Language of document : ECLI:EU:T:2022:20

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

26 gennaio 2022 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Raccolta e lavorazione del plasma – Master file del plasma – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali di un terzo – Determinazione errata dell’oggetto della domanda – Obbligo di basare il diniego di accesso su ragioni specifiche e concrete»

Nella causa T‑570/20,

Kedrion SpA, con sede in Barga (Italia), rappresentata da V. Salvatore, avvocato,

ricorrente,

contro

Agenzia europea per i medicinali (EMA), rappresentata da S. Marino e C. Schultheiss, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Baxter AG, con sede in Vienna (Austria),

Baxter Manufacturing SpA, con sede in Cittaducale (Italia),

rappresentate da F. Borrás Pieri, avvocata, A. Denoon, solicitor, e C. Thomas, barrister,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE diretta all’annullamento della decisione dell’EMA, del 10 luglio 2020, che nega alla ricorrente l’accesso all’elenco dei centri di raccolta e lavorazione del sangue contenuto nel master file del plasma della società farmaceutica Takeda,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, P. Nihoul e R. Frendo (relatrice), giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Sui master file del plasma

1        In applicazione dell’allegato I, parte III, punto 1.1, lettera a), della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), si intende per master file del plasma (in prosieguo: il «PMF») una documentazione che fornisce in sostanza informazioni su tutte le fasi della raccolta e lavorazione del plasma usato nella fabbricazione di medicinali o di dispositivi medici.

2        Poiché la qualità e la sicurezza dei prodotti derivati dal plasma umano dipendono sia dall’origine di quest’ultimo sia dalle successive fasi di lavorazione, i centri di raccolta e lavorazione del sangue devono soddisfare determinati requisiti e, a tal fine, essere ispezionati e autorizzati conformemente alla direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83 (GU 2003, L 33, pag. 30).

3        Il PMF contiene pertanto informazioni su tutti i centri o stabilimenti in cui viene effettuata la raccolta del sangue e/o del plasma, incluse informazioni relative alla loro ispezione e alla loro autorizzazione, nonché su tutti coloro che partecipano alla lavorazione del plasma.

4        In particolare, il PMF fornisce un elenco esaustivo dei nomi e degli indirizzi dei centri principali e secondari in cui vengono effettuate la raccolta, l’analisi, la conservazione, la trasformazione e il trasporto del sangue e del plasma puro, un’indicazione della data e del risultato finale dell’ultima ispezione di ogni centro e, infine, un’indicazione della frequenza di dette ispezioni.

5        Tali dati sono presentati sotto forma di tabella redatta conformemente all’allegato II alle «Linee guida relative ai requisiti dei dati scientifici per un PMF redatte dal Comitato per i medicinali per uso umano dell’Agenzia europea per i medicinali» il 15 novembre 2006.

6        Il PMF è oggetto di una valutazione scientifica e tecnica da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA; in prosieguo, anche: l’«Agenzia») o di un’autorità nazionale che, ove l’esito sia positivo, si conclude con l’emissione di un certificato di conformità alla legislazione applicabile nell’Unione europea. Il PMF è aggiornato e certificato ogni anno.

 Sulla domanda di accesso ai documenti

7        La ricorrente, la Kedrion SpA, gestiva il servizio di raccolta e lavorazione del plasma sanguigno in cinque regioni italiane partecipanti a un consorzio denominato «Planet».

8        Nel 2017 il raggruppamento temporaneo di imprese Baxter Manufacturing SpA e Baxalta Italy Srl si aggiudicava la gara indetta dal consorzio Planet per la riassegnazione del servizio fino ad allora gestito dalla ricorrente. Il suo ingresso nella gestione era previsto per il 19 giugno 2020, per poi essere posticipato, nella specie, al 15 settembre seguente. Nel frattempo, la Baxter Manufacturing e la Baxalta Italia venivano acquisite dalla società farmaceutica Takeda [(in prosieguo: «Takeda»)].

9        Il 20 aprile 2020, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), la ricorrente sottoponeva all’EMA una domanda di accesso al/ai «documento/i relativo/i all’elenco completo dei centri» di Takeda (in prosieguo: l’«elenco dei centri di Takeda»).

10      L’EMA respingeva tale domanda il 26 maggio 2020 (in prosieguo: la «decisione iniziale») per il motivo che, in sostanza, quasi tutte le informazioni richieste avrebbero costituito informazioni commerciali riservate.

11      Il 1° giugno 2020 la ricorrente presentava una domanda confermativa, ai sensi dell’articolo 8 del regolamento n. 1049/2001. In quest’ultima, essa contestava il fatto che le informazioni richieste potessero essere qualificate come informazioni commerciali riservate e spiegava che il motivo della sua domanda di accesso era garantire, nell’interesse pubblico prevalente dei pazienti, che Takeda avesse repertoriato tutti i propri centri.

12      L’EMA respingeva la domanda confermativa della ricorrente con decisione del 10 luglio 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). In tale decisione essa ribadiva, in sostanza, che quasi tutte le informazioni richieste costituivano informazioni commerciali e negava l’esistenza di un interesse pubblico prevalente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 settembre 2020 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

14      L’EMA ha depositato il controricorso il 7 dicembre 2020.

15      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 novembre 2020, la Baxter AG e la Baxter Manufacturing hanno chiesto di intervenire nel procedimento a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

16      Il 20 gennaio 2021 la ricorrente ha depositato la replica.

17      Con ordinanza del 21 gennaio 2021, Kedrion/EMA (T‑570/20, non pubblicata), la Baxter e la Baxter Manufacturing sono state ammesse a intervenire a sostegno delle conclusioni dell’EMA.

18      Il 5 marzo 2021 l’EMA ha depositato la controreplica.

19      Le intervenienti hanno depositato la propria memoria d’intervento il 5 marzo 2021 e le parti principali hanno depositato le loro osservazioni riguardo a quest’ultima entro i termini impartiti.

20      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato l’EMA a depositare una serie di documenti. Quest’ultima ha ottemperato a tale richiesta nel termine impartito.

21      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza dell’8 settembre 2021.

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EMA alle spese.

