Language of document : ECLI:EU:C:2011:620

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

29 settembre 2011 (*)

«Impugnazione – Intese – Artt. 81 CE e 53 dell’Accordo SEE – Mercato dell’acido monocloroacetico – Norme relative all’imputabilità delle pratiche anticoncorrenziali di una controllata alla sua società controllante – Presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione»

Nel procedimento C‑521/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’11 dicembre 2009,

Elf Aquitaine SA, con sede in Courbevoie (Francia), rappresentata dagli avv.ti E. Morgan de Rivery, S. Thibault‑Liger e E. Lagathu,

ricorrente,

procedimento in cui l'altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dai sigg. A. Bouquet e F. Castillo de la Torre, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J. N. Cunha Rodrigues, presidente di Sezione, dai sigg. A. Arabadjiev, A. Rosas, A. Ó Caoimh (relatore) e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 novembre 2010,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 17 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la presente impugnazione l’Elf Aquitaine SA (in prosieguo: l’«Elf Aquitaine») chiede alla Corte l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 settembre 2009, causa T‑174/05, Elf Aquitaine/Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto il ricorso di tale società volto, in via principale, all’annullamento della decisione della Commissione 19 gennaio 2005, C(2004) 4876 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E‑1/37.773 – AMCA) (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, in subordine, l’annullamento o la riduzione dell’ammontare dell’ammenda inflitta a detta società.

 Fatti e decisione controversa

2        Secondo le informazioni figuranti ai punti 3‑7 della sentenza impugnata, la Commissione europea ha avviato la sua indagine su un’intesa relativa all’acido monocloroacetico (in prosieguo: l’«AMCA») alla fine del 1999, a seguito di una denuncia di uno dei partecipanti a detta intesa. Il 14 e il 15 marzo 2000 la Commissione ha effettuato dei sopralluoghi nei locali, segnatamente, di una controllata della ricorrente. Il 7 e 8 aprile 2004 ha inviato una comunicazione degli addebiti a dodici società, tra cui l’Elf Aquitaine e detta controllata (in precedenza denominata Elf Atochem SA, poi Atofina SA, e, al momento dell’impugnazione, Arkema SA; in prosieguo: l’«Atofina» o l’ «Arkema»).

3        Dal punto 8 della sentenza impugnata emerge che, nella decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che, in sostanza, le imprese interessate da detta decisione avessero partecipato ad un cartello, in violazione dell’art. 81 CE.

4        Come risulta dai punti 9‑12 della sentenza impugnata, nella decisione controversa la Commissione, respingendo gli argomenti contrari dedotti dall’Elf Aquitaine, ha ritenuto che il fatto che quest’ultima detenesse il 98% delle azioni dell’Atofina fosse sufficiente ad imputarle la responsabilità delle azioni della propria controllata. Essa ha inoltre considerato che la circostanza che l’Elf Aquitaine non avesse partecipato alla produzione e alla commercializzazione dell’AMCA non impedisse di considerarla come un’unica entità economica con le unità operative del gruppo.

5        Dal punto 30 della sentenza impugnata emerge che l’ammenda inflitta nella decisione controversa all’Elf Aquitaine e all’Arkema, a titolo di responsabilità congiunta e solidale, ammonta a EUR 45 milioni.

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

6        Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto tutti gli undici motivi sollevati dinanzi ad esso e condannato la ricorrente alle spese. A questo fine, il Tribunale ha in particolare espresso le considerazioni di seguito riportate.

7        Con il primo motivo, la ricorrente ha fatto valere che la decisione controversa violava doppiamente i suoi diritti della difesa, in quanto, da un lato, era stata adottata al termine di una procedura nell’ambito della quale era stato violato il principio di parità delle armi (prima parte) e, dall’altro, era stata adottata dalla Commissione ignorando l’obbligo di tener conto degli elementi risultanti dalla procedura amministrativa (seconda parte).

8        Ai punti 54‑72 della sentenza impugnata, rigettando integralmente il primo motivo, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«(...)

64      Si deve respingere anche la censura secondo la quale l’imputazione alla ricorrente della responsabilità dell’infrazione commessa dall’Arkema sarebbe affetta da motivazione insufficiente, nella decisione [impugnata], per giustificarne la responsabilità. Infatti, emerge esplicitamente (…) da [tale] decisione (…) che la Commissione ha richiamato i principi applicabili all’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro controllate. La circostanza che la Commissione non abbia avviato alcuna indagine nei suoi confronti, non le abbia rivolto una richiesta di informazioni e non l’abbia contattata prima di inviare la comunicazione degli addebiti non può rimettere in causa il fatto che la Commissione poteva informarla per la prima volta degli addebiti ad essa rivolti nella comunicazione degli addebiti. Infatti, la ricorrente era in grado di far utilmente conoscere il suo punto di vista nel corso della procedura amministrativa sulla realtà e la pertinenza dei fatti e delle circostanze fatti valere dalla Commissione nella sua comunicazione degli addebiti, sia nelle sue osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti, sia nel corso dell’udienza dinanzi al consigliere-auditore.

(...)».

9        Rigettando in quanto infondato il secondo motivo dinanzi ad esso sollevato, vertente su una insufficienza di motivazione, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

«85      (...), emerge dal punto 258 della decisione [controversa] che “[l]a Commissione considera che il fatto che l’Elf Aquitaine possieda il 98% delle azioni dell’Atofina sia di per sé sufficiente per imputare la responsabilità delle azioni dell’Atofina all’Elf Aquitaine. La Commissione ritiene che gli argomenti avanzati [dall’Elf Aquitaine] non costituiscano prove sufficienti per escludere la presunzione, fondata sul possesso del 98% delle azioni”. Nel medesimo punto, essa precisa che “detti argomenti sono affermazioni che non escludono la presunzione secondo la quale l’Elf Aquitaine è responsabile degli atti della sua controllata Atofina” e che essa non considera che dei “documenti che forniscono un quadro d’insieme della gestione commerciale siano sufficienti per confutare la presunzione”.

86      Occorre constatare che, benché la Commissione abbia esplicitamente affermato, al punto 258 della decisione [controversa], che la proprietà del 98% del capitale era sufficiente per imputare la responsabilità delle azioni dell’Atofina all’Elf Aquitaine, essa ha comunque precisato, nel prosieguo di detto punto, che le prove fornite dalla ricorrente non consentivano di confutare la presunzione. Orbene, siffatte considerazioni si inseriscono nella giurisprudenza comunitaria relativa all’imputazione alla società controllante dei comportamenti illeciti della sua controllata. Da ciò consegue che l’iter logico seguito dalla Commissione è sufficientemente esplicito e consente di capire i motivi per i quali essa ha respinto gli argomenti avanzati dall’Elf Aquitaine.

87      Quanto all’asserito difetto di motivazione riguardo alle ragioni per le quali gli argomenti dell’Elf Aquitaine sono stati respinti, è giocoforza constatare che la Commissione, al punto 257 della decisione [controversa], ha menzionato detti argomenti come erano stati esposti dall’Elf Aquitaine nella sua replica alla comunicazione degli addebiti. Essa ha risposto ai punti 258‑261 della decisione [controversa].

88      Occorre rilevare, in particolare, che la Commissione ha considerato che l’Elf Aquitaine si era limitata a formulare affermazioni e che i documenti che aveva prodotto offrivano soltanto un quadro d’insieme della gestione commerciale della società.

89      Siffatta risposta agli argomenti avanzati dall’Elf Aquitaine, benché sommaria, consente di comprendere le ragioni per cui la Commissione li ha respinti. Infatti, la Commissione ha risposto ai punti essenziali degli argomenti dell’Elf Aquitaine, considerando l’insieme degli elementi di prova da essa forniti.

90      In ogni caso, la Commissione non era tenuta a rispondere a tutte le obiezioni della ricorrente. Infatti, la Commissione non è obbligata a prendere posizione su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi ad essa, ma è sufficiente che essa esponga i fatti e le considerazioni giuridiche aventi un ruolo essenziale nell’adozione della decisione. (…)».

10      Ai punti 97‑99 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il terzo motivo sollevato dinanzi ad esso, relativo alla contraddizione dei motivi tra l’imputazione dell’infrazione all’Elf Aquitaine e il riconoscimento della partecipazione dell’Atofina all’infrazione ad un livello di responsabilità non elevato. Al riguardo, il Tribunale, al punto 97 della sentenza impugnata, ha statuito quanto segue:

«(…) poco importa il livello di responsabilità del personale che ha partecipato all’intesa, in quanto non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa, ai sensi dell’art. 81 CE, che consente alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti della società controllante di un gruppo di società. Pertanto, il fatto che la società controllante non fosse al corrente dell’infrazione commessa dalla sua controllata non può essere sufficiente ad escludere la sua responsabilità».

11      Affermazioni analoghe figurano, in contesti diversi, ai punti 52, 167 e 186 della sentenza impugnata.

12      Come emerge dal punto 100 della sentenza impugnata, il quarto motivo sollevato dinanzi al Tribunale, vertente su una violazione delle norme che disciplinano l’imputabilità ad una società controllante delle infrazioni commesse dalla sua controllata, si divide in tre parti.

13      Nella prima parte, la ricorrente ha affermato, segnatamente, che la Commissione non gode di alcun margine di discrezionalità per determinare il criterio pertinente dell’imputabilità delle infrazioni.

14      Questo motivo è stato respinto dal Tribunale ai punti 105‑109 della sentenza impugnata. Al punto 105 della sentenza impugnata il Tribunale ha constatato quanto segue:

«(…) la Commissione non pretende di disporre di un potere discrezionale per imputare ad una società la responsabilità delle infrazioni commesse da un’altra società. Infatti, se la Commissione ha affermato, al punto 260 della decisione [controversa] di disporre di un “margine di discrezionalità concernente l’imputazione di responsabilità alla società controllante in siffatte circostanze”, lo fa soltanto dopo aver considerato, al punto 258 della decisione [controversa], che la ricorrente non era riuscita a invertire la presunzione di autonomia della sua controllata. Inoltre, emerge chiaramente dalla decisione [controversa] che l’osservazione formulata al punto 260 mirava soltanto a escludere l’argomento relativo alla mancanza di imputazione, nelle decisioni precedenti indirizzate all’Atofina, del comportamento di quest’ultima alla società controllante. Inoltre, nel corso dell’udienza dibattimentale e nei suoi scritti, la Commissione ha indicato di considerare effettivamente che il suo margine di discrezionalità interviene nella fase in cui, quando essa è in grado di imputare la responsabilità di un’infrazione a diverse società di un gruppo, essa sceglie di imputarla a tutte le società del gruppo o soltanto a quelle che hanno partecipato direttamente all’infrazione».

