Language of document : ECLI:EU:T:2016:389

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

5 luglio 2016 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea denominativo MACCOFFEE – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore McDONALD’S – Articolo 53, paragrafo 1, lettera a), e articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 – Famiglia di marchi – Vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore – Dichiarazione di nullità»

Nella causa T‑518/13,

Future Enterprises Pte Ltd, con sede a Singapore (Singapore), rappresentata inizialmente da B. Hitchens, J. Olsen, R. Sharma, M. Henshall, solicitors, e R. Tritton, barrister, successivamente da B. Hitchens, J. Olsen, R. Tritton e E. Hughes-Jones, solicitor,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

McDonald’s International Property Co. Ltd, con sede a Wilmington, Delaware (Stati Uniti), rappresentata da C. Eckhartt, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 13 giugno 2013 (procedimento R 1178/2012-1), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità tra la McDonald’s International Property Co. e la Future Enterprises,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, I. Pelikánová (relatore) e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: A. Lamote, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 settembre 2013,

visti i controricorsi dell’EUIPO e dell’interveniente depositati nella cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2014,

vista la replica depositata nella cancelleria del Tribunale il 1° luglio 2014,

vista la controreplica dell’interveniente depositata nella cancelleria del Tribunale il 24 novembre 2014,

in seguito all’udienza del 2 febbraio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 13 ottobre 2008 la Future Enterprises Pte Ltd, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo MACCOFFEE.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 29, 30 e 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 29: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, surgelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili; latticini; panna [prodotto derivato dal latte]; panna montata; preparati per bevande cremose (a base di latte); budini a base di latte; yogurt; alimenti sotto forma di spuntini; spuntini a base di frutta; spuntini a base di patate; patate chips sotto forma di spuntini; bevande a base di latte o contenenti latte; milk-shakes»;

–        classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; biscotti; cereali da colazione; dolci glassati; biscotti salati; yogurt surgelati; gelati alla crema; grissini; petali di confetteria; confetteria; zucchero candito; barrette di zucchero candito; mentine; cioccolato; confetteria a base di cioccolato; dolci; muffin; pop-corn; spuntini a base di cereali; alimenti salati sotto forma di spuntini; chips di mais; tortillas; prodotti di pasticceria; pane; sandwich ripieni; wrap (sandwich); sandwich alla griglia; dessert, budini; caffè istantaneo; preparati istantanei per caffè; chicchi di caffè; caffè macinato; caffè freddo; caffè e latte; bevande al cacao con latte, bevande a base di cioccolato, caffè e bevande a base di caffè, cacao e bevande a base di cacao; bevande a base di tè; tè ovvero tè al ginseng, tè nero, tè Oolong, tè d’orzo e di foglie d’orzo; tè alla frutta; tisane (non per uso medicinale); tè freddo»;

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande a base di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande; bevande rinfrescanti a base di frutta aromatizzate al tè o al caffè (non comprese in altre classi); bevande analcoliche aromatizzate al tè o al caffè (non comprese in altre classi)».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 1/2009, del 12 gennaio 2009, e il segno denominativo MACCOFFEE è stato registrato come marchio dell’Unione europea il 29 gennaio 2010, con il numero 7307382, per tutti i prodotti menzionati al precedente punto 3.

5        Il 13 agosto 2010 la McDonald’s International Property Co. Ltd, interveniente, ha presentato una domanda di nullità del marchio contestato, per tutti i prodotti per i quali esso era stato registrato.

6        La domanda di nullità si fondava sui seguenti marchi anteriori:

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McDONALD’S, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 16 luglio 1999 con il numero 62497, per i prodotti e i servizi rientranti nelle classi 29, 30, 32 e 42;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McFISH, depositato il 18 aprile 2006 e registrato il 20 luglio 2007 con il numero 5056429, per i prodotti compresi nelle classi 29 e 30;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McTOAST, depositato il 24 ottobre 2005 e registrato il 20 aprile 2007 con il numero 4699054, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29, 30 e 43;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McMUFFIN, depositato il 27 luglio 2005 e registrato il 7 agosto 2006 con il numero 4562419, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29, 30 e 43;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McRIB, depositato il 19 novembre 1999 e registrato l’11 giugno 2001 con il numero 1391663, per i prodotti compresi nelle classi 29 e 30;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McFLURRY, depositato il 30 giugno 1998 e registrato l’8 settembre 1999 con il numero 864694, per i prodotti compresi nella classe 29;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo CHICKEN McNUGGETS, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 4 agosto 1998 con il numero 16196, per i prodotti compresi nella classe 29;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McCHICKEN, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 2 febbraio 1998 con il numero 16188, per i prodotti compresi nella classe 30;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo EGG McMUFFIN, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 19 dicembre 1997 con il numero 15966, per i prodotti compresi nella classe 30;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo McFEAST, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 27 ottobre 1999 con il numero 15941, per i prodotti compresi nella classe 30;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo BIG MAC, depositato il 1° aprile 1996 e registrato il 22 dicembre 1998 con il numero 62638, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29, 30 e 42;

–        il marchio dell’Unione europea denominativo PITAMAC, depositato il 1° febbraio 2005 e registrato l’11 aprile 2006 con il numero 4264818, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29, 30 e 42;

–        e il marchio tedesco McDonald’s, notoriamente conosciuto, per i prodotti e i servizi compresi nelle classi 29, 30, 32 e 43.

7        I motivi invocati dall’interveniente erano quelli di cui all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), paragrafo 2, lettera c), e paragrafo 5, del medesimo regolamento.

8        Su richiesta della ricorrente, titolare del marchio contestato, l’interveniente è stata invitata a fornire la prova dell’uso effettivo dei marchi anteriori sui quali essa fondava la propria domanda, ai sensi dell’articolo 57, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009.

9        Con decisione del 27 aprile 2012, la divisione di annullamento ha dichiarato il marchio contestato integralmente invalido, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento, sul solo fondamento del marchio dell’Unione europea denominativo anteriore McDONALD’S, registrato con il numero 62497, con la motivazione che, tenuto conto della notorietà di lunga data acquisita dal marchio McDONALD’S e del fatto che nella mente del pubblico di riferimento si stabiliva un nesso tra tale marchio e il marchio contestato, sussisteva il serio rischio che l’uso, senza giusto motivo, del marchio contestato traesse indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S.

10      Il 26 giugno 2012 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, contro la decisione della divisione di annullamento.

11      Con decisione del 13 giugno 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto integralmente il ricorso della ricorrente aderendo, in sostanza, all’argomentazione della divisione di annullamento secondo cui, nel caso di specie, erano soddisfatte tutte le condizioni di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. A tale riguardo, essa ha dichiarato che il marchio McDONALD’S godeva di una notorietà considerevole per i servizi di fast food. Per quanto riguarda i fattori rilevanti al fine di valutare se il pubblico di riferimento, vale a dire il grande pubblico all’interno dell’Unione europea, che usufruiva parimenti dei servizi di fast food forniti dall’interveniente, potesse stabilire un nesso tra i marchi in conflitto, essa ha affermato, in primo luogo, che i marchi in conflitto erano simili, in secondo luogo, che la considerevole notorietà acquisita dal marchio McDONALD’S si estendeva anche alla combinazione del prefisso «mc» con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, in terzo luogo, che l’interveniente era proprietaria di una famiglia di marchi, che combinava il prefisso «mc» con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare (in prosieguo: la «famiglia di marchi “Mc”»), in quarto luogo, che il marchio contestato riproduceva la struttura comune alla famiglia di marchi «Mc» e, in quinto luogo, che i servizi e i prodotti designati dai marchi in conflitto presentavano un certo grado di somiglianza, dovuto agli stretti collegamenti tra essi esistenti. In esito a una valutazione complessiva di tutti questi fattori, essa è giunta alla conclusione che il pubblico di riferimento poteva stabilire mentalmente un nesso tra i marchi in conflitto e persino, in larga parte, associare il marchio contestato alla famiglia di marchi «Mc». Orbene, a suo avviso, il fatto che nella mente del pubblico di riferimento si stabilisse un nesso del genere poteva implicare il trasferimento dell’immagine del marchio McDONALD’S, o delle caratteristiche associate a quest’ultimo, ai prodotti designati dal marchio contestato, cosicché era molto probabile che la ricorrente traesse indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S. Infine, essa ha rilevato che l’uso del marchio contestato non presentava un giusto motivo.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

13       L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Osservazioni preliminari sul contesto normativo e sull’oggetto della controversia

14      Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, un marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo, su domanda presentata all’EUIPO, segnatamente allorché esiste un marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento, vale a dire un marchio la cui data di deposito sia anteriore a quella del marchio dell’Unione europea di cui è chiesto l’annullamento, e ricorrono le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento. Da quest’ultima disposizione risulta che l’annullamento di un marchio dell’Unione europea può essere chiesto anche qualora tale marchio sia stato registrato per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali è stato registrato il marchio anteriore.

15      La tutela estesa in tal modo accordata al marchio anteriore dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 presuppone il verificarsi di varie condizioni. In primo luogo, il marchio dell’Unione europea anteriore deve essere stato depositato prima di quello di cui è chiesto l’annullamento e deve essere registrato. In secondo luogo, il marchio dell’Unione europea anteriore e quello di cui è chiesto l’annullamento devono essere identici o simili. In terzo luogo, il marchio dell’Unione europea anteriore deve godere di notorietà nell’Unione. In quarto luogo, l’uso senza giusto motivo del marchio dell’Unione europea di cui è chiesto l’annullamento deve comportare il rischio che possa essere tratto indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio dell’Unione europea anteriore o che possa essere arrecato pregiudizio al carattere distintivo o alla notorietà di quest’ultimo marchio. Poiché tali condizioni sono cumulative, l’assenza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 [v. sentenza del 6 luglio 2012, Jackson International/UAMI – Royal Shakespeare (ROYAL SHAKESPEARE), T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 18 e giurisprudenza citata].

16      Nel caso di specie, la ricorrente non contesta né che il marchio McDONALD’S sia stato depositato prima del marchio contestato, il 1° aprile 1996, e registrato il 16 luglio 1999 (v. punto 6 supra), né che il marchio McDONALD’S goda, nell’Unione, di una notorietà considerevole per i servizi di fast food, cosicché il rispetto della prima e della terza condizione di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, richiamate al precedente punto 15, non è in discussione.

