Language of document : ECLI:EU:T:2023:529

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Grande Sezione)

13 settembre 2023 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Venezuela – Divieto di vendita, fornitura, trasferimento o esportazione di taluni beni e servizi – Diritto di essere ascoltato – Obbligo di motivazione – Inesattezza materiale dei fatti – Errore manifesto di valutazione – Diritto internazionale pubblico»

Nella causa T‑65/18 RENV,

Repubblica bolivariana del Venezuela, rappresentata da F. Di Gianni, P. Palchetti, C. Favilli e A. Scalini, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e A. Antoniadis, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Grande Sezione),

composto da M. van der Woude, presidente, S. Papasavvas, D. Spielmann, A. Marcoulli, R. da Silva Passos, M. Jaeger, S. Frimodt Nielsen, H. Kanninen, S. Gervasoni, N. Półtorak, I. Reine (relatrice), T. Pynnä, E. Tichy-Fisslberger, W. Valasidis e S. Verschuur, giudici,

cancelliere: I. Kurme, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

vista la sentenza del 22 giugno 2021 Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo) (C‑872/19 P, EU:C:2021:507),

in seguito all’udienza del 3 marzo 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso basato sull’articolo 263 TFUE, la Repubblica boliveriana del Venezuela chiede l’annullamento, in primo luogo, degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento (UE) 2017/2063 del Consiglio, del 13 novembre 2017, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU 2017, L 295, pag. 21; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), in secondo luogo, del regolamento di esecuzione (UE) 2018/1653 del Consiglio, del 6 novembre 2018, che attua il regolamento impugnato (GU 2018, L 276, pag. 1), nella parte in cui la riguarda e, in terzo luogo, della decisione (PESC) 2018/1656 del Consiglio, del 6 novembre 2018, che modifica la decisione (PESC) 2017/2074, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU 2018, L 276, pag. 10), nella parte in cui la riguarda.

 Fatti

2        Il 13 novembre 2017 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione (PESC) 2017/2074, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Venezuela (GU 2017, L 295, pag. 60). In primo luogo, tale decisione contiene, in sostanza, un divieto di esportare in Venezuela o a destinazione di tale paese armi, equipaggiamenti militari o qualsiasi altra attrezzatura utilizzabile a fini di repressione interna, nonché apparecchiature, tecnologia o software di controllo. In secondo luogo, essa contiene un divieto di fornire al Venezuela servizi finanziari, tecnici o di altra natura connessi a tali attrezzature e tecnologie. In terzo luogo, essa prevede la possibilità di istituire il congelamento di fondi e risorse economiche di persone, entità e organismi. Alla data della sua adozione, la decisione 2017/2074 non conteneva ancora il nome di una qualsivoglia persona o entità.

3        Ai sensi del suo considerando 1, la decisione 2017/2074 è stata adottata a causa della profonda preoccupazione dell’Unione europea quanto al continuo deteriorarsi della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani in Venezuela.

4        Il 13 novembre 2017 il Consiglio ha altresì adottato il regolamento impugnato, sul fondamento dell’articolo 215 TFUE e della decisione 2017/2074.

5        L’articolo 2 del regolamento impugnato così recita:

«1. È vietato:

a)      fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione e altri servizi connessi ai beni e alle tecnologie elencati nell’elenco comune delle attrezzature militari dell’[Unione] (“elenco comune delle attrezzature militari”), nonché alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso di beni e tecnologie elencati nell’elenco comune delle attrezzature militari a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in detto paese;

b)      fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai beni e alle tecnologie elencati nell’elenco comune delle attrezzature militari, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all’esportazione, nonché assicurazione e riassicurazione, per qualsiasi vendita, fornitura, trasferimento o esportazione dei beni o delle tecnologie suddetti oppure per la prestazione della correlata assistenza tecnica, di servizi di intermediazione e di altri servizi pertinenti, destinati direttamente o indirettamente a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in detto paese

(…)».

6        L’articolo 3 del regolamento impugnato così dispone:

«È vietato:

a)      vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e figuranti nell’allegato I, originarie o meno dell’Unione, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese;

b)      fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione e altri servizi connessi alle attrezzature di cui alla lettera a), a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese;

c)      fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione dei crediti all’esportazione, nonché assicurazioni e riassicurazioni, relativamente alle attrezzature di cui alla lettera a), a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela o destinate a essere utilizzate in detto paese».

7        L’articolo 4 del regolamento impugnato prevede che, in deroga agli articoli 2 e 3 di tale regolamento, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare determinate operazioni alle condizioni che ritengono appropriate.

8        Ai sensi dell’articolo 6 del regolamento impugnato:

«1. È vietato vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, le apparecchiature, le tecnologie o i software elencati nell’allegato II, originari o meno dell’Unione, a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela o per un uso in Venezuela, senza il rilascio preventivo di un’autorizzazione da parte dell’autorità competente dello Stato membro interessato, identificata sui siti web elencati nell’allegato III.

2. Le autorità competenti degli Stati membri, identificate sui siti web elencati nell’allegato III, non rilasciano l’autorizzazione di cui al paragrafo 1 se hanno fondati motivi per ritenere che le apparecchiature, le tecnologie o i software in questione siano destinati a fini di repressione interna da parte del governo, degli enti pubblici, delle imprese o delle agenzie del Venezuela, o di qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione.

3. L’allegato II elenca le apparecchiature, le tecnologie o i software destinati principalmente all’uso nei controlli o intercettazioni sulle comunicazioni via internet o telefoniche.

(…)».

9        L’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento impugnato così recita:

«A meno che l’autorità competente dello Stato membro interessato, identificata sui siti web elencati nell’allegato III, non abbia preventivamente rilasciato un’autorizzazione a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, è vietato:

a)      fornire, direttamente o indirettamente, a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in Venezuela, assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi alle apparecchiature, alle tecnologie e ai software elencati nell’allegato II, all’installazione, alla fornitura, alla fabbricazione, alla manutenzione e all’uso delle apparecchiature e delle tecnologie elencate nell’allegato II o alla fornitura, all’installazione, al funzionamento o all’aggiornamento dei software elencati nell’allegato II;

b)      fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi alle apparecchiature, alle tecnologie e ai software di cui all’allegato II a qualsiasi persona, entità od organismo in Venezuela, o per uso in Venezuela;

c)      fornire qualsiasi tipo di servizio di controllo o intercettazione di telecomunicazioni o di comunicazioni internet al governo, agli enti pubblici, alle imprese e alle agenzie del Venezuela o a qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione, o a loro beneficio diretto o indiretto».

10      L’articolo 8 del regolamento impugnato prevede, inoltre, il congelamento dei beni appartenenti a talune persone fisiche o giuridiche, entità o organismi «elencati negli allegat[i] IV e V [di tale regolamento]». Alla data dell’adozione del regolamento impugnato, detti allegati non menzionavano il nome di alcuna persona o entità.

11      Ai sensi dell’articolo 20 del regolamento impugnato, le misure restrittive si applicano:

a)      nel territorio dell’Unione, compreso il suo spazio aereo;

b)      a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;

c)      a qualsiasi cittadino di uno Stato membro che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione;

d)      a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;

e)      a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all’interno dell’Unione».

