Language of document : ECLI:EU:F:2013:203

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

12 dicembre 2013 (*)

«Funzione pubblica – Assistenti parlamentari accreditati – Risoluzione anticipata del contratto – Domanda di assistenza – Molestie psicologiche»

Nella causa F‑129/12,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA ai sensi del suo articolo 106 bis,

CH, assistente parlamentare accreditato del Parlamento europeo, residente in Bruxelles (Belgio), rappresentata da L. Levi, C. Bernard‑Glanz e A. Tymen, avvocati,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da S. Alves e E. Taneva, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Prima Sezione),

composto da H. Kreppel, presidente, E. Perillo e R. Barents (relatore), giudici,

cancelliere: J. Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 luglio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso pervenuto presso la cancelleria del Tribunale in data 31 ottobre 2012, CH chiede l’annullamento della decisione del Parlamento europeo, del 19 gennaio 2012, recante risoluzione del suo contratto di assistente parlamentare accreditato, l’annullamento della decisione del 15 marzo 2012, recante rigetto della sua domanda di assistenza e, se necessario, l’annullamento delle decisioni di rigetto dei reclami presentati contro tali decisioni, nonché la condanna del Parlamento a versarle la somma di EUR 120 000 a titolo di risarcimento danni.

 Contesto normativo

2        Il contesto normativo della causa in esame è costituito dagli articoli 12 bis e 24 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), dall’articolo 2, lettera c), dagli articoli 127 e 130 nonché dall’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del regime applicabile agli altri agenti (in prosieguo: il «RAA»).

3        L’articolo 31, intitolato «Condizioni di lavoro giuste ed eque», paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea prevede quanto segue:

«Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose».

4        L’articolo 41 della Carta, intitolato «Diritto ad una buona amministrazione», così dispone:

«1.      Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione.

2.      Tale diritto comprende in particolare:

a)      il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio;

(…)».

5        L’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento interno del Parlamento, applicabile all’epoca dei fatti, stabilisce quanto segue:

«Il comportamento dei deputati è improntato al rispetto reciproco, poggia sui valori e i principi definiti nei testi fondamentali dell’Unione europea, salvaguarda la dignità del Parlamento e non deve compromettere il regolare svolgimento dei lavori parlamentari né la quiete in tutti gli edifici del Parlamento. (…)».

6        L’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione del titolo VII del RAA, adottate con decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento, del 9 marzo 2009, e modificate, da ultimo, con decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento, del 13 dicembre 2010 (in prosieguo: le «misure di attuazione»), così prevede:

«Qualora l’assistente, il deputato o il gruppo di deputati che esso assiste intendano porre fine al contratto prima della scadenza, l’assistente o il deputato di riferimento presenta una domanda scritta in tal senso al servizio competente del segretariato generale, precisando il motivo o i motivi per quali viene richiesta la risoluzione anticipata del contratto.

Dopo l’esame della domanda, l’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione pone fine al contratto o in attuazione dell’articolo 139, paragrafo 1, [lettera] d), del [RAA], nel rispetto del termine di preavviso previsto, o in attuazione dell’articolo 139, paragrafo 3, del [RAA], nel rispetto delle condizioni previste».

 Fatti

7        Il 1º ottobre 2004 la ricorrente è stata assunta in qualità di assistente parlamentare dal sig. B., deputato del Parlamento, in forza di un contratto che doveva scadere al termine della legislatura 2004/2009. In seguito alla cessazione del mandato del sig. B., avvenuta nel 2007, la ricorrente è stata assunta quale assistente parlamentare da un altro deputato del Parlamento, la sig.ra P., a decorrere dal 1º dicembre 2007, sino al termine della suddetta legislatura, nel 2009. Con effetto dal 1º agosto 2009, la ricorrente è stata assunta dal Parlamento quale assistente parlamentare accreditato ai sensi dell’articolo 5 bis del RAA (in prosieguo: l’«APA»), per assistere la sig.ra P. sino al termine della legislatura 2009/2014. Il suo contratto prevedeva un inquadramento nel grado 14 del gruppo di funzioni II.

8        Con effetto dal 1º settembre 2010, tale contratto è stato sostituito da un nuovo contratto, in forza del quale la ricorrente è stata reinquadrata nel grado 11 del gruppo di funzioni II.

9        A decorrere dal 27 settembre 2011 la ricorrente è stata collocata in congedo di malattia, protrattosi sino al 19 aprile 2012.

10      Il 26 ottobre 2011 il medico curante della ricorrente, il dott. A.G., ha redatto un certificato attestante il suo stato ansioso‑depressivo, il ricorrere di uno stato di «ruminazione mentale» e di disturbi alimentari, facendo riferimento alla dichiarazione della ricorrente secondo la quale la medesima sarebbe stata vittima di molestie psicologiche sul posto di lavoro. In una relazione del 20 novembre 2011, inviata al dottor A. G, il dott. Y.G., neuropsichiatra, ha constatato la persistenza di un disturbo ansioso‑depressivo. Il 22 novembre 2011, il dott. J. de M., responsabile dell’unità per le perizie medico‑psicologiche del centro ospedaliero universitario Brugmann di Bruxelles (Belgio), ha attestato l’esistenza di una sindrome da esaurimento reazionale e ha dichiarato che i disturbi ansioso-depressivi della ricorrente avevano origine in un «vissuto di molestie psicologiche sul posto di lavoro».

