Language of document : ECLI:EU:T:2020:409

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

9 settembre 2020 (*)

«Regime linguistico – Bando relativo a concorsi generali per l’assunzione di investigatori e di capi gruppo – Conoscenze linguistiche – Limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi alle sole lingue francese, inglese e tedesca – Test eliminatorio di comprensione linguistica in inglese – Lingua di comunicazione – Regolamento n. 1 – Articolo 1 quinquies, paragrafo 1, articolo 27 e articolo 28, lettera f), dello Statuto – Discriminazione fondata sulla lingua – Giustificazione – Interesse del servizio – Proporzionalità»

Nelle cause riunite T‑401/16 e T‑443/16,

Regno di Spagna, rappresentato da S. Centeno Huerta, in qualità di agente,

ricorrente nella causa T‑401/16,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente nella causa T‑443/16,

contro

Commissione europea, rappresentata, nella causa T‑401/16, da G. Gattinara, D. Milanowska e N. Ruiz García e, nella causa T‑443/16, da G. Gattinara e D. Milanowska, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa all’annullamento del bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/323/16, per la costituzione di elenchi di riserva di amministratori incaricati di funzioni di investigatori (AD 7) per i seguenti profili: «1 – Investigatori: spese dell’UE, lotta alla corruzione – 2 – Investigatori: dogane e commercio, tabacco e merci contraffatte», ed EPSO/AD/324/16, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori incaricati delle seguenti funzioni: «Investigatori (AD 9): capi gruppo» (GU 2016, C 187 A, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, D. Gratsias (relatore) e M. Kancheva, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito delle udienze del 5 dicembre 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia

1        Il 26 maggio 2016, l’Ufficio europeo per la selezione del personale (EPSO), creato in virtù della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002 (GU 2002, L 197, pag. 53), ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/323/16, per la costituzione di elenchi di riserva di amministratori incaricati di funzioni di investigatori (AD 7) per i seguenti profili: «1 – Investigatori: spese dell’UE, lotta alla corruzione – 2 – Investigatori: dogane e commercio, tabacco e merci contraffatte», ed EPSO/AD/324/16, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori incaricati delle seguenti funzioni: «Investigatori (AD 9): capi gruppo» (GU 2016, C 187 A, pag. 1; in prosieguo: il «bando impugnato»). Come viene precisato in tale bando, la Commissione europea, «principalmente l’Ufficio europeo per la lotta antifrode» (OLAF), istituito dalla decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom della Commissione, del 28 aprile 1999 (GU 1999, L 136, pag. 20), avrebbe attinto dagli elenchi suddetti per assumere nuovi funzionari dell’Unione europea.

2        Nell’introduzione del bando impugnato viene altresì indicato che quest’ultimo, unitamente alle Disposizioni generali relative ai concorsi generali, pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 27 febbraio 2015 (GU 2015, C 70 A, pag. 1; in prosieguo: le «Disposizioni generali»), costituisce il quadro giuridico vincolante che disciplina le procedure di selezione in questione. Tuttavia, viene ivi precisato che l’allegato II delle Disposizioni generali, intitolato «Orientamenti generali del collegio dei capi dei servizi amministrativi relativi all’uso delle lingue nei concorsi EPSO», non si applica alle procedure di selezione in questione ed è sostituito dal testo contenuto nell’allegato II del bando impugnato.

3        Il punto 1.3 delle Disposizioni generali contiene una sezione intitolata «Conoscenze linguistiche», in cui è indicato quanto segue:

«A seconda del concorso, sarà chiesto di dimostrare la conoscenza delle lingue ufficiali dell’[Unione europea] (…). Di norma, occorre avere una conoscenza approfondita [livello C1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)] di una lingua ufficiale dell’[Unione] e una conoscenza soddisfacente (livello B2 del QCER) di un’altra di queste lingue, ma il bando di concorso può imporre (...) condizioni più rigorose (in particolare nel caso dei profili per linguisti). Salvo indicazione contraria nel bando di concorso, la scelta della seconda lingua è in genere limitata al francese, all’inglese o al tedesco (…).

Secondo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e quelle che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli.

Le opzioni relative alla seconda lingua nei concorsi generali sono definite in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano. In caso contrario, il funzionamento effettivo delle istituzioni potrebbe essere seriamente compromesso.

Inoltre, per garantire la parità di trattamento tra i candidati, tutti i partecipanti ai concorsi – compresi coloro la cui prima lingua è una delle tre lingue ufficiali suddette – devono sostenere [alcune] prove nella loro seconda lingua, scelta tra queste tre lingue. Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente assai simile a quello in cui dovranno lavorare. Ciò non pregiudica la possibilità di una successiva formazione linguistica finalizzata all’apprendimento di una terza lingua di lavoro, conformemente all’articolo 45, paragrafo 2, dello statuto dei funzionari».

4        Nella parte del bando impugnato intitolata «Condizioni di ammissione», la quale stabilisce i requisiti che le persone interessate devono soddisfare al momento della convalida della loro candidatura, si richiede, a titolo delle condizioni specifiche di ammissione, «almeno il livello C1 [del QCER] in una delle 24 lingue ufficiali dell’[Unione]» – lingua questa che viene designata come «lingua 1» del concorso –, e «almeno il livello B2 [del QCER] in francese, inglese o tedesco». Questa seconda lingua, designata come la «lingua 2» del concorso, deve essere obbligatoriamente diversa dalla lingua scelta dal candidato come lingua 1.

5        In questa stessa parte, il bando impugnato precisa quanto segue:

«Per essere assunti nei due concorsi è richiesta una buona conoscenza dell’inglese (parlato e scritto). L’inglese è la principale lingua utilizzata dagli investigatori che operano nel settore della lotta alla corruzione e/o alla criminalità finanziaria in un contesto internazionale. Una buona padronanza dell’inglese è pertanto essenziale sia per tenere presentazioni e partecipare a dibattiti sia per redigere relazioni, ai fini di una cooperazione efficace e di un valido scambio di informazioni con le autorità nazionali di Stati membri e paesi terzi».

6        Nella medesima parte del bando impugnato si stabilisce altresì che «[i]l modulo di candidatura va compilato in francese, inglese o tedesco».

7        Inoltre, nella stessa parte del bando impugnato si dichiara che «[l]a seconda lingua del concorso deve essere scelta tra il francese, l’inglese e il tedesco», che «[s]ono queste le principali lingue di lavoro della Commissione e [che], nell’interesse del servizio, i neoassunti devono essere immediatamente in grado di lavorare e di comunicare in modo efficace nel loro lavoro quotidiano in almeno una di queste lingue». A tal fine, «[p]er ulteriori informazioni sulle lingue richieste per questi concorsi» i candidati vengono invitati a fare riferimento all’allegato II del bando impugnato, intitolato «Giustificazione del regime linguistico per le presenti procedure di selezione».

8        L’allegato II del bando impugnato contiene una parte introduttiva composta da sei commi, seguita da tre punti, il primo dei quali è intitolato «Giustificazione della scelta delle lingue per ciascuna procedura di selezione», il secondo «Criteri per scegliere le lingue delle singole procedure di selezione» e il terzo «Lingue di comunicazione».

9        La parte introduttiva dell’allegato II del bando impugnato è così formulata:

«I presenti concorsi sono concorsi specialistici indetti al fine di assumere investigatori e capi di gruppi di investigatori. I requisiti definiti nell[a parte] “CONDIZIONI DI AMMISSIONE” del presente bando sono in linea con i requisiti principali delle istituzioni dell’[Unione] in termini di competenze, esperienze e conoscenze specialistiche, e con la necessità che i nuovi assunti siano in grado di lavorare in modo efficace, in particolare insieme ad altri membri del personale.

Per questo motivo, i candidati sono tenuti a scegliere la loro seconda lingua di concorso tra un numero ristretto di lingue ufficiali dell’Unione. Tale limitazione è dovuta anche a vincoli di bilancio e operativi e deriva dalla natura stessa dei metodi di selezione dell’EPSO descritti di seguito ai punti 1, 2 e 3. I requisiti linguistici per i presenti concorsi sono stati decisi dal consiglio di amministrazione dell’EPSO, che ha tenuto conto di tali fattori e di altri requisiti specifici legati alla natura delle funzioni da svolgere e alle esigenze specifiche della Commissione (…).

Lo scopo principale dei presenti concorsi è creare una riserva di amministratori per eventuali assunzioni presso la Commissione (…). È fondamentale che, una volta assunti, gli amministratori siano immediatamente operativi e in grado di comunicare con i colleghi e i superiori gerarchici. Alla luce dei criteri relativi all’uso delle lingue nelle procedure di selezione dell’[Unione] descritti al punto 2, la Commissione (…) ritiene che il francese, l’inglese e il tedesco costituiscano le opzioni più appropriate per la scelta della seconda lingua nei presenti concorsi.

Dato che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più parlate, tradotte e usate nelle comunicazioni amministrative dal personale della Commissione (…), oltre che le lingue più comunemente usate nella comunicazione con i terzi ai fini delle indagini su casi di contraffazione, corruzione, dogane e commercio, i candidati devono presentare almeno una di esse tra le due lingue obbligatorie del concorso.

Si ritiene inoltre che la padronanza dell’inglese sia fondamentale per la cooperazione nei settori della criminalità finanziaria, della lotta contro la corruzione e contro la contraffazione delle merci in un contesto internazionale. Una buona padronanza dell’inglese è pertanto essenziale sia per tenere presentazioni e partecipare a dibattiti sia per redigere relazioni, ai fini di una cooperazione efficace e di un valido scambio di informazioni con le autorità nazionali di Stati membri e paesi terzi. Pertanto i candidati saranno sottoposti a un test aggiuntivo di comprensione linguistica in inglese durante la fase dell’Assessment Center [in prosieguo anche: il “Centro di valutazione”].

I candidati devono utilizzare la loro seconda lingua di concorso (francese, inglese e tedesco) per compilare l’atto di candidatura elettronico e l’EPSO deve utilizzare queste tre lingue per le comunicazioni generali ai candidati che hanno presentato un atto di candidatura valido e per le comunicazioni riguardanti alcune prove descritte al punto 3».

10      Il punto 1 dell’allegato II del bando impugnato, intitolato «Giustificazione della scelta delle lingue per ciascuna procedura di selezione», enuncia quanto segue:

«Le istituzioni dell’[Unione] ritengono che la decisione in merito alle lingue specifiche da utilizzare in ogni singola procedura di selezione e, in particolare, alla restrizione della scelta delle lingue debba essere adottata sulla base di alcune considerazioni riportate qui di seguito.

i)      La necessità che i neoassunti siano immediatamente operativi.

I neoassunti devono essere immediatamente operativi e capaci di svolgere le funzioni per le quali sono stati assunti. L’EPSO deve pertanto garantire che i candidati selezionati posseggano una conoscenza sufficiente di una combinazione linguistica che consenta loro di svolgere i propri compiti in modo efficace e in particolare che essi siano in grado di comunicare efficacemente nel lavoro quotidiano con i colleghi e i superiori gerarchici.

È quindi legittimo organizzare alcune prove in un numero ristretto di lingue veicolari per garantire che tutti i candidati padroneggino a livello operativo almeno una di queste lingue, a prescindere dalla loro prima lingua ufficiale. In caso contrario, si correrebbe il grosso rischio che gran parte dei candidati selezionati non sia in grado, entro un lasso di tempo ragionevole, di svolgere i compiti per i quali è stata assunta. Inoltre, non si terrebbe conto dell’ovvia considerazione che chi si candida a un posto di lavoro nel servizio pubblico dell’Unione europea desidera lavorare in un’amministrazione internazionale la quale, per funzionare bene e svolgere i compiti affidatile dai trattati dell’UE, deve far uso di lingue veicolari.

ii)      La natura della procedura di selezione

In alcuni casi, la limitazione della scelta della seconda lingua può essere altresì giustificata dalla natura della procedura di selezione.

In linea con l’articolo 27 dello statuto dei funzionari, nei concorsi generali l’EPSO valuta i candidati in base alle competenze in modo da poter prevedere meglio se essi saranno capaci di svolgere le loro funzioni.

L’Assessment Center è un metodo di selezione che consiste in prove di valutazione standardizzate, nel corso delle quali i membri della commissione giudicatrice osservano come i candidati agiscono in una serie di scenari diversi. La valutazione si fonda su un quadro di competenze definito in precedenza dall’autorità che ha il potere di nomina; la commissione giudicatrice usa un metodo concordato per l’attribuzione del punteggio e prende le sue decisioni collegialmente.

Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni dell’[Unione] di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente molto simile a quello in cui dovranno lavorare. Fondamentali ricerche scientifiche hanno mostrato che gli Assessment Center, che simulano situazioni di lavoro reali, sono il mezzo migliore per prevedere le prestazioni professionali e per questo motivo il metodo è utilizzato in tutto il mondo. Considerata la lunga durata delle carriere e il livello di mobilità nelle istituzioni dell’[Unione], una valutazione di questo tipo è quanto mai necessaria, in particolare per selezionare i funzionari statutari.

Per assicurare che i candidati siano valutati in modo equo e possano comunicare direttamente con i valutatori e con gli altri candidati che partecipano a una medesima prova, essi sono valutati insieme in un gruppo che comunica in una lingua comune. Di conseguenza, le prove dell’Assessment Center si svolgeranno in un numero ristretto di lingue, a meno che non riguardino un concorso con una sola lingua principale.

iii)      Vincoli di bilancio e operativi

Per diverse ragioni, il consiglio di amministrazione dell’EPSO ritiene che non sia possibile organizzare la fase dell’Assessment Center in tutte le lingue ufficiali dell’[Unione] per ogni singolo concorso.

In primo luogo, un tale approccio avrebbe pesanti implicazioni finanziarie, che minerebbero la capacità delle istituzioni dell’[Unione] di soddisfare le proprie esigenze di assunzione nell’ambito dell’attuale quadro di bilancio. Tali costi non sarebbero ragionevolmente giustificabili nemmeno nei confronti del contribuente europeo.

In secondo luogo, per svolgere le prove dell’Assessment Center in tutte le lingue [ufficiali], si dovrebbe impiegare un gran numero di interpreti per i concorsi EPSO e occorrerebbero sedi appropriate, dotate di cabine di interpretazione.

In terzo luogo, per coprire le diverse lingue utilizzate dai candidati, le commissioni giudicatrici dovrebbero essere composte da molti più membri».

11      Ai sensi del punto 2 dell’allegato II del bando impugnato, che reca il titolo «Criteri per scegliere le lingue delle singole procedure di selezione», è previsto quanto segue:

«Nei casi in cui ai candidati viene chiesto di scegliere tra un numero ristretto di lingue [ufficiali dell’Unione], il consiglio di amministrazione dell’EPSO deve stabilire caso per caso le lingue da impiegare nei singoli concorsi generali, tenendo conto di quanto segue:

i)      le norme interne relative all’uso delle lingue nelle istituzioni o negli organismi interessati;

ii)      le disposizioni specifiche relative alla natura delle funzioni da svolgere e alle particolari esigenze delle istituzioni interessate;

iii)      le lingue utilizzate più di frequente all’interno delle istituzioni interessate, sulla base dei seguenti elementi:

–        le competenze linguistiche dichiarate e comprovate, di livello B2 o superiore del [QCER], dei funzionari in servizio presso l’Unione (...);

–        le lingue verso le quali sono tradotti più di frequente i documenti ad uso interno delle istituzioni dell’[Unione];

–        le lingue a partire dalle quali sono tradotti più di frequente i documenti prodotti internamente dalle istituzioni dell’[Unione] e destinati all’esterno;

iv)      le lingue utilizzate nelle comunicazioni amministrative all’interno delle istituzioni interessate».

12      Infine, il punto 3 dell’allegato II del bando impugnato, intitolato «Lingue di comunicazione», precisa quanto segue:

«La presente [parte] descrive le disposizioni generali relative all’uso delle lingue di comunicazione tra l’EPSO e i candidati potenziali. Altre disposizioni specifiche potranno essere indicate nel bando di concorso.

L’EPSO prende in debita considerazione il diritto dei candidati, in quanto cittadini dell’[Unione], di comunicare nella propria lingua madre. Riconosce inoltre che chi convalida l’atto di candidatura è un membro potenziale della funzione pubblica dell’UE, con tutti i diritti e gli obblighi conferiti dallo statuto dei funzionari. Le istituzioni dell’UE ritengono pertanto che l’EPSO debba, ove possibile, comunicare con i candidati e fornire loro le informazioni relative alla loro candidatura in tutte le lingue ufficiali dell’[Unione]. Di conseguenza, gli elementi stabili del sito dell’EPSO, i bandi di concorso e le disposizioni generali applicabili ai concorsi generali sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali.

Le lingue da utilizzare per compilare l’atto di candidatura elettronico sono specificate in ciascun bando di concorso. Le istruzioni per la compilazione del modulo di candidatura devono essere fornite in tutte le lingue ufficiali. Queste disposizioni saranno applicate nel periodo transitorio necessario per istituire una procedura iniziale di candidatura online in tutte le lingue ufficiali.

