Language of document : ECLI:EU:C:2019:650

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 29 luglio 2019(1)

Causa C432/18

Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena

contro

BALEMA GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Agricoltura – Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio – Regolamento (CE) n. 1151/2012 – Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine – Articolo 13, paragrafo 1 – Regolamento (CE) n. 583/2009 della Commissione – Registrazione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena (IGP)” – Protezione dei termini che compongono tale indicazione»







I.      Introduzione

1.        Il balsamo è una sostanza aromatica e oleosa che fluisce come linfa da varie piante. È usato da millenni come base per medicinali, unguenti e profumi. L’uso del balsamo a questi fini è ben consolidato nella tradizione e nella cultura europee. Vi sono diversi riferimenti all’uso del balsamo a fini di guarigione sia nella Bibbia che nella opere teatrali di Shakespeare e, naturalmente, nell’ultima opera di Wagner, Parsifal, apprendiamo che la sofferenza e l’intenso dolore del derelitto re Amfortas possono essere alleviati solo con la somministrazione sulla ferita, altrimenti incurabile, di un fiala di balsamo proveniente dall’Arabia.

2.        È così che la parola «balsamo» è entrata storicamente nella nostra percezione contemporanea. Certamente, al giorno d’oggi, la parola «balsamo» è spesso associata al famosissimo prodotto «Aceto Balsamico di Modena». Si tratta di un aceto molto scuro, concentrato e aromatizzato, ottenuto da uva stagionata (e parzialmente fermentata) fatta invecchiare per parecchi anni in una serie di botti di legno (2). Effettivamente, il prodotto stesso non contiene balsamo, ma la parola «balsamico» vuol dire «come un balsamo». L’uso dell’aggettivo «balsamico» per descrivere l’aceto ha quindi lo scopo di evidenziare le proprietà curative o salutari e genericamente simili a quelle di un balsamo originariamente attribuite al prodotto.

3.        Tutto ciò solleva la questione se la parola «balsamico» possa godere della protezione in quanto indicazione geografica a sé stante. Questa è in sostanza la questione posta nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) presso la cancelleria della Corte il 2 luglio 2018, che riguarda l’interpretazione dell’articolo 1 del regolamento n. 583/2009 e dell’allegato I del medesimo. È questo particolare regolamento che ha inserito la denominazione «Aceto Balsamico di Modena (IGP)» nel registro delle denominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette.

4.        Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede di accertare se la protezione conferita dalla registrazione della denominazione completa «Aceto Balsamico di Modena (IGP)» comprenda anche l’utilizzazione di singoli termini non geografici (3) di tale denominazione, ossia i termini «Aceto», «Balsamico», nonché l’espressione «Aceto Balsamico». Prima di esaminare le suddette questioni è necessario, anzitutto, illustrare le disposizioni giuridiche pertinenti.

II.    Contesto normativo

5.        Il regolamento n. 583/2009 è stato adottato sulla base del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari (4). Il regolamento n. 510/2006 è stato abrogato a partire dal 3 gennaio 2013 dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1151/2012 (5). Ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012, i riferimenti, in particolare, al regolamento abrogato n. 510/2006 si intendono relativi al regolamento n. 1151/2012 (6).

A.      Regolamento n. 1151/2012

6.        L’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012 stabilisce che per «termini generici», si intendono «i nomi di prodotti che, pur riferendosi al luogo, alla regione o al paese in cui il prodotto era originariamente ottenuto o commercializzato, sono diventati il nome comune di un prodotto nell’Unione».

7.        L’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012 così prevede:

«Ai fini del presente regolamento, “indicazione geografica” è un nome che identifica un prodotto:

a) originario di un determinato luogo, regione o paese;

b) alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche; e

c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata».

8.        L’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 stabilisce quanto segue:

«I termini generici non sono registrati come denominazioni di origine protette o indicazioni geografiche protette».

9.        L’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012, rubricato «Protezione», dispone quanto segue:

1.      «I nomi registrati sono protetti contro:

a)      qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di un nome registrato per prodotti che non sono oggetto di registrazione, qualora questi ultimi siano comparabili ai prodotti registrati con tale nome o l’uso di tale nome consenta di sfruttare la notorietà del nome protetto, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingrediente;

b)      qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera dei prodotti o servizi è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali “stile”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingrediente;

c)      qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nel materiale pubblicitario o sui documenti relativi al prodotto considerato nonché l’impiego, per il confezionamento, di recipienti che possano indurre in errore sulla sua origine;

d)      qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.

Se una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta contiene il nome di un prodotto considerato generico, l’uso di tale nome generico non è considerato contrario al primo comma, lettera a) o b).

2.      Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette non diventano generiche

(…)».

10.      L’articolo 41 del regolamento n. 1151/2012, rubricato «Termini generali», così dispone:

«1.      Fatto salvo l’articolo 13, il presente regolamento non pregiudica l’uso dei termini che sono generici nell’Unione, anche se il termine generico fa parte di un nome protetto nell’ambito di un regime di qualità.

2.      Per stabilire se un termine sia diventato generico si tiene conto di tutti i fattori pertinenti, in particolare:

a)      della situazione esistente nelle zone di consumo;

b)      dei pertinenti atti giuridici nazionali o dell’Unione.

3.      Al fine di tutelare pienamente i diritti delle parti interessate, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati, conformemente all’articolo 56, che stabiliscono ulteriori disposizioni sulla determinazione del carattere generico dei termini di cui al paragrafo 1 del presente articolo».

B.      Regolamento n. 583/2009

11.      I considerando da 2 a 5, 7, 8 e 10 del regolamento n. 583/2009 sono così formulati:

«(2) La Germania, la Grecia e la Francia hanno dichiarato la propria opposizione (…).

(3) La dichiarazione di opposizione della Germania verteva in particolare sul timore che una registrazione dell’indicazione geografica protetta “Aceto Balsamico di Modena” possa pregiudicare l’esistenza di prodotti legalmente immessi sul mercato da almeno cinque anni e commercializzati con le denominazioni Balsamessig/Aceto balsamico nonché sul presunto carattere generico di tali denominazioni. (…)

(4) La dichiarazione di opposizione della Francia verteva in particolare sul fatto che l’“Aceto Balsamico di Modena” non disporrebbe di reputazione propria, distinta da quella dell’“Aceto balsamico tradizionale di Modena”, già registrata come denominazione d’origine protetta con regolamento (CE) n. 813/2000 del Consiglio. Secondo la Francia, il consumatore potrebbe essere indotto in errore quanto alla natura e all’origine del prodotto in causa.