12      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 febbraio 2018, come adattato con memoria depositata il 17 gennaio 2019, la Repubblica bolivariana del Venezuela ha presentato un ricorso diretto a che il Tribunale annullasse, in primo luogo, il regolamento impugnato, in secondo luogo, il regolamento di esecuzione 2018/1653 e, in terzo luogo, la decisione 2018/1656, nei limiti in cui le disposizioni di tali atti la riguardavano.

13      Con separato atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 maggio 2018, il Consiglio ha sollevato eccezione d’irricevibilità ai sensi dell’articolo 130 del regolamento di procedura del Tribunale.

14      Con sentenza del 20 settembre 2019, Venezuela/Consiglio (T‑65/18; in prosieguo: la «sentenza iniziale», EU:T:2019:649), per quanto riguarda il regolamento impugnato, il Tribunale ha dichiarato che, con il suo ricorso, la Repubblica bolivariana del Venezuela si riferiva agli articoli 2, 3, 6 e 7 di tale regolamento. Il Tribunale ha poi respinto il ricorso a tal riguardo in quanto irricevibile per il motivo che la Repubblica bolivariana del Venezuela non era direttamente interessata dal regolamento impugnato e che, di conseguenza, essa non era legittimata ad agire. Di conseguenza, il Tribunale ha respinto il ricorso in quanto irricevibile nella parte in cui riguardava il regolamento di esecuzione 2018/1653. Per quanto attiene alla decisione 2018/1656, che modifica la decisione 2017/2074, il ricorso è stato dichiarato irricevibile per il motivo che la Repubblica bolivariana del Venezuela non aveva chiesto l’annullamento di quest’ultima decisione nell’atto introduttivo del giudizio.

15      Con sentenza del 22 giugno 2021, Venezuela/Consiglio (Incidenza su di uno Stato terzo) (C‑872/19 P; in prosieguo: la «sentenza su impugnazione», EU:C:2021:507), la Corte, dopo aver dichiarato, in via preliminare, che il Tribunale si era pronunciato in via definitiva sul ricorso della Repubblica bolivariana del Venezuela nei limiti in cui era diretto all’annullamento del regolamento di esecuzione 2018/1653 nonché della decisione 2018/1656, ha annullato la sentenza iniziale nella parte in cui aveva respinto tale ricorso nei limiti in cui era diretto all’annullamento degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

16      La Corte ha giudicato che le misure restrittive di cui trattasi producevano direttamente effetti sulla situazione giuridica della Repubblica bolivariana del Venezuela. Pertanto, la Corte ha accolto il motivo unico dell’impugnazione e ha annullato la sentenza iniziale su tale punto.

17      Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte ha ritenuto disporre degli elementi necessari per statuire definitivamente sulla ricevibilità del ricorso della Repubblica bolivariana del Venezuela.

18      Così, da un lato, la Corte ha giudicato che la Repubblica bolivariana del Venezuela possedeva un interesse ad agire. Dall’altro, essa ha ritenuto che dalla formulazione stessa degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato risultava che i divieti sanciti da tali disposizioni, fatte salve le misure di deroga o di autorizzazione ivi previste e che non erano in discussione nell’ambito della controversia, non comportavano misure di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

19      La Corte ha pertanto dichiarato che «le condizioni previste alla terza parte dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, [erano] soddisfatte» e, di conseguenza, il ricorso proposto dalla Repubblica bolivariana del Venezuela dinanzi al Tribunale era ricevibile nella parte in cui era diretto all’annullamento degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

20      La Corte, riservando le spese, ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale affinché l’esaminasse nel merito.

 Conclusione delle parti dopo il rinvio

21      La Repubblica bolivariana del Venezuela chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare, in primo luogo, il regolamento impugnato, in secondo luogo, il regolamento di esecuzione 2018/1653 e, in terzo luogo, la decisione 2018/1656, nei limiti in cui le loro disposizioni la riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

22      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica bolivariana del Venezuela alle spese.

 In diritto

23      A sostegno del suo ricorso, la Repubblica bolivariana del Venezuela deduce quattro motivi, vertenti, il primo, sulla violazione del diritto a essere ascoltato, il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il terzo, sull’inesattezza materiale dei fatti e su un errore manifesto di valutazione della situazione politica in Venezuela e, il quarto, sull’imposizione di contromisure illegittime e sulla violazione del diritto internazionale.

 Osservazioni preliminari

 Sulla portata della controversia

24      Occorre rammentare che, in forza dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, quando l’impugnazione è accolta e la causa è rinviata al Tribunale affinché decida sulla controversia, quest’ultimo è vincolato dalla decisione emessa dalla Corte sui punti di diritto. In tal senso, a seguito dell’annullamento da parte della Corte e del rinvio della causa dinanzi al Tribunale, quest’ultimo, in applicazione dell’articolo 215 del suo regolamento di procedura, è investito della causa con la sentenza della Corte e deve pronunciarsi su tutti i motivi di annullamento dedotti dal ricorrente, ad esclusione degli elementi del dispositivo non annullati dalla Corte nonché delle considerazioni che costituiscono il necessario fondamento di detti elementi, essendo questi ultimi passati in giudicato (sentenze del 18 novembre 2020, H/Consiglio, T‑271/10 RENV II, EU:T:2020:548, punto 38, e del 21 dicembre 2021, Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia-Kosakowo/Commissione, T‑263/15 RENV, non pubblicata, EU:T:2021:927, punto26).

25      Nella sentenza su impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza iniziale nei limiti in cui aveva respinto il ricorso della Repubblica bolivariana del Venezuela diretto all’annullamento degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato in quanto irricevibile. Inoltre, dai punti 75 e 76 della sentenza su impugnazione emerge che la Corte ha statuito definitivamente sulla ricevibilità del ricorso nella parte in cui esso riguarda detti articoli di tale regolamento.

26      Inoltre, come indicato dalla Corte al punto 20 della sentenza su impugnazione, la sentenza iniziale è divenuta definitiva con riferimento all’irricevibilità del ricorso per quanto concerne il regolamento di esecuzione 2018/1653 e la decisione 2018/1656.

27      Al punto 82 della replica, depositata successivamente alla pronuncia della sentenza su impugnazione, la Replica bolivariana del Venezuela ribadisce, nel suo primo capo delle conclusioni, la propria domanda di annullamento del regolamento di esecuzione 2018/1653 e della decisione 2018/1656. Orbene, poiché la questione sulla ricevibilità di tale capo delle conclusioni, nella parte in cui è diretto all’annullamento degli atti summenzionati, è stata definitivamente risolta nella sentenza iniziale, la domanda di annullamento di tali atti, in quanto ripetuta nella replica, dev’essere respinta in quanto irricevibile.

