Language of document : ECLI:EU:T:2021:317

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

2 giugno 2021 (*)

«Regime linguistico – Bando di concorso generale per l’assunzione di amministratori nei settori dell’economia finanziaria e della macroeconomia – Conoscenze linguistiche – Limitazione della scelta della lingua 2 del concorso tra tre lingue – Regolamento n. 1 – Articolo 1 quinquies, paragrafo 1, articolo 27 e articolo 28, lettera f), dello Statuto – Discriminazione fondata sulla lingua – Interesse del servizio – Proporzionalità»

Nella causa T‑71/18,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

sostenuta da

Regno di Spagna, rappresentato da S. Jiménez García, in qualità di agente,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Vernier, G. Gattinara e D. Milanowska, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del bando relativo al concorso generale EPSO/AD/339/17, organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di amministratori (AD 7) nei seguenti settori: 1) Economia finanziaria e 2) Macroeconomia (GU 2017, C 386 A, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore) e M. Kancheva, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia

1        Il 16 novembre 2017, l’Ufficio europeo per la selezione del personale (EPSO), creato in virtù della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002 (GU 2002, L 197, pag. 53), ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando relativo al concorso generale EPSO/AD/339/17, organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di amministratori (AD 7) nei seguenti settori: 1) Economia finanziaria e 2) Macroeconomia (GU 2017, C 386 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando impugnato»). Come viene precisato nel bando impugnato, dall’elenco di riserva così costituito all’esito di detto concorso (in prosieguo: il «concorso in questione») la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea potranno attingere per l’assunzione di nuovi membri della funzione pubblica dell’Unione europea.

2        Nell’introduzione del bando impugnato si precisa altresì che tale bando e i suoi allegati costituiscono il quadro giuridicamente vincolante della procedura di selezione in questione (in prosieguo: la «procedura di selezione in questione»).

3        Il bando impugnato riguarda due settori e, più specificamente, i posti disponibili messi a concorso sono 55 nel settore dell’economia finanziaria e 32 nel settore della macroeconomia. I candidati devono scegliere un solo settore, al momento della loro iscrizione elettronica, e non potranno modificare la loro scelta dopo aver convalidato il loro atto di candidatura elettronica.

4        Il concorso oggetto del bando impugnato si svolge in sei fasi.

5        La prima fase consiste, per gli interessati, nel compilare un atto di candidatura e nel convalidare tale candidatura. Per la seconda fase, e qualora, per ciascun settore, il numero dei candidati iscritti al concorso in questione superi una certa soglia fissata dal direttore dell’EPSO, i candidati sono invitati a sostenere una serie di test del tipo questionario a scelta multipla su computer, ossia dei test intesi a valutare le loro capacità di ragionamento verbale, numerico e astratto. Nell’ambito della terza fase, l’EPSO verifica il rispetto delle condizioni generali di ammissione definite dal bando impugnato e la commissione giudicatrice controlla la conformità delle candidature alle condizioni specifiche per l’ammissione previste dal bando suddetto, sulla base dei dati forniti negli atti di candidatura. La quarta fase consiste nella valutazione dei candidati giudicati ammissibili nella terza fase, sulla base delle informazioni fornite nella sezione dell’atto di candidatura intitolata «Talent Screener» (valutazione dei talenti), mediante riferimento ai criteri di selezione contenuti nel bando impugnato. All’esito di tale procedura di selezione in base ai titoli, un numero di candidati corrispondente al massimo a tre volte il numero di posti disponibili per ciascun settore verrà convocato alla quinta fase, denominata «Assessment Center» (Centro di valutazione), nell’ambito della quale i candidati verranno valutati mediante quattro test, riguardanti varie competenze generali e specifiche, in conformità delle tabelle contenute nel bando impugnato. Peraltro, è nell’ambito di questa quinta fase che si svolgeranno i test del tipo questionario a scelta multipla menzionati sopra, qualora il numero di candidati non superi la soglia fissata dal direttore dell’EPSO. Infine, nella sesta e ultima fase, dopo la verifica dell’ammissibilità dei candidati alla luce dei loro documenti giustificativi, la commissione giudicatrice stabilirà, per ciascun settore, un elenco di riserva contenente i nomi dei candidati ammissibili che hanno ottenuto tutti i punteggi minimi richiesti nonché i migliori punteggi complessivi, fino a concorrenza del numero di posti disponibili.

6        A titolo delle condizioni specifiche di ammissione al concorso in questione, il bando impugnato esige «almeno [un] livello C1 (conoscenza approfondita)» in una delle lingue ufficiali dell’Unione – là dove questa lingua viene designata come la «lingua 1» del concorso (in prosieguo: la «lingua 1») – e «almeno [un] livello B2 (conoscenza soddisfacente)» in una seconda lingua, designata come la «lingua 2» del concorso (in prosieguo: la «lingua 2»), da scegliersi a cura del candidato tra il francese, l’inglese e il tedesco, con la precisazione che tale lingua 2 del concorso deve obbligatoriamente essere diversa dalla lingua scelta dal candidato come lingua 1.

7        Nella medesima sezione del bando impugnato, viene indicato che i candidati saranno chiamati a utilizzare la loro lingua 1 per i test del tipo questionario a scelta multipla su computer e la loro lingua 2 per l’atto di candidatura (pag. 3), per l’«Assessment center» e per le comunicazioni tra l’EPSO e i candidati che hanno presentato una candidatura valida (pag. 2).

8        Peraltro, nel bando impugnato si precisa quanto segue:

«I candidati idonei che saranno assunti nei settori oggetto del presente concorso devono avere una conoscenza soddisfacente (livello minimo: B2) del francese, dell’inglese o del tedesco. Se la conoscenza di altre lingue può costituire un titolo preferenziale, una conoscenza soddisfacente di almeno una lingua tra il francese, l’inglese o il tedesco è essenziale per lavorare nei settori suddetti perché i servizi finanziari delle istituzioni interessate (con sede a Bruxelles e Lussemburgo) ricorrono al francese, all’inglese o al tedesco per le attività di analisi, la comunicazione, sia interna che con i portatori di interessi esterni, le pubblicazioni e le relazioni. La scelta delle lingue è orientata alle esigenze del servizio e di conseguenza un candidato idoneo non sarebbe immediatamente operativo senza una conoscenza soddisfacente del francese, dell’inglese o del tedesco».

9        Infine, in base all’allegato III del bando impugnato, intitolato «Disposizioni generali relative ai concorsi generali», qualsiasi reclamo o domanda di riesame connesso alla procedura di selezione in questione deve essere redatto nella lingua 2 del concorso (pagg. 14 e 15). Ivi si precisa, inoltre, che i candidati alla procedura suddetta potranno essere squalificati qualora abbiano omesso di dichiarare, nel loro atto di candidatura, la lingua o una delle lingue richieste come lingua 2 del concorso in questione, ovvero il livello minimo richiesto per tale lingua (pag. 15).

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 febbraio 2018, la Repubblica italiana ha proposto l’odierno ricorso.

11      Prima della presentazione dell’odierno ricorso, la Repubblica italiana, con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 ottobre 2017, aveva proposto un ricorso inteso ad ottenere l’annullamento del bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/342/17 (AD 6), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di ingegneri per la gestione degli edifici (compresi ingegneri ambientali e impiantisti), ed EPSO/AST/141/17 (AST 3), organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva, in primo luogo, di coordinatori/tecnici edili (profilo 1), in secondo luogo, di coordinatori/tecnici edili in ingegneria climatica, elettromeccanica ed elettrotecnica (profilo 2), e, in terzo luogo, di assistenti per la sicurezza sul lavoro/sicurezza degli edifici (profilo 3) (GU 2017, C 242 A, pag. 1), registrato con il numero di ruolo T‑718/17.

12      Al momento della presentazione dell’odierno ricorso era inoltre pendente dinanzi alla Corte un’impugnazione proposta dalla Commissione il 25 novembre 2016, registrata con il numero di ruolo C‑621/16 P, contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Con tale sentenza, il Tribunale aveva annullato il bando di concorso generale EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori (AD 5) (GU 2014, C 74 A, pag. 4), e il bando di concorso generale EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore (AD 6) nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1).

13      L’8 marzo 2018, la Commissione ha chiesto la sospensione del procedimento nella presente causa, ai sensi dell’articolo 69 del regolamento di procedura del Tribunale, in considerazione dell’influenza che avrebbe potuto avere, sulle questioni sollevate nella presente causa, la sentenza che la Corte avrebbe emesso nella causa C‑621/16 P.

14      La Repubblica italiana non ha presentato osservazioni in merito a tale domanda.

15      Con decisione del presidente della Quinta Sezione in data 9 aprile 2018, il procedimento nella presente causa è stato sospeso fino alla pronuncia della sentenza nella causa C‑621/16 P.

16      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 aprile 2018, il Regno di Spagna ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana.

17      Il 26 marzo 2019, la Corte ha emesso le sentenze Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249) e Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). Con la prima di queste due sentenze, la Corte ha annullato l’invito a manifestazione d’interesse Agenti contrattuali – Gruppo di funzioni I – Autisti (U/D), EP/CAST/S/16/2016 (GU 2016, C 131 A, pag. 1), nonché la base di dati costituita in virtù del suddetto invito a manifestazione d’interesse, nella misura in cui il Parlamento europeo non aveva dimostrato che la limitazione della scelta della lingua 2 della procedura di selezione in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca fosse oggettivamente e ragionevolmente giustificata da un obiettivo legittimo di interesse generale nel quadro della politica del personale (sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 79). Con la seconda delle sentenze sopra citate, la Corte ha respinto l’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). A seguito della pronuncia di quest’ultima sentenza della Corte, il procedimento è ripreso nella presente causa e, il 4 aprile 2019, il Tribunale ha chiesto alle parti di presentare, da un lato, negli scritti difensivi che avrebbero prossimamente depositato dinanzi ad esso, le loro osservazioni in merito alle conclusioni da trarre dalle due sentenze della Corte sopra menzionate e, dall’altro, le loro osservazioni in merito ad una eventuale riunione della presente causa con la causa T‑718/17, ai fini della fase orale del procedimento o della decisione che conclude il giudizio. Le parti hanno ottemperato a tali richieste entro il termine assegnato.

18      Con decisione del 7 maggio 2019, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento del Regno di Spagna.

19      Il 9 luglio 2019, la Commissione ha depositato il controricorso.

20      Il 17 settembre 2019, la Repubblica italiana ha depositato la replica.

21      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

22      Il 30 ottobre 2019, il Regno di Spagna ha depositato la propria memoria di intervento.

23      Il 6 novembre 2019, la Commissione ha depositato la controreplica.

24      Il 22 settembre 2020, su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione), nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento adottate a norma dell’articolo 89 del regolamento di procedura, ha, da un lato, invitato la Commissione a depositare taluni documenti e, dall’altro, sottoposto a quest’ultima alcuni quesiti ai fini di una risposta scritta. La Commissione ha ottemperato a tali richieste entro il termine assegnato.

25      Il 20 ottobre 2020, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento.

26      La Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

28      Il Regno di Spagna conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

III. In diritto

29      A sostegno del suo ricorso, la Repubblica italiana fa valere sette motivi, riguardanti: il primo, una violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE; il secondo, una violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato (in prosieguo: il «regolamento n. 1»); il terzo, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto, ed un difetto di motivazione; il quarto, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE e del principio della tutela del legittimo affidamento; il quinto, uno sviamento di potere nonché una violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», in particolare dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, dell’articolo 28, lettera f), dell’articolo 34, paragrafo 3, e dell’articolo 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché del principio di proporzionalità; il sesto, una violazione dell’articolo 18 e dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto; e, il settimo, una violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, lettera f), dell’allegato III dello Statuto e del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti».