11      Il 28 novembre 2011 la ricorrente ha informato il comitato consultivo sulle molestie e la prevenzione delle stesse sul posto di lavoro, istituito dal Parlamento (in prosieguo: il «comitato consultivo sulle molestie psicologiche»), della sua situazione e del comportamento della sig.ra P. nei suoi confronti. Il 6 dicembre 2011 la ricorrente ha interpellato tutti i membri di detto comitato riguardo alle pratiche da svolgere per sporgere denuncia di molestie psicologiche. Con e‑mail del 12 dicembre 2011, la ricorrente ha trasmesso a tutti i membri del comitato consultivo sulle molestie psicologiche, nonché al segretario generale del Parlamento, l’e‑mail inviata lo stesso giorno alla sig.ra P. e contenente la descrizione del suo stato di salute in seguito alle molestie da parte di quest’ultima. Con e‑mail del 21 dicembre 2011, la ricorrente si è rivolta al presidente del suddetto comitato per chiedere un incontro.

12      Il 22 dicembre 2011 la ricorrente, tramite i suoi legali, ha presentato una domanda di assistenza ai sensi dell’articolo 24 dello Statuto, in cui asseriva di essere vittima di molestie psicologiche da parte della sig.ra P. e chiedeva l’adozione di misure di allontanamento nonché l’avvio di un’indagine amministrativa.

13      Il 6 gennaio 2012 la sig.ra P. ha inviato all’unità di assunzione e trasferimento del personale, facente parte della direzione per lo sviluppo delle risorse umane della direzione generale del personale del segretariato generale del Parlamento, una richiesta scritta di risoluzione del contratto della ricorrente. Il 18 gennaio 2012 la sig.ra P. ha confermato tale richiesta.

14      Con decisione del 19 gennaio 2012, il contratto della ricorrente è stato risolto con effetto dal 19 marzo 2012 a causa del venir meno del rapporto di fiducia (in prosieguo: la «decisione di licenziamento»). La ricorrente è stata dispensata dal servizio durante il periodo di preavviso. Nella lettera di accompagnamento della suddetta decisione il capo dell’unità competente ha informato la ricorrente della ricezione, il 18 gennaio 2012, della richiesta, da parte della sig.ra P., di porre fine al suo contratto. La sig.ra P. riteneva, anzitutto, che la ricorrente non avesse le competenze necessarie per seguire il lavoro delle commissioni parlamentari di cui era membro e, inoltre, che la ricorrente dava prova di comportamenti talvolta inaccettabili sia nei suoi confronti sia nei confronti di altri deputati e assistenti. Per tali motivi, la sig.ra P. non poteva più contare sull’assistenza della ricorrente.

15      Con lettera del 23 gennaio 2012, i legali della ricorrente hanno chiesto copia della domanda di licenziamento come redatta dalla sig.ra P. In seguito a tale richiesta, l’unità competente del Parlamento ha fornito loro, con lettera del 2 febbraio 2012, un elenco non esaustivo di esempi indicativi del venir meno del rapporto di fiducia tra la ricorrente e la sig.ra P.

16      Con lettera del 7 febbraio 2012, i legali della ricorrente hanno rammentato che la domanda di assistenza presentata dalla ricorrente era rimasta senza risposta.

17      Con lettera del 4 marzo 2012, inviata al dott. A.G., il dott. Y.G. ha constatato l’aggravarsi del disturbo ansioso‑depressivo della ricorrente a causa, da un lato, del mancato riconoscimento, da parte del Parlamento, del «vissuto di molestie psicologiche» e, dall’altro, della decisione di licenziamento.

18      Con lettera del 15 marzo 2012, relativa alla domanda di assistenza presentata dalla ricorrente, il direttore generale competente del Parlamento ha dichiarato di non prendere posizione sull’applicabilità o meno dell’articolo 24 dello Statuto, dal momento che, a causa della risoluzione del contratto della ricorrente e della sua assenza prolungata per malattia, tale domanda sarebbe divenuta priva di oggetto (in prosieguo: la «decisione di rigetto della domanda di assistenza»).

19      Il 30 marzo 2012 la ricorrente ha presentato un reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto contro la decisione di licenziamento. Il 22 giugno 2012 la ricorrente ha presentato un reclamo, ai sensi del medesimo articolo, contro la decisione di rigetto della domanda di assistenza.

20      Con decisione del 20 luglio 2012 il segretario generale del Parlamento ha accolto in parte il reclamo contro la decisione di licenziamento decidendo di rinviare la data di scadenza del contratto della ricorrente al 20 giugno 2012, a causa del suo congedo di malattia certificato sino al 19 aprile 2012, conformemente all’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), ultima frase, del RAA.

