Language of document : ECLI:EU:C:2018:93

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 22 febbraio 2018 (1)

Causa C49/17

Koppers Denmark ApS

contro

Skatteministeriet

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca)]

Rinvio pregiudiziale – Tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità – Direttiva 2003/96/CE – Articolo 21, paragrafo 3 – Consumo di prodotti energetici all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici – Prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustile per riscaldamento – Consumo di solvente come combustibile in un impianto di distillazione di catrame






 Introduzione

1.        Il problema giuridico sollevato nella presente causa riguarda, in sostanza, l’interazione tra diverse disposizioni della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (2). Bisogna riconoscere che la citata direttiva non rappresenta un modello di formulazione chiara e logica delle disposizioni giuridiche, di conseguenza è difficile operare una sua interpretazione che sia pienamente coerente e soddisfacente sotto ogni profilo. Tuttavia, l’analisi delle disposizioni della direttiva 2003/96 che interessano il giudice del rinvio nel contesto di altre disposizioni della medesima direttiva consente, a mio avviso, di dare una risposta univoca alle questioni pregiudiziali, anche se dal punto di vista della coerenza delle norme della direttiva siffatta risposta può risultare non del tutto soddisfacente.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

2.        L’articolo 1 della direttiva 2003/96 dispone che «[g]li Stati membri tassano i prodotti energetici e l’elettricità conformemente alla presente direttiva».

3.        L’articolo 2 di detta direttiva delimita la sfera di applicazione di quest’ultima nei seguenti termini:

«1.      Ai fini della presente direttiva s’intendono per “prodotti energetici” i prodotti:

(…)

b)      di cui ai codici NC 2701, 2702 e da [2704] a 2715;

(…)

4.      La presente direttiva non si applica:

(…)

b)      ai seguenti usi dei prodotti energetici e dell’elettricità:

—      prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento,

(…)».

4.        Ai sensi dell’articolo 21 della direttiva 2003/96:

«1.      In aggiunta alle disposizioni generali della direttiva 92/12/CEE (3), che definiscono il fatto generatore d’imposta e le norme relative al pagamento, l’imposta sui prodotti energetici diventa esigibile anche all’atto del verificarsi di uno dei fatti generatori d’imposta di cui all’articolo 2, paragrafo 3, della presente direttiva.

(…)

3.      Il consumo di prodotti energetici all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici, non è considerato un fatto generatore d’imposta se il consumo riguarda prodotti energetici fabbricati all’interno dello stabilimento. (…) Qualora il consumo avvenga per fini non connessi con la produzione di prodotti energetici e, in particolare, per la propulsione di veicoli, questo è considerato un fatto generatore d’imposta, che comporta l’imposizione».

(…)».

 Diritto nazionale

5.        Secondo le informazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, all’epoca dei fatti, il solvente impiegato come combustile era imponibile in Danimarca ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della Mineralolieafgiftsloven (legge danese relativa all’imposta sull’olio minerale), dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, della Kuldioxidafgiftsloven (legge danese relativa all’imposta sul biossido di carbonio) e dell’articolo 1, paragrafo 1, della Svovlafgiftsloven (legge danese relativa all’imposta sullo zolfo).

6.        L’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 è stato recepito all’articolo 7, paragrafo 3, della legge danese relativa all’imposta sul biossido di carbonio e all’articolo 8, paragrafo 4, della legge danese relativa all’imposta sullo zolfo. Nel periodo in questione l’articolo 7, paragrafo 3, della legge danese relativa all’imposta sul biossido di carbonio era così formulato:

«Sono esenti dall’imposta sul biossido di carbonio i prodotti energetici di cui all’articolo 2, paragrafo 1, utilizzati direttamente nella produzione di un prodotto energetico equivalente. Tuttavia, ciò non si applica ai prodotti energetici utilizzati come carburante per motori».

In quel periodo l’articolo 8, paragrafo 4, della legge danese relativa all’imposta sullo zolfo era formulato come segue:

«Sono esenti dall’imposta sullo zolfo i prodotti energetici di cui all’articolo 1, utilizzati direttamente nella produzione di un prodotto energetico equivalente. Tuttavia, ciò non si applica ai prodotti energetici utilizzati come carburante per motori».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

7.        La Koppers Denmark ApS (in prosieguo: la «Koppers Denmark») è una società di diritto danese. Tale società produce nel suo stabilimento di Nyborg (Danimarca) una serie di prodotti derivati dal raffinamento e dalla distillazione del catrame di carbone, tra cui un solvente, che incide per circa il 3‑4% sulla produzione. Tutti i suddetti prodotti sono classificati con i codici NC 2707 e 2708.

8.        Tra i prodotti fabbricati negli impianti della Koppers Denmark a Nyborg, il solvente è l’unico che viene utilizzato dalla società come combustibile ed è pertanto assoggettato, in linea di principio, alle imposte sui prodotti energetici. Gli altri prodotti, benché possano essere utilizzati come combustibile, non sono impiegati in questo modo e quindi non sono soggetti alle imposte sui prodotti energetici.