15      Ai punti 121‑126 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto, in quanto infondata, la seconda parte del quarto motivo sollevato dinanzi ad esso, relativa al fatto che l’applicazione della presunzione di imputabilità, non suffragata da elementi di prova concreti, violerebbe il principio di autonomia della controllata.

16      La terza parte del quarto motivo verteva su una violazione del regime probatorio che disciplina l’imputabilità delle infrazioni all’interno di gruppi di società. Questa parte è stata respinta dal Tribunale ai punti 150‑176 della sentenza impugnata.

17      A tale proposito, al punto 157 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato quanto segue:

«(…) la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha violato il regime probatorio che disciplina l’imputabilità delle infrazioni in seno ai gruppi di società non può essere accolta. Infatti, atteso che la quasi totalità del capitale era detenuta, al momento dell’infrazione, dall’Elf Aquitaine, la Commissione poteva a buon diritto presumere la sua mancanza di autonomia e considerare che spettava all’Elf Aquitaine presentare elementi di prova atti a dimostrare che la sua controllata stabiliva in modo autonomo la sua strategia sul mercato».

18      Al punto 158 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che era su queste premesse che si dovevano analizzare gli elementi di prova forniti dall’Elf Aquitaine al fine di confutare la presunzione applicata dalla Commissione. A questo fine, al punto 159 della sentenza impugnata, esso ha osservato quanto segue:

«(…) la Commissione riprende, al punto 257 della decisione [controversa], gli argomenti avanzati dall’Elf Aquitaine nella sua replica alla comunicazione degli addebiti, segnatamente gli argomenti secondo i quali essa non avrebbe mai partecipato, né direttamente né indirettamente, all’intesa sull’AMCA, essa sarebbe una “holding pura”, senza funzioni operative, l’Atofina godrebbe di assoluta autonomia per quanto riguarda la sua politica commerciale e il suo comportamento sul mercato, i documenti figuranti nel fascicolo della Commissione si riferirebbero esclusivamente all’Atofina e anche i terzi riterrebbero che la sola Atofina operasse sul mercato. Da ciò essa conclude, al punto successivo, che questi argomenti sono semplici affermazioni che non escludono la presunzione secondo la quale l’Elf Aquitaine è responsabile degli atti della sua controllata, ed osserva che i documenti che forniscono un quadro generale della gestione commerciale non sono sufficienti a escludere detta presunzione».

19      Quindi, ai punti 160‑176 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto diversi argomenti sollevati dalla ricorrente al fine di confutare la presunzione applicata nei suoi confronti nella decisione controversa.

20      Ai punti 184‑188 e 192‑199 della sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il quinto motivo nelle sue tre parti, vertenti, rispettivamente, sulla violazione del principio della responsabilità personale, di quello della legittimità e di quello della presunzione di innocenza.

21      Ai punti 200‑207 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto il sesto motivo sollevato dinanzi ad esso, vertente su una violazione del principio di buona amministrazione.

22      Come emerge dal punto 208 della sentenza impugnata, la ricorrente, con il suo settimo motivo sollevato dinanzi al Tribunale, ha sostenuto che il nuovo approccio della Commissione riguardo al criterio dell’imputabilità delle infrazioni delle controllate di gruppi alle loro società controllanti, come applicata nella decisione controversa, creava incertezza giuridica, di modo che il Tribunale doveva annullare la decisione controversa per quanto riguardava la ricorrente. Infatti, la Commissione applicherebbe criteri di imputabilità diversi da quelli utilizzati nella decisione controversa nei confronti dell’Akzo Nobel NV e della Clariant AG e da quelli applicati, per quanto riguarda l’Atofina, nella sua decisione 10 dicembre 2003, C(2003) 4570 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E‑2/37.857 – Perossidi organici) (GU 2005, L 110, pag. 44; in prosieguo: la «decisione perossidi organici»).

23      Respingendo questo motivo, ai punti 210‑216 della sentenza impugnata, il Tribunale, segnatamente al punto 213 di detta sentenza, ha dichiarato quanto segue:

«Nella fattispecie, se la Commissione ha deciso di imputare la responsabilità dell’infrazione constatata all’impresa composta dalla società controllante e dalla sua controllata, mentre nella prassi precedente si sarebbe astenuta dal farlo, la sua decisione non violerà peraltro il principio di certezza del diritto. (…) Infatti, dal momento che nella fattispecie la Commissione ha giustamente dichiarato che l’Elf Aquitaine e la sua controllata Arkema costituivano insieme un’impresa ed ha inflitto l’ammenda alle due società congiuntamente e solidalmente, essa non ha violato il principio di certezza del diritto».

24      Ai punti 220 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto, successivamente, i motivi dall’ottavo all’undicesimo sollevati dinanzi ad esso, per poi concludere, al punto 244 della sentenza impugnata, che il ricorso presentato dinanzi ad esso doveva essere integralmente respinto.

 Conclusioni delle parti

25      Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, annullare nella sua interezza la sentenza impugnata;

–        accogliere le conclusioni formulate in primo grado;

–        annullare, di conseguenza, gli artt. 1, lett. d), 2, lett. c), 3 e 4, punto 9, della decisione controversa;

–        in subordine, annullare o ridurre l’ammenda di EUR 45 milioni inflitta congiuntamente e solidalmente all’Arkema e all’Elf Aquitaine all’art. 2, lett. c), della decisione controversa a titolo della sua competenza di piena giurisdizione, e,

–        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute dalla ricorrente dinanzi al Tribunale.

26      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso, e

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

27      In via principale, la ricorrente deduce cinque motivi, relativi, rispettivamente:

–        ad un errore di diritto del Tribunale, in quanto non avrebbe tratto le debite conseguenze dal carattere repressivo delle sanzioni derivanti dall’applicazione dell’art. 101 TFUE;

–        ad una violazione dei diritti della difesa, risultante dall’interpretazione erronea dei principi di equità e di parità delle armi;

–        ad errori di diritto relativi all’obbligo di motivazione;

–        ad una violazione dell’art. 263 TFUE risultante dal mancato rispetto dei limiti del controllo di legittimità, e

–        ad una violazione delle norme relative all’imputabilità delle sanzioni in materia di diritto della concorrenza.

28      In subordine, la ricorrente solleva un sesto motivo, sostenendo che gli errori di diritto e le violazioni commessi dal Tribunale devono almeno portare all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

 Sul primo motivo, relativo ad un errore di diritto del Tribunale in quanto non avrebbe tratto le debite conseguenze dal carattere repressivo delle sanzioni derivanti dall’applicazione dell’art. 101 TFUE

 Argomenti delle parti

29      La ricorrente fa valere che non può essere contestato il carattere repressivo – ai sensi dell’art. 6, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950 – delle sanzioni inflitte in applicazione dell’art. 101 TFUE.

30      Ciò premesso, a giudizio della ricorrente, il Tribunale, segnatamente ai punti 185‑187 nonché 194 e 197 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente applicato i principi della responsabilità personale e della personalità delle pene, nonché della presunzione di innocenza sanciti all’art. 6, nn. 1 e 2, della CEDU.

31      Infatti il Tribunale, da una parte, avrebbe in generale erroneamente applicato detti principi soltanto all’impresa formata dall’Elf Aquitaine e dall’Arkema, ossia ad un’entità priva di personalità giuridica, e non a queste due società in quanto persone giuridiche distinte, le quali sarebbero le sole ad avere gli attributi necessari per poter beneficiare effettivamente e concretamente dei diritti soggettivi derivanti dai principi sopra menzionati. In questo modo il Tribunale avrebbe negato il carattere effettivo e concreto dei diritti soggettivi derivanti dai principi sopra menzionati, non consentendo alle sole entità dotate degli attributi per farlo di rivendicarne il beneficio, il che in ultima analisi le avrebbe consentito di limitare l’accesso al giudice.

32      Dall’altra, più specificamente, l’approccio di cui sopra avrebbe indotto il Tribunale ad escludere la ricorrente dall’ambito di applicazione:

–        del principio della presunzione di innocenza, negando nei suoi confronti ogni valore all’indagine preliminare, e

–        dei principi della personalità della responsabilità personale e della personalità delle pene, affermando, ai punti 97, 152, 167 e 186 della sentenza impugnata, che l’imputazione della responsabilità ad una società controllante non si fonda su «una relazione d’istigazione relativa all’infrazione tra la società controllante e la controllata, né, a maggior ragione, su un coinvolgimento della prima in detta infrazione», escludendo dunque la pertinenza del complesso degli indizi invocato dalla ricorrente, volto a dimostrare che essa non aveva commesso personalmente alcuna infrazione, che essa ignorava che fosse stata commessa l’infrazione di cui trattasi e che la sua controllata disponeva di autonomia sul mercato.

33      Inoltre, la ricorrente sostiene che il Tribunale non poteva validamente invocare, ai punti 210 e 212 della sentenza impugnata, un principio di efficacia del diritto della concorrenza dell’Unione nei confronti di un soggetto per ridurre i suoi diritti fondamentali a vantaggio di un rafforzamento dei poteri della Commissione.

34      La Commissione sostiene, segnatamente, che il primo motivo di impugnazione non corrisponde ad un motivo presentato in primo grado e che non si riferisce direttamente a nessuna parte della sentenza impugnata.

 Giudizio della Corte

35      Ai sensi dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, l’impugnazione non può modificare l’oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale. La competenza della Corte, nell’ambito dell’impugnazione, è infatti limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado. Una parte non può dunque modificare l’oggetto della controversia, sollevando per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che avrebbe potuto dedurre dinanzi al Tribunale, ma che non ha sollevato, in quanto questo equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di impugnazione è limitata, una controversia più ampia di quella di cui è stato investito il Tribunale (v. in tal senso, in particolare, sentenze 1º giugno 1994, causa C‑136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., Racc. pag. I‑1981, punto 59; 30 marzo 2000, causa C‑266/97, VBA/VGB e a., Racc. pag. I‑2135, punto 79, nonché 14 ottobre 2010, causa C‑280/08 P, Deutsche Telekom/Commissione, Racc. pag. I‑9555, punto 34). Siffatto motivo deve dunque essere considerato irricevibile in fase di impugnazione.

