Language of document : ECLI:EU:T:2021:78

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

10 febbraio 2021 (*)

«Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in circoscrizioni italiane – Adozione, da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), della deliberazione n. 14/2018 in materia di trattamenti pensionistici – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali italiani – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Competenza dell’autore dell’atto – Obbligo di motivazione – Diritti quesiti – Certezza del diritto – Legittimo affidamento – Diritto di proprietà – Proporzionalità – Parità di trattamento – Responsabilità extracontrattuale – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli»

Nelle cause riunite T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19,

Giacomo Santini, residente in Trento (Italia), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da M. Paniz, avvocato,

ricorrenti

contro

Parlamento europeo, rappresentato da S. Seyr e S. Alves, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento delle note dell’11 aprile 2019, nonché, per quanto riguarda il ricorrente nella causa T‑375/19, di quella dell’8 maggio 2019, redatte, nel caso di ciascuno dei ricorrenti, dal Parlamento e riguardanti l’adeguamento dell’importo delle pensioni di cui i ricorrenti beneficiano a seguito dell’entrata in vigore, il 1º gennaio 2019, della deliberazione n. 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati e, dall’altro, una domanda fondata sull’articolo 268 TFUE e diretta ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito dai ricorrenti a seguito di tali atti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da J. Svenningsen, presidente, R. Barents, C. Mac Eochaidh (relatore), T. Pynnä e J. Laitenberger, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i loro ricorsi, i ricorrenti, ex membri del Parlamento europeo, eletti in Italia, o i loro superstiti chiedono segnatamente che il Tribunale annulli le decisioni del Parlamento che adeguano il calcolo della loro pensione di anzianità o di reversibilità al calcolo dell’importo delle pensioni percepite dai membri della Camera dei deputati della Repubblica italiana e riducono l’importo della loro pensione di anzianità o di reversibilità.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

2        La regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), nella sua versione in vigore fino al 14 luglio 2009, prevedeva al suo allegato III (in prosieguo: l’«allegato III»), in particolare:

«Articolo 1

1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.

2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento.

Articolo 2

1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo.

2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto.

Articolo 3

1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

2. La richiesta di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dalla maturazione di tale diritto.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

3        Lo statuto dei deputati è stato adottato con decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1, in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), ed è entrato in vigore il 14 luglio 2009, primo giorno della settima legislatura.

4        L’articolo 25 dello statuto dei deputati così dispone:

«1. Per quanto riguarda l’indennità, l’indennità transitoria e le diverse categorie di pensioni, i deputati già in carica e rieletti prima dell’entrata in vigore del presente statuto possono optare, per l’intera durata dell’attività parlamentare, per il regime nazionale in vigore.

2. I versamenti sono a carico del bilancio dello Stato membro.

(...)».

5        L’articolo 28 dello statuto dei deputati prevede quanto segue:

«1. Il diritto a pensione acquisito da un deputato al momento dell’entrata in vigore del presente statuto a norma della legislazione ragionale conserva piena efficacia.

(...)».

6        Con decisione del 19 maggio e del 9 luglio 2008, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato le misure di attuazione dello statuto dei deputati (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «misure di attuazione»).

7        L’articolo 49 delle misure di attuazione, relativo ai diritti alla pensione di anzianità, prevede quanto segue:

«1. I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età.

L’ex deputato o il suo rappresentante legale, salvo casi di forza maggiore, presenta la domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro sei mesi dalla data di inizio del diritto. Trascorso tale termine, la data in cui diventa effettivo il godimento della pensione di anzianità è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

8        In virtù dell’articolo 73, le misure di attuazione sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009.

9        L’articolo 74 delle misure di attuazione precisa che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV, e in particolare dell’articolo 75 delle medesime misure di attuazione (in prosieguo: l’«articolo 75»), la regolamentazione SID scade il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati.

10      L’articolo 75, relativo in particolare alle pensioni di anzianità, così dispone:

«1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto.

Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID.

2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

11      Infine, l’articolo 75 deve essere letto in combinato disposto con il considerando 7 delle medesime misure di attuazione, il quale così recita:

«Occorre anche provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio [di tutela] del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto. Risulta infine necessario tenere in conto il regime specifico applicabile ai deputati che, durante un periodo transitorio e per quanto riguarda le condizioni finanziarie dell’esercizio del mandato, rientreranno nei regimi nazionali dello Stato membro di elezione in virtù dell’articolo 25 o 29 dello statuto».

B.      Diritto italiano

12      Il 12 luglio 2018, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia) ha adottato la deliberazione n. 14/2018, avente ad oggetto una nuova fissazione dell’importo degli assegni vitalizi e della parte di assegno vitalizio pro rata, nonché delle prestazioni di reversibilità, relative agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»).

13      L’articolo 1 della deliberazione n. 14/2018 così dispone:

«1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.

2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.

3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione.

4. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, non può comunque superare l’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare.

5. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione non può comunque essere inferiore all’importo determinato moltiplicando il montante contributivo individuale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura, rivalutato ai sensi del successivo articolo 2, per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica di 65 anni vigente alla data del 31 dicembre 2018.

6. Nel caso in cui, a seguito della rideterminazione operata ai sensi della presente deliberazione, l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità rideterminati, risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, l’ammontare minimo determinato ai sensi del comma 5 è aumentato della metà.

7. L’Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei deputati Questori, può incrementare fino a un massimo del 50 per cento l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e le quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, in favore di coloro che ne facciano domanda e per i quali ricorrano i seguenti presupposti:

a)      non percepiscano altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, ad esclusione di quelli eventualmente derivanti a qualsiasi titolo dall’immobile destinato ad abitazione principale;

b)      siano affetti da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione prodotta da strutture sanitarie pubbliche, ovvero, alternativamente, siano affetti da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità riconosciuta dalle autorità competenti, in misura pari al 100 per cento.

8. La documentazione comprovante il ricorrere dei presupposti di cui al comma 7 deve essere prodotta a cura del richiedente all’atto dell’istanza e, successivamente, entro il 31 dicembre di ciascun anno».

II.    Fatti

14      I ricorrenti, il sig. Giacomo Santini e le altre persone fisiche i cui nomi figurano in allegato, sono o ex membri del Parlamento europeo, eletti in Italia, o, per quanto riguarda le sig.re Patrizia Capraro e Lina Wuhrer, nelle cause T‑365/19 e T‑374/19, coniugi superstiti di ex deputati europei, eletti in questo stesso Stato membro. Ciascuno di essi beneficia rispettivamente di una pensione di anzianità o di una pensione di reversibilità.

15      Sulla base delle regole della deliberazione n. 14/2018, l’importo della pensione di un certo numero di ex deputati italiani (o dei loro superstiti) è stato ridotto a partire dal 1° gennaio 2019.

16      A seguito della presentazione di ricorsi contro la deliberazione n. 14/2018 da parte dei deputati nazionali italiani interessati dalle dette riduzioni, la legittimità di tale decisione nazionale è attualmente esaminata dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia).

17      Con una nota inserita sui cedolini di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento informava i ricorrenti del fatto che l’importo della pensione loro erogata avrebbe potuto essere rideterminato in esecuzione della deliberazione n. 14/2018 e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate.

18      Infatti, secondo il Parlamento, esso sarebbe stato tenuto ad applicare la deliberazione n. 14/2018 e, pertanto, a ricalcolare l’importo delle pensioni dei ricorrenti, alla luce dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale prevede che «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria [di anzianità] corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo» (in prosieguo: la «regola di pensione identica»).

19      Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento, allegata ai cedolini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, il Parlamento li ha informati del fatto che il suo servizio giuridico aveva confermato, con il parere n. SJ-0836/18 dell’11 gennaio 2019 (in prosieguo: il «parere del servizio giuridico»), l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla loro situazione. Tale nota aggiungeva che, non appena ricevute dalla Camera dei deputati le informazioni necessarie, il Parlamento avrebbe provveduto a comunicare ai ricorrenti la nuova liquidazione dei loro diritti pensionistici e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive 12 mensilità. Infine, detta nota informava i ricorrenti del fatto che la liquidazione definitiva dei loro diritti pensionistici sarebbe stata fissata con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un ricorso a norma dell’articolo 72 delle misure di attuazione o un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE.

20      Con note dell’11 aprile (cause T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372 a T‑374/19 e T‑385/19) e dell’8 maggio 2019 (causa T‑375/19) (in prosieguo: le «decisioni impugnate»), il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle Finanze del Parlamento ha informato i ricorrenti che, come preannunciato nella sua nota del febbraio 2019, l’ammontare della loro pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, a concorrenza della riduzione delle pensioni analoghe erogate in Italia agli ex deputati nazionali dalla Camera dei deputati in applicazione della deliberazione n. 14/2018. Le suddette decisioni impugnate precisavano altresì che l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019 (e con effetto retroattivo al 1º gennaio 2019) in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi diritti a pensione trasmessi in allegato a tali lettere. Infine, le stesse decisioni impugnate concedevano ai ricorrenti un termine di 30 giorni, a decorrere dalla loro ricezione, per far valere le loro osservazioni. In mancanza di tali osservazioni, gli effetti di tali decisioni impugnate sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019.

21      Nessuno dei ricorrenti ha formulato tali osservazioni, con la conseguenza che gli effetti delle decisioni impugnate sono divenuti definitivi nei loro confronti.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 10 giugno (cause T‑345/19 e T‑346/19), il 17 giugno (cause T‑364/19 e T‑365/19), il 18 giugno (causa T‑366/19), il 20 giugno (cause da T‑372/19 a T‑375/19) e il 25 giugno 2019 (causa T‑385/19), i ricorrenti hanno proposto i ricorsi in esame.

23      Il 10 luglio 2019, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il Parlamento ha chiesto la riunione delle cause.

24      Il 19 luglio 2019, ai sensi dell’articolo 69, lettera c), del regolamento di procedura, il Parlamento ha chiesto la sospensione dei procedimenti in attesa che il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati si pronunciasse sulla validità della deliberazione n. 14/2018.

25      Il 29 agosto 2019 il Parlamento ha depositato i controricorsi.

26      Il 27 settembre (cause T‑345/19, T‑346/19, T‑364/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19) e il 30 settembre 2019 (cause T‑365/19 e T‑366/19), il Tribunale ha interrogato le parti in merito alla possibilità, da un lato, di individuare un numero ridotto di cause pilota tra le 84 cause analoghe di cui era all’epoca investito e, dall’altro, di sospendere di conseguenza le altre cause fino al passaggio in giudicato della decisione che pone fine al procedimento nelle cause identificate come cause pilota. Peraltro, il Tribunale ha invitato il Parlamento a produrre, nella sua interezza, la regolamentazione SID.

27      Il 7 ottobre 2019 i ricorrenti hanno risposto al quesito sottoposto dal Tribunale.

28      Il 18 ottobre (cause T‑345/19, T‑346/19, T‑364/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19) e il 22 ottobre 2019 (cause T‑365/19 e T‑366/19), il Parlamento ha risposto al quesito del Tribunale e ha trasmesso una versione integrale della regolamentazione SID.

29      Con decisioni del 22 ottobre (cause T‑345/19, T‑346/19, T‑364/19, T‑372/19 e T‑373/19) e del 23 ottobre 2019 (cause T‑365/19, T‑366/19, T‑374/19, T‑375/19 e T‑385/19) e a seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, le cause sono state riassegnate all’Ottava Sezione.

30      Il 28 novembre (cause T‑345/19, T‑346/19, T‑364/19, T‑365/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19) e il 4 dicembre 2019 (causa T‑366/19), il Tribunale ha deciso che non era necessario un secondo scambio di memorie.

31      Il 28 novembre (causa T‑364/19), il 3 dicembre (cause T‑345/19 e T‑346/19), il 4 dicembre (cause T‑365/19, T‑366/19, T‑372/19 e T‑373/19) e il 5 dicembre 2019 (cause T‑374/19, T‑375/19 e T‑385/19), il Tribunale ha chiesto ai ricorrenti di prendere posizione sulla domanda di sospensione depositata dal Parlamento.

32      Il 3 dicembre (cause T‑345/19, T‑346/19 e T‑364/19), il 4 dicembre (cause T‑365/19, T‑366/19, T‑372/19, T‑373/19) e il 5 dicembre 2019 (cause T‑374/19, T‑375/19 e T-385/19), il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione sulla possibilità di riunire le cause T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19.