9.        La produzione ha luogo in un impianto di distillazione del catrame e in un impianto di produzione di naftalene. I due impianti sono connessi tra loro e dipendenti da un approvvigionamento comune di calore e da un sistema comune di controllo del processo. I residui dell’impianto di distillazione del catrame sono trattati ulteriormente nell’impianto di naftalene, e il solvente prodotto nell’impianto di naftalene è utilizzato come combustibile nell’impianto di distillazione del catrame. Il solvente è inoltre utilizzato come combustibile di supporto per la combustione del gas di distillazione sprigionato da entrambi gli impianti. Il calore derivante dal processo di combustione è riutilizzato nei suddetti impianti.

10.      La Koppers Denmark ha inizialmente dichiarato che il suo consumo di solvente era soggetto all’imposta sui prodotti energetici, ma, con lettere del 13 novembre 2008 e del 22 dicembre 2008, ha chiesto il rimborso dell’imposta assolta per il periodo dal 1oottobre 2005 al 31 dicembre 2007. Il 24 settembre 2010 l’autorità tributaria danese (SKAT) ha dichiarato che il consumo di solvente della Koppers come combustibile nell’impianto di distillazione del catrame non era esente da imposta, per il motivo che il solvente non veniva utilizzato nella produzione di prodotti energetici equivalenti, posto che i prodotti fabbricati non sono imponibili.

11.      La Koppers Denmark ha impugnato tale decisione dinanzi al Landsskatteretten (Commissione nazionale di appello in materia tributaria), il quale, l’8 giugno 2015, ha confermato la decisione dello SKAT, anche per il motivo che il consumo di solvente come combustibile non era contemplato nell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, in quanto detto solvente non veniva utilizzato per la produzione di prodotti energetici rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva. Il 7 settembre 2015 la Koppers Denmark ha impugnato la decisione del Landsskatteretten dinanzi al Retten i Svendborg (Tribunale distrettuale di Svendborg, Danimarca), il quale, ritenendo che la causa sollevasse questioni di principio, l’ha rinviata all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca) per il suo esame in primo grado, ai sensi dell’articolo 226, paragrafo 1, della Retsplejeloven (legge danese relativa all’amministrazione della giustizia).

12.      Nutrendo dubbi in ordine alla corretta interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se l’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva [2003/96] debba essere interpretato nel senso che il consumo di prodotti energetici autoprodotti per la produzione di altri prodotti energetici è esente da imposta in una situazione come quella del procedimento principale, in cui i prodotti energetici fabbricati non sono utilizzati come carburanti per motori o combustibili per riscaldamento.

2. Se l’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva [2003/96], debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono restringere la portata dell’esenzione, limitandola al consumo di un prodotto energetico utilizzato nella produzione di un prodotto energetico equivalente (ossia un prodotto energetico che, come il prodotto energetico consumato, è anch’esso imponibile)».

13.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 1o febbraio 2017. Osservazioni scritte sono state presentate dalla Koppers Denmark, dal governo danese e dalla Commissione europea. Le stesse parti sono state rappresentate all’udienza tenutasi il 10 gennaio 2018.

 Analisi

 Prima questione pregiudiziale

 Osservazioni introduttive

14.      Si rammenta che la prima questione pregiudiziale riguarda il problema se, alla luce dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, il consumo di un prodotto energetico, da parte del suo produttore, come combustibile per la produzione di altri prodotti energetici, costituisca un fatto generatore dell’imposta sui prodotti energetici, in una situazione in cui i prodotti energetici fabbricati non sono utilizzati come carburanti per motori o combustibili per riscaldamento.

15.      Il problema giuridico fondamentale è rappresentato in questo caso dall’interpretazione della nozione di «prodotti energetici» nel contesto dei prodotti che, pur rientrando nella definizione di prodotti energetici contenuta nell’articolo, 2 paragrafo 1, della direttiva 2003/96, non sono destinati ad essere utilizzati, né sono utilizzati, come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, così che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della medesima direttiva, la stessa non si applica ai prodotti in questione.

16.      La Koppers Denmark ritiene che la disposizione di cui all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 debba essere interpretata letteralmente, cosicché la nozione di prodotti energetici ivi utilizzata deve essere intesa nel senso che comprendente tutti i prodotti rientranti nella definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva. Dal canto loro, il governo danese e la Commissione ritengono che la suddetta definizione di prodotti energetici debba essere interpretata in combinato disposto con l’esclusione prevista dall’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della direttiva. Secondo loro, quindi, la nozione di prodotti energetici impiegata all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, comprende soltanto i prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, vale a dire quelli che sono destinati ad essere utilizzati o che sono utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento.

17.      A prima vista può sembrare che, dal momento che lo stabilimento di cui all’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 deve utilizzare i prodotti energetici fabbricati all’interno dello stesso come combustibile, detto stabilimento è, per definizione, uno stabilimento che produce prodotti energetici e pertanto la disposizione in parola si applica automaticamente. Tuttavia, non sembra che l’intenzione del legislatore fosse quella, giacché, in tal caso, la disposizione dell’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della citata direttiva, che riguarda i prodotti energetici e l’elettricità non fabbricati all’intero di uno stabilimento che li consuma per la produzione di altri prodotti energetici, risulterebbe svuotata di contenuto. A mio avviso, l’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 fa riferimento alla produzione finale di uno stabilimento, e non a sottoprodotti, che poi vengono utilizzati nella produzione di altri prodotti. A quest’ultima fattispecie si può eventualmente applicare la disposizione di cui all’articolo 21, paragrafo 6, lettera a), della direttiva in parola, mentre il suo articolo 21, paragrafo 3, richiede per la sua applicazione che i prodotti energetici costituiscano prodotti finali.

