Language of document : ECLI:EU:T:2014:813

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

25 settembre 2014 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio comunitario tridimensionale – Forma di due coppe imballate – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Assenza di carattere distintivo acquisito tramite l’uso – Articolo 7, paragrafi 1, lettera b), e 3, del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑474/12,

Giorgio Giorgis, residente in Milano (Italia), rappresentato da I. Prado e A. Tornato, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da I. Harrington, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Comigel SAS, con sede in Saint-Julien-lès-Metz (Francia), rappresentata da S. Guerlain, J. Armengaud e C. Mateu, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 26 luglio 2012 (procedimento R 1301/2011‑1), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Comigel SAS e il sig. Giorgio Giorgis,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude, presidente, I. Wiszniewska-Białecka (relatore) e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato nella cancelleria del Tribunale il 7 febbraio 2013,

visto il controricorso dell’interveniente depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 febbraio 2013,

vista la replica depositata nella cancelleria del Tribunale il 24 maggio 2013,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta ed avendo quindi deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’articolo 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        L’11 novembre 2009, il ricorrente, sig. Giorgio Giorgis, ha ottenuto presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1), la registrazione col numero 8132681 del marchio comunitario tridimensionale di seguito riprodotto:

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2        I prodotti per i quali detto marchio è stato registrato rientrano nella classe 30 ai sensi dell’accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Ghiaccio, ghiaccioli, sorbetti misti, sorbetti di ghiaccio, gelati, gelati da bere, prodotti a base di gelato, dolci a base di gelato, semifreddi, dessert, yogurt gelato, prodotti di pasticceria».

3        Il 19 gennaio 2010, l’interveniente, la Comigel SAS, ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio controverso sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e d), del medesimo regolamento.

4        Con decisione del 21 aprile 2011, la divisione di annullamento dell’UAMI ha accolto la domanda di dichiarazione di nullità e ha dichiarato la nullità del marchio controverso per tutti i prodotti in causa, sul fondamento dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento. Ha altresì respinto l’argomento del ricorrente secondo cui il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009.

5        Il 16 giugno 2011 il ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI contro la decisione della divisione di annullamento.

6        Con decisione del 26 luglio 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. Ha confermato le conclusioni della divisione di annullamento secondo le quali, da un lato, il marchio controverso era privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, dall’altro, il ricorrente non aveva dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, in forza dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del medesimo regolamento.

 Conclusioni delle parti

7        Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

8        L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

9        A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce due motivi, vertenti, rispettivamente, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

10      Il ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver effettuato un’erronea valutazione del carattere distintivo del marchio controverso e di avere in tal modo violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

11      Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, il marchio comunitario è dichiarato nullo su domanda presentata all’UAMI, qualora esso sia stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7 del medesimo regolamento. A tal riguardo, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 prevede che sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.

12      Da una giurisprudenza costante risulta che dire che un marchio ha carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 equivale a dire che tale marchio permette di identificare i prodotti per i quali è chiesta la registrazione come provenienti da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese (v. sentenza della Corte del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, Racc. pag. I‑10205, punto 42, e la giurisprudenza ivi citata)

13      Il carattere distintivo di un marchio dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento, costituito da consumatori medi di detti prodotti o servizi, normalmente informati e ragionevolmente attenti ed avveduti (v. sentenza della Corte del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI, C‑456/01 P e C‑457/01 P, Racc. pag. I‑5089, punto 35, e la giurisprudenza ivi citata).

14      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha considerato che i prodotti in causa erano prodotti alimentari che in genere arrivavano preimballati nei punti di vendita e che, trattandosi della commercializzazione di prodotti preimballati, il livello di attenzione del consumatore riguardo al loro aspetto non era particolarmente elevato.

15      Il ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver effettuato un’erronea valutazione del livello di attenzione del pubblico di riferimento. Egli deduce che il consumatore medio di gelati manifesta un livello di attenzione elevato, poiché la sua scelta è compiuta sulla base di diversi fattori, quali il gusto del gelato, il modo di consumarlo, le varie tipologie di gelato e l’eventuale presenza di taluni ingredienti.