33      Il 12 dicembre 2019 il Parlamento ha depositato le proprie osservazioni sulla proposta di riunione.

34      Il 7 gennaio (cause T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19 e T‑373/19) e l’8 gennaio 2020 (cause T‑372/19, T‑374/19, T‑375/19 e T‑385/19), i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sulla proposta di riunione e sulla domanda di sospensione presentata del Parlamento.

35      Il 14 gennaio 2020 il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di non sospendere il procedimento.

36      Con decisione del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 15 gennaio 2020, le presenti cause sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

37      Il 23 gennaio 2020 il Tribunale ha chiesto al Parlamento di produrre tutti i documenti preparatori che avevano condotto all’adozione dell’articolo 75 e all’allegato III. Peraltro, il Tribunale ha interrogato il Parlamento in merito alla sua prassi amministrativa in materia di retribuzioni e pensioni. Il Parlamento ha risposto al quesito e ha trasmesso i documenti preparatori richiesti l’11 febbraio 2020.

38      Il 26 febbraio 2020 i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, hanno chiesto che si svolgesse un’udienza.

39      Il 20 aprile 2020, il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di far giudicare le presenti cause con priorità, conformemente all’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

40      Il 30 aprile 2020 il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione sulla possibilità di riunire i presenti ricorsi alle cause riunite T‑389/19 Coppo Gavazzi/Parlamento, T‑390/19, Muscardini/Parlamento, T‑391/19, Vinci/Parlamento, T‑392/19, Mantovani/Parlamento, T‑393/19, Catasta/Parlamento, T‑394/19, Zecchino/Parlamento, T‑397/19, Novati/Parlamento, T‑398/19, Paciotti/Parlamento, T‑403/19, Fantuzzi/Parlamento, T‑404/19, Lavarra/Parlamento, T‑406/19, Cocilovo/Parlamento, T‑407/19, Speroni/Parlamento, T‑409/19, Di Meo/Parlamento, T‑410/19, Di Lello Finuoli/Parlamento, T‑411/19, Lombardo/Parlamento, T‑412/19, Contu/Parlamento, T‑413/19, Dupuis/Parlamento, T‑414/19, Frittelli/Parlamento, T‑415/19, Laroni/Parlamento, T‑416/19, Filippi/Parlamento, T‑417/19, Viola/Parlamento, T‑418/19, Mussa/Parlamento, T‑420/19, Nobilia/Parlamento, T‑421/19, Segre/Parlamento, T‑422/19, De Luca/Parlamento, T‑425/19, Ventre/Parlamento, T‑426/19, Musoni/Parlamento, T‑427/19, Concarella/Parlamento, T‑429/19, Iacono/Parlamento, T‑430/19, Bonsignore/Parlamento, T‑431/19, Azzolini/Parlamento, T‑432/19, Gawronski/Parlamento, T‑435/19, Caligaris/Parlamento, T‑436/19, Aita/Parlamento, T‑438/19, Novelli/Parlamento, T‑439/19, Mantovani/Parlamento, T‑440/19, Mattina/Parlamento, T‑441/19, La Russa/Parlamento, T‑442/19, Carollo/Parlamento, T‑444/19, Locatelli/Parlamento, T‑445/19, Chiesa/Parlamento, T‑446/19, Castellina/Parlamento, T‑448/19, Costanzo/Parlamento, T‑450/19, Gallenzi/Parlamento, T‑451/19, Gemelli/Parlamento, T‑452/19, Napoletano/Parlamento, T‑453/19, Panusa/Parlamento, T‑454/19, Musotto/Parlamento, T‑463/19, Cervetti/Parlamento e T‑465/19, Florio/Parlamento, nonché alle cause T‑519/19, Forte/Parlamento e T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

41      Su proposta dell’Ottava Sezione, il Tribunale ha deciso, il 15 maggio 2020, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

42      Il 19 maggio 2020 il Tribunale ha interrogato le parti su diversi aspetti delle presenti cause.

43      Rispettivamente il 29 maggio e il 2 giugno 2020, i ricorrenti e il Parlamento hanno depositato le loro osservazioni sulla proposta di riunione ai fini della fase orale del procedimento, come menzionata al punto 40, supra.

44      Il 5 giugno 2020 il Presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di riunire le presenti cause alle cause riunite T‑389/19, Coppo Gavazzi/Parlamento, T‑390/19, Muscardini/Parlamento, T‑391/19 Vinci/Parlamento, T‑392/19, Mantovani/Parlamento, T‑393/19, Catasta/Parlamento, T‑394/19, Zecchino/Parlamento, T‑397/19, Novati/Parlamento, T‑398/19, Paciotti/Parlamento, T‑403/19, Fantuzzi/Parlamento, T‑404/19, Lavarra/Parlamento, T‑406/19, Cocilovo/Parlamento, T‑407/19, Speroni/Parlamento, T‑409/19, Di Meo/Parlamento, T‑410/19, Di Lello Finuoli/Parlamento, T‑411/19, Lombardo/Parlamento, T‑412/19, Contu/Parlamento, T‑413/19, Dupuis/Parlamento, T‑414/19, Frittelli/Parlamento, T‑415/19, Laroni/Parlamento, T‑416/19, Filippi/Parlamento, T‑417/19, Viola/Parlamento, T‑418/19, Mussa/Parlamento, T‑420/19, Nobilia/Parlamento, T‑421/19, Segre/Parlamento, T‑422/19, De Luca/Parlamento, T‑425/19, Ventre/Parlamento, T‑426/19, Musoni/Parlamento, T‑427/19, Concarella/Parlamento, T‑429/19, Iacono/Parlamento, T‑430/19, Bonsignore/Parlamento, T‑431/19, Azzolini/Parlamento, T‑432/19, Gawronski/Parlamento, T‑435/19, Caligaris/Parlamento, T‑436/19, Aita/Parlamento, T‑438/19, Novelli/Parlamento, T‑439/19, Mantovani/Parlamento, T‑440/19, Mattina/Parlamento, T‑441/19, La Russa/Parlamento, T‑442/19, Carollo/Parlamento, T‑444/19, Locatelli/Parlamento, T‑445/19, Chiesa/Parlamento, T‑446/19, Castellina/Parlamento, T‑448/19, Costanzo/Parlamento, T‑450/19, Gallenzi/Parlamento, T‑451/19, Gemelli/Parlamento, T‑452/19, Napoletano/Parlamento, T‑453/19, Panusa/Parlamento, T‑454/19, Musotto/Parlamento, T‑463/19, Cervetti/Parlamento e T‑465/19, Florio/Parlamento, nonché alle cause T‑519/19, Forte/Parlamento e T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

45      Rispettivamente il 16 e il 17 giugno 2020 i ricorrenti e il Parlamento hanno risposto ai quesiti loro rivolti dal Tribunale il 19 maggio 2020. Inoltre, in allegato alle loro risposte, i ricorrenti hanno presentato, tra l’altro, copia della decisione n. 2/2020 del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati del 22 aprile 2020.

46      Il 29 giugno 2020 i ricorrenti hanno presentato copia del dispositivo della sentenza del 25 giugno 2020 della Commissione contenziosa del Senato (Italia).

47      All’udienza del 7 luglio 2020 sono state sentite le difese orali delle parti e le risposte ai quesiti scritti e orali alle stesse rivolti dal Tribunale.

48      Con atto depositato nella cancelleria il 23 dicembre 2020, i ricorrenti hanno presentato una memoria complementare. Alla luce dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera c), del regolamento di procedura, il presidente dell’Ottava Sezione ampliata del Tribunale ha deciso di non riaprire la fase orale del procedimento e di non versare al fascicolo tale memoria, atteso che gli elementi dedotti dai ricorrenti non comprendevano fatti e argomenti che non era stato loro possibile dedurre prima della chiusura della fase orale.

49      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate nonché la rideterminazione e il ricalcolo delle pensioni corrisposte dal Parlamento;

–        dichiarare e statuire che essi hanno diritto al mantenimento degli importi delle pensioni, fissati prima dell’adozione delle decisioni impugnate;

–        condannare il Parlamento al pagamento di tutte le somme erroneamente trattenute più gli interessi legali e all’esecuzione delle future sentenze;

–        condannare il Parlamento a risarcire i danni che possono essere stati causati;

–        condannare il Parlamento alle spese.

50      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi in quanto in parte irricevibili e in parte infondati

–        condannare i ricorrenti alle spese.

IV.    In diritto

A.      Sul primo capo della domanda, diretto all’annullamento delle decisioni impugnate

1.      Sulloggetto del primo capo della domanda e sulla competenza del Tribunale

51      In via preliminare, va rilevato che, certamente, i ricorrenti hanno espressamente indicato, all’inizio dei loro ricorsi, di chiedere l’annullamento delle decisioni impugnate.

52      Tuttavia, il Tribunale constata che, nonostante tale affermazione, la definizione dell’oggetto del primo capo della domanda non è priva di ambiguità. Infatti, le memorie dei ricorrenti contengono numerosi argomenti basati sulla presunta violazione del diritto italiano, ed in particolare della Costituzione italiana. Peraltro, una parte sostanziale delle argomentazioni dei ricorrenti si basa esclusivamente sulla giurisprudenza della Corte costituzionale (Italia), della Corte suprema di cassazione (Italia) e del Consiglio di Stato (Italia). Inoltre, diversi passaggi delle domande indicano, esplicitamente o implicitamente, che i ricorrenti intendono contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018.

53      Per di più, in risposta ad un’interrogazione scritta del Tribunale volta, appunto, a chiarire l’oggetto del primo capo di domanda, i ricorrenti hanno dichiarato di contestare la legittimità delle decisioni impugnate e «i vizi di illegittimità derivanti dall’applicazione della deliberazione n. 14/2018». Ancora più chiaramente, in risposta ad un’altra interrogazione scritta del Tribunale, i ricorrenti hanno affermato che, «a sostegno della fondatezza delle eccezioni di illegittimità sollevate contro la deliberazione n. 14/2018», hanno depositato una copia della decisione n. 2/2020 del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, di cui al punto 45, supra. Infine, i ricorrenti hanno espressamente contestato, all’udienza, la validità della deliberazione n. 14/2018.

54      In tali circostanze, è necessario ricordare i limiti che si impongono alla competenza del Tribunale nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

55      A tal riguardo, conformemente all’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione europea non è competente a statuire sulla legittimità di un atto emanato da un’autorità nazionale (v., in tal senso, ordinanza del 28 febbraio 2017, NF/Consiglio europeo, T‑192/16, EU:T:2017:128, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

56      Tenuto conto di tale giurisprudenza, la valutazione della legittimità della deliberazione n. 14/2018 esula dalla competenza del Tribunale.

57      Inoltre, il Tribunale rileva che gli elementi di prova presentati dai ricorrenti, di cui ai punti 45 e 46, supra, e ai quali essi hanno fatto riferimento all’udienza, sono irrilevanti ai fini dell’esito dei presenti ricorsi. Da un lato, i ricorrenti hanno trasmesso una copia della decisione n. 2/2020 del 22 aprile 2020, con la quale il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati ha parzialmente annullato l’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la legittimità dell’atto impugnato deve essere valutata sulla base dei fatti e del diritto esistente alla data di adozione dell’atto (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 37 e giurisprudenza citata). L’annullamento parziale della deliberazione n. 14/2018 non ha quindi alcuna conseguenza nel caso di specie, in quanto è successivo alla data di adozione delle decisioni impugnate. Tale conclusione è tanto più necessaria in quanto, in ogni caso, il Parlamento non ha ricevuto una richiesta di applicazione, e di conseguenza non ha applicato alle ricorrenti norme identiche a quelle dell’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Dall’altro, i ricorrenti hanno altresì depositato una copia del dispositivo della sentenza del 25 giugno 2020 della Commissione contenziosa del Senato. Tuttavia, tale sentenza, pronunciata anch’essa dopo la data di adozione delle decisioni impugnate riguarda la decisione n. 6/2018 dell’Ufficio di Presidenza del Senato, e non la deliberazione n. 14/2018. Orbene, è pacifico che, conformemente a quanto prescritto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento ha applicato unicamente norme identiche a quelle della deliberazione n. 14/2018. Infine, il Tribunale constata che il Parlamento ha confermato in udienza che avrebbe applicato, in futuro, qualsiasi modifica del diritto italiano, e in particolare della deliberazione n. 14/2008, che potrebbe risultare dai procedimenti in corso dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, conformemente alla regola di pensione identica.