Per comunicare in modo rapido ed efficiente, una volta che la candidatura iniziale è stata convalidata, l’EPSO ricorrerà a un numero ristretto di lingue ufficiali dell’[Unione] per le comunicazioni generali con vasti gruppi di candidati. A tal fine l’EPSO utilizzerà la prima o la seconda lingua del candidato, in linea con quanto indicato nel relativo bando di concorso.

I candidati possono rivolgersi all’EPSO in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’[Unione]. Tuttavia, per consentire all’EPSO di trattare una richiesta nel modo più efficiente, è opportuno scegliere detta lingua tra il numero ristretto di lingue nelle quali il personale dell’EPSO può fornire una risposta tempestiva senza dover ricorrere a una traduzione.

Inoltre, alcune prove potranno essere organizzate in un numero limitato di lingue ufficiali dell’[Unione] allo scopo di garantire che i candidati abbiano le competenze linguistiche necessarie per partecipare alla fase di valutazione del relativo concorso generale. Le lingue da utilizzare nelle diverse prove sono indicate nel bando di concorso.

Le istituzioni dell’[Unione] ritengono che le suddette disposizioni garantiscano un giusto e adeguato equilibrio tra gli interessi del servizio e il principio del multilinguismo e della non discriminazione in base alla lingua. L’obbligo per tutti i candidati di scegliere una seconda lingua diversa dalla prima (di norma la lingua materna o equivalente) garantisce che i candidati siano valutati su un piano di parità».

13      Nella parte del bando impugnato intitolata «Modalità di selezione», viene indicato, al punto 1, che i test del tipo «a scelta multipla» su computer, vale a dire i test di ragionamento verbale, di ragionamento numerico e di ragionamento astratto, che costituiscono la prima fase delle procedure di selezione in questione, sono organizzati nella lingua scelta, da ciascun candidato, come prima lingua del concorso.

14      Inoltre, ai sensi del punto 3 della suddetta parte del bando, a seguito della «selezione in base alle qualifiche», che costituisce la seconda fase dei concorsi oggetto del bando impugnato, i candidati che hanno riportato i migliori punteggi complessivi verranno invitati a sostenere, nella lingua da essi scelta come seconda lingua di concorso, le prove del Centro di valutazione (Assessment Center), ultima fase dei concorsi, che comprende vari test, intesi a valutare diverse competenze dei candidati.

15      Peraltro, in occasione di questa fase, e per le ragioni indicate nella parte del bando impugnato intitolata «Condizioni di ammissione» (v. punto 5 supra), i candidati saranno chiamati a sostenere un test di comprensione linguistica in inglese. Secondo il bando impugnato, quest’ultimo test «è eliminatorio, ma il suo punteggio non sarà conteggiato nel calcolo del punteggio complessivo dell’Assessment Center».

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 luglio 2016, il Regno di Spagna ha presentato il proprio ricorso nella causa T‑401/16.

17      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 agosto 2016, la Repubblica italiana ha presentato il proprio ricorso nella causa T‑443/16.

18      Il 15 settembre 2016, il Tribunale ha emesso la sentenza Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). Mediante tale sentenza, il Tribunale ha annullato i bandi relativi ai concorsi generali EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori (GU 2014, C 74 A, pag. 1), ed EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore nel settore della protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1), a motivo del fatto che la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, da un lato, della scelta della seconda lingua di tali concorsi e, dall’altro, delle lingue di comunicazione tra l’EPSO e i candidati configurava una discriminazione ingiustificata fondata sulla lingua.

19      La Commissione ha depositato il controricorso nella causa T‑401/16, Spagna/Commissione, in data 12 ottobre 2016, e nella causa T‑443/16, Italia/Commissione, in data 21 ottobre 2016.

20      Il 25 novembre 2016, la Commissione ha proposto un’impugnazione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495), registrata con il numero di causa C‑621/16 P.

21      La replica e la controreplica nella causa T‑401/16, Spagna/Commissione, sono state depositate, rispettivamente, il 21 dicembre 2016 e il 1° febbraio 2017.

22      Il 20 gennaio 2017, da un lato, il Tribunale ha invitato le parti a prendere posizione in merito alla rilevanza della causa pendente dinanzi alla Corte e registrata con il numero C‑621/16 P per quanto riguarda le presenti cause, nonché in merito ad un’eventuale sospensione del procedimento nelle presenti cause, in applicazione dell’articolo 69 del regolamento di procedura del Tribunale, fino alla pronuncia della sentenza della Corte nella causa suddetta. Dall’altro lato, il Tribunale ha chiesto alle parti di presentare le loro osservazioni in merito ad un’eventuale riunione delle presenti cause e della causa T‑437/16, Italia/Commissione, ai fini della fase orale del procedimento o della decisione che conclude il giudizio, in applicazione dell’articolo 68 del regolamento di procedura. Le parti hanno ottemperato a tali richieste entro il termine assegnato.

23      Con decisione del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 21 febbraio 2017, il procedimento nelle presenti cause è stato sospeso fino alla pronuncia della sentenza nella causa C‑621/16 P.

24      Il 26 marzo 2019, la Corte ha emesso le sentenze Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249) e Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). Con la prima di queste sentenze, la Corte ha annullato l’invito a manifestazione d’interesse Agenti contrattuali – Gruppo di funzioni I – Autisti (U/D), EP/CAST/S/16/2016, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 14 aprile 2016 (GU 2016, C 131 A, pag. 1), nonché la base di dati costituita in virtù del suddetto invito a manifestazione di interesse, in ragione segnatamente del fatto che il Parlamento europeo non aveva dimostrato che la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, da un lato, della scelta della seconda lingua della procedura di selezione in questione e, dall’altro, delle lingue di comunicazione tra il Parlamento e i candidati era oggettivamente e ragionevolmente giustificata alla luce di un legittimo obiettivo di interesse generale nel quadro della politica del personale. Con la seconda sentenza, la Corte ha respinto l’impugnazione proposta dalla Commissione contro la sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione (T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495). A seguito della pronuncia di tale seconda sentenza, il procedimento è ripreso nelle presenti cause.

25      Il 3 aprile 2019, le parti sono state invitate a presentare al Tribunale le loro osservazioni in merito alle conseguenze da trarre, ai fini delle presenti cause, dalla pronuncia delle sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑621/16 P, EU:C:2019:251). Le parti hanno ottemperato a tale richiesta entro il termine assegnato.

26      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato alla Nona Sezione, alla quale sono state di conseguenza attribuite le presenti cause.

27      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento nelle presenti cause e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, da un lato, ha invitato le parti a depositare taluni documenti, ciò che esse hanno fatto entro il termine assegnato, e, dall’altro, ha sottoposto loro alcuni quesiti scritti affinché vi fosse data risposta all’udienza.

28      Con decisione della presidente della Nona Sezione del Tribunale del 6 novembre 2019, le cause T‑437/16, Italia/Commissione, e T‑443/16, Italia/Commissione, sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento, in conformità dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura.

29      Nella causa T‑401/16, Spagna/Commissione, le parti sono state ascoltate nelle loro esposizioni difensive nonché nelle loro risposte ai quesiti scritti e a quelli orali sottoposti dal Tribunale in occasione di un’udienza svoltasi il 5 dicembre 2019.

30      Nelle cause T‑437/16, Italia/Commissione, e T‑443/16, Italia/Commissione, le parti sono state ascoltate nelle loro esposizioni difensive nonché nelle loro risposte ai quesiti scritti e orali sottoposti dal Tribunale in occasione di un’altra udienza tenutasi il 5 dicembre 2019.

31      Con ordinanze del 27 gennaio 2020, la presidente della Nona Sezione del Tribunale ha riaperto la fase orale del procedimento nelle cause T‑401/16, Spagna/Commissione, T‑437/16, Italia/Commissione, e T‑443/16, Italia/Commissione, in applicazione dell’articolo 113, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di procedura.

32      Con decisione della presidente della Nona Sezione del Tribunale dell’11 febbraio 2020, sentite le parti, le cause T‑437/16, Italia/Commissione, e T‑443/16, Italia/Commissione, sono state separate, a norma dell’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

33      Con decisione della presidente della Nona Sezione del Tribunale del 3 marzo 2020, sentite le parti, le cause T‑401/16, Spagna/Commissione, e T‑443/16, Italia/Commissione, sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento nonché della decisione che conclude il giudizio, in conformità dell’articolo 68, paragrafi 1 e 2, del regolamento di procedura.

34      Con decisione del 6 marzo 2020, la presidente della Nona Sezione del Tribunale ha chiuso la fase orale del procedimento nelle presenti cause.

35      Nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

36      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        rigettare il ricorso;

–        condannare il Regno di Spagna alle spese.

37      Nella causa T‑443/16, la Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

38      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        rigettare il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

III. In diritto

39      A sostegno del suo ricorso nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna deduce tre motivi, riguardanti: il primo, una violazione degli articoli 1 e 2 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato (in prosieguo: il «regolamento n. 1»), dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 1 quinquies dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), a motivo della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta delle lingue di comunicazione tra l’EPSO e i candidati ai concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato; il secondo, una violazione degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27 e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1 dell’allegato III dello Statuto, a motivo della limitazione alle sole tre lingue summenzionate della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato, «con esclusione delle altre lingue ufficiali dell’Unione (...)»; e, il terzo, l’esistenza di una discriminazione in base alla lingua, vietata dall’articolo 1 del regolamento n. 1, dall’articolo 22 della Carta, nonché dall’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto.

40      Nella causa T‑443/16, la Repubblica italiana fa valere sette motivi, riguardanti: il primo, una violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE; il secondo, una violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1; il terzo, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto; il quarto, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE e del principio della tutela del legittimo affidamento; il quinto, uno sviamento di potere nonché una violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», in particolare dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, dell’articolo 28, lettera f), dell’articolo 34, paragrafo 3, e dell’articolo 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché del principio di proporzionalità; il sesto, una violazione dell’articolo 18 e dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto; e, il settimo, una violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto e del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti».

41      Occorre constatare che, mediante i motivi menzionati al punto 40 supra, sia il Regno di Spagna che la Repubblica italiana contestano, in sostanza, la legittimità di due parti del regime linguistico dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato. In particolare, essi contestano, da un lato, le disposizioni del bando impugnato che limitano alle sole lingue francese, inglese e tedesca la scelta della seconda lingua di tali concorsi e, dall’altro, le disposizioni del bando suddetto relative alle lingue che possono essere utilizzate nelle comunicazioni tra i candidati a tali concorsi e l’EPSO.

42      Occorre anzitutto rilevare che, nella misura in cui, secondo il bando impugnato, alcune prove si svolgerebbero nella lingua scelta dai candidati quale seconda lingua dei concorsi in questione, un’eventuale illegittimità della limitazione della scelta di questa seconda lingua determinerebbe, necessariamente, l’illegittimità dell’organizzazione della totalità delle prove di concorso.

43      Pertanto, occorre esaminare di seguito, alla luce dei motivi di ricorso dedotti e degli argomenti presentati dalle parti, la legittimità di queste due parti del bando impugnato.

A.      Sulla legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato

44      La parte del bando impugnato che verte sulla limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione costituisce l’oggetto del secondo e del terzo motivo di ricorso dedotto dal Regno di Spagna nella causa T‑401/16 e, in sostanza, del terzo e del settimo motivo di ricorso fatti valere dalla Repubblica italiana nella causa T‑443/16.

45      Il secondo motivo invocato nella causa T‑401/16 dal Regno di Spagna riguarda una violazione degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27 e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1 dell’allegato III dello Statuto, a causa della limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato alle sole lingue francese, inglese e tedesca. Secondo il Regno di Spagna, tale limitazione è fondata, segnatamente, su una motivazione «stereotipata» suscettibile di trovare applicazione a qualsivoglia procedura di concorso. Per giunta, la suddetta motivazione non risulta proporzionata e non garantisce la scelta dei candidati in possesso delle migliori qualifiche.

46      Il terzo motivo invocato dal Regno di Spagna concerne l’esistenza di una discriminazione fondata sulla lingua, vietata dall’articolo 1 del regolamento n. 1, dall’articolo 22 della Carta, nonché dall’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto. Il Regno di Spagna sostiene, in sostanza, che le ragioni addotte nel bando impugnato sono prive di rilevanza, in quanto a sostegno della limitazione in sé considerata non sono state addotte giustificazioni o elementi di prova di alcun tipo.

47      Nella causa T‑443/16, il terzo motivo dedotto dalla Repubblica italiana si riferisce al fatto che la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca viola l’articolo 6, paragrafo 3, TUE, l’articolo 18 TFUE, l’articolo 22 della Carta, gli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, l’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, l’articolo 27, secondo comma, e l’articolo 28, lettera f), dello Statuto, nonché l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto. Nell’ambito di tale motivo di ricorso, la Repubblica italiana reputa, in particolare, che una limitazione siffatta configuri una discriminazione fondata sulla lingua e che le ragioni esposte al riguardo nel bando impugnato non siano idonee a dimostrare l’esistenza delle reali esigenze che concretamente la giustificano.

48      Il settimo motivo invocato dalla Repubblica italiana riguarda una violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto e del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti». Nell’ambito di tale motivo di ricorso, la Repubblica italiana deduce, in particolare, un difetto di motivazione nonché un’insufficienza di motivazione del bando impugnato, argomentando che soltanto ragioni attinenti alle specifiche esigenze del servizio potrebbero giustificare una discriminazione fondata sulla lingua.

49      Risulta da quanto si è appena esposto che, mediante i motivi di ricorso menzionati supra ai punti da 45 a 48, che vanno esaminati congiuntamente, il Regno di Spagna e la Repubblica italiana contestano, in sostanza, la fondatezza, in riferimento alle diverse disposizioni da essi invocate, delle ragioni addotte nel bando impugnato per la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione, tenendo presente che la Repubblica italiana allega inoltre in modo espresso una violazione dell’obbligo di motivazione.

1.      Sulla motivazione del bando impugnato 

50      Per quanto riguarda, anzitutto, un eventuale difetto o un’eventuale insufficienza di motivazione del bando impugnato, fatti valere nell’ambito del settimo motivo di ricorso dedotto dalla Repubblica italiana nella causa T‑443/16, la Commissione sostiene che la giustificazione della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione è stata correttamente fornita nell’allegato II del bando suddetto e confermata dagli elementi di fatto forniti negli allegati del controricorso. D’altronde, in proposito, detta istituzione ricorda che, in base alla giurisprudenza, poiché il bando impugnato è un atto di portata generale, la sua motivazione può limitarsi a indicare, da un lato, la «situazione complessiva» che ha condotto all’adozione dell’atto in questione e, dall’altro, «gli obiettivi generali» che esso si prefigge.

51      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una formalità sostanziale, la quale va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che invece attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esporre formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano inficiate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito dell’atto in questione, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur esponendo ragioni errate [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 79 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata].

52      Nel caso di specie, come risulta dalle considerazioni esposte nella parte del bando impugnato intitolata «Condizioni di ammissione» nonché nell’allegato II di quest’ultimo, quali riportate supra ai punti da 5 a 12, tale bando contiene senz’altro una motivazione tesa a giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione. Più precisamente, ivi viene indicato che tale limitazione è stata decisa alla luce dei criteri definiti al punto 2 dell’allegato II del bando suddetto (v. punto 11 supra) e che essa è fondata su tre ragioni, vale a dire, in primis, la necessità che le persone neoassunte siano immediatamente operative, in secundis, la natura della procedura di selezione e, in tertiis, i vincoli di bilancio e operativi. Tali ragioni vengono annunciate nella parte introduttiva di detto allegato (v. punto 9 supra) e costituiscono l’oggetto di una descrizione più ampia al punto 1, lettere da i) a iii), del medesimo allegato (v. punto 10 supra). Pertanto, non si può imputare all’autore del bando in questione, ossia l’EPSO, una violazione dell’obbligo di motivazione. La questione della fondatezza di tale motivazione è distinta e verrà esaminata qui di seguito.

2.      Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato per la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione 

53      In via preliminare, occorre far presente che, come risulta dai punti 7 e 15 supra, il bando impugnato, oltre a limitare, a titolo delle condizioni specifiche di ammissione, la scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, prevede altresì un test di comprensione linguistica in inglese a carattere eliminatorio che deve svolgersi in occasione della fase del Centro di valutazione. Orbene, la disposizione relativa a tale valutazione è distinta e non incide su quelle relative alla limitazione della scelta della seconda lingua di tali concorsi, nel senso che, sebbene il bando impugnato imponga un requisito specifico concernente l’inglese, esso prevede nondimeno che i candidati siano tenuti a dichiarare una seconda lingua la quale può essere scelta soltanto tra il francese, l’inglese e il tedesco. Di conseguenza, la verifica dell’eventuale esistenza di una discriminazione, nonché, eventualmente, della fondatezza delle ragioni addotte per giustificare la stessa, verrà effettuata in riferimento a queste tre lingue.

a)      Sullesistenza di una discriminazione 

54      Nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna sostiene che la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato alle sole lingue francese, inglese e tedesca costituisce una discriminazione fondata sulla lingua ai sensi dell’articolo 22 della Carta. Si tratterebbe infatti di una disparità di trattamento, il cui carattere arbitrario sarebbe tanto più manifesto per il fatto che l’unica lingua che sarebbe realmente necessaria nel settore in cui i vincitori dei concorsi in questione sarebbero chiamati a lavorare è l’inglese.