30      Occorre constatare anzitutto che, mediante i motivi da essa dedotti, la Repubblica italiana contesta, in sostanza, la legittimità di due parti del regime linguistico del concorso in questione. Essa contesta, infatti, da un lato, le disposizioni del bando impugnato che limitano alle sole lingue francese, inglese e tedesca la scelta della lingua 2 di questo concorso (in prosieguo: la «limitazione controversa») e, dall’altro, l’obbligo imposto ai candidati di utilizzare tale lingua nelle loro comunicazioni con l’EPSO (in prosieguo: l’«obbligo controverso»).

31      Occorre pertanto esaminare di seguito, alla luce dei motivi di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana e degli argomenti presentati dalle parti, la legittimità delle due parti suddette del bando impugnato.

A.      Sulla legittimità della limitazione controversa

32      La parte del bando impugnato che verte sulla limitazione controversa costituisce, in sostanza, l’oggetto di tutti i motivi di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana, ad eccezione del sesto, che invece riguarda la seconda parte del bando impugnato, identificata supra al punto 30.

33      Prima di esaminare l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana, occorre esporre il quadro legislativo e giurisprudenziale nel quale si colloca la presente causa.

1.      Sul quadro legislativo e giurisprudenziale

34      L’articolo 1 del regolamento n. 1 dispone quanto segue:

«Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese».

35      Come ricordato al punto 67 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), se l’articolo 1 del regolamento n. 1 enuncia espressamente quali sono le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione, l’articolo 6 del medesimo regolamento stabilisce che le istituzioni possono determinare le modalità di applicazione del regime linguistico stabilito da tale regolamento nei loro rispettivi regolamenti interni.

36      Peraltro, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto dispone che, nell’applicazione di quest’ultimo, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, tra l’altro, sulla lingua.

37      Inoltre, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto stabilisce che, per la nomina a funzionario, è necessario avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Tale disposizione precisa invero che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, ma non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle lingue ufficiali menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Siffatti criteri non risultano neppure dall’articolo 27 dello Statuto, il cui primo comma stabilisce, senza far riferimento a conoscenze linguistiche, che «[l]e assunzioni debbono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, efficienza e integrità, assunti su una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri dell’Unione», e che «[n]essun impiego deve essere riservato ai cittadini di un determinato Stato membro». Lo stesso vale per il secondo comma del medesimo articolo, che si limita ad enunciare che, «[i]n virtù del principio di uguaglianza dei cittadini dell’Unione, ciascuna istituzione è autorizzata ad adottare misure appropriate in seguito alla constatazione di uno squilibrio significativo tra le nazionalità dei funzionari che non sia giustificato da criteri obiettivi», precisando, segnatamente, che «[t]ali misure appropriate devono essere motivate e non devono mai concretizzarsi in criteri di assunzione diversi da quelli basati sul merito».

39      Infine, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, il bando di concorso può specificare, eventualmente, le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a limitare la scelta della lingua 2 di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali tra quelle menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata).

40      Risulta dalle considerazioni sopra esposte che una limitazione della scelta della lingua 2 dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue, ad esclusione delle altre lingue ufficiali, stabilite dall’articolo 1 del regolamento n. 1, come la limitazione controversa, costituisce una disparità di trattamento suscettibile di essere qualificata come discriminazione fondata sulla lingua, in linea di principio vietata ai sensi dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 66). È infatti evidente che, mediante una limitazione siffatta, alcuni potenziali candidati, ossia quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate, sono favoriti, in quanto essi possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre altri, che non possiedono tale conoscenza linguistica, sono esclusi dal concorso in questione (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata).

41      Tuttavia, secondo la giurisprudenza, risulta dall’insieme delle disposizioni summenzionate che l’interesse del servizio può costituire un obiettivo legittimo suscettibile di essere preso in considerazione. In particolare, se indubbiamente l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, il paragrafo 6, prima frase, del medesimo articolo stabilisce nondimeno che delle limitazioni a tale divieto sono possibili, a condizione che esse siano «oggettivamente e ragionevolmente giustificat[e]» e rispondano a «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89).

42      Pertanto, l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono le istituzioni dell’Unione per quanto riguarda l’organizzazione dei loro servizi, al pari dell’EPSO allorché quest’ultimo esercita, come nella specie, poteri che gli sono affidati da dette istituzioni, incontra i limiti imperativi fissati dall’articolo 1 quinquies dello Statuto, di modo che le disparità di trattamento fondate sulla lingua risultanti da una limitazione del regime linguistico di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali, come la limitazione controversa nel caso di specie, possono essere ammesse soltanto qualora tale limitazione sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

43      In tale contesto, spetta al giudice dell’Unione effettuare un esame in concreto delle norme che stabiliscono il regime linguistico dei concorsi come quello oggetto del bando impugnato, in quanto soltanto un esame siffatto è idoneo a permettere di accertare le conoscenze linguistiche che possono essere oggettivamente richieste, nell’interesse del servizio, dalle istituzioni, nel caso di funzioni particolari, e dunque a permettere di stabilire se un’eventuale limitazione della scelta delle lingue utilizzabili per partecipare a tale concorso sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 94).

44      Più in particolare, il giudice dell’Unione deve non soltanto verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano idonei a suffragare le conclusioni che ne vengono tratte (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e la giurisprudenza ivi citata).

45      È alla luce di tali considerazioni che occorrerà esaminare gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana.

2.      Sulla motivazione del bando impugnato

46      Secondo la Repubblica italiana, dalla lettura complessiva del bando impugnato non si ricava affatto il motivo per cui la scelta della lingua 2 del concorso in questione debba essere effettuata unicamente tra l’inglese, il francese e il tedesco. Il bando non fornirebbe alcuna spiegazione riguardo all’affermazione secondo cui «i servizi finanziari delle istituzioni interessate (con sede a Bruxelles [(Belgio)] e Lussemburgo [(Lussemburgo)]) ricorrono al francese, all’inglese o al tedesco per le attività di analisi, la comunicazione, sia interna che con i portatori di interessi esterni, le pubblicazioni e le relazioni». Tale affermazione non potrebbe essere considerata una motivazione, bensì, «al più, la conclusione di una motivazione (in fatto) che manca completamente». Inoltre, in assenza di precisazioni essenziali, mansione per mansione, che consentano di comprendere «la rilevanza delle necessità di comunicazione, e quindi controllare se tale [motivazione] sia tale da permettere» la limitazione controversa, il bando impugnato è viziato da un difetto di motivazione.

47      La Commissione respinge l’argomentazione della Repubblica italiana.

48      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una formalità sostanziale, la quale va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che invece attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esporre formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano inficiate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito dell’atto in questione, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur esponendo ragioni errate (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Allo stesso modo, per costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve essere adattata alla natura dell’atto in questione e far apparire, in modo chiaro e non equivoco, il ragionamento seguito dall’istituzione che ne è l’autrice, in modo da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Tale requisito deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, e segnatamente del contenuto dell’atto, della natura delle ragioni addotte e dell’interesse che i destinatari o altri soggetti direttamente e individualmente riguardati dall’atto stesso possono avere a ricevere dei chiarimenti. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, nella misura in cui la questione se la motivazione di un atto risponda ai criteri enunciati all’articolo 296 TFUE deve essere valutata alla luce non soltanto del tenore letterale dell’atto stesso, ma anche del suo contesto nonché dell’insieme delle norme giuridiche disciplinanti la materia in questione (v. sentenza del 24 giugno 2015, GHC/Commissione, T‑847/14, EU:T:2015:428, punti 30 e 31 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Nel caso di specie, come risulta dalle considerazioni esposte nel bando impugnato (v. punto 8 supra), quest’ultimo reca effettivamente una motivazione intesa a giustificare la limitazione controversa. Più precisamente, in esso viene indicato che, poiché nel settore dei servizi finanziari le istituzioni in questione ricorrono alle tre lingue proposte ai candidati per «le attività di analisi, la comunicazione, sia interna che con i portatori di interessi esterni, le pubblicazioni e le relazioni», una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue suddette è essenziale perché un vincitore di concorso possa essere immediatamente operativo al momento della sua assunzione.

51      Tale motivazione fa apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento seguito dall’EPSO, autore del bando impugnato. Anche se quest’ultimo non contiene menzioni dettagliate, che permettano di conoscere le «esigenze di comunicazione» «mansione per mansione» per ciascuno dei settori interessati dal concorso in questione (v. punto 46 supra), non si può ritenere che le indicazioni contenute nel bando suddetto non siano sufficienti al riguardo. Infatti, il bando impugnato, riferendosi all’insieme delle mansioni che i vincitori del concorso in questione saranno chiamati ad esercitare, fa riferimento a diversi aspetti di tali mansioni per i quali la conoscenza soddisfacente di una delle tre lingue proposte ai candidati farebbe di costoro dei vincitori di concorso immediatamente operativi. Pertanto, occorre concludere che non si può imputare all’EPSO una violazione dell’obbligo di motivazione. La questione della fondatezza di tale motivazione è distinta e verrà esaminata qui di seguito.

3.      Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato riguardo alla limitazione controversa

a)      Osservazioni preliminari

52      Come si è appena ricordato (v. punto 50 supra), la limitazione controversa sarebbe giustificata, secondo le ragioni esposte nel bando impugnato, per il fatto che le istituzioni interessate, le cui sedi si trovano a Bruxelles e a Lussemburgo, ricorrono alle lingue francese, inglese e tedesca per «le attività di analisi, la comunicazione, sia interna che con i portatori di interessi esterni, le pubblicazioni e le relazioni». Per questo motivo, un vincitore di concorso che non disponga di una conoscenza soddisfacente di almeno di una di queste tre lingue non sarebbe immediatamente operativo sin dalla sua assunzione. È dunque questa esigenza imperativa attinente al fatto di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi che si trova all’origine della limitazione controversa.

53      La Commissione fa valere, al punto 60 del controricorso, che la limitazione controversa sarebbe, inoltre, giustificata dalla «natura delle prove» della procedura di selezione in questione, descritta nel bando impugnato, «ossia, principalmente, [la fase di tale concorso denominata] [C]entro di valutazione». Così, al fine di procedere ad una valutazione omogenea dei candidati e di permettere loro di comunicare con la commissione giudicatrice e con gli altri partecipanti, le prove dovrebbero svolgersi in una lingua «comune». Poiché tali prove simulano una «giornata di lavoro», esse dovrebbero aver luogo in «una delle lingue veicolari». La Commissione asserisce inoltre, a questo proposito, che l’utilizzazione di tutte le lingue ufficiali nella seconda parte delle prove del concorso in questione obbligherebbe i candidati a ricorrere all’interpretazione simultanea, dato che «i membri delle commissioni giudicatrici non hanno tutti necessariamente la conoscenza di tutte le lingue ufficiali dell’Unione», il che comporterebbe un rischio molto elevato «di partecipare alle prove di concorso con un forte limite». La Commissione invoca, su questo punto, anche il principio della parità di trattamento dei candidati nonché il costo economico elevato che deriverebbe dall’utilizzazione di tutte le lingue ufficiali nell’ambito delle prove del concorso in questione.