18.      Pertanto, è necessario analizzare l’interazione tra la definizione di prodotti energetici contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96 e la disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della medesima direttiva. Il tenore letterale di tali due disposizioni consente interpretazioni diverse. La prima è rappresentata dall’interpretazione restrittiva della nozione di prodotti energetici, limitandola ai prodotti che non vengono impiegati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Secondo l’altra possibile interpretazione, l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 esclude i prodotti ivi elencati dalla tassazione armonizzata ai sensi di tale direttiva, senza tuttavia incidere sulla portata delle nozioni in essa utilizzate.

 Interpretazione restrittiva della nozione di prodotti energetici

19.      La prima di tali possibili interpretazioni sarebbe in linea con il ragionamento presentato dal governo danese e dalla Commissione. L’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 dovrebbe, quindi, essere inteso come una disposizione che restringe, in termini generali, l’ambito di applicazione di tale direttiva. Il suo primo trattino costituirebbe, pertanto, la precisazione della definizione della nozione di «prodotti energetici» contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, con la conseguenza che qualsiasi uso di tale nozione nelle successive disposizioni dovrebbe essere inteso nel senso di comprendere soltanto i prodotti appartenenti alle categorie elencate all’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, che non vengono impiegati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustibile per riscaldamento.

20.      Sulla base dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, occorre concludere che l’utilizzo di prodotti energetici come combustibile per la produzione di altri prodotti energetici non costituisce un fatto generatore d’imposta, eccetto quando tali altri prodotti energetici siano utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Una tale conclusione sembra logicamente giustificata. In questo modo, infatti, solo i prodotti imponibili ai sensi delle disposizioni della direttiva in parola possono incidere sul livello di tassazione di altri prodotti in essa contemplati.

21.      Tuttavia, la suesposta interpretazione presenta una serie di carenze che, a mio avviso, ostacolano la sua adozione.

 Critica dell’interpretazione restrittiva della nozione di prodotti energetici – argomenti linguistici

22.      Dal punto di vista della formulazione letterale delle disposizioni della direttiva 2003/96, l’interpretazione precedentemente esposta trascura il fatto che l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva non esclude dall’ambito di applicazione della stessa i «prodotti elencati al paragrafo 1» o i prodotti contemplati da determinati codici della classificazione combinata che non sono utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Tale disposizione stabilisce espressamente, al primo trattino, che la direttiva 2003/96 non si applica ai «prodotti energetici utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento» (4).

23.      Ciò significa che i prodotti rientranti nella definizione contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96, ma non utilizzati né come carburante per motori, né come combustibile per riscaldamento, sebbene non rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva, costituiscono comunque prodotti energetici ai sensi delle sue disposizioni. Tale conclusione è confermata dal fatto che la stessa definizione di prodotti energetici di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva in questione contiene, in relazione ad alcune categorie di prodotti, una previsione secondo cui essi costituiscono prodotti energetici qualora siano utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Questo è il caso dei prodotti elencati alle lettere a), d) e h), dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96. Per contro, in altri casi, in particolare per quanto concerne i prodotti elencati alla lettera b) di tale paragrafo, che costituiscono oggetto del procedimento nella causa principale, la suddetta previsione non è presente.

24.      La Commissione, nelle sue osservazioni scritte, chiarisce tale aspetto affermando che alcune categorie menzionate all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96 comprendono prodotti che, generalmente, non sono utilizzati come carburante per motori, o come combustibile per riscaldamento, e per questo motivo il legislatore ha indicato che siffatti prodotti costituiscono prodotti energetici soltanto qualora vengano utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Per contro, i prodotti appartenenti ad altre categorie sono, secondo la Commissione, abitualmente utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, e pertanto una previsione simile non risulta necessaria.

25.      Resta il fatto che la maggior parte delle categorie di prodotti menzionate all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96 include, anche se in proporzioni diverse, sia prodotti che possono essere utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, sia prodotti che non possono o non sono utilizzati a tal fine. Di conseguenza, qualora il legislatore avesse voluto applicare il criterio della destinazione d’uso per operare una precisa distinzione tra i prodotti energetici e gli altri prodotti, sarebbe bastato che integrasse la definizione di prodotti energetici con un’opportuna previsione generale. Tuttavia, sembra che l’intenzione del legislatore fosse quella di operare una distinzione tra i prodotti che non costituiscono affatto prodotti energetici, se non sono utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, ed i prodotti che costituiscono comunque prodotti energetici ai sensi della direttiva ma non sono soggetti alle sue disposizioni, se (e fintantoché) non vengano utilizzati per i suddetti fini. Ciò, a mio avviso, non consente di considerare la disposizione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2003/96 quale parte integrante della definizione di prodotti energetici, né di dedurne che ogniqualvolta tale direttiva si riferisca ai prodotti energetici, siffatta nozione non comprenda i prodotti che non sono utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, anche qualora gli stessi risultassero rientrare nella definizione contenuta nel suo articolo 2, paragrafo 1.