16      A tal riguardo, è sufficiente osservare che i prodotti oggetto del marchio controverso sono prodotti alimentari di consumo corrente destinati a tutti i consumatori. Occorre quindi valutare il carattere distintivo del marchio controverso tenendo conto della presunta aspettativa di un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 15 marzo 2006, Develey/UAMI (Forma di una bottiglia di plastica), T‑129/04, Racc. pag. II‑811, punto 46, e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 dicembre 2013, Sweet Tec/UAMI (Forma di un ovale), T‑156/12, punto 14].

17      Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il fatto che il consumatore medio scelga un gelato in base ai suoi gusti e alle sue preferenze non è tale da conferirgli un livello di attenzione elevato. Infatti, i gelati sono prodotti di consumo corrente, generalmente venduti in supermercati, poco onerosi e il cui acquisto non è preceduto da un lungo periodo di riflessione, per i quali non si può ritenere che il consumatore dimostrerà un livello di attenzione elevato al momento dell’acquisto. Inoltre, il fatto che il consumatore scelga i prodotti in funzione dei suoi gusti è un’ovvietà nel caso dei prodotti alimentari di largo consumo, per i quali, secondo la giurisprudenza citata al punto 16 supra, il livello di attenzione del consumatore non è considerato elevato.

18      Giustamente, quindi, la commissione di ricorso ha ritenuto che il pubblico di riferimento fosse costituito da consumatori medi, normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti nell’ambito di tutta l’Unione europea, che non dimostrano un livello di attenzione particolarmente elevato.

19      Secondo una giurisprudenza costante, i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dall’aspetto del prodotto stesso non differiscono da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Tuttavia, in sede di applicazione di tali criteri, la percezione del pubblico interessato non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale, costituito dall’aspetto del prodotto stesso, e nel caso di un marchio denominativo o figurativo, consistente in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che contraddistingue. Non è, infatti, abitudine del consumatore medio presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o della loro confezione, in assenza di qualsivoglia elemento grafico o testuale, sicché potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo di un marchio tridimensionale siffatto rispetto a quello di un marchio denominativo o figurativo (v. sentenza Freixenet/UAMI, cit. al punto 12 supra, punti 45 e 46, e la giurisprudenza ivi citata).

20      Ciò premesso, solo un marchio che si discosti in modo significativo dalla norma o dagli usi del settore e che, pertanto, sia tale da assolvere alla sua funzione essenziale d’indicatore d’origine non è privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (v. sentenza Freixenet/UAMI, cit. al punto 12 supra, punto 47, e la giurisprudenza ivi citata).

21      Per quanto riguarda, in particolare, marchi tridimensionali costituiti dall’imballo dei prodotti che si trovano in commercio confezionati per ragioni legate alla natura stessa del prodotto, la Corte ha dichiarato che essi devono permettere al consumatore medio di detti prodotti, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, senza un esame analitico o comparativo e senza prestarvi particolare attenzione, di distinguere il prodotto considerato da quelli di altre imprese (sentenza della Corte del 12 gennaio 2006, Deutsche SiSi-Werke/UAMI, C‑173/04 P, Racc. pag. I‑551, punto 29).

22      Per valutare se un marchio sia o meno privo di carattere distintivo, occorre prendere in considerazione l’impressione complessiva che esso suscita. Ciò non può tuttavia implicare che non si debba procedere, in un primo momento, ad un esame in successione dei vari elementi di presentazione utilizzati per tale marchio. Infatti, può risultare utile, nell’ambito della valutazione complessiva, esaminare singolarmente gli elementi costitutivi del marchio considerato (v. sentenza della Corte del 25 ottobre 2007, Develey/UAMI, C‑238/06 P, Racc. pag. I‑9375, punto 82, e la giurisprudenza ivi citata).