55      Allo stesso modo, nella causa T‑443/16, la Repubblica italiana sostiene che il principio del multilinguismo, tutelato dall’articolo 22 della Carta, non permette di limitare la scelta della seconda lingua di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali, bensì implica, al contrario, la possibilità per i candidati di scegliere, a tale titolo, qualsiasi lingua ufficiale. A suo avviso, se invero risulta da alcune disposizioni dello Statuto, e in particolare dall’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto stesso, che sarebbe possibile apportare delle restrizioni alla scelta di questa seconda lingua, tali restrizioni non potrebbero mai costituire la regola per tutti i concorsi.

56      La Commissione respinge l’argomentazione del Regno di Spagna e della Repubblica italiana. Essa sostiene, in sostanza, che, poiché la limitazione linguistica prevista dal bando impugnato riguarda unicamente la seconda lingua che i candidati ai concorsi in questione dovrebbero scegliere per partecipare ad alcune prove, e non l’utilizzazione della loro lingua materna o della loro prima lingua dichiarata, essa non determina alcuna discriminazione in base alla lingua. Ciò sarebbe tanto più vero per il fatto che, in occasione della fase del Centro di valutazione, tutti i candidati sarebbero tenuti a sostenere le prove in una seconda lingua diversa dalla prima.

57      Inoltre, la Commissione ritiene che l’argomentazione secondo cui solo l’inglese sarebbe realmente necessario per lavorare all’OLAF avrebbe l’effetto paradossale di autorizzare una limitazione della seconda lingua dei concorsi in questione ad un’unica lingua e di escludere una limitazione contemplante una più ampia facoltà di scelta a beneficio delle tre lingue più utilizzate nel suddetto servizio amministrativo.

58      A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 1 del regolamento n. 1 prevede quanto segue:

«Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese».

59      Occorre rilevare, parimenti, che, come si è ricordato al punto 67 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), se l’articolo 1 del regolamento n. 1 enuncia espressamente quali sono le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione, l’articolo 6 del medesimo regolamento stabilisce che tali istituzioni possono determinare nei loro rispettivi regolamenti interni le modalità di applicazione del regime linguistico stabilito da detto regolamento. Nello stesso punto della sentenza sopra citata, la Corte ha d’altronde constatato che le istituzioni interessate dai bandi di concorso controversi in quella causa non avevano stabilito, sulla base dell’articolo 6 del citato regolamento, le modalità di applicazione di tale regime linguistico nei loro regolamenti interni.

60      A questo proposito, occorre anzitutto constatare come non sia possibile dimostrare, sulla base degli elementi emergenti dai fascicoli delle presenti cause, che l’istituzione cui appartiene il servizio principalmente interessato dal bando impugnato avesse, precedentemente alla pubblicazione del bando suddetto, adottato disposizioni nel proprio regolamento interno intese a definire le modalità di applicazione del regime linguistico generale istituito dal regolamento n. 1, in conformità dell’articolo 6 di quest’ultimo. Al contrario, secondo la Commissione, «nessuna istituzione ha mai adottato un simile regolamento».

61      Inoltre, l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto stabilisce che, nell’applicazione di quest’ultimo, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, tra l’altro, sulla lingua. A norma del paragrafo 6, prima frase, del medesimo articolo, «[n]el rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale».

62      Oltre a ciò, l’articolo 28, lettera f), dello Statuto dispone che, per la nomina a funzionario, è necessario avere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Tale disposizione precisa invero che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, ma non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle lingue ufficiali menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 85 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 55 e la giurisprudenza ivi citata].

63      Siffatti criteri non risultano neppure dall’articolo 27 dello Statuto, il cui primo comma dispone, senza fare riferimento a delle conoscenze linguistiche, che «[l]e assunzioni debbono assicurare all’istituzione la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri dell’Unione», e che «nessun impiego deve essere riservato ai cittadini di un determinato Stato membro». Lo stesso vale per il secondo comma del medesimo articolo, il quale si limita ad enunciare che, «[i]n virtù del principio di uguaglianza dei cittadini dell’Unione, ciascuna istituzione è autorizzata ad adottare misure appropriate in seguito alla constatazione di uno squilibrio significativo tra le nazionalità dei funzionari che non sia giustificato da criteri obiettivi», precisando, segnatamente, che «[t]ali misure appropriate devono essere motivate e non devono mai concretizzarsi in criteri di assunzione diversi da quelli basati sul merito».

64      Infine, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, il bando di concorso può specificare eventualmente le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a limitare la scelta della seconda lingua di un concorso a un numero ristretto di lingue ufficiali tra quelle menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1 [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 86 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata].

65      Risulta dall’insieme di queste considerazioni che la limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue, con esclusione delle altre lingue ufficiali, costituisce una discriminazione fondata sulla lingua, in linea di principio vietata dall’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 66). È infatti evidente che, mediante una limitazione siffatta, alcuni potenziali candidati, ossia quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate, sono favoriti, in quanto essi possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre altri, che non possiedono tale conoscenza linguistica, sono esclusi dal concorso in questione [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 91 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata].

66      La conclusione che precede non può essere infirmata dagli argomenti presentati dalla Commissione.

67      In primo luogo, l’argomento secondo cui la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato non costituirebbe una discriminazione fondata sulla lingua, «poiché la limitazione dell’uso della lingua nel concorso non riguarda la lingua madre o prima lingua dei candidati, ma solo la seconda lingua che essi devono scegliere», deve essere respinto perché inoperante. Infatti, la portata del divieto di una discriminazione fondata sulla lingua, enunciato all’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto, non è limitata all’utilizzazione della lingua materna delle persone rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione o della prima lingua dichiarata nell’ambito di un concorso per l’assunzione di funzionari o di agenti dell’Unione.

68      In secondo luogo, non può che rigettarsi l’argomento della Commissione relativo alla possibilità per i candidati di utilizzare la loro lingua materna per i test a scelta multipla su computer, là dove in tal caso la lingua delle prove del Centro di valutazione deve essere obbligatoriamente differente. Infatti, nessuna disposizione del bando impugnato permette di ritenere che i candidati saranno necessariamente indotti a sostenere i test a scelta multipla su computer nella loro lingua principale (ossia, generalmente, la loro lingua materna), e ancor meno che essi siano tenuti a fare ciò. Così, nulla impedisce ad un candidato, la cui lingua principale sia il francese, l’inglese o il tedesco e che disponga altresì di una conoscenza approfondita di un’altra di queste tre lingue, di dichiarare quest’ultima lingua come la propria prima lingua del concorso e, così, di sostenere le altre prove previste dal bando impugnato nella sua lingua principale. È pertanto evidente che un candidato la cui lingua principale non sia alcuna delle tre lingue summenzionate non sarebbe in grado di fare una scelta paragonabile. L’esempio di test di ragionamento verbale presentato dalla Commissione nella causa T‑443/16 non può rimettere in discussione la valutazione di cui sopra, in quanto non si può escludere, soltanto sulla base di tale documento, che la conoscenza approfondita, o addirittura la perfetta padronanza, di una lingua diversa dalla lingua principale possa permettere al candidato in questione di superare questo tipo di test.

69      In terzo luogo, deve essere parimenti respinto l’argomento della Commissione secondo cui sarebbe paradossale ammettere una limitazione alla sola lingua che il Regno di Spagna e la Repubblica italiana considerano necessaria, ossia l’inglese, anziché una limitazione più «ampia» a beneficio di tre lingue. A questo proposito, occorre sottolineare che l’articolo 1 quinquies dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, e ciò indipendentemente dal numero delle vittime di una discriminazione siffatta. Del tutto diversa è la questione di sapere se una discriminazione possa essere tollerata per altre ragioni, nel qual caso il numero delle potenziali vittime di una discriminazione può costituire un valido argomento, che depone a favore del carattere proporzionato della misura di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 96 (non pubblicato)].

70      Oltre a ciò, indubbiamente, secondo il punto 94 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), l’obiettivo di assicurare alle istituzioni la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione di un concorso nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti. Tuttavia, contrariamente a quanto risulta dagli scritti difensivi della Commissione, dalla sentenza sopra citata non può desumersi che qualsiasi limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati sarebbe giustificata a condizione che questi ultimi possano scegliere, tra le lingue proposte dal bando impugnato, quella che essi padroneggiano meglio dopo la loro lingua materna. Infatti, nulla esclude che la seconda lingua della quale i suddetti candidati «si reputano maggiormente esperti», ai sensi del punto 94 della sentenza summenzionata, sia una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco [v. sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 95 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 62 e la giurisprudenza ivi citata].

71      Tuttavia, secondo la giurisprudenza, risulta dall’insieme delle disposizioni summenzionate che l’interesse del servizio può costituire un obiettivo legittimo suscettibile di essere preso in considerazione. In particolare, se indubbiamente l’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, il paragrafo 6, prima frase, del medesimo articolo stabilisce nondimeno che delle limitazioni a tale divieto sono possibili, a condizione che esse siano «oggettivamente e ragionevolmente giustificat[e]» e rispondano a «obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale» (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 89).

72      Pertanto, l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono le istituzioni dell’Unione per quanto riguarda l’organizzazione dei loro servizi, al pari dell’EPSO allorché quest’ultimo esercita, come nella specie, poteri che gli sono affidati da dette istituzioni, incontra i limiti imperativi fissati dall’articolo 1 quinquies dello Statuto, di modo che le disparità di trattamento fondate sulla lingua risultanti da una limitazione del regime linguistico di un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali possono essere ammesse soltanto qualora tale limitazione sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 90 e la giurisprudenza ivi citata).

73      Alla luce di quanto sopra esposto, poiché la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato integra una discriminazione fondata sulla lingua, in linea di principio vietata ai sensi dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto (v. punto 65 supra), occorre esaminare se, limitando tale scelta alle lingue francese, inglese e tedesca, l’EPSO abbia violato l’articolo 1 quinquies dello Statuto, mediante l’introduzione di una discriminazione non giustificata.

b)      Sullesistenza di una giustificazione della discriminazione controversa

74      Nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna sostiene che le ragioni addotte nel bando impugnato, essenzialmente identiche a quelle esaminate nella causa decisa dalla sentenza del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione (T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690), non corrispondono ad obiettivi legittimi idonei a giustificare la limitazione controversa.

75      Infatti, in primo luogo, il semplice riferimento all’interesse del servizio «in generale», senza che venga istituito un collegamento concreto con le funzioni specifiche da esercitare in seno all’OLAF, non può essere considerato una giustificazione sufficiente. In secondo luogo, la limitazione controversa sarebbe tanto meno giustificata per il fatto che soltanto la padronanza dell’inglese sarebbe essenziale per l’esercizio delle funzioni in questione, ragione per la quale il bando impugnato avrebbe previsto un test eliminatorio di comprensione linguistica in questa lingua. In terzo luogo, la ragione attinente alla necessità di disporre di candidati immediatamente operativi non sarebbe valida, in quanto sarebbe possibile che passino vari mesi tra la fine delle prove e l’assunzione. Lo stesso varrebbe per quanto riguarda la ragione attinente alla natura delle procedure di selezione, nella misura in cui, se si trattasse di una semplice questione di efficienza, la seconda lingua dei concorsi in questione non dovrebbe poter essere scelta tra tre lingue, bensì dovrebbe essere unica.

76      Inoltre, il Regno di Spagna sostiene che la limitazione controversa non è proporzionata. Per quanto riguarda, segnatamente, le prove dei concorsi in questione, il bando impugnato prevedrebbe un’utilizzazione marginale della prima lingua dei candidati rispetto alla seconda, il che avrebbe come conseguenza di far prevalere considerazioni di efficienza sull’obbligo di selezionare i candidati in possesso delle migliori caratteristiche per esercitare le funzioni specifiche contemplate dal bando suddetto.

77      Infine, e in subordine, il Regno di Spagna sostiene che, anche supponendo che le ragioni evocate nel bando impugnato corrispondano alla realtà, esisterebbero altre lingue la cui importanza è equivalente o superiore a quella del francese, dell’inglese e del tedesco e che sono state arbitrariamente escluse nel caso di specie. Questo varrebbe per lo spagnolo, lingua di diffusione internazionale, soprattutto se le funzioni che i vincitori dei concorsi in questione sono chiamati ad esercitare si svolgono in paesi terzi.

78      Al pari del Regno di Spagna, la Repubblica italiana ritiene, nella causa T‑443/16, che una limitazione della scelta della seconda lingua di un concorso presupporrebbe che vengano illustrate e motivate in maniera adeguata le necessità specifiche che concretamente giustificano la limitazione stessa, nel senso che occorrerebbe istituire un collegamento tra tale seconda lingua e le funzioni specifiche che dovranno essere esercitate dai vincitori dei concorsi di cui trattasi.

79      Nel caso di specie, il bando impugnato non istituirebbe un siffatto collegamento per quanto riguarda l’inglese, considerato indispensabile per esercitare le funzioni specifiche di investigatore antifrode. Pertanto, il fatto di considerare come seconde lingue ammissibili per i concorsi in questione, oltre all’inglese, anche il francese e il tedesco, ad esclusione delle altre lingue ufficiali dell’Unione, non appare legittimo.

80      In tale contesto, le ragioni esposte nel bando impugnato non sarebbero idonee a giustificare la limitazione controversa.

81      Per quanto riguarda, in primo luogo, la ragione attinente alla necessità di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi, la Repubblica italiana ritiene che, tenuto conto dell’importanza attribuita, nel caso di specie, alla conoscenza dell’inglese, sarebbe improbabile che i candidati che padroneggiano unicamente il francese o il tedesco possano essere considerati operativi nell’immediato od anche a termine. Inoltre, per quanto riguarda il riferimento alle esigenze di comunicazione interna, la Repubblica italiana ritiene che il bando impugnato non dimostri assolutamente in che modo tale comunicazione sarebbe essenziale per l’esecuzione dei compiti specifici di cui sarebbero incaricati i vincitori dei concorsi in questione, né perché essa dovrebbe necessariamente svolgersi in una delle tre lingue summenzionate.

82      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la ragione addotta attinente alla natura della procedura di selezione, la Repubblica italiana sostiene che una considerazione siffatta non è idonea a giustificare, di per sé stessa, una discriminazione linguistica di tale portata. Per giunta, il bando impugnato non esporrebbe i motivi per i quali soltanto l’utilizzazione del francese, dell’inglese e del tedesco sarebbe idonea ad assicurare la massima efficacia di tale procedura.

83      Per quanto riguarda, in terzo e ultimo luogo, la ragione addotta attinente ai vincoli di bilancio e operativi, la Repubblica italiana sostiene che eventuali esigenze di natura finanziaria non possono mai giustificare, di per sé sole, una discriminazione che leda un diritto fondamentale. In ogni caso, l’allegato II del bando impugnato non indicherebbe quali sarebbero i costi di un sistema diverso, né perché soltanto un sistema fondato sulle tre lingue designate nel caso di specie, e non, ad esempio, su altre tre lingue, sarebbe compatibile con le esigenze di bilancio.

84      Per parte sua, la Commissione sottolinea che l’ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni dell’Unione in materia di politica del personale permette loro di definire l’interesse del servizio e le competenze di cui devono disporre le persone di nuova assunzione ai sensi dell’articolo 27, primo comma, dello Statuto, ma anche di stabilire gli obiettivi suscettibili di giustificare una limitazione linguistica ai sensi dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 6, prima frase, dello Statuto.

85      Nel caso di specie, secondo il bando impugnato, l’interesse del servizio consisterebbe nella necessità di assicurare il funzionamento efficace dell’OLAF mediante l’assunzione di personale immediatamente operativo che, grazie alla sua conoscenza di una delle lingue veicolari, potrebbe integrarsi più facilmente in un ambiente di lavoro nuovo e internazionale.

86      Così, secondo la Commissione, la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca si basa su elementi oggettivi, ossia il fatto che queste tre lingue sono quelle più frequentemente parlate, tradotte e utilizzate dal personale dell’OLAF nella comunicazione amministrativa nonché nelle comunicazioni con i terzi nel quadro di indagini condotte sotto la sua autorità.

87      A sostegno di tale affermazione, la Commissione produce nelle due cause una serie di elementi relativi alle lingue utilizzate dal personale dell’OLAF in generale e in alcune attività di tale servizio in particolare. Inoltre, essa fornisce, con il suo controricorso nella causa T‑443/16 e, per la prima volta, con la sua controreplica nella causa T‑401/16, un insieme di testi adottati nel suo seno che essa ritiene possano costituire una forma di regime linguistico interno.

88      Per quanto riguarda il riferimento speciale all’utilizzazione dell’inglese, la Commissione ritiene che non esista alcuna contraddizione tra la necessità di avere una buona conoscenza di questa lingua e la limitazione prevista dal bando impugnato, dal momento che qualsiasi persona che padroneggi sufficientemente l’inglese rispetterebbe automaticamente la condizione di ammissione relativa alla seconda lingua dei concorsi in questione. Non avrebbe potuto essere altrimenti, in quanto un obbligo di conoscere tre lingue cumulativamente per essere ammessi a un concorso non sarebbe stato compatibile con l’articolo 28, lettera f), dello Statuto.