58      Se è vero che, sulla base dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può quindi controllare la validità della deliberazione n. 14/2018, esso è, per contro, competente ad esaminare la legittimità degli atti del Parlamento. Pertanto, nell’ambito dei presenti ricorsi di annullamento, il Tribunale può verificare se l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che istituiscono la regola di pensione identica, non violino le norme di rango superiore del diritto dell’Unione. Analogamente, il Tribunale può esaminare se l’applicazione delle disposizioni della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento, ai sensi della regola di pensione identica, sia conforme al diritto dell’Unione. Infine, il Tribunale è anche competente a garantire che le decisioni impugnate siano conformi al diritto dell’Unione.

2.      Nel merito

59      A sostegno delle loro domande di annullamento, i ricorrenti deducono otto motivi. Il primo motivo riguarda l’incompetenza dell’autore delle decisioni impugnate e l’illegittimità dell’applicazione automatica della deliberazione n. 14/2018. Il secondo motivo riguarda la violazione delle regole interne del Parlamento. Il terzo motivo riguarda la violazione dell’articolo 28 dello statuto dei deputati e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione. Il quarto motivo riguarda la violazione dell’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e del principio di legalità delle pene, nonché la violazione dei principi di irretroattività e di non discriminazione. Il quinto motivo riguarda la violazione del diritto di proprietà. Il sesto motivo riguarda la violazione dei principi dell’affidamento, di certezza del diritto e di tutela dei diritti acquisiti. Il settimo motivo riguarda la violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e parità di trattamento. L’ottavo motivo riguarda ulteriori motivi di violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, non discriminazione e solidarietà.

60      A tale riguardo, il Tribunale ritiene opportuno valutare separatamente ciascuno dei primi sei motivi e quindi esaminare, congiuntamente, il settimo e l’ottavo motivo.

a)      Sul primo motivo, vertente sullincompetenza dellautore delle decisioni impugnate e sullillegittimità dellapplicazione automatica della deliberazione n. 14/2018

61      A sostegno del primo motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che l’Ufficio di presidenza del Parlamento dispone, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento, come applicabile all’epoca dei fatti, vale a dire durante l’ottava legislatura (in prosieguo: il «regolamento interno»), di una riserva di competenza in materia di diritti finanziari dei deputati. Tuttavia, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non avrebbe adottato alcuna decisione che stabilisca i nuovi metodi di calcolo applicabili alle pensioni dei ricorrenti. Secondo i ricorrenti, le decisioni impugnate sono state adottate unicamente a causa della presunta applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti.

62      Il Parlamento conclude per il rigetto del primo motivo in quanto infondato.

63      A tal proposito, le parti concordano sul fatto che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno, l’Ufficio di presidenza del Parlamento disciplina le questioni finanziarie, organizzative e amministrative riguardanti i deputati su proposta del segretario generale del Parlamento o di un gruppo politico. Tuttavia, il Parlamento ritiene che tale disposizione limiti l’azione dell’Ufficio di Presidenza all’adozione di norme generali ed astratte, e non a quella di decisioni individuali. Per contro, i ricorrenti ritengono che le decisioni impugnate, anche se costituiscono atti di portata individuale, avrebbero dovuto essere adottate sulla base di detto articolo 25, paragrafo 3.

64      Su tale punto, risulta da una giurisprudenza costante che l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno attribuisce una competenza generale all’Ufficio di presidenza del Parlamento, in particolare, in materia di questioni finanziarie concernenti i deputati. Pertanto, tale disposizione costituisce la base sulla quale quest’ultimo può fondarsi per adottare, su proposta del segretario generale del Parlamento o di un gruppo politico, la regolamentazione riguardante le suddette questioni (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

65      Peraltro, è già stato altresì dichiarato che le misure di attuazione, adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, hanno in particolare lo scopo, come risulta dal loro considerando 3, di sostituire la regolamentazione SID riguardante le spese e le indennità dei deputati al Parlamento. In tal senso, le misure di attuazione disciplinano le questioni finanziarie riguardanti i deputati ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno (sentenza del 29 novembre 2017, Montel/Parlamento, T‑634/16, non pubblicata, EU:T:2017:848, punti 50 e 51).

66      Sebbene l’Ufficio di presidenza del Parlamento abbia quindi il potere di adottare norme generali e astratte ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno, ciò non significa che sia competente anche per l’adozione di decisioni individuali nel campo delle questioni finanziarie riguardanti i deputati.

67      Al contrario, all’amministrazione del Parlamento può essere affidata una competenza siffatta, senza incorrere in una violazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno, allorché l’Ufficio di Presidenza di tale istituzione ne abbia fissato i limiti e le modalità di esercizio (v., in tal senso, ordinanza del 6 settembre 2018, Bilde/Parlamento, C‑67/18 P, non pubblicata, EU:C:2018:692, punti 36 e 37).

68      Inoltre, alla luce di tale ripartizione delle competenze tra l’Ufficio di presidenza del Parlamento e l’amministrazione di tale istituzione, è già stato dichiarato, in particolare, che una decisione individuale che fissa i diritti a pensione dei deputati non è soltanto una decisione esercitata nell’ambito di una competenza vincolata, nel senso che tale amministrazione non ha alcun potere discrezionale nella determinazione dei diritti a pensione, ma che essa riveste anche un carattere esclusivamente dichiarativo per quanto riguarda il contenuto di tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 38).

69      Di conseguenza, nulla vieta al Parlamento di attribuire alla sua amministrazione la competenza di adottare decisioni individuali, in particolare, nel settore dei diritti a pensione e in quello della fissazione dell’importo delle pensioni. Resta tuttavia da verificare se, nel caso di specie, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento disponesse di una siffatta competenza.

70      A tale riguardo, l’articolo 73, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1), stabilisce che ogni istituzione dell’Unione, nel rispetto delle condizioni previste dal rispettivo regolamento interno, delega le funzioni di ordinatore a membri del personale di livello adeguato. Essa stabilisce nelle proprie regole amministrative interne i membri del personale ai quali delega dette funzioni, i limiti dei poteri delegati e se le persone alle quali sono delegati tali poteri possono sottodelegarli.

71      Orbene, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG finanze di tale istituzione era stato nominato ordinatore subdelegato per la linea di bilancio 1030, relativa alle pensioni di anzianità di cui all’allegato III con la decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018. Peraltro, conformemente all’articolo 73, paragrafo 3, del regolamento 2018/1046, la decisione FINS/2019-01 indica espressamente che tale subdelega di competenza autorizza il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione.

72      Inoltre, è pacifico che le regole fissate dalle misure di attuazione e dalla regolamentazione SID, come adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, non sono state modificate dal capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze di tale istituzione, ma che esse sono state soltanto applicate da quest’ultimo. Peraltro, la questione del rispetto, nel caso di specie, delle disposizioni di queste due normative da parte di quest’ultimo sarà valutata, di seguito, nell’ambito dell’esame degli altri motivi.

73      Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento era quindi competente ad adottare le decisioni impugnate, cosicché non era necessaria alcuna decisione dell’Ufficio di presidenza prima dell’adozione di queste ultime.

74      Infine, per quanto riguarda l’asserita illegittimità dell’applicazione da parte del Parlamento delle norme della deliberazione n. 14/2018, il Tribunale rileva che i ricorrenti non sviluppano alcun argomento specifico al riguardo nell’ambito del primo motivo. Tuttavia, tale censura viene ribadita, con un’argomentazione più coerente, nell’ambito del secondo motivo. Si rinvia quindi ai punti da 76 a 108, infra.

75      Di conseguenza, occorre respingere il primo motivo.

b)      Sul secondo motivo, vertente sulla violazione delle regole interne del Parlamento

76      Il secondo motivo comprende due parti. La prima parte riguarda la violazione dell’articolo 27 dello statuto dei deputati, della regola di pensione identica e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione. La seconda parte riguarda la violazione della «riserva di legge» che sarebbe garantita dalle regole interne del Parlamento.

77      Il Parlamento conclude per il rigetto del secondo motivo in quanto in parte irricevibile, poiché il titolo di tale motivo mancherebbe di chiarezza e precisione, e in parte infondato.

1)      Sulla prima parte del secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 27 dello statuto dei deputati, della regola di pensione identica e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione

78      Nell’ambito della prima parte, i ricorrenti sostengono che l’articolo 27 dello statuto dei deputati, la regola di pensione identica nonché gli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione prevedono che le pensioni dei ricorrenti siano a carico del Parlamento alle condizioni previste dal diritto italiano, quale esistente al momento in cui essi hanno aderito al regime pensionistico istituito dall’allegato III. Di conseguenza, le pensioni dei ricorrenti sarebbero immutabili e non potrebbero essere soggette a successive modifiche.

79      Il Parlamento conclude per il rigetto della prima parte del secondo motivo in quanto infondata.

80      In via preliminare, devono essere respinti, in quanto inconferenti, gli argomenti dei ricorrenti con cui essi intendono contestare la legittimità delle decisioni impugnate alla luce dell’articolo 27 dello statuto dei deputati e dell’articolo 76 delle misure di attuazione. Tali disposizioni non hanno ad oggetto, come nel caso in esame, il regime delle pensioni di anzianità, organizzato dall’allegato III, bensì il regime di pensione integrativa volontaria, di cui all’allegato VII della normativa SID (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punti 8 e 11, e del 13 marzo 2013, Inglewood e a./Parlamento, T‑229/11 e T‑276/11, EU:T:2013:127, punti 8 e 11). Inoltre, secondo il suo stesso titolo, l’articolo 76 delle misure di esecuzione si applica solo ai vitalizi integrativi. Pertanto, un’eventuale violazione da parte del Parlamento di tali due disposizioni non può, in ogni caso, comportare l’annullamento delle decisioni impugnate.

81      Va altresì rilevato che, ai sensi dell’articolo 74 delle misure di attuazione, la regolamentazione SID è scaduta il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009. Tuttavia, in deroga a tale norma, l’articolo 74 delle misure di attuazione, in combinato disposto con l’articolo 75 di queste ultime, mantiene in vigore, in via transitoria, segnatamente la regola di pensione identica prevista all’allegato III. Pertanto, occorre constatare che le disposizioni di tale allegato non sono state abrogate e sono sempre applicabili, nel caso di specie nei riguardi dei ricorrenti.

i)      Sulla situazione dei ricorrenti

82      Nella specie, tutti i ricorrenti che hanno beneficiato di una pensione di anzianità hanno iniziato a percepirla prima del 14 luglio 2009. L’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, è pertanto applicabile alla loro situazione.

83      Inoltre, poiché le parti concordano sul fatto che il diritto alla pensione di reversibilità di cui trattasi costituisce un diritto dipendente e derivato dal diritto alla pensione di anzianità dell’ex deputato deceduto, occorre fare riferimento, al fine di determinare quale paragrafo dell’articolo 75 sia applicabile, alla data a partire dalla quale tale ex deputato aveva iniziato a percepire la sua pensione di anzianità sulla base dell’allegato III. Di conseguenza, l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, è applicabile anche ai ricorrenti nelle cause T‑365/19 e T‑374/19, che sono titolari di una pensione di reversibilità. Infatti, i loro coniugi deceduti avevano tutti iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

84      A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, prevede che «[le] pension[i] di anzianità concess[e] in virtù [dell’allegato] III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di dett[o] allegat[o] ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto».

85      Peraltro, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, dal canto suo, sancisce la regola di pensione identica, al centro delle cause in esame, nei seguenti termini:

«L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».

86      La formulazione imperativa di tale disposizione – «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente» – non lascia alcun margine al Parlamento per un metodo di calcolo autonomo. Fatto salvo il rispetto delle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, compresi i principi generali del diritto e la Carta, il Parlamento è tenuto a determinare il livello e le modalità della pensione di anzianità di un ex deputato europeo rientranti nell’ambito di applicazione dell’allegato III sulla base di quelli definiti nel diritto nazionale applicabile, vale a dire, nel caso di specie, sul fondamento delle norme definite nella deliberazione n. 14/2018.

87      Del pari, l’uso del presente indicativo «corrispondono esattamente» implica che tale obbligo di applicare le stesse norme relative al livello e alle modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato non si limita a disciplinare la situazione passata degli ex deputati, vale a dire prima dell’adozione dello statuto dei deputati, ma continua a esplicare i suoi effetti finché sono versate le pensioni di anzianità.

88      Tale duplice interpretazione è rafforzata dall’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, il quale indica espressamente che le pensioni di anzianità «continuano a essere versate» in applicazione dell’allegato III. Anche in questo caso, il ricorso a una formulazione imperativa e al presente indicativo conferma, da un lato, la permanenza delle norme contenute nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, anche dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, e, dall’altro, l’assenza di un margine di manovra del Parlamento quanto alla loro applicazione.