23      In via preliminare, occorre rilevare che, nel caso di specie, i prodotti di cui trattasi sono dessert, gelati, sorbetti e yogurt e che il marchio controverso è costituito dalla forma di due recipienti trasparenti in vetro in forma di coppa e dalla forma di una confezione di cartone che presenta aperture in alto e sui lati che si adattano ai contorni dei recipienti. Il marchio controverso è costituito dalla forma tridimensionale della confezione dei prodotti in causa.

24      In primo luogo, il ricorrente contesta alla commissione di ricorso di avere identificato in modo erroneo la prassi e le abitudini del settore interessato. Egli deduce che, al fine di valutare il carattere distintivo del marchio controverso, la commissione di ricorso avrebbe dovuto prendere in considerazione la prassi e le abitudini di confezionamento riguardanti i prodotti che rientrano nella classe 30. Orbene, essa avrebbe limitato la prassi e le abitudini che dovevano essere prese in considerazione per la sua analisi a quelle del settore degli imballi che veicolano «un’immagine di prodotti di qualità e di fabbricazione artigianale».

25      Si deve rilevare che siffatto argomento si basa su una lettura erronea della decisione impugnata.

26      Infatti, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che quando, come nella fattispecie, il marchio controverso sia costituito dalla forma tridimensionale della confezione dei prodotti di cui trattasi, è possibile che la prassi e le abitudini rilevanti siano quelle applicabili nel settore dell’imballaggio dei prodotti che sono dello stesso tipo e che sono destinati agli stessi consumatori dei prodotti di cui trattasi.

27      La commissione di ricorso ha poi proceduto all’esame separato dei due elementi che costituiscono il marchio controverso, vale a dire i recipienti in vetro e la confezione di cartone. Nell’ambito della valutazione del carattere distintivo dei recipienti in vetro, ha indicato che questo tipo di recipienti è utilizzato sul mercato per vendere dessert, gelati, sorbetti e yogurt e che è impiegato per trasmettere ai consumatori il messaggio che i prodotti in questione sono di alta qualità e di fabbricazione artigianale, ciò che non è contestato dal ricorrente. Essa ha osservato che la forma dei recipienti del marchio controverso non si discostava sensibilmente da quella delle coppe presenti sul mercato per la commercializzazione dei dessert, dei gelati, dei sorbetti e degli yogurt, circostanza dimostrata dagli elementi di prova forniti dall’interveniente, che illustravano recipienti solo lievemente diversi da quelli del marchio controverso. Essa ne ha dedotto che questo elemento del marchio controverso non era idoneo a contraddistinguere i prodotti in questione.

28      La commissione di ricorso ha poi scartato gli elementi prodotti dal ricorrente che si riferiscono ad altri tipi di recipienti utilizzati sul mercato nell’ambito della commercializzazione di tali prodotti, contestualmente rilevando che «la loro forma non [aveva] il medesimo scopo di fornire ai consumatori un’immagine di prodotti di qualità e di fabbricazione artigianale».

29      Ne risulta che la commissione di ricorso ha tenuto conto delle abitudini nel settore del confezionamento dei prodotti simili a quelli di cui trattasi e destinati agli stessi consumatori di quelli dei prodotti di cui trattasi e ha constatato che alcuni imballi in forma di recipienti in vetro rientravano in tali abitudini, segnatamente quando si trattava di veicolare un’immagine di qualità. Il fatto che la commissione di ricorso abbia scartato, in quanto irrilevanti, gli elementi di prova forniti dal ricorrente relativi ad altre forme di recipienti utilizzati per commercializzare gelati non contraddice l’affermazione della medesima secondo cui su detto mercato sono utilizzati anche alcuni recipienti in vetro.

30      Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, dalla decisione impugnata non risulta che la commissione di ricorso abbia limitato la prassi e le abitudini del settore da prendere in considerazione al solo settore dei prodotti di qualità e di fabbricazione artigianale.