21      Con decisione dell’8 ottobre 2012, il segretario generale del Parlamento ha respinto il reclamo contro la decisione di rigetto della domanda di assistenza.

 Conclusioni delle parti

22      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di licenziamento;

–        annullare la decisione di rigetto della domanda di assistenza;

–        se necessario, annullare le decisioni del segretario generale del Parlamento, del 20 luglio 2012, recante rigetto del reclamo del 30 marzo 2012 contro la decisione di licenziamento, e dell’8 ottobre 2012, recante rigetto del reclamo del 22 giugno 2012 contro la decisione di rigetto della domanda di assistenza;

–        condannare il Parlamento a versarle la somma di EUR 120 000 a titolo di risarcimento danni;

–        condannare il Parlamento a tutte le spese.

23      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente a tutte le spese.

 In diritto

 Sulla domanda diretta all’annullamento delle decisioni di rigetto dei reclami

24      Secondo una giurisprudenza costante, una domanda di annullamento formalmente diretta contro la decisione di rigetto di un reclamo ha l’effetto, qualora tale decisione sia priva di contenuto autonomo, di sottoporre al giudizio del Tribunale l’atto contro il quale il reclamo è stato presentato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 17 gennaio 1989, Vainker/Parlamento, 293/87, punto 8; sentenza del Tribunale del 9 luglio 2009, Hoppenbrouwers/Commissione, F‑104/07, punto 31). Ciò premesso, poiché la decisione del 20 luglio 2012, recante rigetto del reclamo del 30 marzo 2012 contro la decisione di licenziamento, nonché la decisione dell’8 ottobre 2012, recante rigetto del reclamo del 22 giugno 2012 contro la decisione di rigetto della domanda di assistenza, sono prive di contenuto autonomo, la domanda di annullamento deve ritenersi esclusivamente diretta contro la decisione di licenziamento e la decisione di rigetto della domanda di assistenza.

 Sulla domanda di annullamento della decisione di licenziamento e della decisione di rigetto della domanda di assistenza

 Argomenti delle parti

–       Argomenti della ricorrente

25      Secondo la ricorrente, sussisterebbe un collegamento diretto tra le molestie di cui trattasi, il molestatore e la decisione di licenziamento, in quanto tale decisione sarebbe fondata sulla domanda dell’autore delle molestie, la sig.ra P. La ricorrente osserva che i fatti costituitivi delle molestie sono stati descritti specificamente e minuziosamente e, per quanto possibile, documentati nella domanda di assistenza e nei reclami, cosicché la sig.ra P. non poteva sostenere di non conoscere tale situazione. Quanto al comportamento della sig.ra P., la ricorrente fa valere che quest’ultima darebbe prova di un’insoddisfazione permanente che si tradurrebbe in una denigrazione sistematica dei suoi atti e delle sue capacità, in critiche incessanti, offensive e non costruttive, in sua presenza o dinanzi a terzi, e in un rimettere costantemente in discussione il suo lavoro. Secondo la ricorrente, non sarebbe più rimessa in discussione soltanto la qualità del suo lavoro, bensì la qualità della sua persona e la sua dignità.

26      Inoltre, la ricorrente fornisce esempi concreti del comportamento, a suo parere abusivo, tenuto dalla sig.ra P. nei suoi confronti, in particolare un comportamento denigratorio dinanzi a terzi. La ricorrente conclude che, in applicazione della sentenza del Tribunale del 24 febbraio 2010, Menghi/ENISA (F‑2/09), la decisione di licenziamento sarebbe viziata da sviamento di potere e dovrebbe essere annullata. Infatti, tale decisione non sarebbe stata adottata al fine di consentire alla sig.ra P. di separarsi da un assistente verso il quale sarebbe venuto meno il rapporto di fiducia, ma al fine di «sbarazzarsi» di un assistente la cui domanda di assistenza avrebbe potuto arrecarle pregiudizio. La ricorrente aggiunge che spettava all’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (in prosieguo: l’«AACC»), alla quale era stata presentata la domanda di licenziamento, valutare la validità delle motivazioni addotte dalla sig.ra P. L’AACC non può limitarsi a convalidare qualsiasi domanda di licenziamento da parte di un deputato nei confronti del suo assistente, a fortiori quando quest’ultimo ha presentato una domanda di assistenza. Per quanto riguarda la decisione di rigetto del reclamo contro la decisione di licenziamento, la ricorrente osserva che il Parlamento ha non solo rifiutato di annullare una decisione manifestamente viziata da sviamento di potere, ma è anche venuto meno all’obbligo di motivazione non tenendo conto degli indizi correttamente forniti e astenendosi dal pronunciarsi sulla questione dello sviamento di potere. La ricorrente osserva inoltre che il mantenimento della decisione di licenziamento ha quindi consentito al Parlamento di giustificare la decisione di rigetto della domanda di assistenza con la motivazione che il licenziamento l’avrebbe resa priva di oggetto. Infine, la decisione di licenziamento dovrebbe anche essere annullata in quanto violerebbe l’articolo 12 bis dello Statuto e la garanzia concessa da tale disposizione agli agenti che denunciano casi di molestie.