89      In via generale, la limitazione prevista dal bando impugnato avrebbe come effetto di garantire che qualsiasi candidato interessato possieda una conoscenza sufficiente di una delle tre lingue che fungono da lingue veicolari in seno all’istituzione in questione. Così, un candidato che non fosse in grado di comunicare in una di queste tre lingue non sarebbe destinato a divenire un funzionario «dotat[o] delle più alte qualità di competenza» ai sensi dell’articolo 27 dello Statuto.

90      Inoltre, la Commissione sostiene che l’approccio secondo cui la seconda lingua dei concorsi in questione dovrebbe poter essere scelta tra tutte le lingue ufficiali determinerebbe un costo economico notevole. Orbene, in un contesto di lavoro contrassegnato da una netta preponderanza del francese, dell’inglese e del tedesco, tale costo sarebbe manifestamente ingiustificato.

91      Un simile approccio non terrebbe neppure conto della specificità delle prove del Centro di valutazione. Secondo la Commissione, dal momento che è poco probabile che i membri della commissione giudicatrice padroneggino la totalità delle lingue ufficiali dell’Unione, i candidati sarebbero portati ad esprimersi con l’aiuto di interpreti, il che risulterebbe totalmente assurdo alla luce dell’obiettivo di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi.

92      Quanto alla diffusione internazionale di alcune lingue diverse dal francese, dall’inglese o dal tedesco, la Commissione ritiene che il numero di persone che parlano una lingua in paesi terzi non sia un criterio previsto dal diritto dell’Unione e non possa dunque giustificare una limitazione degli articoli 1 e 2 del regolamento n. 1.

93      Infine, la Commissione adduce che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue straniere più studiate negli Stati membri e le più conosciute in Europa, nonché quelle che i cittadini dell’Unione considerano come le più utili da studiare. Ciò risulta, in particolare, da diversi elementi che detta istituzione produce col suo controricorso nella causa T‑443/16.

1)      Sulle ragioni giustificative addotte nel bando impugnato

94      Occorre anzitutto ricordare che, nell’ambito di una procedura di selezione di personale, le istituzioni godono di un ampio margine di discrezionalità per valutare l’interesse del servizio nonché le qualifiche e i meriti dei candidati da prendere in considerazione. Così, l’interesse del servizio può rendere necessario che le persone assunte dispongano di conoscenze linguistiche specifiche. Pertanto, la natura particolare dei compiti da svolgere può giustificare un’assunzione fondata, segnatamente, su una conoscenza approfondita di una specifica lingua (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punti 67 e 68 e la giurisprudenza ivi citata).

95      Tuttavia, spetta all’istituzione che abbia limitato il regime linguistico di una procedura di selezione ad un numero ristretto di lingue ufficiali dell’Unione dimostrare che tale limitazione è effettivamente idonea a soddisfare reali esigenze relative alle funzioni che le persone assunte saranno chiamate ad esercitare. Inoltre, qualsiasi condizione relativa a specifiche conoscenze linguistiche deve essere proporzionata a tale interesse e fondarsi su criteri chiari, oggettivi e prevedibili che consentano ai candidati di comprendere le ragioni di tale condizione imposta e ai giudici dell’Unione di verificarne la legittimità (v. sentenze del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata, e del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 93 e la giurisprudenza ivi citata).

96      In tale contesto, spetta al giudice dell’Unione effettuare un esame in concreto delle norme che stabiliscono il regime linguistico dei concorsi come quelli di cui trattasi nel bando impugnato, dal momento che soltanto un esame siffatto è idoneo a permettere di accertare le conoscenze linguistiche che possono essere oggettivamente richieste, nell’interesse del servizio, dalle istituzioni nel caso di funzioni particolari, e dunque a permettere di stabilire se un’eventuale limitazione della scelta delle lingue utilizzabili per partecipare a tali concorsi sia oggettivamente giustificata e proporzionata alle reali esigenze del servizio (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 94).

97      Più in particolare, il giudice dell’Unione deve non soltanto verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche accertare se tali elementi costituiscano la totalità dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano idonei a suffragare le conclusioni che ne vengono tratte (v. sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 104 e la giurisprudenza ivi citata).

98      Come risulta dai punti 1 e 9 supra, il bando impugnato indica che i concorsi in questione mirano a costituire elenchi di riserva di investigatori e di capi di gruppi di investigatori destinati ad essere assunti dalla Commissione, «principalmente» dall’OLAF. Per quanto riguarda la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca, nel bando impugnato si precisa che tale limitazione è stata decisa alla luce dei criteri definiti al punto 2 dell’allegato II del bando medesimo (v. punto 11 supra), nonché sulla base di tre ragioni, vale a dire, in primo luogo, la necessità che i nuovi assunti siano immediatamente operativi, in secondo luogo, la natura della procedura di selezione e, in terzo luogo, i vincoli di bilancio e operativi (v. punto 52 supra).

99      Per quanto riguarda, anzitutto, la ragione attinente ai vincoli di bilancio e operativi, occorre rilevare che essa, così come è formulata al punto 1, lettera iii), dell’allegato II del bando impugnato, potrebbe servire, tutt’al più, soltanto a giustificare in astratto una limitazione del numero di lingue che possono essere scelte come seconda lingua dei concorsi in questione. Per contro, essa non permette di stabilire quale debba essere precisamente il numero di queste lingue, né di chiarire perché alcune lingue dovrebbero essere prescelte ad esclusione di altre.

100    Allo stesso modo, a motivo della genericità dei termini utilizzati al punto 1 dell’allegato II del bando impugnato, la ragione attinente ai vincoli di bilancio e operativi sarebbe suscettibile di essere applicata non soltanto alle procedure di concorso in questione, ma anche a qualsiasi procedura di concorso organizzata dall’EPSO. Infatti, questa ragione addotta non fornisce alcuna indicazione in merito ai concreti vincoli di bilancio e operativi che l’EPSO o l’istituzione cui appartiene il servizio principalmente interessato dal bando impugnato si troverebbe a dover affrontare e che avrebbero giustificato, in questo caso specifico, una limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione ad alcune lingue soltanto. La Commissione non ha neppure presentato elementi concreti in merito ai vantaggi che presenterebbe, dal punto di vista delle risorse di bilancio e operative, il regime linguistico previsto dal bando impugnato, nonché alle conseguenze che deriverebbero dall’applicazione di un sistema differente.

101    In ogni caso, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, eventuali considerazioni fondate su esigenze di bilancio non possono giustificare una discriminazione (v. sentenza del 1° marzo 2012, O’Brien, C‑393/10, EU:C:2012:110, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, non risulta dallo stato attuale della giurisprudenza che l’obiettivo della riduzione dei costi delle istituzioni dell’Unione possa costituire, in quanto tale, un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione.

102    Pertanto, la ragione attinente ai vincoli di bilancio e operativi, quale enunciata al punto 1, sub iii), dell’allegato II del bando impugnato, non può giustificare, di per sé sola, la discriminazione controversa.

103    Analoghe considerazioni si impongono riguardo alla ragione esposta al punto 1, sub ii), dell’allegato II del bando impugnato, relativa alla natura della procedura di selezione e, più in particolare, alla specificità delle prove del Centro di valutazione. Infatti, al pari della ragione relativa ai vincoli di bilancio e operativi, anche questa ragione sarebbe, in virtù della sua formulazione generica, suscettibile di trovare applicazione a qualsivoglia procedura di concorso e non permette di giustificare la scelta delle tre lingue designate nel quadro specifico dei concorsi in questione. Inoltre, la Commissione non fornisce alcuna indicazione concreta a questo riguardo. In particolare, i dati statistici da essa prodotti nella causa T‑443/16 concernenti la lingua principale scelta dai candidati a concorsi che si sono svolti tra il 2010 e il 2012 sono privi di rilevanza ai fini della valutazione delle esigenze relative alla scelta della seconda lingua nel quadro dei concorsi in questione. Lo stesso vale per i dati prodotti in questa stessa causa, relativi alla seconda lingua scelta dai candidati a concorsi che hanno avuto luogo nel 2005, ossia in una data antecedente alla riforma delle procedure dei concorsi dell’EPSO che ha avuto come effetto di introdurre le prove del Centro di valutazione.

104    Per quanto riguarda, inoltre, la portata di tale ragione giustificativa, occorre rilevare che, come risulta chiaramente dal punto 1, sub ii), dell’allegato II del bando impugnato, la valutazione delle differenti competenze dei candidati nel quadro del Centro di valutazione «permette alle istituzioni dell’[Unione] di valutare se [detti] candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente molto simile a quello in cui dovranno lavorare». Risulta dunque che, in virtù della sua formulazione letterale, la ragione addotta riguardo alla natura della procedura di selezione si ricollega, in realtà, a quella attinente alla necessità che le persone neoassunte siano immediatamente operative. Tale constatazione non viene contraddetta dalla Commissione, la quale nei suoi scritti difensivi afferma che la ragione in questione costituisce un «ulteriore elemento» che riflette la scelta da parte delle istituzioni di un metodo di selezione consistente nel simulare un vero ambiente di lavoro e dotato di una «validità predittiva (…) quanto alle situazioni reali in seno alle istituzioni». Allo stesso modo, occorre constatare che il programma dell’EPSO per l’attuazione della riforma delle procedure dei concorsi, dell’11 settembre 2008, prodotto dalla Commissione nella causa T‑443/16, serve prima di tutto ad illustrare il fatto che l’obiettivo di assumere del personale capace di essere immediatamente operativo è direttamente connesso a tale riforma.

105    Da ciò consegue che né la ragione relativa ai vincoli di bilancio e operativi né quella attinente alla natura della procedura di selezione sono idonee, singolarmente o congiuntamente prese, a giustificare la limitazione che il bando impugnato prevede riguardo alla scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione, soprattutto per il fatto che le suddette ragioni non permettono di dimostrare perché tale scelta dovrebbe essere effettuata unicamente tra le tre lingue designate nel caso di specie, vale a dire il francese, l’inglese e il tedesco, ad esclusione di altre lingue ufficiali dell’Unione. Per contro, la ragione attinente alla necessità che i neoassunti siano immediatamente operativi sarebbe eventualmente idonea a giustificare una limitazione a queste tre lingue specifiche [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 106 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

106    L’importanza basilare di tale ragione giustificativa risulta del resto confermata dalle Disposizioni generali, il cui punto 1.3 segnala che «[l]e opzioni relative alla seconda lingua nei concorsi generali sono definite in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano».

107    Per quanto concerne il contenuto di tale motivazione, risulta dalla parte introduttiva nonché dal punto 1, sub i), dell’allegato II del bando impugnato che, per poter essere considerati immediatamente operativi, i candidati ai concorsi in questione devono possedere una «conoscenza sufficiente di una combinazione linguistica che consenta loro di svolgere i propri compiti in modo efficace e in particolare (...) di comunicare efficacemente nel lavoro quotidiano con i colleghi e i superiori gerarchici». Così, «[d]ato che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più parlate, tradotte e usate nelle comunicazioni amministrative dal personale della Commissione (...), oltre che le lingue più comunemente usate nella comunicazione con i terzi ai fini delle indagini su casi di contraffazione, corruzione, dogane e commercio, i candidati devono presentare almeno una di esse tra le due lingue obbligatorie del concorso» (v. punti 9 e 10 supra).

108    A questo proposito, occorre rilevare che, alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti 94 e 95 supra, le considerazioni esposte al punto 107 supra, pur indicando l’esistenza di un interesse del servizio a che i neoassunti possano svolgere i loro compiti e comunicare in maniera efficace sin dal loro ingresso nelle funzioni, non sono sufficienti, di per sé stesse, a dimostrare che le funzioni in questione, vale a dire quelle di investigatore o di capo di un gruppo di investigatori presso la Commissione, e più specificamente presso l’OLAF, esigano concretamente la conoscenza del francese, dell’inglese o del tedesco, ad esclusione delle altre lingue ufficiali dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 72).

109    In particolare, la considerazione esposta nel bando impugnato secondo cui il francese, l’inglese e il tedesco costituiscono «le lingue più comunemente usate nella comunicazione con i terzi ai fini delle indagini su casi di contraffazione, corruzione, dogane e commercio» non è suffragata da alcuna indicazione concreta, senza che la Commissione fornisca, peraltro, alcun elemento al riguardo.

110    Indubbiamente, il bando impugnato contiene considerazioni più dettagliate in merito all’esigenza di padroneggiare l’inglese. In esso è indicato, in particolare, che «[l]’inglese è la principale lingua utilizzata dagli investigatori che operano nel settore della lotta alla corruzione e/o alla criminalità finanziaria in un contesto internazionale» (v. punto 5 supra) e che esso è altresì giudicato «fondamentale per la cooperazione nei settori della criminalità finanziaria, della lotta contro la corruzione e contro la contraffazione delle merci in un contesto internazionale» (v. punto 9 supra).

111    Tuttavia, come risulta dal testo stesso del bando impugnato, le considerazioni esposte al punto 110 supra servono soltanto a giustificare l’organizzazione, nella fase del Centro di valutazione, di una prova di comprensione linguistica in inglese a carattere eliminatorio, per la quale non viene precisato alcun livello di conoscenza particolare, definito segnatamente mediante rinvio al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (QCER). Indipendentemente dalla questione se tali considerazioni sarebbero altresì idonee a giustificare il fatto che l’inglese figura tra le tre lingue alle quali è limitata la scelta della seconda lingua dei concorsi in questione, è giocoforza constatare che esse non soltanto non sono idonee, per il loro stesso oggetto, riferito esclusivamente all’inglese, a giustificare l’inclusione del francese e del tedesco tra le tre lingue designate, ma rimettono altresì in discussione l’idea secondo cui un candidato avente una conoscenza soddisfacente del francese o del tedesco potrebbe essere considerato come immediatamente operativo.

112    Tale valutazione non può trovare smentita nella descrizione delle funzioni che i vincitori di concorso assunti saranno chiamati a esercitare, quale contenuta nel bando impugnato.

113    Infatti, secondo l’allegato I del bando impugnato, intitolato «Funzioni da svolgere», le funzioni principali di investigatore in materia di spese dell’Unione e di lotta contro la corruzione, nonché nei settori delle dogane e del commercio, del tabacco e delle merci contraffatte, comprendono, più in particolare, lo svolgimento di indagini ai sensi, segnatamente, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’OLAF e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU 2013, L 248, pag. 1), ispezioni in loco e visite presso imprese nell’Unione nonché missioni in paesi terzi, l’organizzazione di riunioni ad hoc con gli Stati membri o il coordinamento delle operazioni svolte dai servizi ispettivi di tali Stati, la preparazione e la realizzazione di audizioni, l’analisi di informazioni e la redazione di relazioni di indagine, la vigilanza sull’attuazione delle raccomandazioni dell’OLAF, il mantenimento di contatti con interlocutori istituzionali od anche la fornitura di consulenze su questioni di diritto penale nazionale e internazionale. Per quanto riguarda le funzioni principali dei capi di gruppi di investigatori, esse includono, segnatamente, la guida di gruppi incaricati di svolgere operazioni come missioni di indagine e controlli in loco negli Stati membri o in paesi terzi, ovvero ispezione di locali, lo svolgimento di riunioni con altri servizi della Commissione o delle altre istituzioni, la vigilanza sulle prestazioni dei gruppi e la direzione di questi ultimi, nonché il mantenimento e il coordinamento dei contatti con interlocutori istituzionali.

114    Orbene, non risulta possibile dimostrare, sulla base di questa sola descrizione, che le tre lingue alle quali è limitata la scelta della seconda lingua dei concorsi in questione permetterebbero tutte ai vincitori di questi concorsi di essere immediatamente operativi. Inoltre, nessun elemento del bando impugnato, né d’altronde alcun elemento dei fascicoli delle presenti cause, permette di dimostrare un’utilizzazione effettiva di queste tre lingue nello svolgimento dei compiti elencati nell’allegato I del bando suddetto. Allo stesso modo, non risulta assolutamente da tale bando né dagli elementi contenuti nei fascicoli delle presenti cause che le tre lingue summenzionate costituiscano tutte l’oggetto di un’utilizzazione effettiva nei rapporti degli investigatori o dei capi di gruppi di investigatori con le autorità degli Stati membri e dei paesi terzi.

115    Inoltre, la pluralità dei compiti contemplati dal bando impugnato, i quali includono, segnatamente, la cooperazione con attori istituzionali e con imprese di origini diverse, e ciò in una gran varietà di settori di azione dell’Unione, tenderebbe piuttosto a indicare che, senza escludere l’eventualità che la conoscenza di una particolare lingua risulti indispensabile, l’assunzione di personale dai profili linguistici differenziati presenterebbe un vantaggio per il funzionamento del servizio.

116    Ne consegue che, anche se intesa alla luce della descrizione delle funzioni contenuta nel bando impugnato, la ragione attinente alla necessità che i neoassunti siano immediatamente operativi non può, tenuto conto della sua formulazione vaga e generica, e in assenza, nel bando impugnato, di indicazioni concrete idonee a supportarla, giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca.