31      In secondo luogo, il ricorrente fa valere che, a seguito dell’erronea identificazione della prassi e delle abitudini del settore, la commissione di ricorso ha effettuato un’erronea valutazione del carattere distintivo del marchio controverso. Egli sostiene che la commissione di ricorso, invece di prendere in considerazione tutti i tipi di imballi utilizzati nel settore dei prodotti in causa, ha tenuto conto, quale elemento di comparazione per valutare il carattere distintivo del marchio controverso, del concetto di «coppe imballate in confezioni di cartone che presentano aperture ritagliate». La commissione di ricorso avrebbe quindi erroneamente ritenuto che le forme di confezioni di cartone che presentano aperture ritagliate fossero comunemente utilizzate nel settore dei prodotti in causa. Il ricorrente fa valere che la confezione di cartone del marchio controverso presenta caratteristiche e forme diverse da quelle mostrate nelle prove fornite dall’interveniente.

32      Nella decisione impugnata, nell’ambito della valutazione del carattere distintivo del secondo elemento che compone il marchio controverso, ossia la confezione di cartone dotata di aperture in alto e sui lati, la commissione di ricorso ha osservato che tali caratteristiche erano presenti nella maggior parte di confezioni di cartone rientranti negli elementi di prova forniti dall’interveniente. Essa ha affermato che le forme di confezioni di cartone dotate di aperture in alto e sui lati erano comuni nel settore dei prodotti di cui trattasi, in particolare per mostrare il prodotto o qualsiasi informazione rilevante concernente il prodotto. Tenendo in considerazione la prassi e le abitudini del settore dei prodotti in questione (dessert, gelati, sorbetti e yogurt), essa ha concluso che la forma della confezione di cartone del marchio controverso era unicamente decorativa, che non differiva considerevolmente dalle abitudini del settore e che non possedeva un carattere distintivo.

33      Va rilevato che la commissione di ricorso si è fondata su elementi di prova forniti dall’interveniente i quali mostravano che, nel settore dei prodotti in causa, gli imballaggi composti da una confezione di cartone con aperture erano correntemente utilizzati e ne ha potuto dedurre che il marchio controverso non si discostava considerevolmente dalle abitudini del settore interessato.

34      Il fatto che, come sostiene il ricorrente, la forma della confezione di cartone del marchio controverso diverga per taluni elementi da quelle presenti sul mercato non è tale da rimettere in discussione la suddetta valutazione della commissione di ricorso. Infatti, le varie confezioni di cartone utilizzate nel settore dei prodotti in questione, diverse per la collocazione delle loro aperture o per le loro forme, devono essere considerate come semplici varianti delle forme di imballaggio impiegate in tale settore. Le differenze tra le confezioni di cartone presenti sul mercato rispondono in particolare a considerazioni pratiche (come l’adattamento alle dimensioni dei recipienti) o puramente decorative. Giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che le caratteristiche della forma della confezione in cartone del marchio controverso non fossero tali da differenziarla in modo notevole dalle abitudini del settore dei prodotti in questione.

35      In terzo luogo, il ricorrente fa valere che la commissione di ricorso ha commesso un errore nell’identificazione del marchio controverso quando ha considerato che il marchio controverso era composto di «due coppe imballate in una confezione di cartone dotata di aperture tagliate», il che non corrisponderebbe al marchio contestato quale è stato registrato. Egli sostiene che il marchio contestato avrebbe dovuto essere considerato nel suo insieme, con le proprie caratteristiche. La commissione di ricorso avrebbe dovuto analizzare il carattere distintivo della combinazione delle forme particolari che costituiscono il marchio controverso e non unicamente quello della somma dei suoi elementi.