27      Per quanto riguarda l’errore manifesto di valutazione, la ricorrente contesta la motivazione fatta valere a sostegno della decisione di licenziamento e il rifiuto del Parlamento di riconoscere tale errore. La ricorrente rammenta che, dopo quasi due anni di collaborazione, la sig.ra P. ha scelto di tenerla al suo servizio alla scadenza del suo primo contratto. Quanto all’argomento, dedotto a sostegno della decisione di licenziamento, di un comportamento inaccettabile da parte della ricorrente nei confronti dei colleghi, quest’ultima osserva che non sarebbe stato fornito alcun elemento di prova relativo a tale affermazione.

28      Riguardo alla decisione di rigetto della domanda di assistenza, la ricorrente cita la sentenza del Tribunale dell’8 febbraio 2011, Skareby/Commissione (F‑95/09), e sottolinea che una decisione di licenziamento non rende, ipso iure, una domanda di assistenza priva di oggetto. Pur ammettendo che le misure di allontanamento richieste non avevano più rilevanza in seguito al licenziamento, la ricorrente sostiene che l’articolo 24 dello Statuto si applicherebbe agli APA e che non poteva esserle negata l’assistenza e, quindi, l’avvio di un’indagine.

–       Argomenti del Parlamento

29      In via introduttiva, il Parlamento ha formulato alcune osservazioni sullo status degli APA. Innanzi tutto, il Parlamento sostiene che la giurisprudenza in materia di risoluzione dei contratti di agente temporaneo ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del RAA può essere applicata per analogia al licenziamento degli APA, giacché la fiducia reciproca sarebbe un elemento essenziale comune ai due tipi di contratto. Al riguardo, il Parlamento si riferisce alla sentenza del Tribunale di primo grado del 17 ottobre 2006, Bonnet/Corte di giustizia (T‑406/04), e alla sentenza del Tribunale del 7 luglio 2010, Tomas/Parlamento (F‑116/07, F‑13/08 e F‑31/08). Per quanto riguarda la procedura di risoluzione di un contratto basata sull’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del RAA e sull’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione, il Parlamento chiarisce che, quando l’AACC competente riceve, da parte di un deputato, una domanda in cui si sollecita la cessazione del contratto di un APA prima della sua scadenza per il venir meno del rapporto di fiducia, la medesima potrebbe solo prendere atto di tale interruzione e dar seguito alla domanda di licenziamento. Infatti, l’AACC non avrebbe alcun potere discrezionale quanto all’attuazione di tale domanda. Per quanto riguarda l’esame della suddetta domanda da parte dell’AACC, prevista all’articolo 20, paragrafo 2, secondo comma, delle misure di attuazione, il Parlamento precisa che costituirebbe soltanto un trattamento amministrativo ai fini della predisposizione del licenziamento, nonché dell’attuazione del procedimento nel rispetto del termine di preavviso di cui all’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del RAA. Pertanto, sempre secondo il Parlamento, l’AACC non avrebbe alcun potere discrezionale quanto all’attuazione di una domanda di licenziamento riguardante un APA, fondata sul venir meno del rapporto di fiducia. L’AACC avrebbe avuto quindi una competenza relativa all’effetto di risolvere il contratto della ricorrente, agendo su richiesta della sig.ra P., per il venir meno della fiducia indispensabile per la prosecuzione di un rapporto professionale tra la stessa e la ricorrente.

30      Per quanto riguarda lo sviamento di potere e le molestie psicologiche, il Parlamento osserva che le asserzioni e le accuse della ricorrente non sarebbero corredate di documenti o di elementi probatori che consentano di dimostrarne la veridicità e che la sua affermazione, secondo la quale la decisione di licenziamento sarebbe viziata da sviamento di potere per il fatto che essa sarebbe stata adottata per perpetrare molestie psicologiche nei sui confronti, deve essere respinta in quanto infondata. Il Parlamento aggiunge che la circostanza che le perizie mediche allegate al ricorso indichino che il disturbo ansioso‑depressivo manifestato dalla ricorrente avrebbe origine in un «vissuto di molestie psicologiche sul posto di lavoro» non consente di dimostrare l’esistenza di siffatte molestie, in quanto tali perizie sono fondate sulla descrizione soggettiva, da parte della ricorrente, delle sue condizioni di lavoro. Il Parlamento osserva inoltre che la sig.ra P. ha contattato l’unità competente, per la prima volta, tra il 28 novembre e il 5 dicembre 2011 riguardo alla procedura da seguire per licenziare la ricorrente, quindi molto prima della presentazione della domanda di assistenza. Pertanto, sempre secondo il Parlamento, l’AACC non ha adottato la decisione di licenziamento al fine di «sbarazzarsi» della ricorrente in seguito alla presentazione della sua domanda di assistenza. Infine, il Parlamento contesta il presunto difetto di motivazione della decisione di rigetto del reclamo contro la decisione di licenziamento.