54      È giocoforza constatare come nessuna delle ragioni illustrate al punto 53 supra venga menzionata nel bando impugnato. Se invero le fasi della procedura di selezione in questione sono dettagliatamente descritte nel bando suddetto, la motivazione ivi esposta riguardante la limitazione controversa non fa alcuna menzione specifica delle fasi suddette o dei metodi utilizzati nell’ambito delle prove previste dal bando impugnato. Anche supponendo che tale giustificazione possa risultare, in maniera indiretta, dalla descrizione delle prove del concorso in questione, non si può nondimeno ragionevolmente pretendere dalle persone interessate da tale concorso che esse colgano una siffatta giustificazione implicita. Occorre a questo proposito ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le regole che limitano la scelta della lingua 2 di un concorso come il concorso in questione nel caso di specie devono fondarsi su criteri «chiari, oggettivi e prevedibili» (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata).

55      Ad ogni modo, è giocoforza constatare che le ragioni invocate dalla Commissione e vertenti sulle esigenze logistiche della procedura di selezione in questione e, segnatamente, sulla costituzione della commissione giudicatrice, si fondano sulla premessa secondo cui le tre lingue proposte ai candidati nel bando impugnato costituirebbero le «lingue veicolari» od anche le «lingue comuni» utilizzate in seno alle istituzioni dell’Unione interessate da quest’ultimo bando e sarebbero dunque lingue conosciute e parlate dai membri potenziali della commissione giudicatrice. Infatti, il resto dei relativi argomenti presentati dalla Commissione, vale a dire quelli facenti appello alla valutazione omogenea dei candidati, al rispetto del principio della parità di trattamento di questi ultimi, nonché al costo economico elevato di procedure di selezione multilingue, non sono connessi alla limitazione controversa in particolare, vale a dire alla limitazione della scelta della lingua 2 del concorso in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, ma sarebbero, al contrario, validi indipendentemente dalle lingue proposte ai candidati nel bando impugnato, purché quest’ultimo limiti tale scelta ad un numero ristretto di lingue.

56      Pertanto, al fine di esaminare l’argomentazione complessiva presentata dalla Commissione nel caso di specie, occorre occuparsi, in via preliminare, degli elementi forniti da quest’ultima con i quali essa cerca di dimostrare che le tre lingue proposte nel bando impugnato costituiscono «lingue veicolari» dei servizi interessati dal bando stesso.

57      Orbene, prima di procedere a tale esame, occorre constatare che, mediante una serie di argomenti ai quali la Commissione risponde in modo dettagliato, la Repubblica italiana contesta, in sostanza, il carattere legittimo dell’obiettivo consistente nel selezionare, mediante la procedura di concorso in questione, candidati operativi sin dalla loro assunzione.

b)      Sullobiettivo consistente nel selezionare candidati immediatamente operativi

58      La Repubblica italiana sostiene, anzitutto, che l’obiettivo di disporre di candidati immediatamente operativi non costituisce un’esigenza tale da giustificare una discriminazione così grave come quella risultante dalla limitazione controversa. Facendo riferimento al periodo di prova di vari mesi imposto alle persone assunte dalle istituzioni dell’Unione, la Repubblica italiana fa valere che tali istituzioni hanno l’obbligo di dedicare tempo e risorse alla formazione linguistica dei funzionari e alla verifica della loro capacità di lavorare in più lingue. Tale obiettivo potrebbe essere perseguito soltanto in modo specifico e concreto in rapporto alle funzioni contemplate dal concorso in questione e dovrebbe essere così considerato secondario rispetto alla necessità per le persone neoassunte di dar prova delle loro competenze professionali. Più specificamente, la conoscenza di una delle tre lingue proposte nel bando impugnato diverrebbe decisiva per superare il concorso, dato che un candidato che non conosca o che abbia una conoscenza minore di una di queste tre lingue partirebbe con «una sorta di handicap linguistico», e ciò quand’anche egli disponesse di qualifiche importanti sul piano professionale.

59      La Repubblica italiana fa valere al riguardo che, sebbene, durante cinquant’anni, nessuna limitazione come la limitazione controversa sia stata prevista nell’ambito dei concorsi dell’Unione, i vincitori di detti concorsi erano immediatamente operativi sin dalla loro assunzione, anche se non disponevano di una conoscenza soddisfacente di una delle tre lingue proposte nel bando impugnato. Inoltre, per le istituzioni dell’Unione, «dovrebbe essere più facile risolvere un problema di scarsa comunicazione che un problema di scarsa competenza».

60      Secondo la Repubblica italiana, né l’EPSO né la Commissione hanno proceduto, come richiesto dalla giurisprudenza, al bilanciamento tra l’obiettivo fatto valere nel bando impugnato e le possibilità di miglioramento linguistico dei vincitori del concorso in questione una volta che costoro fossero stati assunti.

61      La Commissione respinge tale argomentazione.

62      Il Regno di Spagna sostiene gli argomenti presentati dalla Repubblica italiana.

63      Secondo la giurisprudenza, una limitazione come la limitazione controversa deve rispondere ad «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89). L’interesse del servizio può, peraltro, costituire un obiettivo legittimo suscettibile di essere preso in considerazione in un caso come quello di specie (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 88).

64      Orbene, occorre considerare che, salvo diversa disposizione del relativo bando di concorso, esiste effettivamente un interesse del servizio a che le persone assunte dalle istituzioni dell’Unione al termine di una procedura di selezione come quella qui contestata possano essere immediatamente operative e, dunque, capaci di assumere rapidamente le funzioni che esse saranno chiamate ad esercitare (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 91 e la giurisprudenza ivi citata).

65      A questo proposito, anche supponendo che si debba sempre necessariamente prevedere un tempo di adattamento a nuovi compiti e a nuove abitudini di lavoro nonché il tempo necessario per l’integrazione in un nuovo servizio, è lecito per un’istituzione cercare di assumere persone che siano, sin dalla loro entrata in servizio, capaci, quantomeno, da un lato, di comunicare con i loro superiori gerarchici e i loro colleghi e di avere così la possibilità di comprendere il più rapidamente e compiutamente possibile la portata delle funzioni che vengono loro affidate e il contenuto dei compiti che esse dovranno svolgere e, dall’altro, di interagire con i collaboratori e con i corrispondenti esterni dei servizi in questione. Infatti, come statuito dalla giurisprudenza, le conoscenze linguistiche dei funzionari sono un elemento essenziale della loro carriera (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 96). Pertanto, deve ritenersi legittimo per un’istituzione cercare di assumere persone che possano utilizzare efficacemente e comprendere nel miglior modo possibile la lingua o le lingue utilizzate nel contesto professionale nel quale esse andranno ad integrarsi.

66      Inoltre, è giocoforza constatare che la capacità dei vincitori di un concorso, come quello in discussione nel caso di specie, di essere immediatamente operativi non osta a che essi dispongano delle qualità richieste dall’articolo 27, primo comma, dello Statuto (v. punto 38 supra), dato che non sussiste alcuna antinomia tra queste condizioni.

67      Invero, la Corte ha statuito che, sebbene le conoscenze linguistiche dei candidati possano, o persino debbano, costituire l’oggetto di una valutazione nell’ambito di una procedura di concorso, affinché le istituzioni si assicurino che detti candidati possiedono le conoscenze richieste dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto, tale valutazione persegue un obiettivo indipendente da quella tesa all’accertamento delle «più alte qualità di competenza, efficienza e integrità», ai sensi dell’articolo 27, primo comma, del medesimo Statuto. Pertanto, le conoscenze linguistiche non possono essere assimilate alle «competenze», ai sensi di tale disposizione (sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 82).

68      Nel caso di specie, le conoscenze linguistiche dei candidati costituiscono soltanto uno tra i numerosi criteri presi in considerazione nell’ambito della procedura di selezione in questione. Infatti, come risulta dalle condizioni specifiche enunciate nel bando impugnato, per quanto riguarda il settore dell’economia finanziaria, i candidati devono possedere un diploma in economia, matematica, statistica, econometria o finanze conseguito all’esito di un ciclo completo di studi universitari della durata di quattro oppure di tre anni, dopo il quale essi abbiano acquisito un’esperienza professionale, rispettivamente, di sei o sette anni nel settore in questione. Per quanto riguarda il settore della macroeconomia, i candidati devono possedere un diploma in economia, matematica o statistica, conseguito all’esito di un ciclo completo di studi universitari della durata di quattro anni oppure di tre anni, dopo il quale essi abbiano acquisito un’esperienza professionale, rispettivamente, di sei o sette anni nel settore in questione (pag. 2 e 3). Inoltre, tutti i candidati devono, nella parte dell’atto di candidatura intitolata «Talent Screener», fornire risposte a dei quesiti vertenti sui criteri di selezione contenuti nel bando impugnato (pag. 4). I criteri di selezione propri del concorso in questione vengono peraltro specificati nell’allegato II del bando impugnato (pag. 8 e 9).

69      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che l’obiettivo ricercato mediante la limitazione controversa è, in linea di principio, legittimo e attinente all’interesse del servizio.

70      A questo proposito, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, nei limiti in cui un obiettivo di interesse generale possa essere invocato e la sua effettiva esistenza possa essere dimostrata, una differenza di trattamento quale quella risultante dalla limitazione controversa deve altresì rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire essa deve essere idonea a permettere di realizzare l’obiettivo perseguito e non deve andare oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 93 e la giurisprudenza ivi citata).

71      Così, la Corte ha statuito che, nella misura in cui l’obiettivo dell’assunzione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti, è onere delle istituzioni dell’Unione effettuare un bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica una limitazione come la limitazione controversa e l’obiettivo dell’individuazione dei candidati dotati delle più alte qualità di competenza. Lo stesso vale per quanto riguarda il bilanciamento tra l’obiettivo legittimo che giustifica una limitazione come quella controversa e le possibilità di apprendimento da parte dei funzionari assunti, all’interno delle istituzioni, delle lingue necessarie all’interesse del servizio (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punti 94 e 97).

72      Risulta da quanto sopra esposto che l’esame nel caso di specie del bilanciamento dei diversi obiettivi e delle diverse possibilità invocati supra nell’ambito della procedura di selezione in questione rientra, in realtà, nella questione diretta ad appurare se la limitazione controversa vada oltre quanto è necessario per raggiungere il legittimo obiettivo invocato. Orbene, questo controllo e l’esame degli argomenti ad esso relativi presentati dalla Repubblica italiana (v. punti 59 e 60 supra) devono essere effettuati soltanto qualora si constati che la limitazione controversa è idonea a permettere il conseguimento dell’obiettivo in questione.

73      Pertanto, occorre, in un primo momento, e alla luce degli argomenti presentati dalla Repubblica italiana, occuparsi della questione volta a stabilire se il bando impugnato e gli elementi di prova forniti dalla Commissione permettano di constatare, oggettivamente, l’esistenza di un siffatto interesse del servizio capace di giustificare la limitazione controversa (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 95). Più specificamente, occorre esaminare le ragioni per le quali, secondo il bando impugnato e in base agli elementi forniti in proposito dalla Commissione, la limitazione controversa permetterebbe alle istituzioni dell’Unione interessate dal bando impugnato di assumere candidati vincitori di concorso immediatamente operativi.

c)      Sulla fondatezza delle ragioni intese a giustificare la limitazione controversa

74      Secondo la Repubblica italiana, le ragioni addotte nel bando impugnato non permetterebbero di giustificare la limitazione controversa. Essa fa riferimento, in particolare, alla ricchezza del patrimonio culturale, tecnico e di esperienze nei settori interessati dal bando impugnato, la quale si esprimerebbe in tutte le lingue dell’Unione. Sarebbe dunque discriminatorio e sproporzionato restringere la possibilità di attingere a tale patrimonio a beneficio soltanto delle tre lingue proposte nel bando impugnato. Peraltro, a tale riguardo il bando impugnato si limiterebbe a semplici affermazioni, assolutamente non dimostrate.