36      Innanzitutto, si deve respingere l’argomento del ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe male identificato il marchio controverso. Infatti, la descrizione del marchio controverso che figura nella decisione impugnata, vale a dire «due recipienti trasparenti in vetro in forma di coppa in una confezione esterna di cartone dotata di aperture in alto e sui lati» corrisponde all’immagine di detto marchio quale appare nella domanda di registrazione e quale rappresentata al punto 1 supra. Il fatto che il ricorrente abbia la sua propria descrizione del marchio controverso (segnatamente «due coppe affiancate in un cartone completamente aperto a livello dell’alto delle coppe e parzialmente aperto a livello della faccia delle coppe, con lati di una forma particolare che segue e richiama la forma delle coppe, costituente una silhouette particolare in forma di bottiglietta nel mezzo di queste due coppe»), la quale non figura né nella domanda di registrazione né nel certificato di registrazione, non è sufficiente a far concludere che la commissione di ricorso abbia commesso un errore.

37      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non avrebbe valutato il marchio controverso nel suo insieme, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, dopo aver osservato che i due elementi costitutivi di detto marchio non si differenziavano in modo notevole da quelli utilizzati nel settore dei prodotti di cui trattasi ed erano privi di carattere distintivo, la commissione di ricorso ha proceduto a un’analisi dell’impressione globale prodotta dalla forma di imballaggio registrata con il marchio controverso. Ha ritenuto che le caratteristiche proprie del marchio controverso non erano sufficienti a renderlo un modello insolito sul mercato dei dessert, dei gelati, dei sorbetti e degli yogurt che potesse essere chiaramente percepito come diverso dalle forme disponibili. Essa ha constatato che gli esempi forniti dall’interveniente mostravano talune forme di imballaggio che erano molto simili alla forma del marchio controverso. La commissione di ricorso ha dichiarato che l’uso dei due recipienti contenuti in un imballaggio di cartone era uno dei metodi più comuni per presentare i prodotti ai consumatori. Essa ha concluso che, nel suo insieme, il marchio controverso richiamava strettamente le forme più probabili che assumerebbero i prodotti in esame e che, di conseguenza, lo stesso doveva essere considerato come privo di carattere distintivo.

38      Ne risulta che il ricorrente non può sostenere che la commissione di ricorso non ha compiuto una valutazione d’insieme del carattere distintivo del marchio controverso, né tenuto conto delle sue caratteristiche, e che si sarebbe limitata a constatare l’assenza di carattere distintivo della somma di ciascuno dei suoi elementi.

39      Inoltre, il ricorrente sostiene che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato a torto che il marchio controverso corrispondeva a una forma di imballaggio ampiamente utilizzata sul mercato per la commercializzazione dei prodotti in esame, mentre dagli esempi da lui forniti risultava che l’imballaggio più comunemente utilizzato in tale settore era completamente diverso da quello del marchio controverso.

40      A tal proposito, è sufficiente rilevare che la circostanza per cui nel mercato dei prodotti interessati esistano altri tipi di imballaggio non contraddice l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui esistono anche forme di imballaggio molto simili a quella del marchio controverso che non sono insolite. Ai sensi della giurisprudenza citata al punto 20 supra, per constatare l’assenza di carattere distintivo di un marchio, è sufficiente che quest’ultimo non diverga in modo significativo dalla prassi o dalle abitudini del settore e non è necessario dimostrare che tale marchio sia la forma di imballaggio più comune sul mercato.

41      In quarto luogo, il ricorrente fa valere che la commissione di ricorso ha valutato il carattere distintivo del marchio controverso in modo troppo restrittivo.

42      Da un lato, egli sostiene che la giurisprudenza applicata dalla commissione di ricorso, secondo la quale, per disporre di un carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 un marchio tridimensionale deve divergere in modo significativo dalla prassi o dalle abitudini del settore, non è applicabile nel caso in cui, come nella fattispecie, il consumatore medio manifesti un livello di attenzione elevato e il marchio controverso non sia costituito dalla forma dei prodotti ma dalla loro confezione.