36      Nella fattispecie, con il suo primo motivo, la ricorrente addebita al Tribunale non di avere negato il carattere «penale», ai sensi della giurisprudenza relativa all’art. 6 della CEDU, delle ammende inflitte in forza dell’art. 81 CE, ma, sostanzialmente, di avere violato i diritti fondamentali di cui essa gode in quanto persona giuridica ritenuta responsabile di un’infrazione a cui sono collegate sanzioni che, a suo avviso, hanno siffatta natura. Dato che, visto sotto questo profilo, il presente motivo non modifica l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale, non lo si deve rigettare in quanto irricevibile (v., per analogia, sentenza 18 gennaio 2007, causa C‑229/05 P, PKK e KNK/Consiglio, Racc. pag. I‑439, punti 66 e 67).

37      Ciò premesso, come emerge, segnatamente, dai punti 27, 87 e 99 della presente sentenza, gli addebiti specifici sollevati dall’Elf Aquitaine nell’ambito di questo motivo coincidono, sostanzialmente, con quelli sollevati nell’ambito di altri motivi dell’impugnazione, segnatamente il secondo e il quinto. Atteso che detti addebiti non hanno pertanto reale autonomia rispetto a questi altri motivi, non occorre esaminarli in questa sede.

38      Tuttavia, nei limiti in cui il primo motivo addebita, in generale, al Tribunale di avere applicato erroneamente i principi della responsabilità personale e della personalità delle pene nonché della presunzione d’innocenza non alla sola ricorrente, ma all’«impresa» costituita, segnatamente, dall’Elf Aquitaine e dalla sua controllata Arkema, detto motivo equivale a far valere una violazione sostanziale di detti principi nei confronti della ricorrente ed a mettere in discussione l’interpretazione data dal Tribunale alla nozione di «impresa» ai sensi dell’art. 81 CE. Atteso che dette allegazioni coincidono con taluni aspetti del secondo e del quinto motivo, è opportuno affrontarle nell’ambito dell’esame di questi ultimi.

39      Per quanto riguarda l’addebito formulato al punto 33 della presente sentenza, è sufficiente osservare che, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, il Tribunale non ha dichiarato, ai punti 210 e 212 della sentenza impugnata, che un principio di efficacia del diritto della concorrenza dell’Unione potrebbe essere invocato nei confronti di un soggetto per ridurre i suoi diritti fondamentali.

40      Atteso che detta censura si fonda su una lettura erronea della sentenza impugnata, essa deve essere respinta in quanto infondata.

41      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre affrontare in primo luogo il quinto motivo.

 Sul quinto motivo, relativo ad una violazione delle regole che disciplinano l’imputabilità delle sanzioni in materia di diritto della concorrenza

 Sulla prima parte del quinto motivo, secondo la quale il carattere repressivo delle sanzioni che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE rafforzerebbe l’inammissibilità, in diritto dell’Unione, della presunzione di responsabilità de facto assoluta applicata alla ricorrente

–       Argomenti delle parti

42      La ricorrente fa valere che il carattere repressivo delle sanzioni che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE e la confusione istituzionale dei poteri in capo all’autorità incaricata dell’applicazione delle sanzioni avrebbero dovuto impedire in modo dirimente al Tribunale di convalidare l’applicazione da parte della Commissione della presunzione di responsabilità invece di esigere una prova dell’ingerenza della ricorrente nella gestione della propria controllata.

43      Quanto sopra osservato è tanto più vero in quanto siffatta presunzione sarebbe di fatto assoluta, dato che siffatta inconfutabilità annulla, segnatamente, le norme che disciplinano l’onere della prova e la presunzione di innocenza.

44      A giudizio della ricorrente, il carattere assoluto della presunzione, come interpretata dal Tribunale, risulta dalla combinazione dei seguenti elementi:

–        l’affermazione, figurante ai punti 86 e 150 della sentenza impugnata, secondo la quale il vincolo di capitale è di per sé sufficiente ad applicare la presunzione di assenza di autonomia della controllata;

–        l’ammissione da parte del Tribunale, al punto 105 della sentenza impugnata, di un potere discrezionale della Commissione di imputare la responsabilità dell’infrazione se la società controllante detiene almeno il 98% del capitale della sua controllata, e

–        le modalità con cui il Tribunale, ai punti 160 e seguenti della sentenza impugnata, ha valutato il complesso di indizi fornito dalla ricorrente e volto a dimostrare la mancata ingerenza di quest’ultima nella gestione della sua controllata.

45      A quest’ultimo riguardo, a giudizio della ricorrente, il Tribunale respinge il valore probatorio di detto complesso di indizi, esigendo da essa prove di una mancata ingerenza che sarebbero necessariamente negative. Il Tribunale esigerebbe una «probatio diabolica» che, in linea generale, sarebbe inammissibile nel sistema probatorio dell’Unione. A giudizio della ricorrente, siffatto sistema probatorio inconfutabile deve essere condannato, segnatamente, in quanto viola il diritto ad un accesso ad un controllo giurisdizionale effettivo.

46      Secondo la ricorrente, il Tribunale ha illegittimamente invertito l’onere della prova che incombe all’autorità incaricata dell’applicazione delle sanzioni, in particolare respingendo l’uno dopo l’altro gli indizi del complesso fornito alla Commissione dalla ricorrente, conformemente alla sentenza 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (Racc. pag. I‑8237, punto 65). In tal modo, a giudizio della ricorrente, il Tribunale ha introdotto uno squilibrio inaccettabile tra, da un lato, la ricorrente, sulla quale graverebbe un onere impossibile da assumere, e, dall’altro, la Commissione, che potrebbe limitarsi ad una presunzione di responsabilità per applicare sanzioni repressive, godendo di un asserito potere discrezionale per applicare o meno detta presunzione.

47      La ricorrente fa valere, inoltre, che il Tribunale, contrariamente a quanto da esso enunciato al punto 171 della sentenza impugnata, non ha valutato gli elementi del complesso di indizi considerato nel suo insieme. Secondo la ricorrente, conformemente alle norme derivanti dalla citata sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, detto complesso di indizi verteva sui vincoli organizzativi, economici e giuridici intercorrenti tra la ricorrente stessa e la sua controllata, che essa considera atti a dimostrare che dette società non costituiscono un’entità economica unica. Orbene, il valore probatorio di detto complesso di indizi risulterebbe dalla concordanza del loro insieme, e non necessariamente da ciascuno di essi considerato isolatamente.

48      La Commissione sostiene che il Tribunale, ai punti 172 e 173 della sentenza impugnata, ha indicato che la presunzione di mancanza di autonomia della controllata non è assoluta. Essa considera anche che il motivo sollevato dinanzi al Tribunale relativo all’imputabilità è stato respinto in quanto, come emergerebbe segnatamente dai punti 163‑165, 167 e 169 della sentenza impugnata, la ricorrente si sarebbe limitata a fondarsi su affermazioni non suffragate da elementi di prova. Per la Commissione, il mero fatto di aver richiesto elementi di prova a sostegno di una semplice affermazione non trasforma la presunzione di cui trattasi in una presunzione assoluta.

49      Secondo la Commissione, la detenzione da parte di una società controllante della totalità o della quasi totalità del capitale di una controllata consente soltanto di presumere, salvo prova contraria, che dette società fanno parte di una stessa «impresa» ai sensi dell’art. 101, n. 1, TFUE. Nella fattispecie, la ricorrente non può addebitare alla Commissione di avere considerato che la presunzione non era confutata, dato che essa si è limitata a presentare affermazioni d’«autonomia» insufficientemente fondate o argomenti non pertinenti per determinare se la controllata e la società controllante formassero un’unità economica.

50      Per quanto concerne l’argomento della ricorrente, esposto al punto 47 della presente sentenza, la Commissione sostiene che, in realtà, la ricorrente sembra mettere in causa la valutazione delle prove ad opera del Tribunale, il che sarebbe irricevibile in sede di impugnazione. Del resto, il Tribunale avrebbe proceduto ad un giudizio d’insieme. Se non ha avuto l’occasione di valutare taluni asseriti indizi, ciò sarebbe semplicemente perché, secondo la Commissione, la maggior parte di siffatti indizi non erano confortati da elementi probatori.

–       Giudizio della Corte

51      Là dove, nella prima parte del quinto motivo, la ricorrente fa valere una confusione dei ruoli della Commissione in materia di politica della concorrenza dell’Unione, è giocoforza constatare che essa tenta di modificare l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale, in violazione dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura. Entro questi limiti, tale parte deve dunque essere considerata irricevibile, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 35 della presente sentenza.

52      Occorre nondimeno considerare ricevibile la prima parte del quinto motivo là dove essa, a prescindere dalle considerazioni relative a detta confusione, è rivolta contro l’applicazione, nella sentenza impugnata, di una presunzione secondo la quale, in sostanza, una società controllante che possiede la totalità o la quasi totalità del capitale sociale della sua controllata può essere considerata responsabile del comportamento di detta controllata in violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza.

53      A questo riguardo, è opportuno innanzi tutto ricordare che, ai sensi di una giurisprudenza costante, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che esercita un'attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Su questo punto la Corte ha precisato, da un lato, che la nozione di impresa, collocata in tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa designa un’unità economica anche se, dal punto di vista giuridico, tale unità economica è costituita da più persone fisiche o giuridiche e, dall’altro, che tale entità economica, laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, è tenuta, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (v. sentenze 20 gennaio 2011, causa C‑90/09 P, General Química e a./Commissione, Racc. pag. I‑1, punti 34‑35 e giurisprudenza ivi citata, nonché 29 marzo 2011, cause riunite C‑201/09 P e C‑216/09 P, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., Racc. pag. I‑2239, punto 95).

54      Emerge da una giurisprudenza costante che il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante, in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche (v. citate sentenze della Corte, Akzo Nobel e a./Commissione, punto 58, nonché General Química e a./Commissione, punto 37).

55      In una siffatta situazione, atteso che la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e formano così una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE, la Commissione può infatti emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (v. citate sentenze Akzo Nobel e a./Commissione, punto 59, nonché General Química e a./Commissione, punto 38).