89      Ne consegue che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, letti in combinato disposto, esigono espressamente che il Parlamento applichi, in ogni momento, le stesse norme relative all’importo e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Come già indicato al punto 86, supra, il Parlamento può sottrarsi a tale obbligo solo nell’ipotesi in cui, alla luce del principio della gerarchia delle norme, l’attuazione di tali norme comporti la violazione di una norma di rango superiore del diritto dell’Unione.

90      Peraltro, anche se l’applicazione di tali norme implica, come nel caso di specie, una riduzione dell’importo delle pensioni, ciò non può tuttavia essere considerato lesivo dei diritti a pensione di anzianità maturati dai loro beneficiari.

91      Infatti, il combinato disposto dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III indica che i diritti alla pensione di anzianità maturati, derivanti dai contributi versati dagli ex deputati, costituiscono solo la base di calcolo di tali pensioni di anzianità. D’altro canto, nessuna disposizione dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III garantisce l’immutabilità dell’importo di tali pensioni. I diritti a pensione acquisiti di cui all’articolo 75 non devono essere confusi con un presunto diritto a ricevere un importo fisso di pensione.

92      Tale interpretazione della regola di pensione identica non è inficiata dall’articolo 75, paragrafo 2, prima frase, al quale fanno implicito riferimento i ricorrenti. Certamente, tale disposizione prevede che «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti». Tuttavia, il suddetto articolo 75, paragrafo 2, prima frase, non indica che l’importo delle suddette pensioni non possa essere modificato, tanto a vantaggio quanto a svantaggio dei loro beneficiari. Inoltre, un’interpretazione sistematica di tale articolo 75 comporta in ogni caso l’inapplicabilità del suo paragrafo 2 agli ex deputati i quali, come i ricorrenti, hanno iniziato a percepire la pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

93      Tale interpretazione non porta neppure, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, a violare l’articolo 28 dello statuto dei deputati. Infatti, come giustamente rilevato dal Parlamento, è sufficiente constatare che l’articolo 28 dello statuto dei deputati si applica, secondo la sua lettera, solo ai diritti a pensione che i deputati hanno acquisito «a norma della legislazione nazionale». Orbene, nel caso di specie, le pensioni di anzianità dei ricorrenti non sono state acquisite a norma di una legislazione nazionale, ma sulla base delle disposizioni dell’allegato III. Inoltre, i ricorrenti stessi riconoscono, nelle loro memorie, che le loro pensioni non sono a carico della Repubblica italiana, ma del Parlamento. L’articolo 28 dello statuto dei deputati è quindi inapplicabile alle pensioni dei ricorrenti, dal momento che queste ultime rientrano in un regime pensionistico dell’Unione, e non in un regime pensionistico nazionale.

94      Infine, il Tribunale constata che la mancanza di immutabilità dell’importo delle pensioni versate ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III è confermata dalla prassi. Infatti, in risposta ai quesiti scritti del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che, prima dell’adozione della deliberazione n. 14/2018, l’importo delle pensioni di anzianità di una decina di ex deputati europei, eletti in Italia, era già stato ridotto per tener conto della deliberazione n. 210/2017 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. In senso contrario, il Parlamento ha precisato, altresì con elementi di prova a supporto, che il livello delle pensioni di anzianità di taluni ex deputati europei, eletti in Italia, era aumentato, tra il 2002 e il 2005, in applicazione dell’aumento dell’importo dell’indennità parlamentare deciso dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati.

ii)    Conclusione

95      Nel caso di specie, il Parlamento non ha modificato né l’articolo 75 né l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Tali disposizioni sono rimaste invariate. Parimenti, il Parlamento non ha rimesso in discussione i diritti alla pensione di anzianità maturati dai ricorrenti prima del 14 luglio 2009.

96      In concreto, in applicazione dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento si è limitato ad adeguare l’importo e le modalità delle pensioni di anzianità o di reversibilità dei ricorrenti per tener conto delle nuove regole di calcolo fissate dalla deliberazione n. 14/2018. Pertanto, sono state modificate solo le regole di calcolo dell’importo di tali pensioni di anzianità o di reversibilità, in applicazione delle nuove prescrizioni della deliberazione n. 14/2018. I ricorrenti non hanno peraltro sostenuto che il Parlamento aveva male applicato le norme della deliberazione n. 14/2018.

97      Del resto, e a titolo di raffronto, il Tribunale constata che la possibilità di una revisione dell’importo delle pensioni è già stata ammessa dalla giurisprudenza nell’ambito del contenzioso della funzione pubblica dell’Unione. Secondo quest’ultima, occorre operare una distinzione netta tra la determinazione del diritto a pensione e il pagamento delle prestazioni che ne derivano. Infatti, secondo la giurisprudenza, i diritti quesiti in termini di fissazione della pensione non sono violati quando le variazioni negli importi effettivamente versati derivino da evoluzioni legislative o regolamentari che non ledono il diritto a pensione propriamente detto (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione, T‑135/05, EU:T:2006:366, punti 79 e 80 e giurisprudenza ivi citata).

98      Alla luce delle considerazioni che precedono, il Parlamento ha soddisfatto l’obbligo ad esso incombente ai sensi dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, adottando le decisioni impugnate. Quanto alla questione se tale applicazione da parte del Parlamento delle regole della deliberazione n. 14/2018 violi o meno norme di rango superiore del diritto dell’Unione diverse dall’articolo 75 o dall’allegato III, essa sarà esaminata nell’ambito dei motivi dal quarto all’ottavo ai punti da 116 a 223, infra.

99      Dall’insieme di tali elementi risulta che il Parlamento poteva validamente basarsi sull’articolo 75 e sulle norme dell’allegato III, senza violarne le disposizioni, per adottare le decisioni impugnate.

100    Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del secondo motivo.

2)      Sulla seconda parte del secondo motivo, relativo alla violazione della «riserva di legge»

101    Nell’ambito della seconda parte, i ricorrenti sostengono che la deliberazione n. 14/2018 non è un atto legislativo. Orbene, l’Ufficio di presidenza del Parlamento, in una deliberazione adottata nel corso di una riunione tenutasi tra l’8 e il 10 febbraio 1999, ha assicurato che le pensioni a carico di tale istituzione saranno definite secondo le condizioni stabilite dalla «legislazione nazionale» pertinente. Tale «riserva di legge» per quanto riguarda i regimi pensionistici dei parlamentari sarebbe garantita anche dall’articolo 69 della Costituzione italiana. Di conseguenza, le disposizioni della deliberazione n. 14/2018 non avrebbero potuto influire negativamente sull’importo delle pensioni dei ricorrenti.

102    Il Parlamento conclude per il rigetto della seconda parte del secondo motivo in quanto infondata.

103    In via preliminare, occorre rammentare che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 supra). Di conseguenza, il Tribunale non è competente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, ad esaminare le argomentazioni dei ricorrenti relative ad una possibile violazione dell’articolo 69 della Costituzione italiana mediante la deliberazione n. 14/2018.

104    Va poi ricordato che, come osservato supra, ai punti 82 e 83, la situazione giuridica dei ricorrenti rientra esclusivamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma. Ai sensi di tale disposizione, le pensioni di anzianità continuano ad essere versate ai loro beneficiari conformemente all’allegato III.

105    Orbene, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che disciplina proprio il calcolo dell’importo di dette pensioni rinviando al diritto dello Stato membro interessato, non precisa che tale diritto nazionale debba assumere la forma di una «legge». Ancora più in generale, nessuna disposizione dell’allegato III fa riferimento alla «legislazione» dello Stato membro interessato.

106    Pertanto, l’articolo 75, paragrafo 1, non richiede che le modalità di calcolo delle pensioni siano fissate, nel diritto dello Stato membro interessato, da una «legge». È quindi irrilevante che la deliberazione n. 14/2018 non sia stata adottata sotto forma di legge.

107    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che il documento citato dai ricorrenti, e presentato come allegato, rispettivamente, A.2. (causa T‑365/19), A.3. (causa T‑364/19), A.5. (cause T‑345/19, T‑346/19, T‑366/19 e da T‑372/19 a T‑375/19) e A.6. (causa T‑385/19), fa riferimento alla «legislazione nazionale» di cui trattasi. Da un lato, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti nel testo del loro ricorso, tale documento non costituisce una decisione che l’Ufficio di presidenza del Parlamento avrebbe adottato in occasione della sua riunione svoltasi dall’8 al 10 febbraio 1999, bensì una comunicazione del collegio dei questori datata 18 marzo 1999. Tale constatazione è d’altronde confermata dalla lettura dell’elenco degli allegati ai ricorsi. Tuttavia, tale comunicazione del collegio dei questori non ha alcuna portata normativa, in quanto si limita a descrivere le norme in vigore nel 1999. Dall’altro lato, anche a prescindere dalla questione se tale comunicazione trascriva fedelmente, o meno, la decisione adottata dall’Ufficio di presidenza del Parlamento nella sua riunione dall’8 al 10 febbraio 1999 e se quest’ultima sia ancora in vigore, è sufficiente constatare, in ogni caso, che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, non menziona né tale comunicazione né tale decisione nel quadro normativo che disciplina le pensioni di anzianità. Il Parlamento non era quindi tenuto a prendere in considerazione tale comunicazione e tale decisione, anche supponendole ancora esistenti, allorché ha adottato le decisioni impugnate.

108    Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del secondo motivo, e quindi il secondo motivo nella sua interezza, senza che sia necessario esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento relativa all’asserita mancanza di chiarezza del titolo di tale motivo.

c)      Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 28 dello statuto dei deputati e degli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione

109    A sostegno del terzo motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che l’articolo 28 dello statuto dei deputati e gli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione sanciscono una «clausola di salvaguardia» che garantisce che i diritti a pensione acquisiti prima del 14 luglio 2009 e l’importo di tali pensioni restino invariati. Né la deliberazione n. 14/2018 né le decisioni impugnate avrebbero potuto validamente modificare l’articolo 28 dello statuto dei deputati e gli articoli 75 e 76 delle misure di attuazione. Inoltre, la deliberazione n. 14/2018 non prevedrebbe la propria applicabilità agli ex deputati europei eletti in Italia. Pertanto, l’asserita applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento avrebbe tradito il legittimo affidamento che i ricorrenti traevano dalla suddetta «clausola di salvaguardia».

110    Il Parlamento conclude per il rigetto del terzo motivo in quanto infondato.

111    In via preliminare, devono essere respinti in quanto inconferenti, per gli stessi motivi di cui ai punti 80 e 93 supra, gli argomenti dei ricorrenti con i quali essi intendono contestare la legittimità delle decisioni impugnate alla luce dell’articolo 28 dello statuto dei deputati e dell’articolo 76 delle misure di attuazione. Infatti, tali disposizioni sono inapplicabili nel caso di specie.

112    Irrilevante è anche l’argomento dei ricorrenti secondo cui la deliberazione n. 14/2018 non prevede la sua applicazione agli ex deputati europei eletti in Italia. Come il Tribunale ha rilevato nell’ambito del secondo motivo, in particolare ai punti da 85 a 89 supra, è la regola della pensione identica, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che impone al Parlamento di determinare il livello e le modalità della pensione di anzianità di un ex deputato europeo rientranti nell’ambito di applicazione dell’allegato III sulla base di quelli definiti nel diritto nazionale applicabile, vale a dire, nel caso di specie, sul fondamento delle norme definite nella deliberazione n. 14/2018. L’applicabilità ai ricorrenti delle disposizioni contenute nella deliberazione n. 14/2018 non deriva quindi da tale deliberazione, bensì dalla regola della pensione identica.

113    Per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 75, nel senso che esso conterrebbe una «clausola di salvaguardia» che garantisce l’immutabilità dell’importo delle pensioni dei ricorrenti, è sufficiente constatare che tale argomento è stato respinto ai punti da 90 a 92 e 94, supra. Inoltre, il Tribunale ha concluso, ai punti da 95 a 99 supra, che le decisioni impugnate non hanno modificato l’articolo 75 e che erano conformi ad esso.

114    Infine, nella parte in cui i ricorrenti contestano al Parlamento di aver violato il principio della tutela del legittimo affidamento, si deve constatare che tale argomento si confonde con l’argomento sviluppato nell’ambito del sesto motivo. Si rinvia quindi ai punti da 209 a 214, infra.

