2022, Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 37).


30      V. Corte EDU, 19 dicembre 1989, Kamasinski c. Austria (CE:ECHR:1989:1219JUD000978382, § 74).


31      V. Corte EDU, 23 novembre 1993, Poitrimol c. Francia (CE:ECHR:1993:1123JUD001403288, § 35).


32      Ai considerando 11, 13, 27, 45, 47 e 48 della direttiva 2016/343, il legislatore dell’Unione ha, infatti, chiaramente affermato la sua volontà di rafforzare e garantire l’effettiva applicazione del diritto a un equo processo nei procedimenti penali integrando, nel diritto dell’Unione, la giurisprudenza elaborata da tale Corte in merito al rispetto dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU [v., a tal proposito, sentenza del 13 febbraio 2020, Spetsializirana prokuratura (Udienza in assenza dell’imputato) (C‑688/18, EU:C:2020:94, punti 34 e 35)].


33      V. Corte EDU, 13 febbraio 2001, Krombach c. Francia (CE:ECHR:2001:0213JUD002973196, § 84 e 90), relativa all’articolo 630 del code de procédure pénale (codice di procedura penale francese), che sanciva un divieto assoluto per il contumace di farsi rappresentare da un avvocato, divieto al quale la Corte d’assise, chiamata a pronunciarsi in contumacia, non poteva derogare.


34      V. Corte EDU, 12 febbraio 2015, Sanader c. Croazia (CE:ECHR:2015:0212JUD006640812, § 80 e seg.).


35      V. Corte EDU, 13 febbraio 2001, Krombach c. Francia (CE:ECHR:2001:0213JUD002973196, § 87).


36      V. Corte EDU, 14 dicembre 1999, Khalfaoui c. Francia (CE:ECHR:1999:1214JUD003479197, § 44); in prosieguo: la «sentenza Khalfaoui c. Francia».


37      V. sentenza Khalfaoui c. Francia, § 49.


38      Sentenza Khalfaoui c. Francia (§ 47).


39      Sentenza Khalfaoui c. Francia (§ 40).


40      Sentenza Khalfaoui c. Francia (§ 40).


41      Per una comprensione complessiva del legame esistente tra le direttive 2016/343, 2012/13 e 2010/64, v. conclusioni dell’avvocato generale Pikamäe nella causa IS (Illegittimità della decisione di rinvio) (C‑564/19, EU:C:2021:292, paragrafo 60).


42      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (GU 2010, L 280, pag. 26).


43      V., a tal proposito, considerando 10 e 14 della direttiva 2012/13, e sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C‑646/17, EU:C:2019:489, punto 34).


44      Sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C‑646/17, EU:C:2019:489, punto 43 e giurisprudenza citata).


45      C‑216/14, EU:C:2015:686.


46      V. sentenza del 15 ottobre 2015, Covaci (C‑216/14, EU:C:2015:686, punto 61).


47      V. sentenza del 15 ottobre 2015, Covaci (C‑216/14, EU:C:2015:686, punto 20).


48      Detto articolo dispone quanto segue: «La presente direttiva si applica nei confronti delle persone che siano messe a conoscenza dalle autorità competenti di uno Stato membro, di essere indagate o imputate per un reato, fino alla conclusione del procedimento, vale a dire fino alla decisione definitiva che stabilisce se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato inclusi, se del caso, l’irrogazione della pena e l’esaurimento delle procedure d’impugnazione».


49      V. sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C‑646/17, EU:C:2019:489, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).


50      Sentenza del 13 giugno 2019, Moro (C‑646/17, EU:C:2019:489, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).


51      V. la causa che ha dato luogo alla decisione sulla ricevibilità pronunciata dalla Corte EDU il 30 gennaio 2007, Pala c. Francia (CE:ECHR:2007:0130DEC003338704), in cui la persona condannata in contumacia è stata informata, mediante lettera raccomandata, dell’avvenuto deposito della sentenza di condanna in contumacia presso il municipio.


52      GU 2002, L 190, pag. 1.


53      GU 2009, L 81, pag. 24.


54      Come esplicitamente precisato dal considerando 25 della direttiva 2012/13, quando informazioni sono fornite, a norma di tale direttiva, alle persone indagate o imputate, gli interessati devono disporre, se necessario, delle traduzioni o dell’interpretazione in una lingua a loro comprensibile, conformemente alle norme di cui alla direttiva 2010/64. Conformemente all’articolo 3 della direttiva in esame, nel caso in cui detta persona non comprenda la lingua del procedimento penale di cui trattasi, il legislatore dell’Unione esige dallo Stato membro che fornisca, entro un periodo di tempo ragionevole, una traduzione scritta e di qualità di detta decisione. Solo in via eccezionale quest’ultimo può fornire una traduzione orale o un riassunto orale di tale documento, a condizione tuttavia che tali formalità non pregiudichino l’equità del procedimento.


55      Sentenza VB I (punto 30).


56      V. sentenza VB I (punto 27).


57      V. sentenza VB I (punto 28).


58      Il corsivo è mio.


59      Per quanto attiene all’attuazione pratica ed efficace di tale obbligo, il considerando 38 di detta direttiva enuncia che può essere conseguita «con mezzi diversi (...) quali la formazione appropriata delle autorità competenti o una comunicazione dei diritti formulata in modo semplice e non tecnico, facilmente comprensibile a un profano che non abbia alcuna conoscenza di diritto processuale penale».


60       In base al rapporto redatto nel 2016 dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), «Rights of Suspected and Accused Persons Across the EU: Translation, Interpretation and Information», 26 Stati membri hanno predisposto una comunicazione di diritti, fermo restando che 23 di essi dispongono di una comunicazione di diritti uniforme rilasciata dalle autorità di polizia all’atto dell’arresto dell’imputato (punto 3.3, «Letter of Rights», pagg. 69 e segg.).


61      C‑569/20, EU:C:2022:401, punto 59.


62      Conclusioni nella causa Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:26).


63      V. le mie conclusioni nella causa Spetsializirana prokuratura (Processo ad un imputato latitante) (C‑569/20, EU:C:2022:26, paragrafo 43). La Corte europea dei diritti dell’uomo esige difatti, conformemente a una giurisprudenza consolidata, che un individuo condannato in absentia possa pretendere in seguito che un giudice valuti nuovamente, dopo averlo sentito, la fondatezza dell’accusa in fatto e in diritto, quando non si sia accertato che egli abbia rinunciato al suo diritto a comparire e a difendersi o che abbia intenzione di sottrarsi alla giustizia [v. Corte EDU, 1º marzo 2006, Sejdovic c. Italia (CE:ECHR:2006:0301JUD005658100, § 82)]. V., a titolo di esempio, Corte EDU, 14 giugno 2001, Medenica c. Svizzera (CE:ECHR:2001:0614JUD002049192, § 55).


64      V. Corte EDU, 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia (CE:ECHR:1985:0212JUD000902480, § 31 e 32).


65      V. Corte EDU, 14 giugno 2001, Medenica c. Svizzera (CE:ECHR:2001:0614JUD002049192, § 55). V., altresì, Corte EDU, 12 febbraio 1985, Colozza c. Italia (CE:ECHR:1985:0212JUD000902480, § 30).