(5) La Grecia, dal canto suo, ha evidenziato l’importanza della produzione di aceto balsamico sul proprio territorio, commercializzato fra l’altro con i termini “balsamico” o “balsamon” e sulle conseguenze sfavorevoli che avrebbe la registrazione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena” sull’esistenza di questi prodotti presenti anch’essi legalmente sul mercato da almeno cinque anni. La Grecia sostiene inoltre che i termini “aceto balsamico”, “balsamic” ecc. siano generici.

(…)

(7) Poiché non è stato concluso alcun accordo tra Francia, Germania, Grecia e Italia nei termini previsti, la Commissione ha l’obbligo di adottare una decisione in base alla procedura di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 510/2006.

(8) La Commissione ha chiesto il parere del Comitato scientifico per le denominazioni d’origine, le indicazioni geografiche e le attestazioni di specificità, istituito con decisione 93/53/CE circa l’osservanza delle condizioni di registrazione. Nel suo parere, emesso all’unanimità il 6 marzo 2006, il Comitato ha affermato che la denominazione “Aceto Balsamico di Modena” gode di fama indiscussa sia sul mercato nazionale che su quelli esteri, come testimoniano il suo frequente utilizzo in numerose ricette culinarie di diversi Stati membri, la sua forte presenza su Internet e nella stampa o nei media. L’“Aceto Balsamico di Modena” soddisfa quindi alla condizione inerente ad una reputazione specifica del prodotto corrispondente alla denominazione di cui trattasi. Il Comitato ha osservato che tali prodotti sono coesistiti sui mercati per centinaia di anni. Ha constatato altresì che le caratteristiche, la clientela, l’utilizzo, le modalità di distribuzione, la presentazione ed il prezzo dell’“Aceto Balsamico di Modena” e dell’“Aceto balsamico tradizionale di Modena” ne hanno fatto dei prodotti diversi l’uno dall’altro, il che consente di garantire un trattamento equo ai produttori interessati e di non indurre in errore il consumatore. La Commissione accetta integralmente tali considerazioni.

(…)

(10) Sembra che la Germania e la Grecia, nelle obiezioni sollevate relativamente al carattere generico del nome proposto per la denominazione, non abbiano tenuto conto della suddetta denominazione nel suo complesso, ovvero “Aceto Balsamico di Modena”, ma soltanto di alcuni suoi elementi, ossia i termini “aceto”, “balsamico” e “aceto balsamico” o le rispettive traduzioni. Ora, la protezione è conferita alla denominazione composta “Aceto Balsamico di Modena”. I singoli termini non geografici della denominazione composta, anche utilizzati congiuntamente, nonché la loro traduzione, possono essere adoperati sul territorio comunitario nel rispetto dei principi e delle norme applicabili nell’ordinamento giuridico comunitario».

12.      L’articolo 1 del regolamento n. 583/2009 dispone quanto segue:

«La denominazione che figura all’allegato I del presente regolamento è registrata».

13.      L’allegato I del regolamento n. 583/2009 menziona l’«Aceto Balsamico di Modena (IGP)».

III. Causa principale e questione pregiudiziale

14.      La BALEMA GmbH (in prosieguo: la «BALEMA») fabbrica prodotti a base di aceto e li commercializza nella regione del Baden (Germania). Essa vende da almeno 25 anni prodotti con la denominazione «Balsamico» e «Deutscher Balsamico». Le etichette apposte sui propri prodotti recano la scritta «Theo der Essigbrauer, Holzfassreifung, Deutscher Balsamico traditionell, naturtrüb aus badischen Weinen» [Theo l’acetificatore, invecchiamento in botti di legno, Aceto balsamico tedesco tradizionale, naturalmente torbido, ottenuto da vini del Baden] oppure «1. Deutsches Essig-Brauhaus, Premium, 1868, Balsamico, Rezeptur No. 3» [1° acetificio tedesco, Premium, 1868, Balsamico, Ricetta n. 3].

15.      È pacifico che i prodotti della BALEMA denominati «Balsamico» non rientrano nella registrazione «Aceto Balsamico di Modena (IGP)» a norma dell’articolo 1 e dell’allegato I del regolamento n. 583/2009, in quanto non soddisfano le specifiche di prodotto contenute nell’allegato II di detto regolamento.

16.      Il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena (in prosieguo: il «Consorzio») è un consorzio di fabbricanti dei prodotti contrassegnati dalla denominazione «Aceto Balsamico di Modena». Esso ritiene che l’uso della denominazione «Balsamico», da parte della BALEMA, violi l’indicazione geografica protetta «Aceto Balsamico di Modena». Il Consorzio ha pertanto notificato alla BALEMA una diffida. La BALEMA, a sua volta, ha instaurato contro il Consorzio dinanzi ai giudici tedeschi un’azione di accertamento negativo per far dichiarare l’assenza di qualsiasi violazione del marchio. Tale azione non ha avuto successo.

17.      In grado di appello la BALEMA ha chiesto di dichiarare che essa non è obbligata ad astenersi dall’utilizzare la denominazione «Balsamico» per prodotti a base di aceto prodotti in Germania. Il ricorso in appello è stato accolto in quanto il giudice ha ritenuto che l’uso della denominazione «Balsamico» riferita all’aceto non costituisse una violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. Secondo tale giudice, la tutela accordata dal regolamento n. 583/2009 alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena» spetterebbe soltanto alla denominazione nel suo insieme, e non ai singoli termini non geografici che compongono tale denominazione, anche qualora essi vengano utilizzati congiuntamente.

18.      È stato quindi proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio.

19.      Il giudice del rinvio ritiene che il ricorso per cassazione sarà accolto qualora le denominazioni «Balsamico» e «Deutscher Balsamico» utilizzate dalla BALEMA costituiscano una violazione dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a) o b), del regolamento n. 1151/2012. Secondo tale giudice, tale accertamento presupporrebbe che la tutela conferita dall’articolo 1 del regolamento n. 583/2009 alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena» nel suo insieme si estenda anche all’utilizzazione dei singoli termini non geografici che compongono la denominazione («Aceto», «Balsamico», «Aceto Balsamico»).

20.      Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) rileva che dall’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012 e dalla giurisprudenza della Corta risulta chiaro che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a) o b), di tale regolamento, un’indicazione geografica protetta composta da più termini può essere protetta non soltanto contro un’utilizzazione dell’indicazione completa, bensì anche contro un’utilizzazione dei singoli termini di tale indicazione. L’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012 disciplina il caso particolare in cui un’indicazione geografica protetta contenga il nome di un prodotto considerato generico. Tale disposizione stabilisce che l’uso della denominazione generica non è considerato contrario all’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) o b), del suddetto regolamento. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) fa inoltre riferimento al fatto che il regolamento della Commissione che procede alla registrazione del nome può limitare la portata della tutela di un’indicazione geografica protetta composta da più termini, di modo che essa non si estende all’utilizzazione di singoli termini dell’indicazione stessa. A tale riguardo, il fatto che il richiedente la registrazione possa precisare che la sua domanda di protezione non si riferisce a tutti gli elementi della denominazione indica che la tutela conferita in virtù della registrazione può essere limitata.