31      Quanto all’errore manifesto di valutazione, il Parlamento fa valere che la ricorrente, che era incaricata, segnatamente, di valutare l’opportunità di presentare o meno emendamenti nel fascicolo relativo all’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (ENISA), non ha dimostrato che gli emendamenti proposti non erano «impresentabili». Di conseguenza, la ricorrente non avrebbe fornito la prova che l’AACC avrebbe commesso siffatto errore. Inoltre, nella decisione di licenziamento, il Parlamento non avrebbe accusato la ricorrente di non aver seguito correttamente i lavori della commissione per i problemi economici e monetari. Al riguardo, il Parlamento sottolinea che la ricorrente, che era inquadrata nel gruppo di funzioni II, era chiamata a esercitare principalmente funzioni di redazione e di consulenza. Tuttavia, nella lettera del 2 febbraio 2012, l’AACC ha rilevato che la ricorrente, sebbene «[fosse] assolutamente in grado di svolgere mansioni di segretariato, non da[va] prova del discernimento politico (…) necessario per poter (…) assistere efficacemente [la sig.ra P.] nel controllo [dei lavori] delle commissioni parlamentari».

32      Riguardo alla decisione di rigetto della domanda di assistenza, il Parlamento osserva anzitutto che gli articoli 12 bis e 24 dello Statuto non sarebbero applicabili ai deputati. Inoltre, il Parlamento sostiene che il rigetto della domanda di avvio di un’indagine amministrativa si fonderebbe su due ragioni: da un lato, sul fatto che tale domanda sarebbe divenuta priva di oggetto in seguito al licenziamento della ricorrente e, dall’altro, sull’inapplicabilità dell’articolo 24 dello Statuto ai deputati. Pertanto, il Parlamento ritiene che l’AACC non potesse dar seguito alla domanda di assistenza. Di conseguenza, sempre secondo il Parlamento, il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 24 dello Statuto dovrebbe essere respinto. Il Parlamento aggiunge che la riassegnazione della ricorrente sarebbe comunque esclusa, poiché, conformemente all’articolo 5 bis del RAA, sono gli stessi deputati a chiedere all’amministrazione di assumere gli assistenti di loro scelta.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla risoluzione del contratto della ricorrente

33      Secondo l’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta ogni persona ha il diritto di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

34      Non si contesta il fatto che, nel caso di specie, la decisione di licenziamento costituisca un provvedimento individuale che reca pregiudizio alla ricorrente.

35      Orbene, risulta dal fascicolo che l’AACC non ha ascoltato la ricorrente prima di risolvere il suo contratto. Interpellato al riguardo in udienza, il Parlamento ha espressamente confermato tale circostanza.

36      Secondo il Parlamento, dalla giurisprudenza in materia di risoluzione dei contratti di agente temporaneo ai sensi dell’articolo 2, lettera c), del RAA, che a suo avviso può essere applicato per analogia al licenziamento degli APA, emerge che l’AACC non è tenuta a sentire un APA prima di adottare la decisione di risolvere il suo contratto.

37      Nei limiti in cui il Parlamento intende invocare la giurisprudenza del Tribunale e quella del Tribunale dell’Unione europea, secondo la quale, quando una decisione di licenziamento interviene a seguito di una perdita di fiducia, l’interessato non dispone di garanzie procedurali, come il diritto di essere sentito nel corso del procedimento amministrativo, è sufficiente osservare che, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, si deve tener conto delle disposizioni della Carta, che hanno lo stesso valore giuridico dei Trattati.

38      Tuttavia, affinché una violazione del diritto al contraddittorio possa comportare, nella fattispecie, l’annullamento della decisione di licenziamento, è altresì necessario esaminare se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso. Il Tribunale esaminerà tale questione al punto 48 della presente sentenza.

39      Inoltre, occorre esaminare l’argomento del Parlamento secondo il quale, quando l’AACC competente riceve, da parte di un deputato, una domanda in cui si sollecita la cessazione del contratto di un APA prima della sua scadenza, per il venir meno del rapporto di fiducia, la medesima può solo prendere atto di tale venir meno e dar seguito alla domanda di licenziamento, in quanto non avrebbe alcun potere discrezionale quanto all’attuazione di tale domanda.

40      Al riguardo, va osservato che, secondo l’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione, il deputato che chiede la risoluzione del contratto di un APA è tenuto a «precisa[re] il motivo o i motivi» e che, ai sensi del secondo comma, l’AACC pone fine al contratto «[d]opo l’esame della domanda». Pertanto, da tale disposizione emerge che l’AACC è tenuta quantomeno a esaminare la legittimità della domanda di risoluzione. In caso contrario, l’obbligo in forza del quale il deputato è tenuto a «precisa[re] il motivo o i motivi» e l’obbligo dell’AACC di esaminare la domanda sarebbero privi di significato.

41      Di conseguenza, e senza necessità di pronunciarsi sulla portata dell’esame della domanda da parte dell’AACC ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione, è sufficiente constatare che il dettato di tale articolo impone che l’AACC controlli se la motivazione eventualmente fornita al riguardo non violi, sostanzialmente, i diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza Bonnet/Corte di giustizia, cit., punto 52) e le disposizioni che disciplinano i rapporti di lavoro tra l’Unione e i suoi agenti, interpretate alla luce di tali diritti. A tal proposito, occorre segnalare che, in udienza, il Parlamento ha dichiarato che, nell’ambito dell’esame di cui al suddetto articolo, esso esaminava effettivamente se la domanda di risoluzione del contratto rispettasse i diritti fondamentali.