117    Date tali circostanze, occorre esaminare se i diversi elementi che la Commissione ha prodotto in merito a tale ragione giustificativa siano idonei a dimostrare che, tenuto conto delle specificità funzionali dei posti da coprire, la limitazione in parola era oggettivamente e ragionevolmente giustificata dalla necessità che i vincitori dei concorsi in questione fossero immediatamente operativi.

2)      Sugli elementi prodotti dalla Commissione

i)      Osservazione preliminare

118    Nelle due cause, la Commissione ha prodotto una prima serie di elementi relativi alla propria prassi linguistica interna nonché in merito alle lingue utilizzate dal personale dell’OLAF, al fine di dimostrare che il francese, l’inglese e il tedesco occupano un posto preponderante in seno ai suoi servizi, il che avrebbe come conseguenza che, per essere immediatamente operative, le persone neoassunte sarebbero tenute ad avere una conoscenza soddisfacente di almeno una di queste tre lingue. Inoltre, nella causa T‑443/16, la Commissione fornisce una seconda serie di dati da cui risulterebbe che queste tre lingue sono le lingue straniere più studiate negli Stati membri e le più conosciute in Europa.

119    Posto che la Repubblica italiana esprime, nel suo ricorso, dei dubbi in merito alle istituzioni contemplate dal bando impugnato, occorre osservare, riguardo alla prima serie di elementi menzionata al punto 118 supra, che, secondo detto bando, le procedure di selezione in questione hanno come obiettivo «principale» la costituzione di elenchi di riserva di investigatori e di capi di gruppi di investigatori, dai quali «la Commissione (...) (principalmente l’OLAF)» attingerà per l’assunzione di nuovi funzionari dell’Unione (v. punti 1 e 9 supra).

120    Indubbiamente, l’utilizzazione dell’aggettivo «principale» farebbe pensare che un’assunzione nella generalità delle istituzioni dell’Unione sarebbe possibile. Tuttavia, è giocoforza constatare che, come risulta dal tenore letterale del bando impugnato, quale riportato al punto 119 supra, l’istituzione interessata da quest’ultimo è effettivamente la Commissione. Inoltre, in risposta a una misura di organizzazione del procedimento, tale istituzione ha indicato, in occasione delle udienze nelle due cause, che, se anche un’assunzione da parte di altre istituzioni era possibile, essa era nondimeno subordinata ad un previo accordo tra l’istituzione di destinazione designata nel bando di concorso e l’istituzione intenzionata ad assumere la persona interessata. Tuttavia, secondo le indicazioni della Commissione, una simile ipotesi sarebbe rimasta, nella specie, marginale, nella misura in cui, sui 40 vincitori del concorso EPSO/AD/323/16, soltanto due sono stati assunti da altri datori di lavoro, vale a dire il Garante europeo per la protezione dei dati (GEPD) e la Corte dei conti europea, mentre dei 50 vincitori del concorso EPSO/AD/324/16 nessuno è stato assunto da un’altra istituzione o organismo dell’Unione.

121    Date tali circostanze, occorre tener conto degli elementi prodotti dalla Commissione e relativi alla propria prassi linguistica interna nonché alle lingue utilizzate dal personale dell’OLAF, ed esaminarne la rilevanza ai fini della soluzione delle presenti controversie.

ii)    Sugli elementi relativi alla prassi interna della Commissione in materia linguistica

122    La Commissione fornisce un insieme di documenti da cui risulterebbe che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue di lavoro o le lingue «veicolari» utilizzate dai suoi servizi.

123    In primo luogo, si tratta della comunicazione SEC(2000) 2071/6 del presidente della Commissione, del 29 novembre 2000, relativa alla semplificazione del processo decisionale di tale istituzione, nonché di un estratto del verbale della millecinquecentoduesima riunione della Commissione, del 29 novembre 2000, redatto il 6 dicembre 2000 con l’identificativo PV(2002) 1502, e recante approvazione, da parte del collegio dei membri, della comunicazione suddetta.

124    In secondo luogo, la Commissione produce le modalità di applicazione del suo regolamento interno, allegate alla propria decisione C(2010) 1200 final, del 24 febbraio 2010, recante modifica del suo regolamento interno.

125    In terzo luogo, la Commissione presenta un documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», che essa qualifica come «regole sull’adozione di decisioni della Commissione fissate dal [suo] Presidente». Secondo la Commissione, risulta da tali «regole» che «ogni progetto di decisione da sottoporre al Collegio, per decisione orale, per decisione scritta o per abilitazione, deve essere redatto in inglese, francese e tedesco».

126    I documenti contemplati ai punti da 123 a 125 supra sono stati prodotti, nella causa T‑443/16, in allegato al controricorso della Commissione e, nella causa T‑401/16, per la prima volta con la controreplica di tale istituzione.

127    Inoltre, la Commissione produce, in allegato al controricorso nella causa T‑443/16, il proprio regolamento interno [C(2000) 3614] (GU 2000, L 308, pag. 26), nella versione in vigore al momento della pubblicazione del bando impugnato.

128    Infine, in risposta a misure di organizzazione del procedimento ad essa indirizzate dal Tribunale nelle due cause, la Commissione ha fornito altresì alcuni documenti relativi all’attuazione delle «regole» contenute nel documento menzionato al punto 125 supra, nonché la propria comunicazione SEC(2006) 1489 final, del 20 dicembre 2006, riguardante «la traduzione presso la Commissione» e accompagnata da un allegato che espone le «regole di traduzione dopo il 2006».

129    All’udienza nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna ha fatto valere l’irricevibilità dei documenti menzionati ai punti da 123 a 125 supra, in quanto questi sono stati presentati nella fase della controreplica senza che una valida ragione possa giustificare il loro deposito tardivo.

130    Allo stesso modo, il Regno di Spagna ha fatto valere l’irricevibilità della comunicazione SEC(2006) 1489 final, menzionata al punto 128 supra, in quanto questa è stata prodotta senza alcuna giustificazione dopo la chiusura della fase scritta del procedimento. La ricevibilità di tale documento è stata contestata anche dalla Repubblica italiana in occasione dell’udienza nella causa T‑443/16. In ogni caso, tanto il Regno di Spagna quanto la Repubblica italiana ritengono che tale documento sia privo di rilevanza.

131    Pur contestando i profili di inammissibilità sollevati dal Regno di Spagna e dalla Repubblica italiana nelle due cause, la Commissione ribatte che l’insieme dei testi in questione, lungi dal limitarsi al solo funzionamento del collegio dei suoi membri, dimostra che il francese, l’inglese e il tedesco sono effettivamente le lingue nelle quali vengono redatti i documenti di lavoro dei suoi servizi, sicché esse fungono da lingue veicolari in seno a questi ultimi.

132    A questo proposito occorre rilevare, anzitutto, che, per quanto riguarda la comunicazione SEC(2000) 2071/6, menzionata al punto 123 supra, la Commissione fa riferimento al punto 2.2 di tale testo, il quale, a suo avviso, limita a tre il numero delle «lingue di lavoro».

133    Tuttavia, occorre constatare che l’oggetto della comunicazione SEC(2000) 2071/6 consiste, in sostanza, nel valutare i diversi tipi di procedure di assunzione di decisioni da parte del collegio dei membri della Commissione, quali erano previsti dal regolamento interno di tale istituzione nella versione in vigore nel momento in cui la comunicazione suddetta è stata emessa, e nel proporne la semplificazione. È in tale contesto e facendo riferimento ad un tipo preciso di procedura, ossia la procedura scritta, che il punto 2.2 della comunicazione in questione indica che «i documenti devono essere diffusi nelle tre lingue di lavoro della Commissione», senza peraltro nominare queste ultime. Orbene, questo unico riferimento, pur contenendo l’espressione «lingue di lavoro», non è sufficiente per dimostrare che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue effettivamente utilizzate da tutti i servizi della Commissione nel loro lavoro quotidiano.

134    Inoltre, la portata di detto riferimento è attenuata da altri passaggi della comunicazione SEC(2000) 2071/6.

135    Infatti, da un lato, risulta dal punto 2.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6 che, nell’ambito della procedura di abilitazione, mediante la quale la Commissione può abilitare uno o più dei suoi membri ad adottare delle decisioni in nome di essa e sotto la sua responsabilità, il testo della decisione da adottare viene «presentato in una sola lingua di lavoro e/o nelle sue versioni facenti fede».

136    Dall’altro lato, il punto 5.2 della comunicazione SEC(2000) 2071/6, intitolato «Semplificare il regime linguistico», mette in evidenza il ruolo della Direzione generale (DG) della Traduzione della Commissione, la quale è «pienamente coinvolta nel processo» decisionale. Ivi viene precisato, segnatamente, che «una delle principali cause di ritardo nell’avvio o nella conclusione delle procedure scritte e delle procedure di abilitazione è l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti», il che renderebbe indispensabile una trasmissione tempestiva dei documenti in questione alla DG della Traduzione.

137    Alla luce di quanto sopra esposto, la comunicazione SEC(2000) 2071/6 non permette di trarre conclusioni utili in merito all’utilizzazione effettiva del francese, dell’inglese e del tedesco nel lavoro quotidiano dei servizi della Commissione e, a fortiori, nell’esercizio delle funzioni contemplate dal bando impugnato.

138    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dagli altri testi alla luce dei quali la Commissione suggerisce di analizzare la comunicazione SEC(2000) 2071/6, ossia il suo regolamento interno, le modalità di applicazione di quest’ultimo, nonché il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» (v. punto 125 supra).

139    Per quanto riguarda il regolamento interno della Commissione, prodotto soltanto nella causa T‑443/16, occorre anzitutto rilevare che esso non contiene alcuna disposizione in merito alle lingue che devono essere utilizzate dagli organi contemplati nel suo capo I, vale a dire i membri della Commissione operanti in collegio nonché il presidente e il segretario generale di tale istituzione, né in merito alle lingue di lavoro che devono essere utilizzate dai servizi di quest’ultima contemplati dal capo II del citato regolamento. Soltanto l’articolo 17 del regolamento interno, relativo all’autentificazione degli atti adottati dalla Commissione, si limita ad enunciare che questa viene effettuata «nella o nelle lingue in cui fanno fede», ossia, ai sensi del paragrafo 5 di tale articolo, «tutte le lingue ufficiali dell’Unione, (...) ove si tratti di atti di portata generale, nonché le lingue dei loro destinatari per ogni altro atto».

140    Secondo le indicazioni fornite dalla Commissione all’udienza nella causa T‑443/16, occorre nondimeno tener conto degli articoli 6 e da 12 a 14 del suo regolamento interno, nonché delle modalità di applicazione di tali articoli. È d’altronde sulla base di tali modalità che è stato emanato, secondo detta istituzione, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione».

141    L’articolo 6 del regolamento interno della Commissione dispone, al paragrafo 1, che «[i]l presidente stabilisce l’ordine del giorno per ogni riunione della Commissione» e, al paragrafo 4, che «l’ordine del giorno e i documenti necessari sono comunicati ai membri della Commissione a norma delle modalità d’applicazione».

142    Per quanto concerne gli articoli da 12 a 14 del regolamento interno della Commissione, essi si riferiscono alle procedure decisionali diverse dalla procedura orale prevista dall’articolo 8 del medesimo regolamento e disciplinano, rispettivamente, la procedura scritta, la procedura di abilitazione e la procedura di delega. Per quanto riguarda, in particolare, la procedura scritta, l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento interno dispone che «il testo del progetto viene comunicato per iscritto a tutti i membri della Commissione, alle condizioni stabilite dalle modalità d’applicazione».

143    L’insieme delle disposizioni del regolamento interno della Commissione menzionate al punto 142 supra viene precisato in dettaglio dalle modalità di applicazione di tale regolamento, del 24 febbraio 2010.

144    Più precisamente, le modalità di applicazione dell’articolo 6 del regolamento interno della Commissione contengono un paragrafo 6‑4, intitolato «Deposito e diffusione dei documenti e regime linguistico», che prevede quanto segue:

«6‑4.3 I documenti da esaminare in riunione da parte della Commissione sono comunicati ai membri di quest’ultima:

–        nelle lingue stabilite dal presidente, tenuto conto delle esigenze minime dei membri della Commissione,

–        nonché nella lingua o nelle lingue necessarie in particolare ai fini dell’entrata in vigore dell’atto e della sua notifica ai destinatari dello stesso.

(...)

6‑4.5 La trasmissione ufficiale alle altre istituzioni comunitarie e/o la pubblicazione nella [Gazzetta ufficiale]  esigono  la disponibilità dei testi in tutte le lingue ufficiali.

6‑4.6 Il presidente decide su ogni situazione in cui le condizioni fissate [al paragrafo] (...) 6‑4.3, [primo] trattino, di cui sopra non sono soddisfatte. A seconda delle circostanze, il presidente può decidere di rinviare la questione all’ordine del giorno di una riunione successiva.

Il rinvio si impone qualora la lingua o le lingue necessarie in particolare ai fini dell’entrata in vigore dell’atto e della sua notifica ai destinatari dello stesso non sia/siano disponibile/disponibili al momento dell’adozione dell’atto in questione».

145    Inoltre, le modalità di applicazione dell’articolo 12 del regolamento interno della Commissione comprendono un paragrafo 12‑13, intitolato «Regime linguistico per le procedure scritte», che recita:

«12‑13.1 I documenti presentati in procedura scritta vengono comunicati ai membri della Commissione:

–        nelle lingue stabilite dal presidente, tenuto conto delle esigenze minime dei membri della Commissione. Il presidente decide in merito a qualsiasi situazione eccezionale (come, ad esempio, crisi di maggiore gravità, catastrofi naturali o altre situazioni particolari) in cui queste non possono essere disponibili per ragioni debitamente giustificate,

–        nonché nella lingua o nelle lingue necessarie in particolare ai fini dell’entrata in vigore dell’atto o della sua notifica ai destinatari dello stesso.

(...)

12‑13.3 La trasmissione ufficiale alle altre istituzioni comunitarie e/o la pubblicazione nella [Gazzetta ufficiale] impongono la disponibilità dei testi in tutte le lingue ufficiali».

146    Inoltre, per quanto riguarda le modalità di applicazione comuni agli articoli 13 e 14 del regolamento interno della Commissione, il paragrafo 13/14‑4, intitolato «Regime linguistico di un’abilitazione o di una delega», è così formulato:

«13/14‑4.1 Per l’esercizio delle competenze attribuite, i documenti devono essere disponibili, a seconda dei casi, nelle seguenti versioni linguistiche:

–        la lingua o le lingue necessarie per l’entrata in vigore dell’atto;

–        la lingua o le lingue necessarie per la notifica dell’atto ai suoi destinatari;

–        la lingua o le lingue quali stabilite dal presidente tenuto conto delle esigenze minime dei membri della Commissione o rispondenti alle esigenze connesse all’adozione dell’atto per gli altri casi.

(...).

13/14‑4.3 La trasmissione ufficiale alle altre istituzioni comunitarie e/o la pubblicazione nella [Gazzetta ufficiale] impongono la disponibilità dei testi in tutte le lingue ufficiali».

147    Per quanto riguarda, infine, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», esso ha, secondo la Commissione, essenzialmente lo scopo di precisare le disposizioni delle modalità di applicazione del suo regolamento interno riportate ai punti da 144 a 146 supra. Tale documento fa riferimento, segnatamente, all’utilizzazione di «lingue procedurali», nozione che, come risulta dall’argomentazione della Commissione, dovrebbe essere intesa nel senso che essa designa le lingue che servono alla comprensione del contenuto di un progetto di atto in vista della sua adozione da parte del collegio dei membri di tale istituzione o, eventualmente, da parte di un organo delegato. Risulta dal suddetto documento che le «lingue procedurali» sono il francese, l’inglese e il tedesco e che la loro utilizzazione varia a seconda del tipo di procedura di adozione.

148    Così, per quanto concerne le procedure orali e scritte, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» indica che un progetto di atto e i suoi eventuali allegati sono sottoposti ai membri della Commissione nelle tre lingue procedurali nonché, eventualmente, nella lingua o nelle lingue necessarie per l’entrata in vigore o la notifica dell’atto in questione. Ivi si precisa altresì che, a seguito dell’adozione di un atto siffatto, le altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono far seguito il più rapidamente possibile.

149    Per quanto riguarda le procedure di abilitazione o di delega, risulta dal documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» che l’organo delegato può accettare di adottare un atto sulla base di un’unica lingua procedurale, ma che, eventualmente, l’altra lingua o le altre lingue necessarie per l’entrata in vigore o per la notifica di tale atto devono essere anch’esse rese disponibili. Inoltre, come per le procedure orali e scritte, il documento in questione enuncia che le altre lingue eventualmente necessarie per la pubblicazione o la trasmissione ad altre istituzioni dell’Unione devono far seguito il più rapidamente possibile.

150    Peraltro, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» prevede che il presidente della Commissione possa, a determinate condizioni, in un singolo caso o in via permanente, concedere delle deroghe riguardo al numero di lingue procedurali da utilizzare per l’avvio di una procedura di adozione, ovvero per l’avvio di tale procedura e, al tempo stesso, per l’adozione dell’atto.