17      Per contro, la ricorrente contesta talune valutazioni che hanno portato la commissione di ricorso a dichiarare, nella decisione impugnata, che tra i marchi in conflitto sussisteva un certo grado di somiglianza. A suo avviso, a causa di quest’ultima somiglianza, dell’esistenza della famiglia di marchi «Mc», del carattere distintivo proprio acquisito dal prefisso «mc», della considerevole notorietà di cui gode il marchio McDONALD’S, la quale si estende al prefisso «mc», utilizzato in combinazione con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, e di un certo grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi contrassegnati dai marchi in conflitto, dati gli stretti collegamenti tra essi esistenti, nella mente del pubblico di riferimento si potrebbe stabilire un collegamento tra i marchi in conflitto. Di conseguenza, sarebbe molto probabile che l’utilizzo senza giusto motivo del marchio contestato tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S. L’oggetto della controversia sarebbe quindi limitato alla questione se la commissione di ricorso abbia approvato a buon diritto, nella decisione impugnata, le valutazioni della divisione di annullamento secondo le quali nella fattispecie erano soddisfatte la seconda e la quarta condizione di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, richiamate al precedente punto 15.

 Sull’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i marchi in conflitto

18      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione, nella decisione impugnata, per aver dichiarato che i marchi in conflitto erano globalmente simili, in una certa misura. Essa afferma che, secondo la giurisprudenza, la somiglianza visiva deve nella fattispecie prevalere, in quanto i prodotti alimentari e le bevande sono selezionati, anzitutto, in modo visivo. Orbene, a suo avviso, i marchi in conflitto sono molto diversi sul piano visivo e la commissione di ricorso ha ritenuto, a torto, che gli elementi «mac» e «mc» fossero visivamente simili. Essa sostiene inoltre che, sul piano fonetico, i marchi in conflitto sono molto diversi. I prefissi «mac» e «mc» non si pronuncerebbero nello stesso modo. In inglese, a causa del doppio impiego della lettera «c», il marchio contestato si pronuncerebbe «mac coffi», mentre il marchio McDONALD’S si pronuncerebbe «me don alds» e, come risulterebbe dalla giurisprudenza inglese prodotta nel fascicolo del presente procedimento, l’accento tonico cadrebbe sulla seconda sillaba «don», pertanto l’elemento «mc» sarebbe un elemento secondario di detto marchio sul piano fonetico. Sul piano concettuale, la ricorrente afferma che il marchio McDONALD’S è inteso come un cognome, mentre il marchio contestato, sebbene contenga l’elemento «mac», che è parimenti un prefisso comune dei cognomi di origine gaelica (scozzesi e irlandesi), non è nel complesso inteso come se fosse un cognome di tal sorta, perché detto elemento è associato al termine «coffee», che è inteso come indicativo del caffè, vale a dire una bevanda calda aromatica. In tale contesto, l’elemento «mac» del marchio contestato è probabilmente inteso come un richiamo a un termine gergale americano per rivolgersi in modo amichevole ad un estraneo, come nell’espressione «Hey Mac, you want a coffee?» («Ehi, Mac, vuoi un caffè?»). Mancando qualsiasi somiglianza tra i marchi in conflitto, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso dovesse respingere la domanda di nullità e osserva che, anche supponendo che tali marchi siano debolmente simili, alla luce della prassi dell’EUIPO, non sarebbe possibile desumerne che nella mente del pubblico di riferimento si stabilisce un collegamento tra loro.

19      L’EUIPO e l’interveniente respingono gli argomenti della ricorrente e chiedono il rigetto delle censure sollevate da quest’ultima, perché la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione, nella decisione impugnata, nel concludere per l’esistenza di un certo grado di somiglianza globale tra i marchi in conflitto.

20      A tale riguardo, va ricordato che la protezione conferita dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non è subordinata all’accertamento, tra i marchi in questione, di un grado di somiglianza tale da far sussistere, nella mente del pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra i medesimi. È sufficiente che il grado di somiglianza tra detti marchi abbia l’effetto di indurre il pubblico di riferimento a stabilire un collegamento tra essi [v., per analogia, sentenze del 16 maggio 2007, La Perla/UAMI – Worldgem Brands (NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC), T‑137/05, non pubblicata, EU:T:2007:142, punto 34 e giurisprudenza citata, e del 16 dicembre 2010, Rubinstein/UAMI – Allergan (BOTOLIST), T‑345/08 e T‑357/08, non pubblicata, EU:T:2010:529, punto 65 e giurisprudenza citata].

21      L’esistenza di un grado di somiglianza del genere, al pari dell’esistenza di un grado di somiglianza ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, deve essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Pertanto, tale valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (v., per analogia, sentenza del 16 maggio 2007, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑137/05, non pubblicata, EU:T:2007:142, punto 35 e giurisprudenza citata).

22      Nella presente causa, l’assenza di rischio di confusione tra i marchi in conflitto non è controversa. La discussione si limita alla questione se le valutazioni della commissione di ricorso, nella decisione impugnata, consentano di affermare che la condizione relativa all’esistenza di un grado minimo di somiglianza tra i marchi in esame, di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, era soddisfatta.

23      Per quanto riguarda, anzitutto, la somiglianza visiva tra i marchi in conflitto, va rilevato che detti marchi sono marchi denominativi.

24      Come osserva giustamente la ricorrente, i marchi in conflitto presentano notevoli differenze sul piano visivo, in quanto, sebbene il marchio McDONALD’S sia composto di nove lettere e di un segno tipografico e il marchio contestato di nove lettere, essi hanno in comune soltanto quattro lettere, vale a dire le lettere «m», «c», «o» e «a», tre delle quali non occupano la medesima posizione nei marchi in conflitto. È pur vero che tali marchi iniziano entrambi con la lettera «m» e che le loro lettere «c» e «o» si trovano rispettivamente nella seconda e nella quarta posizione nel marchio McDONALD’S e nella terza e nella quinta posizione nel marchio contestato. Inoltre, le lettere «m» e «c» compaiono nella parte iniziale dei marchi in conflitto, vale a dire negli elementi «mac» e «mc». Peraltro, la dissomiglianza tra i marchi in conflitto non può desumersi dall’utilizzo di caratteri minuscoli o maiuscoli, tale circostanza essendo irrilevante in quanto la tutela derivante dalla registrazione di un marchio denominativo ha ad oggetto la parola indicata nella domanda di registrazione e non gli aspetti grafici o stilistici particolari che tale marchio potrebbe, eventualmente, presentare [v. sentenza del 29 aprile 2015, Chair Entertainment Group/UAMI – Libelle (SHADOW COMPLEX), T‑717/13, non pubblicata, EU:T:2015:242, punto 50 e giurisprudenza citata]. Tuttavia, tali constatazioni non sono sufficienti per concludere nel senso di una somiglianza visiva, neanche di grado tenue, tra i marchi in conflitto.

25      La ricorrente sostiene quindi giustamente che la conclusione secondo cui i marchi in conflitto erano visivamente simili, in misura modesta, alla quale la commissione di ricorso è giunta al punto 38 della decisione impugnata, è errata.

26      Per quanto riguarda, poi, la somiglianza fonetica tra i marchi in conflitto, va approvata la valutazione della commissione di ricorso, al punto 39 della decisione impugnata, secondo la quale le parti iniziali di detti marchi, vale a dire gli elementi «mac» e «mc», si pronunciano entrambe «mak» o «mac», in quanto la lettera «a» costituisce uno «schwa» o una vocale mormorata pronunciata come nella parola inglese «ago», almeno da una parte del pubblico di riferimento. È pur vero che alcuni elementi prodotti nel fascicolo del presente procedimento possono mettere in dubbio la fondatezza della valutazione formulata in tal senso dalla commissione di ricorso riferendosi manifestamente alla parte anglofona di detto pubblico. Infatti, dalla seconda frase del punto 44 della sentenza della High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione della Cancelleria, Regno Unito], del 27 novembre 2001, nella causa Frank Yu Kwan Yuen/McDonald’s, prodotta dalla ricorrente, risulta che «la prima sillaba di McCHINA (…) è pronunciata in modo leggermente diverso da MAC». Quindi, sembra che tutto o parte del pubblico di riferimento anglofono possa pronunciare in modo leggermente diverso la parte iniziale dei marchi in conflitto. Tuttavia, un tale errore, ammesso che esista, non inficerebbe la legittimità della decisione impugnata, in quanto, come osserva giustamente l’EUIPO, la parte di tale pubblico che percepisce i prefissi «mc» e «mac» come i prefissi di cognomi gaelici li pronuncia in modo identico. Detti prefissi sono tradizionalmente pronunciati nello stesso modo, vale a dire «mac» [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2012, Comercial Losan/UAMI – McDonald’s International Property (Mc. Baby), T‑466/09, non pubblicata, EU:T:2012:346, punti 37 e 41, e del 26 marzo 2015, Emsibeth/UAMI – Peek & Cloppenburg (Nael), T‑596/13, non pubblicata, EU:T:2015:193, punti 48 e 50].

27      Inoltre, anche ammettendo, come sostiene la ricorrente, che tutto o parte del pubblico di riferimento pronunci pienamente la vocale «a», che figura nella parte iniziale del marchio contestato, mentre esso mormora quella che compare nella parte iniziale del marchio McDONALD’S, rimane il fatto che le pronunce delle parti iniziali dei marchi in conflitto restano fortemente simili. È pur vero che le parti finali di detti marchi, vale a dire gli elementi «donald’s» e «coffee», sono diversi sul piano fonetico, in quanto il semplice fatto che una lettera in entrambi, vale a dire la lettera «o», si pronunci nello stesso modo è, a tale riguardo, trascurabile. Tuttavia, tali differenze non consentono di negare l’esistenza di una certa somiglianza fonetica globale tra detti marchi, derivante dalla pronuncia identica, o quantomeno fortemente simile, da parte del pubblico di riferimento, della loro parte iniziale, vale a dire degli elementi «mac» e «mc».

28      Pertanto, la commissione di ricorso è giustamente pervenuta alla conclusione, al punto 41 della decisione impugnata, che i marchi in conflitto erano foneticamente simili, in una certa misura.

29      Per quanto riguarda la somiglianza concettuale tra i marchi in conflitto, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, i marchi sono abbastanza vicini quando evocano la medesima idea [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2007, Merant/UAMI – Focus Magazin verlag (FOCUS), T‑491/04, non pubblicata, EU:T:2007:141, punto 57, e dell’11 dicembre 2008, Tomorrow Focus/UAMI – Information Builders (Tomorrow Focus), T‑90/06, non pubblicata, EU:T:2008:567, punto 35].