21.      Il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ritiene che i considerando 3, 5 e 10, del regolamento n. 583/2009 depongano a favore di una limitazione della portata della protezione alla denominazione complessiva «Aceto Balsamico di Modena», con esclusione di singoli termini non geografici. Detto giudice ritiene inoltre che – contrariamente a quanto asserito nel ricorso per cassazione proposto – il fatto di ritenere che la protezione sia garantita alla denominazione complessiva «Aceto Balsamico di Modena» non sarebbe in contrasto con la registrazione delle denominazioni di origine protette «Aceto balsamico tradizionale di Modena» e «Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia» ai sensi del regolamento (CE) n. 813/2000 del Consiglio, del 17 aprile 2000, che completa l’allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 della Commissione relativo alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all’articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92 (7). Diversamente dal regolamento n. 583/2009i riferimenti a una portata più limitata della protezione nell’ambito del regolamento n. 813/2000, la quale potrebbe essere dovuta al fatto che nel precedente procedimento di registrazione non sono state presentate opposizioni da parte di Stati membri ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (CE) n. 2081/92 del Consiglio (8) (ora articoli 51 e 52 del regolamento n. 1151/2012), non osta a una limitazione dell’efficacia protettiva della denominazione complessiva «Aceto Balsamico di Modena».

22.      In tale contesto, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la tutela di cui beneficia la denominazione “Aceto Balsamico di Modena” nel suo insieme si estenda anche all’utilizzazione dei singoli termini non geografici che compongono tale denominazione (“Aceto”, “Balsamico”, “Aceto Balsamico”)».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

23.      Sono state presentate osservazioni scritte dal Consorzio, dai governi italiano, greco e spagnolo e dalla Commissione. Il Consorzio, la BALEMA, i governi tedesco, greco, spagnolo e italiano, nonché la Commissione, hanno formulato osservazioni orali all’udienza che si è tenuta il 23 maggio 2019.

V.      Analisi

A.      Osservazioni preliminari

24.      Si può osservare inizialmente che parte delle difficoltà in questa causa — e invero in altre cause analoghe — derivano dall’uso in qualche modo promiscuo dell’espressione «termini generici» con due diversi significati. Come ho appena rilevato, l’espressione «termini generici» è definita dall’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012 nel senso di nomi di prodotti «che, pur riferendosi al luogo, alla regione o al paese in cui il prodotto era originariamente ottenuto o commercializzato, sono diventati il nome comune di un prodotto nell’Unione». Tuttavia, l’espressione è stata usata anche da tribunali, giudici, avvocati e commentatori per riferirsi semplicemente a parole comuni o usuali che, proprio a causa della loro genericità, non possono ottenere la registrazione come IGP/DOP (9). Poiché è necessario mantenere separate le due nozioni, propongo di usare l’espressione «termini generici» nel senso particolare con cui è definita all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012, e invece semplicemente utilizzare l’espressione «parole comuni» per descrivere parole o espressioni che in altri contesti potrebbero essere – o, forse, addirittura sarebbero – definite di carattere generico.

25.      L’articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a d), del regolamento n. 1151/2012 elenca una serie graduata di comportamenti vietati con riguardo alle denominazioni registrate in forza di tale regolamento (10). L’articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a d), del regolamento n. 1151/2012 contempla diverse ipotesi in cui la commercializzazione di un prodotto si accompagna ad un riferimento esplicito o implicito ad un’indicazione geografica o a una denominazione in condizioni idonee a indurre il pubblico in errore o, quanto meno, a creare nella sua mente un’associazione di idee quanto all’origine del prodotto, o a permettere all’operatore di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica o della denominazione interessata (11).

26.      Nella sentenza del 7 giugno 2018, Scotch Whisky Association (C‑44/17, EU:C:2018:415, punto 29), la Corte ha dichiarato che l’utilizzo del termine «impiego» nell’articolo 16, lettera a), del regolamento n. 110/2008, per quanto riguarda «qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di un nome registrato per prodotti che non sono oggetto di registrazione» (12), «richiede, per definizione, (…) che il segno controverso faccia uso della stessa indicazione geografica protetta, nella forma in cui quest’ultima è stata registrata o, quanto meno, in una forma che presenti collegamenti così stretti con quest’ultima, da un punto di vista fonetico e/o visivo, che il segno controverso risulti evidentemente legato ad essa in modo inscindibile». Al punto 44 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che la nozione di «evocazione» (13) «si estende all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una indicazione geografica protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto di cui trattasi, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta indicazione» (14).

27.      L’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012 prevede tuttavia che, quando un nome (15) iscritto nel registro delle denominazioni di origine protette («DOP») e delle indicazioni geografiche protette («IGP») contiene un elemento generico, l’uso di tale elemento generico non viola la protezione del nome registrato di cui sopra ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b), di tale regolamento. Risulta quindi dalla stessa formulazione dell’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012 che un nome composto iscritto nel registro delle DOP e delle IGP può, di per sé, contenere elementi generici o altrimenti privi di protezione.

28.      Pertanto, qualora una DOP o un’IGP siano costituite da più elementi/nomi, uno o più dei quali sia il nome di un prodotto considerato generico, l’uso da parte di terzi dell’elemento/nome generico non viola, in linea di principio, la protezione accordata dall’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b) (16), del regolamento n. 1151/2012 (17) nei confronti di qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto di un nome registrato e, rispettivamente, di qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione di un nome registrato (18). Questo punto può essere illustrato da un esempio molto semplice. Il prosciutto di Parma è stato iscritto nel registro delle DOP (19), ma non si potrebbe suggerire, ad esempio, che il termine «prosciutto» non possa essere utilizzato da altri produttori e fornitori.

29.      Tale importante principio è stato confermato dall’ordinanza del 6 ottobre 2015, Schutzgemeinschaft Milch und Milcherzeugnisse/Commissione (C‑517/14 P, EU:C:2015:700), in cui la Corte ha dichiarato che, poiché la Commissione aveva stabilito, all’articolo 1 del regolamento (UE) n. 1121/2010 della Commissione, del 2 dicembre 2010, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Edam Holland (IGP)] (20), relativo alla registrazione del nome «Edam Holland», che il nome «Edam» costituiva una denominazione generica, tale termine – nonostante la registrazione dell’IGP «Edam Holland» – poteva continuare a essere usato nel territorio dell’Unione, a condizione che fossero rispettati i principi e le norme applicabili nel suo ordinamento giuridico. La Corte ha pertanto constatato che il Tribunale non era incorso in alcun errore di diritto dichiarando, tra l’altro, che il regolamento n. 1121/2010 prevede che il nome «Edam» può continuare ad essere utilizzato per la commercializzazione dei formaggi (21).