151    Per quanto riguarda, in particolare, le deroghe permanenti, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» precisa che esse possono essere concesse per alcuni casi ricorrenti per il tramite di note ufficiali emanate dal segretario generale o dall’ufficio di gabinetto del presidente. A titolo illustrativo, il documento in questione menziona le deroghe concesse per decisioni o comunicazioni adottate, segnatamente a mezzo di procedura scritta, in una pluralità di materie, come l’adozione di misure restrittive sulla base dell’articolo 29 TUE, le decisioni afferenti il patto di stabilità, le relazioni esterne, le decisioni individuali in materia di aiuti di Stato, le misure di esecuzione nei settori delle intese, degli abusi di posizione dominante e delle concentrazioni e, infine, la firma di accordi quadro con organismi internazionali.

152    A questo proposito, occorre rilevare che, presi nel loro insieme, i testi contemplati ai punti da 123 a 125 e 127 supra non possono essere considerati come modalità di applicazione, nel regolamento interno della Commissione, del regime linguistico generale stabilito dal regolamento n. 1, ai sensi dell’articolo 6 di quest’ultimo. Come precisato dalla Commissione nelle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento ad essa indirizzate dal Tribunale nell’ambito delle presenti cause, i testi suddetti non fanno altro che riflettere una prassi amministrativa di lungo corso in seno a tale istituzione, consistente nell’utilizzare il francese, l’inglese e il tedesco come lingue nelle quali i documenti devono essere resi disponibili per essere sottoposti all’approvazione del collegio dei membri.

153    Per quanto riguarda, in particolare, la natura del documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», la Commissione ha precisato che quest’ultimo era estratto dal «Manuale delle procedure operative», ossia una guida elettronica interna elaborata dai servizi del suo segretariato generale e mirante, segnatamente, alla codificazione della suddetta prassi amministrativa. Per quanto riguarda la data di adozione e l’applicazione nel tempo di tale guida, la Commissione si è limitata a fare riferimento alla nota SEC(2003) 153 del suo segretario generale all’attenzione dei direttori generali e dei capi di servizio, dell’11 febbraio 2003, relativa all’aggiornamento della guida suddetta e alla sua diffusione sul sito Intranet di detta istituzione.

154    Orbene, anche supponendo che la versione prodotta dalla Commissione con il suo controricorso fosse effettivamente quella esistente alla data della pubblicazione del bando impugnato, il documento estratto dal «Manuale delle procedure operative» non può essere considerato come una decisione del suo presidente di stabilire le lingue di presentazione dei documenti sottoposti al collegio, ai sensi dei paragrafi 6‑4.3, primo trattino, 12‑13.1, primo trattino, e 13/14‑4.1, terzo trattino, delle modalità di applicazione del regolamento interno della Commissione. Inoltre, nessun elemento dei fascicoli delle presenti cause permette di ritenere che tale documento sia stato formalmente approvato dal presidente della Commissione, e ancor meno dal collegio dei membri di quest’ultima.

155    In via generale, la Commissione ha riconosciuto, nelle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento ad essa indirizzate dal Tribunale nell’ambito delle presenti cause, che non esisteva una decisione interna che stabilisse le lingue di lavoro da usarsi in seno a detta istituzione.

156    Anteposte queste precisazioni, occorre constatare che, nella misura in cui essi hanno come unico obiettivo quello di definire le lingue necessarie per lo svolgimento delle diverse procedure decisionali della Commissione, l’insieme dei testi prodotti da quest’ultima non è in grado di giustificare la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alla luce delle specificità funzionali dei posti contemplati dal bando impugnato.

157    Più precisamente, non risulta dai testi suddetti, né a fortiori dagli altri elementi dei fascicoli delle presenti cause, che esista un nesso necessario tra le procedure decisionali della Commissione, segnatamente quelle che si svolgono in seno al collegio dei suoi membri, e le funzioni che i vincitori dei concorsi controversi potranno essere chiamati ad esercitare, ossia le funzioni di investigatore e di capo di gruppo di investigatori quali esposte al punto 113 supra. Infatti, anche supponendo che i membri di una determinata istituzione utilizzino esclusivamente una o alcune lingue nelle loro deliberazioni, non si può presumere, senza ulteriori spiegazioni, che un funzionario neoassunto, il quale non padroneggi alcuna di queste lingue, non sarebbe capace di fornire immediatamente un lavoro utile nell’istituzione di cui trattasi [sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punti 121 e 122 (non pubblicati)]. Ciò è tanto più vero per il fatto che, nelle presenti cause, si tratta di funzioni assai specifiche che non presentano, a priori, alcun nesso stretto con i lavori del collegio dei membri della Commissione.

158    Dai testi prodotti dalla Commissione non risulta neppure che l’insieme delle tre lingue qualificate come «lingue procedurali» sia effettivamente utilizzato dai servizi di detta istituzione, nel loro lavoro quotidiano. Inoltre, risulta dalla comunicazione SEC(2000) 2071/6 (v. punto 136 supra) che il servizio di traduzione di tale istituzione è «pienamente» coinvolto nel processo decisionale. Tale comunicazione menziona altresì il lasso di tempo necessario per l’acquisizione delle traduzioni, ivi compresi i testi riveduti dai giuristi linguisti, nonché la necessità di una trasmissione tempestiva dei documenti in questione al servizio di traduzione. Tali riferimenti lasciano così intendere che ad approntare le versioni di un documento nelle lingue procedurali necessarie in vista della loro trasmissione al collegio dei membri non è il servizio materialmente responsabile della redazione del documento stesso, bensì la DG della Traduzione, là dove il servizio responsabile si limita ad un compito di verifica del testo tradotto. Appare infatti difficilmente ipotizzabile che, al di fuori della direzione generale suddetta, un servizio possa esigere da ciascun membro del proprio personale di fornire tre versioni linguistiche dei documenti da sottoporre per adozione al collegio.

159    Inoltre, considerando che nessun funzionario è tenuto ad avere una conoscenza soddisfacente di tutte le tre lingue richieste dal bando impugnato, è del pari difficilmente ipotizzabile che la redazione di un progetto di atto nelle versioni linguistiche richieste per la sua trasmissione al collegio suddetto venga simultaneamente ripartita tra un numero corrispondente di funzionari appartenenti al servizio responsabile per la redazione di tale progetto. Ciò è ancora più difficile da ipotizzare nella misura in cui non vi è alcuna garanzia che dei funzionari aventi una conoscenza soddisfacente di tutte e tre le lingue in questione vengano assunti in seno a ciascun servizio.

160    La valutazione di cui sopra non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che la Commissione ricava dalla comunicazione SEC(2006) 1489 final. Secondo la Commissione, risulta da tale documento, e in particolare dal suo allegato intitolato «Regole di traduzione dopo il 2006», che, per quanto riguarda i documenti ad uso interno, sarebbe richiesta soltanto una traduzione in inglese, in francese e in tedesco, oltre ad un’eventuale lingua facente fede. Peraltro, la comunicazione suddetta dimostrerebbe che, al di fuori della DG della Traduzione, gli altri servizi della Commissione sarebbero indotti a produrre delle traduzioni ricorrendo alle conoscenze linguistiche del loro personale – traduzioni conosciute come «grigie».

161    A questo proposito, da un lato, occorre rilevare che il contenuto della comunicazione SEC(2006) 1489 final non produce l’effetto di invalidare, bensì, al contrario, quello di confermare la valutazione esposta ai punti 157 e 158 supra. Infatti, le «Regole di traduzione dopo il 2006», presentate in allegato a tale comunicazione, menzionano il francese, l’inglese e il tedesco soltanto come lingue di arrivo nelle quali devono essere tradotte alcune categorie di documenti, senza in alcun modo indicarne la lingua di partenza. Inoltre, per la grande maggioranza delle categorie di documenti contemplate da tale allegato, è prevista una traduzione in tutte le lingue ufficiali, mentre la traduzione verso le sole lingue francese, inglese e tedesca costituisce, in realtà, l’eccezione.

162    Dall’altro lato, per quanto riguarda l’argomento relativo alla realizzazione di traduzioni «grigie», esso non è suffragato da alcun elemento relativo all’esatta percentuale che tale tipo di traduzione rappresenterebbe in rapporto al volume complessivo delle traduzioni prodotte alla Commissione. Se invero la comunicazione SEC(2006) 1489 final riconosce, al punto 2.2, che è «estremamente difficile quantificare tali traduzioni per mancanza di indicatori affidabili», essa contiene nondimeno, al punto 3.1, una stima per l’anno 2007, secondo la quale le traduzioni prodotte dalla DG della Traduzione rappresenterebbero 1 700 000 pagine, mentre le traduzioni «grigie» raggiungerebbero le 100 000 pagine. Tuttavia, poiché quest’ultima cifra corrisponde all’insieme dei servizi della Commissione diversi dalla DG della Traduzione, è più che evidente che le traduzioni «grigie» rappresenterebbero soltanto un quantitativo assai ridotto rispetto al volume prodotto da questa sola DG. Infine, e soprattutto, nessun elemento del fascicolo permette di dimostrare che le tre lingue summenzionate siano le lingue verso le quali verrebbero effettuate tali traduzioni «grigie».

163    Alla luce di tali circostanze, e senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale documento (v. punto 130 supra), occorre considerare che la comunicazione SEC(2006) 1489 final non presenta alcuna rilevanza ai fini della soluzione delle presenti controversie.

164    In ogni caso, e indipendentemente dall’esistenza stessa di un nesso tra le procedure decisionali della Commissione e le funzioni specifiche contemplate dal bando impugnato, è giocoforza constatare che i testi prodotti da tale istituzione sono ben lontani dall’indicare un’utilizzazione esclusiva delle tre lingue «procedurali» nelle procedure da essi contemplate.

165    Infatti, da un lato, risulta dal documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», letto alla luce delle modalità di applicazione del regolamento interno della Commissione, che, sicuramente, l’avvio di una procedura di adozione impone, per regola generale, e fatta salva la possibilità di utilizzare una sola lingua nelle procedure di abilitazione e di delega, la presentazione del progetto di atto nelle tre lingue procedurali. Ciò non toglie che l’adozione di tale progetto può rendere o rende obbligatoriamente necessaria, a seconda delle esigenze risultanti dalla natura dell’atto di cui trattasi, la disponibilità di quest’ultimo anche in un’altra o in altre versioni linguistiche, o addirittura, qualora l’atto in questione sia destinato ad essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o ad essere trasmesso ad altre istituzioni, in tutte le lingue ufficiali dell’Unione.

166    Dall’altro lato, come parimenti emerge dal documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», sono possibili delle deroghe riguardo al numero delle lingue procedurali utilizzate per l’avvio di una procedura di adozione, o persino per l’adozione di un progetto di atto (v. punto 150 supra).

167    Per quanto riguarda, in particolare, le deroghe permanenti di cui si è parlato al punto 151 supra, il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione» indica, ad esempio, che le decisioni individuali in materia di aiuti di Stato sono approntate in una delle lingue procedurali, «generalmente l’inglese o il francese». Quanto agli altri settori contemplati da questo tipo di deroga, alcune note emanate dal segretario generale della Commissione, che quest’ultima ha esibito dinanzi al Tribunale in risposta a delle misure di organizzazione del procedimento, autorizzano la presentazione di progetti di atto in una sola lingua procedurale. Tuttavia, è giocoforza constatare che tali note non identificano quale delle tre lingue procedurali può in concreto essere utilizzata, il che non permette di trarre da esse conclusioni utili.

168    Inoltre, non bisogna perdere di vista il fatto che, secondo il documento intitolato «Requisiti linguistici in funzione della procedura di adozione», è sempre possibile concedere una deroga singola relativa al regime linguistico di un determinato progetto di atto, e ciò quale che sia il tipo di procedura decisionale.

169    Tenuto conto dell’analisi sopra condotta, e senza che sia necessario pronunciarsi, nella causa T‑401/16, sulla ricevibilità dei documenti considerati ai punti da 123 a 125 supra e prodotti dalla Commissione nella fase della controreplica, occorre constatare che i testi in questione non sono capaci di dimostrare che la limitazione nella scelta della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato è idonea a soddisfare reali esigenze del servizio e, pertanto, come capaci di dimostrare l’esistenza, alla luce delle specificità funzionali dei posti contemplati da tale bando, di un interesse del servizio a che le persone neoassunte siano immediatamente operative.

iii) Sugli elementi relativi alle lingue utilizzate dai membri del personale dell’OLAF

170    Nelle due cause, la Commissione produce un insieme di dati relativi, in primo luogo, alle conoscenze linguistiche del personale dell’OLAF, in secondo luogo, alle lingue utilizzate da tale servizio nelle sue consultazioni inter‑servizi e, in terzo luogo, alle lingue nelle quali sono stati elaborati alcuni documenti nel quadro del programma Hercule III, istituito dal regolamento (UE) n. 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la decisione n. 804/2004/CE (GU 2014, L 84, pag. 6).

171    Secondo la Commissione, sebbene tali dati facciano apparire una preponderanza dell’inglese, ciò non toglie che il francese e il tedesco sono anch’essi utilizzati per la realizzazione di compiti concreti, sicché queste tre lingue si distinguono chiaramente da tutte le altre lingue ufficiali. Pertanto, la limitazione prevista dal bando impugnato risponderebbe ad un interesse del servizio a che i candidati ai concorsi in questione siano immediatamente operativi nel contesto linguistico specifico dell’OLAF.

172    Nella causa T‑401/16, il Regno di Spagna sostiene che sarebbe eccessivo ammettere che il francese, l’inglese e il tedesco costituiscano delle lingue veicolari, nel momento in cui il tedesco non figura neppure nell’allegato relativo alle consultazioni inter‑servizi, nel quale anche la differenza tra l’inglese e il francese è assai cospicua. Allo stesso modo, gli altri dati prodotti dalla Commissione non farebbero altro che confermare che soltanto la conoscenza dell’inglese è realmente necessaria.

173    All’udienza nella causa T‑443/16, la Repubblica italiana ha sostenuto, in sostanza, che l’aspetto decisivo da prendere in considerazione nella definizione della seconda lingua di un concorso era di stabilire quale fosse o quali fossero le lingue veicolari principali, vale a dire le lingue che permettono una comunicazione efficace tra persone di lingua materna differente. Nel caso di specie, i dati prodotti dalla Commissione tenderebbero a indicare che, per quanto riguarda l’OLAF, il solo requisito reale è la conoscenza dell’inglese.

174    In risposta, la Commissione mantiene ferma la propria argomentazione, insistendo sulla pertinenza dei dati in questione nella definizione della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato.

175    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’allegato intitolato «Dati estratti da Sysper relativi alle conoscenze linguistiche del personale dell’OLAF», occorre rilevare che esso censisce le conoscenze dichiarate a titolo di prima, di seconda e di terza lingua dai funzionari, dagli agenti temporanei, dagli agenti contrattuali e dagli esperti nazionali distaccati che lavorano all’OLAF, vale a dire un totale di 393 persone.

176    Per quanto riguarda i dati relativi alla «lingua 1», ossia, con tutta evidenza, la lingua materna delle persone interessate [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 134 (non pubblicato)], le prime tre lingue dichiarate sono il francese (80 persone), l’inglese (43 persone) e il tedesco (40 persone), mentre l’italiano viene dichiarato da 37 persone, il neerlandese e il polacco da 28 e lo spagnolo da 27.

177    Per quanto riguarda i dati riferiti alla «lingua 2», le prime tre lingue dichiarate sono l’inglese (239 persone), il francese (86 persone) e il tedesco (19 persone), superando così il neerlandese (10 persone), l’italiano (7 persone) e lo spagnolo (5 persone). Quanto al livello di conoscenza delle lingue così dichiarate, la Commissione ha precisato, all’udienza nella causa T‑443/16, che doveva ritenersi acquisito il fatto che esso corrispondeva al livello B2 del QCER, attestando così una conoscenza «soddisfacente».

178    Infine, per quanto riguarda i dati relativi alla «lingua 3», il francese (124 persone), l’inglese (74 persone) e lo spagnolo (40 persone) costituiscono le prime tre lingue dichiarate, mentre le tre successive sono il tedesco (34 persone), il neerlandese (19 persone) e l’italiano (10 persone). All’udienza nella causa T‑443/16, la Commissione, interrogata dal Tribunale, non è stata in grado di fornire delle precisazioni in merito al livello di conoscenza delle lingue dichiarate a questo titolo.

179    Occorre inoltre osservare che, come risulta dall’allegato intitolato «Dati estratti da Sysper relativi alle conoscenze linguistiche del personale dell’OLAF», i dati ivi contenuti rappresentano la situazione di tali conoscenze linguistiche a una data successiva a quella della pubblicazione del bando impugnato, vale a dire il 12 maggio 2016. Nondimeno, tenuto conto del tempo limitato trascorso tra queste due date, i dati di cui sopra possono essere considerati come rispecchianti, nel complesso, lo stato delle conoscenze linguistiche alla data della pubblicazione summenzionata. Di conseguenza, occorre tenerne conto nella valutazione della fondatezza della ragione addotta attinente alla necessità per le persone neoassunte di essere immediatamente operative, quale enunciata nel bando impugnato.