30      Nel caso di specie occorre, anzitutto, rilevare, come ha fatto la commissione di ricorso ai punti 42 e 66 della decisione impugnata, che gli elementi «mc» e «mac», contenuti nei marchi in conflitto, sono associati, nella mente di una parte del pubblico di riferimento, alla medesima idea, vale a dire al prefisso di un cognome gaelico, a cui la parte anglofona del pubblico di riferimento attribuisce il significato di «figlio di», mentre non presenta alcun significato particolare per il resto del pubblico di riferimento (v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2012, Mc. Baby, T‑466/09, non pubblicata, EU:T:2012:346, punto 41, e del 26 marzo 2015, Nael, T‑596/13, non pubblicata, EU:T:2015:193, punto 41). Come osserva giustamente l’EUIPO, la parte del pubblico di riferimento che conosce i prefissi dei cognomi gaelici, sa che questi ultimi si scrivono indifferentemente «mc» o «mac». Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto a buon diritto, almeno per la parte anglofona del pubblico di riferimento, che la parte finale del marchio contestato, vale a dire l’elemento «coffee», fosse inteso come un riferimento a una bevanda aromatica, tradizionalmente servita calda, ottenuta dai semi della pianta del caffè. La parte del pubblico di riferimento che conosce i prefissi dei cognomi gaelici e che comprende il significato della parola inglese «coffee» è in grado di individuare, nel marchio contestato, l’associazione di tali due elementi, a maggior ragione in quanto, come rileva giustamente l’EUIPO, una siffatta associazione del prefisso «mac» o «mc» con un termine del linguaggio comune non ha nulla di inusuale (sentenza del 5 luglio 2012, Mc. Baby, T‑466/09, non pubblicata, EU:T:2012:346). L’associazione, nel marchio contestato, di un termine che richiama un cognome gaelico e di un altro termine che richiama il nome di una bevanda è più probabilmente intesa, dal pubblico di riferimento, come un riferimento a una bevanda prodotta da una persona di origine scozzese o irlandese anziché, come sostenuto dalla ricorrente, come un richiamo a un’espressione familiare nella quale il termine «mac» è utilizzato per rivolgersi in modo amichevole ad un estraneo.

31      Da quanto sopra consegue che i marchi in conflitto presentano una certa somiglianza concettuale, in quanto sono entrambi percepiti, almeno da una parte del pubblico di riferimento, come riferentisi a un cognome di origine gaelica. Di conseguenza, la commissione di ricorso ha considerato giustamente, al punto 42 della decisione impugnata, che i marchi in conflitto erano concettualmente simili, in una certa misura.

32      Infine, va ricordato che la somiglianza globale esistente tra i marchi in conflitto, sufficiente affinché il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra questi ultimi, pur non confondendoli, deve essere determinata tenendo conto delle somiglianze visiva, fonetica e concettuale tra detti marchi, nonché, se del caso, della valutazione dell’importanza relativa che occorre attribuire a tali diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi in questione e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio (v., in tal senso e per analogia, per quanto concerne la valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 27).

33      Nel caso di specie, i marchi in conflitto differiscono sul piano visivo, ma presentano un certo grado di somiglianza sul piano fonetico e concettuale, che deriva dalla loro rispettiva parte iniziale, vale a dire dagli elementi «mac» e «mc». Tali somiglianze fonetica e concettuale tra i marchi in conflitto non possono essere del tutto trascurate perché, sostiene la ricorrente, i modi di commercializzare i prodotti designati dal marchio interessato si baserebbero su una selezione prima di tutto visiva. È pur vero che dalla giurisprudenza risulta che, quando i prodotti designati da un marchio sono prodotti di consumo corrente, normalmente venduti in negozi self‑service, il pubblico di riferimento, all’atto dell’acquisto, di solito percepisce il marchio interessato visivamente, cosicché l’aspetto visivo riveste un’importanza maggiore nella valutazione globale della somiglianza tra tale marchio e un altro marchio confliggente [v., in tal senso e per analogia, per quanto riguarda la valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, sentenze del 23 maggio 2007, Henkel/UAMI – SERCA (COR), T‑342/05, non pubblicata, EU:T:2007:152, punto 53 e giurisprudenza citata, e del 13 dicembre 2007, Cabrera Sánchez/UAMI – Industrias Cárnicas Valle (el charcutero artesano), T‑242/06, non pubblicata, EU:T:2007:391, punto 80 e giurisprudenza citata]. Tuttavia, sebbene, in una siffatta ipotesi, la somiglianza fonetica rivesta un’importanza ridotta (sentenza del 13 dicembre 2007, el charcutero artesano, T‑242/06, non pubblicata, EU:T:2007:391, punto 81), poiché di solito il marchio non dovrà essere pronunciato dal consumatore dei prodotti interessati, essa non diviene per ciò trascurabile, o addirittura mantiene tutta la sua importanza, in quanto non è escluso che, in certi casi, ci sia una comunicazione orale sui prodotti e sul marchio interessati prima dell’acquisto [v., in tal senso, sentenze del 23 maggio 2007, COR, T‑342/05, non pubblicata, EU:T:2007:152, punto 53, e del 23 settembre 2011, NEC Display Solutions Europe/UAMI – C More Entertainment (see more), T‑501/08, non pubblicata, EU:T:2011:527, punto 53] o che i prodotti siano oggetto di una pubblicità orale, alla radio o da parte di altri consumatori (sentenza del 23 settembre 2011, see more, T‑501/08, non pubblicata, EU:T:2011:527, punto 53). Analogamente, in una siffatta ipotesi, l’importanza della somiglianza concettuale, sebbene sia ridotta perché nei negozi self-service il consumatore impiega poco tempo tra un acquisto e l’altro e, spesso, non legge tutte le indicazioni riportate sui vari prodotti, ma piuttosto si lascia guidare dall’impatto visivo complessivo prodotto dalle etichette o dalle confezioni [sentenza del 2 dicembre 2008, Ebro Puleva/UAMI – Berenguel (BRILLO’S), T‑275/07, non pubblicata, EU:T:2008:545, punto 24], non diventa per ciò trascurabile, specialmente nel caso in cui i marchi in conflitto siano marchi denominativi.

34      Orbene, prendendo in considerazione gli aspetti fonetico e concettuale si può affermare che i marchi in conflitto, sebbene differiscano sul piano visivo e presentino anche differenze sul piano concettuale e fonetico, perché le parti finali differiscono, presentano nondimeno un certo grado di somiglianza globale, data la somiglianza concettuale e fonetica tra le loro rispettive parti iniziali, vale a dire tra gli elementi «mc» e «mac».

35      Di conseguenza la commissione di ricorso, benché abbia deciso a torto che i marchi in conflitto presentavano un debole grado di somiglianza sul piano visivo (v. punto 25 supra), ha concluso a buon diritto, al punto 48 della decisione impugnata, che i marchi in conflitto erano complessivamente simili, in una certa misura. Pertanto, l’errore rilevato nell’ambito della valutazione della somiglianza tra i marchi in conflitto non deve condurre all’annullamento della decisione impugnata.

36      Occorre dunque dichiarare che le valutazioni della commissione di ricorso nella decisione impugnata, secondo le quali la seconda condizione di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, richiamata al precedente punto 15, era nella fattispecie soddisfatta, sono fondate; di conseguenza, occorre respingere tutte le censure sollevate nei confronti di dette valutazioni.

 Sul collegamento stabilito tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento

37      In via preliminare, va ricordato che le violazioni menzionate dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si verificano, sono la conseguenza di un accostamento che il pubblico interessato fa tra i marchi in esame, vale a dire un collegamento che stabilisce tra detti marchi, senza però confonderli (v., in tal senso, sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 19 e giurisprudenza citata). Il fatto che sia stabilito un collegamento del genere dev’essere valutato complessivamente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 20 e giurisprudenza citata). Tra detti fattori figurano il grado di somiglianza tra i marchi in questione, la natura dei prodotti o dei servizi coperti da tali marchi, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di detti prodotti o servizi e il pubblico interessato, il livello di notorietà del marchio anteriore, la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore e l’esistenza di un rischio di confusione (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 21 e giurisprudenza citata).

38      Nella fattispecie, la ricorrente contesta in particolare le valutazioni della commissione di ricorso, nella decisione impugnata, secondo le quali, da una parte, l’esistenza della famiglia di marchi «Mc» sarebbe un fattore rilevante per valutare se nella mente del pubblico di riferimento si stabilisca un nesso tra i marchi in conflitto e, dall’altra, sussisterebbe un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti di cui trattasi, dati gli stretti collegamenti che esisterebbero tra loro.

 Sull’esistenza della famiglia di marchi «Mc» quale fattore rilevante per valutare se nella mente del pubblico di riferimento si stabilisca un collegamento tra i marchi in conflitto

39      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione, nella decisione impugnata, per aver rilevato che, a causa dell’elemento «mac» contenuto nel marchio contestato, il pubblico di riferimento poteva associare quest’ultimo alla famiglia di marchi «Mc», derivante dal marchio McDONALD’S. Essa ritiene, a tale riguardo, che la giurisprudenza in materia di famiglia di marchi debba essere interpretata restrittivamente, in quanto essa deroga al principio generale secondo cui tutti i marchi devono essere valutati globalmente. A suo avviso, gli elementi prodotti dall’interveniente nel fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO, vale a dire i menu dei ristoranti fast food dell’interveniente, un sondaggio indipendente condotto nel 1991 e nel 1992, e le decisioni di giudici degli Stati membri, non erano sufficienti per arrivare alla conclusione che, nella mente del pubblico di riferimento, il prefisso «mc» era associato ai prodotti alimentari e alle bevande. Ad eccezione di un documento che menziona il marchio McDONALD’S, tutti questi elementi sarebbero datati 2010 e sarebbero quindi posteriori al 13 ottobre 2008, data di deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Inoltre, la parte dell’indagine indipendente condotta nel 1991 rivelerebbe unicamente che le persone interrogate assocerebbero il prefisso «mc» al marchio McDONALD’S, mentre la parte della medesima indagine condotta nel 1992, i cui risultati potrebbero essere stati falsati da una formulazione tendenziosa della domanda posta, consentirebbe soltanto di concludere che la maggior parte delle persone interrogate avrebbe saputo che il prefisso «mc», combinato con altre parole, era utilizzato per servizi di fast food o di ristorazione self-service. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso non aveva fondate ragioni per presumere che le conclusioni cui arrivava il sondaggio indipendente valessero oltre sedici anni dopo e che la loro rilevanza fosse persino aumentata. Infine, le decisioni di giudici degli Stati membri esaminate dalla commissione di ricorso non sarebbero probanti in quanto non vincolerebbero l’EUIPO e rifletterebbero situazioni specifiche. La ricorrente osserva che dalla giurisprudenza e dalla parte C, sezione 2, capo 7, punto 2, pagina 4, delle direttive relative ai procedimenti dinanzi all’EUIPO (in prosieguo: le «direttive dell’EUIPO») risulta implicitamente che la nozione di famiglia di marchi non è applicabile nel caso di specie, in quanto l’elemento «mac», contenuto nel marchio contestato, non è identico all’elemento «mc», comune alla famiglia di marchi «Mc». L’elemento «coffee», che figura nel marchio contestato e che richiama il nome di una bevanda, differenzierebbe detto marchio dai marchi anteriori dell’interveniente che combinano il prefisso «mc» con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, scritto principalmente in lettere minuscole. La ricorrente invoca il fatto che, all’interno dell’Unione, l’interveniente non vende bevande contrassegnate da un marchio che include il prefisso «mc». A suo avviso, le differenze esistenti tra il marchio contestato e i marchi anteriori dell’interveniente sono abbastanza rilevanti da essere percepite dal pubblico di riferimento.