56      Al riguardo, la Corte ha precisato che, con riferimento al caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo la quale detta società controllante esercita effettivamente una siffatta influenza (in prosieguo: la «presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante») (v., segnatamente, sentenze 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG‑Telefunken/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 50; Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 60; General Química e a./Commissione, cit., punto 39, nonché ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit., punto 97).

57      Alla luce di tali considerazioni è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata è detenuto dalla controllante per presumere che quest’ultima eserciti effettivamente un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà conseguentemente considerare la società controllante responsabile in solido per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che detta società controllante, sulla quale incombe l’onere di superare tale presunzione, non fornisca elementi di prova sufficienti, idonei a dimostrare che la sua controllata tiene un comportamento autonomo sul mercato (v. sentenze 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, Racc, pag. I‑9925, punto 29; Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 61; General Química e a./Commissione, cit., punto 40, nonché ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., cit., punto 98).

58      Dalla giurisprudenza risulta anche che, al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato, deve essere preso in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti tra la controllata e la controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere elencati in modo tassativo (v., in questo senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punti 73 e 74).

59      La presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante mira in particolare a raggiungere un equilibrio tra l’importanza, da un lato, dell’obiettivo consistente nel reprimere i comportamenti contrari alle norme della concorrenza, segnatamente all’art. 101 TFUE, e a prevenirne la ripetizione e, dall’altro, le esigenze poste da taluni principi generali del diritto dell’Unione come, segnatamente, quelli della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e della certezza del diritto nonché i diritti della difesa, ivi compreso il principio della parità delle armi. È appunto per questa ragione che essa è relativa, come risulta dalla giurisprudenza esposta al punto 56 della presente sentenza.

60      Occorre peraltro ricordare che, da un lato, tale presunzione si fonda sulla constatazione secondo la quale, salvo circostanze del tutto eccezionali, una società che possiede la totalità del capitale di una controllata può, in considerazione di questa sola parte di capitale, esercitare un’influenza determinante sul comportamento di detta controllata e, dall’altro, che la mancanza di esercizio effettivo di questo potere di ingerenza può normalmente essere ricercata nel modo più utile nella sfera dei soggetti contro cui detta presunzione opera.

61      Ciò premesso, se per una parte interessata fosse sufficiente confutare tale presunzione avanzando semplici affermazioni non comprovate, la presunzione stessa verrebbe largamente privata della sua utilità.

62      Del resto, dalla giurisprudenza emerge che una presunzione, anche se difficilmente superabile, resta entro limiti accettabili fintanto che è proporzionata al legittimo scopo perseguito, che esiste la possibilità di apportare la prova contraria e che i diritti della difesa sono garantiti (v., in questo senso, sentenza 23 dicembre 2009, causa C‑45/08, Spector Photo Group e Van Raemdonck, Racc. pag. I‑12073, punti 43 e 44, nonché Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 23 luglio 2002, Janosevic c. Svezia, Recueil des arrêts et décisions 2002‑VII, § 101 e seguenti).

63      Nella fattispecie, emerge dai punti 46 e 47 della presente sentenza che la ricorrente non contesta in quanto tale la legittimità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, come esposta ai punti 56 e 57 della presente sentenza. Essa non contesta neppure l’applicabilità, nelle circostanze della fattispecie, di una presunzione analoga nel caso in cui una società controllante possieda il 98% del capitale della propria controllata.

64      Per contro, l’argomento della ricorrente, esposto ai punti 43‑47 della presente sentenza, si fonda sull’affermazione secondo la quale il Tribunale ha di fatto applicato una versione assoluta di detta presunzione.

65      Orbene, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’approccio adottato dal Tribunale nella sentenza impugnata relativamente agli elementi avanzati dalla ricorrente non configura, nel suo complesso, una probatio diabolica. Infatti, come risulta dal punto 58 della presente sentenza, spetta a soggetti che desiderano superare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’ingerenza determinante avanzare tutti gli elementi relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che uniscono la controllata in questione alla società controllante e che considerano atti a dimostrare che esse non costituiscono un’entità economica unica.

66      A questo riguardo, la mera circostanza che un’entità non produca, in un determinato caso, elementi di prova tali da superare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non significa che detta presunzione non possa essere confutata in nessun caso.

67      Ciò premesso, nei limiti in cui con gli addebiti formulati al terzo trattino del punto 44 e ai punti 45‑47 della presente sentenza si afferma, in sostanza, che la valutazione effettuata dal Tribunale degli argomenti avanzati dalla ricorrente dimostra, non fosse altro per la sua conclusione – negativa dal punto di vista della ricorrente –, l’esistenza di una probatio diabolica, tale affermazione deve essere respinta.

68      Là dove, invece, siffatti addebiti mirano, in realtà, ad ottenere dalla Corte una nuova valutazione dei fatti constatati dal Tribunale, occorre considerarli come irricevibili nella fase dell’impugnazione. Infatti, da una costante giurisprudenza emerge che il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui un’inesattezza materiale delle sue constatazioni risulti dai documenti del fascicolo che gli sono stati sottoposti, e, dall’altro, a valutare questi fatti. La valutazione dei fatti non costituisce quindi, salvo il caso di snaturamento degli elementi di prova sottopostigli, una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte (v., segnatamente, sentenza 23 aprile 2009, causa C‑425/07 P, AEPI/Commissione Racc. pag. I‑3205, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

69      Là dove, in alternativa, questi stessi addebiti potrebbero essere interpretati come vertenti su un travisamento da parte del Tribunale della portata del suo controllo giurisdizionale, essi coincidono con il quarto motivo dell’impugnazione e non occorre, dunque, esaminarli indipendentemente nell’ambito di questa parte del quinto motivo.

70      Per quanto riguarda, del resto, la critica, esposta al primo trattino del punto 44 della presente sentenza, secondo la quale l’ammontare della partecipazione nel capitale della controllata sarebbe di per sé sufficiente ad attivare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, è opportuno osservare che il fatto che sia difficile fornire la prova contraria per confutare una presunzione non implica, di per sé, che essa sia di fatto assoluta, soprattutto se i soggetti nei confronti dei quali la presunzione opera sono quelli più in grado di ricercare detta prova nel loro ambito di attività.

71      Per quanto concerne il secondo elemento invocato dalla ricorrente per dimostrare il carattere di fatto assoluto della presunzione applicata dal Tribunale, esposto al secondo trattino del punto 44 della presente sentenza, occorre osservare che, anche supponendo che il Tribunale al punto 105 della sentenza impugnata abbia ammesso il potere discrezionale in capo alla Commissione menzionato al citato secondo trattino, siffatta ammissione o siffatto potere non avrebbe alcuna incidenza sulla questione se la presunzione applicata nella sentenza impugnata sia assoluta. Di conseguenza questo argomento deve essere disatteso.

72      Alla luce delle considerazioni che precedono si deve respingere la prima parte del quinto motivo.

 Sulla seconda parte del quinto motivo, secondo la quale la presunzione di responsabilità applicata dal Tribunale, fondata sulla nozione d’impresa, annullerebbe il principio dell’autonomia delle persone giuridiche

–       Argomenti delle parti

73      La ricorrente fa valere che la sentenza impugnata viola il principio di sussidiarietà, turbando gravemente il principio dell’autonomia delle persone giuridiche, uno dei fondamenti del diritto societario degli Stati membri.

74      Secondo la ricorrente, l’errore di diritto del Tribunale consisteva nel pretendere di avere la facoltà di decidere che è in relazione all’impresa che esso doveva porsi per decidere di non applicare alla persona giuridica che costituisce detta impresa né il principio di autonomia, né i diritti della difesa.

75      Peraltro, il Tribunale avrebbe commesso un altro errore di diritto, considerando superfluo esigere che la Commissione precisasse nella sua decisione indizi concreti della mancanza di autonomia della controllata sul mercato.

76      La Commissione fa valere che il principio di sussidiarietà non è stato invocato dinanzi al Tribunale, di modo che la sua violazione costituirebbe un motivo nuovo, irricevibile nella fase dell’impugnazione. In ogni caso, nel merito, detto principio non sarebbe applicabile nella fattispecie, in quanto l’Unione europea dispone di una competenza esclusiva in materia.

77      D’altro canto, la nozione di «impresa» ai sensi del diritto della concorrenza sarebbe una nozione autonoma del diritto dell’Unione. Inoltre, l’«autonomia» di una società non sarebbe incompatibile con la presunzione, formulata nella giurisprudenza, di controllo effettivo di una società controllante su talune sue controllate.

–       Giudizio della Corte

78      Nei limiti in cui questa parte riguarda una violazione del principio di sussidiarietà, essa, in applicazione della giurisprudenza citata al punto 35 della presente sentenza, deve essere dichiarata irricevibile.

79      Occorre poi respingere la censura esposta al punto 74 della presente sentenza, poiché verte su una considerazione che il Tribunale non ha espresso, né lasciato intendere, nella sentenza impugnata.

80      Inoltre, per quanto concerne l’argomento esposto al punto 75 della presente sentenza, dai punti 56 e 57 della medesima emerge che la Commissione non è tenuta, al fine di attivare la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante in un dato caso, a fornire indizi supplementari rispetto a quelli che dimostrano l’applicabilità e l’effetto di detta presunzione (v. anche, in questo senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 62). Il Tribunale non ha dunque commesso errori nei limiti in cui non ha richiesto, indipendentemente dagli elementi relativi all’operatività della presunzione in oggetto, indizi concreti supplementari della mancanza di autonomia della controllata sul mercato.

81      D’altronde, nella misura in cui l’argomento esposto al citato punto 75 addebita un difetto di sanzione della motivazione della decisione controversa per quanto concerne la ricorrente, esso coincide con il terzo motivo, di modo che non occorre esaminarlo nel quadro della presente parte del quinto motivo.