28      Ne consegue che, nell’ambito della presente causa, spetta al Tribunale pronunciarsi unicamente sulla fondatezza dell’insieme dei motivi invocati dalla Repubblica bolivariana del Venezuela a sostegno della sua domanda di annullamento degli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

 Sulla natura delle misure restrittive di cui trattasi

29      In via preliminare, occorre rilevare che la portata, individuale o generale, delle misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato ha un impatto decisivo sul tipo e sulla portata non solo del controllo che deve essere esercitato dal Tribunale, ma anche dei diritti di cui la Repubblica bolivariana del Venezuela potrebbe beneficiare. Pertanto, si deve stabilire se dette misure restrittive abbiano una portata generale o una portata individuale.

30      Al riguardo, occorre rammentare che un regolamento che istituisce misure restrittive può contenere, da un lato, misure restrittive di portata generale, il cui ambito di applicazione è determinato con riferimento a criteri oggettivi e, dall’altro, misure restrittive individuali, dirette a persone fisiche o giuridiche identificate (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2018, Bank Mellat/Consiglio, C‑430/16 P, EU:C:2018:668, punti 55 e 56).

31      Nel caso di specie, si deve rilevare che le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato costituiscono, conformemente all’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, misure che interrompono o riducono le relazioni economiche con un paese terzo per quanto riguarda taluni beni, ossia attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e apparecchiature per le comunicazioni che potrebbero essere usate impropriamente, e taluni servizi. Dette misure non sono dirette a persone fisiche o giuridiche identificate, ma si applicano a situazioni determinate oggettivamente e a una categoria di persone considerate in modo generale e astratto.

32      Contrariamente a quanto sostiene la Repubblica bolivariana del Venezuela, la sola menzione del «governo (…) del Venezuela» all’articolo 6, paragrafo 2, e all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento impugnato non può mettere in discussione tale constatazione. Infatti, è giocoforza constatare che tali disposizioni non riguardano la Repubblica bolivariana del Venezuela, ma, per quanto concerne l’articolo 6, paragrafo 2, di detto regolamento, il «governo, [gli] enti pubblici, [le] imprese o [le] agenzie del Venezuela, o (...) qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione» e, per quanto riguarda l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento, il «governo, [gli] enti pubblici, [le] imprese e [le] agenzie del Venezuela o (...) qualsiasi persona o entità che agisca per loro conto o sotto la loro direzione, o a loro beneficio diretto o indiretto», ossia categorie generali e astratte di persone o entità. Pertanto, le disposizioni summenzionate non riguardano nominativamente la Repubblica bolivariana del Venezuela.

33      Per questo motivo la Corte ha dichiarato, al punto 92 della sentenza su impugnazione, che il regolamento impugnato aveva portata generale, «nei limiti in cui cont[eneva] disposizioni come quelle dei suoi articoli 2, 3, 6 e 7, che vietano a categorie generali e astratte di destinatari di procedere a determinate transazioni con soggetti parimenti contemplati in modo generale e astratto».

34      Ne consegue che le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato costituiscono misure restrittive di portata generale.

35      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare i motivi dedotti dalla Repubblica bolivariana del Venezuela.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltato

36      La Repubblica bolivariana del Venezuela sostiene che essa beneficiava del diritto di essere ascoltata prima dell’adozione del regolamento impugnato, in forza del diritto internazionale generale e dei principi fondamentali dell’Unione, in particolare dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tanto più che essa è legittimata ad agire. Dal momento che essa è lesa dalle misure restrittive di cui trattasi, nessun motivo potrebbe impedire l’applicazione di tale diritto nel caso di specie.

37      In particolare, la Repubblica bolivariana del Venezuela deplora il fatto che il Consiglio abbia adottato il regolamento impugnato senza informarla, né ascoltarla previamente, segnatamente sulle presunte violazioni della Costituzione venezuelana, dei principi democratici e dei diritti umani.

38      Il Consiglio contesta l’argomentazione della Repubblica bolivariana del Venezuela.

39      Si deve rilevare che, conformemente a una costante giurisprudenza, il diritto di essere ascoltato nell’ambito di un procedimento amministrativo concernente una persona specifica, che dev’essere rispettato anche se non vi sia alcuna disciplina circa la procedura, non può essere trasposto nel contesto della procedura prevista dall’articolo 29 TUE e di quella prevista dall’articolo 215 TFUE che conducono, come nel caso di specie, all’adozione di misure di portata generale (v. sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto 133 e giurisprudenza ivi citata) Infatti, nessuna disposizione obbliga il Consiglio a informare tutti coloro che sono potenzialmente oggetto di un nuovo criterio di portata generale in merito all’adozione del criterio medesimo (sentenza del 17 febbraio 2017, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio, T‑14/14 e T‑87/14, EU:T:2017:102, punto 98).

40      La Repubblica bolivariana del Venezuela invoca l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali. Occorre rilevare, tuttavia, che tale disposizione si applica a «provvediment[i] individual[i]» adottati nei confronti di una persona, cosicché essa non può essere invocata nell’ambito dell’adozione di misure di portata generale, come nel caso di specie.

41      Inoltre, la Repubblica bolivariana del Venezuela invoca una sentenza della Corte internazionale di giustizia del 25 settembre 1997 [Progetto Gabčíkovo-Nagymaros (Ungheria c. Slovacchia), sentenza, C.I.J. Recueil 1997, pag. 7, par. 83 e 84]. Tuttavia, tale sentenza si riferisce unicamente al contesto particolare di imposizione di contromisure, che sarà oggetto d’esame nell’ambito del quarto motivo.

42      Inoltre, il regolamento impugnato è un atto di portata generale che riflette una scelta dell’Unione in materia di politica internazionale. Infatti, l’interruzione o la riduzione delle relazioni economiche con un paese terzo, in applicazione dell’articolo 215, paragrafo 1, TFUE, integra la definizione stessa della politica estera e di sicurezza comune (PESC), ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nella parte in cui una siffatta riduzione o interruzione implica l’adozione di misure in risposta a una situazione internazionale particolare, a discrezione delle autorità dell’Unione, al fine di esercitare un’influenza su una siffatta situazione. Orbene, l’audizione del paese terzo interessato, prima dell’adozione di un regolamento che attua una siffatta scelta di politica esterna, equivarrebbe a obbligare il Consiglio a condurre discussioni assimilabili a negoziati internazionali con tale paese, il che svuoterebbe del suo contenuto l’effetto auspicato con l’imposizione di misure economiche nei confronti di detto paese, ossia esercitare una pressione su quest’ultimo al fine di portare a una modifica del suo comportamento.

43      Inoltre, il fatto che la Repubblica bolivariana del Venezuela sia direttamente interessata dagli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato non può, di per sé, conferirle il beneficio del diritto di essere ascoltata (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 1999, Atlanta/Comunità europea, C‑104/97 P, EU:C:1999:498, punti 34 e 35, e dell’11 settembre 2002, Alpharma/Consiglio, T‑70/99, EU:T:2002:210, punto 388).

44      Pertanto, tenuto conto di quanto precede, si deve concludere che, nel caso di specie, la Repubblica bolivariana del Venezuela non può invocare il diritto di essere ascoltata per quanto riguarda le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

45      Il primo motivo deve pertanto essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

46      In primo luogo, la Repubblica bolivariana del Venezuela sostiene che il regolamento impugnato non è sufficientemente motivato. Infatti, detto regolamento conterrebbe considerando vaghi e generali. Orbene, secondo la Repubblica bolivariana del Venezuela, tenuto conto dell’ingerenza nei suoi affari interni costituita dalle misure restrittive, il Consiglio avrebbe dovuto presentare una motivazione più elaborata.