40      In subordine, la ricorrente sostiene che il marchio McDONALD’S non ha la medesima struttura degli altri marchi anteriori dell’interveniente, i quali combinano il prefisso «mc» con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, cosicché esso non appartiene alla famiglia di marchi «Mc». L’utilizzo dell’elemento «mc» e, a fortiori, dell’elemento «mac» non sarebbe censurabile, perché si tratterebbe di un prefisso comune nei cognomi gaelici, che sarebbe utilizzato in molti modi senza dare adito a contestazioni.

41      L’EUIPO e l’interveniente respingono gli argomenti della ricorrente e sostengono che la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, nella decisione impugnata, che l’esistenza della famiglia di marchi «Mc» costituiva un fattore da prendere in considerazione per valutare se nella mente del pubblico di riferimento, si stabilisse un collegamento tra i marchi in conflitto.

42      Come rilevato al precedente punto 37, il fatto che nella mente del pubblico interessato si stabilisca un collegamento tra i marchi in esame dev’essere valutato complessivamente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 20 e giurisprudenza citata). Tra i fattori pertinenti a tale riguardo figura l’esistenza di una famiglia di marchi anteriori [v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2012, IG Communications/UAMI – Citigroup e Citibank (CITIGATE), T‑301/09, non pubblicata, EU:T:2012:473, punto 106]. Infatti, nell’ipotesi in cui la domanda di nullità di un marchio si fondi sull’esistenza di più marchi anteriori che presentano caratteristiche comuni che consentono di considerarli parte di una medesima famiglia, lo stabilimento, nella mente del pubblico interessato, di un nesso tra il marchio di cui è chiesta la nullità e i marchi anteriori può risultare dal fatto che il primo presenti caratteristiche tali da collegarlo alla famiglia composta dai secondi (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punti 62 e 63).

43      Più marchi presentano caratteristiche che consentono di considerarli parte di una stessa «famiglia», in particolare, laddove riproducano integralmente uno stesso elemento distintivo con l’aggiunta di un elemento, grafico o denominativo, che li differenzia l’uno dall’altro, oppure laddove si caratterizzino per la ripetizione di uno stesso prefisso o suffisso estrapolato da un marchio originario [sentenza del 23 febbraio 2006, Il Ponte Finanziaria/UAMI – Marine Enterprise Projects (BAINBRIDGE), T‑194/03, EU:T:2006:65, punto 123]. Il titolare dei marchi anteriori non è tenuto a provare che tali marchi siano percepiti dal pubblico interessato come costituenti una famiglia (sentenza del 25 novembre 2014, UniCredit/UAMI, T‑303/06 RENV e T‑337/06 RENV, EU:T:2014:988, punti da 65 a 67).

44      Tuttavia, non ci si può aspettare che, in mancanza di uso di un numero di marchi sufficiente a costituire una famiglia, il pubblico interessato individui caratteristiche comuni in tale famiglia e stabilisca un nesso tra tale famiglia e un altro marchio contenente elementi che assomigliano a dette caratteristiche. Pertanto, affinché il pubblico interessato possa stabilire un nesso tra un marchio di cui è chiesto l’annullamento e una «famiglia» di marchi anteriori, i marchi appartenenti a quest’ultima devono essere presenti sul mercato (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 64, e del 23 febbraio 2006, BAINBRIDGE, T‑194/03, EU:T:2006:65, punto 126).

45      Spetta quindi al titolare dei marchi anteriori che chiede la nullità del marchio dell’Unione europea posteriore fornire la prova dell’uso effettivo di un numero di essi sufficiente a costituire una «famiglia» e, dunque, dimostrare l’esistenza di quest’ultima affinché si possa valutare se il pubblico interessato stabilisca un nesso tra il marchio di cui è chiesto l’annullamento e i marchi anteriori che compongono detta «famiglia» (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punti 65 e 66, e del 23 febbraio 2006, BAINBRIDGE, T‑194/03, EU:T:2006:65, punto 126) o anche soltanto tra il marchio di cui è chiesto l’annullamento e il marchio anteriore originario della medesima «famiglia».

46      Alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 42 a 45, occorre verificare, da una parte, se l’interveniente abbia fornito la prova dell’uso effettivo di un numero di propri marchi anteriori sufficiente a costituire, in virtù delle loro caratteristiche comuni, una «famiglia» di marchi e, dall’altra, se il marchio contestato contenga elementi che assomigliano alle caratteristiche comuni a tale «famiglia».

–       Sull’utilizzo effettivo di un numero di marchi anteriori sufficiente a costituire una «famiglia» di marchi

47      Ai punti 57 e 86 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha approvato le conclusioni della divisione di annullamento secondo le quali le prove fornite dall’interveniente erano sufficienti a dimostrare l’uso effettivo del marchio McDONALD’S per i servizi di fast food. A questo proposito, essa ha in particolare richiamato gli elementi prodotti dall’interveniente che attestavano che detto marchio occupava la sesta posizione a livello mondiale nell’analisi globale dei marchi effettuata da una società di consulenza e che i servizi venduti con tale marchio generavano un reddito di circa EUR 32 000 milioni, elementi corroborati anche da dichiarazioni, alle quali erano stati allegati etichette di prodotti, cartelli di menu e materiale promozionale.

48      Inoltre, ai punti da 58 a 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha dichiarato che le prove fornite dall’interveniente erano sufficienti a constatare l’uso effettivo sul mercato dei marchi che combinano il prefisso «mc» con un’altra parola, quali i marchi McFISH, McTOAST, McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN, EGG McMUFFIN e McFEAST, per servizi di fast food e per prodotti che figurano nel menu dei ristoranti fast food, in una parte del territorio dell’Unione. A tale riguardo, essa ha in particolare citato l’indagine indipendente condotta nel 1991 e nel 1992, nonché le decisioni di giudici nazionali prodotte dall’interveniente.

49      Nella fattispecie in esame, la ricorrente si limita a sostenere che gli elementi prodotti dall’interveniente non dimostrano che l’uso effettivo del prefisso «mc», combinato con un’altra parola, sia stato sufficiente nel territorio dell’Unione affinché, nei periodi rilevanti, tale prefisso fosse associato, nella mente del pubblico di riferimento, ai prodotti alimentari e alle bevande. Pertanto, la ricorrente non contesta l’uso effettivo dei marchi anteriori, bensì il fatto che tale uso sia stato sufficiente affinché il prefisso «mc», combinato con un’altra parola, acquisisse un carattere distintivo proprio per i prodotti alimentari e le bevande.

50      In via preliminare, va rilevato che, al punto 59 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha solamente constatato che l’uso effettivo del prefisso «mc», combinato con un’altra parola, era stato, almeno su una parte del territorio dell’Unione, sufficiente affinché, nei periodi rilevanti, tale prefisso fosse associato, nella mente del pubblico di riferimento, ai servizi di fast food e ai prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food.

51      Nella fattispecie, occorre quindi verificare se l’interveniente abbia fornito la prova di un uso effettivo dei marchi menzionati ai precedenti punti 47 e 48, tale da aver conferito al prefisso «mc», combinato con un’altra parola, un carattere distintivo proprio rispetto ai servizi di fast food e ai prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food, almeno in una parte del territorio dell’Unione.

52      A tale riguardo, occorre osservare che, per esaminare, in un caso specifico, l’effettività dell’uso di un marchio si deve procedere a una valutazione complessiva degli elementi forniti, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Una valutazione del genere deve essere basata sul complesso dei fatti e delle circostanze idonei a dimostrare l’effettività dello sfruttamento commerciale del marchio, segnatamente gli usi di quest’ultimo considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o creare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio [v., per analogia, sentenza del 29 febbraio 2012, Certmedica International e Lehning entreprise/UAMI – Lehning entreprise e Certmedica International (L112), T‑77/10 e T‑78/10, non pubblicata, EU:T:2012:95, punto 40 e giurisprudenza citata].

53      L’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi [v., per analogia, sentenza del 23 settembre 2009, Cohausz/UAMI – Izquierdo Faces (acopat), T‑409/07, non pubblicata, EU:T:2009:354, punto 36 e giurisprudenza citata].

54      Tuttavia, dalla regola 22, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 (GU 1995, L 303, pag. 1), applicabile, mutatis mutandis, nei procedimenti di nullità ai sensi della regola 40, paragrafo 6, di detto regolamento, risulta che le prove dell’uso devono limitarsi, in linea di principio, alla presentazione di documenti e di altri elementi giustificativi quali imballaggi, etichette, elenchi di prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, pubblicità a mezzo stampa e dichiarazioni scritte fatte sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne, di cui all’articolo 78, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009.

55      Inoltre, dall’articolo 57, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 42, paragrafo 2, del medesimo regolamento, risulta che i periodi da prendere in considerazione per stabilire l’esistenza di un uso effettivo del marchio McDONALD’S e, a fortiori, di un uso effettivo degli altri marchi anteriori, derivati da quest’ultimo marchio e idonei a costituire, secondo l’interveniente, una «famiglia» di marchi, sono, da una parte, il periodo dal 12 gennaio 2004 all’11 gennaio 2009 e, dall’altra, il periodo dal 13 agosto 2005 al 12 agosto 2010 (in prosieguo: i «periodi rilevanti»). È pur vero che la presa in considerazione di circostanze successive o anche precedenti ai periodi così definiti dalla normativa applicabile è possibile, ma essa è necessariamente subordinata alla presentazione di documenti che dimostrino l’uso dei marchi interessati durante detti periodi [v., per analogia, sentenza del 27 settembre 2012, El Corte Inglés/UAMI – Pucci International (PUCCI), T‑39/10, non pubblicata, EU:T:2012:502, punto 26]. Pertanto, al punto 86 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha giustamente approvato le osservazioni, di cui al punto 24 della decisione della divisione di annullamento, che definiscono nel modo sopra menzionato i periodi rilevanti.

56      Le prove d’uso prodotte nella fattispecie dall’interveniente sono elencate ai punti 29 e 30 della decisione della divisione di annullamento.

57      Come afferma giustamente la commissione di ricorso ai punti 57 e 86 della decisione impugnata, gli elementi forniti che si riferiscono ai periodi rilevanti dimostrano a sufficienza l’uso effettivo, almeno in una parte del territorio dell’Unione, del marchio McDONALD’S per i servizi di fast food. Infatti, tali elementi dimostrano che, durante i periodi rilevanti, il marchio McDONALD’S è rimasto uno dei dieci marchi più importanti a livello mondiale ed è stato utilizzato intensivamente, in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, per designare servizi di fast food e prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food.