42      Ne consegue che l’AACC era effettivamente tenuta ad esaminare se esistesse un collegamento tra la richiesta della sig.ra P., del 6 gennaio 2012, di risolvere il contratto della ricorrente e la circostanza che quest’ultima avesse depositato, il 22 dicembre 2011, una domanda di assistenza, conformemente all’articolo 24 dello Statuto, avente ad oggetto le presunte molestie della sig.ra P. nei suoi confronti e l’avvio di un’indagine amministrativa.

43      Al riguardo, il Parlamento fa valere che siffatta possibilità era esclusa dalla circostanza che la sig.ra P. avrebbe contattato i servizi competenti tra il 28 novembre e il 5 dicembre 2011, vale a dire molto prima che la ricorrente presentasse la domanda di assistenza, per ottenere talune informazioni riguardanti il contratto della ricorrente. Tuttavia, è giocoforza constatare che il Parlamento non ha fornito la benché minima prova su tale punto.

44      Inoltre, è pacifico che, il 6 gennaio 2012, data in cui la sig.ra P. ha chiesto la risoluzione del contratto della ricorrente, l’AACC era a conoscenza dei certificati medici forniti dalla ricorrente, dai quali emerge senza alcuna ambiguità che, secondo i medici consultati, i disturbi di quest’ultima, che avevano reso necessario il suo collocamento in congedo di malattia dal 27 settembre 2011, erano stati causati dalle molestie subite sul posto di lavoro. È altresì pacifico che, il 12 dicembre 2011, la ricorrente ha inviato un’e‑mail alla sig.ra P., in cui si accennava al sovraccarico di lavoro «conseguente alle molestie quotidiane di cui [era] vittima da parte [della stessa]», e che, lo stesso giorno, la ricorrente ha inviato copia di tale e‑mail al segretario generale del Parlamento e al comitato consultivo sulle molestie psicologiche. Infine, occorre constatare che, il 19 dicembre 2011, la sig.ra P. ha inviato un’e‑mail al servizio competente, in cui si menzionava l’e‑mail della ricorrente del 12 dicembre 2011 che, secondo la sig.ra P., era «assai offensiva». Con la stessa e‑mail, la sig.ra P. ha inteso ottenere anche informazioni sulle modalità di risoluzione dei contratti degli APA.

45      Il Tribunale ritiene che, considerati nel complesso, i fatti rilevati supra avrebbero dovuto indurre l’AACC, nell’ambito del suo esame, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione, a valutare se la domanda di risoluzione del contratto della ricorrente avesse potuto presentare o meno un collegamento con la domanda di assistenza depositata dalla stessa il 22 dicembre 2011. Pur riconoscendo la difficoltà e la delicatezza di tale esame, l’AACC, così facendo, avrebbe potuto garantire pienamente, nel caso di specie, il rispetto dell’articolo 31, paragrafo 1, della Carta, secondo il quale ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

46      Orbene, è giocoforza constatare che, secondo le dichiarazioni rese dal Parlamento in udienza, dopo aver ricevuto, il 6 gennaio 2012, la richiesta della sig.ra P. di risolvere il contratto della ricorrente, l’AACC si è astenuta dall’esaminare la suddetta domanda e ne ha atteso la conferma, il successivo 18 gennaio. Il Tribunale ritiene altresì che l’omissione, da parte dell’AACC, dell’esame della domanda di risoluzione, previsto all’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione, è confermata dalla circostanza che il contratto della ricorrente è stato risolto il giorno successivo alla conferma della domanda, il 19 gennaio 2012, e ciò quando l’AACC era perfettamente a conoscenza del fatto che la ricorrente si trovava in congedo di malattia.

47      Ne consegue con tutta evidenza che, in seguito alla domanda della sig.ra P., l’AACC non ha neppure effettuato un controllo minimo al fine di verificare se, nel caso di specie, fosse stato rispettato il disposto dell’ultima frase dell’articolo 139, paragrafo 1, lettera d), del RAA, secondo il quale il termine di preavviso di due mesi cui la ricorrente aveva diritto avrebbe dovuto essere sospeso sino al 19 aprile 2012. Il Tribunale constata altresì che l’AACC ha rettificato tale errore solo nella risposta del 20 luglio 2012 al reclamo del 30 marzo 2012.

48      Infine, occorre anche esaminare se il fatto di sentire la ricorrente prima dell’adozione della decisione di licenziamento avrebbe potuto consentire di pervenire ad un altro risultato. Al riguardo, il Tribunale ritiene che, se la ricorrente fosse stata sentita, l’AACC sarebbe stata in grado di ottenere maggiori informazioni per esaminare se la domanda di risoluzione del contratto della ricorrente avesse potuto presentare o meno un collegamento con la domanda di assistenza di quest’ultima e, come osservato al punto 45 della presente sentenza, di garantire così pienamente il rispetto dell’articolo 31, paragrafo 1, della Carta.