26.      Allo stesso modo, non mi convince l’argomento addotto dalla Commissione, fondato sull’obbligo di interpretazione uniforme della nozione di «prodotti energetici» utilizzata all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96. Secondo la Commissione, tale nozione si riferisce, nel contesto della suddetta disposizione, sia ai prodotti utilizzati da un determinato stabilimento per la produzione di altri prodotti energetici (denominati «prodotti intermedi»), sia ai prodotti finali stessi. Dal momento che i prodotti intermedi devono essere utilizzati come combustibile per riscaldamento, e quindi devono essere soggetti alle disposizioni della direttiva 2003/96, anche i prodotti finali devono essere soggetti alle suddette disposizioni e quindi non possono essere esclusi dal loro ambito di applicazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, di tale direttiva.

27.      È vero che il medesimo termine dovrebbe essere interpretato nello stesso senso all’interno di un unico atto giuridico, e quindi, a maggior ragione, nell’ambito di un’unica disposizione. A mio avviso, tuttavia, il suesposto ragionamento della Commissione è inficiato dal vizio logico denominato petitio principii. È ovvio che il prodotto intermedio deve essere utilizzato come combustibile per la produzione di prodotti finali. Un modo diverso di utilizzazione di un siffatto prodotto non potrebbe, infatti, costituire un fatto generatore d’imposta ai sensi della direttiva 2003/96, e quindi non sussisterebbe neppure l’occasione per un’eventuale applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva. La condizione di utilizzazione di un prodotto energetico come combustibile è in tal caso, quindi, inevitabilmente soddisfatta. Tuttavia, ciò non deriva dall’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, di tale direttiva all’interpretazione della nozione di «prodotti energetici» in riferimento ai prodotti intermedi, ma dalla loro effettiva utilizzazione come combustibile per riscaldamento.

28.      Estrapolando tale utilizzo effettivo dei prodotti intermedi all’interpretazione della nozione di «prodotti energetici» in relazione ai prodotti finali, la Commissione è, quindi, incorsa nel summenzionato errore logico. Orbene, l’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 può essere interpretato nel senso che «l’utilizzo dei prodotti che rientrano nella definizione contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, come combustibile per la produzione di altri prodotti rientranti nella suddetta definizione, non fa sorgere un debito d’imposta». Una siffatta interpretazione sarà pienamente ragionevole, senza la necessità di ricorrere all’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva in parola. Il principio dell’interpretazione uniforme della stessa nozione all’interno di un’unica disposizione non preclude pertanto l’interpretazione della nozione di «prodotti energetici» come tutti i prodotti che rientrano nella definizione contenuta nell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96.

29.      Tuttavia, i principali motivi che, a mio avviso, non consentono di accogliere la tesi secondo la quale i paragrafi 1 e 4, dell’articolo 2, della direttiva 2003/96 debbano essere interpretati in combinato disposto tra loro sono di natura sistemica.

 Analisi dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della direttiva 2003/96, nel contesto di altre disposizioni della medesima direttiva

30.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2003/96, la stessa si applica, oltre ai prodotti energetici elencati al paragrafo 1 del citato articolo, anche all’elettricità. L’elettricità, così come i prodotti energetici, è soggetta a tassazione ai sensi della suddetta direttiva, sebbene secondo modalità leggermente diverse rispetto a tali prodotti. Allo stesso tempo, conformemente all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, della direttiva in parola, la stessa non si applica all’elettricità «utilizzata principalmente per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici», né all’elettricità «se incide per oltre il 50% sul costo di un prodotto». Inoltre, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96 sono obbligatoriamente esentati dalla tassazione «i prodotti energetici e l’elettricità utilizzati per produrre elettricità (…)».

31.      In conformità all’insieme delle regole di interpretazione delle disposizioni di diritto, tutti i trattini dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 devono essere interpretati nel senso che producono i medesimi effetti, cosicché devono avere la medesima relazione con le altre disposizioni della direttiva. Qualora, quindi, si ritenesse che l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della direttiva in parola, restringa la definizione della nozione di «prodotti energetici» contenuta nel paragrafo 1 di tale articolo, nel senso che l’interpretazione di tale nozione nelle sue successive disposizioni non include i prodotti utilizzati per fini diversi dall’utilizzazione come carburanti per motori o combustibile per riscaldamento, lo stesso ragionamento dovrebbe valere, per analogia, per l’elettricità utilizzata secondo le modalità di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, della direttiva. L’elettricità utilizzata per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici, nonché l’elettricità che incide per oltre il 50% sul costo di un prodotto, non rientrerebbe nell’ambito della nozione di elettricità ai sensi della direttiva 2003/96. Essa non potrebbe, quindi, nemmeno esplicare effetti per quanto riguarda la tassazione di altri prodotti soggetti alle disposizioni della direttiva.

32.      Orbene, ciò porterebbe a conclusioni assurde sulla base dell’articolo 14, lettera a), della direttiva 2003/96, in quanto significherebbe che i prodotti energetici e l’elettricità, utilizzati per la produzione di elettricità impiegata per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici nonché di elettricità che incide per oltre il 50% sul costo di un prodotto, non siano esenti, e quindi debbano essere tassati secondo le regole generali previste dalla direttiva. Un tale effetto è tuttavia inaccettabile per tre motivi.