58      Inoltre, come giustamente osservato dalla commissione di ricorso al punto 58 della decisione impugnata e come risulta, peraltro, dagli elementi forniti dall’interveniente, quest’ultima aveva già ottenuto la registrazione o fatto registrare, durante i periodi rilevanti, un gran numero di marchi che combinano il prefisso «mc» con un’altra parola, quali i marchi McFISH, McTOAST, McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN, EGG McMUFFIN e McFEAST, per servizi di fast food e prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food. Inoltre, essa ha utilizzato i marchi McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN in Germania e i marchi McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN nel Regno Unito, per designare prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food e su materiale promozionale. Benché, come ha osservato la ricorrente, l’interveniente non abbia fornito informazioni relative ai fatturati realizzati per ciascuno dei prodotti in questione, essa ha prodotto nel fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO documenti che dimostrano che, nel 2004 e nel 2009, vale a dire durante i periodi rilevanti, essa possedeva, rispettivamente, 1 262 e 1 361 ristoranti in Germania nonché 1 250 e 1 193 ristoranti nel Regno Unito. Inoltre, dalla relazione annuale del 2009 redatta dall’interveniente per la Germania, prodotta nel procedimento dinanzi all’EUIPO e presente nel fascicolo della presente causa, risulta che i ristoranti tedeschi dell’interveniente hanno realizzato un fatturato notevole nel 2008 e nel 2009. Valutati globalmente, conformemente alla soluzione adottata nella sentenza del 17 febbraio 2011, J & F Participações/UAMI – Plusfood Wrexham (Friboi) (T‑324/09, non pubblicata, EU:T:2011:47, punti 27 e 31), tali elementi consentono di constatare, nella fattispecie, l’uso effettivo da parte dell’interveniente dei marchi McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN in Germania e nel Regno Unito, vale a dire in una parte sostanziale del territorio dell’Unione, durante i periodi rilevanti.

59      Inoltre, come ha rilevato giustamente la commissione di ricorso al punto 59 della decisione impugnata, alcuni giudici in Germania, in Spagna, in Svezia e nel Regno Unito hanno dichiarato, durante i periodi rilevanti, che il prefisso «mc», combinato con un’altra parola, aveva acquisito un carattere distintivo proprio per servizi di fast food e per prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food. Sebbene l’EUIPO non sia vincolato dalle decisioni emesse dalle autorità nazionali e sebbene, essendo l’applicazione del diritto dei marchi dell’Unione indipendente da qualsiasi ordinamento nazionale, la legittimità delle decisioni dell’EUIPO non possa essere rimessa in discussione sulla base delle sole valutazioni contenute in decisioni nazionali anteriori, queste ultime decisioni possono nondimeno essere prese in considerazione dall’EUIPO, quali indizi, nell’ambito della valutazione dei fatti di causa [v., in tal senso, sentenze del 21 aprile 2004, Concept/UAMI (ECA), T‑127/02, EU:T:2004:110, punti 70 e 71; del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T‑304/06, EU:T:2008:268, punto 45, e del 25 ottobre 2012, riha/UAMI – Lidl Stiftung (VITAL&FIT), T‑552/10, non pubblicata, EU:T:2012:576, punto 66]. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso poteva, ai fini della propria valutazione dei fatti di causa, tenere conto nella decisione impugnata, a titolo di indizi, delle constatazioni effettuate dai giudici nazionali durante i periodi rilevanti, dalle quali risultava che, nel territorio rientrante nella loro competenza, l’uso del prefisso «mc», combinato con un’altra parola, era stato in grado di consentirgli di acquisire un carattere distintivo proprio per i servizi di fast food e per i prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food.

60      Come ha osservato giustamente la commissione di ricorso al punto 59 della decisione impugnata, le rilevazioni così effettuate dai giudici nazionali erano inoltre confermate dal sondaggio indipendente condotto nel 1991 e nel 1992, dal quale risultava che, nella mente di una parte del pubblico di riferimento, il prefisso «mc» era largamente associato al segno McDONALD’S e che il medesimo prefisso, combinato con un’altra parola, era largamente associato a ristoranti fast food appartenenti a uno stesso gruppo. Tali elementi, anteriori ai periodi rilevanti, potevano, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 55, essere utilizzati dalla commissione di ricorso. Per quanto riguarda le domande poste nell’ambito dell’indagine indipendente, occorre osservare, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, che la loro formulazione consentiva di verificare, in modo obiettivo, in quale misura, nella mente di una parte del pubblico di riferimento, vale a dire del consumatore tedesco di servizi di fast food, il prefisso «mc» fosse associato, da un lato, al segno McDONALD’S e, dall’altro, a servizi di fast food appartenenti a uno stesso gruppo. Per quanto concerne la particolare risalenza nel tempo di tali risultati, si deve certamente constatare che essi non consentono di stabilire collegamenti tra l’uso del marchio McDONALD’S e i marchi anteriori McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN, il cui uso effettivo è stato constatato al precedente punto 58. Del resto, questi ultimi sono stati tutti registrati dopo il periodo coperto dal sondaggio indipendente. Tuttavia, detti risultati confermano che, nel momento in cui tali marchi sono stati utilizzati, il prefisso «mc», combinato con un’altra parola, aveva già acquisito un carattere distintivo proprio rispetto ai servizi di fast food. Infatti, come ha osservato giustamente l’EUIPO, nulla consente di concludere, nelle circostanze del caso di specie, che quanto affermato nell’ambito del sondaggio indipendente sia poi stato invalidato, in quanto, come la commissione di ricorso ha rilevato al punto 86 della decisione impugnata, gli elementi forniti dall’interveniente dimostrano che, durante i periodi rilevanti, quest’ultima ha continuato a registrare marchi che combinano il prefisso «mc» con un’altra parola e che il marchio McDONALD’S è rimasto uno dei marchi più importanti a livello mondiale. Ciò dimostra che l’interveniente ha continuato ad investire per preservare la notorietà di tale marchio per i servizi di fast food.

61      Gli elementi di prova prodotti dall’interveniente dimostrano quindi che l’uso, da parte di quest’ultima, dei marchi McDONALD’S, McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN è stato sufficiente affinché, nei periodi rilevanti, il prefisso «mc», combinato con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, conservasse il carattere distintivo proprio che aveva acquisito precedentemente in relazione ai servizi fast food e ai prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food, almeno in una parte del territorio dell’Unione.

62      Di conseguenza, la commissione di ricorso ha considerato a buon diritto, al punto 60 della decisione impugnata, che l’interveniente aveva fornito sufficienti indicazioni sul fatto che i marchi anteriori menzionati al precedente punto 58 fossero stati oggetto di un uso effettivo durante i periodi rilevanti.

63      Inoltre, la commissione di ricorso ha giustamente considerato in sostanza, ai punti da 67 a 69, 73 e 74 della decisione impugnata, che gli elementi prodotti dall’interveniente dimostravano, in modo giuridicamente sufficiente, che, nei periodi rilevanti, il prefisso «mc», combinato con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, aveva acquisito un carattere distintivo proprio rispetto ai servizi di fast food e ai prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food, almeno in una parte del territorio dell’Unione, cosicché, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 43, tale prefisso era idoneo a caratterizzare l’esistenza di una famiglia di marchi.

64      Infine, occorre osservare che i marchi McMUFFIN, McRIB, McFLURRY, CHICKEN McNUGGETS, McCHICKEN ed EGG McMUFFIN, derivati dal marchio McDONALD’S, soddisfano tutte le condizioni necessarie per costituire una «famiglia» di marchi, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 43, in quanto sono in numero sufficiente e riproducono integralmente un medesimo elemento distintivo, vale a dire l’elemento «mc», con l’aggiunta di un elemento denominativo che li differenzia gli uni dagli altri, e che essi si caratterizzano per la ripetizione di un medesimo prefisso, «mc», estratto dal marchio McDONALD’S. Il fatto che, in quest’ultimo marchio, il secondo elemento si riferisca ad un cognome mentre, nei marchi che compongono la famiglia, esso si riferisca al nome di un prodotto presente nel menu dei ristoranti fast food è irrilevante, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente. Infatti, come rileva correttamente la commissione di ricorso al punto 81 della decisione impugnata, il marchio McDONALD’S, famoso per i servizi di fast food, è il marchio originario della famiglia, al quale tutti i marchi derivati sono collegati da una caratteristica comune, vale a dire il prefisso «mc», e dal quale essi si distinguono tutti mediante uno stesso tipo di elemento finale, che richiama uno dei prodotti alimentari presenti nel menu dei ristoranti fast food dell’interveniente, come osservato al punto 61 della decisione impugnata.

65      Dunque, è parimenti a buon diritto che, ai punti 58 e 60 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha deciso che i marchi anteriori costituivano una «famiglia di marchi» ed erano stati utilizzati «come una “famiglia di marchi”».

–       Sulla presenza, nel marchio contestato, di elementi idonei a collegarlo alla famiglia di marchi «Mc»

66      Ai punti 63 e 64 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio contestato presentasse caratteristiche idonee a collegarlo alla famiglia di marchi «Mc», poiché, in primo luogo, tale marchio cominciava con il prefisso «mac», che sarebbe verosimilmente percepito come quasi identico al prefisso comune alla famiglia di marchi «Mc», in secondo luogo, la struttura del marchio in questione era molto simile a quella comune alla famiglia di marchi «Mc» e, in terzo luogo, i prefissi «mc» e «mac» occupavano, nel marchio contestato e nella famiglia di marchi «Mc», la medesima posizione e avevano il medesimo contenuto semantico.

67      A tale riguardo, occorre osservare che, nelle circostanze del caso di specie, la commissione di ricorso ha giustamente dichiarato che il marchio contestato presentava caratteristiche idonee a collegarlo alla famiglia di marchi «Mc», per le ragioni esposte ai precedenti punti 30 e 64.

68      Gli argomenti addotti dalla ricorrente per contestare l’esistenza di caratteristiche idonee a collegare il marchio contestato alla famiglia di marchi «Mc» non convincono.

69      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’elemento iniziale del marchio contestato, vale a dire l’elemento «mac», è semplicemente simile al prefisso comune alla famiglia di marchi «Mc», vale a dire il prefisso «mc», mentre il punto 2, pagina 4, del capo 7 della sezione 2 della parte C, «Opposizione», delle direttive dell’EUIPO prevede che l’elemento comune al marchio contestato e alla famiglia di marchi deve essere «identico o molto simile», è sufficiente rilevare che, almeno per la parte del pubblico di riferimento che conosce i prefissi dei cognomi gaelici, l’elemento iniziale di tale marchio, vale a dire l’elemento «mac», è percepito come identico o equivalente all’elemento iniziale comune alla famiglia di marchi «Mc», vale a dire l’elemento «mc».