43      Siffatto argomento non può essere accolto. Basti infatti ricordare che la commissione di ricorso, come risulta dal punto 18 supra, ha giustamente ritenuto che il pubblico di riferimento non dimostrasse un livello di attenzione particolarmente elevato nei confronti dei prodotti in argomento. Inoltre, nel caso di specie, la forma dell’imballaggio deve essere assimilata alla forma dei prodotti di cui trattasi.

44      Dall’altro lato, il ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver applicato un criterio più restrittivo rispetto a quello richiesto dalla giurisprudenza al fine di valutare il carattere distintivo del marchio controverso. Essa avrebbe preteso che il marchio controverso si «differenziasse sostanzialmente» dalle forme di base del prodotto in esame, mentre la giurisprudenza avrebbe richiesto soltanto che essa valutasse se il marchio controverso «divergesse in modo significativo» dalla prassi o dalle abitudini del settore.

45      È sufficiente rilevare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, l’esigenza di una «differenza sostanziale» non è il criterio in base al quale la commissione di ricorso ha valutato il carattere distintivo del marchio controverso. Infatti, nella decisione impugnata, è soltanto dopo aver concluso nel senso dell’assenza di carattere distintivo del marchio controverso che la commissione di ricorso, citando la sentenza del Tribunale del 31 maggio 2006, De Waele/UAMI (Forma di una salsiccia) (T‑15/05, Racc. pag. II‑1511), ha utilizzato l’espressione «differenza sostanziale» per rispondere a un argomento del ricorrente relativo alla novità e all’originalità della forma del marchio controverso.

46      Inoltre, secondo il ricorrente, avendo il Tribunale riconosciuto, nella sua sentenza del 3 dicembre 2003, Nestlé Waters France/UAMI (Forma di una bottiglia) (T‑305/02, Racc. pag. II‑5207), che un marchio tridimensionale avente la forma di bottiglia, la cui registrazione era stata richiesta per bevande non alcoliche della classe 32, era dotato di un minimo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la stessa soluzione dovrebbe valere per il caso di specie, trattandosi di un settore molto simile, segnatamente quello dei prodotti rientranti nella classe 30. A tal proposito, si deve ricordare che il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali è stata chiesta la registrazione ed alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento, e che la commissione di ricorso deve verificare se detto marchio diverga in modo significativo dalla prassi o dalle abitudini del settore dei prodotti di cui trattasi. Di conseguenza, la soluzione fatta propria dal Tribunale in una sentenza relativa a un marchio diverso da quello controverso, la cui registrazione era stata chiesta per prodotti differenti da quelli oggetto del caso di specie e appartenenti a un diverso settore, non è rilevante ai fini della valutazione del carattere distintivo del marchio controverso di cui trattasi.

47      In considerazione di quanto precede, il ricorrente non ha dimostrato che la commissione di ricorso abbia commesso un errore quando ha considerato che il marchio controverso era privo di carattere distintivo, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

48      Di conseguenza, il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009

49      Il ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha effettuato un’erronea applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 quando ha affermato che le prove da lui fornite non erano sufficienti a dimostrare che il marchio controverso avesse acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso.

50      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, l’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento non osta alla registrazione di un marchio se quest’ultimo ha acquistato, per tutti i prodotti per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto.

51      L’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 dispone, in particolare, che il marchio comunitario registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento non può tuttavia essere dichiarato nullo se, per l’uso che ne è stato fatto, dopo la registrazione ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato.

52      Dalla giurisprudenza risulta che l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso del marchio richiede che almeno una frazione significativa del pubblico di riferimento identifichi grazie al marchio i prodotti o servizi di cui trattasi come provenienti da un’impresa determinata [v. sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2005, BIC/UAMI (Forma di un accendino a pietrina), T‑262/04, Racc. pag. II‑5959, punto 61 e giurisprudenza ivi citata].