115    Conseguentemente, il terzo motivo dev’essere respinto.

d)      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dellarticolo 49 della Carta e del principio di legalità delle pene, nonché sulla violazione dei principi di irretroattività e di non discriminazione

116    Il quarto motivo consta, in sostanza, di due parti. La prima parte riguarda la violazione dell’articolo 49 della Carta e del principio di legalità delle pene. La seconda parte riguarda la violazione del principio di non discriminazione.

117    Il Parlamento conclude per il rigetto del quarto motivo in quanto in parte irricevibile, nella parte in cui, nonostante il titolo di tale motivo, i ricorrenti non fanno valere alcun argomento relativo all’asserita violazione del principio di irretroattività, e in parte infondato.

118    A tale riguardo, e conformemente all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, il quarto motivo deve essere dichiarato irricevibile nella parte in cui verte sulla violazione del principio di irretroattività. Come osservato dal Parlamento, i ricorrenti non hanno presentato alcuna argomentazione a sostegno di tale addebito. In ogni caso, tale addebito viene ribadito, con un’argomentazione più coerente, nell’ambito del sesto motivo. Si rinvia quindi ai punti da 194 a 208, infra.

119    Avendo fornito questi chiarimenti, occorre esaminare le altre argomentazioni dei ricorrenti.

1)      Sulla prima parte del quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 49 della Carta e del principio di legalità delle sanzioni

120    Nella prima parte, i ricorrenti sostengono, in sostanza, che le decisioni impugnate violano l’articolo 49 della Carta e il principio di legalità delle pene, in quanto gli ex membri del Parlamento europeo eletti in Italia sono penalizzati dalle nuove regole di calcolo previste dalla deliberazione n. 14/2018. Orbene, le ragioni dell’adozione di tale deliberazione mirerebbero a punire, in modo arbitrario, gli ex membri della Camera dei deputati. Inoltre, la deliberazione n. 14/2018 violerebbe il principio di legalità delle sanzioni previsto dall’articolo 25 della Costituzione italiana e dall’articolo 49 della Carta, in quanto tale decisione è stata adottata in assenza di una legge precedente. Infine, il carattere punitivo delle decisioni impugnate sarebbe tanto più evidente in quanto i ricorrenti subirebbero una riduzione dell’importo della loro pensione compresa tra il 60 e l’80%.

121    Il Parlamento chiede il rigetto della prima parte del quarto motivo in quanto infondata.

122    In via preliminare, va ricordato che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 nonché punto 103 supra). Di conseguenza, il Tribunale non è competente ad esaminare le argomentazioni dei ricorrenti relative ad una possibile violazione dell’articolo 25 della Costituzione italiana da parte della deliberazione n. 14/2018. Analogamente, il Tribunale non è competente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, a valutare le affermazioni dei ricorrenti, peraltro non corroborate, relative all’asserita intenzione «demagogica», «moralizzatrice» e «punitiva» della Repubblica italiana nei confronti degli ex membri della Camera dei deputati.

123    Va poi ricordato che l’articolo 49 della Carta prevede, tra l’altro, che «[n]essuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale» e che «[l]e pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato». Tale articolo, che sancisce i principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, è applicabile, tuttavia, solo qualora il provvedimento in questione sia una sanzione penale (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2017, BB construct, C‑534/16, EU:C:2017:820, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata).

124    A tale riguardo, i ricorrenti non hanno fatto valere alcun argomento preciso e concreto diretto a dimostrare che le decisioni impugnate hanno natura penale. La loro argomentazione si limita a sviluppare considerazioni relativamente vaghe sulle presunte intenzioni politiche delle autorità italiane al momento dell’adozione della deliberazione n. 14/2018.

125    Orbene, come rilevato al punto 96, supra, quando il Parlamento ha adottato le decisioni impugnate, che sono le uniche in discussione nei presenti ricorsi, esso si è limitato ad adempiere l’obbligo ad esso incombente di cui all’articolo 75 e all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Per contro, il Tribunale constata che l’adozione delle decisioni impugnate non persegue alcuna finalità repressiva. D’altronde, i ricorrenti non hanno sostenuto che le decisioni impugnate sono state adottate allo scopo di sanzionarli.

126    Peraltro, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti nell’ambito della presente parte e nell’ambito del settimo motivo, la riduzione dell’importo della loro pensione non è compresa tra il 60 e l’80%. Da un lato, tali cifre, per lo meno imprecise trattandosi di decisioni individuali, contraddicono quelle dedotte dagli stessi ricorrenti nella parte introduttiva del loro ricorso (secondo la quale essi «[si sono visti] ridurre del 50% l’importo del proprio vitalizio»), nella parte del loro ricorso dedicata al contesto normativo (che menziona «percentuali del 40-50-80%»), nel quinto motivo (in cui «si parla del 40-50% in meno»), nel sesto motivo (che evoca «nel caso di specie 50% in meno», ma anche «variazioni (...) sul 50-70%») nonché nelle loro risposte scritte del 16 giugno 2020 («[una riduzione] del 50% circa» o, per taluni ricorrenti, «una riduzione del 40%»). D’altra parte, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella che precisava, per ciascun ricorrente, la portata di tale riduzione. Secondo i dati trasmessi dal Parlamento, le percentuali di riduzione oscillano, a seconda della situazione personale di ciascun ricorrente, tra il 24% e il 61%. Nove ricorrenti su dieci hanno ottenuto una riduzione inferiore al 50%. Per quanto riguarda il decimo ricorrente, egli ha subito una riduzione del 61% e il nuovo importo della sua pensione è pari a EUR 735,65. Occorre constatare che le pensioni dei ricorrenti sono connesse a mandati dell’ex deputato interessato per una durata rispettiva di cinque, dieci o quindici anni, e che la nuova modalità di calcolo si effettua sulla base dei contributi individuali, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della deliberazione n. 14/2008.

127    Alla luce di tali considerazioni, anche se non si può escludere che la riduzione dell’importo delle pensioni possa rappresentare un certo onere finanziario per i ricorrenti, tale circostanza da sola non consente di ritenere che tale riduzione costituisca una sanzione penale ai sensi dell’articolo 49 della Carta (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 26 ottobre 2017, BB construct, C‑534/16, EU:C:2017:820, punto 32). L’articolo 49 della Carta è quindi inapplicabile nel caso di specie.

128    Di conseguenza, occorre respingere la prima parte del quarto motivo.

2)      Sulla seconda parte del quarto motivo, vertente su una violazione del principio di uguaglianza

129    Nell’ambito della seconda parte, i ricorrenti sostengono che la deliberazione n. 14/2018 e le decisioni impugnate violano il principio di uguaglianza, come sancito in particolare dagli articoli 20 e 21 della Carta nonché dall’articolo 3 della Costituzione italiana. Le decisioni impugnate tratterebbero in maniera diversa gli ex deputati europei eletti in Italia rispetto agli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, pur rientrando tutti nello stesso allegato III. Le decisioni impugnate tratterebbero in modo diverso anche gli ex deputati europei eletti in Italia che hanno esercitato il loro mandato prima del 14 luglio 2009 rispetto ai deputati europei, eletti nello stesso Stato membro, che hanno iniziato ad esercitare il loro mandato a partire da tale data. Infine, esse tratterebbero gli ex deputati eletti in Italia che hanno esercitato il loro mandato prima del 14 luglio 2009 in modo diverso rispetto agli altri cittadini.

130    Peraltro, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti hanno anche sollevato un’eccezione di illegittimità dell’articolo 7 dell’allegato I della regolamentazione SID, della regola della pensione identica, dell’articolo 75 e dell’articolo 27 del regolamento 2018/1046.

131    Il Parlamento chiede il rigetto della seconda parte del quarto motivo in quanto infondata.

132    In via preliminare, occorre ricordare che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 nonché punto 103 supra). Di conseguenza, il Tribunale non è competente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, a esaminare gli argomenti dei ricorrenti che vertono su un’eventuale violazione dell’articolo 3 della Costituzione italiana da parte della deliberazione n. 14/2018.

133    Dev’essere altresì respinta l’eccezione di illegittimità dell’articolo 7 dell’allegato I della regolamentazione SID e dell’articolo 27 del regolamento 2018/1046. Il Parlamento, infatti, non si è basato su tali disposizioni nell’adottare le decisioni impugnate. Inoltre, l’allegato I della regolamentazione SID non contiene alcun articolo 7. In ogni caso, come il Tribunale ha osservato ai punti 82 e 83, supra, la situazione dei ricorrenti è disciplinata dall’allegato III, e non dall’allegato I della regolamentazione SID. Peraltro, l’articolo 27 del regolamento 2018/1046 riguarda le norme in materia di detrazioni e compensazioni del tasso di cambio. È chiaro che quest’ultima disposizione è del tutto estranea all’oggetto delle controversie in esame. Del resto, i ricorrenti non hanno chiarito come l’eventuale dichiarazione dell’illegittimità di quest’ultima disposizione possa comportare l’annullamento delle decisioni impugnate.

134    Secondo una giurisprudenza costante, poi, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che un trattamento siffatto sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

135    A tal proposito, le tre censure menzionate al punto 129, supra, sono dirette, nei ricorsi, contro le decisioni impugnate. Tuttavia, tali censure non derivano dalle decisioni impugnate, bensì dalle norme fissate all’articolo 75 e all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Pertanto, è unicamente con riferimento a tali due articoli, i quali, del resto, formano oggetto dell’eccezione di illegittimità dei ricorrenti, che devono essere valutati i loro argomenti.

136    Tuttavia, nessuno degli argomenti dedotti dai ricorrenti è in grado di dimostrare l’illegittimità dell’articolo 75 o dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

137    In primo luogo, i ricorrenti addebitano al Parlamento di non trattarli allo stesso modo degli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, che hanno anch’essi scelto di aderire al regime pensionistico di cui all’allegato III. I ricorrenti sarebbero stati così oggetto di un trattamento differenziato, mentre si troverebbero nella stessa situazione di questi altri ex deputati, poiché tutti avrebbero assunto le stesse funzioni durante lo stesso periodo.

138    Secondo una giurisprudenza costante, gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché la comparabilità di queste ultime devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi (v., sentenza del 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

139    A tal proposito, è pacifico che il regime pensionistico di cui all’allegato III è stato concepito per garantire un’identità di trattamento, in particolare, tra gli ex deputati europei, eletti in Italia, e i membri della Camera dei deputati. Tale obiettivo è esplicitamente affermato all’articolo 1, paragrafo 2, e all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. L’identità di trattamento costituisce quindi la caratteristica centrale del regime istituito dall’allegato III.

140    Lo scopo e l’oggetto dell’allegato III consistono quindi, nel caso di specie, nel garantire un’identità di trattamento tra gli ex deputati europei, eletti in Italia, e i membri della Camera dei deputati.

141    Pertanto, i ricorrenti non si trovano nella stessa situazione degli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, i quali hanno anche scelto di aderire a tale regime pensionistico. Infatti, le pensioni degli ex deputati europei, eletti in tali due Stati membri non sono destinate ad essere disciplinate dalle norme stabilite dal diritto italiano, ma da altre norme nazionali loro specificamente applicabili.

142    In secondo luogo, i ricorrenti affermano che il Parlamento li avrebbe trattati in modo diverso dai deputati europei eletti in Italia che hanno iniziato ad esercitare il loro mandato a partire dal 14 luglio 2009.

143    Tale argomentazione deve essere respinta, atteso che i ricorrenti non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei suddetti deputati europei.

144    Dall’articolo 1, paragrafo 2, dell’allegato III risulta espressamente che il regime di pensione di anzianità organizzato da tale allegato era stato istituito per compensare l’assenza di un siffatto regime pensionistico in Francia, Italia e Lussemburgo «[i]n attesa dell’istituzione di un regime pensionistico [dell’Unione] definitivo». L’adesione a tale regime pensionistico era volontaria e quest’ultimo era finanziato dai contributi versati dai deputati europei interessati.

145    Al contrario, a partire dall’entrata in vigore dello statuto dei deputati, e precisamente dall’istituzione del suddetto regime pensionistico definitivo, tutti i deputati europei, indipendentemente dallo Stato membro in cui sono stati eletti, hanno diritto a una pensione di anzianità ai sensi dell’articolo 14 di tale statuto e dell’articolo 49 delle misure di attuazione.

146    Ne risultano due regimi pensionistici successivi che comportano due tipi di diritti a pensione: i diritti a pensione di anzianità maturati fino al 14 luglio 2009, sulla base dell’articolo 75 e dell’allegato III, e i diritti a pensione di anzianità maturati, a partire dal 14 luglio 2009, sul fondamento dell’articolo 49 delle misure di attuazione.