47      In secondo luogo, il regolamento impugnato, anche congiuntamente alla decisione 2017/2074, non conterrebbe né elencherebbe elementi di prova che giustificano l’imposizione di misure restrittive. Di conseguenza, la Repubblica bolivariana del Venezuela non sarebbe in grado di valutare la fondatezza delle misure restrittive e di rispondervi in maniera adeguata.

48      Il Consiglio contesta l’argomentazione della Repubblica bolivariana del Venezuela.

49      Secondo giurisprudenza costante, la portata dell’obbligo di motivazione dipende dalla natura dell’atto di cui trattasi e, nel caso di atti destinati a un’applicazione generale, la motivazione può limitarsi a indicare, da un lato, la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e, dall’altro, gli obiettivi generali che esso si prefigge (sentenze del 19 novembre 1998, Spagna/Consiglio, C‑284/94, EU:C:1998:548, punto 28; del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 120, e del 17 settembre 2020, Rosneft e a./Consiglio, C‑732/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:727, punto 68).

50      Occorre ricordare che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso [sentenza del 14 luglio 2021, Cabello Rondón/Consiglio, T‑248/18, EU:T:2021:450, punto 45 (non pubblicata)].

51      Nel caso di specie, per quanto attiene alla situazione complessiva che ha condotto all’adozione delle misure restrittive, dal considerando 1 del regolamento impugnato emerge che «[t]enuto conto del continuo deteriorarsi della democrazia, dello [S]tato di diritto e dei diritti umani in Venezuela, l’Unione ha espresso in più occasioni la sua preoccupazione e ha invitato tutti gli attori politici e le istituzioni venezuelani a lavorare in modo costruttivo per una soluzione della crisi nel paese, nel pieno rispetto dello [S]tato di diritto e dei diritti umani, delle istituzioni democratiche e della separazione dei poteri».

52      Inoltre, dal considerando 3 del regolamento impugnato emerge che esso è stato adottato al fine di attuare, a livello dell’Unione, la decisione 2017/2074. Per di più, al considerando 2 di detto regolamento, si fa riferimento alle misure restrittive contenute nella decisione 2017/2074, riprodotte agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato. Pertanto, i motivi invocati nella decisione 2017/2074 che hanno sostenuto l’attuazione di tali misure costituiscono il contesto della loro adozione, cosa che la Repubblica bolivariana del Venezuela poteva comprendere leggendo il regolamento impugnato.

53      Infatti, dal considerando 1 della decisione 2017/2074 risulta che l’Unione era «profondamente preoccupata per il continuo deteriorarsi della democrazia, dello [S]tato di diritto e dei diritti umani in Venezuela», il che è stato sviluppato maggiormente ai considerando da 2 a 7 di tale decisione.

54      Inoltre, dal considerando 8 della decisione 2017/2074 emerge che «considerato il rischio di ulteriori violenze, dell’uso eccessivo della forza e di violazioni o abusi dei diritti umani, è opportuno imporre misure restrittive sotto forma di un embargo sulle armi oltre a misure specifiche finalizzate a imporre restrizioni sui materiali utilizzabili a fini di repressione interna e per prevenire l’uso improprio di apparecchiature per la comunicazione».

55      Di conseguenza, la situazione complessiva che ha condotto all’adozione delle misure restrittive è stata ampiamente illustrata dal Consiglio e la Repubblica bolivariana del Venezuela non poteva ignorarla.

56      Per quanto attiene agli obiettivi che le misure restrittive si propongono di raggiungere, dal considerando 8 della decisione 2017/2074 discende che le misure restrittive mirano a prevenire il rischio di ulteriori violenze, dell’uso eccessivo della forza e di violazioni o abusi dei diritti umani.

57      Inoltre, occorre rilevare che il fatto che la Repubblica bolivariana del Venezuela fosse in grado di comprendere i motivi che giustificano l’adozione di dette misure restrittive è confermato dal tenore del terzo motivo del presente ricorso, in cui essa ha potuto individuare gli specifici fatti posti a fondamento dell’adozione di tali misure e contestare la loro esattezza così come la valutazione effettuata dal Consiglio al riguardo. Ne consegue che la motivazione che ha fondato le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato ha consentito alla Repubblica bolivariana del Venezuela di comprendere e contestare i motivi di dette misure e al Tribunale di esercitare il proprio controllo sulla loro legittimità.

58      Pertanto, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sullinesattezza materiale dei fatti e su un errore manifesto di valutazione della situazione politica in Venezuela

59      La Repubblica bolivariana del Venezuela sottolinea che le misure restrittive di cui trattasi sono state adottate in ragione, in primo luogo, della violazione, da parte delle autorità venezuelane, della Costituzione venezuelana, dello Stato di diritto e della separazione dei poteri, in secondo luogo, dell’incarcerazione di oppositori politici in Venezuela e della violazione dei principi democratici e, in terzo luogo, delle violazioni dei diritti umani da parte delle autorità venezuelane. Tali violazioni includerebbero l’uso eccessivo della forza da parte della polizia e delle forze armate venezuelane nonché l’ostacolo al diritto di manifestare pubblicamente. La Repubblica bolivariana del Venezuela contesta la valutazione del Consiglio riguardo a tali elementi.

60      In particolare, da un lato, la Repubblica bolivariana del Venezuela deplora l’inesattezza dei fatti invocati dal Consiglio.

61      Dall’altro lato, essa contesta la valutazione di tali fatti da parte del Consiglio, rispetto alla situazione politica in Venezuela.

62      Il Consiglio contesta l’argomentazione della Repubblica bolivariana del Venezuela.

63      Secondo costante giurisprudenza, per quanto riguarda le norme generali che definiscono le modalità delle misure restrittive, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare siffatte misure di natura economica e finanziaria ai sensi dell’articolo 215 TFUE, conformemente a una decisione adottata in base al capo 2 del titolo V del Trattato UE, in particolare in base all’articolo 29 TUE. Poiché il giudice dell’Unione non può sostituire la propria valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo che esso esercita dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di errori manifesti di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo limitato si applica, segnatamente, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali si fondano siffatte misure (v. sentenza del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 95 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì, in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto155).

64      Ne consegue che il controllo del giudice dell’Unione sulla valutazione dei fatti è limitato all’errore manifesto di valutazione. Invece, per quanto riguarda il controllo dell’esattezza materiale dei fatti, esso richiede la verifica dei fatti addotti e dell’esistenza di una base fattuale sufficientemente solida in modo che il controllo giurisdizionale a tal riguardo non si limiti alla valutazione della verosimiglianza astratta dei fatti [v., in tal senso e per analogia, sentenza del 14 luglio 2021, Cabello Rondón/Consiglio, T‑248/18, EU:T:2021:450, punto 64, (non pubblicata)].