23      L’EMA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

24      Le intervenienti chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente a farsi carico delle loro spese, oltre che delle sue proprie.

 In diritto

25      La ricorrente deduce due motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo verte su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 in quanto, da un lato, l’EMA non avrebbe effettuato un esame puntuale e accurato del documento richiesto e, dall’altro, la decisione impugnata non sarebbe basata su ragioni specifiche e concrete. Il primo motivo si articola in due parti. Il secondo motivo, dal canto suo, verte su uno sviamento di potere, in quanto la decisione impugnata sarebbe carente, illogica e contraddittoria nella motivazione per quanto riguarda l’assenza d’interesse pubblico prevalente alla divulgazione delle informazioni richieste.

 Sulla prima parte del primo motivo, vertente sul fatto che lEMA non avrebbe effettuato un esame puntuale e accurato del documento richiesto

26      La ricorrente lamenta la riservatezza dell’elenco dei centri di Takeda per il motivo che l’EMA non avrebbe effettuato un esame puntuale e accurato del documento al quale le è stato richiesto l’accesso. Essa sostiene, più precisamente, sia nelle sue memorie processuali sia all’udienza, di non aver chiesto l’accesso all’intero PMF di Takeda, ma solo all’elenco dei suoi centri ivi contenuto, tale che l’EMA non avrebbe potuto opporsi alla sua domanda adducendo che il documento richiesto conteneva informazioni iscritte nel modulo 3.2.S (principio attivo) o riguardanti accordi o intese commerciali.

27      Si deve osservare che, nella decisione iniziale, l’EMA indicava per la domanda il seguente oggetto: «PMF Takeda (Baxter) Elenco completo dei centri». Essa faceva presente che «quasi tutte le informazioni nel documento richiesto costitui[va]no informazioni commerciali riservate» protette dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Dopo aver ricordato la definizione di informazioni commerciali riservate contenuta nella sua «Politica [sull’accesso ai documenti]», l’EMA proseguiva indicando che il documento o i documenti in questione contenevano informazioni incluse anche nel modulo 3.2.S, relativo alle sostanze con proprietà terapeutiche [in prosieguo: il «modulo 3.2.S (principio attivo)»], che correda le domande di autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali (in prosieguo: una «AIM») ottenuti a partire dal plasma. L’EMA faceva leva a tale proposito sulle «Linee guida [dei direttori delle autorità nazionali competenti negli Stati membri e dell’EMA] sull’identificazione di informazioni commerciali riservate e dati personali all’interno della struttura della domanda di [AIM]: rilascio di informazioni dopo la concessione di una [AIM]» (in prosieguo: le «linee guida sull’identificazione di informazioni commerciali riservate»), conformemente alle quali le informazioni sulla qualità e sulla procedura di fabbricazione di un medicinale fanno parte di detto modulo 3.2.S (principio attivo) e sono commercialmente riservate. L’EMA sottolineava infine che il settore industriale interessato aveva, nel 2004 e nel 2012, sollevato obiezioni rispetto alla divulgazione del risultato della valutazione dei PMF e alla pubblicazione degli elenchi dei centri di raccolta e lavorazione del plasma.

28      La decisione impugnata ha ribadito, in sostanza, che quasi tutte le informazioni comprese nel documento richiesto costituivano informazioni commerciali e che esso conteneva informazioni presenti anche nel modulo 3.2.S (principio attivo). Tale documento avrebbe comportato anche dati che erano il risultato di intese contrattuali tra il titolare del PMF e i centri interessati.

29      Nelle sue memorie processuali, l’EMA dichiarava di aver interpretato la domanda iniziale della Kedrion come riguardante «l’elenco di tutti i centri ispezionati, da ispezionare ed approvati per la fornitura di plasma a Takeda, inseriti nel PMF di cui Takeda è titolare». Nelle stesse memorie, l’EMA osservava che, nella sua domanda confermativa, la «Kedrion [aveva] ribadito la propria volontà di accedere alle informazioni relative a tutti i centri inseriti nel PMF Takeda» e che «il motivo della richiesta era la necessità di accertare che tutti i centri (...) [fossero] stati elencati da Takeda». La Kedrion avrebbe inoltre paventato, a tal riguardo, «rischi per la salute pubblica qualora alcuni dei centri fornitori di plasma a Takeda non fossero stati ispezionati e certificati».

30      All’udienza, e in risposta a un quesito sollevato dal Tribunale, l’EMA ha nuovamente osservato che la Kedrion aveva indicato nella sua domanda confermativa di voler, in definitiva, assicurarsi che i pazienti non fossero esposti al rischio che il sangue fosse raccolto e trasfuso in centri che non erano stati precedentemente ispezionati. L’EMA ha pertanto confermato che, a suo avviso, l’oggetto della domanda della Kedrion era di ottenere non solo l’elenco dei centri di Takeda, ma anche le date delle loro ispezioni.

31      La ricorrente, invece, nella replica così come durante l’udienza, in risposta a un quesito del Tribunale, ha insistito sul fatto di non aver chiesto l’accesso all’intero PMF di Takeda, ma solo alla «parte del documento contenente l’elenco dei centri» di quest’ultima. Il suo obiettivo sarebbe stato quello di svolgere la propria indagine alla luce di tale informazione, al fine di verificare se Takeda avesse sottoposto a una previa ispezione tutti i centri che avrebbe utilizzato e soddisfacesse pertanto i requisiti per succederle nel servizio di raccolta e lavorazione del plasma.

32      Poiché le parti sono in disaccordo sulla portata della domanda di accesso ai documenti presentata dalla Kedrion, occorre chiarire tale portata.

33      Va osservato che, nella domanda iniziale, la ricorrente chiedeva «in particolare [di] ricevere il/i documento/i relativo/i all’elenco completo dei centri (...) da sottoporre a audit e approvare (...) prima di essere inclusi nel [PMF]» di Takeda. Essa poneva quindi l’accento sull’identificazione dei centri e non sulla data della loro ispezione.