70      Per quanto concerne, inoltre, gli argomenti basati sul confronto visivo tra i marchi in conflitto, essi sono irrilevanti in quanto sono l’identità concettuale e, in misura minore, l’identità fonetica esistente tra gli elementi iniziali del marchio contestato e della famiglia di marchi «Mc», nonché la struttura identica del primo e dei secondi, che consentono di collegare il marchio contestato a detta famiglia di marchi (v. punto 69 supra). In ogni caso, la circostanza che, nel loro uso reale, il marchio contestato e i marchi anteriori di tale famiglia di marchi possano distinguersi per l’utilizzo di caratteri minuscoli o maiuscoli è irrilevante, ai sensi della giurisprudenza già citata al precedente punto 24.

71      Inoltre, l’argomento tratto dalla struttura diversa del marchio contestato e dei marchi anteriori della famiglia di marchi «Mc», sebbene presenti una certa rilevanza, non è in grado di rimettere in discussione la fondatezza della valutazione della commissione di ricorso. In effetti, quest’ultima ha giustamente concluso, al punto 92 della decisione impugnata, che i prodotti per i quali il marchio contestato era registrato, e che erano sia prodotti alimentari (compresi gelati, muffin, sandwich ripieni e sandwich alla griglia) sia bevande, erano strettamente connessi ai servizi per i quali il marchio McDONALD’S godeva di notorietà, vale a dire i servizi di fast food, nell’ambito dei quali venivano forniti ai clienti prodotti alimentari e bevande (v. punti 76 e segg. infra). Inoltre, laddove la ricorrente afferma di utilizzare il marchio contestato soltanto per commercializzare bevande, occorre rilevare che, ai sensi della giurisprudenza, non sono i prodotti per i quali il marchio in questione viene effettivamente utilizzato sul mercato a dover essere presi in considerazione, bensì quelli per i quali esso è stato registrato [v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2005, Gillette/UAMI – Wilkinson Sword (RIGHT GUARD XTREME sport), T‑286/03, non pubblicata, EU:T:2005:126, punto 33].

72      Infine, l’argomento secondo cui il marchio contestato non riproduce la medesima struttura del marchio McDONALD’S è inconferente. Infatti, ciò che importa è che il marchio contestato riproduca le caratteristiche comuni alle quali i marchi anteriori della famiglia di marchi «Mc» si ricollegano e mediante le quali essi si differenziano dal marchio McDONALD’S, che costituisce il marchio originario di tale famiglia di marchi.

73      In definitiva, occorre dichiarare che la commissione di ricorso, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 42, aveva fondate ragioni per considerare, ai punti 99 e 100 della decisione impugnata, che l’esistenza della famiglia di marchi «Mc» costituiva nella fattispecie un fattore da prendere in considerazione per valutare se nella mente del pubblico di riferimento si stabilisse un collegamento tra i marchi in conflitto.

 Sull’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti in questione

74      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione, nella decisione impugnata, nel constatare l’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti in questione, a causa degli stretti collegamenti esistenti tra loro. A suo avviso, i servizi e i prodotti in questione sono, per il marchio McDONALD’S, i servizi di fast food per i quali detto marchio gode di notorietà, e, per il marchio contestato, i prodotti per i quali quest’ultimo è stato registrato, vale a dire taluni prodotti alimentari e talune bevande e, in particolare, il caffè, i succedanei del caffè, il caffè istantaneo, i preparati istantanei per caffè, i chicchi di caffè e il caffè macinato, rientranti nella classe 30 (in prosieguo: i «prodotti di base del caffè»), che sono venduti con il marchio interessato. Essa sostiene che dalla prassi decisionale dell’EUIPO risulta che i servizi di ristorazione, da una parte, e i prodotti alimentari e le bevande, dall’altra, non sono simili. Il fatto che i consumatori dei servizi e dei prodotti in questione siano i medesimi sarebbe irrilevante per valutare l’esistenza di una somiglianza tra tali servizi e tali prodotti, poiché il grande pubblico all’interno dell’Unione acquisterebbe tutti i tipi di servizi e di prodotti, i quali potrebbero essere molto simili come pure molto diversi. I prodotti di base del caffè non sarebbero affatto simili ai servizi di fast food, poiché sarebbero venduti nei supermercati e nelle drogherie e non nei ristoranti fast food e, qualora lo fossero, i consumatori non penserebbero che tali ristoranti siano responsabili della loro fabbricazione. Il fatto che i ristoranti utilizzino prodotti alimentari grezzi e servano prodotti alimentari non significherebbe che i servizi di fast food siano simili ai prodotti alimentari, come risulterebbe sia dalla giurisprudenza sia dalla parte C.2, capo 2.B, sezione 5.3.3 delle direttive dell’EUIPO, nella versione in vigore all’epoca dei fatti. Secondo la ricorrente, la giurisprudenza citata dall’EUIPO è irrilevante, poiché si riferisce ad alimenti preparati. La ricorrente ritiene che gli elementi prodotti dall’interveniente nel fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO non consentissero alla commissione di ricorso di affermare, al punto 101 della decisione impugnata, che prodotti alimentari quali il ketchup erano stati venduti con il marchio McDONALD’S in supermercati tedeschi e italiani.

75      L’EUIPO e l’interveniente respingono gli argomenti della ricorrente e sostengono che la commissione di ricorso non è incorsa in alcun errore di valutazione, nella decisione impugnata, nel concludere per l’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti in questione.

76      In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretato nel senso che esso può essere invocato a sostegno di una domanda di annullamento sia quando i prodotti e i servizi designati dal marchio dell’Unione europea anteriore e i prodotti e i servizi per i quali un marchio dell’Unione europea è stato registrato siano identici o simili sia quando essi non siano né identici né simili [v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 33].

77      Secondo la giurisprudenza, il grado di prossimità o di dissomiglianza dei prodotti o dei servizi interessati è, in tale contesto, solamente un fattore rilevante per valutare se nella mente del pubblico interessato si stabilisca un nesso tra i marchi in esame (v. sentenza del 6 luglio 2012, ROYAL SHAKESPEARE, T‑60/10, non pubblicata, EU:T:2012:348, punto 21 e giurisprudenza citata).

78      Per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi interessati, si deve tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra tali prodotti e tali servizi, i quali includono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, il loro impiego nonché la loro concorrenzialità o complementarità (sentenza del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 23).

79      Come osservato al precedente punto 71, i servizi e i prodotti da confrontare nel caso di specie sono, da una parte, i servizi per i quali il marchio McDONALD’S gode di notorietà, vale a dire i servizi di fast food, nell’ambito dei quali vengono forniti ai clienti prodotti alimentari e bevande, e, dall’altra, i prodotti per i quali il marchio contestato è registrato, che comprendono taluni prodotti alimentari e talune bevande. Per le ragioni esposte al precedente punto 71, la ricorrente non ha fondate ragioni per pretendere che detto confronto debba vertere principalmente, per quanto riguarda il marchio contestato, sulle bevande, poiché, in pratica, essa utilizza detto marchio soprattutto per commercializzare bevande.

80      Certamente, non è contestabile che i prodotti alimentari e le bevande, da una parte, e i servizi di ristorazione, dall’altra, non hanno la stessa natura, la stessa destinazione o lo stesso impiego [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2014, Comptoir d’Épicure/UAMI – A-Rosa Akademie (da rosa), T‑405/13, non pubblicata, EU:T:2014:1072, punto 96]. Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che i prodotti alimentari in senso lato, comprese le bevande, da una parte, e i servizi di ristorazione, dall’altro, presentano, malgrado le loro differenze, un certo grado di somiglianza, in quanto, in primo luogo, i prodotti alimentari interessati sono utilizzati e proposti nell’ambito dei servizi di ristorazione, cosicché esiste una complementarità tra tali prodotti e tali servizi, in secondo luogo, i servizi di ristorazione possono essere proposti negli stessi luoghi nei quali sono venduti i prodotti alimentari interessati e, in terzo luogo, i prodotti alimentari in questione possono provenire dalle medesime imprese o da imprese collegate economicamente, le quali commercializzano prodotti alimentari confezionati, o da ristoranti che vendono piatti preparati da asporto [v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2014, da rosa, T‑405/13, non pubblicata, EU:T:2014:1072, punti 97 e 98 e giurisprudenza citata, e del 4 giugno 2015, Yoo Holdings/UAMI – Eckes-Granini Group (YOO), T‑562/14, non pubblicata, EU:T:2015:363, punti da 25 a 28].

81      Il fatto che le direttive dell’EUIPO, citate dalla ricorrente, non riflettano esattamente, a tale riguardo, la giurisprudenza citata al precedente punto 80 è irrilevante, in quanto dette direttive non costituiscono atti giuridici vincolanti per l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione (sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C‑149/11, EU:C:2012:816, punto 48).

82      Nella fattispecie va, anzitutto, rilevato che i prodotti alimentari in senso lato, designati dal marchio contestato, possono essere utilizzati e proposti nell’ambito dei servizi di fast food forniti dall’interveniente. Alcuni dei prodotti alimentari designati dal marchio contestato, quali i gelati, i muffin, i sandwich ripieni e i sandwich alla griglia, non sono d’altronde semplici ingredienti che servono come base per piatti serviti nei ristoranti fast food, ma corrispondono a prodotti proposti, in quanto tali, nel menu di tali ristoranti. Pertanto, come ha rilevato giustamente la commissione di ricorso al punto 95 della decisione impugnata, i prodotti alimentari e i servizi di ristorazione in questione si rivolgono ai medesimi consumatori. Sussiste quindi una complementarità tra tali prodotti e tali servizi.

83      Per quanto riguarda i prodotti alimentari designati dal marchio contestato e corrispondenti a prodotti utilizzati o proposti, in quanto tali, nel menu dei ristoranti fast food, va, poi, sottolineato che essi possono essere consumati sul posto, negli stessi ristoranti nei quali vengono proposti i servizi di fast food dell’interveniente.

84      Infine, come osserva l’interveniente, i servizi di fast food, come quelli che essa fornisce, vengono forniti anche sotto forma di vendita da asporto. Orbene, in una siffatta ipotesi, il consumatore tende a stabilire un nesso tra il marchio apposto sulla confezione dei prodotti da asporto e l’origine commerciale di tali prodotti.

85      Alla luce delle osservazioni formulate nei precedenti punti da 82 a 84, occorre affermare che le valutazioni della commissione di ricorso contenute nei punti 92, 95, 96 e 101 della decisione impugnata, secondo le quali esiste un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti controversi, dovuta agli stretti collegamenti esistenti tra loro, sono fondate.

86      Poiché tali motivi sono sufficienti a giustificare la decisione impugnata, non occorre esaminare le censure sollevate dalla ricorrente nei confronti del motivo inserito ad abundantiam, di cui alla seconda frase del punto 102 della decisione impugnata, vertente sul fatto che taluni prodotti dell’interveniente (ketchup) sono venduti nei supermercati in Germania e in Italia. La commissione di ricorso ha dunque concluso giustamente, in particolare al punto 102 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento poteva stabilire mentalmente un nesso tra i marchi in conflitto.