147    Orbene, tali due regimi si differenziano sotto diversi aspetti.

148    Contrariamente al regime pensionistico organizzato dall’allegato III, l’adesione al regime pensionistico definitivo è obbligatoria e non si basa quindi su una scelta volontaria dei deputati europei. Analogamente, contrariamente al regime pensionistico organizzato dall’allegato III, il regime pensionistico definitivo è finanziato, come si evince dal considerando 10 e dall’articolo 12, paragrafo 5, dello statuto dei deputati, da un’imposta versata dai deputati al Parlamento europeo a beneficio dell’Unione e non da contributi. Su quest’ultimo punto, va osservato che i contributi versati ai sensi dell’allegato III sono stati calcolati, conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, di tale allegato, in modo tale che i deputati europei interessati versassero complessivamente lo stesso contributo versato dai membri della Camera bassa dello Stato membro in cui erano stati eletti. Per contro, detta imposta, di cui all’articolo 12, paragrafo 5, dello statuto dei deputati, tenuto conto dell’articolo 70 delle misure di attuazione, è calcolata in modo uniforme in applicazione delle disposizioni contenute nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 260/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che stabilisce le condizioni e la procedura d’applicazione dell’imposta a profitto delle Comunità europee (GU 1968, L 56, pag. 8).

149    È quindi sufficiente constatare che, a differenza dei deputati europei che hanno assunto le loro funzioni a partire dal 14 luglio 2009, i ricorrenti non sono mai stati coperti dal regime di pensione di anzianità organizzato dall’articolo 14 dello statuto dei deputati e dall’articolo 49 delle misure di attuazione, e che non hanno mai partecipato al suo finanziamento pagando l’imposta dovuta ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 5, dello stesso statuto. Del resto, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti hanno riconosciuto che l’importo della loro pensione era calcolato sulla base dei contributi versati al Parlamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, dell’allegato III. Inoltre, non risulta affatto dai fascicoli presentati al Tribunale che, durante i quasi 10 anni intercorsi tra l’entrata in vigore dello statuto dei deputati e la proposizione dei ricorsi in esame, i ricorrenti abbiano manifestato una qualsivoglia intenzione di essere coperti dal regime pensionistico organizzato da tale statuto in luogo del regime pensionistico istituito dall’allegato III.

150    In terzo luogo, i ricorrenti sostengono che sarebbero stati trattati diversamente dagli altri cittadini.

151    Anche questo argomento deve essere respinto, poiché i ricorrenti non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei cittadini europei che non hanno mai esercitato un mandato come membro del Parlamento europeo. Infatti, tali cittadini non sono coperti da nessuno dei regimi pensionistici vantaggiosi organizzati dalla regolamentazione SID o dallo statuto dei deputati.

152    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del quarto motivo e quest’ultimo, conseguentemente, nel suo insieme.

e)      Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

153    A sostegno del quinto motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il loro diritto di proprietà, garantito dall’articolo 17 della Carta e dall’articolo 23 della Costituzione italiana, è stato violato. Infatti, da un lato, la violazione dei loro diritti di proprietà non deriva da una legge e non è stato invocato alcun interesse generale per giustificarla. Dall’altro, le decisioni impugnate sarebbero sproporzionate poiché farebbero gravare sui ricorrenti un onere finanziario esorbitante. Inoltre, i ricorrenti contestano i presunti vantaggi economici che la deliberazione n. 14/2018 comporterebbe per le finanze della Repubblica italiana. Infine, né la deliberazione n. 14/2018, né le decisioni impugnate spiegherebbero la riduzione dell’importo delle pensioni. Di conseguenza, esse non sarebbero motivate.

154    Il Parlamento conclude per il rigetto del quinto motivo, in quanto infondato.

155    In via preliminare, va ricordato che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 nonché punto 103 supra). Di conseguenza, il Tribunale è incompetente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, a esaminare gli argomenti dei ricorrenti che vertono su un’eventuale violazione dell’articolo 23 della Costituzione italiana da parte della deliberazione n. 14/2018 o su un difetto di motivazione di quest’ultima.

156    Secondo la giurisprudenza, il diritto di proprietà, come garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, costituisce un diritto fondamentale del diritto dell’Unione, il cui rispetto è una condizione di legittimità degli atti dell’Unione. Inoltre, tale disposizione, che enuncia il diritto di ogni individuo di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, enuncia una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

157    Tuttavia, occorre ricordare che il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è assoluto e che il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano previste dalla legge, che rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 51 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

158    Per determinare, infine, la portata del diritto fondamentale al rispetto della proprietà, occorre prendere in considerazione, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, il quale sancisce tale diritto (v. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

159    Nel caso in esame, occorre ricordare che le decisioni impugnate applicano, conformemente alla regola di pensione identica, il nuovo metodo di calcolo stabilito dalla deliberazione n. 14/2008 alle pensioni di anzianità o di reversibilità dei ricorrenti. Per quanto riguarda più in particolare la censura in esame, relativa a una violazione del diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, è giocoforza constatare che i ricorrenti non deducono alcun elemento concreto secondo il quale tale diritto garantisce un livello di protezione diverso, o addirittura superiore, rispetto alle garanzie assicurate dal diritto italiano.

160    Nel caso di specie, è pacifico che il Parlamento non ha privato i ricorrenti di una parte dei loro diritti a pensione, ma si è limitato ad applicare la riduzione dell’importo di tali pensioni prevista dalle disposizioni applicabili in materia. Inoltre, come già indicato al punto 126 supra, le percentuali di riduzione delle pensioni di cui trattasi oscillano, secondo la situazione personale di ciascun ricorrente, tra il 24 e il 61%. Nove ricorrenti su dieci hanno ottenuto una riduzione inferiore al 50%. Per quanto riguarda il decimo ricorrente, egli ha subito una riduzione del 61% e il nuovo importo della sua pensione è pari a EUR 735,65. Le pensioni dei ricorrenti sono legate ai mandati dell’ex deputato interessato, rispettivamente di cinque, dieci o quindici anni e il nuovo metodo di calcolo è effettuato sulla base dei contributi individuali, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della deliberazione n. 14/2008. In ogni caso, i ricorrenti non sviluppano argomenti circostanziati e individuali relativi all’entità della riduzione dell’importo della pensione nel loro caso specifico. Su questo punto, come il Tribunale ha già osservato al punto 126 supra, le cifre presentate dalle ricorrenti sono imprecise, variabili e contraddittorie. Essi si limitano a dedurre argomenti di natura più generale secondo i quali il diritto di proprietà escluderebbe le riduzioni dell’importo delle pensioni nel caso di specie a causa della loro asserita retroattività e dell’asserita mancanza di interesse pubblico prevalente. Occorre peraltro ricordare che la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

161    A tal riguardo, occorre aggiungere quanto segue.

162    È già stato dichiarato che, quando una normativa prevede il pagamento automatico di una prestazione sociale, come una pensione di anzianità o di reversibilità, essa genera un interesse patrimoniale che rientra, per le persone che soddisfano le condizioni in essa previste, nell’ambito di applicazione dell’articolo 17 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Le pensioni dei ricorrenti rientrano quindi nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 17 della Carta.

163    Peraltro, anche se le decisioni impugnate non comportano una pura e semplice privazione delle pensioni dei ricorrenti, resta il fatto che esse ne riducono l’importo. In tal senso, le decisioni impugnate restringono il diritto di proprietà dei ricorrenti (v., in tal senso, Corte EDU, 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico c. Portugal, CE:ECHR:2015:0901DEC001334114, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata). Del resto, il Parlamento ha ammesso l’esistenza di una siffatta restrizione durante l’udienza.

164    Occorre quindi verificare se tale restrizione rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti, se sia prevista dalla legge, se risponda ad un obiettivo di interesse generale e se sia necessaria a tal fine.

165    A tal riguardo, il fatto che il Parlamento non abbia proceduto a tale verifica non ha alcuna incidenza per le cause di specie. Infatti, una siffatta verifica non costituisce una formalità procedurale obbligatoria alla quale il Parlamento sarebbe stato vincolato prima di adottare le decisioni impugnate. È importante unicamente che gli effetti concreti di tali decisioni non ledano il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti.

166    In primo luogo, il diritto di proprietà, come sancito dall’articolo 17 della Carta, non può essere interpretato nel senso che conferisce il diritto a una pensione di un determinato importo (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

167    In secondo luogo, la restrizione al diritto di proprietà dei ricorrenti di cui trattasi nel caso di specie è prevista dalla legge.

168    Da un lato, le decisioni impugnate si basano sull’articolo 75 e sull’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. A tal riguardo, è stato rilevato supra al punto 95, che le norme dell’allegato III non erano state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III richiede che l’importo delle pensioni sia adeguato, al ribasso o al rialzo, per tener conto delle evoluzioni legislative o regolamentari pertinenti nello Stato membro interessato. Pertanto, le decisioni impugnate, pur adeguando l’importo delle pensioni dei ricorrenti, non hanno modificato il contenuto del diritto alla pensione come definito dal diritto dell’Unione.

169    Dall’altro, il Tribunale constata che le nuove regole per il calcolo di tali pensioni sono stabilite, con sufficiente chiarezza e precisione, dalle disposizioni della deliberazione n. 14/2018. Inoltre, la circostanza, evidenziata dai ricorrenti, che la deliberazione non abbia la forma di una «legge» nel diritto italiano non ha alcuna rilevanza. Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «legge» deve essere intesa nella sua accezione «sostanziale» e non «formale». Di conseguenza, essa include l’insieme rappresentato dal diritto scritto, compresi i testi di rango infralegislativo, nonché la giurisprudenza che la interpreta [v. Corte EDU, 18 gennaio 2018, Fédération nationale des associations et syndicats de sportifs (FNASS) e altri c. Francia, CE:ECHR:2018:0118JUD 004815111, punto 160 e giurisprudenza ivi citata].

170    In terzo luogo, il Parlamento afferma che la giustificazione della restrizione al diritto di proprietà dei ricorrenti figura nella deliberazione n. 14/2018, poiché è l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati che ha scelto di adeguare il metodo di calcolo delle pensioni versate ai membri di tale camera. Più precisamente, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe giustificata dall’obiettivo di adeguare al sistema di calcolo contributivo l’importo delle pensioni versate a tutti i deputati. Peraltro, secondo il Parlamento, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulterebbe che gli Stati dispongono di un ampio potere discrezionale, in particolare per quanto riguarda l’adozione di politiche di risparmio di denaro pubblico o di leggi che introducono misure di austerità imposte da una grave crisi economica.

171    A tal riguardo, il Tribunale rileva che, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, l’adozione delle decisioni impugnate dipende necessariamente dalle scelte operate dalle autorità italiane competenti. Pertanto, la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito non può prescindere dagli scopi che hanno presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018.

172    Su questo punto, occorre constatare che l’obiettivo invocato dal Parlamento è esplicitamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018. Infatti, viene ivi precisato che tale decisione mira a «procedere ad una rideterminazione secondo il metodo di calcolo contributivo della misura degli assegni vitalizi, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata e dei trattamenti di reversibilità maturati sulla base della normativa vigente alla data del 31 dicembre 2011» e a «evitare che il ricalcolo del trattamento in essere possa determinarne un importo superiore a quello erogato attualmente».

173    Inoltre, anche se i ricorrenti sostengono che non è stato invocato alcun interesse pubblico specifico per giustificare tale violazione dei loro diritti di proprietà, esse stesse riconoscono che l’adozione della deliberazione n. 14/2018 è intesa a ridurre le spese a carico dello Stato italiano. Nel considerare che il nuovo metodo di calcolo «non produrrà alcun risparmio concreto» e che «i risparmi derivanti da questa riforma sono pressoché niente rispetto al gravosissimo debito pubblico italiano», i ricorrenti ammettono, implicitamente ma necessariamente, che il motivo della riduzione operata con la deliberazione n. 14/2018 è quello di generare risparmi di spesa per le casse dello Stato italiano. Tale conclusione è tanto più necessaria in considerazione del fatto che i ricorrenti affermano anche, nell’ambito del quarto motivo, che la deliberazione n. 14/2018 ha come conseguenza che «cifre ragguardevoli (...) vanno a confluire nel grande calderone dello Stato [italiano]».

174    Da tali elementi si deduce che la deliberazione n. 14/2018 ha lo scopo di razionalizzare le spese pubbliche in un contesto di rigore di bilancio. Orbene, il giudice dell’Unione ha già riconosciuto che un siffatto obiettivo costituisce un obiettivo di interesse generale tale da giustificare una limitazione dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 56 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 14 dicembre 2018, FV/Consiglio, T‑750/16, EU:T:2018:972, punto 108).