49      Ne consegue che, adottando la decisione di licenziamento, l’AACC ha violato, nelle circostanze del caso di specie, gli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, e dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, nonché ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, delle misure di attuazione. Pertanto, la suddetta decisione deve essere annullata.

–       Sul rigetto della domanda di assistenza

50      Occorre anzitutto esaminare l’argomento del Parlamento secondo il quale l’articolo 12 bis dello Statuto non sarebbe applicabile ai membri di tale istituzione ed esso, pertanto, non poteva dar seguito alla domanda di assistenza depositata dalla ricorrente.

51      Tale argomento deve essere disatteso. Se è certamente vero che l’articolo 12 bis, paragrafo 1, dello Statuto si applica solo ai funzionari, è altresì vero che il secondo paragrafo di tale disposizione fa riferimento al «funzionario vittima di molestie psicologiche», senza alcuna precisazione quanto alla fonte di tali molestie. Ne consegue che il primo paragrafo di tale disposizione non vieta, in quanto tale, al Parlamento di agire quando il presunto autore delle molestie è un membro di tale istituzione.

52      Si deve inoltre esaminare l’argomento del Parlamento secondo il quale la domanda di assistenza, depositata il 22 dicembre 2011, sarebbe divenuta priva di oggetto in seguito alla risoluzione del contratto della ricorrente.

53      Il Tribunale ritiene che tale argomento sia incomprensibile. Infatti, se, prima della data di risoluzione del contratto, la ricorrente fosse stata effettivamente vittima di molestie da parte della sig.ra P., tali fatti sarebbero acquisiti e la risoluzione del contratto non potrebbe, in tal caso, cancellarli. Anche supponendo che il Parlamento intenda far valere, con tale argomento, che il dovere di assistenza cessa di esistere al momento della cessazione delle funzioni del funzionario interessato, siffatta interpretazione è manifestamente incompatibile con lo scopo e con la portata di detto dovere. Infatti, alla luce dell’articolo 31, paragrafo 1, della Carta, secondo il quale, «[o]gni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose», occorre rilevare che la ragion d’essere del dovere di assistenza non è soltanto l’interesse del servizio, ma anche, come risulta dalla formulazione letterale di tale articolo, quello dell’interessato. Ciò è tanto più vero quando la domanda di assistenza proviene da un funzionario che sostenga di essere vittima di molestie psicologiche e le cui conseguenze possano perdurare al di là della cessazione delle sue funzioni. Peraltro, in udienza, il Parlamento ha dichiarato che tale argomento, secondo il quale la domanda di assistenza sarebbe divenuta priva di oggetto per il solo fatto della risoluzione del contratto della ricorrente, non era stato ben formulato.

54      Il Parlamento fa altresì valere che, nel caso di specie, l’articolo 24 dello Statuto non sarebbe applicabile, in quanto la presunta autrice delle molestie è un deputato.

55      Al riguardo, è sufficiente constatare che tale argomento si fonda su un’interpretazione manifestamente errata dell’articolo 24 dello Statuto. Infatti, secondo la sua formulazione letterale, lo scopo che esso persegue è quello di tutelare i funzionari contro i comportamenti illeciti di terzi. Nel caso di specie, la presunta autrice delle molestie è un deputato che, non appartenendo al personale del Parlamento, ha, rispetto alla presunta vittima del suo comportamento, la qualità di soggetto terzo.

56      Il Parlamento fa valere inoltre che l’articolo 24 dello Statuto non può essere applicato nel caso della sig.ra P., in quanto esso non disporrebbe di alcun mezzo di coercizione nei confronti dei suoi membri.

57      Tale argomento è anch’esso indicativo di un’interpretazione manifestamente errata di tale articolo. Infatti, qualora si tratti di tutelare il funzionario contro i comportamenti illeciti di terzi e, dal momento che le istituzioni, in linea di principio, non dispongono di mezzi di coercizione contro i terzi, lo Statuto prevede un dovere di assistenza che consente all’amministrazione di assistere il funzionario nella ricerca di tutela con mezzi di diritto dello Stato membro in cui i fatti incriminati si sono verificati.

58      Infine, e senza necessità di prendere posizione sull’argomento dedotto dal Parlamento in udienza, secondo il quale, nei confronti della ricorrente, la sig.ra P., data la sua qualità di deputato, non potrebbe essere considerata come un soggetto terzo, occorre rammentare che, secondo l’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento interno del Parlamento applicabile all’epoca dei fatti «[i]l comportamento dei deputati è improntato al rispetto reciproco, poggia sui valori e i principi definiti nei testi fondamentali dell’Unione (…) [e] salvaguarda la dignità del Parlamento (…)». Di conseguenza, niente avrebbe impedito al Parlamento, invocando la disposizione citata, di invitare la sig.ra P. a collaborare a un’indagine amministrativa, al fine di verificare il presunto comportamento molesto di quest’ultima, di cui la ricorrente sostiene di essere vittima.