34      La stessa constatazione si impone alla luce della domanda confermativa, dove la ricorrente ha contestato il rifiuto di «divulgar[le] i documenti (o parte di essi) collegati all’elenco completo dei centri (...) da sottoporre a audit e approvare (...) prima di essere inclusi nel [PMF]» di Takeda. Inoltre, sempre nella domanda confermativa, la ricorrente asseriva che l’elenco dei centri non era riservato e rinviava a tal riguardo a quello proveniente dal proprio PMF e allegato alla domanda iniziale.

35      Infine, il fatto che la ricorrente abbia altresì indicato che il motivo della sua domanda era «di accertare che tutti i centri [fossero] stati elencati» da Takeda, poiché in caso contrario i pazienti sarebbero «esposti al rischio che il sangue venga raccolto e trasfuso in centri che potrebbero non essere stati sottoposti a verifica preliminare», non implicava necessariamente che l’oggetto della domanda, esplicitamente descritto come l’elenco dei centri di Takeda, vertesse anche sulla data delle ispezioni, tantomeno sul PMF completo. A tale proposito la ricorrente sostiene, nelle sue memorie processuali e all’udienza, che un’informazione limitata al nome e all’indirizzo dei centri in questione le avrebbe consentito di accertare essa stessa se questi ultimi fossero stati oggetto di tale formalità.

36      Alla luce di quanto precede, si deve ammettere che la ricorrente aveva richiesto soltanto l’elenco dei centri di Takeda. Pertanto, la decisione impugnata, letta alla luce della decisione iniziale, è il risultato di un’errata interpretazione della domanda da parte dell’EMA, la quale ha considerato che la ricorrente chiedesse un accesso più ampio, riguardante come minimo anche le date dell’ispezione di detti centri.

37      Essendosi quindi sbagliata sull’oggetto specifico della domanda di cui era stata investita nel caso di specie, l’EMA non ha potuto, di conseguenza, procedere a un esame puntuale della questione se gli interessi commerciali delle intervenienti tutelati dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 fossero effettivamente minacciati.

38      L’EMA e le intervenienti sostengono tuttavia, nelle loro memorie processuali, che l’Agenzia ha, ad ogni modo, esaminato la possibilità di redigere una versione espunta del PMF di Takeda, ritenendo però di non doverne redigere alcuna. A tal riguardo, in primo luogo, esse affermano che una versione limitata al nome e all’indirizzo dei centri non avrebbe presentato alcun interesse per la ricorrente.

39      Tuttavia, dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 risulta che il richiedente l’accesso non deve dimostrare qualsivoglia interesse per avere accesso ai documenti richiesti (sentenza del 28 marzo 2012, Egan e Hackett/Parlamento, T‑190/10, non pubblicata, EU:T:2012:165, punto 99). Di conseguenza, la circostanza che l’elenco dei centri di Takeda non avrebbe asseritamente presentato alcun interesse per la ricorrente non poteva giustificare il rigetto della sua domanda.

40      In secondo luogo, l’EMA e gli intervenienti sottolineano che, pur ridotto a un elenco di nomi e indirizzi dei centri di Takeda, il documento richiesto avrebbe comunque rivelato informazioni commercialmente riservate, poiché l’ordine in cui i centri sono elencati nel PMF di Takeda, specialmente la ripartizione tra centri principali e centri secondari o mobili, rifletteva già la strategia elaborata da tale impresa riguardo all’ispezione di tali centri. L’unica soluzione, sostiene l’EMA nelle sue memorie processuali, sarebbe stata quella di creare un nuovo documento, ciò a cui chiaramente il regolamento n. 1049/2001 non l’obbligava.

41      Ora, si deve ricordare che è giurisprudenza consolidata che il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni riguarda solamente i documenti esistenti e di cui l’istituzione interessata è in possesso e che il regolamento n. 1049/2001 non può essere invocato al fine di obbligarla a creare un documento che non esiste (sentenza dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione, C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punto 31).

42      Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge parimenti che, quando le informazioni richieste possono essere correntemente estratte da banche dati, le istituzioni possono essere indotte, per rispettare il regolamento n. 1049/2001, a costituire un documento a partire da queste ultime, anche se le informazioni in questione non sono ancora state presentate in tale forma o ricercate sotto tale forma (v., in tal senso, sentenze dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione, C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punti 34, 35, 37 e 38, e del 27 novembre 2019, Izuzquiza e Semsrott/Frontex, T‑31/18, EU:T:2019:815, punto 53).

43      A tal riguardo, all’udienza, l’EMA ha spiegato che disponeva del PMF di Takeda solo come file pdf e che riscriverlo in forma espunta avrebbe rappresentato un carico di lavoro eccessivo non imposto dal regolamento n. 1049/2001.

44      Si deve tuttavia rilevare che, alla luce dell’obiettivo del regolamento n. 1049/2001, che mira, come emerge dal considerando 4 e dall’articolo 1, lettera a), di detto regolamento, a garantire l’accesso più ampio possibile ai documenti, il giudice dell’Unione ha tenuto conto delle specificità tecniche delle banche dati e delle operazioni standardizzate che esse consentono (v., in tal senso, sentenze dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione, C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punti 31, 35 e 36, e del 27 novembre 2019, Izuzquiza e Semsrott/Frontex, T‑31/18, EU:T:2019:815, punto 51).

45      Occorre più precisamente osservare a tal riguardo che, nella sentenza dell’11 gennaio 2017, Typke/Commissione (C‑491/15 P, EU:C:2017:5, punti 36, 39 e 40), la Corte si è basata sulla constatazione che il regolamento n. 1049/2001 ha come limite di non imporre alle istituzioni di approntare un documento per il quale sarebbe necessario «un intervento sostanziale».

46      Occorre pertanto, al di là delle banche dati, tener conto, più ampiamente, delle possibilità offerte da programmi informatici che i progressi tecnici rendono ormai comunemente disponibili per gli utenti.

47      Si deve di conseguenza rilevare che, se è vero che non disponeva del PMF di Takeda sotto forma di una banca dati, l’EMA non risulta aver considerato che, grazie a programmi facilmente disponibili sul mercato, è possibile con procedure standard convertire i «PDF (immagini più testo)» in un altro formato che offre in sé la possibilità di espungere e presentare diversamente il documento, sempre con procedure standard. Orbene, una tale duplice manipolazione, che sfrutta le caratteristiche tecniche comuni di detti programmi, non può essere considerata come un «intervento sostanziale» ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 45.