30.      Tenuto conto della portata estremamente ampia della tutela concessa dall’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 1151/2012 (22), per quanto riguarda il caso di specie è indispensabile verificare, prima di qualsiasi accertamento di una violazione di tali disposizioni, se una denominazione composta registrata iscritta nel registro delle DOP e IGP contenga elementi generici e, quindi, privi di protezione.

B.      Nozione di «termini generici» ai sensi del regolamento n. 1151/2012 e della giurisprudenza della Corte

31.      Come ho già indicato, la definizione di «termini generici» di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012 è, a mio avviso, molto specifica e di portata limitata. Con detta espressione si intendono «i nomi di prodotti che, pur riferendosi al luogo, alla regione o al paese in cui il prodotto era originariamente ottenuto o commercializzato, sono diventati il nome comune di un prodotto nell’Unione» (23). La definizione si riferisce quindi a termini che nel tempo hanno perso la loro connotazione geografica. Nella sentenza del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia (C‑343/07, EU:C:2009:415, punto 107), la Corte ha dichiarato che «per quanto concerne un’IGP, una denominazione diventa generica solo se il nesso diretto tra, da un lato, l’origine geografica del prodotto e, dall’altro, una qualità determinata dello stesso, la sua reputazione o un’altra caratteristica del medesimo, attribuibile a detta origine, sia scomparsa e la denominazione descriva ormai soltanto un genere o un tipo di prodotti».

32.      Come ho già rilevato, una parte della difficoltà nel presente caso – e in effetti in casi analoghi – deriva dal modo particolare e limitato in cui il termine «generico» è stato definito dal regolamento n. 1151/2012. È tuttavia evidente che, oltre a «termini generici» nel senso stretto della definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012, l’uso di nomi comuni o termini usuali che non hanno alcuna connotazione geografica attuale – e che sono spesso definiti anche come termini generici in un senso leggermente diverso di tale espressione – non viola la protezione di una denominazione registrata conferita ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 1151/2012.

33.      A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 80 della sua sentenza del 16 marzo 1999, Danimarca e a./Commissione (C‑289/96, C‑293/96 e C‑299/96, EU:C:1999:141), la Corte ha considerato che la nozione di «denominazione divenuta generica» – contenuta in una disposizione equivalente all’articolo 41 del regolamento n. 1151/2012, relativo all’uso di termini generici – è altresì applicabile alle denominazioni che sono sempre state generiche.

34.      Inoltre, nella sentenza del 9 giugno 1998, Chiciak e Fol (C‑129/97 e C‑130/97, EU:C:1998:274, punto 37), la Corte ha dichiarato che la protezione conferita da una disposizione equivalente all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012 si estende non solo alla denominazione composta in quanto tale, ma anche ad ogni suo elemento, purché non si tratti di un nome generico o comune (24).

35.      I governi tedesco, greco e spagnolo, nonché la Commissione, ritengono che le espressioni «Aceto», «Balsamico», e «Aceto Balsamico» siano termini generici e/o comuni. Ad esempio, dinanzi a questa Corte è stato sostenuto che il termine «Balsamico» deriva dalla parola latina «balsamum» o dalla parola greca «βάλσαμον» (25), è usato nelle lingue italiana, spagnola e portoghese e fa riferimento, tra l’altro, a un preparato con proprietà lenitive utilizzato a fini terapeutici.

36.      Nel valutare se un termine sia generico nel contesto particolare della definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012, o se si tratti di un termine comune (e quindi generico nel senso più ampio che ho appena descritto), ciò che è dirimente, a mio parere, non è necessariamente se un termine abbia un significato particolare in una determinata lingua (26), ma piuttosto se sia privo di un’attuale connotazione geografica.

37.      A tal riguardo, occorre rilevare che, nonostante il fatto che il termine «feta» significhi «fetta» in italiano (27) e che, di conseguenza, almeno a prima vista sembri un nome comune, la Corte ha dichiarato, nella sua sentenza del 25 ottobre 2005, Germania e Danimarca/Commissione (C‑465/02 e C‑466/02, EU:C:2005:636, punti 88 e 94), che la denominazione «feta» come DOP per il formaggio non era generica (28). La Corte ha statuito che la Commissione aveva il diritto di concludere che la denominazione «feta» era una denominazione di origine per i formaggi prodotti in Grecia. Tale decisione deve tuttavia essere intesa in funzione delle constatazioni fattuali specifiche e particolari effettuate in detta causa.

38.      In tale causa, la Repubblica federale di Germania e il Regno di Danimarca hanno chiesto l’annullamento del regolamento (CE) n. 1829/2002 della Commissione, del 14 ottobre 2002, che modifica l’allegato del regolamento (CE) n. 1107/96 per quanto riguarda la denominazione «Feta» (29), sostenendo che esso fosse, fra l’altro, generico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2081/92, ossia il predecessore dell’attuale articolo 3, paragrafo 6, e dell’articolo 41, paragrafo 2, del regolamento n. 1151/2012. Per stabilire se il termine «feta» fosse generico, la Corte ha preso in considerazione i luoghi di produzione del prodotto in esame sia all’interno che all’esterno dello Stato membro che ha ottenuto la registrazione della denominazione di cui trattasi, il consumo di tale prodotto e il modo in cui esso è percepito dai consumatori all’interno e all’esterno dello Stato membro in questione, l’esistenza di una normativa nazionale specificamente relativa a detto prodotto e il modo in cui la denominazione è stata utilizzata nel diritto comunitario (30).

39.      Ai punti da 86 a 90 della sua sentenza, la Corte ha rilevato quanto segue:

«86 Da informazioni fornite alla Corte risulta che la maggioranza dei consumatori in Grecia ritiene che la denominazione “feta” abbia connotazione geografica e non generica. In Danimarca risulta invece che la maggioranza dei consumatori propende per la connotazione generica di tale denominazione. La Corte non dispone di dati concludenti in merito agli altri Stati membri.

87 I dati sottoposti alla Corte dimostrano inoltre che negli Stati membri diversi dalla Grecia la feta è regolarmente commercializzata con etichette che alludono alle tradizioni culturali e alla civiltà greche. È legittimo dedurne che i consumatori in tali Stati membri percepiscano la feta come un formaggio associato alla Repubblica ellenica, anche qualora, in realtà, sia stato prodotto in un altro Stato membro.

88 Questi diversi elementi relativi al consumo della feta negli Stati membri tendono ad indicare che la denominazione “feta” non è generica.

89 Quanto all’argomento del governo tedesco, vertente sulla seconda frase del ventesimo considerando del regolamento impugnato, risulta dal punto 87 della presente sentenza che non è erroneo affermare, con riferimento ai consumatori negli Stati membri diversi dalla Repubblica ellenica, che: “(…) il legame tra la denominazione ’Fetà e il territorio ellenico è volontariamente suggerito e ricercato in quanto costituisce un argomento di vendita inerente alla rinomanza del prodotto di origine, ma ciò comporta il rischio reale di indurre il consumatore in confusione”.