175    Tale obiettivo legittimo deve altresì essere constatato per quanto riguarda le decisioni impugnate, dal momento che l’adozione di queste ultime non presenta alcuna ragion d’essere autonoma, ma, al contrario, come precisato al punto 171, supra, dipende dalle scelte operate dalle competenti autorità italiane. Inoltre, le decisioni impugnate perseguono allo stesso tempo l’obiettivo legittimo, esplicitamente affermato dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di concedere ai ricorrenti pensioni il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione che percepiscono i membri della Camera dei deputati.

176    In quarto luogo, per quanto riguarda la necessità della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, quella delle decisioni impugnate, la Corte ha già dichiarato che, tenuto conto del contesto economico particolare che imperversa da diversi anni, gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale in sede di adozione di decisioni in materia economica e si trovano nella posizione migliore per definire le misure idonee a realizzare l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 57). Parimenti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già considerato che la decisione di legiferare in materia di prestazioni sociali comporta di norma un esame di questioni di ordine politico, economico e sociale. Ne discende che agli Stati viene lasciato un ampio margine di valutazione, in particolare per l’adozione di politiche di risparmio di denaro pubblico o di leggi che introducono misure di austerità imposte da una grave crisi economica (v., in tal senso, Corte EDU, 10 luglio 2018, Achille Claudio Aielli e altri c. Italia e Giovanni Arboit e altri c. Italia, CE:ECHR:2018:0710DEC002716618, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

177    Orbene, i ricorrenti non hanno dimostrato che le regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018 non erano necessarie per raggiungere gli obiettivi perseguiti, quali descritti ai punti 174 e 175, supra. I ricorrenti non hanno neppure menzionato l’esistenza di altre misure meno restrittive che avrebbero consentito di raggiungere i detti obiettivi.

178    Inoltre, risulta dai punti 13 e 16 del parere del servizio giuridico che la deliberazione n. 14/2018 contiene un certo numero di disposizioni che garantiscono la sua proporzionalità, e in particolare l’articolo 1, paragrafi 6 e 7, di tale deliberazione. A tal riguardo, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella nella quale risulta che esso ha applicato le norme di cui all’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 a favore di quattro dei ricorrenti. Conformemente a tali regole, il nuovo importo della loro pensione, quale era stato ricalcolato, è stato aumentato della metà. Parimenti, in udienza, il Parlamento ha sostenuto, senza essere contraddetto dai ricorrenti, che nessuno di essi aveva chiesto l’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Orbene, tali norme consentono di aumentare l’importo della pensione di persone che non percepiscono altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, affette da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita o da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità al 100%.

179    Quanto alle conseguenze delle decisioni impugnate per i ricorrenti, il Tribunale non esclude, certamente, che esse possano raggiungere una determinata soglia di gravità. Tuttavia, di per sé, tale soglia di gravità non consente di concludere che le decisioni impugnate generano inconvenienti sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti, in particolare considerando l’entità delle riduzioni dell’importo delle pensioni in questione, i nuovi importi assoluti delle pensioni valutati in relazione alla durata del mandato dell’ex deputato europeo interessato e il fatto che il nuovo metodo di calcolo prende in considerazione il contributo individuale di quest’ultimo. Inoltre, a parte il riferimento molto generale al danno finanziario, i ricorrenti non hanno specificato quali sarebbero le conseguenze negative derivanti dalle decisioni impugnate. Inoltre, come indicato ai punti 126 e 160, supra, la quantificazione di tale perdita, sotto forma di percentuali, è imprecisa, variabile e contraddittoria nelle affermazioni dei ricorrenti. In mancanza di elementi concreti, non si può quindi constatare che i ricorrenti sopporterebbero, ciascuno, un onere individuale esorbitante rispetto all’obiettivo perseguito. In ogni caso, la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P et C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

180    Da tali elementi risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato che le decisioni impugnate hanno violato i loro diritti di proprietà in modo ingiustificato o sproporzionato.

181    Infine, deve essere respinta l’affermazione dei ricorrenti, che non è presentata come una denuncia indipendente né sostenuta da alcun argomento, secondo cui la riduzione dell’importo della loro pensione non sarebbe motivata nelle decisioni impugnate.

182    A tal proposito, occorre rammentare che la motivazione prescritta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi gli obblighi di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE deve essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2011, AJD Tuna, C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per sapere se una decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 287 e giurisprudenza ivi citata).

183    Occorre parimenti rammentare che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. La motivazione di una decisione consiste difatti nell’esprimere formalmente i motivi su cui si fonda tale decisione. Siffatta motivazione può essere sufficiente pur esprimendo motivi erronei (v. sentenza del 31 maggio 2018, Korwin-Mikke/Parlamento, T‑352/17, EU:T:2018:319, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Le censure e gli argomenti diretti a contestare la fondatezza di un atto sono, quindi, irrilevanti nell’ambito di un motivo vertente sul difetto o sull’insufficienza di motivazione (v. sentenza del 19 dicembre 2019, ZQ/Commissione, T‑647/18, non pubblicata, EU:T:2019:884, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

184    Nel caso di specie, il Tribunale rileva che, al primo paragrafo, le decisioni impugnate ricordano che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ha adottato la deliberazione n. 14/2018, la quale prevede di ridurre, a partire dal 1º gennaio 2019, l’importo delle pensioni relative agli anni di mandato compiuti fino al 31 dicembre 2011.

185    Al secondo paragrafo, le decisioni impugnate si riferiscono all’articolo 75, ma anche all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale prevede che l’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato. Le decisioni impugnate menzionano quindi esplicitamente il loro fondamento giuridico.

186    Al terzo paragrafo, le decisioni impugnate precisano che, tenuto conto dell’adozione della deliberazione n. 14/2018 e delle disposizioni di cui al punto 185, supra, l’importo delle pensioni dei ricorrenti dovrà essere correlativamente adeguato per corrispondere all’importo delle pensioni pagate ai suoi membri dalla Camera dei deputati. A questo proposito, le decisioni impugnate rinviano alla nota del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG Finanze del Parlamento, come allegata ai bollettini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, in cui quest’ultimo annunciava che avrebbe comunicato ai ricorrenti la nuova fissazione dell’importo delle loro pensioni e avrebbe proceduto al recupero dell’eventuale differenza sui dodici mesi seguenti.

187    Al quarto e al quinto paragrafo delle decisioni impugnate, i ricorrenti vengono informati del fatto che l’importo della loro pensione sarà calcolato, a partire dal mese di aprile 2019, conformemente ai progetti di fissazione dei nuovi importi delle pensioni allegati a tali decisioni. Peraltro, sono indicati gli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019, e viene precisato come il Parlamento intenda recuperarli.

188    Inoltre, è vero che le ragioni che hanno indotto il Parlamento a ritenere che le norme della deliberazione n. 14/2018 si applichino anche ai ricorrenti sono effettivamente esposte solo nel parere del servizio giuridico. Così, ai punti da 9 a 14 e 16 di tale parere, il Parlamento chiarisce, in sostanza, che l’allegato III non crea un regime pensionistico autonomo, nel senso che tale istituzione è tenuta, in forza della regola di pensione identica, ad applicare le norme della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, l’esistenza del parere del servizio giuridico era menzionata nella nota del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG finanze del Parlamento allegata ai bollettini di pensione del mese di febbraio 2019. Orbene, da un lato, i ricorrenti erano tutti destinatari di detta nota e, dall’altro, le decisioni impugnate vi rinviano esplicitamente. In tali circostanze, i ricorrenti avrebbero potuto chiedere l’accesso al parere del servizio giuridico.

189    Dall’insieme di tali considerazioni risulta che il Parlamento ha esposto, in modo chiaro e univoco, le ragioni che l’hanno indotto ad applicare le regole della deliberazione n. 14/2018 e ad adottare le decisioni impugnate, le quali hanno ridotto l’importo delle loro pensioni. Inoltre, i ricorrenti hanno potuto far valere i loro diritti dinanzi al Tribunale, come dimostra in particolare il tenore dei loro argomenti di fatto e di diritto esposti nell’ambito dei presenti ricorsi. Pertanto, occorre dichiarare che le decisioni impugnate sono adeguatamente motivate.

190    Ne consegue che il quinto motivo dev’essere respinto.

f)      Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e della tutela dei diritti acquisiti

191    A sostegno del sesto motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che le decisioni impugnate e la deliberazione n. 14/2018 violano i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto, in violazione del diritto dell’Unione e degli articoli 2, 3, 23, 51, 97 e 117 della Costituzione italiana. Infatti, tali decisioni metterebbero in discussione, con effetto retroattivo, i loro diritti acquisiti, senza che sia stato invocato neppure un motivo legittimo per giustificarlo.

192    Il Parlamento conclude per il rigetto del sesto motivo in quanto in parte irricevibile, poiché deduce la violazione di varie disposizioni della Costituzione italiana e, senza alcun argomento, la violazione del principio di tutela dei diritti acquisiti, e in parte infondato.

193    In via preliminare, occorre ricordare che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 nonché punto 103 supra). Di conseguenza, il Tribunale non è competente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, a esaminare gli argomenti dei ricorrenti che vertono su un’eventuale violazione degli articoli 2, 3, 23, 51, 97 e 117 della Costituzione italiana da parte della deliberazione n. 14/2018.

1)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto

194    Il principio di certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che le norme giuridiche siano chiare e precise ed è inteso a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

195    A tale proposito, il Tribunale ritiene opportuno osservare che il Parlamento non è autorizzato a modificare i diritti alla pensione di anzianità acquisiti. Né l’articolo 75 né l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III gli conferiscono un siffatto potere. Al contrario, tali disposizioni richiedono il rispetto di tali diritti alla pensione di anzianità acquisiti. Tuttavia, ciò non comporta che l’importo di dette pensioni sia stato definitivamente stabilito prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati e che sia immutabile.

196    Infatti, come risulta dalle considerazioni esposte nell’ambito dell’esame della prima parte del secondo motivo, ai punti da 81 a 97, supra, occorre distinguere i «diritti a pensione acquisiti» e le «pensioni» dall’«importo delle pensioni». Se i «diritti a pensione» sono definitivamente acquisiti e non possono essere modificati, e se le pensioni continuano ad essere corrisposte, nulla osta a che l’importo delle pensioni sia adeguato al rialzo o al ribasso. Al contrario, alla luce delle disposizioni dell’articolo 75 e della regola di pensione identica, il Parlamento è tenuto a calcolare l’importo di dette pensioni applicando le stesse norme relative al livello e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro interessato.

197    Dopo aver formulato tali osservazioni, occorre verificare se l’adozione delle decisioni impugnate, sulla base di tali disposizioni, abbia violato il principio della certezza del diritto.

198    Dall’esame della prima parte del secondo motivo emerge che l’articolo 75 prevede, in modo chiaro e preciso, che l’importo delle pensioni di anzianità sia calcolato secondo le prescrizioni dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale stabilisce la regola di pensione identica e dispone che «[l’]importo e le modalità [delle pensioni di anzianità] corrispondono esattamente» a quelle che ricevono, nel caso di specie, i membri della Camera dei deputati.

199    Tali norme, che non sono state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, prevedono quindi esplicitamente l’ipotesi di una revisione, al rialzo o al ribasso, dell’importo delle pensioni di anzianità per tener conto delle pertinenti evoluzioni del diritto dello Stato membro interessato. Inoltre, occorre ricordare che, nell’ambito dell’esame del secondo motivo, si è concluso che l’adozione delle decisioni impugnate era conforme alle disposizioni dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

200    L’applicazione retroattiva di un atto senza che sia violato il principio di certezza del diritto presuppone che un’indicazione sufficientemente chiara, vuoi nella sua lettera, vuoi nei suoi obiettivi, consenta di concludere che tale atto non disponga esclusivamente per l’avvenire (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Panasonic Italia e a., C‑472/12, EU:C:2014:2082, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

201    È vero che le decisioni impugnate sono state adottate l’11 aprile 2019 e, per quanto riguarda il sig. Pisoni, nella causa T‑375/19, l’8 maggio 2019, e che esse producono i loro effetti anteriormente a tali date, vale a dire al 1º gennaio 2019. Tuttavia, tali elementi non sono sufficienti, di per sé, a dimostrare che il Parlamento abbia violato il principio della certezza del diritto applicando i nuovi importi delle pensioni a partire da tale data.