33.      In primo luogo, l’elettricità, dopo essere stata prodotta, viene trasmessa alla rete, dalla quale gli utenti, tramite i distributori, prelevano determinate quantità di energia. Non vi è, quindi, alcun collegamento diretto tra un determinato produttore e l’elettricità da esso prodotta, da un lato, e l’utente specifico, dall’altro. A maggior ragione, siffatto collegamento non sussiste tra il produttore o il distributore dei prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità e il fruitore di tale energia. L’identificazione e la successiva tassazione dei prodotti energetici impiegati per la produzione di elettricità utilizzata per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici sarebbero, quindi, estremamente difficili, se non impossibili. Ciò risulterebbe ancora più complicato nel caso di prodotti energetici utilizzati per la produzione di elettricità che incide per oltre il 50% sul costo di altri prodotti.

34.      In secondo luogo, anche laddove fosse possibile siffatta tassazione selettiva dei prodotti energetici utilizzati per la produzione di elettricità, in funzione dell’utilizzo che viene fatto di tale energia o della sua incidenza sui costi di fabbricazione di altri prodotti, tale tassazione svuoterebbe di contenuto l’esenzione prevista dall’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, della direttiva 2003/96. È infatti vero che l’elettricità utilizzata nei modi ivi indicati non sarebbe tassata direttamente, tuttavia il suo prezzo includerebbe l’imposta sui prodotti energetici utilizzati per la sua produzione, il cui onere verrebbe, senza dubbio, trasferito, secondo la natura delle imposte indirette, sugli utenti di tale energia.

35.      Infine, in terzo luogo, la suesposta interpretazione sarebbe incompatibile anche con il principio espresso all’articolo 21, paragrafo 5, della direttiva 2003/96, secondo il quale l’elettricità è soggetta ad imposizione al momento della sua fornitura da parte del distributore. Tale modalità di determinazione del momento dell’esigibilità dell’imposta sull’elettricità è possibile grazie all’applicazione dell’esenzione prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva in parola, vale a dire, giacché l’elettricità è tassata come prodotto finale, e non nella fase del combustibile utilizzato per la sua produzione, il momento della tassazione può essere posticipato alla fase finale della compravendita di elettricità, ossia, al momento della sua fornitura al destinatario. Tuttavia, qualora si ritenesse che l’esclusione di alcune modalità di utilizzazione dell’elettricità ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, della direttiva 2003/96, comporti la mancata esenzione dei prodotti energetici utilizzati per la sua produzione, siffatta energia sarebbe, de facto, non solo tassata nonostante la suddetta esenzione (vedi paragrafo precedente), ma tale tassazione avrebbe per di più luogo nella fase della produzione e non in quella della distribuzione.

36.      Per le ragioni sopra esposte, ritengo che non possa essere accolto il ragionamento secondo il quale l’esenzione di cui all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 si traduca in una limitazione della definizione dei prodotti ivi elencati ai fini delle successive disposizioni della medesima direttiva. Ciò vale sia per l’elettricità di cui al terzo e quarto trattino della citata disposizione, sia per i prodotti energetici di cui al primo trattino.

37.      A mio avviso, tale conclusione non viene inficiata dal fatto che l’articolo 14, lettera a), della direttiva 2003/96 riguarda l’esenzione dalla tassazione, mentre l’articolo 21, paragrafo 3, della stessa direttiva fa riferimento ad un fatto che non può essere considerato come generatore d’imposta.

38.      Da un lato, infatti, l’effetto pratico in entrambi i casi è lo stesso. In una situazione in cui, per produrre prodotti energetici, uno stabilimento utilizza i prodotti energetici da esso stesso fabbricati, è difficile determinare un altro momento in cui sorge il debito d’imposta, e si produce pertanto il medesimo effetto che si produrrebbe se detti prodotti beneficiassero dell’esenzione. Del resto è proprio in questo modo che la suddetta disposizione è stata trasposta nel diritto danese (v. paragrafo 6 supra).

39.      Dall’altro lato, quello che qui rileva non è l’effetto del meccanismo previsto, rispettivamente, dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a) e dall’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, bensì il rapporto tra i vari prodotti ivi descritto. Sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di prodotti soggetti alle disposizioni della direttiva, i quali vengono utilizzati per la produzione di altri prodotti, compresi i prodotti elencati all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della suddetta direttiva [rispettivamente, al primo trattino, nel caso dell’articolo 21, paragrafo 3, e al terzo e quarto trattino, nel caso dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a)]. Il risultato dell’una o dell’altra interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva in parola ai fini della risposta alla questione relativa all’applicazione di queste due disposizioni, deve quindi essere identico.

40.      Riassumendo, l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96, secondo cui l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva in parola prevista nella suddetta disposizione comporta che i prodotti ivi indicati non possano incidere sul livello di tassazione di altri prodotti contemplati nella direttiva, conduce a conclusioni inaccettabili in base all’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva in parola. Tale interpretazione deve, quindi, essere respinta, sia in relazione all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, sia in relazione al primo trattino.

 Interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 quale esenzione sui generis

41.      Alla luce di quanto sopra, sono del parere che occorra adottare un’interpretazione diversa dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2003/96 rispetto all’interpretazione proposta dal governo danese e dalla Commissione. Ritengo infatti che la citata disposizione costituisca, in sostanza, un’esenzione dei prodotti ivi elencati dalla tassazione prevista sulla base di tale direttiva. Detti prodotti non sono quindi soggetti a tassazione armonizzata, ma costituiscono comunque, rispettivamente, prodotti energetici ed elettricità, ai sensi della direttiva in parola. La formulazione della suddetta esenzione come esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva significa che gli Stati membri restano liberi di configurare un’eventuale tassazione dei prodotti in questione sulla base delle disposizioni nazionali specifiche. Tale libertà è decisamente più limitata nel caso dei prodotti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/96, ma esentati a norma delle sue disposizioni (5).

42.      Una siffatta interpretazione permette di mantenere la coerenza delle disposizioni della direttiva in relazione alla tassazione di elettricità. L’esenzione prevista dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/96 è quindi applicabile anche ai prodotti utilizzati per la produzione di elettricità, la quale, a sua volta, è utilizzata in uno dei modi indicati all’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo e quarto trattino, della medesima direttiva, il che permette di evitare le difficoltà pratiche e logiche illustrate ai paragrafi da 33 a 35 supra.

43.      Tale interpretazione è inoltre conforme alla proposta iniziale di direttiva 2003/96 presentata dalla Commissione (6). Detta proposta non conteneva l’equivalente dell’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva in questione. Nella proposta in parola era invece stata prevista l’esenzione di alcune categorie di prodotti energetici, in particolare, di quelli che non venivano utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento [attuale articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della direttiva 2003/96], nonché dell’elettricità utilizzata per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici [attuale articolo 2, paragrafo 4, lettera b), terzo trattino, della direttiva 2003/96] (7). A sua volta, l’equivalente dell’attuale articolo 21, paragrafo 3, della direttiva in esame faceva diretto riferimento alla definizione dei prodotti energetici, elencando i codici della nomenclatura combinata dei prodotti, nella cui produzione non si verificava la tassazione dei prodotti energetici provenienti dallo stesso stabilimento utilizzati per tale produzione (8). Con un’impostazione come quella adottata nella proposta di direttiva 2003/96, l’attuale posizione del governo danese e della Commissione risulterebbe quindi insostenibile, senza nemmeno la necessità di ricorrere all’analisi sistemica.

44.      La direttiva 92/81/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (9), che è stata sostituita dalla direttiva 2003/96, seguiva una logica simile. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 92/81, dall’accisa armonizzata prevista in tale direttiva erano esentati «gli oli minerali non utilizzati come carburanti o come combustibili per riscaldamento». A sua volta, l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva in parola aveva introdotto una norma analoga a quella prevista dall’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96. Pertanto, anche sul fondamento della direttiva 92/81, la posizione del governo danese e della Commissione adottata nella presente causa sarebbe difficile da sostenere.

45.      Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, l’interpretazione da me proposta implica che siffatta disposizione (prima frase) si applica ogniqualvolta i prodotti fabbricati dallo stabilimento ivi contemplato appartengano ad una delle categorie elencate all’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, indipendentemente dal fatto se siano utilizzati come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento.

46.      A tal proposito, non condivido la posizione del governo danese, espressa nelle osservazioni presentate nella presente causa, secondo la quale una siffatta interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 svuoterebbe di contenuto il suo articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della medesima direttiva. Come ho infatti accennato in precedenza, lo scopo di tale ultima disposizione è sostanzialmente quello di esentare i prodotti ivi menzionati dalla tassazione armonizzata ai sensi della direttiva in parola, lasciando, al contempo, agli Stati membri la libertà di prevedere la loro eventuale tassazione in virtù di disposizioni particolari.

47.      Per lo stesso motivo, non vi è, a mio parere, alcuna contraddizione tra l’interpretazione da me proposta e le conclusioni derivanti dalla sentenza del 5 luglio 2007, Fendt Italiana (10). Dalla citata sentenza risulta soltanto che gli Stati membri non hanno il diritto di assoggettare all’imposta armonizzata prevista dalla direttiva 2003/96 i prodotti impiegati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Ciò non significa, tuttavia, che i prodotti in questione non siano più prodotti energetici ai sensi della medesima direttiva. La stessa Corte, del resto, utilizza il termine «prodotti energetici» in relazione a questa categoria di prodotti (11).

48.      Rimane aperta la questione della ratio legis dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 interpretato conformemente alla proposta da me avanzata. Mentre la giustificazione dell’esenzione dei prodotti utilizzati per la produzione di elettricità, indipendentemente da un futuro impiego della suddetta energia, risulta comprensibile, in particolare per i motivi esposti ai paragrafi da 33 a 35 supra, la non imposizione dei prodotti energetici utilizzati per la produzione di altri prodotti energetici, i quali, a loro volta, non sono poi utilizzati come carburante per motori, né come combustile per riscaldamento, potrebbe non sembrare del tutto giustificata.