65      Al riguardo, si deve rammentare che, nel caso di specie, gli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato ribadiscono, in sostanza, la posizione politica dell’Unione espressa negli articoli 1, 3 e 5 della decisione 2017/2074, al fine di attuarla a livello dell’Unione. Come indicato ai precedenti punti 52 e 56, ai fini dell’analisi delle misure restrittive imposte dal regolamento impugnato, occorre tener conto dei motivi di adozione di dette misure, esposti nella decisione 2017/2074 e, in particolare, al considerando 8 di quest’ultima.

66      Dai considerando 1 e 8 di tale decisione, riprodotti ai precedenti punti 53 e 54, emerge così che le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato, lette alla luce di detti considerando della decisione 2017/2074, si fondano sul continuo deteriorarsi della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani in Venezuela e sull’insorgenza di violenze, uso eccessivo della forza e violazioni o abusi dei diritti umani, di cui occorreva, attraverso dette misure restrittive, prevenire il ripetersi. Pertanto, occorre controllare la legittimità di tali misure in tale specifico contesto.

67      In primo luogo, per quanto attiene all’esattezza materiale dei fatti, nel suo controricorso, il Consiglio adduce un certo numero di elementi di prova atti a dimostrare l’esattezza dei fatti su cui si fonda l’adozione delle misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

68      Innanzitutto, il Consiglio menziona un appello di Human Rights Watch, dell’11 settembre 2017, a «misure da parte del[l’Unione] in risposta alle violazioni dei diritti umani in Venezuela».

69      Esso cita poi un comunicato stampa, del 31 agosto 2017, della Commissione interamericana dei diritti dell’uomo.

70      Esso si fonda, inoltre, su una relazione dell’Organizzazione degli Stati americani (OSA) del 19 luglio 2017.

71      Infine, il Consiglio menziona una relazione dell’OSA del 25 settembre 2017.

72      In sostanza, tali elementi di prova, che provengono da fonti attendibili, illustrano, in maniera dettagliata, la repressione brutale da parte del regime della Repubblica bolivariana del Venezuela dei dissidenti e degli oppositori del regime. In particolare, in essi si fa riferimento ad arresti di massa di oppositori, a civili condotti dinanzi a tribunali militari, a violenze gravi e a numerosi omicidi commessi nei confronti di manifestanti, ad abusi su detenuti costituenti atti di tortura, ad attacchi perpetrati contro l’Assemblea nazionale, alla violazione del diritto di manifestare pacificamente, del diritto di voto nonché della libertà di espressione, segnatamente attraverso aggressioni e detenzioni di giornalisti. Inoltre, il governo ha annunciato una distribuzione di armi a milizie civili incitandole a scontrarsi con i manifestanti. In seguito, dagli elementi di prova del Consiglio emerge altresì che la procuratrice generale del Venezuela è stata destituita il 5 agosto 2017, mentre indagava in particolare sulle forze di sicurezza che hanno asseritamente sparato su manifestanti, che le è stato vietato di lasciare il Venezuela e che i suoi conti sono stati congelati. Per di più, l’Assemblea nazionale costituente ha istituito una commissione che è stata ritenuta dalle organizzazioni della società civile un meccanismo di persecuzione dei dissidenti. Infine, l’OSA ha citato dichiarazioni dell’allora Presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela, il quale, il 24 giugno 2017, dinanzi alle forze armate, aveva chiesto «[C]osa accadrebbe se il [Partito socialista unito del Venezuela] lanciasse un appello a una ribellione armata civile-militare per arrestare i dirigenti dell’opposizione, dissolvere l’Assemblea nazionale [?]». Inoltre, il 27 giugno 2017, in occasione di un evento di promozione dell’Assemblea nazionale costituente, l’allora Presidente ha dichiarato che «[s]e il Venezuela dovesse precipitare nel caos e nella violenza e la rivoluzione bolivariana fosse distrutta, andremo a combattere [e] non ci arrenderemo mai; ciò che non siamo riusciti a ottenere con i voti, l’otterremo con le armi».

73      Nella replica, al fine di contestare i fatti descritti dal Consiglio, la Repubblica bolivariana del Venezuela adduce un certo numero di elementi di prova, in particolare una relazione preparata nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, una decisione adottata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

74      Al riguardo, occorre constatare che la quasi totalità di detti elementi di prova non si riferisce alla Repubblica bolivariana del Venezuela e tanto meno agli eventi in tale paese. L’unico elemento di prova dedotto dalla Repubblica bolivariana del Venezuela che riguarda tale paese verte sulla situazione economica e umanitaria in Venezuela nel 2021. Per di più, la Repubblica bolivariana del Venezuela non ha individuato le informazioni contenute in detti elementi di prova che possano mettere in discussione l’esattezza dei fatti addotti dal Consiglio.

75      Inoltre, al fine di dimostrare che le istituzioni e le autorità giudiziarie venezuelane sono state particolarmente attive nel perseguire abusi o infrazioni che sono stati commessi, la Repubblica bolivariana del Venezuela adduce altresì due relazioni interne al regime che non sono corroborate da nessun altro elemento di prova proveniente da fonti esterne a tale regime e il cui valore probatorio deve essere per tale motivo considerato debole (v., in tal senso, sentenza del 3 febbraio 2021, Ilunga Luyoyo/Consiglio, T‑124/19, non pubblicata, EU:T:2021:63, punto 110). In aggiunta, all’udienza e nelle memorie scritte, la Repubblica bolivariana del Venezuela non si è basata su alcuna fonte internazionale atta a corroborare la propria tesi. In ogni caso, si deve constatare che, in sostanza, tali relazioni si basano su azioni del pubblico ministero venezuelano condotte sotto la direzione della procuratrice generale che, come emerge dal precedente punto 72, è stata destituita dal regime venezuelano il 5 agosto 2017 ed è stata sottoposta a misure di carattere restrittivo. Inoltre, dette relazioni non fanno riferimento al risultato delle indagini condotte a livello interno del paese, né al fatto che tali indagini riguarderebbero responsabili che fanno parte delle forze di sicurezza del Venezuela.

76      Pertanto, occorre concludere che la Repubblica bolivariana del Venezuela non ha dimostrato che i fatti su cui si basa l’adozione delle misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato sarebbero inficiati da inesattezze materiali. I fatti invocati dal Consiglio si fondano su una base fattuale solida che la Repubblica bolivariana del Venezuela non è riuscita a mettere in discussione.

77      In secondo luogo, per quanto attiene alla valutazione del Consiglio della situazione politica in Venezuela sulla base dei fatti che hanno fondato l’adozione delle misure restrittive di cui trattasi, la Repubblica bolivariana del Venezuela adduce gli elementi di prova descritti al precedente punto 73, diretti, a suo avviso, a descrivere la situazione interna in tale paese. Tuttavia, essa non fornisce il minimo dettaglio sulla loro pertinenza o sulle conclusioni che se ne dovrebbero trarre. Pertanto, i suoi argomenti e detti elementi di prova sono assimilabili a una contestazione quanto all’opportunità dell’adozione delle misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

78      Orbene, come emerge dalla giurisprudenza citata al precedente punto 63, il giudice dell’Unione esercita un controllo limitato al riguardo. Occorre sottolineare che, tenuto conto dell’articolo 29 TUE, che autorizza il Consiglio ad adottare «decisioni che definiscono la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica», da un lato, il regolamento impugnato ha una portata generale che riflette la posizione dell’Unione su una questione relativa alla PESC e, dall’altro, non spetta al Tribunale sostituire la propria valutazione su tale questione a quella espressa dal Consiglio. In particolare, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale, di natura politica, quanto alla definizione di detta posizione dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 1° marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128, punto 77).