90 L’argomento dedotto dal governo tedesco in senso opposto non è pertanto fondato» (31).

40.      Pertanto, tale causa verteva effettivamente sul fatto che, come stabilito dalla Corte, per la grande maggioranza dei consumatori europei, il termine «feta» era associato in modo indelebile al particolare formaggio prodotto in Grecia. Infatti, fatta eccezione per chi parla italiano, il termine non ha altro significato per detti consumatori. Ne consegue quindi che la Commissione era legittimata a stabilire che il termine «feta» non fosse un termine generico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 2081/92, in quanto possedeva una connotazione geografica attuale.

41.      Se si trattasse di una valutazione puramente personale, ritengo che, per quanto riguarda il caso in esame, giungerei a una conclusione opposta. «Aceto» è ovviamente una parola comune italiana e mentre la parola «balsamico» è di certo strettamente associata nella mente di molti consumatori al prodotto fabbricato dal Consorzio, il termine di base «balsamo» è, a mio avviso, troppo comune e diffuso perché possa ricevere autonomamente una protezione come IGP. Né si può ritenere, a mio avviso, che tale termine abbia una connotazione geografica attuale, cosicché, per tale motivo, esso rientri tra i «termini generici» di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012.

42.      Il criterio, tuttavia, è in definitiva il modo in cui il termine verrebbe percepito dal «consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto» (32). Tale verifica e tale valutazione spetterebbero in definitiva al giudice nazionale, eventualmente con l’ausilio di adeguati sondaggi presso i consumatori e di strumenti analoghi (33).

43.      In assenza di tali accertamenti da parte del giudice nazionale, nelle circostanze del caso di specie ritengo che la Corte semplicemente non sia in grado di pronunciarsi sulla questione se le parole «aceto» e «balsamico» siano parole comuni nel senso che ho descritto o se esse siano anche «termini generici» nel senso particolare di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento n. 1151/2012. Nonostante tale riserva, ritengo tuttavia che la Corte possa pronunciarsi in via definitiva su tale questione qualora essa venga affrontata dal punto di vista, leggermente diverso, dell’analisi delle disposizioni del regolamento n. 583/2009. Al riguardo, ho trovato particolarmente utili i considerando del suddetto regolamento. È questo il tema che mi propongo di passare ad esaminare.

C.      Interpretazione del regolamento n. 583/2009

44.      Conformemente all’articolo 1 e all’allegato I del regolamento n. 583/2009, la denominazione composta «Aceto Balsamico di Modena (IGP)» è iscritta nel registro. All’articolo 1 o all’allegato I di tale regolamento non figura alcuna limitazione o riserva riguardo alla portata della protezione di tale denominazione composta.

45.      Tuttavia, dai considerando 2, 3, 5 e 7 del regolamento n. 583/2009 risulta chiaramente che la Germania, la Grecia (34) e la Francia hanno sollevato obiezioni alla registrazione della denominazione «Aceto Balsamico di Modena». Sembrerebbe, in particolare, che la Germania e la Grecia abbiano ritenuto che, tra l’altro, l’espressione «Aceto balsamico» sia di natura generica. (Dal contesto si deduce che l’espressione «termini generici» è stata utilizzata come sinonimo di parola comune o usuale).

46.      Inoltre, il considerando 10 del regolamento n. 583/2009 enuncia, tra l’altro, che «la protezione è conferita alla denominazione composta “Aceto Balsamico di Modena”. I singoli termini non geografici di detta denominazione composta, anche utilizzati congiuntamente, nonché la loro traduzione, possono essere adoperati sul territorio comunitario nel rispetto dei principi e delle norme applicabili nell’ordinamento giuridico comunitario» (35).

47.      Nonostante il contenuto dei considerando in questione e l’evidente controversia che ha accompagnato la registrazione dell’IGP «Aceto Balsamico di Modena», va ricordato che la Commissione non ha stabilito in modo specifico, all’articolo 1 o all’allegato I del regolamento n. 583/2009, se i termini «Aceto», «Balsamico», o «Aceto Balsamico» fossero denominazioni generiche (nel senso particolare del regolamento oppure nella diversa e più ampia accezione dell’espressione per il fatto di essere semplici parole comuni) o termini non geografici, e potessero quindi, nonostante la registrazione dell’IGP in questione, continuare a essere utilizzati nel territorio dell’Unione europea conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012.

48.      Tale approccio contrasta con la situazione esistente con riferimento, ad esempio, al regolamento n. 1121/2010, in cui non solo il considerando 8 del regolamento in questione, ma anche il dispositivo di quest’ultimo indicavano chiaramente che il nome «Edam» era generico (36).

49.      Si deve tuttavia rilevare che, nella sentenza del 9 giugno 1998, Chiciak e Fol (C‑129/97 e C‑130/97, EU:C:1998:274, punto 39), la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda l’utilizzo di termini composti in una denominazione di origine (37), che l’assenza di una nota a piè di pagina nell’allegato del regolamento di registrazione della denominazione in questione che precisasse che la registrazione non era richiesta per una parte di tale denominazione (38), non implicava necessariamente che ogni sua singola parte fosse protetta (39). Per contro, nella sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione/Germania (C‑132/05, EU:C:2008:117, punto 31), la Corte ha respinto l’argomento secondo cui una DOP beneficia di protezione solo nella forma esatta in cui è stata registrata (40).

50.      In sintesi, non si può trarre alcuna conclusione dal fatto che l’articolo 1 e l’allegato I del regolamento n. 583/2009 non indicano espressamente se i termini «Aceto», «Balsamico», o «Aceto Balsamico» siano denominazioni generiche (nel senso particolare di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento oppure per il fatto di essere parole comuni) o termini non geografici.

51.      Poiché dalla formulazione dell’articolo 1 e dell’allegato I del regolamento n. 583/2009, interpretato alla luce della giurisprudenza summenzionata, non è chiaro se i termini «Aceto», «Balsamico» o «Aceto Balsamico» siano denominazioni generiche (e, ancora, nel senso particolare di cui all’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento oppure per il fatto di essere parole comuni) o termini non geografici, ritengo che tali disposizioni debbano essere interpretate alla luce dei considerando di detto regolamento. Secondo una giurisprudenza costante, il dispositivo di un atto dell’Unione è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (41).