49.      Secondo il governo danese e la Commissione, la disposizione di cui all’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 mira ad evitare che i prodotti energetici vengano tassati due volte, una volta direttamente ed una volta indirettamente, attraverso la tassazione dei prodotti energetici utilizzati per la loro produzione. Una tale finalità della citata disposizione conforterebbe l’interpretazione proposta dal governo danese e dalla Commissione, secondo la quale soltanto l’utilizzo di prodotti energetici per la produzione di altri prodotti energetici imponibili, e quindi di prodotti impiegati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, non è considerato come un fatto generatore d’imposta.

50.      Occorre tuttavia rilevare che la direttiva 2003/96 non contiene un divieto generale di doppia imposizione dei prodotti energetici. Il principio della tassazione unica si applica solo all’elettricità: essa è tassata nella fase di distribuzione ed i prodotti energetici utilizzati per la sua produzione sono esenti (vedi paragrafi 34 e 35 supra). Tuttavia, per quanto riguarda i prodotti energetici, l’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva di cui trattasi, attribuisce agli Stati membri soltanto poteri facoltativi, in base ai quali «[essi] possono anche considerare il consumo di elettricità e di altri prodotti energetici non prodotti all’interno di detto stabilimento [ossia, stabilimento che produce prodotti energetici] (…) come fatto non generatore d’imposta». Pertanto, anche i prodotti energetici utilizzati per la produzione di altri prodotti energetici, ma non fabbricati all’interno dello stesso stabilimento, possono essere soggetti ad imposta, indipendentemente dal fatto se anche i prodotti finali saranno tassati. È vero che la Danimarca si è avvalsa di tale possibilità, esentando tutti i prodotti energetici utilizzati per la produzione di prodotti energetici, indipendentemente dal luogo della loro fabbricazione (12). Ciò però non cambia il fatto che la direttiva 2003/96 non contiene il principio generale della tassazione unica dei prodotti energetici.

51.      La giustificazione della disposizione di cui all’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 sembra, piuttosto, individuabile nelle difficoltà che deriverebbero dalla tassazione dei prodotti che sono allo stesso tempo fabbricati e consumati nel medesimo stabilimento di produzione. Ciò rappresenterebbe non solo un onere aggiuntivo per un siffatto stabilimento, ma richiederebbe anche un controllo rigoroso da parte delle autorità tributarie. Tali difficoltà non sorgono nel caso di prodotti energetici fabbricati da un produttore diverso rispetto allo stabilimento in cui poi vengono utilizzati, in quanto il debito d’imposta sorge in capo al produttore o in capo al distributore, che successivamente trasferisce il suo onere nel prezzo dei prodotti energetici venduti. Pertanto, la seconda frase del paragrafo in parola lascia alla discrezionalità degli Stati membri la questione dell’assoggettamento ad imposta delle suddette fattispecie.

52.      Sono consapevole del fatto che, anche con una siffatta giustificazione, l’interpretazione da me proposta dell’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96, in base alla quale la nozione di «prodotti energetici» ivi usata comprende tutti i prodotti menzionati all’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, anche quelli impiegati per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, crea una certa lacuna nel sistema di imposizione previsto dalla direttiva. I prodotti energetici utilizzati per la produzione di prodotti che non sono soggetti ad imposta, dovrebbero infatti, in linea di principio, essere tassati.

53.      In primo luogo, tuttavia, come afferma la stessa Commissione nelle sue osservazioni (v. paragrafo 23 delle presenti conclusioni), nel caso di categorie di prodotti che sono utilizzate solo sporadicamente come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, già l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96, alle lettere a), d) ed h), contiene un’opportuna previsione. Pertanto, i prodotti appartenenti a queste categorie non costituiscono prodotti energetici ai sensi della direttiva, nel caso in cui non siano utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. Per contro, altre categorie, comprendono prodotti solitamente utilizzati o destinati ad essere utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento. L’eventuale lacuna nella tassazione riguarderà quindi situazioni eccezionali, come quella del procedimento principale.

54.      In secondo luogo, l’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2003/96, quale disposizione che limita la portata delle nozioni utilizzate all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, con il conseguente sorgere dei problemi esaminati ai paragrafi da 33 a 35 delle presenti conclusioni, pregiudicherebbe la coerenza del regime fiscale previsto nella suddetta direttiva in misura decisamente maggiore rispetto alla lacuna nella tassazione che deriverebbe dall’interpretazione da me proposta.

55.      Per tale motivo, non mi convince l’argomentazione addotta dalla Commissione, secondo la quale l’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96, in quanto eccezione al principio della tassazione dei prodotti energetici, dovrebbe essere interpretato in senso restrittivo. Certamente le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente e, in ogni caso, non estensivamente, ma ciò non può, tuttavia, portare a incongruenze fondamentali nell’interpretazione di altre disposizioni della direttiva, come quelle esposte ai paragrafi da 33 a 35 delle presenti conclusioni.

56.      Infine, in terzo luogo, la direttiva 2003/96 contiene molte esclusioni, esenzioni e deroghe (13). Pertanto, il sistema previsto dalla direttiva in esame non è fondato sul principio di una tassazione comune e priva di eccezioni, con la conseguenza che la mancata tassazione dei prodotti energetici utilizzati all’interno dello stesso stabilimento che li ha fabbricati, non è in grado, a mio avviso, di minare in modo significativo la logica del suddetto sistema.