48      Ne consegue che l’EMA non può sostenere di aver, ad ogni modo, adeguatamente esaminato la possibilità di concedere alla ricorrente l’accesso ai nomi e agli indirizzi dei centri di Takeda.

49      Da tutto quanto precede discende pertanto che l’EMA ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Da un lato, infatti, l’Agenzia si è sbagliata sull’oggetto della domanda della ricorrente e, di conseguenza, non ha proceduto a un esame puntuale della questione se l’accesso richiesto potesse, nel caso di specie, arrecare pregiudizio agli interessi commerciali delle intervenienti. Dall’altro lato, essa non ha correttamente considerato la possibilità di concedere alla ricorrente un accesso asseritamente parziale corrispondente di fatto a quanto richiedeva quest’ultima.

50      In tali circostanze, la prima parte del primo motivo è fondata. Nel caso di specie, tuttavia, si deve esaminare anche la seconda parte del primo motivo, in ragione del contributo dell’obbligo di motivazione alla trasparenza amministrativa che costituisce il fulcro del ricorso.

 Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sul fatto che il diniego di accesso non è basato su ragioni specifiche e concrete

51      La ricorrente sostiene che gli interessi commerciali idonei a giustificare un diniego di accesso ai documenti, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, devono essere individuati in termini attuali e concreti e non con formule di stile. Orbene, essa non ravviserebbe alcuna specifica e puntuale motivazione, nella decisione impugnata, che giustifichi come la divulgazione dell’elenco dei centri contenuti nel PMF di Takeda possa concretamente risultare lesiva degli interessi commerciali di quest’ultima. Tantomeno il pregiudizio per gli interessi commerciali potrebbe essere prospettato in termini meramente ipotetici, come avverrebbe nel caso della motivazione a supporto della decisione impugnata. Infine – sostiene la ricorrente – non si potrebbe assolvere l’obbligo di motivazione attraverso atti successivi quali, nel caso di specie, il controricorso.

52      L’EMA ritiene, al contrario, che la decisione impugnata sia sufficientemente motivata.

53      Alla luce degli argomenti delle parti, occorre, in primo luogo, precisare la portata dell’obbligo di motivazione che incombe all’EMA quando nega l’accesso a un documento in sua detenzione, in secondo luogo, verificare se la motivazione della decisione impugnata sia sufficiente e, in terzo luogo, esaminare, eventualmente, se tale motivazione possa essere integrata a posteriori nelle memorie processuali.

 Sull’obbligo di una motivazione specifica e puntuale che incombe all’EMA quando nega l’accesso a un documento

54      L’articolo 73, primo comma, del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1), prevede che ai documenti detenuti dall’EMA si applichi il regolamento n. 1049/2001. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, a tutti i documenti che l’Agenzia detiene, cioè a tutti i documenti da essa redatti o ricevuti e in suo possesso, in tutti i suoi settori di attività, detto regolamento trova applicazione nella sua integralità (v., in tal senso, sentenze del 5 febbraio 2018, Pari Pharma/EMA, T‑235/15, EU:T:2018:65, punto 39, e del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA, T‑718/15, EU:T:2018:66, punto 33).

55      Ne consegue che, qualora l’EMA rifiuti di divulgare un documento, è tenuta a fornire una motivazione che consenta di comprendere e verificare, da un lato, in ogni caso di specie, in base alle informazioni di cui essa dispone, se i documenti di cui si chiede l’accesso rientrino effettivamente nelle eccezioni elencate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Bronckers/Commissione, T‑166/19, EU:T:2020:557, punto 23) e, dall’altro, se la necessità di tutela relativa a una tale eccezione sia reale (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2013, Besselink/Consiglio, T‑331/11, non pubblicata, EU:T:2013:419, punto 99) e non ipotetica. Più precisamente, l’EMA deve spiegare in che modo l’accesso al documento richiesto possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato (v., in tal senso, sentenze del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 51; del 22 gennaio 2020, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA, C‑178/18 P, EU:C:2020:24, punti 54 e 93, e del 14 maggio 2019, Commune de Fessenheim e a./Commissione, T‑751/17, EU:T:2019:330, punto 69).

56      Per il resto, occorre rammentare che una motivazione si valuta segnatamente alla luce dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza del 4 giugno 2015, Versorgungswerk der Zahnärztekammer Schleswig-Holstein/BCE, T‑376/13, EU:T:2015:361, punto 33 e giurisprudenza ivi citata) e deve inoltre essere adattata alla natura dell’atto in questione (sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80, e del 30 gennaio 2020, CBA Spielapparate‑ und Restaurantbetrieb/Commissione, T‑168/17, non pubblicata, EU:T:2020:20, punto 33).

57      Orbene, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso all’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova fase nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini (v. sentenza del 4 settembre 2008, ClientEarth/Commissione, C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

58      Tale obiettivo fondamentale di trasparenza trova riconoscimento anche, in particolare, nella consacrazione del diritto di accesso ai documenti operata all’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2020, PTC Therapeutics International/EMA, C‑175/18 P, EU:C:2020:23, punti 51 e 52 e giurisprudenza ivi citata).

59      Peraltro, come risulta dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, la trasparenza permette di conferire alle istituzioni dell’Unione una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico (sentenza del 22 gennaio 2020, PTC Therapeutics International/EMA, C‑175/18 P EU:C:2020:23, punto 53).

60      Alla luce di tale contesto, l’obbligo di basare il diniego di accesso su ragioni specifiche e concrete esce rafforzato, in quanto l’accesso ai documenti dell’Unione non può essere rifiutato sulla base di una motivazione che non soddisfi, di per sé, la politica di trasparenza dell’Unione.

61      All’udienza, e in risposta a un quesito del Tribunale, l’EMA ha del resto ammesso che la motivazione in materia di accesso ai documenti deve essere tanto più chiara in quanto si inserisce in tale politica.