75      La Repubblica italiana afferma, in proposito, che, nei settori interessati dal bando impugnato, «la sola lingua veicolare utilizzata universalmente è l’inglese», mentre nessun elemento proverebbe che il francese e il tedesco abbiano «un ruolo superiore a quello di tutte le altre lingue dell’Unione».

76      Per quanto riguarda, più in particolare, le pubblicazioni economiche e finanziarie dell’Unione, le quali, secondo il bando impugnato, verrebbero redatte soltanto in francese, in inglese e in tedesco, una prassi siffatta rappresenterebbe «soltanto un’ulteriore illegalità», posto che dette pubblicazioni dovrebbero essere redatte in tutte le lingue dell’Unione.

77      Per quanto riguarda, inoltre, le esigenze di «comunicazione interna», la Repubblica italiana fa valere che il bando impugnato si limita a menzionarle, «senza precisare con chi e a quale scopo». In assenza di maggiori precisazioni al riguardo, il riferimento a tali esigenze rimarrebbe generico rispetto alle specifiche funzioni che i vincitori del concorso in questione sarebbero chiamati ad esercitare. Il solo dato che in proposito sarebbe utile conoscere sarebbe quello di quali siano le lingue che maggiormente fungono da «lingue veicolari».

78      La Repubblica italiana invoca, inoltre, delle «statistiche della Commissione» secondo le quali «le tre lingue di comunicazione interna più diffuse sarebbero (…) il francese, l’italiano e il tedesco».

79      Secondo la Commissione, vari elementi giustificano la limitazione controversa al francese, all’inglese e al tedesco. Si tratterebbe delle tre lingue «maggiormente utilizzate nel lavoro quotidiano dai servizi di destinazione» dei vincitori del concorso in questione e la limitazione controversa permetterebbe ai servizi in questione «di organizzarsi, con l’ingresso di nuovo personale, in maniera “utile e ragionevole”». La Commissione cita, a questo proposito, il punto 88 della sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). La Commissione produce, a questo riguardo, vari elementi che dovrebbero dimostrare, da un lato, la prassi interna della Commissione in materia linguistica e, dall’altro, il fatto che la limitazione controversa corrisponderebbe alle «reali esigenze del servizio» e che le tre lingue proposte in quest’ultimo bando verrebbero utilizzate come lingue di lavoro dei servizi di destinazione dei candidati vincitori del concorso in questione.

80      Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana.

81      Come si è ricordato al punto 52 supra, la limitazione controversa sarebbe giustificata, secondo la motivazione contenuta nel bando impugnato, in virtù del fatto che le istituzioni interessate, i cui siti si trovano a Bruxelles e a Lussemburgo, ricorrono a queste tre lingue per «le attività di analisi, la comunicazione, sia interna che con i portatori di interessi esterni, le pubblicazioni e le relazioni». In altri termini, risulterebbe dal bando impugnato che le tre lingue proposte ai candidati sono le tre lingue utilizzate come lingue di lavoro dai servizi interessati dalla procedura di selezione in questione.

82      Occorre pertanto esaminare gli elementi prodotti dalla Commissione al fine di accertare che è vera la circostanza suddetta e che, in effetti, le tre lingue in questione costituiscono le lingue di lavoro o le «lingue veicolari» dei servizi summenzionati.

1)      Sulla prassi interna della Commissione in materia linguistica

83      La Commissione fa valere, in sostanza, che essa ha adottato delle regole interne configuranti il suo regime linguistico. Essa invoca, a questo proposito, la comunicazione SEC(2000) 2071/6 del presidente della Commissione, del 29 novembre 2000, relativa alla semplificazione del processo decisionale della Commissione, approvata dal collegio dei suoi membri in occasione della riunione del medesimo in data 29 novembre 2000.

84      La Commissione fornisce altresì, a questo proposito, un documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», il quale dovrebbe contenere le regole stabilite dal presidente della Commissione sulla base delle modalità di esecuzione del regolamento interno di tale istituzione e aventi come oggetto l’adozione di decisioni di quest’ultima mediante procedura orale o scritta o mediante abilitazione. Secondo tali regole, tutti i documenti provenienti dai servizi della Commissione – compresi i servizi ai quali saranno assegnati i vincitori del concorso in questione – e indirizzati al collegio dei commissari per approvazione od anche per informazione dovrebbero essere sempre redatti in francese, in inglese o in tedesco. Lo stesso vale per quanto riguarda le consultazioni tra i diversi servizi della Commissione.

85      La Commissione produce inoltre, da un lato, il proprio regolamento interno (GU 2000, L 308, pag. 26), come modificato, da ultimo, nel 2011, e, dall’altro, le modalità di esecuzione del suddetto regolamento, allegate alla sua decisione C(2010) 1200 final, del 24 febbraio 2010, recante modifica del suo regolamento interno.

86      Infine, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento che il Tribunale le ha rivolto, la Commissione ha altresì fornito alcuni documenti relativi all’attuazione delle «regole» contenute nel documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», nonché la propria comunicazione SEC(2006) 1489 final, del 20 dicembre 2006, riguardante «la traduzione alla Commissione» e accompagnata da un allegato che espone le «regole di traduzione dopo il 2006».

87      Prima di esaminare tali elementi, è opportuno indicare, sin da ora, che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione nella controreplica, la Repubblica italiana ha senz’altro contestato, invero in termini minimi, ma in modo globale, gli elementi relativi alla prassi interna della Commissione in materia linguistica, affermando, segnatamente, che essi rimandavano unicamente al funzionamento del collegio dei membri di tale istituzione. Detto Stato membro ha altresì fatto valere che, in ogni caso, non era dimostrato che, in tutti i servizi dell’Unione, la comunicazione interna si svolgesse nelle tre lingue in questione.

88      Poi, è giocoforza constatare, da un lato, che, poiché gli elementi in questione riguardano soltanto una delle tre istituzioni dell’Unione interessate dalla procedura di selezione in questione, la loro rilevanza è affatto relativa ai fini della soluzione della presente controversia, tanto più che queste tre istituzioni non sono le sole che possono assumere persone risultate vincitrici nel concorso in questione.

89      Questo carattere relativo della rilevanza dei documenti forniti dalla Commissione trova conferma, peraltro, negli elementi che essa ha presentato in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, secondo i quali un vincitore del concorso in questione è stato assunto da un’istituzione dell’Unione diversa dalle tre contemplate nel bando impugnato.

90      Dall’altro lato, per quanto riguarda, in primis, l’oggetto della comunicazione SEC(2000) 2071/6, presentata quale allegato B.3 del controricorso (v. punto 83 supra), esso consiste, in sostanza, nel valutare i diversi tipi di procedure di assunzione di decisioni da parte del collegio dei membri della Commissione, quali erano previsti dal regolamento interno di tale istituzione nella versione in vigore nel momento in cui la comunicazione suddetta è stata emessa, e nel proporne la semplificazione. È in tale contesto e facendo riferimento alla sola procedura scritta, che il punto 2.2 della comunicazione in questione indica che «i documenti devono essere diffusi nelle tre lingue di lavoro della Commissione», senza peraltro nominarle. Orbene, questo solo passaggio, pur contenendo l’espressione «lingue di lavoro», non è sufficiente per dimostrare che il francese, l’inglese e il tedesco siano le lingue effettivamente utilizzate da tutti i servizi della Commissione nel loro lavoro quotidiano (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 113).

91      Inoltre, la portata di questo riferimento è attenuata da altri passaggi della comunicazione suddetta.

92      Infatti, da un lato, risulta dal punto 2.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6 che, nell’ambito della procedura di abilitazione, mediante la quale la Commissione può abilitare uno o più dei suoi membri ad adottare delle decisioni in nome di essa e sotto la sua responsabilità, il testo della decisione da adottare viene «presentato in una sola lingua di lavoro e/o nelle sue versioni facenti fede».

93      Dall’altro lato, il punto 5.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6, intitolato «Semplificare il regime linguistico», mette in evidenza il ruolo della Direzione generale (DG) «Traduzione» della Commissione, la quale è «pienamente coinvolta nel processo» decisionale. Ivi viene precisato, segnatamente, che «una delle principali cause di ritardo nell’avvio o nella conclusione delle procedure scritte e delle procedure di abilitazione è l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti», il che renderebbe indispensabile una trasmissione tempestiva dei documenti in questione alla DG «Traduzione».

94      Alla luce di quanto sopra esposto, la comunicazione SEC(2000) 2071/6 non permette di trarre conclusioni utili in merito all’utilizzazione effettiva del francese, dell’inglese e del tedesco nel lavoro quotidiano dei servizi della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 117) e ancor meno nell’esercizio delle funzioni contemplate dal bando impugnato.

95      Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dagli altri testi forniti dalla Commissione e che dovrebbero dimostrare l’esistenza di una prassi linguistica interna di tale istituzione (v. punto 83 supra).

96      Per quanto riguarda il regolamento interno della Commissione, occorre anzitutto rilevare che esso non contiene alcuna disposizione in merito alle lingue che devono essere utilizzate dagli organi contemplati nel suo capo I, vale a dire i membri della Commissione operanti in collegio nonché il presidente e il segretario generale di tale istituzione, né in merito alle lingue di lavoro che devono essere utilizzate dai servizi di quest’ultima contemplati dal capo II del regolamento stesso. Soltanto l’articolo 17 del regolamento interno, relativo all’autentificazione degli atti adottati dalla Commissione, si limita ad enunciare che questa viene effettuata «nella o nelle lingue in cui fanno fede», ossia, ai sensi del paragrafo 5 di tale articolo, «tutte le lingue ufficiali dell’Unione, (...) ove si tratti di atti di portata generale, nonché le lingue dei loro destinatari per ogni altro atto».

97      Occorre nondimeno tener conto degli articoli 6 e da 12 a 14 del regolamento interno della Commissione, nonché delle modalità di applicazione di tali articoli. È d’altronde sulla base di tali modalità che sarebbe stato emanato il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», presentato quale allegato B.5 del controricorso.

98      L’articolo 6 del regolamento interno della Commissione dispone, al paragrafo 1, che «[i]l presidente stabilisce l’ordine del giorno per ogni riunione della Commissione» e, al paragrafo 4, che «l’ordine del giorno e i documenti necessari sono comunicati ai membri della Commissione a norma delle modalità d’applicazione».

99      Per quanto concerne gli articoli da 12 a 14 del regolamento interno della Commissione, essi si riferiscono alle procedure decisionali diverse dalla procedura orale prevista dall’articolo 8 del medesimo regolamento e disciplinano, rispettivamente, la procedura scritta, la procedura di abilitazione e la procedura di delega. Per quanto riguarda, in particolare, la procedura scritta, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento interno dispone che «il testo del progetto viene comunicato per iscritto a tutti i membri della Commissione, alle condizioni stabilite dalle modalità d’applicazione».

100    L’insieme delle disposizioni del regolamento interno della Commissione menzionate al punto 99 supra viene precisato in dettaglio dalle modalità di applicazione di tale regolamento, del 24 febbraio 2010 (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punti da 124 a 126).

101    Per quanto riguarda, infine, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», esso fa riferimento, segnatamente, all’utilizzazione di «lingue procedurali», nozione che dovrebbe essere intesa come designante le lingue che servono alla comprensione del contenuto di un progetto di atto in vista della sua adozione da parte del collegio dei membri della Commissione o, eventualmente, da parte di un organo delegato. Risulta dal suddetto documento che le «lingue procedurali» sono il francese, l’inglese e il tedesco e che la loro utilizzazione varia a seconda del tipo di procedura di adozione di atto.