82      Occorre pertanto respingere la seconda parte del quinto motivo.

 Sulla terza parte del quinto motivo, secondo la quale il margine di discrezionalità riconosciuto alla Commissione per l’applicazione della presunzione di responsabilità violerebbe i principi di legittimità e di certezza del diritto

–       Argomenti delle parti

83      La ricorrente fa valere che la sentenza impugnata non tiene conto dell’esigenza di chiarezza della legge e di prevedibilità, imposte sia dal principio di legittimità sia da quello della certezza del diritto. Secondo la ricorrente, dai punti 97, 152, 167, 186 e 194 della sentenza impugnata emerge che il Tribunale ritiene che esistano due regimi di responsabilità in materia di infrazioni al diritto della concorrenza. Il primo sanzionerebbe la partecipazione diretta delle società controllanti ad un’infrazione al diritto della concorrenza in quanto coautori, poiché siffatta partecipazione sarebbe «la manifestazione della loro propria volontà». Il secondo sanzionerebbe le società controllanti in quanto complici nei comportamenti illeciti delle loro controllate possedute al 100%, ma senza che occorra un atto materiale di partecipazione che stabilisca la loro complicità, il che renderebbe questa situazione assimilabile ad un regime di responsabilità per fatto altrui.

84      Secondo la ricorrente, se nel diritto della concorrenza dell’Unione esistesse siffatto regime di responsabilità per fatto altrui, quod non, esso dovrebbe essere perfettamente definito e applicato dalle istituzioni in modo chiaro e coerente. Orbene, il potere discrezionale riconosciuto dal Tribunale al punto 105 della sentenza impugnata sarebbe incompatibile con detta esigenza di chiarezza e di coerenza.

85      A questo riguardo la ricorrente denuncia ciò che essa definisce come «duplice confusione», fatta dal Tribunale al punto 213 della sentenza impugnata, in primo luogo, tra l’imputazione di responsabilità alla società controllante e la responsabilità di quest’ultima per il pagamento dell’ammenda e, in secondo luogo, tra l’imputazione della responsabilità e la fissazione delle ammende, nella misura in cui il Tribunale giustifica l’asserito margine di discrezionalità della Commissione nell’addebitare la responsabilità con il margine di discrezionalità in materia di ammende.

86      La Commissione considera che, nella sentenza impugnata, il Tribunale non lascia un margine di discrezionalità o di potere discrezionale alla Commissione nel valutare se sussistano le condizioni per addebitare ad una società controllante la responsabilità di un’infrazione. Il «margine di discrezionalità» interverrebbe soltanto nella fase in cui, quando la Commissione è in grado di addebitare la responsabilità di un’infrazione a diverse società di un gruppo, essa sceglie di imputarla a tutte le società del gruppo o soltanto ad alcune di esse.

–       Giudizio della Corte

87      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, sia nell’ambito della presente parte del quinto motivo, sia in quello del primo motivo presentato alla Corte, il Tribunale, ai punti 97, 152, 167, 186 e 194 della sentenza impugnata, non ha sancito «un regime di responsabilità per fatto altrui» nel diritto della concorrenza dell’Unione.

88      A questo riguardo, occorre ricordare, come sostanzialmente indicato dal Tribunale ai punti 97, 152, 167 e 186 della sentenza impugnata e anche come del resto risulta dai punti 53‑55 della presente sentenza, che, se una società controllante e la sua controllata fanno parte di un’unica «impresa» ai sensi dell’art. 101 TFUE, non è necessariamente una relazione di istigazione in merito all’infrazione tra la società controllante e la controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima nella detta infrazione che consentono alla Commissione di indirizzare alla società controllante la decisione che impone ammende, ma il fatto che le società di cui trattasi costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 101 TFUE.

89      Inoltre, dal punto 105 di tale sentenza emerge che il Tribunale non ha ivi neppure riconosciuto il «potere discrezionale di addebitare ad una società la responsabilità delle infrazioni commesse da un’altra società», criticato dall’argomentazione della ricorrente esposta al punto 84 della presente sentenza. Infatti, al citato punto 105, il Tribunale ha osservato, in sostanza, che l’osservazione formulata al punto 260 della decisione controversa mirava soltanto a escludere l’argomento relativo all’assenza di imputazione, in decisioni precedenti rivolte all’Atofina, del comportamento di quest’ultima alla società controllante. Limitandosi ad osservare, in sostanza, che la Commissione non pretendeva di disporre di un potere discrezionale nei termini criticati dalla ricorrente dinanzi ad esso, il Tribunale non ha affermato, contrariamente a quanto suggerisce la ricorrente nell’ambito della presente parte del quinto motivo, che nel diritto della concorrenza dell’Unione esiste «un regime di responsabilità per fatto altrui».

90      L’argomento esposto ai punti 83 e 84 della presente sentenza si fonda pertanto su premesse erronee e deve essere respinto.

91      Del pari, da ciò consegue che, nei limiti in cui l’addebito di cui al punto 85 della presente sentenza non è irricevibile per mancanza di chiarezza, esso dovrebbe essere comunque respinto in quanto analogo all’argomento esposto ai punti 83 e 84 della presente sentenza.

92      Pertanto, si deve respingere la terza parte del quinto motivo.

 Sulla quarta parte del quinto motivo, secondo la quale la presunzione di responsabilità violerebbe il principio di parità di trattamento

–        Argomenti delle parti

93      La ricorrente fa valere una violazione del principio di parità di trattamento nella parte in cui il Tribunale avrebbe sostenuto che la ricorrente e le altre società controllanti di cui alla decisione controversa erano state trattate in modo analogo.

94      Secondo la Commissione, il semplice fatto che la decisione controversa, oltre al suo riferimento alla presunzione di controllo esercitato dalla società controllante sulle sue controllate al 100%, abbia aggiunto ulteriori indizi contro la società controllante del gruppo Akzo Nobel non significa che la Commissione o il Tribunale abbia commesso una discriminazione nei confronti della ricorrente. Ciò significherebbe semplicemente che gli indizi per addebitare la responsabilità di un’infrazione all’Akzo Nobel NV erano più «forti», senza che ciò implichi che gli elementi che consentono di imputare alla ricorrente la responsabilità del comportamento illecito dell’Atofina siano insufficienti.

–       Giudizio della Corte

95      Come è stato ricordato al punto 63 della presente sentenza, la ricorrente non contesta nella fattispecie né la liceità della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, esposta ai punti 56 e 57 della presente sentenza, in quanto tale, né l’applicabilità di siffatta presunzione in un caso in cui una società controllante possiede il 98% del capitale della sua controllata.

96      Orbene, dai punti 56, 57 e 80 della presente sentenza emerge che l’applicazione della presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante non è subordinata alla produzione di indizi supplementari relativi all’esercizio effettivo di un’influenza della società controllante (v. anche, in questo senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 62).

97      Ciò premesso, il semplice fatto che la Commissione disponesse di siffatti indizi supplementari per quanto concerne talune società controllanti, e non per altre, e li abbia menzionati nella decisione controversa non costituisce un errore di diritto che il Tribunale era tenuto a sanzionare nella sentenza impugnata.

98      Da ciò consegue che la quarta parte del quinto motivo, e pertanto il motivo nella sua interezza, devono essere respinti.

 Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa risultante dall’interpretazione erronea dei principi di equità e di parità delle armi

99      Con il secondo motivo, la ricorrente fa valere che il punto 64 della sentenza impugnata è viziato da un errore di diritto, in quanto il Tribunale non ha ivi tenuto conto del principio della parità delle armi. Come emerge espressamente dall’impugnazione medesima, tale parte si ricollega dunque all’addebito, sollevato nell’ambito del primo motivo sottoposto alla Corte, che è stato esposto al punto 32, primo trattino, della presente sentenza.

100    In sostanza, il secondo motivo si suddivide in due parti, che è opportuno trattare insieme.

 Argomenti delle parti

101    La prima parte è relativa ad una violazione dei diritti della difesa della ricorrente sin dalla primissima fase del procedimento.

102    Secondo l’Elf Aquitaine, il Tribunale ha negato, relativamente ai diritti della difesa di quest’ultima, ogni valore all’indagine svolta preliminarmente all’invio della comunicazione degli addebiti. Essa addebita al Tribunale di avere ammesso che il principio di parità delle armi era stato rispettato benché la ricorrente fosse stata informata per la prima volta dei sospetti che gravavano nei suoi confronti in occasione della comunicazione degli addebiti.

103    Siffatta violazione dei diritti della difesa della ricorrente sin dalla primissima fase del procedimento amministrativo sarebbe inammissibile per tre motivi:

–        innanzi tutto, il carattere repressivo delle sanzioni derivanti dall’applicazione dell’art. 101 TFUE non autorizzerebbe il Tribunale a considerare sufficiente che le garanzie derivanti dall’art. 6 della CEDU si applichino a partire dall’invio della comunicazione degli addebiti, escludendo la fase preliminare dell’indagine;

–        quindi, il diritto di essere sia informato che sentito sin dall’inizio dell’inchiesta secondo la ricorrente si imporrebbe a maggior ragione in quanto essa non era coinvolta nell’infrazione e ne ignorava perfino l’esistenza nel momento in cui essa è stata commessa, e

–        infine, non essendo stata avvertita dell’indagine ed essendo stata informata per la prima volta solo nella fase della comunicazione degli addebiti dei sospetti che gravavano su di essa, la ricorrente non sarebbe stata in grado di prendere le misure necessarie per predisporre utilmente la sua difesa. A questo riguardo, il Tribunale non avrebbe risposto agli argomenti svolti dalla ricorrente nella sua difesa orale, secondo i quali essa avrebbe potuto lasciare che andassero perdute possibili prove dell’autonomia della sua controllata nel corso dei quattro anni di indagine che hanno preceduto la comunicazione degli addebiti, il che avrebbe pregiudicato irrimediabilmente i suoi diritti della difesa.

104    La Commissione fa valere che, atteso che, nella fattispecie, non ha proceduto ad atti istruttori nei confronti della ricorrente, essa non era pertanto tenuta a comunicare a quest’ultima i suoi sospetti sin dall’indagine preliminare.

105    Peraltro, la Commissione sostiene segnatamente che, in ogni caso, anche ammesso che si sia configurata l’asserita irregolarità invocata dalla ricorrente, occorre ancora esaminare se siffatta irregolarità sia stata idonea a pregiudicare concretamente i suoi diritti della difesa nell’ambito del procedimento controverso. Orbene, la possibilità per la ricorrente di tentare di superare la presunzione in causa, o di sostenere che detta presunzione non sarebbe applicabile, non sarebbe stata affatto pregiudicata dal fatto che la ricorrente ha preso atto dei sospetti che gravavano su di essa soltanto al momento della ricezione della comunicazione degli addebiti. Secondo la Commissione, atteso che l’asserita perdita di elementi di prova dell’autonomia della controllata durante questo periodo è stata menzionata soltanto al momento dell’udienza, l’argomento ad essa relativo sarebbe irricevibile. Del resto, siffatta asserzione non sarebbe corroborata da alcun indizio.