59      Ad abundantiam, il Tribunale rileva che l’interpretazione fornita dal Parlamento degli articoli 12 bis e 24 dello Statuto rispetto alla normativa che disciplina i contratti degli APA, secondo la quale l’AACC non potrebbe né avviare un’indagine amministrativa per esaminare un caso di molestie psicologiche il cui presunto autore sarebbe un deputato, né assistere un APA contro i comportamenti illeciti di un siffatto deputato, avrebbe l’effetto di privare i suddetti articoli di qualsiasi effetto utile e di escludere, nella fattispecie, qualsiasi forma di controllo, sia pure limitato, della legittimità delle decisioni di licenziamento e di rigetto della domanda di assistenza. Il Tribunale ritiene che siffatta interpretazione sia manifestamente contraria all’articolo 31, paragrafo 1, della Carta, il quale stabilisce espressamente che ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

60      Ne consegue che la decisione di rigetto della domanda di assistenza dev’essere annullata.

61      Poiché la decisione di licenziamento e la decisione di rigetto della domanda di assistenza sono annullate, è superfluo esaminare gli altri motivi.

 Sulla domanda di risarcimento

 Argomenti delle parti

62      La ricorrente chiede la condanna del Parlamento a risarcire, per un importo totale ex æquo et bono di EUR 120 000, il danno alla salute, economico e morale che la stessa avrebbe subito per effetto delle decisioni di licenziamento e di rigetto della domanda di assistenza.

63      Il Parlamento chiede il rigetto di tale domanda.

 Giudizio del Tribunale

64      In via preliminare, va osservato che, tenuto conto delle memorie presentate e degli argomenti dedotti dalla ricorrente, si deve ritenere che quest’ultima, chiedendo il risarcimento del danno alla salute, economico e morale, chieda il risarcimento pecuniario del danno morale derivante dal pregiudizio alla salute, alla dignità e alla reputazione professionale arrecatole dalle decisioni in questione. Al riguardo, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, l’annullamento di un atto viziato da illegittimità può costituire di per sé stesso il risarcimento adeguato e, in linea di principio, sufficiente di qualsiasi danno morale che tale atto possa aver causato (sentenza della Corte del 9 luglio 1987, Hochbaum e Rawes/Commissione, 44/85, 77/85, 294/85 e 295/85, punto 22; sentenza del Tribunale di primo grado del 9 novembre 2004, Montalto/Consiglio, T‑116/03, punto 127, e sentenza del Tribunale dell’8 maggio 2008, Suvikas/Consiglio, F‑6/07, punto 151), a meno che la parte ricorrente non dimostri di aver subìto un danno morale separabile dall’illecito su cui si basa l’annullamento e non integralmente risarcibile attraverso tale annullamento (v., in tal senso, sentenza della Corte del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione, C‑343/87, punti 27 e 28; sentenza del Tribunale di primo grado del 6 giugno 2006, Girardot/Commissione, T‑10/02, punto 131).

65      Il Tribunale rammenta che è pacifico che il senso di ingiustizia e i tormenti causati dalla circostanza che una persona debba svolgere un procedimento precontenzioso, e successivamente contenzioso, per ottenere il riconoscimento dei suoi diritti costituiscono un danno desumibile dal solo fatto che l’amministrazione ha compiuto atti illegittimi. Poiché tali danni sono risarcibili quando i medesimi non sono compensati dalla soddisfazione derivante dall’annullamento delle decisioni impugnate (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2013, CC/Parlamento, F‑9/12, punto 128), il Tribunale, tenendo conto delle circostanze altamente criticabili in cui la decisione di licenziamento e la decisione di rigetto della domanda di assistenza sono state adottate, decide che sarà effettuata una giusta valutazione, nelle circostanze particolari del caso di specie, del danno morale subito dalla ricorrente fissando, ex æquo et bono, il risarcimento della suddetta voce di danno nella somma di EUR 50 000.

66      Da tutto quanto precede consegue che il Parlamento dev’essere condannato a versare alla ricorrente la somma di EUR 50 000.

 Sulle spese

67      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo ottavo del titolo secondo di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

68      Dalla suesposta motivazione della presente sentenza risulta che il Parlamento è rimasto soccombente. Inoltre la ricorrente, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto la condanna del Parlamento alle spese. Poiché le circostanze del caso di specie non giustificano l’applicazione del disposto dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il Parlamento deve sopportare le proprie spese ed è condannato a sopportare le spese sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del Parlamento europeo, del 19 gennaio 2012, recante risoluzione del contratto di assistente parlamentare accreditato di CH è annullata.

2)      La decisione del Parlamento europeo, del 15 marzo 2012, recante rigetto della domanda di assistenza di CH, del 22 dicembre 2011, è annullata.

3)      Il Parlamento europeo è condannato a versare a CH la somma di EUR 50 000.

4)      Il Parlamento europeo sopporta le proprie spese ed è condannato a sopportare le spese sostenute da CH.

Kreppel

Perillo

Barents

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 dicembre 2013.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       H. Kreppel


* Lingua processuale: il francese.