57.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale che l’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «prodotti energetici» ivi utilizzata comprende tutti i prodotti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, indipendentemente dal fatto che essi siano utilizzati o meno come carburanti per motori o combustibili per riscaldamento.

 Seconda questione pregiudiziale

58.      La seconda questione pregiudiziale riguarda il problema se gli Stati membri possano limitare l’applicazione dell’articolo 21, paragrafo 3, della direttiva 2003/96 alle situazioni in cui un prodotto energetico sia utilizzato per produrre prodotti energetici soggetti a tassazione ai sensi della direttiva. Tuttavia, il giudice del rinvio non chiarisce se si stia riferendo soltanto alla limitazione ai prodotti energetici utilizzati come carburante per motori o combustibile per riscaldamento, e quindi non rientranti nell’esclusione sulla base dell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), primo trattino, della citata direttiva o ad una limitazione più restrittiva, ad esempio ai prodotti che non sono soggetti ad alcuna delle numerose esenzioni previste dalla suddetta direttiva.

59.      Tuttavia, indipendentemente da ciò, è necessario distinguere la natura giuridica della disposizione dell’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96 e della disposizione dell’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della medesima direttiva (14).

60.      Riguardo all’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva in parola, tale disposizione ha carattere vincolante nei confronti degli Stati membri. Gli Stati sono quindi obbligati a recepirla nel diritto nazionale e a garantirne la sua piena efficacia. Di conseguenza, essi non possono, per nessuna ragione, limitare l’ambito della sua applicazione in modo che si discosti dalla sua corretta interpretazione, risultante, tra l’altro, dalla sentenza che la Corte pronuncerà nella presente causa. Qualora, quindi, la Corte si dovesse pronunciare, conformemente alla mia proposta di risposta alla prima questione pregiudiziale, nel senso che la suddetta disposizione si riferisce alla produzione di tutti i prodotti energetici ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2003/96, indipendentemente dall’impiego che ne viene fatto, gli Stati membri non saranno autorizzati a limitare la sua applicazione. La risposta alla seconda questione pregiudiziale, nella parte in cui riguarda l’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, di tale direttiva, sarà pertanto negativa.

61.      Per quanto riguarda la disposizione dell’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva 2003/96, essa ha carattere facoltativo, ed inoltre, sembra prevedere diverse opzioni della sua applicazione. Pertanto, propendo a ritenere che gli Stati membri, in tal caso, dispongano di un margine di discrezionalità decisamente più ampio.

62.      Il procedimento principale riguarda, tuttavia, l’utilizzo dei prodotti energetici all’interno di uno stabilimento che li produce, e quindi, in tal caso si applica l’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96. La questione inerente all’interpretazione della seconda frase della citata disposizione avrebbe quindi un carattere ipotetico. Pertanto, propongo di limitare la risposta alla seconda questione pregiudiziale all’interpretazione dell’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della suddetta direttiva.

 Conclusioni

63.      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dall’Østre Landsret nel modo seguente:

1)      L’articolo 21, paragrafo 3, prima frase, della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «prodotti energetici» ivi utilizzata comprende tutti i prodotti di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, indipendentemente dal fatto che siano utilizzati o meno come carburante per motori o combustibile per riscaldamento.

2)      Gli Stati membri non hanno il diritto di restringere la portata della citata disposizione in funzione del tipo o delle modalità di utilizzazione dei prodotti energetici che vengono fabbricati dallo stabilimento, al quale si applica la suddetta disposizione.


1      Lingua originale: il polacco.


2      GU 2003, L 283, pag. 51.


3      Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU 1992, L 76, pag. 1). Tale direttiva era in vigore al momento dei fatti del procedimento principale. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, il fatto generatore dell’accisa sui prodotti energetici è rappresentato dalla loro fabbricazione o introduzione nel territorio dell’Unione.


4      Il corsivo è mio.


5      Articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 92/12. V. sentenza del 5 luglio 2007, Fendt Italiana (C‑145/06 e C‑146/06, EU:C:2007:411, punto 44).


6      COM(97) 30 final.


7      V. articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della proposta.


8      V. articolo 18, paragrafo 3, della proposta.


9      GU 1992, L 316, pag. 12.


10      C‑145/06 e C‑146/06, EU:C:2007:411.


11      V. sentenza del 5 luglio 2007, Fendt Italiana (C‑145/06 e C‑146/06, EU:C:2007:411, punto 41).


12      Ad ogni modo, questo è quello che risulta, a mio avviso, dalle disposizioni del diritto danese citate al paragrafo 6 delle presenti conclusioni.


13      Oltre alle eccezioni esaminate nelle presenti conclusioni v. ad esempio: articoli 2, paragrafo 4, lettera b), secondo e quinto trattino, 15 e 17, nonché le deroghe a favore dei singoli Stati membri previste agli articoli 18, 18a e 18b della direttiva 2003/96.


14      Ricordo che l’articolo 21, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva 2003/96 dispone che «[g]li Stati membri possono anche considerare il consumo di elettricità e di altri prodotti energetici non prodotti all’interno di detto stabilimento (…) come fatto non generatore d’imposta». (Il corsivo è mio)