62      Ciò premesso, nella misura in cui in cui l’adeguatezza o meno della motivazione di un atto deve, in linea di principio, essere valutata non solo alla luce della sua formulazione, ma anche in funzione delle circostanze del caso, e segnatamente del suo contesto (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015, Versorgungswerk der Zahnärztekammer Schleswig-Holstein/BCE, T‑376/13, EU:T:2015:361, punto 33 e giurisprudenza ivi citata), e nella misura in cui in cui tale contesto può risultare, in particolare, da atti precedenti noti all’interessato (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Tomana e a./Consiglio e Commissione, T‑190/12, EU:T:2015:222, punto 152), la motivazione della decisione impugnata deve essere valutata tenendo conto della decisione iniziale alla quale, peraltro, fa rinvio.

 Sulla motivazione della decisione impugnata

63      Emerge, innanzitutto, dai precedenti punti da 27 a 36 che tanto la decisione iniziale quanto la decisione impugnata sono il risultato dell’errata interpretazione della domanda della ricorrente da parte dell’EMA, avendo l’Agenzia ritenuto che quest’ultima chiedesse un accesso più ampio rispetto all’elenco dei nomi e degli indirizzi dei centri di Takeda e che riguardasse, come minimo, anche le date delle loro ispezioni.

64      Ne consegue che la decisione impugnata, letta alla luce della decisione iniziale, è motivata prevalentemente da considerazioni prive di relazione con l’oggetto della domanda di accesso della ricorrente, in quanto riferite a elementi del PMF di Takeda di cui essa non chiedeva la divulgazione.

65      Orbene, una motivazione, per essere sufficiente, deve essere caratterizzata in particolare da un’indicazione pertinente degli elementi presi in considerazione (v., per analogia, sentenze del 30 settembre 2003, Cableuropa e a./Commissione, T‑346/02 e T‑347/02, EU:T:2003:256, punto 227, e del 5 ottobre 2005, Land Oberösterreich e Austria/Commissione, T‑366/03 e T‑235/04, EU:T:2005:347, punto 53).

66      Pertanto, nel settore dell’accesso ai documenti, una motivazione priva di nesso con l’oggetto della domanda non consente di comprendere e verificare in che modo il documento richiesto rientri nell’eccezione in questione, ossia, nel caso di specie, quella enunciata all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

67      Di conseguenza, la motivazione della decisione impugnata non soddisfa i requisiti della giurisprudenza citata al precedente punto 55.

68      La motivazione riportata ai precedenti punti 27 e 28 è peraltro insufficiente anche per altri motivi.

69      Nel caso di specie, in primo luogo, la decisione iniziale e la decisione impugnata indicano che quasi tutte le informazioni contenute nel documento richiesto costituivano informazioni commerciali riservate ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Tale indicazione, tuttavia, è solo una clausola di stile, in un contesto in cui l’EMA non afferma che sussisterebbe nel caso di specie una presunzione generale di riservatezza, l’unica che autorizzerebbe il ricorso a una formula laconica.

70      Inoltre, le eccezioni al diritto di accesso elencate all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v., in tal senso, sentenza del 22 gennaio 2020, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA, C‑178/18 P, EU:C:2020:24, punti da 51 a 53 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, nel solco della giurisprudenza citata al precedente punto 55, la sola constatazione che un documento riguardi un interesse tutelato dall’eccezione al diritto di accesso prevista da tale disposizione non è sufficiente a giustificare concretamente ed effettivamente l’applicazione di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA, T‑718/15, EU:T:2018:66, punto 81 e giurisprudenza ivi citata), in quanto non consente di comprendere e verificare se il documento di cui si chiede l’accesso rientri effettivamente nel suo ambito (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 1998, Interporc/Commissione, T‑124/96, EU:T:1998:25, punto 55).

71      In secondo luogo, la decisione iniziale e la decisione impugnata evocano la circostanza che il PMF di Takeda contenesse informazioni presenti anche nel modulo 3.2.S (principio attivo) e la decisione iniziale rinvia alle linee guida sull’identificazione di informazioni commerciali riservate, dalle quali emerge che le informazioni sulla qualità e sulla procedura di fabbricazione di un medicinale sono commercialmente riservate.

72      Tuttavia, per quanto riguarda il riferimento al modulo 3.2.S (principio attivo) che, come già precisato al precedente punto 27, correda le domande di AIM, va osservato che l’EMA stessa ha già sottolineato che un approccio che si limiti a prendere atto di un rischio di uso sleale dei dati presentati nell’ambito di siffatte domande di autorizzazione non può costituire un motivo di diniego di accesso ai documenti; un tale approccio comporterebbe infatti, in pratica, una paralisi quasi totale delle attività legate all’accesso ai documenti dell’Agenzia, che sarebbe in contrasto con le disposizioni sulla trasparenza contenute nel Trattato FUE e nel regolamento n. 1049/2001 (sentenza del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA, T‑718/15, EU:T:2018:66, punto 68).

73      Per di più, il Tribunale ha già considerato insufficiente una valutazione realizzata per categorie di documenti piuttosto che in relazione ai concreti elementi di informazione contenuti nei documenti richiesti (sentenza del 30 gennaio 2008, Terezakis/Commissione, T‑380/04, non pubblicata, EU:T:2008:19, punto 87).

74      Infine, una motivazione con riferimento a un altro atto può essere ammessa solo se quest’ultimo è noto all’interessato e gli consente di conoscere a sufficienza le ragioni della decisione controversa (v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 2004, FICF e a./Commissione, T‑317/02, EU:T:2004:360, punto 133; del 6 giugno 2007, Mediocurso/Commissione, T‑251/05 e T‑425/05, non pubblicata, EU:T:2007:162, punto 42, e dell’11 febbraio 2009, Iride e Iride Energia/Commissione, T‑25/07, EU:T:2009:33, punti 70 e 71).

75      Allo stesso modo, una decisione può essere motivata in modo sommario quando si colloca in una prassi decisionale costante, ma a condizione che i motivi di tale prassi siano già stati comunicati (v., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2003, Freistaat Sachsen e a./Commissione, C‑57/00 P e C‑61/00 P, EU:C:2003:510, punti 77 e 78).