 Sul rischio che venga tratto un indebito vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S mediante l’uso senza giusto motivo del marchio contestato

87      In via preliminare, occorre ricordare che il fatto che nella mente del pubblico interessato si stabilisca un nesso tra i marchi in conflitto costituisce una condizione necessaria, ma, di per sé, non sufficiente, al fine di dichiarare la sussistenza di una delle violazioni contro le quali l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 assicura la tutela dei marchi notori [v. sentenza del 7 dicembre 2010, Nute Partecipazioni e La Perla/UAMI – Worldgem Brands (NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC), T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 30 e giurisprudenza citata].

88      Infatti, affinché gli si applichi la tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore deve fornire la prova che l’uso senza giusto motivo del marchio di cui è chiesto l’annullamento tragga indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio dell’Unione europea anteriore o rechi loro pregiudizio (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 31 e giurisprudenza citata).

89      È sufficiente che ricorra anche uno solo di questi tre tipi di violazione affinché sia applicabile l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 32 e giurisprudenza citata), tenendo presente che sia la divisione di annullamento sia, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso si sono limitate a constatare l’esistenza di una violazione costituita da un vantaggio indebito tratto dalla notorietà del marchio McDONALD’S.

90      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione, nella decisione impugnata, per aver affermato che la ricorrente poteva trarre indebito vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S mediante l’uso senza giusto motivo del marchio contestato. Essa osserva che la decisione impugnata si basa sulla constatazione erronea della notorietà acquisita dal prefisso «mc» del marchio McDONALD’S, combinato con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare. Ciò posto, sarebbe errato affermare che il marchio contestato, che combina il prefisso «mac» con il termine «coffee», sia percepito dal pubblico di riferimento nel senso di riprodurre la struttura del marchio McDONALD’S. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha commesso un errore, al punto 99 della decisione impugnata, per aver rilevato che non vi erano dubbi che la ricorrente, poiché apponeva il marchio contestato soltanto sul caffè e sulle confezioni del caffè, cercava di riprodurre, in modo identico, la struttura comune alla famiglia di marchi «Mc». A tale riguardo, essa fa osservare che, nella presente causa, l’EUIPO e l’interveniente peraltro non sostengono che essa ha scelto il marchio contestato in malafede. Inoltre, l’interveniente non avrebbe avviato alcuna azione per contraffazione nei suoi confronti. La ricorrente sostiene che una testimonianza da essa prodotta nel fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO dimostra che il marchio contestato è stato scelto in buona fede e che l’uso di quest’ultimo per vendere caffè si spiega con il fatto che l’elemento «coffee» richiama tale prodotto.

91      Infine, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non avere tenuto conto della realtà del mercato mentre, quando i marchi interessati sono effettivamente utilizzati su quest’ultimo, il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore deve fornire la prova del fatto che il titolare del marchio di cui è chiesto l’annullamento tragga effettivamente un vantaggio indebito dalla notorietà del suo marchio. La commissione di ricorso avrebbe trascurato il fatto che, in Bulgaria, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, in Ungheria e in Polonia, almeno dal 1994, i marchi in conflitto sarebbero coesistiti pacificamente, anche quando, come in Polonia, l’uso del marchio contestato sarebbe stato intensivo. Secondo la ricorrente, bisogna supporre che la realtà del mercato sia la medesima in tutta l’Unione. Per contro, il fatto che il titolare dei marchi anteriori abbia intentato azioni nei confronti del titolare del marchio di cui è chiesto l’annullamento non consentirebbe di constatare che nella mente del pubblico di riferimento si produca confusione, ovverosia che si stabilisca un nesso o si trasferiscano immagini tra detti marchi. La ricorrente sostiene che l’uso intensivo, prolungato, in buona fede e pacifico, a fianco del marchio McDONALD’S, notorio per i servizi di fast food, del marchio contestato designante prodotti di base del caffè costituisce un giusto motivo per l’uso di quest’ultimo marchio, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

92      L’EUIPO e l’interveniente respingono gli argomenti della ricorrente e sostengono che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore di valutazione, nella decisione impugnata, nel concludere che l’uso senza giusto motivo del marchio contestato da parte della ricorrente traesse indebito vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S.

93      A tale riguardo, va ricordato che la sussistenza della violazione costituita dal vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, nella misura in cui ciò che è vietato è il vantaggio che il titolare del marchio posteriore potrebbe trarre dal marchio anteriore, deve essere verificata riguardo al consumatore medio dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio posteriore è stato registrato, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., per analogia, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti 35 e 36).

94      L’esistenza di un «vantaggio indebitamente tratto (…) dalla notorietà d[i un] marchio [dell’Unione europea anteriore]», ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, non presuppone né l’esistenza di un rischio di confusione né quella di un rischio di pregiudizio arrecato alla notorietà di tale marchio o, più in generale, al titolare di quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 50). Essa risulta dall’uso, da parte di un terzo, di un marchio simile al marchio dell’Unione europea anteriore quando, mediante tale uso, il terzo tenta di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, nonché di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio dell’Unione europea anteriore per creare e mantenere l’immagine di tale marchio (v., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 50, e del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 44 e giurisprudenza citata).

95      Al fine di determinare se l’uso del marchio di cui è chiesto l’annullamento tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio dell’Unione europea anteriore, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali figurano, in particolare, l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio dell’Unione europea anteriore, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati. Per quanto riguarda l’intensità della notorietà e del grado del carattere distintivo del marchio dell’Unione europea anteriore, più il carattere distintivo e la notorietà di tale marchio sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione. Inoltre, più l’evocazione del marchio dell’Unione europea anteriore ad opera del marchio di cui è chiesto l’annullamento è immediata e forte, più aumenta il rischio che l’uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dalla notorietà del marchio dell’Unione europea anteriore (v. sentenza del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 42 e giurisprudenza citata).

96      Il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del proprio marchio ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Quando, infatti, è prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio di cui è chiesto l’annullamento può essere indotto a fare del proprio marchio deriverà una tale violazione, il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore non può essere obbligato ad attendere che questa si verifichi per poter far vietare detto uso. Egli deve tuttavia dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro (v. sentenza del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punti 33 e 54 nonché giurisprudenza citata).

97      Quando il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore riesce a provare l’esistenza o di una violazione effettiva ed attuale al suo marchio o, quanto meno, di un rischio serio che tale violazione si produca in futuro, spetta al titolare del marchio di cui è chiesto l’annullamento dimostrare di avere un giusto motivo per l’uso di tale marchio (v. sentenza del 7 dicembre 2010, NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC, T‑59/08, EU:T:2010:500, punto 34 e giurisprudenza citata).

98      È alla luce delle regole descritte ai precedenti punti da 93 a 97 che occorre esaminare gli argomenti delle parti diretti contro i motivi che hanno consentito alla commissione di ricorso, nella decisione impugnata, di approvare le valutazioni della divisione di annullamento secondo le quali l’uso senza giusto motivo del marchio contestato traeva indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S.

99      Nella fattispecie, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 90 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento era quello rilevante per i prodotti contrassegnati dal marchio contestato, vale a dire il grande pubblico all’interno dell’Unione europea, che dimostra un livello di attenzione medio. Inoltre, essa ha concluso, al punto 108 della decisione impugnata, che era sufficientemente dimostrato che l’uso senza giusto motivo del marchio contestato traeva indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S. Come risulta dai punti da 102 a 108 della medesima decisione, essa ha, infatti, considerato che era molto probabile che il marchio contestato si ponesse nel solco tracciato dal marchio McDONALD’S al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, e sfruttasse, senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dall’interveniente per creare e mantenere l’immagine del marchio McDONALD’S. A suo avviso, l’insieme dei fattori del caso di specie consentirebbe, infatti, di concludere che il pubblico di riferimento, o una parte sostanziale di esso, poteva stabilire mentalmente un nesso tra i marchi in conflitto, nella misura in cui, vedendo il marchio contestato apposto su prodotti strettamente connessi a quelli dell’interveniente, esso poteva essere attirato dal fatto che tale marchio presentava praticamente il medesimo prefisso e riproduceva la medesima struttura del marchio McDONALD’S, e poteva associare detto marchio alla famiglia di marchi «Mc», di cui il marchio McDONALD’S costituiva il marchio originario.

100    Pertanto, la commissione di ricorso ha concluso che l’uso del marchio contestato poteva implicare un trasferimento dell’immagine del marchio McDONALD’S, o delle caratteristiche proiettate da quest’ultimo, ai prodotti designati dal marchio contestato. I fattori rilevanti per la sua valutazione erano, come indicato ai punti da 99 a 101 della decisione impugnata, in primo luogo, la considerevole notorietà del marchio McDONALD’S, in secondo luogo, il carattere distintivo proprio acquisito dal prefisso «mc», combinato con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, per i servizi di fast food e per i prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food, in terzo luogo, il fatto che il marchio contestato riproducesse la medesima struttura della famiglia di marchi «Mc» e, in quarto luogo, il fatto che i servizi e i prodotti in questione presentassero un certo grado di somiglianza, a causa degli stretti collegamenti esistenti tra loro.

101    Come osserva giustamente l’EUIPO, la ricorrente non contesta la valutazione del pubblico di riferimento effettuata dalla commissione di ricorso. Del resto, tale definizione è priva di errori e dev’essere approvata. Infatti, i prodotti designati dal marchio contestato sono destinati al grande pubblico all’interno dell’Unione, che dimostra un livello di attenzione medio. Inoltre, il marchio McDONALD’S è stato registrato il 16 luglio 1999, con un diritto di anteriorità al 1° aprile 1996, e godeva, nell’Unione, di una notorietà considerevole per i servizi di fast food, il che non è d’altronde contestato dalla ricorrente (v. punto 16 supra).

102    Per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso non poteva, nella decisione impugnata, constatare la notorietà acquisita dal prefisso «mc», combinato con il nome di un elemento del menu o di un prodotto alimentare, per i servizi di fast food e per i prodotti presenti nel menu dei ristoranti fast food, va osservato che tale censura è stata respinta al precedente punto 63. La commissione di ricorso aveva fondate ragioni per affermare che la grande notorietà di cui godeva il marchio McDONALD’S si estendeva agli elementi caratteristici della famiglia di marchi «Mc», senza dover indagare, come sostiene la ricorrente, se ciascuno dei marchi che compongono detta famiglia fosse un marchio notorio.