102    Così, per quanto concerne le procedure orali e scritte, il documento in questione indica che un progetto di atto e i suoi eventuali allegati sono sottoposti ai membri della Commissione nelle tre lingue procedurali nonché, eventualmente, nella lingua o nelle lingue necessarie per l’entrata in vigore o la notifica dell’atto in questione. Ivi si precisa altresì che, a seguito dell’adozione di un atto siffatto, le versioni di quest’ultimo nelle altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono essere approntate il più rapidamente possibile.

103    Per quanto riguarda le procedure di adozione di atto mediante abilitazione o delega, risulta dal documento in questione che l’organo delegato può accettare di adottare un atto sulla base di un’unica lingua procedurale, ma che, eventualmente, la versione o le versioni di tale atto nell’altra lingua o nelle altre lingue necessarie per l’entrata in vigore o per la notifica dell’atto stesso devono essere anch’esse rese disponibili. Inoltre, come per le procedure orali o scritte, il documento in questione enuncia che le versioni dell’atto suddetto nelle altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono essere approntate il più rapidamente possibile.

104    Peraltro, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» prevede che il presidente della Commissione possa, a determinate condizioni, in un singolo caso o in via permanente, concedere delle deroghe riguardo al numero di lingue procedurali da utilizzare per l’avvio di una procedura di adozione, ovvero per l’avvio di tale procedura e, al tempo stesso, per l’adozione dell’atto di cui trattasi.

105    Per quanto riguarda, più in particolare, le deroghe permanenti, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» precisa che esse possono essere concesse, tramite note ufficiali emanate dal segretario generale o dall’ufficio di gabinetto del presidente, per alcuni casi ricorrenti, ad esempio in caso di adozione di misure restrittive sulla base dell’articolo 29 TUE, in materia di aiuti di Stato, o in caso di firma di accordi quadro con organismi internazionali.

106    A questo proposito, occorre rilevare che, presi nel loro insieme, i testi forniti negli allegati da B.3 a B.7 del controricorso e menzionati ai punti 83 e 84 supra non possono essere considerati come modalità di applicazione, nel regolamento interno della Commissione, del regime linguistico generale stabilito dal regolamento n. 1, ai sensi dell’articolo 6 di quest’ultimo. Occorre piuttosto leggere i testi suddetti come rispecchianti una prassi amministrativa di lungo corso in seno a tale istituzione, consistente nell’utilizzare il francese, l’inglese e il tedesco come lingue nelle quali i documenti devono essere resi disponibili per essere sottoposti all’approvazione del collegio dei membri (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 132).

107    Per quanto riguarda, in particolare, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», la Commissione ha precisato che quest’ultimo era estratto dal «Manuale delle procedure operative», ossia una guida elettronica interna elaborata dai servizi del suo segretariato generale e mirante, segnatamente, alla codificazione della suddetta prassi amministrativa. Per quanto riguarda la data di adozione e l’applicazione nel tempo di tale guida, la Commissione si è limitata a fare riferimento alla nota SEC(2003) 153 del suo segretario generale all’attenzione dei direttori generali e dei capi di servizio, dell’11 febbraio 2003, relativa all’aggiornamento della guida suddetta e alla sua diffusione sul sito Intranet di detta istituzione.

108    Orbene, anche supponendo che la versione di detto documento prodotta dalla Commissione con il suo controricorso fosse effettivamente quella esistente alla data della pubblicazione del bando impugnato, un documento estratto dal «Manuale delle procedure operative» non può essere considerato come una decisione del presidente di detta istituzione di stabilire le lingue di presentazione dei documenti sottoposti al collegio (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 134). Inoltre, nessun elemento del fascicolo permette di ritenere che tale documento sia stato formalmente approvato dal presidente della Commissione, e ancor meno dal collegio dei membri di quest’ultima.

109    In via generale, gli elementi forniti dalla Commissione non permettono di concludere che esistesse, al momento della pubblicazione del bando impugnato, una decisione interna che stabiliva le lingue di lavoro in seno a tale istituzione.

110    Anteposte queste precisazioni, occorre constatare che, nella misura in cui essi hanno come unico obiettivo di definire le lingue necessarie per lo svolgimento delle diverse procedure decisionali della Commissione, i testi prodotti da quest’ultima non possono giustificare la limitazione controversa in riferimento alle specificità funzionali dei posti contemplati dal bando impugnato.

111    Più precisamente, non risulta né dai testi suddetti né dagli altri elementi del fascicolo che esista un nesso necessario tra le procedure decisionali della Commissione, segnatamente quelle che si svolgono in seno al collegio dei suoi membri, e le funzioni che i vincitori del concorso oggetto del bando impugnato potranno essere chiamati ad esercitare. Infatti, anche supponendo che i membri di una determinata istituzione utilizzino esclusivamente una o alcune lingue nelle loro deliberazioni, non si può presumere, senza ulteriori spiegazioni, che un funzionario neoassunto, il quale non padroneggi alcuna di queste lingue, non sarebbe capace di fornire immediatamente un lavoro utile nell’istituzione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 137 e la giurisprudenza ivi citata). Dunque, la Commissione avrebbe dovuto, nel caso di specie, dimostrare in che modo ciascuna delle lingue proposte nel bando impugnato per la scelta della lingua 2 del concorso in questione presentasse un’utilità particolare ai fini dell’esercizio delle funzioni contemplate in tale bando (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 77).

112    Dai documenti prodotti dalla Commissione non risulta neppure che l’insieme delle tre lingue qualificate come «lingue procedurali» sia effettivamente utilizzato dai servizi di detta istituzione, nel loro lavoro quotidiano. Inoltre, risulta dalla comunicazione SEC(2000) 2071/6 (v. punto 83 supra) che il servizio di traduzione di tale istituzione è «pienamente» coinvolto nel processo decisionale. Tale comunicazione menziona altresì il lasso di tempo necessario per l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti, nonché la necessità di una trasmissione tempestiva dei documenti in questione al servizio di traduzione. Tali riferimenti lasciano così intendere che ad approntare le versioni di un documento nelle lingue procedurali necessarie in vista della loro trasmissione al collegio dei membri non è il servizio materialmente responsabile della redazione del documento stesso, bensì la DG «Traduzione», là dove il servizio responsabile dell’elaborazione di tale documento si limita ad un compito di verifica del testo tradotto. È infatti difficilmente ipotizzabile che, al di fuori della suddetta direzione generale, un servizio possa esigere da ciascun membro del proprio personale di fornire tre versioni linguistiche dei documenti da sottoporre per adozione al collegio.

113    Infine, nella misura in cui nessun funzionario è tenuto ad avere una conoscenza soddisfacente di tutte le tre lingue proposte nel bando impugnato per la scelta della lingua 2, è del pari difficilmente ipotizzabile che il compito di approntare un progetto di atto nelle versioni linguistiche richieste per la sua trasmissione al collegio suddetto venga simultaneamente ripartito tra un numero corrispondente di funzionari appartenenti al servizio responsabile per la redazione di tale progetto. Ciò è ancora più difficile da ipotizzare nella misura in cui non vi è alcuna garanzia che dei funzionari aventi una conoscenza soddisfacente di tutte e tre le lingue in questione vengano assunti in seno a ciascun servizio.

114    La valutazione di cui sopra non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che la Commissione ricava dalla comunicazione SEC(2006) 1489 final. Secondo la Commissione, risulta da tale comunicazione, e in particolare dal suo allegato intitolato «Regole di traduzione dopo il 2006», che, per quanto riguarda i documenti ad uso interno, sarebbe richiesta soltanto una traduzione in inglese, in francese e in tedesco, oltre ad un’eventuale lingua facente fede.

115    A questo proposito, occorre rilevare che il contenuto della comunicazione SEC(2006) 1489 final ha per effetto non di invalidare, bensì, al contrario, di confermare la valutazione esposta ai punti 111 e 112 supra. Infatti, le «Regole di traduzione dopo il 2006», presentate in allegato a tale comunicazione, menzionano il francese, l’inglese e il tedesco soltanto come lingue di arrivo nelle quali devono essere tradotte alcune categorie di documenti, senza in alcun modo indicarne la lingua di partenza. Inoltre, per la grande maggioranza delle categorie di documenti interessate dalle regole suddette, è prevista una traduzione in tutte le lingue ufficiali, mentre la traduzione verso le sole lingue francese, inglese e tedesca costituisce, in realtà, l’eccezione.

116    Alla luce di tali circostanze, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale documento, occorre considerare che la comunicazione SEC(2006) 1489 final non presenta alcuna rilevanza ai fini della soluzione della presente controversia.

117    In ogni caso, e indipendentemente dall’esistenza stessa di un nesso tra le procedure decisionali della Commissione e le funzioni contemplate dal bando impugnato, è giocoforza constatare che i testi prodotti da tale istituzione sono ben lontani dall’indicare un’utilizzazione esclusiva delle tre lingue «procedurali» nelle procedure da essi contemplate.

118    Infatti, da un lato, come risulta dal documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», l’avvio di una procedura di adozione impone, per regola generale, e fatta salva la possibilità di utilizzare una sola lingua nelle procedure di abilitazione e di delega, la presentazione del progetto di atto nelle tre lingue procedurali. Ciò non toglie che l’adozione di tale progetto può rendere, o rende obbligatoriamente necessaria, a seconda dei requisiti imposti dalla natura dell’atto di cui trattasi, la disponibilità di quest’ultimo anche in un’altra o in altre versioni linguistiche, o addirittura, qualora l’atto in questione sia destinato ad essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o ad essere trasmesso ad altre istituzioni, in tutte le lingue ufficiali dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 145).

119    Dall’altro lato, come risulta dal medesimo documento, sono possibili delle deroghe riguardo al numero di lingue procedurali utilizzate per l’avvio di una procedura di adozione, o persino per l’adozione di un progetto di atto (v. punto 104 supra).

120    Per quanto riguarda, in particolare, le deroghe permanenti di cui si è parlato al punto 105 supra, il documento in questione indica, ad esempio, che le decisioni individuali in materia di aiuti di Stato sono approntate in una delle «lingue procedurali», «generalmente l’inglese o il francese». Quanto agli altri settori interessati da questo tipo di deroga, alcune note emanate dal segretario generale della Commissione, che quest’ultima ha esibito dinanzi al Tribunale in risposta a delle misure di organizzazione del procedimento, autorizzano la presentazione di progetti di atto in una sola «lingua procedurale». Tuttavia, è giocoforza constatare che tali note non specificano quale delle tre «lingue procedurali» possa in concreto essere utilizzata, il che non permette di trarre da esse conclusioni utili.

121    Infine, non bisogna perdere di vista il fatto che, secondo il documento in questione, è sempre possibile concedere una deroga singola relativa al regime linguistico di un determinato progetto di atto, e ciò a prescindere dal tipo di procedura decisionale.

122    Neppure i restanti argomenti presentati dalla Commissione possono essere sufficienti per rimettere in discussione le constatazioni sopra illustrate.

123    La Commissione sostiene, più specificamente, che la portata delle regole che risultano dai documenti forniti negli allegati da B.3 a B.7 del controricorso non è limitata al funzionamento del collegio dei membri di detta istituzione, bensì concerne «la presentazione di qualsiasi progetto di decisione che la Commissione deve approvare, e ciò sull’evidente premessa che sono i servizi dell’istituzione a predisporre tale progetto di decisione». La Commissione rinvia, in proposito, all’allegato B.8 del controricorso, che contiene un messaggio di posta elettronica inviato il 29 settembre 2017 ad un membro del servizio delle risorse umane della Commissione dal suo corrispondente in seno alla DG «Concorrenza». Secondo tale messaggio – il quale dimostrerebbe come «sia proprio nel senso di stabilire delle lingue di lavoro dei singoli servizi che le norme interne vengono interpretate e applicate nella Commissione» – le consultazioni interservizi «sont tou[tes] en EN/FR/DE dans toute la Commission, simplement parce que c’est obligatoire pour toutes les CIS (règle du SG)» [sono tutte in EN/FR/DE in tutta la Commissione, semplicemente perché è obbligatorio per tutte le CIS (regola del SG)].