76      Lo stesso vale, per analogia, per quanto riguarda una decisione che faccia riferimento, come nel caso di specie, a linee guida. In tal caso, infatti, la motivazione di una siffatta decisione deve essere precisata unicamente se le linee guida alle quali essa rinvia costituiscono esse stesse solo un generico riferimento (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione, T‑95/15, EU:T:2016:722, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

77      Orbene, le linee guida sull’identificazione di informazioni commerciali riservate, alle quali la decisione iniziale rinvia attraverso un link, si limitano a indicare, in una rubrica intitolata «3.1.2 principio attivo» e in una tabella riguardante il modulo 3.2.S (principio attivo), che le informazioni relative, segnatamente, alle imprese che intervengono nella fabbricazione dei prodotti e quelle relative alle procedure di fabbricazione e di controllo sono classificate come informazioni commerciali riservate.

78      È pertanto giocoforza constatare che le linee guida in questione non contengono alcuna spiegazione che giustifichi la classificazione di dette informazioni come riservate. Di conseguenza, il rinvio loro fatto non consente di comprendere perché le informazioni contenute nel modulo 3.2.S (principio attivo) fossero riservate e, di conseguenza, perché la divulgazione del documento richiesto potesse, a tal titolo, arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio nel caso di specie agli interessi commerciali delle intervenienti. L’evocazione delle linee guida sull’identificazione di informazioni commerciali riservate non può quindi contribuire a rendere sufficiente la motivazione della decisione impugnata.

79      In terzo luogo, la stessa constatazione si impone per quanto riguarda il rinvio effettuato nella decisione iniziale e nella decisione impugnata alla «Politica dell’[EMA] sull’accesso ai documenti». Tale politica contiene soltanto un richiamo alle principali regole che disciplinano detto accesso e precisazioni su come trattare le domande di accesso, senza tuttavia spiegare perché un documento, come quello richiesto, conterrebbe informazioni commerciali riservate.

80      È vero che la decisione iniziale indica che, nella «Politica [dell’EMA] sull’accesso ai documenti», l’Agenzia definisce l’informazione commerciale riservata come un’informazione che non è di dominio pubblico.

81      Tuttavia, la circostanza che le informazioni contenute in un documento non siano di dominio pubblico non costituisce una motivazione sufficiente per negare l’accesso a detto documento. Infatti, poiché la motivazione deve essere valutata alla luce dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. precedente punto 56), si deve rilevare come dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 emerga che l’obiettivo di tale regolamento è fissare i principi, le condizioni e le limitazioni del diritto di accesso ai documenti delle istituzioni precisamente nel caso in cui questi ultimi non siano direttamente accessibili al pubblico.

82      In quarto luogo, la decisione impugnata aggiunge che il documento richiesto conteneva informazioni che erano il risultato di intese contrattuali e operative.

83      È certamente vero che dati che svelino il know-how delle imprese costituiscono a priori una categoria di informazioni commerciali sensibili (sentenze del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA, T‑718/15, EU:T:2018:66, punto 85, e del 5 febbraio 2018, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA, T‑729/15, EU:T:2018:67, punto 68).

84      Tuttavia, occorre ricordare che non tutte le informazioni relative a una società e alle sue relazioni commerciali ricadono sotto la tutela garantita agli interessi commerciali, salvo vanificare l’applicazione del principio generale che consiste nel conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni o dalle agenzie (v. sentenza del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA, T‑718/15, EU:T:2018:66, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

85      Di conseguenza, la sola allusione al fatto che il documento richiesto contenesse informazioni che erano il risultato di intese contrattuali e operative non è sufficiente a spiegare in che modo esso avrebbe svelato il know-how delle imprese ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 83 e, pertanto, in che modo l’accesso a detto documento avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio (v. precedente punto 55) agli interessi commerciali delle intervenienti.

86      In quinto luogo, la decisione impugnata evoca anche il fatto che la divulgazione di informazioni nell’ambito di una domanda di accesso ai documenti ai sensi del regolamento n. 1049/2001 ha un effetto erga omnes e che un tale effetto giustifica che, anche quando il richiedente sia già a conoscenza di tutte o parte di tali informazioni, il titolare del PMF conservi un interesse a mantenerne la riservatezza nei confronti di altri concorrenti.

87      Nondimeno, in mancanza di altre giustificazioni circostanziate, neppure tale spiegazione consente di comprendere perché la divulgazione del documento richiesto avrebbe potuto arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio nel caso di specie (v. precedente punto 55) agli interessi commerciali delle intervenienti.

88      Inoltre, i riferimenti al modulo 3.2.S (principio attivo), alle linee guida sull’identificazione di informazioni commerciali riservate, alla «Politica dell’[EMA] sull’accesso ai documenti», all’esistenza di informazioni in relazione alle intese contrattuali e operative e all’effetto erga omnes di una divulgazione ai sensi del regolamento n. 1049/2001 non spiegano le ragioni per le quali una divulgazione parziale non fosse possibile.

89      Orbene, dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, che è espressione particolare dell’obbligo generale di motivazione (sentenza del 19 novembre 2014, Ntouvas/ECDC, T‑223/12, non pubblicata, EU:T:2014:975, punto 19), risulta che l’istituzione, l’organo o l’organismo interessato deve spiegare in modo puntuale nella sua motivazione le ragioni per le quali una divulgazione parziale è esclusa (v. precedente punto 55).

90      In sesto luogo, certamente, la decisione iniziale sottolinea altresì che gli operatori del settore industriale interessato dai PMF si sono opposti, nel 2004 e nel 2012, alla pubblicazione e alla condivisione di qualsiasi elenco di centri che consentisse l’identificazione dei centri contenuti nei loro PMF, e ciò a causa del rischio di procurare un indebito vantaggio commerciale ai concorrenti.