106    La seconda parte del secondo motivo verte sulla negazione della necessità di un’indagine imparziale.

107    La ricorrente sostiene a questo riguardo che il Tribunale ha escluso la necessità per la Commissione stessa di condurre un’indagine preliminare in modo imparziale.

108    A giudizio della ricorrente, siffatta negazione è inammissibile, dato che, in primo luogo, un’indagine imparziale sarebbe la fase preliminare giudicata necessaria per consentire alla Commissione di emanare, eventualmente, un atto del procedimento come una comunicazione di addebiti.

109    In secondo luogo, negando la necessità di siffatta indagine, il Tribunale, secondo la ricorrente, non ha tenuto conto dell’esigenza dello svolgimento imparziale dell’indagine, esigenza che sarebbe richiesta, segnatamente, dal principio della parità delle armi. Con la sua posizione, il Tribunale, contravvenendo al diritto ad un processo equo e al principio di legalità, si sottrarrebbe ad ogni controllo del carattere imparziale dell’indagine. La mancanza da parte del Tribunale di siffatto controllo del carattere imparziale dell’indagine della Commissione deriva, secondo la ricorrente, dalla convalida da parte del Tribunale dell’applicazione della presunzione di responsabilità nei confronti della ricorrente sin dalla primissima fase dell’indagine, ovvero al momento in cui l’infrazione è stata denunciata per la prima volta alla Commissione.

110    A questo riguardo la ricorrente fa valere che il carattere necessariamente parziale dell’indagine nei suoi confronti risulta dalla concentrazione, in capo alla Direzione generale della concorrenza in seno alla Commissione, di tre poteri distinti d’inchiesta, di accusa e di decisione. A suo avviso, siffatta confusione di poteri in capo alla Commissione non sarebbe ammissibile, tenuto conto del carattere ormai manifestamente repressivo delle sanzioni che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 101 TFUE.

111    Dal canto suo, la Commissione considera che la ricorrente non è riuscita a dimostrare che il Tribunale ha rifiutato di controllare l’imparzialità della sua indagine. Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo alla concentrazione di poteri in capo alla Commissione (v. punto 110 della presente sentenza), quest’ultima fa valere, in via principale, che esso è irricevibile e, in subordine, che è, in ogni caso, privo di fondamento.

 Giudizio della Corte

112    Secondo una costante giurisprudenza, e come confermato all’art. 6, n. 3, TFUE, i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l'osservanza. La Corte ha dunque ripetutamente dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa nel corso dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione (v., segnatamente, sentenza 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione, Racc. pag. I‑7415, punto 26 nonché la giurisprudenza ivi citata).

113    Nel caso di un procedimento ai sensi dell’art. 81 CE, dalla giurisprudenza emerge che il procedimento amministrativo che si svolge dinanzi alla Commissione si suddivide in due fasi distinte e successive ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna, ossia una fase di indagine preliminare, da un lato, e una fase contraddittoria, dall’altro. La fase di indagine preliminare, che si estende sino alla comunicazione degli addebiti, è destinata a consentire alla Commissione di raccogliere tutti gli elementi pertinenti che confermino o meno l’esistenza di un’infrazione alle norme sulla concorrenza e di prendere posizione sull’orientamento nonché sull’ulteriore seguito da dare al procedimento. La fase contraddittoria, dal canto suo, che va dalla comunicazione degli addebiti all’adozione della decisione finale, deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sull’infrazione addebitata (v., segnatamente, in questo senso, sentenze 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punti 181‑183, nonché Prym e Prym Consumer/Commissione, cit., punto 27).

114    La Corte ha precisato che la fase di indagine preliminare ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, nell’esercizio dei poteri conferitile dal legislatore dell’Unione, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate (v. sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 182, nonché 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punto 38).

115    È soltanto all’inizio della fase contraddittoria amministrativa che il soggetto interessato viene informato, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali sui quali la Commissione si basa in questa fase del procedimento. Di conseguenza, è soltanto dopo l’invio della comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata può avvalersi pienamente dei suoi diritti di difesa (v., in questo senso, citate sentenze Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, punti 315 e 316; Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, punto 47, nonché 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I‑829, punto 59).

116    Ciò non toglie che le misure istruttorie adottate dalla Commissione durante la fase di indagine preliminare, specialmente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, in talune situazioni possono implicare di per sé la contestazione di un’infrazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza e sono atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate.

117    È dunque importante evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi nel corso di questa fase del procedimento amministrativo, posto che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per stabilire prove dell’illegittimità di comportamenti delle imprese atti a coinvolgerne la responsabilità (v., in questo senso, sentenze 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 15, nonché 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 63).

118    Pertanto, riguardo all’osservanza di un termine ragionevole, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che la valutazione della fonte di eventuali ostacoli all’esercizio efficace dei diritti della difesa non deve essere limitata alla fase contraddittoria del procedimento amministrativo, ma deve estendersi all’insieme di detto procedimento e riferirsi alla sua durata complessiva (v., in questo senso, sentenze Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punti 49 e 50, nonché 21 settembre 2006, causa C‑113/04 P, Technische Unie/Commissione, Racc. pag. I‑8831, punti 54 e 55).

119    Considerazioni analoghe si applicano alla questione intesa ad accertare se, e in che misura, la Commissione sia tenuta a fornire all’impresa interessata, fin dallo stadio della fase d’indagine preliminare, taluni elementi d’informazione sull’oggetto e sullo scopo dell’indagine che le permettano di preservare l’efficacia della sua difesa nell’ambito della fase contraddittoria.

120    Ciò non significa tuttavia che la Commissione, già anteriormente alla prima misura adottata nei confronti di un dato soggetto, sia tenuta, in ogni caso, ad avvertire detto soggetto della possibilità stessa di misure istruttorie o di azioni fondate sul diritto della concorrenza dell’Unione, soprattutto nel caso in cui, a causa di siffatto avvertimento, rischi di essere indebitamente pregiudicata l’efficacia dell’indagine della Commissione (v., in questo senso, sentenza Dalmine/Commissione, cit., punto 60).

121    Inoltre, la Corte ha già dichiarato che il principio della responsabilità personale non osta a che la Commissione consideri inizialmente di sanzionare la società che ha commesso un’infrazione delle norme della concorrenza prima di indagare se, eventualmente, l’infrazione possa essere imputata alla sua società capogruppo (v. sentenza 24 settembre 2009, cause riunite C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Erste Group Bank e a./Commissione, Racc. pag. I‑8681, punto 82).

122    Dunque, sempreché il destinatario di una comunicazione degli addebiti sia posto in condizione di fare utilmente conoscere la sua posizione nel corso del procedimento amministrativo in contraddittorio sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze allegati dalla Commissione, quest’ultima non è in linea di principio tenuta, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, a indirizzare un provvedimento istruttorio a detto destinatario prima dell’invio della comunicazione degli addebiti.

123    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione nella fattispecie dagli argomenti esposti ai punti 109 e 110 della presente sentenza.

124    Infatti, l’argomento di cui al punto 110 della presente sentenza deve essere considerato irricevibile, per identità con i motivi figuranti ai punti 35 e 51 della presente sentenza.

125    Del pari, quanto all’argomento esposto al punto 109 della presente sentenza, se è vero che dal fascicolo presentato al Tribunale emerge che la ricorrente ha sostenuto dinanzi ad esso la mancanza di ogni provvedimento istruttorio assunto direttamente nei suoi confronti, da esso non emerge tuttavia che la ricorrente gli abbia domandato di sanzionare un asserito carattere imparziale dell’istruzione della causa ad opera della Commissione o la suddetta mancanza di provvedimento istruttorio in quanto tale.

126    Ne consegue che l’argomento esposto al summenzionato punto 109 deve essere respinto in quanto irricevibile, in applicazione della giurisprudenza di cui al punto 35 della presente sentenza.

127    Per quanto riguarda l’argomento svolto al primo trattino del punto 103 della presente sentenza, è sufficiente osservare che esso verte su una considerazione che il Tribunale non ha espresso né lasciato intendere nella sentenza impugnata di modo che occorre respingerlo.

128    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento esposto al secondo trattino del punto 103 della presente sentenza, dai punti 88 e 121 della presente sentenza risulta che la responsabilità personale non osta a che la Commissione, dopo aver cercato, in un primo tempo, di sanzionare la società che ha commesso un’infrazione alle norme della concorrenza, esamini se l’infrazione possa essere eventualmente imputata alla sua società controllante.

129    Per quanto concerne, infine, l’argomento di cui al terzo trattino del punto 103 della presente sentenza, anche ammesso che esso sia ricevibile, nonostante la giurisprudenza citata al punto 35 della presente sentenza, in quanto deriva da un ampliamento durante l’udienza dinanzi al Tribunale di un motivo dedotto nella domanda introduttiva del primo grado, è giocoforza constatare che si tratta di semplici affermazioni che non sono confortate da alcun elemento concreto.

130    Detto argomento generale, astratto e non circostanziato, non sarebbe infine idoneo a stabilire nella fattispecie la realtà di una violazione dei diritti della difesa, che deve essere esaminata in funzione delle circostanze specifiche di ciascun singolo caso (v., per analogia, sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit., punti 52‑61).

131    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il secondo motivo.

 Sul terzo motivo, relativo ad errori di diritto relativi all’obbligo di motivazione

 Sulla prima parte del terzo motivo, vertente su un errore di diritto relativo alla nozione di motivazione e su un’inesattezza sostanziale delle constatazioni del Tribunale in quanto quest’ultimo ha considerato sufficiente la motivazione sommaria della decisione controversa


 Argomenti delle parti

132    Con la prima parte del suo terzo motivo, la ricorrente fa valere, in primo luogo, che il Tribunale si è a torto fondato su una concezione erronea dell’obbligo di motivazione.

133    L’Elf Aquitaine ritiene che il Tribunale avrebbe dovuto constatare che la motivazione della decisione controversa, vertente sulla imputabilità ad essa dell’infrazione in oggetto, era insufficiente per consentirle di sapere se detta decisione fosse ben fondata o se fosse eventualmente affetta da vizi di merito o di forma.