79      Inoltre, occorre respingere gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela riguardanti le disposizioni nazionali che garantiscono il diritto di manifestare pacificamente o la sua asserita collaborazione con meccanismi internazionali che operano al potenziamento del sistema dei diritti umani.

80      Infatti, la questione che si pone, nel caso di specie, non è sapere se i testi in vigore garantiscano formalmente il rispetto dei diritti umani in Venezuela. Sebbene tali testi non possano essere ignorati, come emerge dal precedente punto 72, il Consiglio si è basato su informazioni attendibili e affidabili al fine di valutare la situazione in Venezuela. Alla luce di dette informazioni, il Consiglio ha potuto ritenere che, alla data di adozione del regolamento impugnato, violenze e ricorsi eccessivi alla forza e violazioni dei diritti umani o minacce alla democrazia in Venezuela erano sufficientemente dimostrati e sussistevano rischi che siffatti episodi si ripetessero. In tali circostanze, il Consiglio poteva concludere, senza incorrere in un errore manifesto di valutazione, nel senso dell’esistenza di minacce alla democrazia, allo Stato di diritto e ai diritti umani in Venezuela (v. punto 66 supra).

81      Di conseguenza, gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela vertenti su un errore manifesto di valutazione della situazione politica in tale paese devono essere respinti.

82      Alla luce delle considerazioni che precedono, il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sullimposizione di contromisure illegittime e sulla violazione del diritto internazionale

83      La Repubblica bolivariana del Venezuela sostiene che il regolamento impugnato le impone contromisure illegittime, che violano così il diritto internazionale consuetudinario e gli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio («OMC»). Infatti, con detto regolamento, l’Unione avrebbe reagito alle presunte violazioni dei principi democratici e della Costituzione venezuelana. Per tale motivo, l’Unione avrebbe deciso di sospendere gli obblighi ad essa incombenti in forza degli accordi dell’OMC. Inoltre, l’embargo imposto non sarebbe proporzionato e costituirebbe un’ingerenza negli affari interni della Repubblica bolivariana del Venezuela. Inoltre, il Consiglio avrebbe dovuto tener conto delle misure restrittive previamente imposte alla Repubblica bolivariana del Venezuela dagli Stati Uniti d’America.

84      La Repubblica bolivariana del Venezuela sostiene che, se, come afferma il Consiglio, le misure restrittive ad essa imposte non costituiscono contromisure, il Consiglio non avrebbe potuto adottare tali misure restrittive senza la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Siffatte misure unilaterali sarebbero contrarie al diritto internazionale, il che emergerebbe dalle risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, e il Consiglio non sarebbe competente ad adottarle.

85      Il Consiglio contesta l’argomentazione della Repubblica bolivariana del Venezuela.

86      Nel caso di specie, in primo luogo, la Repubblica bolivariana del Venezuela invoca un’asserita violazione del diritto internazionale consuetudinario a motivo dell’imposizione di contromisure illegittime da parte del Consiglio – il che implica quindi la violazione del principio di non ingerenza nei suoi affari interni –, dell’adozione delle misure restrittive di cui trattasi senza la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dell’asserita violazione del principio di proporzionalità.

87      A tal riguardo, si deve rammentare che, come emerge dall’articolo 3, paragrafo 5, TUE, l’Unione contribuisce alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale. Di conseguenza, quando adotta un atto, essa è tenuta a rispettare il diritto internazionale nella sua globalità, compreso il diritto internazionale consuetudinario al cui rispetto sono vincolate le istituzioni dell’Unione (sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 101; v., altresì, in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 291 e giurisprudenza ivi citata).

88      Occorre rilevare che i principi del diritto internazionale consuetudinario possono essere invocati da un singolo ai fini dell’esame, da parte del giudice dell’Unione, della validità di un atto di quest’ultima se e in quanto, da un lato, tali principi siano idonei a mettere in discussione la competenza dell’Unione ad adottare tale atto e, dall’altro, l’atto in questione possa incidere su diritti attribuiti al singolo dal diritto dell’Unione oppure far sorgere nei suoi confronti obblighi correlati a tale diritto (sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 107).

89      Tuttavia, poiché un principio di diritto internazionale consuetudinario non presenta lo stesso grado di precisione di una disposizione di un accordo internazionale, il controllo giurisdizionale deve necessariamente limitarsi alla questione se, nell’adottare l’atto di cui trattasi, le istituzioni dell’Unione abbiano commesso manifesti errori di valutazione riguardo ai presupposti di applicazione di tali principi (sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punto 110).

90      Nel caso di specie, innanzitutto, per quanto attiene all’asserita imposizione di contromisure illegittime da parte del Consiglio, occorre rammentare che l’articolo 49, relativo all’oggetto e ai limiti delle contromisure, del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, quale adottato nel 2001 dalla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, così dispone:

«1. Uno Stato leso può adottare contromisure nei confronti di uno Stato che sia responsabile di un atto internazionalmente illecito soltanto al fine di indurre quello Stato a conformarsi ai propri obblighi ai sensi della parte II.

2. Le contromisure sono limitate al non rispetto temporaneo di obblighi internazionali dello Stato che agisce nei confronti dello Stato responsabile.

3. Per quanto possibile le contromisure saranno adottate in modo tale da permettere la ripresa dell’adempimento degli obblighi in questione».

91      In tale contesto, occorre rammentare che, come emerge dai precedenti punti 53 e 56, il regolamento impugnato è stato adottato in un contesto di reazione al continuo deteriorarsi della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani in Venezuela, allo scopo di prevenire il rischio di nuove violenze, di ricorso eccessivo alla forza e di violazioni o abusi dei diritti umani. Né il regolamento impugnato né la decisione 2017/2074 di cui esso garantisce l’attuazione menzionano la violazione da parte della Repubblica bolivariana del Venezuela di una norma di diritto internazionale o il non rispetto temporaneo da parte dell’Unione di un obbligo internazionale nei confronti della Repubblica bolivariana del Venezuela. Di conseguenza, come afferma, correttamente, il Consiglio, le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato non avevano l’obiettivo di reagire a un fatto internazionalmente illecito imputabile alla Repubblica bolivariana del Venezuela mediante il non rispetto temporaneo degli obblighi internazionali dell’Unione. Inoltre, l’Unione non ha depositato gli strumenti che notificano un siffatto non rispetto previsti dalla giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia [v., in tal senso, Progetto Gabčíkovo-Nagymaros (Ungheria c. Slovacchia), sentenza, C.I.J., Recueil 1997, pag. 7, par. 84]. Peraltro, in risposta a un quesito sollevato dal Tribunale all’udienza, la Repubblica bolivariana del Venezuela ha sostenuto di non aver commesso alcun fatto internazionalmente illecito e afferma che, di conseguenza, gli atti impugnati non costituivano contromisure.