103    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui essa non avrebbe avuto l’intenzione di riprodurre la struttura comune alla famiglia di marchi «Mc» nel marchio contestato, si è rilevato, al precedente punto 67, che la commissione di ricorso aveva considerato giustamente, ai punti 61 e 99 della decisione impugnata, che il marchio contestato riproduceva la struttura della famiglia di marchi «Mc». È vero che, per i motivi esposti al precedente punto 79, la commissione di ricorso non aveva fondate ragioni per trarre argomento, al punto 99 della decisione impugnata, dal fatto che la ricorrente commercializzava, in pratica, soltanto caffè con il marchio contestato, né per dedurne che tale marchio mirava a riprodurre la struttura della famiglia di marchi «Mc». Tuttavia, ciò non toglie che l’errore così commesso non inficia la legittimità della decisione impugnata. Infatti, i motivi di cui trattasi sono inseriti ad abundantiam in detta decisione e non modificano la conclusione, di cui al punto 61 della medesima decisione, secondo la quale il marchio contestato riproduce la struttura comune alla famiglia di marchi «Mc». La commissione di ricorso ha pertanto considerato a buon diritto, al punto 99 della decisione impugnata, che l’esistenza di una famiglia di marchi «Mc» era un fattore decisivo da prendere in considerazione per valutare la sussistenza di un vantaggio indebito.

104    Per quanto riguarda la censura della ricorrente vertente sull’assenza di un collegamento stretto tra i servizi e i prodotti controversi, occorre ricordare, come già rilevato al precedente punto 83, che, ai punti 92, 95, 96 e 101 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso a buon diritto per la sussistenza di un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti in questione, dovuta agli stretti collegamenti esistenti tra loro.

105    Ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 95 e alla luce delle conclusioni tratte, al precedente punto 73, quanto alla rilevanza del fattore vertente sull’esistenza di una famiglia di marchi «Mc», tutti i fattori ravvisati dalla commissione di ricorso erano rilevanti al fine di valutare globalmente la sussistenza di un vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà del marchio McDONALD’S mediante l’uso del marchio contestato.

106    Nell’ambito di una valutazione globale dell’insieme di tali fattori, la commissione di ricorso ha rilevato, come si è già osservato al precedente punto 99, che era molto probabile che il marchio contestato fosse sfruttato nel solco tracciato dal marchio McDONALD’S, perché il pubblico di riferimento poteva trasferire ai prodotti designati dal primo l’immagine del secondo o le caratteristiche proiettate da quest’ultimo.

107    Per quanto riguarda la censura della ricorrente vertente sul fatto che la commissione di ricorso non avrebbe preso in considerazione la realtà del mercato nel formulare detta valutazione, va osservato che la commissione di ricorso doveva soltanto accertare, ai sensi della giurisprudenza già citata al precedente punto 96, se il titolare del marchio dell’Unione europea anteriore avesse addotto elementi che consentissero di concludere prima facie per l’esistenza di un rischio futuro non ipotetico di vantaggio indebito. A una siffatta conclusione si poteva giungere sulla base di deduzioni logiche derivanti dall’analisi delle probabilità e prendendo in considerazione le pratiche abituali del settore commerciale rilevante, nonché ogni altra circostanza del caso di specie (sentenza del 10 maggio 2012, Rubinstein e L’Oréal/UAMI, C‑100/11 P, EU:C:2012:285, punto 95).

108    Orbene, come risulta dal precedente punto 99, è al termine di un’analisi globale dei fattori rilevanti nel caso di specie che la commissione di ricorso ha concluso per la sussistenza di un rischio serio che il pubblico di riferimento potesse associare il marchio contestato alla famiglia di marchi «Mc» e stabilire mentalmente un nesso tra i marchi in conflitto, cosicché vi era un rischio serio che l’uso del marchio contestato traesse indebitamente vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S.

109    Nei limiti in cui la ricorrente contesta, in particolare, alla commissione di ricorso di non avere tenuto conto della circostanza che i marchi in conflitto fossero coesistiti pacificamente in Bulgaria, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, in Ungheria e in Polonia, almeno dal 1994, i suoi argomenti devono essere respinti. Infatti, non può ritenersi che i marchi in conflitto siano o siano stati oggetto di una coesistenza pacifica, poiché l’interveniente ha per l’appunto presentato una domanda di annullamento del marchio contestato, facendo valere il marchio McDONALD’S. Inoltre, poiché tale domanda è stata presentata meno di sette mesi dopo la registrazione del marchio contestato, nella fattispecie non si è verificata alcuna preclusione per tolleranza ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Nei limiti in cui, nell’ambito della presente censura, la ricorrente in pratica richiama la coesistenza pacifica del marchio McDONALD’S non già con il marchio contestato, bensì con alcuni dei suoi marchi nazionali, identici al marchio contestato, registrati in Bulgaria, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, in Ungheria e in Polonia, almeno dal 1994, occorre rilevare, come ha osservato giustamente l’interveniente, che, anche supponendo che detti marchi siano coesistiti pacificamente dall’ingresso rispettivo degli Stati membri interessati nell’Unione, ciò non dimostra che detta coesistenza sia stata generale e abbia riguardato tutti i marchi nazionali, identici al marchio contestato, registrati dalla ricorrente all’interno dell’Unione. Nella fattispecie, le decisioni nazionali prodotte dall’interveniente nel fascicolo del procedimento dinanzi all’EUIPO dimostrano, al contrario, che la coesistenza del marchio McDONALD’S e dei marchi nazionali della ricorrente, identici al marchio contestato, non è stata «pacifica» in Germania, in Spagna, in Svezia e nel Regno Unito, in quanto i marchi nazionali della ricorrente sono stati oggetto di diverse controversie dinanzi ai giudici di tali Stati membri [v., in tal senso e per analogia, sentenze del 3 settembre 2009, Aceites del Sur-Coosur/Koipe, C‑498/07 P, EU:C:2009:503, punto 83, e dell’8 dicembre 2005, Castellblanch/UAMI – Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), T‑29/04, EU:T:2005:438, punto 74].

110    In ogni caso, come osserva a buon diritto l’interveniente, l’assenza di un rischio serio che il pubblico di riferimento negli Stati membri interessati possa associare alcuni altri marchi nazionali della ricorrente, identici al marchio contestato, alla famiglia di marchi «Mc» e stabilire mentalmente un collegamento tra detti marchi nazionali e il marchio McDONALD’S non può desumersi dalla sola circostanza che l’interveniente non si sia opposta alla registrazione o non abbia chiesto l’annullamento di detti marchi nazionali [v., in tal senso e per analogia, per quanto riguarda l’esistenza di un rischio di confusione, sentenza dell’11 maggio 2005, Grupo Sada/UAMI – Sadia (GRUPO SADA), T‑31/03, EU:T:2005:169, punti 85 e 86], e ciò anche nell’ipotesi in cui l’uso di tali marchi sia stato notevole, come sarebbe avvenuto, secondo la ricorrente, in Polonia.

111    Infatti, tale assenza di contestazione può avere numerose ragioni, che non sono necessariamente legate alla percezione che il pubblico di riferimento, negli Stati membri interessati, avrà obiettivamente dei marchi interessati. Orbene, nella fattispecie, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che consenta di escludere, in ogni caso, che il grande pubblico bulgaro, estone, cipriota, lettone, ungherese o polacco possa associare i marchi nazionali della ricorrente, identici al marchio contestato, alla famiglia di marchi «Mc» e stabilire mentalmente un collegamento tra detti marchi nazionali e il marchio McDONALD’S (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 settembre 2012, CITIGATE, T‑301/09, non pubblicata, EU:T:2012:473, punto 128 e giurisprudenza citata).

112    Resta da esaminare la censura che la ricorrente indirizza, in sostanza, alla commissione di ricorso per non aver constatato, ai punti da 114 a 116 della decisione impugnata, che essa disponeva di un giusto motivo per l’uso del marchio contestato.

113    Dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 deriva che il titolare di un marchio notorio può essere obbligato, in forza di un «giusto motivo» ai sensi di tale disposizione, a tollerare l’utilizzo da parte di un terzo di un segno simile a tale marchio per un prodotto identico a quello per il quale detto marchio è stato registrato, qualora sia assodato che tale segno è stato utilizzato anteriormente alla registrazione del marchio notorio e l’utilizzo fatto per il prodotto identico ha avuto luogo in buona fede (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 6 febbraio 2014, Leidseplein Beheer e de Vries, C‑65/12, EU:C:2014:49, punto 60).

114    Nella fattispecie, nei limiti in cui il segno invocato dalla ricorrente nell’ambito della presente censura corrisponde al marchio contestato, occorre osservare che la giurisprudenza citata al precedente punto 113 non è applicabile, per una duplice ragione. Da una parte, come osserva a buon diritto l’interveniente, il marchio contestato non è stato utilizzato anteriormente al marchio McDONALD’S, in quanto quest’ultimo è stato registrato prima del marchio contestato. Dall’altra, come già rilevato al precedente punto 109, non può ritenersi che i marchi in conflitto siano coesistiti pacificamente, poiché, precisamente, l’interveniente ha difeso i propri diritti sul marchio McDONALD’S presentando una domanda di annullamento del marchio contestato, entro i termini previsti.

115    Nei limiti in cui i segni invocati dalla ricorrente nell’ambito della presente censura corrispondono a marchi nazionali, identici al marchio contestato, che essa ha fatto registrare in Bulgaria, in Estonia, a Cipro, in Lettonia, in Ungheria e in Polonia, almeno dal 1994, si deve precisare che, anche supponendo che detti marchi siano coesistiti pacificamente con il marchio McDONALD’S sui mercati nazionali interessati, ciò non implica, come rilevato al precedente punto 109, che l’interveniente tolleri o debba tollerare l’uso del marchio contestato sull’intero mercato dell’Unione.

116    La commissione di ricorso ha dunque giustamente rilevato, ai punti da 114 a 116 della decisione impugnata, che la ricorrente non aveva un giusto motivo per usare il marchio contestato.

117    Poiché nessuna delle censure sollevate dalla ricorrente è stata accolta, occorre respingere integralmente il presente ricorso.

 Sulle spese

118    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

119    La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, va condannata alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Future Enterprises Pte Ltd è condannata alle spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 luglio 2016.

Firme

Indice


Fatti

Conclusioni delle parti

In diritto

Osservazioni preliminari sul contesto normativo e sull’oggetto della controversia

Sull’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i marchi in conflitto

Sul collegamento stabilito tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento

Sull’esistenza della famiglia di marchi «Mc» quale fattore rilevante per valutare se nella mente del pubblico di riferimento si stabilisca un collegamento tra i marchi in conflitto

– Sull’utilizzo effettivo di un numero di marchi anteriori sufficiente a costituire una «famiglia» di marchi

– Sulla presenza, nel marchio contestato, di elementi idonei a collegarlo alla famiglia di marchi «Mc»

Sull’esistenza di un certo grado di somiglianza tra i servizi e i prodotti in questione

Sul rischio che venga tratto un indebito vantaggio dalla notorietà del marchio McDONALD’S mediante l’uso senza giusto motivo del marchio contestato

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.