134    Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale ai punti 81, 82 e 89 della sentenza impugnata, secondo la ricorrente non sarebbe sufficiente, nella fattispecie, che essa possa semplicemente desumere dalla decisione controversa che la Commissione le addebitava di esercitare un’influenza determinante sulla politica commerciale dell’Atofina. Per contro, non essendo la decisione controversa, diversamente dalla comunicazione degli addebiti, un atto preparatorio, la sua motivazione avrebbe dovuto essere sufficientemente precisa da consentire, da un lato, alla ricorrente di conoscere le ragioni per le quali detta decisione era stata presa e di valutare la sua argomentazione al fine di decidere se presentare o meno un ricorso e, dall’altro, al Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità se la decisione controversa gli dovesse essere sottoposta.

135    Infatti, a giudizio dell’Elf Aquitaine, questa motivazione doveva essere tanto più precisa in quanto: i) la ricorrente non era stata avvertita delle accuse contro di essa prima di ricevere la comunicazione degli addebiti; ii) dette accuse si fondavano soltanto su una presunzione di responsabilità, non confortata dal minimo elemento fattuale concreto e che si è rivelata impossibile da confutare; iii) la Commissione si discostava dalla sua prassi decisionale abituale, e iv) la decisione controversa finiva per rimettere in discussione diversi diritti fondamentali della ricorrente.

136    Riguardo al terzo argomento elencato al punto precedente, sub iii), della presente sentenza, la ricorrente fa valere, segnatamente, che la Commissione ha riconosciuto, al punto 574 della sintesi della sua decisione 1° ottobre 2008 relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 del trattato che istituisce la Comunità europea e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/C.39181 – Cere per candele) (sintesi pubblicata nella GU 2009, C 295, pag. 17), che la decisione controversa segna una frattura rispetto alla sua prassi decisionale precedente, segnatamente nei confronti della ricorrente. A questo riguardo, essa rinvia anche alla decisione perossidi organici (cit. al punto 22 della presente sentenza) nella quale, in circostanze molto simili a quelle della fattispecie, essa non si sarebbe vista rivolgere alcun addebito per il comportamento collusivo della sua controllata, l’Atofina.

137    L’Elf Aquitaine fa valere, in secondo luogo, che la constatazione del Tribunale del carattere sufficiente della motivazione della decisione controversa riposa su constatazioni di fatto sostanzialmente inesatte, dato che detta motivazione sarebbe non soltanto sommaria, ma, a giudizio della ricorrente, insufficiente, se non del tutto mancante.

138    Da una parte, la decisione controversa non avrebbe fornito alcuna risposta a diversi argomenti specifici sollevati a seguito della comunicazione degli addebiti.

139    Dall’altra, la Commissione si sarebbe limitata, nella decisione controversa, a respingere integralmente e senza spiegazioni gli altri argomenti della ricorrente, in modo generico e indiscriminato. Ad esempio, la Commissione non indicherebbe quali documenti tra quelli ad essa presentati fornirebbero, a suo avviso, soltanto «un quadro d’insieme della gestione commerciale».

140    Pertanto, a giudizio della ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto annullare la decisione controversa per difetto di motivazione.

141    La Commissione considera, innanzi tutto, che la presente parte deve essere dichiarata irricevibile, in quanto non individuerebbe in maniera precisa gli elementi critici della sentenza impugnata o gli argomenti giuridici invocati a sostegno di detta parte.

142    Essa sostiene quindi che la giurisprudenza e la prassi decisionale della Commissione in materia di responsabilità delle società controllanti erano ben note sin dall’inizio del procedimento che ha portato alla decisione controversa.

143    Secondo la Commissione, sebbene non sembrino configurarsi, sotto il profilo dei fatti pertinenti, rilevanti differenze oggettive tra il procedimento che ha portato alla decisione controversa e quello all’origine della decisione perossidi organici, la differenza d’approccio della Commissione nella decisione controversa potrebbe spiegarsi, da una parte, con il fatto che la sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione (Racc. pag. II‑4071), interviene tra la data della comunicazione degli addebiti relativa alla decisione perossidi organici e quella della comunicazione degli addebiti relativa alla decisione controversa e, dall’altra, con un cambiamento di approccio da parte della Commissione intorno agli anni 2002 e 2003.

 Giudizio della Corte

144    Secondo una costante giurisprudenza, dagli artt. 256 TFUE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 112, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi censurati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., segnatamente, sentenza 1° luglio 2010, causa C‑407/08 P, Knauf Gips/Commissione, Racc. pag. I‑6371, e giurisprudenza ivi citata).

145    Contrariamente all’affermazione della Commissione, esposta al punto 141 della presente sentenza, la presente parte soddisfa i requisiti di questa giurisprudenza ed è ricevibile.

146    Quanto al merito, occorre innanzi tutto ricordare che l’obbligo di motivazione previsto all’art. 253 CE costituisce una formalità sostanziale che deve essere distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso (v. sentenze 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 67, nonché 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 35).

147    Sotto tale profilo, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. citate sentenze Francia/Commissione, punto 35, e Deutsche Telekom/Commissione, punto 130).

148    Dunque, nel contesto delle decisioni individuali, da una giurisprudenza costante emerge che l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per sapere se la decisione è eventualmente affetta da un vizio che consente di contestarne la validità (v. segnatamente, in questo senso, sentenze 2 ottobre 2003, causa C‑199/99 P, Corus UK/Commissione, Racc. pag. I‑11177, punto 145, nonché 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 462).

149    In linea di principio, la motivazione deve dunque essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere regolarizzata dal fatto che l’interessato apprende i motivi della decisione nel corso del procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione (v. sentenze 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento, Racc. pag. 2861, punto 22; 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8031, punto 84; 29 aprile 2004, cause riunite C‑199/01 P e C‑200/01 P, IPK‑München e Commissione, Racc. pag. I‑4627, punto 66, nonché Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit., punto 463).

150    Emerge da una giurisprudenza costante che l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o qualsiasi altra persona, che detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’art. 253 CE occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., segnatamente, sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 63; 10 luglio 2008, causa C‑413/06 P, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, Racc. pag. I‑4951, punti 166 e 178, nonché Deutsche Telekom/Commissione, cit., punto 131).

151    Dalla giurisprudenza emerge anche che la motivazione di un atto deve tuttavia essere logica, e non presentare, segnatamente, contraddizioni interne che impediscano la buona comprensione dei motivi che sottendono detto atto (v., per analogia, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, cit., punto 169 e giurisprudenza ivi citata).

152    Quando, come nella fattispecie, una decisione in applicazione delle norme dell’Unione sulla concorrenza riguarda più destinatari e pone un problema d’imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione. Pertanto, nei confronti di una controllante ritenuta responsabile del comportamento illecito della sua controllata, una simile decisione in linea di principio deve contenere un’esposizione esauriente dei motivi atti a giustificare l’imputabilità dell’infrazione a tale società (v., per analogia, sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione, Racc. pag. I‑11005, punti 93‑101).

153    Più in particolare, nel caso di una decisione della Commissione che si fonda esclusivamente, nei confronti di taluni destinatari, sulla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, occorre constatare che la Commissione è in ogni caso tenuta – sotto pena di rendere detta presunzione, di fatto, assoluta – ad esporre in modo adeguato a tali destinatari i motivi per i quali gli elementi di fatto e di diritto invocati non sono stati sufficienti a confutare tale presunzione. Il dovere della Commissione di motivare le sue decisioni sotto questo profilo risulta, segnatamente, dal carattere relativo di detta presunzione, il cui superamento esigerebbe che gli interessati producano una prova vertente sui vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le società interessate.

154    Ciò premesso, occorre ricordare che la Commissione non è tuttavia tenuta, in tale contesto, a prendere posizione su elementi manifestamente ininfluenti, privi di significato o chiaramente secondari (v., per analogia, sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 64; 1° luglio 2008, cause riunite C‑341/06 P e C‑342/06 P, Chronopost e La Poste/UFEX e a., Racc. pag. I‑4777, punto 89, nonché Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, cit., punto 167).

155    D’altronde, dalla giurisprudenza emerge che, pur se una decisione della Commissione che rientri nell’ambito di una prassi costante in materia può essere motivata sommariamente, in particolare con un richiamo a tale prassi, nell’ipotesi in cui essa vada notevolmente al di là delle decisioni precedenti, la Commissione è tenuta a sviluppare esplicitamente l’iter logico seguito (v., segnatamente, sentenze 26 novembre 1975, causa 73/74, Groupement des fabricants de papiers peints de Belgique e a./Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31, nonché 11 dicembre 2008, causa C‑295/07 P, Commissione/Département du Loiret, Racc. pag. I‑9363, punto 44).

156    Con questa parte del terzo motivo, la ricorrente sostiene, sostanzialmente, che il Tribunale avrebbe dovuto sanzionare una motivazione insufficiente che vizia la decisione controversa per quanto riguarda la ricorrente.

157    Come risulta dal punto 87 della sentenza impugnata e dagli elementi del fascicolo presentato al Tribunale, gli argomenti avanzati dalla ricorrente in risposta alla comunicazione degli addebiti al fine di confutare la presunzione applicata dalla Commissione sono elencati, in modo sommario, al punto 257 della decisione controversa. La presa di posizione della Commissione riguardo a questi elementi figura ai punti 258‑261 di detta decisione.

158    Alla luce di questi punti, il Tribunale, avendo esposto la sostanza del punto 258 della detta decisione al punto 85 della sentenza impugnata, constata, al punto successivo, che «sebbene la Commissione abbia esplicitamente affermato [in detto punto] che la detenzione del 98% del capitale era sufficiente per imputare la responsabilità degli atti dell’Atofina all’Elf Aquitaine, essa ha nondimeno precisato, nel prosieguo di tale punto, che le prove fornite dalla ricorrente non consentivano di confutare la presunzione».

159    Se è vero che ai punti 259‑261 della decisione controversa la Commissione risponde ad alcuni degli argomenti sollevati dalla ricorrente dinanzi ad essa, ciò non toglie che detti punti non rispondano a diversi altri argomenti per i quali l’unica presa di posizione figurante nella decisione controversa è costituita dal citato punto 258. Conformemente alla giurisprudenza esposta ai punti 54‑58 della presente sentenza, detti argomenti vertevano, segnatamente, su aspetti economici, organizzativi e giuridici, al fine di dimostrare che, all’epoca dei fatti di causa, l’Atofina determinava autonomamente il suo comportamento sul mercato e non applicava essenzialmente le istruzioni ad essa impartite dalla sua società controllante.