53      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha rilevato che, essendo il marchio controverso di tipo tridimensionale, il territorio rilevante era quello dell’Unione. Ha affermato che gli elementi di prova forniti dal ricorrente non erano sufficienti a dimostrare che il marchio controverso avesse acquisito un carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Essa ha infatti osservato, da un lato, che tali elementi di prova, presi nel loro insieme, si riferivano unicamente a otto Stati membri dell’Unione e che pertanto non dimostravano l’acquisizione di un carattere distintivo in una parte sostanziale dell’Unione. Dall’altro lato, essa ha osservato che il ricorrente non aveva dimostrato che il marchio controverso fosse stato percepito come una designazione dell’origine dei prodotti in ragione del fatto che la forma dell’imballaggio era stata oggetto di uso in accostamento al segno LA GELATERIA DI PIAZZA NAVONA stampato su detto imballaggio.

54      In primo luogo, il ricorrente si limita ad affermare che l’uso del marchio controverso in accostamento al segno LA GELATERIA DI PIAZZA NAVONA stampato sulla confezione dimostra che il consumatore di riferimento percepisce la forma tridimensionale, oltre alla rappresentazione grafica, come un’indicazione dell’origine dei prodotti in oggetto. È sufficiente constatare che questa semplice deduzione non è tale da rimettere in discussione la conclusione della commissione di ricorso secondo cui tali elementi di prova erano insufficienti a dimostrare l’uso del marchio controverso quale marchio e, pertanto, deve essere respinta.

55      In ogni caso, occorre rilevare che è vero che, secondo la giurisprudenza, un marchio tridimensionale può acquisire un carattere distintivo in seguito all’uso, anche qualora venga utilizzato unitamente a un marchio denominativo o a un marchio figurativo. Ciò avviene nel caso in cui il marchio sia costituito dalla forma del prodotto o della sua confezione e gli stessi siano sistematicamente rivestiti di un marchio denominativo con il quale sono commercializzati. Un siffatto carattere distintivo può essere acquisito, segnatamente, a seguito di un processo normale di familiarizzazione del pubblico interessato [v. sentenza del Tribunale del 29 gennaio 2013, Germans Boada/UAMI (Rotella ad avanzamento manuale), T‑25/11, punto 83, e la giurisprudenza ivi citata].

56      Tuttavia, l’identificazione, da parte degli ambienti interessati, del prodotto come proveniente da un’impresa determinata dev’essere effettuata grazie all’uso del marchio in quanto marchio. L’espressione «uso del marchio in quanto marchio» deve essere intesa come riferentesi esclusivamente ad un uso del marchio finalizzato all’identificazione, da parte degli ambienti interessati, del prodotto o del servizio come proveniente da una determinata impresa. Quindi, non tutti gli usi del marchio costituiscono necessariamente un uso in quanto marchio (sentenza Rotella ad avanzamento manuale, cit. al punto 55 supra, punto 85).

57      Orbene, nel caso di specie, solo qualora il ricorrente avesse suffragato in modo concreto l’affermazione che la forma della confezione dei prodotti in causa era particolarmente memorizzata dai consumatori di riferimento in quanto indicazione della sua origine commerciale sarebbe stato possibile, eventualmente, riscontrare nelle prove presentate un primo indizio in tal senso, vale a dire che l’aspetto particolare della forma tridimensionale della confezione dei prodotti in causa che costituisce il marchio controverso permetteva di distinguerla da quelle di altri produttori. È sufficiente osservare che il ricorrente non deduce alcun argomento in tal senso.

58      In secondo luogo, riguardo all’argomento del ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non avrebbe tenuto conto del fatto che gli elementi di prova da lui forniti riguardavano una parte sostanziale dei consumatori dell’Unione, esso va respinto in quanto inconferente, non avendo il ricorrente dimostrato che la commissione di ricorso ha commesso un errore quando ha considerato che i suddetti elementi di prova non erano tali da dimostrare che il marchio controverso era stato utilizzato in quanto marchio.

59      Ne consegue che il secondo motivo e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza devono essere respinti.

 Sulle spese

60      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente è rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Giorgio Giorgis è condannato alle spese.

van der Woude

Wiszniewska-Białecka

Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 2014.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.