92      Ne consegue che le misure restrittive previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato non costituiscono contromisure ai sensi dell’articolo 49 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per fatto internazionalmente illecito. Di conseguenza, l’asserita violazione del principio di non ingerenza negli affari interni della Repubblica bolivariana del Venezuela deve essere respinta.

93      Pertanto, l’argomento della Repubblica bolivariana del Venezuela, vertente sulla sentenza della Corte internazionale di giustizia del 25 settembre 1997, [Progetto Gabčíkovo-Nagymaros (Ungheria c. Slovacchia), sentenza, C.I.J., Recueil 1997, pag. 7, par. 83 e 84), secondo cui uno Stato terzo dispone del diritto di essere informato prima che un altro Stato adotti contromisure è inoperante, nei limiti in cui gli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato non costituiscono contromisure ai sensi del diritto internazionale consuetudinario.

94      Di conseguenza, gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela, vertenti sulla violazione del diritto internazionale consuetudinario rispetto all’asserita imposizione di contromisure illegittime, devono essere respinti.

95      Per quanto attiene poi all’argomento vertente sull’adozione delle misure restrittive di cui trattasi senza la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, occorre rammentare che non vi è alcun elemento nell’articolo 29 TUE e nell’articolo 215 TFUE che consenta di ritenere che la competenza che tali disposizioni conferiscono all’Unione sia limitata all’attuazione delle misure decise dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Al contrario, tali disposizioni dei trattati attribuiscono al Consiglio la competenza ad adottare gli atti contenenti misure restrittive autonome, distinte da misure specificamente raccomandate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto 159 e giurisprudenza ivi citata).

96      Inoltre, si deve rilevare che, conformemente all’articolo 38, paragrafo 1, lettera b), dello Statuto della Corte internazionale di giustizia, l’esistenza di una consuetudine internazionale è sottoposta alla condizione di «una pratica generale accettata come diritto». Orbene, la Repubblica bolivariana del Venezuela non ha dimostrato l’esistenza di una siffatta pratica generale che impone di ottenere la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite prima dell’adozione, da parte del Consiglio, di misure restrittive.

97      Tanto le risoluzioni dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a cui fa riferimento la Repubblica bolivariana del Venezuela quanto le risoluzioni del Consiglio per i diritti umani sono state adottate con un numero considerevole di voti negativi o astensioni, in particolare da parte degli Stati membri dell’Unione. Non si può quindi ritenere che le risoluzioni sulle quali si basa la Repubblica bolivariana del Venezuela riflettano «una pratica generale accettata come diritto».

98      Pertanto, occorre respingere gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela vertenti sul fatto che il Consiglio non era competente ad adottare il regolamento impugnato senza la previa autorizzazione del Consiglio di sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

99      Infine, per quanto attiene all’asserita violazione del principio di proporzionalità, secondo una costante giurisprudenza, detto principio è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano tali da conseguire i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario a tal fine (v. sentenza del 3 febbraio 2021, Ilunga Luyoyo/Consiglio, T‑124/19, non pubblicata, EU:T:2021:63, punto 193 e giurisprudenza ivi citata).

100    Inoltre, da un lato, si deve rammentare, che, per quanto attiene al controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, la Corte ha dichiarato che al legislatore dell’Unione doveva essere riconosciuto un ampio potere discrezionale in settori che implicano, da parte del medesimo, scelte di natura politica, economica e sociale, in cui è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Essa ne ha dedotto che solo la manifesta inidoneità, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, di un provvedimento adottato in tali settori può inficiare la legittimità di detto provvedimento (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 146).

101    Al riguardo, occorre constatare che esiste un rapporto ragionevole tra, da un lato, le misure restrittive consistenti nel divieto di vendere, fornire, trasferire o esportare attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e servizi connessi a tali attrezzature e ad attrezzature militari e, dall’altro, l’obiettivo perseguito diretto a prevenire il rischio di nuove violenze, di un ricorso eccessivo alla forza e di violazioni dei diritti umani o abusi di questi ultimi.

102    Dall’altro lato, le misure restrittive di cui agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato sono limitate, in sostanza, al divieto di vendere, fornire, trasferire o esportare attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna e servizi connessi a dette attrezzature e ad attrezzature militari a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Venezuela, o per un uso in detto paese. Inoltre, gli articoli 4, 6 e 7 del regolamento impugnato prevedono la possibilità, per le autorità competenti degli Stati membri, di concedere talune autorizzazioni in deroga alle misure restrittive di cui trattasi. Di conseguenza, dette misure non sono manifestamente inappropriate né oltrepassano quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito.

103    Pertanto, il principio di proporzionalità non è stato violato.

104    Ne consegue che l’insieme degli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela vertenti sulla violazione del diritto internazionale consuetudinario devono essere respinti.

105    In secondo luogo, da un lato, la Repubblica bolivariana del Venezuela non sostiene che il regolamento impugnato rinvii espressamente a disposizioni degli accordi dell’OMC. Al riguardo, tale regolamento non contiene nessun riferimento a detti accordi.

106    Dall’altro lato, la Repubblica bolivariana del Venezuela non ha indicato con quali atti, né in quale circostanza, l’Unione avrebbe inteso dare esecuzione, attraverso il regolamento impugnato, a un particolare obbligo assunto nell’ambito dell’OMC.

107    Orbene, per quanto attiene alla compatibilità delle limitazioni imposte dal regolamento impugnato con l’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio («GATT»), si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, tenuto conto della loro natura e della loro economia generale, gli accordi dell’OMC non figurano, in linea di principio, tra le norme alla luce delle quali il giudice dell’Unione verifica la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione. È solo nel caso in cui l’Unione avrebbe inteso dare esecuzione a un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC o nel caso in cui l’atto dell’Unione rinvierebbe espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, che il giudice dell’Unione è tenuto a controllare la legittimità di tale atto alla luce delle norme dell’OMC (v. sentenza del 13 settembre 2018, PSC Prominvestbank/Consiglio, T‑739/14, non pubblicata, EU:T:2018:547, punto 133 e giurisprudenza ivi citata; v., altresì, in tal senso, sentenze del 22 giugno 1989, Fediol/Commissione, 70/87, EU:C:1989:254, punti da 19 a 22, e del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti da 29 a 32).

108    Pertanto, gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela vertenti sulla violazione degli accordi dell’OMC devono essere respinti in quanto infondati.

109    In terzo luogo, la Repubblica bolivariana del Venezuela sostiene che le misure adottate dal Consiglio producono effetti sul suo territorio, ossia al di fuori del territorio dell’Unione. Di conseguenza, tanto la valutazione che il Consiglio ha effettuato della situazione in Venezuela cercando di determinare l’esistenza di violazioni del diritto in seno alla Repubblica bolivariana del Venezuela, quanto gli effetti delle misure adottate a seguito di tale valutazione implicherebbero l’esercizio di una competenza extraterritoriale. Come avrebbe sottolineato più volte la Corte internazionale di giustizia, l’esercizio di una competenza extraterritoriale sarebbe manifestamente contrario al diritto internazionale. In particolare, la Repubblica bolivariana del Venezuela fa riferimento a una sentenza della Corte internazionale di giustizia del 14 febbraio 2002 [Mandato d’arresto dell’11 aprile 2000 (Repubblica democratica del Congo c. Belgio, sentenza, C.I.J., Recueil 2002, pag. 3].