91      Tuttavia, come riconosciuto dall’EMA all’udienza, l’istituzione interessata non può considerarsi vincolata dall’opposizione di terzi, ma deve analizzare in modo indipendente tutte le circostanze rilevanti e adottare una decisione nell’ambito del proprio margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2008, Terezakis/Commissione, T‑380/04, non pubblicata, EU:T:2008:19, punti 60 e 61; del 23 settembre 2015, ClientEarth e International Chemical Secretariat/ECHA, T‑245/11, EU:T:2015:675, punto 223, e del 25 novembre 2020, Bronckers/Commissione, T‑166/19, EU:T:2020:557, punto 46). Di conseguenza, il riferimento fatto dall’EMA alla posizione del settore delle imprese titolari di PMF non può essere sufficiente per comprendere le ragioni che hanno portato l’Agenzia, a seguito della propria analisi, a rifiutare personalmente di divulgare il documento richiesto, sia esso il PMF o l’elenco dei centri di Takeda.

92      Infine, l’affermazione secondo cui la pubblicazione o la condivisione dell’elenco dei centri di raccolta e lavorazione del plasma avrebbe rischiato di procurare ai concorrenti un vantaggio commerciale è, in ogni caso, una mera clausola di stile, che parafrasa la definizione astratta di informazione commerciale riservata stabilita dall’EMA nella sua «Politica sull’accesso ai documenti».

93      Nelle sue memorie processuali l’EMA afferma inoltre che la decisione impugnata precisa che la divulgazione delle informazioni richieste poteva incidere direttamente sulla concorrenza per la produzione e la fornitura di beni e servizi nel segmento del mercato dei prodotti plasma-derivati. In realtà, tale precisazione non figura di per sé nella decisione impugnata e non fa quindi parte della sua motivazione. Inoltre, una dichiarazione a tal punto generale potrebbe essere utilizzata non solo in questo segmento, ma anche in quasi tutti i settori di attività dell’EMA, il che sarebbe in totale contraddizione con il principio di trasparenza espresso sia nel trattato UE e nella Carta dei diritti fondamentali sia nel regolamento n. 1049/2001 (v. precedenti punti 57 e 58).

94      In settimo luogo, la decisione iniziale indica che le informazioni relative all’elenco dei centri di Takeda non avrebbero permesso di rispondere alle preoccupazioni della ricorrente circa un’eventuale soluzione di continuità nelle attività di raccolta e lavorazione del plasma.

95      Tuttavia, tenuto conto dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, il fatto che, secondo l’EMA, l’elenco dei centri di Takeda non avrebbe chiaramente presentato un interesse per la ricorrente non consente di comprendere e verificare se il documento di cui è stato richiesto l’accesso rientri effettivamente nell’eccezione in questione (v. precedenti punti 56, 65 e 70); pertanto neppure esso contribuisce alla motivazione, al pari delle altre spiegazioni contenute nella decisione iniziale e nella decisione impugnata.

96      La decisione iniziale e la decisione impugnata espongono, in ottavo luogo, che non sussisteva alcun interesse pubblico prevalente all’accesso al documento richiesto.

97      Tuttavia, dall’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001 emerge che la questione se un interesse pubblico prevalente giustifichi la divulgazione di un documento si pone solo quando quest’ultima possa arrecare pregiudizio a un interesse protetto, quali, nel caso di specie, gli interessi commerciali delle intervenienti.

98      Inoltre, le considerazioni elaborate dall’EMA relativamente a tale assenza d’interesse pubblico prevalente non possono contribuire a dimostrare che la decisione impugnata contenesse una motivazione sufficiente della sussistenza di un interesse ostativo alla divulgazione del documento richiesto.

99      All’udienza, l’EMA e le intervenienti hanno in definitiva sostenuto che la questione della sufficienza della motivazione doveva essere valutata alla luce del fatto che la ricorrente è un’impresa professionale del settore che non poteva ignorare i motivi sottesi alla decisione impugnata.

100    Si deve rammentare a tal riguardo che la necessità della motivazione deve essere valutata in funzione in particolare del contesto dell’atto in questione (v. precedente punto 62) e segnatamente dell’interesse che i suoi destinatari possono avere a ricevere spiegazioni (v. sentenza del 4 giugno 2015, Versorgungswerk der Zahnärztekammer Schleswig-Holstein/BCE, T‑376/13, EU:T:2015:361, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Corrispondentemente, l’autorità che nega l’accesso a un documento non deve fornire informazioni che vanno al di là di quanto necessario alla comprensione, da parte del richiedente, delle ragioni che giustificano tale diniego (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2020, Bronckers/Commissione, T‑166/19, EU:T:2020:557, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

101    Orbene, nel caso di specie, e contrariamente a quanto sostenuto dall’EMA all’udienza, senza peraltro sviluppare il suo punto di vista, non emerge dall’atto introduttivo che la ricorrente avesse, al momento del deposito del suo ricorso, una conoscenza chiara e puntuale dei motivi della decisione impugnata.

102    La ricorrente, nel suo atto introduttivo del giudizio, ha sostenuto che non comprendeva quali interessi commerciali potessero essere lesi dalla divulgazione del documento richiesto, che non era sufficiente la considerazione che l’EMA fosse pervenuta dopo una serie di consultazioni alla conclusione che esso era riservato e che, in definitiva, non ravvisava alcuna specifica e puntuale motivazione nella decisione impugnata. Tali affermazioni sono corroborate dal resto del ricorso.

103    Così, il fatto che la ricorrente abbia contestato il motivo secondo cui l’accesso al documento richiesto doveva essere negato in quanto le informazioni ivi contenute non erano di pubblico dominio, che abbia sostenuto che l’EMA dovesse effettuare un esame puntuale e accurato, di modo che l’Agenzia non poteva limitarsi a trarre argomenti dal modulo 3.2.S (principio attivo) né invocare in via generale la tutela di accordi o intese commerciali, e, infine, che abbia sostenuto che, in Italia, il sangue raccolto è una proprietà pubblica sottratta alla disponibilità negoziale dei privati rivela una profonda incomprensione dei motivi che, stando alle memorie processuali, sosterrebbero concretamente la decisione impugnata.