52.      A tal riguardo, i considerando da 2 a 5, 7, 8 e 10 del regolamento n. 583/2009 indicano chiaramente e inequivocabilmente che il legislatore europeo (nel caso di specie, la Commissione) ha ritenuto, sulla base di espresse obiezioni sollevate dalla Germania, dalla Grecia e dalla Francia, che i termini «Aceto», «Balsamico», e «Aceto Balsamico» fossero denominazioni generiche o termini non geografici e che la protezione fosse conferita unicamente alla denominazione completa «Aceto Balsamico di Modena» e non ai singoli termini non geografici che la compongono.

53.      Al considerando 8 del regolamento n. 583/2009 viene sottolineata la fama dell’«Aceto Balsamico di Modena» e, al considerando 10, si precisa che, nonostante le obiezioni sollevate dalla Germania, dalla Grecia e dalla Francia relativamente alla registrazione dei termini «Aceto», «Balsamico», e «Aceto Balsamico», non è stata sollevata alcuna obiezione nei confronti della denominazione «Aceto Balsamico di Modena» nel suo complesso. Come indicato in precedenza, il considerando 10 precisa che «la protezione è conferita alla denominazione composta “Aceto Balsamico di Modena”» (42) e che, in linea di principio, i singoli termini non geografici di tale denominazione possono essere utilizzati.

54.      Ritengo, di conseguenza, che dal considerando 10 del regolamento n. 583/2009 emerga che il legislatore europeo ha reputato che i termini «Aceto», «Balsamico», e «Aceto Balsamico» siano generici (in entrambi i sensi del termine) o termini non geografici privi di protezione e che possano continuare ad essere utilizzati a condizione che siano rispettati i principi e le norme applicabili nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea.

55.      Un’interpretazione del regolamento n. 583/2009 che limiti la portata della tutela conferita alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena» nel suo complesso, piuttosto che estenderla ai singoli termini non geografici che la compongono, è chiaramente suffragata dalle sentenze della Corte del 9 dicembre 1981, Commissione/Italia (193/80, EU:C:1981:298), e del 15 ottobre 1985, Commissione/Italia (281/83, EU:C:1985:407). In dette cause la Corte ha rilevato che il termine «Aceto» è una parola della lingua italiana che indica tale prodotto e ha statuito che si tratta di un termine generico. Dato che talicause vertevano sulla libera circolazione delle merci, la Corte ha ovviamente utilizzato l’espressione «termine generico» per affermare che il termine «aceto» era semplicemente una parola comune italiana indicante tale prodotto.

56.      Nonostante l’assenza di qualsiasi indicazione nell’articolo 1 o nell’allegato I del regolamento n. 583/2009 che limiti specificamente la protezione accordata alla denominazione «Aceto», tale termine comune non può, alla luce della giurisprudenza sopra citata, essere protetto dal suddetto regolamento (43).

57.      Inoltre, a mio avviso, la registrazione della denominazione «Aceto balsamico tradizionale di Modena (DOP)» ai sensi del regolamento n. 813/2000, che è del tutto coincidente con quella dell’IGP «Aceto Balsamico di Modena», tranne che per l’aggiunta della parola «tradizionale» (44) e per la «b» maiuscola di «balsamico», depone a mio avviso a favore della constatazione che solo la denominazione completa «Aceto Balsamico di Modena» è tutelata e che i termini «Aceto», «balsamico», e «Aceto balsamico» sono semplicemente parole comuni. Tale approccio è inequivocabilmente corroborato dai considerando 8 e 9 del regolamento n. 583/2009.

58.      Ritengo inoltre che la registrazione della denominazione «Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia (DOP)», ai sensi del regolamento n. 813/2000, tenda anch’essa a indicare che i termini «Aceto», «balsamico», e «Aceto balsamico» siano parole comuni.

59.      Per contro, alla luce dell’evidente connotazione geografica legata alla parola «Modena» (45), ritengo che l’uso di tale parola o dell’espressione «di Modena», riferita all’aceto o invero ad altri condimenti, possa evocare, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, non solo l’«Aceto balsamico di Modena» ma anche l’«Aceto balsamico tradizionale di Modena».

60.      Ritengo pertanto che la protezione della denominazione completa «Aceto Balsamico di Modena», ai sensi del regolamento n. 583/2009, non si estenda all’uso delle singole parole comuni o di termini non geografici, ossia «Aceto», «Balsamico», e «Aceto balsamico» (46). Tali singole parole comuni o termini non geografici possono essere utilizzate purché siano rispettati i principi e le norme applicabili nell’ordinamento dell’Unione europea.

VI.    Conclusione

61.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) come segue:

«La protezione della denominazione completa “Aceto Balsamico di Modena” a norma del regolamento (CE) n. 583/2009 della Commissione, del 3 luglio 2009, non si estende all’uso delle singole parole comuni o dei singoli termini non geografici che la compongono, ossia «Aceto», «Balsamico» e «Aceto Balsamico».


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. allegato II al regolamento (CE) della Commissione n. 583/2009, del 3 luglio 2009, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Aceto Balsamico di Modena (IGP)], GU 2009, L 175, pag. 7.


3      Non viene sollevata alcuna questione in merito al termine «Modena».


4      GU 2006, L 93, pag. 12.


5      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU 2012, L 343, pag. 1).


6      Ai fini del presente procedimento, le disposizioni pertinenti del regolamento n. 510/2006 sono sostanzialmente equivalenti a quelle del regolamento n. 1151/2012. Per ragioni di comodità, nel presente procedimento farò pertanto riferimento al regolamento n. 1151/2012.


7      GU 2000, L 100, pag. 5.


8      Regolamento del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU 1992, L 208, pag. 1).


9      In quanto prive di una connotazione geografica attuale.


10      V. sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:344, punto 25).


11      V., per analogia, sentenza del 14 luglio 2011, Bureau national interprofessionnel du Cognac (C‑4/10 e C‑27/10, EU:C:2011:484, punto 46), che riguardava l’articolo 16 del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU 2008, L 39, pag. 16), che è sostanzialmente equivalente all’articolo 13, paragrafo 1, lettere da a) a d), del regolamento n. 1151/2012.


12      V., per analogia, articolo 13, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012.


13      V., per analogia, articolo 13, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.


14      Il corsivo è mio. Tuttavia, ai punti 45 e 46 di detta sentenza, la Corte ha rilevato che la parziale incorporazione di un’indicazione geografica protetta in un segno non costituisce un presupposto essenziale per affermare che esiste un’«evocazione». «Il criterio determinante è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, la merce che beneficia dell’indicazione geografica protetta, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare tenendo conto, se del caso, dell’incorporazione parziale di una indicazione geografica protetta nella denominazione controversa, di una similarità fonetica e/o visiva di tale denominazione con tale indicazione, o ancora di una somiglianza concettuale tra detta denominazione e detta indicazione». Sentenza del 7 giugno 2018, Scotch Whisky Association (C‑44/17, EU:C:2018:415, punto 51).