110    Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 29 TUE autorizza il Consiglio ad adottare «decisioni che definiscono la posizione dell’Unione su una questione particolare di natura geografica o tematica». Tale articolo precisa che «[g]li Stati membri provvedono affinché le loro politiche nazionali siano conformi alle posizioni dell’Unione». Inoltre, l’articolo 215, paragrafo 1, TFUE dispone che il Consiglio può adottare una decisione che «prevede l’interruzione o la riduzione, totale o parziale, delle relazioni economiche e finanziarie con uno o più paesi terzi». Ne consegue che l’obiettivo implicito, ma evidente, di siffatte misure è produrre un impatto sullo Stato terzo interessato, come discende dai punti 68 e 69 della sentenza su impugnazione. Pertanto, tali disposizioni conferiscono al Consiglio la competenza ad adottare misure restrittive quali quelle previste agli articoli 2, 3, 6 e 7 del regolamento impugnato.

111    Inoltre, come sostiene correttamente il Consiglio, come emerge dall’articolo 20 del regolamento impugnato, citato al precedente punto 11, le misure restrittive di cui trattasi riguardano persone e situazioni rientranti nella giurisdizione degli Stati membri ratione loci o ratione personae.

112    Il riferimento della Repubblica bolivariana del Venezuela alla sentenza della Corte internazionale di giustizia del 14 febbraio 2002 [Mandato d’arresto dell’11 aprile 2000 (Repubblica democratica del Congo c. Belgio), sentenza, C.I.J. Recueil 2002, pag. 3] non è pertinente, nei limiti in cui tale causa riguardava una situazione diversa da quella del caso di specie. Infatti, tale causa verteva su un mandato d’arresto internazionale spiccato dal Regno del Belgio nei confronti del Ministro degli affari esteri della Repubblica democratica del Congo ai fini del suo arresto e della sua estradizione verso il Regno del Belgio, a motivo di asseriti crimini che costituivano «violazioni gravi del diritto internazionale umanitario». Orbene, alcun elemento nella presente causa dimostra l’esercizio, da parte dell’Unione, delle sue competenze sul territorio o nei confronti di persone che rientrano esplicitamente nella giurisdizione della Repubblica bolivariana del Venezuela.

113    Al contrario, il potere del Consiglio di adottare misure restrittive si inserisce nell’ambito delle misure autonome dell’Unione adottate nel quadro della PESC, conformemente agli obiettivi e ai valori dell’Unione, quali figurano all’articolo 3, paragrafo 5, TUE e all’articolo 21 TUE, ossia, segnatamente, l’obiettivo diretto a promuovere, nel resto del mondo, la democrazia, lo Stato di diritto, l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il rispetto della dignità umana e il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Essi mirano segnatamente a garantire il rispetto degli obblighi erga omnes partes di rispettare i principi discendenti dal diritto internazionale generale e dagli strumenti internazionali di carattere universale o quasi universale, segnatamente l’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare il divieto di tortura, il rispetto dei principi democratici e la tutela dei diritti del minore. Si tratta di «un interesse giuridico» comune a che i diritti di cui trattasi siano tutelati [v., in tal senso e per analogia, Barcelona Traction, Light and Power Company, Limited, sentenza, C.I.J. Recueil 1970, pag. 3, par. 33 e 34 e Questioni riguardanti l’obbligo di processare o estradare (Belgio c. Senegal), sentenza, C.I.J. Recueil 2012, pag. 422, par. da 68 a 70].

114    Pertanto, gli argomenti della Repubblica bolivariana del Venezuela al riguardo devono essere respinti.

115    In quarto luogo, per quanto attiene alle censure della Repubblica bolivariana del Venezuela vertenti sull’obbligo del Consiglio di tener conto delle misure restrittive imposte da Stati terzi, in particolare dagli Stati Uniti d’America, sulla natura delle misure restrittive di cui trattasi, che costituirebbero misure restrittive unilaterali contrarie al diritto internazionale e sull’esercizio di un vincolo pregiudizievole al diritto allo sviluppo e ai diritti umani della popolazione della Repubblica bolivariana del Venezuela, occorre rilevare che essi sono stati invocati per la prima volta nella replica.

116    Orbene, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

117    Secondo la giurisprudenza, l’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura è altresì applicabile alle censure o agli argomenti (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2021, AQ/eu-LISA, T‑164/19, non pubblicata, EU:T:2021:456, punto 59 e giurisprudenza ivi citata) che non costituiscono l’ampliamento di motivi o censure presentati nel ricorso.

118    Orbene, dal fascicolo non emerge che le censure elencate al precedente punto 115 si basino su elementi di diritto e di fatto che sono emersi durante il procedimento.

119    Dette censure sono quindi irricevibili ai sensi dell’articolo 84 del regolamento di procedura.

120    Di conseguenza, alla luce di tutto quanto precede, il quarto motivo deve essere respinto e, quindi, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

121    Ai sensi dell’articolo 133 del regolamento di procedura, si provvede sulle spese con la sentenza che definisce il giudizio. Ai sensi dell’articolo 219 di detto regolamento, spetta al Tribunale, quando si pronuncia dopo l’annullamento e il rinvio da parte della Corte, provvedere sulle spese relative, da un lato, ai procedimenti instaurati dinanzi al Tribunale e, dall’altro, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte. Infine, conformemente all’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

122    Nel caso di specie, la Corte, nella sentenza su impugnazione, ha annullato la sentenza iniziale e ha riservato le spese. Occorre quindi statuire, nella presente sentenza, sulle spese relative al procedimento iniziale dinanzi al Tribunale, al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte e al presente procedimento su rinvio.

123    Il Consiglio, rimasto soccombente nel procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte, deve essere condannato a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Repubblica bolivariana del Venezuela connesse a tale procedimento.

124    La Repubblica bolivariana del Venezuela, rimasta soccombente nel merito nel procedimento di rinvio dinanzi al Tribunale, sulla base degli argomenti da essa dedotti nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale precedente all’impugnazione, dev’essere condannata alle spese di tali due procedimenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Grande Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Repubblica bolivariana del Venezuela relative al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte, a titolo della causa C872/19 P.

3)      La Repubblica bolivariana del Venezuela è condannata alle spese relative al procedimento di rinvio dinanzi al Tribunale, a titolo della causa T65/18 RENV, nonché al procedimento iniziale dinanzi al Tribunale, a titolo della causa T65/18.

van der Woude

Papasavvas

Spielmann

Marcoulli

da Silva Passos

Jaeger

Frimodt Nielsen

Kanninen

Gervasoni

Półtorak

Reine

Pynnä

Tichy-Fisslberger

Valasidis

Verschuur

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 settembre 2023.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.