160    Sostanzialmente, si tratta dei seguenti argomenti:

–        l’Elf Aquitaine sarebbe soltanto una «holding pura» senza funzioni operative, all’interno di un gruppo caratterizzato da una gestione decentralizzata delle sue controllate;

–        la gestione dell’attività dell’Atofina sul mercato non sarebbe stata soggetta alle istruzioni dell’Elf Aquitaine;

–        l’Atofina non avrebbe informato l’Elf Aquitaine della sua strategia sul mercato;

–        l’Atofina disporrebbe del potere di contrattare senza l’autorizzazione preventiva dell’Elf Aquitaine;

–        l’Atofina disporrebbe di autonomia finanziaria rispetto all’Elf Aquitaine;

–        l’Atofina avrebbe sempre definito in modo autonomo la sua strategia giuridica, e

–        la percezione dei terzi.

161    Certamente, come emerge dai punti 150 e 154 della presente sentenza, e come indicato dal Tribunale al punto 90 della sentenza impugnata, la Commissione non è necessariamente tenuta a pronunciarsi su tutti gli argomenti invocati dinanzi ad essa dagli interessati.

162    Tuttavia, dal punto 150 della presente sentenza emerge anche che l’esigenza di motivazione deve essere valutata in funzione della singola fattispecie.

163    A giudizio della ricorrente, la decisione controversa e il procedimento in cui essa si inserisce sono caratterizzati, in particolare, dalla circostanza secondo la quale detta decisione, segnatamente fondandosi nei confronti della ricorrente soltanto su una presunzione di responsabilità per le azioni della sua controllata senza apportare elementi supplementari tesi a dimostrare un’ingerenza nel comportamento commerciale di tale controllata, si è discostata dalla prassi decisionale abituale della Commissione.

164    A questo riguardo, la Commissione sostiene che la giurisprudenza e la sua prassi decisionale in materia di responsabilità delle società controllanti erano ben note sin dall’inizio del procedimento che ha portato alla decisione controversa. Tuttavia, nelle sue memorie, essa indica che «la prassi della Commissione quanto all’utilizzazione della presunzione fondata sulla detenzione della totalità del capitale non era sempre identica». Inoltre, sebbene la Commissione affermi di aver deciso, «intorno al 2002‑2003», di applicare siffatta presunzione in modo più sistematico, essa non rinvia ad alcuna decisione o ad altro documento che faccia emergere detto cambiamento d’approccio. Peraltro, essa non affronta direttamente l’affermazione della ricorrente secondo la quale il punto 574 della decisione 1° ottobre 2008, citata al punto 136 della presente sentenza, avrebbe riconosciuto che la decisione controversa segna una frattura rispetto alla prassi decisionale precedente, segnatamente nei confronti della ricorrente.

165    In ogni caso, nella fattispecie, come risulta segnatamente dai punti 136 e 143 della presente sentenza, è pacifico che, nella decisione perossidi organici, la ricorrente non si è vista infliggere congiuntamente e solidalmente con la sua controllata un’ammenda relativa al comportamento illecito di quest’ultima, mentre risulta che non esistono differenze oggettive, per lo meno dal punto di vista della ricorrente, riguardo ai vincoli tra essa e la sua controllata nei due casi.

166    La decisione controversa e il procedimento in cui essa si inserisce sono inoltre caratterizzati dalle seguenti circostanze:

–        atteso che l’ammenda relativa al comportamento illecito dell’Atofina viene inflitta congiuntamente e solidalmente a quest’ultima e alla ricorrente, per il calcolo dell’importo di partenza dell’ammenda viene utilizzato un fattore moltiplicatore maggiore, di modo che l’importo definitivo di quest’ultima può essere molto più elevato che nel caso in cui la sola controllata sia destinataria di un’ammenda;

–        l’ammenda è inflitta alla ricorrente sulla sola base di una «presunzione secondo la quale l’Elf Aquitaine è responsabile degli atti della sua controllata Atofina», presunzione che non è necessariamente identica nell’applicazione alla presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante, esposta ai punti 56 e 57 della presente sentenza;

–        come emerge dalla parte della presente sentenza vertente sul secondo motivo, la ricorrente è stata formalmente avvertita della possibilità di vedersi imputare la responsabilità del comportamento illecito della sua controllata solo nella fase della comunicazione degli addebiti, ovvero quattro anni dopo l’inizio delle indagini della Commissione;

–        come emerge dal fascicolo dinanzi al Tribunale, la ricorrente, in risposta alla comunicazione degli addebiti, ha avanzato una serie di argomenti, fondandosi, segnatamente, sulla giurisprudenza dell’Unione, sulla prassi decisionale della Commissione e su taluni documenti allegati.

167    Ciò premesso, come risulta dai punti 146‑155 della presente sentenza, segnatamente dai punti 148, 152, 153 e 155 della medesima, il Tribunale era tenuto, in considerazione dell’insieme delle circostanze della fattispecie, in particolare del cambiamento di approccio nei confronti della ricorrente – non contestato nel presente procedimento – tra la decisione perossidi organici e la decisione controversa, a dedicare particolare attenzione alla questione se quest’ultima decisione contenesse un’esposizione circostanziata dei motivi per i quali la Commissione considerava che gli elementi presentati dalla ricorrente non erano sufficienti per superare la presunzione applicata nella decisione.

168    Orbene, come emerge dal punto 85 della sentenza impugnata, il punto 258 della decisione controversa, che rappresenta l’unica presa di posizione della Commissione corrispondente agli argomenti elencati al punto 160 della presente sentenza, consiste soltanto in una serie di semplici affermazioni e negazioni, ripetitive e per nulla circostanziate. Nelle circostanze particolari della fattispecie, in mancanza di precisazioni supplementari, detta serie di affermazioni e di negazioni non è idonea a consentire agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata o al giudice competente di esercitare il suo controllo. Ad esempio, a causa della formulazione del suddetto punto, appare molto difficile, se non impossibile, sapere, segnatamente, se il complesso di indizi allegato dalla ricorrente al fine di confutare la presunzione ad essa applicata dalla Commissione sia stato respinto perché ritenuto non convincente o perché, a giudizio della Commissione, il semplice fatto che la ricorrente detenesse il 98% del capitale dell’Atofina era sufficiente per imputare la responsabilità degli atti dell’Atofina alla ricorrente, a prescindere dagli indizi forniti da quest’ultima in risposta alla comunicazione degli addebiti.

169    Del resto, il punto 258 della decisione controversa non può essere interpretato come una motivazione giuridicamente sufficiente della posizione della Commissione su diversi argomenti dettagliati della ricorrente.

170    Alla luce di quanto precede, occorre constatare che, nelle circostanze particolari della fattispecie, il Tribunale, tenuto conto della giurisprudenza esposta ai punti 147‑155 della presente sentenza, ha commesso un errore di diritto considerando, al punto 91 della sentenza impugnata, che la decisione controversa era conforme all’art. 253 CE e non sanzionando un difetto di motivazione che vizia la decisione controversa per quanto concerne l’ammenda inflitta alla ricorrente.

171    Ne risulta che la prima parte del terzo motivo è fondata.

 Sulla seconda parte del terzo motivo nonché sui motivi quarto e sesto

172    Essenzialmente, la seconda parte del terzo motivo verte sul carattere incomprensibile e circolare di taluni elementi del ragionamento del Tribunale.

173    Con il quarto motivo, la ricorrente fa valere che, ai punti 160 e seguenti della sentenza impugnata, il Tribunale ha oltrepassato i limiti del suo controllo di legittimità, sostituendo la propria motivazione a quella, insufficiente, della Commissione.

174    Come emerge dal punto 27 della presente sentenza, il sesto motivo è stato sollevato in subordine.

175    Alla luce della risposta data alla prima parte del terzo motivo, non occorre esaminare la seconda parte di questo né il quarto o il sesto motivo.

176    Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, l’impugnazione deve essere accolta e la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

177    Ai sensi dell’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte, se il ricorso è fondato, quest’ultima può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia. Questo avviene nella fattispecie.

178    Come emerge dal punto 9 della presente sentenza, il secondo motivo sollevato dinanzi al Tribunale verte su una carenza di motivazione. Con questo motivo la ricorrente fa valere, sostanzialmente, un’insufficiente motivazione che vizia la decisione controversa nella parte in cui le addebita la responsabilità del comportamento illecito della sua controllata fondandosi unicamente sul livello di detenzione del capitale di quest’ultima, senza altre spiegazioni.

179    Tenuto conto delle considerazioni sviluppate ai punti 144‑171 della presente sentenza, nell’ambito della prima parte del terzo motivo di impugnazione, tale secondo motivo sollevato dinanzi al Tribunale deve essere considerato fondato.

180    Occorre pertanto annullare la decisione controversa nella parte in cui addebita alla ricorrente, senza una motivazione adeguata alle particolari circostanze della fattispecie, l’infrazione in questione e le infligge un’ammenda.

181    Pertanto, non occorre esaminare gli altri motivi del ricorso dinanzi al Tribunale.

 Sulle spese

182    A norma dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, o quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

183    Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’art. 69, n. 3, primo comma, del medesimo regolamento precisa tuttavia che la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali.

184    Atteso che sia la ricorrente sia la Commissione sono rimaste parzialmente soccombenti su taluni capi dell’impugnazione, occorre decidere che ciascuna di esse sopporti le proprie spese relative a tale procedimento.

185    Per contro, per quanto concerne le spese relative al ricorso di primo grado, essendo la Commissione in definitiva rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese del procedimento di primo grado, dato che la ricorrente ha concluso in questo senso.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 30 settembre 2009, causa T‑174/05, Elf Aquitaine/Commissione, è annullata.

2)      La decisione della Commissione 19 gennaio 2005, C(2004) 4876 def., relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 (CE) e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E‑1/37.773 – AMCA), è annullata nella parte in cui addebita all’Elf Aquitaine SA l’infrazione di cui trattasi e le infligge un’ammenda.

3)      L’Elf Aquitaine SA e la Commissione europea sopportano ciascuna le proprie spese relative alla presente impugnazione.

4)      La Commissione europea è condannata alle spese del giudizio di primo grado.

Firme


* Lingua processuale: il francese.