180    Tuttavia, è giocoforza constatare che i dati in questione non fanno altro che censire le conoscenze linguistiche del personale dell’OLAF. Di conseguenza, essi non permettono, né da soli, né in combinazione con i testi esaminati ai punti da 122 a 169 supra, di stabilire quale sia o quali siano le lingue veicolari effettivamente utilizzate da tale servizio nel suo lavoro quotidiano, o persino la lingua o le lingue che sarebbero indispensabili per l’esercizio delle funzioni di investigatore e di capo di gruppo di investigatori. Pertanto, tali dati non permettono di stabilire quali siano la lingua o le lingue una cui conoscenza soddisfacente farebbe dei vincitori dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato amministratori immediatamente operativi.

181    Inoltre, è importante ricordare che, come risulta dalla giurisprudenza, una limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali non può essere considerata oggettivamente giustificata e proporzionata qualora tra tali lingue siano comprese, oltre ad una lingua la cui conoscenza è auspicabile o addirittura necessaria, altre lingue che non conferiscono alcun vantaggio particolare ai potenziali vincitori di un concorso rispetto ad un’altra lingua ufficiale. Infatti, se si ammettono, come alternativa all’unica lingua la cui conoscenza costituisce un vantaggio per un funzionario di nuova assunzione, altre lingue la cui conoscenza non apporta alcun valore aggiunto, non esiste alcuna valida ragione per non ammettere anche tutte le altre lingue ufficiali [sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 140 (non pubblicato)].

182    Così, anche qualora si dovesse considerare che le conoscenze linguistiche del personale in attività possono indicare che, per essere immediatamente operativa sul piano della comunicazione interna, una persona neoassunta dovrebbe conoscere una lingua beneficiante di un grado di diffusione particolarmente elevato in seno a tale personale, i dati prodotti nella fattispecie dalla Commissione non possono giustificare la limitazione apportata dal bando impugnato alla scelta della seconda lingua dei concorsi in questione.

183    Infatti, risulta da un’analisi dei dati relativi alle lingue dichiarate a titolo di «lingua 1» e di «lingua 2» (v. punti 176 e 177 supra) che soltanto una conoscenza soddisfacente dell’inglese potrebbe essere considerata come atta a conferire un vantaggio ai potenziali vincitori dei concorsi in questione. Per contro, tali dati non permettono di spiegare perché un candidato avente, ad esempio, una conoscenza approfondita dell’italiano e una conoscenza soddisfacente del tedesco potrebbe essere immediatamente operativo per quanto riguarda la comunicazione interna, mentre un candidato avente una conoscenza approfondita dell’italiano e una conoscenza soddisfacente del neerlandese non potrebbe esserlo.

184    Per quanto riguarda, inoltre, i dati relativi alla «lingua 3», occorre precisare che, anche se il contenuto degli stessi non modifica in nulla la valutazione esposta al punto 183 supra, essi non possono, in ogni caso, essere presi in considerazione. Infatti, risulta dall’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto che la capacità di lavorare in una terza lingua è una condizione preliminare alla prima promozione dopo l’assunzione di un funzionario. Orbene, nel caso di specie, non risulta in alcun modo dall’allegato fornito dalla Commissione che l’insieme dei funzionari da esso contemplati abbia già dato prova di tale capacità ovvero che essi abbiano ottenuto la loro prima promozione. Inoltre, il suddetto allegato non riguarda soltanto dei funzionari, ma anche degli agenti temporanei e degli agenti contrattuali, i quali non sono assoggettati allo stesso regime di promozioni previsto nello Statuto (v., in tal senso, per quanto riguarda gli agenti contrattuali, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 58), nonché degli esperti nazionali distaccati le cui condizioni di impiego non sono disciplinate dallo Statuto.

185    Ne consegue che i dati relativi alle conoscenze linguistiche del personale dell’OLAF non permettono di giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alla luce dell’obiettivo di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi.

186    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’allegato intitolato «Informazioni (...) concernenti l’utilizzazione dell’inglese presso l’OLAF», occorre rilevare che esso contiene dati raccolti presso tale servizio, relativi alle lingue utilizzate, tra l’anno 2013 e il 30 settembre 2016, nelle consultazioni inter‑servizi dell’OLAF e in attività di investigazione, nonché relativi alle lingue utilizzate dal suddetto servizio nella selezione e nella gestione dei casi che gli sono stati sottoposti.

187    Orbene, sull’insieme del periodo indicato, l’allegato intitolato «Informazioni (...) concernenti l’utilizzazione dell’inglese presso l’OLAF» fa emergere un’utilizzazione quasi esclusiva dell’inglese e un’utilizzazione molto limitata del francese. Pertanto, nella misura in cui il suddetto allegato non contiene alcun elemento idoneo a dimostrare un’utilizzazione del tedesco come lingua di lavoro nelle attività in questione, esso non può essere considerato come avente una rilevanza ai fini della risoluzione delle presenti controversie.

188    Per quanto riguarda, in terzo e ultimo luogo, l’allegato intitolato «Programmi operativi in materia di lotta contro le frodi», occorre rilevare che esso contiene una tabella con dati relativi alla gestione di alcuni aspetti del programma Hercule III istituito dal regolamento n. 250/2014 (v. punto 170 supra). Più precisamente, risulta da tale tabella che, per il periodo che va dal 2014 al 2016, nove inviti a presentare proposte emessi nel quadro di tale programma sono stati pubblicati in francese, in inglese e in tedesco, mentre quattro gare d’appalto sono state oggetto di pubblicazione soltanto in inglese.

189    A questo proposito, occorre rilevare che, secondo il preambolo del regolamento n. 250/2014, il programma Hercule III ha, segnatamente, l’obiettivo di contribuire allo sviluppo di azioni di assistenza tecnica e di formazione specialistica condotte a livello dell’Unione e negli Stati membri al fine di lottare contro le frodi e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, in particolare contro il contrabbando e la contraffazione di sigarette.

190    In tale contesto, la missione dell’OLAF, quale risulta dall’articolo 12, paragrafo 3, del regolamento n. 250/2014, consiste nella realizzazione di indagini in conformità del regolamento n. 883/2013 (v. punto 113 supra) e del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU 1996, L 292, pag. 2), al fine di dimostrare l’eventuale esistenza di una frode, di un atto di corruzione o di qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, nel quadro di un’azione sovvenzionata a titolo del suddetto programma.

191    Orbene, è giocoforza constatare che nessuna disposizione del regolamento n. 250/2014 impone l’utilizzazione, nell’attuazione e nella gestione del programma in questione, di un numero limitato di lingue ufficiali.

192    Inoltre, risulta dall’allegato intitolato «Programmi operativi in materia di lotta contro le frodi», prodotto dalla Commissione, che il francese, l’inglese e il tedesco sono stati utilizzati, tra il 2014 e il 2016, per la pubblicazione di soli nove inviti a presentare proposte, valendo il principio che «tutto il lavoro [relativo al programma Hercule III] viene effettuato in inglese». Oltre al fatto che l’utilizzazione del francese e del tedesco si rivela, in tale contesto particolare, del tutto eccezionale, la Commissione non fornisce precisazioni supplementari in merito a tali inviti a presentare proposte, né d’altronde fornisce alcuna indicazione da cui risulti che a redigere tali documenti nelle lingue suddette era stato effettivamente il personale dell’OLAF, e non la DG della Traduzione (v. punti 158 e 159 supra).

193    Infine, e soprattutto, nessun elemento dei fascicoli delle presenti cause permette di ritenere che i vincitori dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato si vedrebbero affidati gli incarichi connessi alla redazione di inviti a presentare proposte nel quadro del programma Hercule III, anziché altri compiti. Tenuto conto della natura delle funzioni contemplate dal bando impugnato (v. punto 113 supra), sembra poco probabile che l’oggetto principale dell’attività degli investigatori o dei capi di gruppi di investigatori nel loro lavoro quotidiano consista nella preparazione di questo tipo di documenti. Pertanto, poiché il programma in questione rappresenta soltanto un aspetto dell’attività dell’OLAF, occorre constatare che i dati ad esso relativi non possono essere considerati come configuranti la totalità dei dati rilevanti, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 97 supra, al fine di stabilire la lingua o le lingue necessarie per l’esercizio delle funzioni previste dal bando impugnato.

194    Di conseguenza, i dati prodotti dalla Commissione riguardanti le lingue utilizzate nel quadro del programma Hercule III non presentano alcuna rilevanza ai fini della risoluzione delle presenti controversie.

195    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre constatare che gli elementi forniti dalla Commissione in merito alle lingue utilizzate dal personale dell’OLAF non permettono di dimostrare che la limitazione della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato sia giustificata dall’obiettivo che i potenziali vincitori siano immediatamente operativi nel contesto linguistico specifico del suddetto servizio.

196    Sulla scorta dell’analisi effettuata ai punti da 122 a 195 supra, occorre constatare che l’insieme degli elementi prodotti dalla Commissione per quanto riguarda la sua prassi interna in materia linguistica nonché le lingue utilizzate dai membri del personale dell’OLAF non sono idonei a supportare la ragione addotta attinente alla necessità che gli amministratori assunti siano immediatamente operativi, così come formulata nel bando impugnato.

iv)    Sugli elementi relativi alla diffusione del francese, dell’inglese e del tedesco quali lingue straniere parlate e studiate in Europa

197    Nella causa T‑443/16, la Commissione sostiene che, tra gli elementi da prendere in considerazione nel bilanciamento dei diversi interessi in gioco nell’organizzazione di una procedura di concorso, figurano le lingue più studiate come seconda lingua da coloro che si candidano ad un impiego nella funzione pubblica dell’Unione, vale a dire «i giovani cittadini dell’Unione».

198    A sostegno della sua argomentazione, la Commissione, in primo luogo, produce un rapporto dell’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), pubblicato in Statistics in Focus n. 49/2010. Da tale rapporto risulta, da un lato, che l’inglese è «di gran lunga la lingua straniera più studiata [in Europa] a tutti i livelli educativi, seguita dal francese, dal tedesco, dal russo e, in misura minore, dallo spagnolo», e, dall’altro lato, che «la lingua straniera meglio conosciuta di gran lunga[, in Europa,] è percepita essere l’inglese, seguito dal tedesco, dal russo, dal francese e dallo spagnolo».

199    In secondo luogo, la Commissione presenta il rapporto speciale Eurobarometro n. 386 del giugno 2012, da cui essa deduce che il tedesco sarebbe la lingua più parlata in Europa, «essendo utilizzata dal 16% di tutta la popolazione dell’Unione (...) e che le tre lingue straniere maggiormente studiate e parlate in Europa come seconda lingua sono, nell’ordine, l’inglese, il francese e il tedesco, parlate, rispettivamente, dal 38%, dal 12% e dall’11% della popolazione complessiva dell’Unione».

200    Infine, in terzo luogo, la Commissione acclude ai propri scritti difensivi il comunicato stampa n. 144/2014 di Eurostat, del 25 settembre 2014, relativo alle lingue più studiate nel 2012 a livello di insegnamento secondario inferiore, deducendo da esso che le tre lingue in questione «si confermano (...) come le lingue più studiate in Europa dai cittadini europei, ossia da coloro che sono i candidati alle procedure di concorso ai sensi dell’art. 28, [lettera] a), dello Statuto».

201    A questo proposito, occorre rilevare che i dati statistici in questione si riferiscono all’insieme dei cittadini dell’Unione, ivi comprese persone che non hanno raggiunto la maggiore età, sicché non si può presumere che essi riflettano correttamente le conoscenze linguistiche dei potenziali candidati ai concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 142 (non pubblicato)].

202    Inoltre, la sola cosa che queste statistiche potrebbero dimostrare è che il numero di potenziali candidati, la cui situazione viene pregiudicata per effetto della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca delle lingue che possono essere scelte quale seconda lingua dei concorsi oggetto del bando impugnato, è meno elevato di quanto sarebbe se tale scelta fosse limitata ad altre lingue. Orbene, tale circostanza non è sufficiente per concludere che la limitazione in questione non è discriminatoria, dato che il numero eventualmente ristretto di persone la cui situazione verrebbe potenzialmente pregiudicata non può costituire un argomento valido al riguardo [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 143 (non pubblicato)].

203    Tutt’al più, questi dati sarebbero eventualmente idonei a dimostrare il carattere proporzionato della limitazione in questione, qualora risultasse che essa rispondeva alla necessità per i servizi interessati dal bando impugnato di disporre di vincitori di concorso immediatamente operativi [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 144 (non pubblicato)], o addirittura che essa rispondeva ad esigenze correlate a vincoli di bilancio e operativi o alla natura della procedura di selezione. Orbene, come si è constatato, segnatamente, ai punti 105 e 196 supra, la Commissione non è riuscita a dimostrare che tale limitazione fosse effettivamente giustificata da considerazioni siffatte.

204    Pertanto, per queste ragioni, i dati statistici menzionati ai punti da 198 a 200 supra non sono idonei, né da soli, né presi congiuntamente con altri elementi dei fascicoli delle presenti cause, tra cui segnatamente quelli contemplati al punto 103 supra, a giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca.

205    Occorre dunque concludere che, per l’insieme delle ragioni indicate supra, la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato non si rivela né oggettivamente giustificata né proporzionata all’obiettivo fondamentale perseguito, che consiste nell’assumere amministratori che siano immediatamente operativi. Inoltre, e quale sviluppo delle considerazioni esposte ai punti da 99 a 105 supra, le ragioni addotte attinenti ai vincoli di bilancio e operativi nonché alla natura della procedura di selezione, quand’anche prese congiuntamente con la ragione attinente alla necessità di assumere amministratori immediatamente operativi, non possono neanch’esse giustificare la limitazione in questione.

206    Infatti, non è sufficiente difendere il principio sotteso a tale limitazione facendo riferimento al gran numero di lingue riconosciute all’articolo 1 del regolamento n. 1 come lingue ufficiali e di lavoro dell’Unione e alla necessità che ne deriva di scegliere un numero più ristretto di lingue, o addirittura una sola, come lingue di comunicazione interna o «lingue veicolari». È necessario anche, in considerazione dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 1 e paragrafo 6, prima frase, dello Statuto, giustificare oggettivamente la scelta di una o più lingue specifiche, ad esclusione di tutte le altre [v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Italia/Commissione, T‑353/14 e T‑17/15, EU:T:2016:495, punto 156 (non pubblicato) e la giurisprudenza ivi citata].

207    Questo è per l’appunto ciò che sia l’EPSO, autore del bando impugnato, sia la Commissione, parte convenuta dinanzi al Tribunale, hanno omesso di fare.

208    Di conseguenza, occorre accogliere il secondo e il terzo motivo di ricorso dedotti dal Regno di Spagna, nella causa T‑401/16, nonché il terzo e il settimo motivo di ricorso presentati dalla Repubblica italiana, nella causa T‑443/16, e annullare il bando impugnato in quanto esso limita la scelta della seconda lingua dei concorsi in questione alle sole lingue francese, inglese e tedesca.

209    Occorre peraltro osservare che l’illegittimità constatata implica anche e necessariamente l’illegittimità della limitazione della lingua da utilizzare per alcune prove dell’ultima fase dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato (v. punti 14 e 15 supra).

B.      Sulla legittimità della limitazione della scelta delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati ai concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato e l’EPSO

210    La parte del bando impugnato che verte sulla limitazione della scelta delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati ai concorsi cui si riferisce tale bando e l’EPSO costituisce l’oggetto del primo motivo di ricorso dedotto dal Regno di Spagna, nella causa T‑401/16, e del sesto motivo di ricorso fatto valere dalla Repubblica italiana, nella causa T‑443/16.

211    Per quanto riguarda, in primo luogo, il primo motivo di ricorso invocato dal Regno di Spagna nella causa T‑401/16, esso verte su una violazione degli articoli 1 e 2 del regolamento n. 1, dell’articolo 22 della Carta e dell’articolo 1 quinquies dello Statuto.

212    Nell’ambito di tale motivo, il Regno di Spagna sostiene, segnatamente, che, sebbene il bando impugnato indichi, nel suo allegato II, che i candidati possono rivolgersi all’EPSO in tutte le lingue ufficiali, esso precisa però in modo altrettanto chiaro che l’atto di candidatura, ivi compresa la sezione «Valutazione dei talenti», deve essere compilato in francese, in inglese o in tedesco. Orbene, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, il modo di presentazione di tali informazioni ha sempre un influsso sulla valutazione del candidato.

213    Inoltre, la limitazione alle lingue francese, inglese e tedesca della scelta delle lingue nelle quali vengono effettuate le «comunicazioni generali» dell’EPSO non sarebbe giustificata né dall’obiettivo di garantire che i vincitori dei concorsi in questione siano efficienti nelle loro funzioni, né da ragioni operative correlate alla gestione delle procedure di selezione.

214    Per quanto concerne, in secondo luogo, il sesto motivo di ricorso dedotto dalla Repubblica italiana nella causa T‑443/16, esso si riferisce ad una violazione dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto.