124    In risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha indicato che, nell’allegato B.8 del controricorso, mediante il termine «consultazioni interservizi», veniva fatto riferimento alle consultazioni previste dall’articolo 23, paragrafi da 3 a 7, del suo regolamento interno. Secondo la Commissione, le consultazioni previste da tali disposizioni sono di applicazione per tutte le attività dell’istituzione, comprese quelle di carattere politico, e coinvolgono non solo i servizi che hanno un «interesse legittimo», ossia quelli che possono essere interessati a seconda della materia trattata, ma anche i servizi come il segretariato generale o il servizio giuridico.

125    Secondo la Commissione, tali consultazioni si svolgono tra i servizi al fine dell’elaborazione di ogni documento da sottoporre al collegio per approvazione. L’obiettivo della procedura in questione sarebbe di «ottenere il parere di tutti i servizi» sui progetti di documenti. Qualsiasi progetto sarebbe d’altronde redatto in una delle tre lingue proposte nel bando impugnato, in conformità dell’allegato B.5 del controricorso, nella misura in cui esso è «finalizzato alla trasmissione al collegio per approvazione». Lo stesso varrebbe per la «consultazione che si svolge su tale documento», e ciò «al fine di consentire al collegio di prendere in considerazione le diverse posizioni dei singoli servizi».

126    Per quanto riguarda, infine, la «regola del SG» che viene menzionata nell’allegato B.8 del controricorso, si tratterebbe, secondo la Commissione, della regola «contenuta nell’allegato B.5» del controricorso medesimo.

127    È giocoforza constatare che il valore probatorio dell’allegato B.8 del controricorso rimane affatto relativo, nella misura in cui tale documento non può, in realtà, essere considerato altro che un riferimento al modo in cui sono state interpretate alcune regole relative al regime linguistico della Commissione da un unico membro del personale in servizio presso la DG «Concorrenza». Ad ogni modo, anche ritenendo che gli elementi fattuali contenuti in tale allegato siano dimostrati, occorre constatare come dai documenti del fascicolo non emerga alcun nesso tra le funzioni – peraltro altamente specializzate, come osservato dalla stessa Commissione – che i vincitori del concorso in questione nel caso di specie saranno chiamati ad esercitare e lo svolgimento di dette consultazioni. È certo vero che tali consultazioni possono coinvolgere, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento interno della Commissione, tutti i servizi «che hanno un interesse legittimo» per il progetto di documento da trasmettere al collegio e dunque, eventualmente, i servizi contemplati dal bando impugnato. Tuttavia, non viene precisato, negli scritti difensivi della Commissione, quale sia il ruolo specifico della DG «Traduzione» nel quadro di tali consultazioni. Così, nella misura in cui i servizi di detta direzione generale potrebbero essere suscettibili di intervenire per garantire che i documenti destinati al collegio siano disponibili in francese, in inglese e in tedesco, non è escluso che i servizi della Commissione coinvolti in tali consultazioni non lavorino nelle tre lingue in questione, bensì in una di esse od anche in una quarta lingua. Le constatazioni illustrate ai punti 112 e 113 supra valgono, peraltro, anche per quanto riguarda le procedure di consultazione delle quali viene fatta menzione nell’allegato B.8 del controricorso.

128    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che gli elementi forniti dalla Commissione non sono idonei a dimostrare l’esistenza di una prassi interna riguardante l’utilizzazione delle tre lingue proposte nel bando impugnato nel lavoro quotidiano di tutti i servizi di detta istituzione, e ancor meno, in particolare, in quello dei servizi interessati dal bando impugnato.

2)      Sugli elementi relativi alle «lingue di lavoro» dei servizi interessati dal bando impugnato

129    Come si è indicato sopra (v. punto 79 supra), la Commissione produce vari elementi intesi a dimostrare che le tre lingue proposte nel bando impugnato costituiscono le lingue «di lavoro» od anche le lingue «veicolari» dei servizi interessati dal bando impugnato, vale a dire le lingue utilizzate da tali servizi nel loro lavoro quotidiano.

130    Occorre constatare, anzitutto, che, contrariamente a quanto la Commissione sostiene nella controreplica, la Repubblica italiana ha contestato, certo in termini minimi, ma in modo globale, gli elementi prodotti da detta istituzione con il controricorso. Infatti, la Repubblica italiana ha sostenuto, nella replica, che tali elementi non dimostravano che, in tutti i servizi delle istituzioni dell’Unione, la comunicazione interna avesse luogo nelle tre lingue proposte nel bando impugnato (v. punto 87 supra), mentre, già nell’atto introduttivo del giudizio, essa affermava che il numero assoluto di persone che parlano le diverse lingue ufficiali nell’ambito dei servizi dell’Unione non poteva essere rilevante nel caso di specie, in quanto «il solo dato» che «servirebbe» conoscere sarebbe stato «quello inerente alle lingue usate nella comunicazione tra soggetti di madre lingua differente» (v. punto 77 supra).

131    Occorre, ad ogni modo, esaminare tali elementi in funzione dell’istituzione dell’Unione ai servizi della quale detti elementi si riferiscono.

i)      Quanto ai servizi della Commissione interessati dal bando impugnato

132    Per quanto riguarda i servizi della Commissione interessati dal bando impugnato, tale istituzione produce, in primo luogo, quale allegato B.9 del controricorso, una tabella intitolata «Seconda e terza lingua parlata dai membri del personale della DG ECFIN», vale a dire i funzionari, gli agenti temporanei e gli agenti contrattuali della DG «Affari economici e finanziari», alla data del 13 giugno 2019.

133    Da tale tabella risulta che, su un totale di 554 persone, 419 hanno dichiarato l’inglese come loro seconda lingua, 93 il francese e 16 il tedesco. Queste tre lingue sono seguite dal neerlandese e dallo spagnolo, dichiarati rispettivamente da 9 e da 7 persone. Per quanto riguarda il livello di conoscenza delle lingue dichiarate come seconda lingua, occorre considerare che si tratta di una conoscenza soddisfacente, dato che, come confermato dalla Commissione nelle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento che il Tribunale le ha rivolto, una conoscenza siffatta di una seconda lingua dell’Unione costituisce una condizione per l’assunzione ai sensi dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

134    Per quanto riguarda la terza lingua, su un totale di 479 persone, 257 hanno dichiarato il francese, 65 l’inglese e 54 il tedesco, mentre sia il neerlandese che lo spagnolo sono stati dichiarati da 33 persone.

135    La Commissione fornisce, in secondo luogo, quale allegato B.10 del controricorso, una tabella intitolata «Lingue parlate dal personale della DG COMP», la quale, a suo avviso, contiene dei dati riferiti al 1° giugno 2019 e riguardanti l’insieme del personale in servizio presso la DG «Concorrenza», ivi compresi gli agenti locali, categoria del personale che non soggiace alle prescrizioni dello Statuto.

136    Risulta da questa seconda tabella che, su 1 032 persone, 143 hanno dichiarato il francese come loro prima lingua, 110 il tedesco, 97 l’inglese, 84 l’italiano e 70 il neerlandese. Per quanto riguarda la seconda lingua, relativamente al livello di conoscenza soddisfacente menzionato al punto 133 supra, su 1 032 persone, 581 hanno dichiarato l’inglese, 172 il francese, 30 il tedesco, 12 il neerlandese e 9 lo spagnolo. Quanto, infine, alla terza lingua, su 395 persone, 309 hanno dichiarato il francese, 104 l’inglese, 80 il tedesco, 50 lo spagnolo e 35 il neerlandese.

137    Anzitutto, occorre constatare che, a prima vista, le tabelle in questione non fanno altro che presentare dei dati riguardanti le conoscenze linguistiche del personale in servizio presso la DG «Affari economici e finanziari» e presso la DG «Concorrenza».

138    Orbene, è giocoforza constatare che degli elementi riferiti alle conoscenze linguistiche del personale in attività non sono, di per sé soli, idonei a giustificare una limitazione della scelta della lingua 2 di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali, dato che una tabella come quelle in discussione nel caso di specie non permette di stabilire quali siano le lingue effettivamente utilizzate dai servizi interessati nel loro lavoro quotidiano, o addirittura di stabilire la lingua o le lingue che sarebbero indispensabili per l’esercizio delle funzioni contemplate dal bando impugnato.

139    Invero, la Commissione fa valere, al tempo stesso, che le lingue che appaiono su questi documenti sono «le lingue da essi utilizzate per lavorare, ossia come seconda [e] terza lingua in aggiunta ad una lingua principale», che queste lingue costituiscono le lingue «più utilizzate sia come lingua veicolare sia come lingua principale del personale», e che i dati figuranti in queste tabelle attestano le «conoscenze linguistiche professionali» dei funzionari in questione.

140    Tuttavia, gli allegati B.9 e B.10 del controricorso, i quali peraltro contengono, secondo la Commissione, dati raccolti quasi due anni dopo la pubblicazione del bando impugnato (v. punti 132 e 135 supra), non possono dimostrare, né da soli, né presi congiuntamente con gli altri elementi forniti dalla Commissione, che le lingue dichiarate dai funzionari come seconda e come terza lingua costituiscano «lingue veicolari» o «lingue di lavoro» dei servizi in questione.

141    Inoltre, è importante ricordare che una limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali non può essere considerata oggettivamente giustificata e proporzionata qualora tra tali lingue siano comprese, oltre ad una lingua la cui conoscenza è auspicabile o addirittura necessaria, altre lingue la cui conoscenza non conferisce alcun vantaggio particolare ai potenziali vincitori di un concorso rispetto alla conoscenza di un’altra lingua ufficiale. Infatti, se si ammettono, come alternativa all’unica lingua la cui conoscenza costituisce un vantaggio per un funzionario di nuova assunzione, altre lingue la cui conoscenza non apporta alcun valore aggiunto, non esiste alcuna valida ragione per non ammettere anche tutte le altre lingue ufficiali (v. sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 159 e la giurisprudenza ivi citata).

142    Pertanto, quand’anche si dovesse ritenere che le conoscenze linguistiche del personale in attività possono indicare che, per essere immediatamente operativo sul piano della comunicazione interna, un vincitore del concorso in questione dovrebbe padroneggiare una lingua avente un grado di diffusione particolarmente elevato in seno a tale personale, i dati prodotti dalla Commissione, nel caso di specie, non possono giustificare la limitazione controversa.

143    Per quanto riguarda, da un lato, i dati relativi alla terza lingua dichiarata dalle persone interessate, essi non possono, comunque, essere presi in considerazione. Infatti, ai sensi dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, per l’assunzione dei funzionari dell’Unione è richiesta la conoscenza di due sole lingue ufficiali. Inoltre, risulta dall’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto che la capacità di lavorare in una terza lingua è una condizione preliminare alla prima promozione dopo l’assunzione di un funzionario. Orbene, nel caso di specie, non risulta in alcun modo dall’allegato fornito dalla Commissione che l’insieme del personale in questione abbia già dato prova di tale capacità ovvero che tali persone abbiano ottenuto la loro prima promozione. Pertanto, non si può ritenere, sulla base unicamente degli elementi contenuti negli allegati B.9 e B.10 del controricorso, che le persone in questione siano capaci di lavorare nelle lingue che essi hanno dichiarato come terza lingua.