15      Ritengo che «nome», «elemento» o «termine» possano essere usati in modo intercambiabile nel presente contesto.


16      La Corte ha dichiarato, nella sua sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:344, punto 24), che l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012 «prevede una protezione contro “qualsiasi” evocazione, anche se la denominazione protetta è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, apposte sull’imballaggio del prodotto di cui trattasi». Inoltre, può esservi «evocazione» anche se è indicata la vera origine del prodotto. Sentenza del 7 giugno 2018, Scotch Whisky Association (C‑44/17, EU:C:2018:415, punto 57).


17      Le lettere c) e d) dell’articolo 13 del regolamento n. 1151/2012, che non sono soggette alla precisazione di cui all’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 1151/2012, per quanto riguarda i nomi generici, si riferiscono a situazioni in cui l’uso di indicazioni false o fuorvianti in merito alla provenienza di un prodotto che non soddisfa le specifiche di cui a tale indicazione è tale da creare una falsa impressione riguardo all’origine di detto prodotto o a pratiche che possono indurre in errore il consumatore riguardo alla sua origine reale.


18      V., per analogia, sentenza del 12 settembre 2007, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano/UAMI-Biraghi (GRANA BIRAGHI) (T‑291/03, EU:T:2007:255, punto 58). Conformemente alla sentenza del 4 marzo 1999, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola (C‑87/97, EU:C:1999:115, punto 25), la nozione di «evocazione» di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012 si riferisce all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente, come immagine di riferimento, la merce che fruisce di detta denominazione. Ritengo che, in linea di principio, l’uso di un nome di un prodotto considerato generico e che fa parte di una DOP o di un’IGP possa non costituire, di per sé, un’evocazione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. È giocoforza constatare che l’uso di un tale nome generico, unitamente ad altri termini, immagini ecc., può tuttavia costituire, a mio avviso, una siffatta evocazione. V., per analogia, sentenza del 7 giugno 2018, Scotch Whisky Association (C‑44/17, EU:C:2018:415, punto 46). Concordo pertanto con il Consorzio sul fatto che la questione, esaminata separatamente, se il nome di una DOP o di un’IGP sia generico possa non essere sufficiente a risolvere la questione dell’esistenza di un’infrazione ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. A tale proposito, il governo italiano ha chiesto alla Corte di pronunciarsi non solo sulla questione se l’IGP «Aceto Balsamico di Modena» comprenda l’utilizzazione di singoli termini non geografici di tale indicazione, ma anche sulle condizioni in presenza delle quali si sia autorizzati o meno a utilizzare i termini «Aceto Balsamico» o «Balsamico» per la commercializzazione di condimenti a base di aceto. Ritengo che tale questione esuli dall’ambito del presente procedimento dinanzi alla Corte, in quanto richiede una conoscenza dei fatti e delle circostanze che nel presente procedimento non sono neppure menzionati. Tali questioni possono tuttavia essere rilevanti nel procedimento principale dinanzi al giudice del rinvio. Ricordo tuttavia che, nella sua recente sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:344), la Corte fornisce un quadro molto preciso delle norme giuridiche applicabili in forza dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.


19      Regolamento di esecuzione (UE) n. 1208/2013 della Commissione, del 25 novembre 2013, recante approvazione di modifiche minori del disciplinare di una denominazione registrata nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Prosciutto di Parma (DOP)], GU 2013, L 317, pag. 8.


20      V. anche il considerando 8 di tale regolamento.


21      V. anche regolamento (UE) n. 1122/2010 della Commissione, del 2 dicembre 2010, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [Gouda Holland (IGP)], GU 2010, L 317, pag. 22, e ordinanza del 6 ottobre 2015, Schutzgemeinschaft Milch und Milcherzeugnisse/Commissione (C‑519/14 P, EU:C:2015:702). In tale ordinanza la Corte ha dichiarato che, all’articolo 1 del regolamento n. 1122/2010, relativo alla registrazione della denominazione «Gouda Holland», la Commissione aveva stabilito che, dato il suo carattere generico, la denominazione «Gouda», nonostante la registrazione dell’IGP «Gouda Holland», potesse continuare ad essere utilizzata sul territorio dell’Unione europea, a condizione che fossero rispettati i principi e le norme applicabili nel suo ordinamento giuridico. La Corte ha quindi considerato che il Tribunale non era incorso in un errore di diritto dichiarando, tra l’altro, che il regolamento n. 1122/2010 prevede che la denominazione «Gouda» può continuare ad essere utilizzata per la commercializzazione dei formaggi.


22      Per quanto riguarda l’ampio ambito di applicazione della tutela di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012, v. la recente sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:344).


23      Il corsivo è mio.


24      V. anche sentenza del 10 settembre 2009, Severi (C‑446/07, EU:C:2009:530, punto 50).


25      Il governo greco ha fatto presente che uno dei significati della parola greca «βάλσαμον» è «qualcosa che dà piacere o lenisce il dolore o la tristezza».


26      E, di conseguenza, comporti implicitamente una nozione priva di qualsiasi connotazione geografica. Con questo non vorrei suggerire che la prova che un termine abbia un determinato significato sia irrilevante. Essa non può tuttavia essere di per sé sufficiente per dimostrare che una denominazione IGP/DOP registrata sia generica.


27      Il termine «feta», di per sé, a differenza di termini quali «Bayerisches Bier» (sentenza del 2 luglio 2009, Bavaria e Bavaria Italia, C‑343/07, EU:C:2009:415) e «Parmesan» (sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione/Germania, C‑132/05, EU:C:2008:117), non si riferisce di per sé a un determinato luogo geografico. Tuttavia, sulla base di concreti elementi di prova, si è ritenuto che esso possieda una siffatta connotazione geografica. Nella sua sentenza del 12 settembre 2007, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano/UAMI – Biraghi (GRANA BIRAGHI) (T‑291/03, EU:T:2007:255, punto 81), il Tribunale ha dichiarato che «sostenendo che il termine “grana” non designerebbe una zona geografica in quanto tale, la Biraghi intende in sostanza dimostrare che la denominazione “grana” non potrebbe in alcun caso beneficiare della protezione accordata dal regolamento n. 2081/92, dato che essa non risponde alla definizione della denominazione d’origine fornita all’articolo 2 di tale regolamento. Orbene, non è rilevante stabilire se la denominazione «grana» derivi la sua origine dal fatto che il formaggio che essa designa ha una struttura granulosa o, invece, dal fatto che esso originariamente era stato prodotto nella Valle Grana dato che, in forza dell’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2081/92, una DOP può essere anche costituita da una denominazione tradizionale non geografica designante un prodotto alimentare originario di una regione o di un luogo determinato che presentino fattori naturali omogenei che li delimitano dalle zone limitrofe (…). A tale riguardo, non è contestato che il formaggio grana è originario della regione della pianura padana. A tale titolo, esso soddisfa quindi i requisiti di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2081/92». Al punto 41 della sentenza del 14 dicembre 2017, Consejo Regulador de la Denominación de Origen «Torta del Casar»/EUIPO – Consejo Regulador «Queso de La Serena» (QUESO Y TORTA DE LA SERENA) (T‑828/16, non pubblicata, EU:T:2017:918), il Tribunale ha ribadito che non era sufficiente limitarsi a constatare che un termine facente parte di una DOP non designa di per sé una zona geografica per escludere la protezione accordata dal regolamento n. 510/2006. Pertanto, all’esito dell’analisi delle prove dettagliate addotte, il Tribunale ha statuito che non si poteva escludere che il termine «Torta», facente parte della DOP «Torta del Casar» non fosse un termine generico, anch’esso protetto. Ciò, nonostante il fatto che il termine «Torta» si riferisse alla forma del prodotto in questione (formaggio) e, aggiungerei, significhi «torta» in più lingue.