202    Il fatto che gli importi delle pensioni dei ricorrenti siano stati modificati dal 1º gennaio 2019 si spiega con l’obbligo, gravante sul Parlamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di applicare alle pensioni le stesse modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Orbene, la determinazione del punto di partenza dell’applicazione delle nuove regole di calcolo di dette pensioni fa incontestabilmente parte di tali «modalità».

203    A tal riguardo, risulta esplicitamente dall’articolo 1, n. 1, della deliberazione n. 14/2018 che «[a] decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi [delle pensioni] sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione».

204    Di conseguenza, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, i ricorrenti non avevano più il diritto di pretendere, a partire dal 1º gennaio 2019, il beneficio della loro pensione, come calcolata prima di tale data. Al contrario, a partire dal 1º gennaio 2019, solo le pensioni il cui importo era stato adeguato nel rispetto delle regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018, erano esigibili e pagabili.

205    È vero che sarebbe stato preferibile che le decisioni impugnate fossero state adottate prima del 1º gennaio 2019 e non dopo tale data. Tuttavia, tale circostanza è irrilevante nel caso di specie. L’obbligo di applicare, con effetto a tale data, le nuove regole di calcolo alle pensioni dei ricorrenti non deriva dalle decisioni impugnate, ma dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. In tal senso, le decisioni impugnate si limitano a trarre le conseguenze derivanti direttamente dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III e che implicano, pertanto, che le somme indebitamente versate tra il 1º gennaio 2019 e la loro data di adozione, rispettivamente l’11 aprile 2019 e l’8 maggio 2019, devono essere rimborsate.

206    Da tali elementi risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato che il principio della certezza del diritto sia stato violato nel caso di specie. Infatti, le norme dell’allegato III comportavano che i nuovi importi delle pensioni dei ricorrenti entrassero in vigore il 1º gennaio 2019. Orbene, le norme dell’allegato III sono ampiamente anteriori al 1º gennaio 2019 e non successive a tale data. Inoltre, i ricorrenti non hanno sostenuto, e nessun elemento del fascicolo ne attesta, che il Parlamento aveva applicato tali nuovi importi prima del 1º gennaio 2019, vale a dire prima della data stabilita a tal fine dalla deliberazione n. 14/2018. Infine, come indicato al punto 17, supra, nel gennaio 2019 il Parlamento aveva informato i ricorrenti di una possibile applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti. Del pari, come indicato al punto 19, supra, nel febbraio 2019 il Parlamento aveva confermato ai ricorrenti l’applicabilità automatica di questa stessa deliberazione alla loro situazione. Così facendo, i ricorrenti erano stati informati della modifica delle regole applicabili al calcolo dell’importo della loro pensione prima che le decisioni impugnate fossero adottate.

207    Tale conclusione non è invalidata dalle sentenze del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600) e del 13 marzo 2013, Inglewood e altri/Parlamento (T‑229/11 e T‑276/11, EU:T:2013:127), a cui i ricorrenti fanno riferimento. A tal riguardo, si deve constatare, da un lato, che i ricorrenti in tali cause non avevano ancora acquisito il loro diritto ad una pensione. Dall’altro, i suddetti ricorrenti non lamentavano una qualsivoglia riduzione dell’importo della loro pensione. Pertanto, le circostanze delle sentenze del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600) e del 13 marzo 2013, Inglewood e a./Parlamento (T‑229/11 e T‑276/11, EU:T:2013:127), non hanno alcun rapporto con la situazione dei ricorrenti nei presenti ricorsi. Inoltre, nei limiti in cui questi ultimi deducono da tali sentenze che non possono essere pregiudicati i diritti a pensione maturati, è sufficiente ricordare che, come menzionato in particolare al punto 196, supra, i loro diritti a pensione maturati sono stati rispettati dal Parlamento e che solo l’importo della loro pensione è stato modificato.

208    La prima censura, relativa alla violazione del principio della certezza del diritto, deve quindi essere respinta.

2)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

209    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di far valere la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere nei suoi confronti fondate aspettative. Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate e affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli abbia fornito l’amministrazione. Infine, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

210    Anzitutto, per ragioni simili a quelle esposte ai punti 195 e 196, supra, va sottolineato che il Parlamento non è autorizzato a modificare i diritti a pensione acquisiti. Solo la modifica dell’importo di dette pensioni è consentita sul fondamento dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

211    Peraltro, i ricorrenti non hanno né dimostrato né sostenuto che il Parlamento ha fornito loro assicurazioni diverse da quelle contenute nell’articolo 75 e nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Orbene, è evidente che tali due articoli non prevedono l’immutabilità dell’importo delle pensioni dei ricorrenti.

212    Infatti, l’esame della prima parte del secondo motivo, in particolare ai punti da 86 a 89, supra, ha evidenziato che l’unica assicurazione precisa e incondizionata data ai ricorrenti dal Parlamento consisteva nel garantire loro il beneficio di una pensione il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione percepita dai membri della camera bassa dello Stato membro in cui essi sono stati eletti, nel caso di specie i membri della Camera dei deputati.

213    Applicando fedelmente le norme della deliberazione n. 14/2018 ai fini dell’adozione delle decisioni impugnate, il Parlamento non si è quindi discostato dalla garanzia che aveva fornito ai ricorrenti quando questi ultimi hanno aderito al regime pensionistico organizzato dall’allegato III.

214    La seconda censura, relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, deve quindi essere respinta.

3)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela dei diritti acquisiti

215    Occorre ricordare, come già rilevato ai punti 195, 196 e 210, supra, che il Parlamento non è autorizzato a modificare i diritti a pensione acquisiti. Solo la modifica dell’importo di dette pensioni è consentita sul fondamento dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

216    Inoltre, il Tribunale ha concluso, esaminando la prima parte del secondo motivo (punti da 95 a 98, supra), che le decisioni impugnate non hanno rimesso in discussione i diritti a pensione acquisiti dai ricorrenti prima del 14 luglio 2009. Il Parlamento si è infatti limitato ad adeguare l’importo e le modalità delle pensioni di anzianità o di reversibilità dei ricorrenti per tener conto delle nuove regole di calcolo stabilite dalla deliberazione n. 14/2018. Pertanto, sono state modificate solo le regole di calcolo dell’importo di tali pensioni di anzianità o di reversibilità, in applicazione delle nuove prescrizioni della deliberazione n. 14/2018.

217    Pertanto, senza che sia necessario esaminare l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Parlamento nei suoi confronti, la terza censura del sesto motivo, relativa alla violazione del principio della tutela dei diritti acquisiti, deve essere respinta, così come, di conseguenza, il sesto motivo, nella sua interezza.

g)      Sul settimo e sullottavo motivo, relativi alla violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, uguaglianza e solidarietà

218    A sostegno del settimo e dell’ottavo motivo, i ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Parlamento ha adottato le decisioni impugnate sulla base delle norme della deliberazione n. 14/2018, sebbene tale decisione sia illegittima alla luce di diversi principi del diritto italiano.

219    Il Parlamento conclude per il rigetto del settimo e dell’ottavo motivo in quanto irricevibili, poiché l’intera argomentazione dei ricorrenti è volta a contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano.

220    A tal proposito, si deve ricordare che l’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale deliberazione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato il diritto dell’Unione (v. punti da 55 a 58 nonché punto 103 supra).

221    Di conseguenza, il Tribunale non è competente, nell’ambito dei ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 263 TFUE, ad esaminare gli argomenti presentati dai ricorrenti nell’ambito del settimo e dell’ottavo motivo. Infatti, come giustamente sostiene il Parlamento, tali argomenti mirano a contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano.

222    Peraltro, anche supponendo che i suddetti argomenti abbiano altresì per oggetto le decisioni impugnate e vertano su una violazione del diritto dell’Unione, essi devono in ogni caso essere respinti. Infatti, le censure riguardanti la violazione del principio di uguaglianza sono state respinte ai punti da 129 a 151, supra. Le censure relative all’assenza di un obiettivo di interesse generale che giustifichi l’adozione delle decisioni impugnate e al carattere sproporzionato di tali decisioni sono state respinte ai punti da 170 a 179, supra. Le censure relative al difetto di motivazione delle decisioni impugnate sono state respinte ai punti da 181 a 189. La censura relativa alla violazione del principio di irretroattività è stata respinta ai punti da 201 a 206, supra. Per quanto riguarda poi l’asserita violazione del principio di solidarietà di cui al titolo dell’ottavo motivo, è sufficiente constatare che i ricorrenti non hanno addotto, nell’ambito di tale motivo, alcun argomento a sostegno di tale censura. Infine, per quanto riguarda la violazione del principio di ragionevolezza, i ricorrenti non hanno indicato in cosa consista tale principio o se esso sia distinto dall’obbligo di motivazione. In ogni caso, è sufficiente osservare che tale principio di ragionevolezza non esiste allo stato attuale del diritto dell’Unione.

223    Pertanto, il settimo e l’ottavo motivo e, di conseguenza, il primo capo della domanda devono essere respinti.

B.      Sul primo, secondo e terzo capo della domanda

224    Con il secondo capo della domanda, i ricorrenti chiedono al Tribunale di dichiarare il loro diritto al mantenimento degli importi delle pensioni, come essi erano fissati prima dell’adozione delle decisioni impugnate.

225    Orbene, occorre ricordare che da una giurisprudenza costante emerge che il Tribunale non è competente, nell’ambito del controllo di legittimità fondato sull’articolo 263 TFUE, a pronunciare sentenze dichiarative (v. sentenza del 13 settembre 2018, DenizBank /Consiglio, T‑798/14, EU:T:2018:546, punto 135 e giurisprudenza ivi citata).

226    Con il terzo capo della domanda, i ricorrenti chiedono, in sostanza, che il Tribunale ordini al Parlamento di restituire tutte le somme che esso avrebbe asseritamente trattenuto indebitamente, oltre agli interessi legali, e che si conformi alla presente sentenza.

227    A tal proposito, si deve ricordare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento fondato sull’articolo 263 TFUE, la competenza del giudice dell’Unione è limitata al sindacato di legittimità dell’atto impugnato e che, in forza di una giurisprudenza costante, il Tribunale non può, nell’esercizio dei poteri attribuitigli, rivolgere ingiunzioni alle istituzioni dell’Unione (v. sentenza del 24 ottobre 2019, CdT/EUIPO, T‑417/18, EU:C:2019:766, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

228    Di conseguenza, il secondo e il terzo capo della domanda devono essere respinti per incompetenza del Tribunale a pronunciarsi al riguardo.

C.      Sul quarto capo della domanda

229    Con il quarto capo della domanda, i ricorrenti chiedono che il Parlamento sia condannato a risarcire tutti i danni da loro eventualmente subiti.

230    A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione è subordinato al ricorrere di un insieme di condizioni, vale a dire l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subito dai soggetti lesi (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32 e giurisprudenza ivi citata). Se non sussiste uno dei presupposti del sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, il ricorso deve essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti di tale responsabilità (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).

231    Nel caso di specie, è evidente che i ricorrenti non hanno addotto alcun motivo o argomento a sostegno di tale capo della domanda. In ogni caso, secondo giurisprudenza, la domanda diretta a ottenere il risarcimento di un danno materiale o morale dev’essere respinta quando presenti uno stretto collegamento con la domanda di annullamento che sia stata, a sua volta, respinta in quanto infondata (v. sentenza del 25 ottobre 2018, KF/CSUE/Commissione, T‑286/15, EU:T:2018:718, punto 260 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, ciò avviene nel caso di specie. Anche supponendo che «tutti i danni, se e nella misura in cui risulteranno dovuti» cui i ricorrenti fanno riferimento siano imputabili all’adozione delle decisioni impugnate, è sufficiente rilevare che, come risulta dall’esame del primo capo della domanda, queste ultime non sono viziate da alcuna illegittimità. I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che il Parlamento ha commesso una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli che potrebbe far sorgere la responsabilità dell’Unione.

232    Di conseguenza, il quarto capo della domanda deve essere respinto e, di conseguenza, i ricorsi devono essere respinti in toto.

 Sulle spese

233    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono risultati soccombenti, devono essere condannati a sopportare le proprie spese e quelle del Parlamento, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      Il sig. Giacomo Santini e gli altri ricorrenti i cui nomi sono riportati in allegato sopporteranno, oltre alle loro spese, quelle sostenute dal Parlamento europeo.

Svenningsen

Barents

Mac Eochaidh

Pynnä

 

Laitenberger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 febbraio 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

       M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.


1      L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.