104    Allo stesso modo, per le ragioni esposte ai precedenti punti 97 e 98, la circostanza che la ricorrente abbia contestato, nel suo secondo motivo, i motivi per i quali l’EMA ha ritenuto che non vi fosse alcun interesse pubblico prevalente all’accesso al documento richiesto non consente di concludere che essa avesse una conoscenza sufficiente delle ragioni per cui quest’ultimo avrebbe contenuto informazioni riservate.

105    Del resto, l’argomento dell’EMA e delle intervenienti relativo al fatto che la ricorrente è una professionista che conosce bene il settore non tiene conto della circostanza che la motivazione di una decisione che nega l’accesso a un documento deve anche consentire al Tribunale di controllarne la legittimità (v., in tal senso, sentenze del 5 dicembre 2018, Bristol-Myers Squibb Pharma/Commissione e EMA, T‑329/16, non pubblicata, EU:T:2018:878, punto 52, e del 25 novembre 2020, Bronckers/Commissione, T‑166/19, EU:T:2020:557, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

106    Da tutto quanto precede discende che, per quanto l’EMA sostenga, giustamente, che non era tenuta a menzionare nella decisione impugnata tutti gli argomenti in astratto concepibili e idonei a giustificare la decisione impugnata, quest’ultima, anche a leggerla alla luce del suo contesto, non è corredata da una motivazione sufficiente circa il fatto, essenziale nel caso di specie, che gli interessi commerciali delle intervenienti avrebbero ostato alla divulgazione, pure parziale, del documento richiesto.

 Sulla possibilità di integrare la motivazione a posteriori

107    L’EMA sostiene che, in ogni caso, quando una decisione è impugnata per annullamento, il suo autore può difenderla usando argomenti supplementari rispetto ai motivi e agli argomenti presentati dal ricorrente.

108    Occorre tuttavia rammentare che la motivazione deve figurare nel testo stesso della decisione e che, se questa presenta solo un principio di motivazione, come nel caso di specie, quest’ultimo non può essere esposto ed esplicitato per la prima volta e a posteriori dinanzi al giudice dell’Unione, fatte salve circostanze eccezionali (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2007, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, T‑3/00 e T‑337/04, EU:T:2007:357, punto 278; del 20 maggio 2015, Yuanping Changyuan Chemicals/Consiglio, T‑310/12, non pubblicata, EU:T:2015:295, punto 174, e dell’11 luglio 2017, Viraj Profiles/Consiglio, T‑67/14, non pubblicata, EU:T:2017:481, punto 128).

109    Orbene, se è vero che la giurisprudenza ammette che, di fronte a un carico di lavoro rilevante, le istituzioni o le agenzie possano trovarsi nell’impossibilità pratica di fornire una motivazione sufficiente in una decisione che arreca pregiudizio, di modo che può essere loro consentito, in via del tutto eccezionale, di fornire prove dinanzi al giudice dell’Unione per integrare la motivazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione/Di Bernardo, C‑114/19 P, EU:C:2020:457, punti 53 e 59 e giurisprudenza ivi citata), l’EMA non ha invocato nel caso di specie alcuna difficoltà di tale natura.

110    All’udienza, l’EMA ha effettivamente accennato al suo carico di lavoro, ma, in risposta a un quesito del Tribunale, ha precisato che essa l’invocava solo in relazione alla possibilità di creare un nuovo documento epurato da tutti gli elementi riservati del PMF di Takeda e non per quanto riguarda la motivazione del diniego di accesso al documento richiesto. Peraltro, come già illustrato (v. precedente punto 47), il carico di lavoro così opposto dall’EMA non persuade.

111    Inoltre, anche se la ricorrente aveva indicato nella sua domanda del 20 aprile 2020 di necessitare delle informazioni richieste per sapere per tempo se dovesse proseguire le sue prestazioni dopo il 19 giugno 2020, l’EMA non fa valere alcuna urgenza che possa spiegare l’insufficienza della motivazione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2007, Pitsiorlas/Consiglio e BCE, T‑3/00 e T‑337/04, EU:T:2007:357, punto 278).

112    Una circostanza eccezionale può infine tanto meno essere rilevata in quanto occorre, nel caso di specie, tener conto dell’importanza del principio di trasparenza nell’ordinamento giuridico dell’Unione e del fatto che l’obbligo di motivazione formale contribuisce a quest’ultimo, come emerge dai precedenti punti da 55 a 58.

113    Pertanto, le memorie processuali, in cui l’EMA ha spiegato per la prima volta le ragioni concrete che osterebbero alla divulgazione di qualsiasi informazione contenuta nel documento richiesto, non possono porre rimedio alle carenze della motivazione della decisione impugnata.

114    Ne consegue che la seconda parte del primo motivo è fondata.

115    Si deve pertanto annullare la decisione impugnata sulla base del primo motivo, da un lato, in quanto, alla luce dell’esame della sua prima parte, risulta che l’EMA ha attribuito alla decisione impugnata un oggetto che non corrispondeva alla domanda della ricorrente e, dall’altro, in quanto, alla luce dell’esame della seconda parte, l’Agenzia non ha, in ogni caso, sufficientemente esplicitato le ragioni di tale decisione nella motivazione di quest’ultima.

116    Di conseguenza, non occorre esaminare il secondo motivo che, contestando l’assenza di interesse pubblico prevalente, dovrebbe essere esaminato solo in via subordinata (v. precedente punto 104), nell’ipotesi in cui, sulla base di una decisione sufficientemente motivata e corrispondente all’oggetto della domanda, fosse dimostrato che la divulgazione del documento richiesto si sarebbe scontrata effettivamente con il carattere riservato delle informazioni commerciali alle quali la ricorrente voleva avere accesso.

 Sulle spese

117    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’EMA, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultima.

118    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, la Baxter AG e la Baxter Manufacturing SpA si faranno carico ciascuna delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) del 10 luglio 2020 che nega alla Kedrion SpA l’accesso all’elenco dei centri di raccolta e lavorazione del sangue contenuto nel master file del plasma della società farmaceutica Takeda è annullata.

2)      L’EMA è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Kedrion.

3)      La Baxter AG e la Baxter Manufacturing SpA si faranno carico ciascuna delle proprie spese.

Gervasoni

Nihoul

Frendo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 gennaio 2022.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.