28      V. anche sentenza del 14 dicembre 2017, Consejo Regulador «Torta del Casar»/EUIPO – Consejo Regulador «Queso de La Serena» (QUESO Y TORTA DE LA SERENA) (T‑828/16, non pubblicata, EU:T:2017:918)


29      GU 2002, L 277, pag. 10.


30      Sentenza del 25 ottobre 2005, Germania e Danimarca/Commissione (C‑465/02 e C‑466/02, EU:C:2005:636, punti da 76 a 99). Sulla questione se il termine «Parmesan» fosse divenuto una denominazione generica, il cui uso non avrebbe rappresentato un’evocazione illegittima della DOP «Parmigiano Reggiano», la Corte ha dichiarato, nella sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione/Germania (C‑132/05, EU:C:2008:117, punto 54), che la Repubblica federale di Germania si era limitata a produrre citazioni tratte da dizionari e letteratura specializzata, che non offrivano un quadro completo del modo in cui il termine «Parmesan» era percepito dai consumatori in Germania e in altri Stati membri. Inoltre, secondo la Corte, tale Stato membro non aveva presentato neppure dati relativi alla produzione o al consumo del formaggio commercializzato con la denominazione «Parmesan» in Germania o in altri Stati membri.


31      Sentenza del 25 ottobre 2005, Germania e Danimarca/Commissione (C‑465/02 e C‑466/02, EU:C:2005:636, punti da 86 a 90).


32      V., per analogia, sentenza del 2 maggio 2019, Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:344, punto 50).


33      Per un quadro completo degli elementi che il giudice nazionale deve esaminare, v. sentenza del 12 settembre 2007, Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano/UAMI – Biraghi (GRANA BIRAGHI) (T‑291/03, EU:T:2007:255, punti da 65 a 67).


34      La Germania e la Grecia hanno osservato che da almeno cinque anni altri prodotti sono legalmente presenti sul mercato come «Balsamessig», «Aceto Balsamico», «balsamico» e «balsamon». Il governo spagnolo ha indicato nelle sue osservazioni che il termine «aceto balsamico» è definito all’articolo 3 del Real Decreto 661/2012, de 13 de abril, por el que se establece la norma de calidad para la elaboración y comercialización de los vinagres (regio decreto n. 661/2012, del 13 aprile 2012, che stabilisce le norme di qualità che disciplinano la produzione e la commercializzazione degli aceti). Inoltre, secondo tale governo, il regio decreto in questione è stato notificato conformemente alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 1998, L 204, pag. 37). Detto governo asserisce pertanto che da molti anni i prodotti conformi al regio decreto sono venduti come aceto balsamico e non rientrano nell’IGP «Aceto balsamico di Modena» né tantomeno nelle DOP «Aceto balsamico tradizionale di Modena» e «Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia».


35      Il corsivo è mio.


36      Il governo italiano si è basato prevalentemente sul fatto che il dispositivo del regolamento n. 583/2009 non indica specificamente che i termini «Aceto Balsamico» o «Balsamico» sono generici.


37      In detta causa, «Époisses de Bourgogne», con riferimento al formaggio.


38      Vale a dire il termine «Époisses».


39      Ritengo pertanto che l’argomento dedotto da parte del governo italiano, secondo cui i termini «Edam» e «Gouda» sono stati esplicitamente considerati generici nei regolamenti pertinenti, non può essere di per sé determinante.


40      La Corte, al punto 29 della sentenza del 26 febbraio 2008, Commissione/Germania (C‑132/05, EU:C:2008:117), citando la sentenza del 9 giugno 1998, Chiciak e Fol (C‑129/97 e C‑130/97, EU:C:1998:274, punto 38), ha dichiarato che l’inesistenza di una dichiarazione nel senso che, per talune componenti di una denominazione, la tutela conferita dall’articolo 13 non è stata richiesta non può costituire un argomento sufficiente per determinare l’ampiezza di tale protezione.


41      Sentenza del 29 aprile 2004, Italia/Commissione (C‑298/00 P, EU:C:2004:240, punto 97, e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, secondo una costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 40, e del 7 febbraio 2018, American Express, C‑304/16, EU:C:2018:66, punto 54). È altresì vero che, secondo la giurisprudenza della Corte, i considerando di un atto di diritto dell’Unione non hanno valore giuridico vincolante e non possono essere fatti valere né per derogare alle disposizioni stesse dell’atto di cui trattasi né al fine di interpretare tali disposizioni in un senso manifestamente in contrasto con la loro formulazione (sentenza del 2 aprile 2009, Tyson Parketthandel, C‑134/08, EU:C:2009:229, punto 16). Tuttavia, nel caso di specie, tenuto conto della mancanza di chiarezza in materia nell’articolo 1 e nell’allegato I del regolamento n. 583/2009, il richiamo ai considerando di tale regolamento, lungi dal comportare un’interpretazione contra legem, consente di chiarire l’intento del legislatore dell’Unione.


42      Il corsivo è mio.


43      V. articolo 3, paragrafo 6, articolo 6, paragrafo 1, articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, e articolo 41 del regolamento n. 1151/2012.


44      [Nota non rilevante per la versione linguistica italiana].


45      Che richiama la città italiana di Modena.


46      Al punto 70 dell’ordinanza del 7 luglio 2011, Acetificio Marcello de Nigris/Commissione (T‑351/09, non pubblicata, EU:T:2011:339), il Tribunale ha dichiarato che il considerando 10 del regolamento n. 583/2009 garantisce che la protezione è conferita alla denominazione composta «Aceto Balsamico di Modena» nel suo complesso. Pertanto, i singoli termini non geografici di tale denominazione composta, anche se utilizzati congiuntamente, nonché la loro traduzione, possono essere utilizzati in tutti gli Stati membri. Benché la Corte non sia comunque vincolata da tale constatazione del Tribunale, sono pienamente d’accordo con quest’ultimo.