144    Dall’altro lato, risulta da un’analisi dei dati relativi alle lingue dichiarate come prima e come seconda lingua (v. punti 133 e 136 supra) che soltanto una conoscenza soddisfacente dell’inglese e, in misura molto minore, del francese potrebbe essere considerata come conferente un vantaggio ai potenziali vincitori del concorso in questione. In totale, le persone in servizio presso le direzioni generali in questione che hanno una conoscenza almeno soddisfacente, rispettivamente, dell’inglese e del francese sono 1 007 e 408, mentre soltanto 156 persone dispongono di una conoscenza siffatta del tedesco, 110 delle quali hanno d’altronde dichiarato il tedesco come loro prima lingua, ossia come loro lingua principale o materna.

145    A questo proposito, per quanto riguarda, più in particolare, il tedesco, la Commissione fa valere che è necessario, per valutare la sua importanza «come eventuale seconda lingua del candidato, prendere in considerazione» il fatto che si tratta della «lingua maggiormente studiata in Europa come lingua straniera», al fine di non «fissare dei livelli di competenza che limitino in maniera eccessiva l’ingresso di candidati nella funzione pubblica dell’Unione». In riferimento a questo punto, la Commissione fornisce gli allegati B.15, B.16 e B.17 del controricorso. Si tratta, rispettivamente, del rapporto speciale Eurobarometro n. 386 del giugno 2012, del comunicato stampa n. 144/2014 di Eurostat, del 25 settembre 2014, relativo alle lingue più studiate nel 2012 a livello di insegnamento secondario inferiore, e di un documento approntato da Eurostat e relativo a dati statistici dell’anno 2016, in merito alle lingue più studiate in quest’anno a livello di insegnamento secondario superiore.

146    Occorre rilevare, anzitutto, che, in ogni caso, i dati prodotti dalla Commissione sarebbero eventualmente idonei a dimostrare il carattere proporzionato stricto sensu della limitazione controversa, qualora risultasse che quest’ultima rispondeva effettivamente all’interesse del servizio fatto valere (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:4190, con impugnazione pendente, punto 195). Orbene, come si è constatato ai punti da 137 a 144 supra, detta istituzione non è stata in grado di dimostrare che tale condizione fosse soddisfatta.

147    Ad ogni modo, i dati rientranti tra gli elementi menzionati al punto 145 supra si riferiscono all’insieme dei cittadini dell’Unione, ivi comprese persone che non hanno raggiunto la maggiore età, cosicché non si può presumere che essi rispecchino correttamente le conoscenze linguistiche dei potenziali candidati al concorso oggetto del bando impugnato (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 193 e la giurisprudenza ivi citata).

148    La Commissione produce inoltre, quale allegato B.11 del controricorso, una tabella intitolata «Numero di documenti ricevuti dalla DG ECFIN nel 2018». Si tratterebbe di «richieste di parere» provenienti, secondo la Commissione, «dall’esterno», e risulterebbe da tale tabella che la maggior parte di questi documenti sarebbe «comunque espressa principalmente [nelle] tre lingue [proposte nel bando impugnato]». Secondo le cifre contenute in detta tabella, la DG «Affari economici e finanziari» avrebbe ricevuto, nel 2018, tra l’altro, 23 893 documenti redatti in inglese, 429 redatti in francese, 216 in greco, 98 in spagnolo, 94 in tedesco e 65 in italiano.

149    È giocoforza constatare che tali cifre non possono essere determinanti ai fini della soluzione della presente controversia, e ciò indipendentemente dalla questione se tali elementi, riferiti all’anno 2018, possano essere presi in considerazione nel caso di specie. Infatti, anche a voler ritenere che i «documenti» ai quali dette cifre si riferiscono costituiscano, come pretende la Commissione, «richieste di parere» provenienti «dall’esterno», non risulta dal fascicolo né che i vincitori del concorso in questione sarebbero chiamati a trattare tali «richieste» direttamente, né quale potrebbe essere il ruolo dei servizi di traduzione di detta istituzione al riguardo. Peraltro, anche supponendo che tali cifre avrebbero potuto fornire alcune informazioni riguardo alle lingue utilizzate nel loro lavoro dai funzionari e dagli agenti dei servizi interessati dal bando impugnato, tali informazioni avrebbero, in realtà, carattere puramente contingente e dipenderebbero, con ogni logica, dalle variabili economiche e dalle casualità inerenti al calendario dei diversi soggetti esterni alle istituzioni suscettibili di presentare «richieste di parere» come quelle menzionate dalla Commissione. Tale constatazione trova conferma nel gran numero di documenti ricevuti dalla direzione generale in questione nel 2018 in lingua greca, numero correlato, con ogni probabilità, alle ricadute della crisi del debito pubblico greco. Indubbiamente, la schiacciante preponderanza del numero di documenti in lingua inglese ricevuti dalla DG «Affari economici e finanziari» sembra essere chiara alla luce degli elementi presentati supra ed è dunque lecito ritenere che essa presenti, nel complesso, una certa costanza nel tempo. Orbene, lo stesso di certo non vale per quanto riguarda il numero dei documenti redatti in francese o in tedesco. Infine, e indipendentemente dal carattere contingente o costante degli elementi forniti dalla Commissione, è giocoforza constatare che il numero di documenti ricevuti dalla direzione generale in questione in lingua tedesca rimane assai ridotto rispetto al numero di documenti ricevuti in inglese ed anche in francese, mentre detto numero è inferiore al numero di documenti ricevuti in spagnolo e, fatte salve le proporzioni, si distingue soltanto di poco rispetto al numero di documenti ricevuti in italiano. Pertanto, i suddetti elementi non possono essere tenuti in considerazione al fine di giustificare la limitazione controversa.

ii)    Quanto ai servizi del Consiglio interessati dal bando impugnato

150    Per quanto riguarda i servizi del Consiglio interessati dal bando impugnato, la Commissione fornisce, nell’allegato B.12 del controricorso, una tabella intitolata «Council – Officials in DG ECOMP», la quale dovrebbe contenere un elenco degli agenti in servizio presso la DG «Affari economici e competitività» del Consiglio, censiti in base a quello che sembra essere il loro numero di matricola, e che fornisce indicazioni sulla loro lingua materna, la loro lingua di lavoro e la lingua nella quale essi corrispondono con gli altri servizi del Consiglio. Secondo la Commissione, da tale tabella – la quale contiene, stando alle informazioni complementari fornite da detta istituzione in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, dati riferiti al 15 giugno 2019 – risulta che le tre lingue proposte nel bando impugnato sono quelle «maggiormente utilizzate dal personale [del Consiglio] con funzioni di economista».

151    La tabella in questione contiene dati riguardanti 98 persone. Come risulta da essa, ma anche dalle informazioni supplementari fornite dalla Commissione in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, il tedesco è stato dichiarato come lingua materna da 14 persone, il francese da 12 persone e l’inglese da 6 persone. Come «lingua di lavoro», 68 persone hanno dichiarato l’inglese, 24 persone il francese, 3 persone il tedesco, 1 persona lo svedese e 1 persona il neerlandese. Infine, per quanto riguarda le lingue di comunicazione con gli altri servizi del Consiglio, 28 persone hanno dichiarato il francese, mentre tutte le altre hanno dichiarato l’inglese.

152    Le informazioni che sembrano emergere da questa tabella presentano una rilevanza affatto relativa, in quanto esse riguardano una sola direzione generale del Consiglio (v. punti 88 e 89 supra).

153    D’altronde, è giocoforza constatare come risulti da detto documento che le persone in servizio presso la direzione generale in questione non lavorano, in linea di principio, nella loro lingua materna, in quanto esse hanno tutte dichiarato una «lingua di lavoro» differente dalla loro lingua materna. Pertanto, è ai dati riguardanti tale «lingua di lavoro» che occorrerà interessarsi qui di seguito, lingua che consiste, secondo i chiarimenti forniti dalla Commissione in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, nella lingua «utilizzata dai (…) funzionari [in questione] nella comunicazione scritta e orale con i colleghi dello stesso servizio (…) nonché nella redazione di singoli atti e documenti».

154    Questa affermazione della Commissione è però contraddetta dalla tabella in questione, nella misura in cui, tra i 98 dipendenti, ve ne è uno che ha dichiarato lo svedese ed un altro che ha dichiarato il neerlandese come «lingua di lavoro». Orbene, è difficile ipotizzare che tali persone non abbiano bisogno, nell’ambito delle loro mansioni, di comunicare per iscritto od oralmente con i loro colleghi in una lingua comune. Pertanto, l’affidabilità e la rilevanza della tabella in questione per quanto riguarda la lingua dichiarata come «lingua di lavoro» sono contestabili e non possono che essere relative.

155    Per quanto riguarda, inoltre, i dati sulla «lingua di corrispondenza con gli altri servizi del Consiglio», è giocoforza constatare che, poiché le sole lingue dichiarate dalle persone in questione sono l’inglese e il francese e nella colonna dedicata non viene fatta alcuna menzione del tedesco, questi dati non possono essere idonei di per sé soli a giustificare la limitazione controversa.

156    Ad ogni modo, le valutazioni compiute ai punti da 141 a 147 supra in merito agli allegati B.10 e B.11 del controricorso valgono, per analogia, in riferimento all’allegato B.12 del medesimo.

157    Infatti, anche qualora si dovesse ritenere che le conoscenze linguistiche del personale in attività quali risultanti dall’allegato B.12 del controricorso possono indicare che, per essere immediatamente operativa, una persona neoassunta dovrebbe conoscere una lingua beneficiante di un grado di diffusione particolarmente elevato tra i membri di tale personale, i dati presentati nell’allegato suddetto non possono giustificare la limitazione controversa.

158    Risulta invero da un’analisi di questi dati che soltanto una conoscenza dell’inglese e, in minor misura, del francese, può essere considerata come tale da conferire un vantaggio ai potenziali vincitori del concorso in questione. In totale, dato che, tra le 28 persone che hanno dichiarato il francese come «lingua di corrispondenza con gli altri servizi del Consiglio», 11 hanno dichiarato come «lingua di lavoro» l’inglese, 81 dei 98 dipendenti interessati dall’allegato B.12 del controricorso dispongono di una conoscenza dell’inglese che permette loro di lavorare o di comunicare con gli altri servizi del Consiglio in tale lingua. Inoltre, poiché 9 persone delle 70 che hanno dichiarato l’inglese come «lingua di corrispondenza con gli altri servizi del Consiglio» hanno dichiarato il francese come «lingua di lavoro», un totale di 37 dipendenti su 98 dispone di una siffatta conoscenza del francese. Orbene, in totale, vi sono soltanto 16 dipendenti su 98 che dispongono di una conoscenza almeno soddisfacente del tedesco e, come risulta dai dati riguardanti le lingue utilizzate dai dipendenti in questione per comunicare con gli altri servizi del Consiglio (v. punti 150 e 151 supra), queste 16 persone dispongono altresì di una conoscenza dell’inglese o del francese che permette loro almeno di comunicare con gli altri servizi del Consiglio. Alla luce di tali constatazioni, la ragione per la quale un vincitore del concorso oggetto del bando impugnato che abbia una conoscenza soddisfacente del tedesco e che abbia dichiarato tale lingua come lingua 2 del concorso sarebbe immediatamente operativo in seno alla DG «Affari economici e competitività» del Consiglio non emerge in maniera chiara dai dati in parola, a meno di supporre che tale candidato disponga, al tempo stesso, di una conoscenza almeno soddisfacente dell’inglese o, in misura molto minore, del francese.

iii) Quanto ai servizi del Parlamento interessati dal bando impugnato

159    Infine, la Commissione produce, quale allegato B.13 del controricorso, un messaggio di posta elettronica redatto da un membro del personale del Parlamento sul tema «Concorso ECFIN». Secondo tale messaggio, «[g]li econometristi, vincitori del concorso ECFIN dovranno, per la maggior parte, lavorare presso la DG EPRS e IPOL», ossia presso le direzioni generali, rispettivamente, dei servizi di ricerca parlamentare e delle politiche interne dell’Unione. Per quanto riguarda le lingue utilizzate in queste due direzioni generali, il messaggio suddetto indica che esse rispecchiano «la media del [Parlamento] nel suo insieme», che era, nell’anno 2016, il 95% per l’inglese, il 90% per il francese e il 30% per il tedesco.