215    Secondo la Repubblica italiana, tali disposizioni sancirebbero il diritto per ogni cittadino dell’Unione di rivolgersi alle istituzioni in una qualsiasi delle lingue dell’Unione e di ricevere una risposta nella stessa lingua, diritto che, nel caso di specie, sarebbe violato dalla limitazione in questione. Facendo valere la sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), detto Stato membro sostiene che la lingua utilizzata nel quadro di una procedura di concorso, lungi dall’essere una semplice questione di organizzazione interna, si presenta come un elemento costitutivo di un rapporto di natura costituzionale tra il cittadino interessato e l’Unione. Di conseguenza, la lingua di un concorso dovrebbe essere quella del cittadino, ossia del candidato, che non è ancora entrato a far parte della funzione pubblica dell’Unione.

216    La Repubblica italiana rileva, inoltre, un evidente difetto di motivazione del bando impugnato, nella misura in cui quest’ultimo rimane totalmente silente riguardo alle ragioni che giustificano la limitazione della scelta delle lingue di redazione dell’atto di candidatura.

217    Per parte sua, la Commissione ritiene che gli argomenti fatti valere dal Regno di Spagna e dalla Repubblica italiana debbano essere respinti nella misura in cui essi derivano da una lettura erronea del bando impugnato.

218    Infatti, secondo la Commissione, nel quadro dei concorsi cui si riferisce il bando impugnato, occorrerebbe distinguere a seconda che la comunicazione riguardi questioni generali e astratte oppure presenti una natura specifica in quanto mira a far conoscere l’interesse del candidato ad ottenere un posto di lavoro in seno alla funzione pubblica dell’Unione, il che include, segnatamente, la presentazione dell’atto di candidatura.

219    Nella prima ipotesi, i candidati avrebbero la possibilità di indicare almeno due lingue tra tutte le lingue dell’Unione nelle quali essi desiderano ricevere le risposte dell’EPSO. Così, gli argomenti relativi ad una violazione delle disposizioni del regolamento n. 1 non potrebbero trovare accoglimento sul punto. La Commissione produce, a questo scopo, il modulo per presa di contatto che l’EPSO avrebbe messo a disposizione dei candidati sul suo sito Internet, nonché alcuni dati relativi alle lingue nelle quali tale servizio avrebbe fornito risposte a quesiti o richieste formulate nell’ambito dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato.

220    Nel secondo caso, i candidati sarebbero tenuti ad utilizzare la loro seconda lingua di concorso, da scegliersi unicamente tra il francese, l’inglese o il tedesco. Tale limitazione sarebbe giustificata in virtù dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, il quale fa della conoscenza di due lingue dell’Unione un presupposto per l’assunzione dei funzionari, ma anche in virtù dell’esigenza imperativa di parità di trattamento tra i candidati. Inoltre, tale limitazione risponderebbe all’interesse del servizio a che le comunicazioni di questo tipo si svolgano in modo rapido ed efficace, a che esse siano gestite su un piano di parità dalla commissione giudicatrice del concorso, i cui membri hanno sempre per lingue di lavoro le tre lingue summenzionate, nonché dall’EPSO, e, infine, a che esse non determinino un onere considerevole in termini di gestione delle risorse da parte dell’EPSO. Del resto, la limitazione in questione non favorirebbe in alcun modo i candidati la cui prima lingua sia una delle lingue summenzionate, in quanto costoro si vedrebbero costretti ad utilizzare una lingua differente.

221    Per quanto riguarda, infine, l’argomentazione che la Repubblica italiana sviluppa sulla base di alcuni punti della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), la Commissione ritiene che questi riguardino soltanto la questione della lingua di pubblicazione dei bandi di concorso.

222    Per quanto concerne, anzitutto, il difetto di motivazione dedotto dalla Repubblica italiana, occorre rilevare che, come risulta dal punto 3 dell’allegato II del bando impugnato, la limitazione della scelta delle lingue di comunicazione, ivi comprese le lingue di presentazione dell’atto di candidatura, è motivata, in sostanza, dal proposito di «comunicare in modo rapido ed efficiente» nonché dalla necessità che «i candidati siano valutati su un piano di parità» (v. punto 12 supra). Pertanto, l’argomento della Repubblica italiana relativo ad un difetto di motivazione deve essere respinto.

223    Quanto poi all’esistenza di una discriminazione, nonché all’eventuale giustificazione di quest’ultima, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 2 del regolamento n. 1, che corrisponde, in sostanza, all’articolo 24, quarto comma, TFUE e all’articolo 41, paragrafo 4, della Carta, i testi diretti alle istituzioni dell’Unione da una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali, contemplate dall’articolo 1 del citato regolamento, e la risposta dell’istituzione deve essere redatta nella stessa lingua. In quanto componente essenziale del rispetto della diversità linguistica dell’Unione, la cui importanza è ricordata all’articolo 3, paragrafo 3, quarto comma, TUE nonché all’articolo 22 della Carta, il diritto riservato a tali persone di scegliere, tra le lingue ufficiali dell’Unione, la lingua da utilizzare negli scambi con le istituzioni riveste un carattere fondamentale (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 36).

224    Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, dall’obbligo incombente all’Unione di rispettare la diversità linguistica non può desumersi l’esistenza di un principio giuridico generale, il quale assicuri a ciascuna persona il diritto a che tutto ciò che può ledere i suoi interessi venga redatto nella sua lingua in qualsiasi circostanza, e in virtù del quale le istituzioni siano tenute, senza alcuna possibilità di deroga, ad utilizzare la totalità delle lingue ufficiali in qualsiasi situazione (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

225    In particolare, nel quadro specifico delle procedure di selezione del personale dell’Unione, la Corte ha statuito che le istituzioni non possono vedersi imporre obblighi che vadano oltre quanto prescritto dall’articolo 1 quinquies dello Statuto (v. sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).

226    Dall’articolo 1 quinquies, paragrafo 1 e paragrafo 6, prima frase, dello Statuto discende che, se invero non è escluso che l’interesse del servizio possa giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua di un concorso – ivi compresa quella della lingua o delle lingue di comunicazione tra i candidati e l’EPSO – ad un numero ristretto di lingue ufficiali la cui conoscenza è la più diffusa nell’Unione, una siffatta limitazione deve nondimeno imperativamente fondarsi su elementi oggettivamente verificabili, sia da parte dei candidati al concorso sia da parte dei giudici dell’Unione, atti a giustificare le conoscenze linguistiche richieste, che devono essere proporzionate alle reali esigenze del servizio (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Commissione/Italia, C‑621/16 P, EU:C:2019:251, punto 124 e la giurisprudenza ivi citata).

227    A questo proposito, occorre rilevare che, secondo la parte introduttiva dell’allegato II del bando impugnato, «[i] candidati devono utilizzare la loro seconda lingua di concorso (francese, inglese e tedesco) per compilare l’atto di candidatura elettronico e l’EPSO deve utilizzare queste tre lingue per le comunicazioni generali ai candidati che hanno presentato un atto di candidatura valido» (v. punto 9 supra).

228    Inoltre, al punto 3 dell’allegato II del bando impugnato, si segnala che «[i] candidati possono rivolgersi all’EPSO in una qualsiasi delle lingue ufficiali dell’[Unione]. Tuttavia, per consentire all’EPSO di trattare una richiesta nel modo più efficiente, è opportuno scegliere detta lingua tra il numero ristretto di lingue nelle quali il personale dell’EPSO può fornire una risposta tempestiva senza dover ricorrere a una traduzione» (v. punto 12 supra).

229    Anche se, per quanto riguarda le comunicazioni di quest’ultimo tipo, non risulta, alla luce degli elementi addotti dalla Commissione e menzionati al punto 219 supra, che ai candidati fosse preclusa la possibilità di comunicare con l’EPSO nella lingua ufficiale di loro scelta, è giocoforza constatare che sia la presentazione dell’atto di candidatura che «le comunicazioni generali ai candidati che hanno presentato un atto di candidatura valido» dovevano aver luogo unicamente in francese, in inglese o in tedesco. Di conseguenza, e per ragioni identiche a quelle esposte ai punti da 61 a 65 supra in riferimento alla seconda lingua delle prove dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato, una limitazione siffatta integra una discriminazione fondata sulla lingua, in linea di principio vietata dall’articolo 1 quinquies, paragrafo 1, dello Statuto.

230    Inoltre, tale limitazione non può essere compensata dalla possibilità, evocata al punto 229 supra, che avevano i candidati di comunicare con l’EPSO nella lingua ufficiale di loro scelta a proposito di altri aspetti relativi alla procedura di selezione in questione (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento, C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 48).

231    Per quanto riguarda la fondatezza delle ragioni addotte a sostegno della limitazione suddetta, attinenti, in sostanza, alla necessità di assicurare una comunicazione rapida ed efficace e di procedere ad una valutazione comparativa dei candidati su un piano di parità (v. punto 222 supra), occorre rilevare che esse potrebbero, da sole, giustificare unicamente una limitazione in astratto del numero di lingue utilizzabili per la redazione dell’atto di candidatura e per le «comunicazioni generali» dell’EPSO con i candidati ammissibili. Per contro, e come risulta d’altronde dagli stessi scritti difensivi della Commissione, le suddette ragioni potrebbero giustificare una limitazione delle lingue di comunicazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca soltanto nel caso in cui la conoscenza soddisfacente di tali lingue permettesse ai candidati, tenuto conto della natura delle funzioni da esercitare e delle reali esigenze del servizio, di essere immediatamente operativi.

232    Orbene, come si è constatato al punto 205 supra, tale ipotesi non sussiste nel caso di specie.

233    Inoltre, per quanto riguarda l’argomento che la Commissione ricava dall’esistenza di vincoli di bilancio, esso deve essere respinto per ragioni identiche a quelle illustrate ai punti da 99 a 102 supra. Del pari, deve essere respinto, alla luce dell’analisi effettuata ai punti da 122 a 196 supra, relativa agli elementi presentati dalla Commissione in merito alla propria prassi linguistica interna nonché alle lingue utilizzate dal personale dell’OLAF, l’argomento di detta istituzione secondo cui le lingue di lavoro dei funzionari componenti la commissione giudicatrice di concorso sono «sempre» il francese, l’inglese o il tedesco.

234    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre accogliere il primo motivo di ricorso fatto valere dal Regno di Spagna, nella causa T‑401/16, nonché il sesto motivo di ricorso dedotto dalla Repubblica italiana, nella causa T‑443/16, e, di conseguenza, annullare il bando impugnato in quanto esso limita la scelta delle lingue di comunicazione tra i candidati e l’EPSO alle sole lingue francese, inglese e tedesca.

235    Pertanto, e senza che sia necessario esaminare gli altri motivi di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana nella causa T‑443/16, occorre accogliere i presenti ricorsi e annullare il bando impugnato nella sua interezza.

236    Infatti, occorre rilevare che, alla luce di quanto esposto al punto 42 supra, le illegittimità constatate in ordine al regime linguistico previsto dal bando impugnato inficiano le procedure di selezione in questione nel loro insieme e implicano, pertanto, l’annullamento di tale bando nella sua interezza (v., in tal senso, ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 130).

237    Per quanto riguarda gli effetti dell’annullamento del bando impugnato, occorre osservare che, in occasione delle udienze nelle due cause, tanto il Regno di Spagna quanto la Repubblica italiana, interpellate sul punto dal Tribunale, hanno affermato che di detto annullamento occorrerebbe trarre le conseguenze annullando anche gli elenchi di riserva formati all’esito dei concorsi in questione. Più precisamente, secondo la Repubblica italiana, alla luce della giurisprudenza della Corte e del Tribunale formatasi a partire dal 2012, non potrebbe essere riposto alcun legittimo affidamento nel mantenimento di tali elenchi.

238    In risposta, la Commissione ha sostenuto che, diversamente dalla causa decisa dalla sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249), nella quale il Regno di Spagna avrebbe espressamente concluso chiedendo l’annullamento della base di dati costituita all’esito dell’invito a manifestare interesse annullato da tale sentenza, nelle presenti cause né il Regno di Spagna né la Repubblica italiana sarebbero legittimati a chiedere l’annullamento degli elenchi di riserva formati all’esito dei concorsi in questione, non avendo i suddetti Stati membri formulato alcun capo di conclusioni in tal senso nei loro rispettivi atti introduttivi del giudizio. Inoltre, secondo la Commissione, la procedura di selezione in questione nella causa decisa dalla sentenza summenzionata sarebbe stata molto più agile di quelle esaminate nelle presenti cause, sicché l’annullamento della totalità dei risultati di queste ultime parrebbe del tutto ingiustificato.

239    A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, possono essere prese in considerazione soltanto le conclusioni formulate nell’atto introduttivo del giudizio, e che la fondatezza del ricorso deve essere esaminata unicamente alla luce di tali conclusioni (v. sentenza del 25 febbraio 2016, Musso/Parlamento, T‑589/14 e T‑772/14, non pubblicata, EU:T:2016:101, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata). Così, per principio, la parte ricorrente non può, in corso di procedimento, presentare nuove conclusioni o ampliare l’oggetto di conclusioni già formulate, determinandosi altrimenti una modifica dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1965, Krawczynski/Commissione, 83/63, EU:C:1965:70, pag. 751), a meno che non sussistano i presupposti per l’applicazione dell’articolo 86 del regolamento di procedura, relativo all’adattamento del ricorso introduttivo del giudizio. Orbene, come risulta dai fascicoli delle presenti cause, tale situazione non sussiste nel caso di specie.

240    Di conseguenza, nei limiti in cui la posizione espressa dal Regno di Spagna e dalla Repubblica italiana in occasione delle udienze nelle presenti cause potrebbe essere considerata come mirante all’annullamento degli elenchi di riserva formati all’esito dei concorsi in questione, tale richiesta, non essendo conforme ai requisiti ricordati al punto 239 supra, dovrebbe essere respinta perché irricevibile.

241    In ogni caso, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 266 TFUE, l’istituzione da cui promana l’atto annullato è tenuta ad adottare le misure che l’esecuzione della sentenza che ha disposto l’annullamento di tale atto comporta. La Corte ha statuito al riguardo che, per conformarsi a una sentenza siffatta e darvi piena esecuzione, l’istituzione interessata era tenuta a rispettare non soltanto il dispositivo della pronuncia stessa, ma anche le motivazioni che avevano portato a quest’ultima e che ne costituivano il necessario supporto, nel senso che esse erano indispensabili per stabilire l’esatto significato di quanto statuito nel dispositivo (v. sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/McBride e a., C‑361/14 P, EU:C:2016:434, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

242    Tuttavia, per ragioni analoghe a quelle illustrate ai punti da 83 a 87 della sentenza del 26 marzo 2019, Spagna/Parlamento (C‑377/16, EU:C:2019:249, punto 85), l’annullamento del bando impugnato non può avere alcuna incidenza su eventuali assunzioni già effettuate sulla base degli elenchi di riserva formati all’esito delle procedure di selezione in questione, in considerazione del legittimo affidamento di cui beneficiano i candidati che si sono già visti offrire un posto di lavoro sulla base della loro iscrizione negli elenchi suddetti (v., in tal senso, ordinanza del 5 settembre 2019, Italia/Commissione, T‑313/15 e T‑317/15, non pubblicata, EU:T:2019:582, punto 131).

IV.    Sulle spese

243    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione è rimasta soccombente, essa deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Regno di Spagna, nella causa T‑401/16, e quelle sostenute dalla Repubblica italiana, nella causa T‑443/16, in conformità delle conclusioni formulate da questi due Stati membri.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il bando relativo ai concorsi generali EPSO/AD/323/16, per la costituzione di elenchi di riserva di amministratori incaricati di funzioni di investigatori (AD 7) nei seguenti settori: «1 – Investigatori: spese dell’UE, lotta alla corruzione – 2 – Investigatori: dogane e commercio, tabacco e merci contraffatte», ed EPSO/AD/324/16, per la costituzione di un elenco di riserva di amministratori incaricati delle seguenti funzioni: «Investigatori (AD 9): capi gruppo», è annullato.

2)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Regno di Spagna, nella causa T401/16, e quelle sostenute dalla Repubblica italiana, nella causa T443/16.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2020.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

                                           S. Papasavvas                  


Indice


I. Fatti all’origine della controversia

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulla legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato

1. Sulla motivazione del bando impugnato

2. Sulla fondatezza delle ragioni addotte nel bando impugnato per la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta, da parte dei candidati, della seconda lingua dei concorsi in questione

a) Sull’esistenza di una discriminazione

b) Sull’esistenza di una giustificazione della discriminazione controversa

1) Sulle ragioni giustificative addotte nel bando impugnato

2) Sugli elementi prodotti dalla Commissione

i) Osservazione preliminare

ii) Sugli elementi relativi alla prassi interna della Commissione in materia linguistica

iii) Sugli elementi relativi alle lingue utilizzate dai membri del personale dell’OLAF

iv) Sugli elementi relativi alla diffusione del francese, dell’inglese e del tedesco quali lingue straniere parlate e studiate in Europa

B. Sulla legittimità della limitazione della scelta delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati ai concorsi costituenti l’oggetto del bando impugnato e l’EPSO

IV. Sulle spese


*      Lingue processuali: lo spagnolo e l’italiano.