160    In risposta ad una misura di organizzazione del procedimento, la Commissione ha indicato che le percentuali suddette si riferivano «sia alla seconda[,] sia alla terza lingua [dei membri del personale interessati]» e corrispondevano all’utilizzazione dell’inglese, del francese e del tedesco «sia come seconda lingua[,] sia come terza lingua da parte del personale del Parlamento».

161    A questo proposito, è giocoforza constatare che, alla luce delle constatazioni riguardanti la conoscenza di una terza lingua da parte dei funzionari e degli agenti dell’Unione, esposte al punto 143 supra, i dati in questione non possono essere presi in considerazione, nella misura in cui la Commissione non sostiene che l’insieme dei funzionari o degli agenti in questione abbia una conoscenza soddisfacente di una terza lingua ufficiale dell’Unione e che essi siano dunque capaci di lavorare in questa terza lingua.

162    In realtà, le percentuali menzionate sopra possono essere lette soltanto come riferite alle conoscenze linguistiche del personale assegnato ai servizi del Parlamento interessati dal bando impugnato. Orbene, le conclusioni esposte ai punti 88 e 89, da 137 a 139 e da 152 a 158 supra a proposito dei servizi della Commissione e del Consiglio valgono per analogia in relazione ai suddetti servizi del Parlamento.

163    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che gli elementi presentati dalla Commissione e intesi a dimostrare che le tre lingue proposte nel bando impugnato sono le lingue utilizzate nel lavoro quotidiano dei servizi interessati dal bando impugnato non possono essere sufficienti, né presi singolarmente né considerati nel loro insieme, per giustificare la limitazione controversa. Non è dunque necessario esaminare l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana in merito alle lingue di redazione delle «pubblicazioni economiche e finanziarie dell’Unione» (v. punto 76 supra).

164    Pertanto, tenendo conto di quanto si è esposto ai punti da 53 a 56 supra, non occorre, nel caso di specie, esaminare neppure l’argomentazione addotta dalla Commissione in merito all’organizzazione del concorso in questione e, segnatamente, alla composizione delle commissioni giudicatrici. Come sostenuto dalla Repubblica italiana al punto 72 della replica, non essendo dimostrata l’esistenza del legittimo obiettivo perseguito mediante la limitazione controversa, lo stesso vale per quanto riguarda gli argomenti addotti dalla Commissione intesi a dimostrare il carattere proporzionato di tale limitazione.

165    Occorre pertanto concludere che non è stato dimostrato, nel caso di specie, che l’obiettivo legittimo invocato nel bando impugnato, ossia l’obiettivo di assumere vincitori di concorso immediatamente operativi, potesse essere raggiunto tramite la limitazione controversa, senza che occorra esaminare in dettaglio la totalità degli argomenti addotti dalla Repubblica italiana nell’ambito dei diversi motivi di ricorso da essa dedotti dinanzi al Tribunale intesi a contestare la limitazione controversa.

B.      Sull’obbligo controverso

166    Come si è indicato al punto 32 supra, la Repubblica italiana contesta, con il suo sesto motivo di ricorso, la legittimità della seconda parte del bando impugnato identificata al punto 30 supra.

167    Secondo la Repubblica italiana, l’obbligo controverso, e segnatamente l’obbligo imposto ai candidati di utilizzare la lingua 2 del concorso in questione per la redazione del loro atto di candidatura, costituisce una violazione manifesta delle disposizioni invocate da detto Stato membro e dalle quali risulta chiaramente che i cittadini dell’Unione hanno il diritto di rivolgersi alle istituzioni utilizzando una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’Unione. La Repubblica italiana invoca, a questo proposito, la sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752).

168    La Repubblica italiana fa valere, più in particolare, che i cittadini la cui lingua principale non è una delle tre lingue proposte nel bando impugnato vengono discriminati in ragione dell’obbligo controverso, il che sarebbe contrario ai principi del multilinguismo nonché al diritto dei cittadini di accedere alla funzione pubblica dell’Unione. Le istituzioni dell’Unione non potrebbero imporre ai loro funzionari qualsiasi restrizione linguistica, il che varrebbe a maggior ragione per quanto riguarda i candidati a un concorso come quello in discussione nel caso di specie.

169    In via subordinata, la Repubblica italiana deduce un evidente difetto di motivazione, per il fatto che il bando impugnato non recherebbe alcuna giustificazione dell’obbligo controverso.

170    La Commissione respinge l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana facendo valere che il regime linguistico del concorso in questione è appropriato per rispondere alle reali esigenze dei servizi interessati e non va oltre quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. La Commissione aggiunge che il livello di comprensione linguistica richiesto per le comunicazioni tra l’EPSO e i candidati è evidentemente inferiore a quello necessario per le prove del concorso. Per quanto riguarda, più specificamente, l’atto di candidatura, la Commissione fornisce, nell’allegato B.18 del controricorso, un manuale per la preparazione dei candidati a questo scopo, il quale è disponibile in tutte le lingue ufficiali.

171    Nella controreplica, la Commissione rileva che, secondo le sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251), la questione delle comunicazioni tra i candidati a un concorso come quello in discussione nel caso di specie e l’EPSO ricade unicamente sotto l’articolo 1 quinquies, paragrafo 6, dello Statuto. Detta istituzione precisa, d’altronde, che l’obbligo imposto in proposito ai candidati è giustificato in virtù di considerazioni identiche a quelle che hanno giustificato la limitazione controversa. Il regime linguistico così completato sarebbe, peraltro, proporzionato, tenuto conto delle percentuali di diffusione delle tre lingue proposte nel bando impugnato come lingue studiate da chi, «come i giovani cittadini [dell’Unione], si candida ad un posto nella funzione pubblica dell’Unione».

172    Il Regno di Spagna sostiene l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana. Esso fa valere, più specificamente, che il bando impugnato non contiene alcuna giustificazione che dimostri l’esistenza di un legittimo obiettivo di interesse generale che permetta di ritenere giustificato l’obbligo controverso.

173    Sul punto, occorre ricordare che dall’obbligo incombente all’Unione di rispettare la diversità linguistica non può desumersi l’esistenza di un principio giuridico generale, il quale assicuri a ciascuna persona il diritto a che tutto ciò che può ledere i suoi interessi venga redatto nella sua lingua in qualsiasi circostanza, e in virtù del quale le istituzioni siano tenute, senza previsione di alcuna possibilità di deroga, ad utilizzare la totalità delle lingue ufficiali in qualsiasi situazione (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

174    In particolare, nel quadro specifico delle procedure di selezione del personale dell’Unione, la Corte ha statuito che le istituzioni non possono vedersi imporre obblighi che vadano oltre quanto prescritto dall’articolo 1 quinquies dello Statuto (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

175    A questo proposito, se invero non è escluso che l’interesse del servizio possa giustificare la limitazione della scelta della lingua 2 di un concorso organizzato dall’EPSO ad un numero ristretto di lingue ufficiali, e ciò anche nel quadro dei concorsi aventi natura generale, ed anche per quanto riguarda la lingua delle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO, una siffatta limitazione deve nondimeno essere fondata imperativamente su elementi oggettivamente verificabili, sia da parte dei candidati ai concorsi sia da parte dei giudici dell’Unione, idonei a giustificare le conoscenze linguistiche richieste, che devono essere proporzionate alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata).

176    Nel caso di specie, per quanto riguarda, da un lato, il difetto di motivazione allegato dalla Repubblica italiana, è giocoforza constatare come il bando impugnato non contenga alcuna motivazione specifica relativamente all’obbligo controverso.

177    Orbene, occorre considerare, alla luce degli argomenti addotti dalla Commissione, che l’obbligo controverso è correlato alla limitazione controversa concernente la scelta della lingua 2 del concorso in questione e che esso è, in realtà, imposto per le stesse ragioni per le quali viene imposta tale limitazione. Infatti, non si può dedurre dalla giurisprudenza che la giustificazione fornita in un bando come il bando impugnato riguardante il regime delle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO debba obbligatoriamente essere distinta dalle ragioni che giustificano il regime linguistico dei concorsi in questione in generale.

178    Per quanto riguarda, dall’altro lato, la fondatezza delle ragioni, e secondo quanto si è esposto sopra ai punti 81 e seguenti, la Commissione non è riuscita a dimostrare che la limitazione controversa fosse, nel caso di specie, giustificata in rapporto al legittimo obiettivo che essa in ipotesi doveva permettere di realizzare. Pertanto, e alla luce di quanto poc’anzi esposto, lo stesso vale per quanto riguarda l’obbligo controverso.

179    Occorre dunque accogliere il sesto motivo di ricorso presentato dalla Repubblica italiana e così annullare integralmente il bando impugnato.

180    Per quanto riguarda gli effetti di tale annullamento, occorre rilevare che, per ragioni analoghe a quelle illustrate ai punti da 83 a 87 della sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), l’annullamento del bando impugnato non può avere alcuna incidenza su eventuali assunzioni già effettuate sulla base degli elenchi di riserva formati all’esito della procedura di selezione in questione, in considerazione del legittimo affidamento di cui beneficiano i candidati che si siano già visti offrire un posto di lavoro sulla base della loro iscrizione negli elenchi suddetti (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Italia/Commissione, T‑437/16, EU:T:2020:410, con impugnazione pendente, punto 230 e la giurisprudenza ivi citata).

 Sulle spese

181    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, in conformità delle conclusioni formulate dalla Repubblica italiana.

182    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella lite sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il bando relativo al concorso generale EPSO/AD/339/17, organizzato ai fini della formazione di un elenco di riserva di amministratori (AD 7) nei seguenti settori: 1) Economia finanziaria e 2) Macroeconomia, è annullato.

2)      La Commissione europea è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Repubblica italiana.

3)      Il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 giugno 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      M. van der Woude

Indice


I. Fatti all’origine della controversia

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla legittimità della limitazione controversa

1. Sul quadro legislativo e giurisprudenziale

2. Sulla motivazione del bando impugnato

3. Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato riguardo alla limitazione controversa

a) Osservazioni preliminari

b) Sull’obiettivo consistente nel selezionare candidati immediatamente operativi

c) Sulla fondatezza delle ragioni intese a giustificare la limitazione controversa

1) Sulla prassi interna della Commissione in materia linguistica

2) Sugli elementi relativi alle «lingue di lavoro» dei servizi interessati dal bando impugnato

i) Quanto ai servizi della Commissione interessati dal bando impugnato

ii) Quanto ai servizi del Consiglio interessati dal bando impugnato

iii) Quanto ai servizi del Parlamento interessati dal bando impugnato

B. Sull’obbligo controverso

Sulle spese



*      Lingua processuale: l’italiano.