Language of document : ECLI:EU:C:2022:694

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 15 settembre 2022 (1)

Causa C292/21

Administración General del Estado,

Confederación Nacional de Autoescuelas (CNAE),

UTE CNAE-ITT-FORMASTER-ECT

contro

Asociación Unión para la Defensa de los Intereses Comunes de las Autoescuelas (AUDICA),

Ministerio Fiscal (Pubblico Ministero)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per il recupero dei punti della patente di guida – Articolo 2, paragrafo 2, lettera d) – Campo di applicazione – Esclusione – Servizi nel settore dei trasporti – Libertà di stabilimento – Concessione di servizio pubblico – Condizioni per l’aggiudicazione della concessione di un servizio pubblico – Articolo 15 – Servizio di interesse economico generale – Proporzionalità – Requisiti nazionali che vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito»






I.      Introduzione

1.        Con la domanda di pronuncia pregiudiziale in oggetto, il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) si interroga circa la compatibilità con il diritto dell’Unione di una misura nazionale in base alla quale l’aggiudicazione dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale volti a consentire agli automobilisti di recuperare i punti della patente di guida deve avvenire mediante la concessione di un servizio pubblico. In ciascuna delle cinque aree geografiche individuate a tal fine nel territorio nazionale è disponibile una sola concessione di servizio pubblico (ad eccezione di due regioni, la Catalogna e i Paesi Baschi, che sono soggette a un regime diverso). L’aggiudicatario di ciascuna zona è l’unico soggetto abilitato a somministrare tali corsi nell’area corrispondente.

2.        La controversia di cui tale giudice è investito riguarda, in sostanza, la questione se una siffatta misura sia contraria alle disposizioni della direttiva sui servizi (2), la quale stabilisce disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio delle libertà fondamentali tutelate dall’articolo 49 TFUE (libertà di stabilimento) e dall’articolo 56 TFUE (libera circolazione dei servizi) (3). Per rispondere a tale questione, è anzitutto necessario stabilire se tale direttiva si applichi al caso di specie.

3.        In breve, per le ragioni esposte di seguito, propongo alla Corte di rispondere alla suddetta questione in senso affermativo. Temo, tuttavia, che la misura nazionale di cui trattasi nel procedimento principale limiti la libera prestazione dei servizi in un modo che non rispetta pienamente i requisiti di detta direttiva sui servizi.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione europea

1.      Direttiva sui servizi

4.        Il considerando 17 della direttiva sui servizi stabilisce, in sostanza, che i servizi di interesse economico generale (SIEG) rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, a meno che non si tratti di servizi nel settore dei trasporti.

5.        Il considerando 40 della direttiva sui servizi chiarisce che la nozione di «motivi imperativi di interesse generale» cui fa riferimento, tra l’altro, l’articolo 15, paragrafo 3, della medesima direttiva, è stata progressivamente elaborata dalla Corte di giustizia nella propria giurisprudenza relativa agli [articoli 49 e 56 TFUE], e potrebbe continuare ad evolvere. La nozione di cui trattasi copre una serie di motivi, tra cui la sicurezza stradale.

6.        L’articolo 2 della direttiva sui servizi, intitolato «Campo di applicazione», prevede, al paragrafo 1, che tale direttiva si applichi ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro, fatte salve talune eccezioni previste all’articolo 2, paragrafo 2, della stessa direttiva. Essa non si applica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), di tale direttiva, ai «servizi nel settore dei trasporti (…) che rientrano nell’ambito di applicazione del [titolo VI del TFUE]».

7.        L’articolo 15 della direttiva sui servizi, intitolato «Requisiti da valutare», così dispone:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

a)      restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

(…)

d)      requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dalla direttiva 2005/36/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22] o da quelli previsti in altre norme comunitarie, che riservano l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività;

(…)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

4.      I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano alla legislazione riguardante i servizi d’interesse economico generale solo in quanto la loro applicazione non osti all’adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata.

(…)».

2.      Direttiva 2014/23/UE (4)

8.        L’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23 definisce la «concessione di servizi» come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi (…) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo».

9.        L’articolo 8 della direttiva 2014/23, quale applicabile all’epoca dei fatti, ha stabilito che la direttiva «si applica alle concessioni il cui valore sia pari o superiore a 5 186 000 EUR».

B.      Diritto nazionale

10.      La direttiva sui servizi è stata recepita nell’ordinamento spagnolo con la Ley 17/2009 sobre el libre acceso a las actividades de servicios y su ejercicio (legge 17/2009 relativa al libero accesso alle attività di servizi e al loro esercizio), del 23 novembre 2009 (5). L’articolo 3 di tale legge stabilisce che il «servizio» è «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’[articolo 57 TFUE] fornita normalmente dietro retribuzione». L’articolo 5 della stessa legge indica che l’accesso a un’attività di servizio può essere sottoposto ad autorizzazione qualora siano soddisfatti tre requisiti: non discriminazione, necessità e proporzionalità.

11.      Ai sensi della Ley 17/2005 por la que se regula el permiso y la licencia de conducción por puntos y se modifica el texto articulado de la ley sobre tráfico, circulación de vehículos a motor y seguridad vial (legge 17/2005 che disciplina la patente di guida e la patente di guida a punti e modifica la legge sul traffico, sulla circolazione dei veicoli a motore e sulla sicurezza stradale), del 19 luglio 2005 (6), l’aggiudicazione dei corsi per il recupero dei punti della patente avviene mediante concessione amministrativa, conformemente alla normativa in materia di appalti pubblici.

12.      L’Orden INT/2596/2005 por la que se regulan los cursos de sensibilización y réeducación vial para los titulares de un permiso a licencia CIA di conducción (decreto INT/2596/2005 relativo ai corsi di sensibilizzazione e rieducazione stradale per titolari di patenti di guida), del 28 luglio 2005 (7), attua la legge 17/2005. Il paragrafo 12 di tale decreto dispone che «[i]l controllo e l’ispezione dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale sono effettuati conformemente alle prescrizioni tecniche stabilite nel contratto di concessione amministrativa».

III. Fatti, procedimento nazionale e questioni pregiudiziali

13.      Nel 2014, la Dirección General de Tráfico (Ufficio della motorizzazione, Spagna) indiceva la gara d’appalto intitolata «Concessione della gestione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per il recupero dei crediti della patente di guida: 5 lotti». Tali corsi erano destinati agli automobilisti che avevano perso punti della patente di guida a causa di infrazioni stradali.

14.      Ai fini di tale gara, il territorio nazionale (ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi) era stato suddiviso in cinque zone, ciascuna corrispondente a un lotto della gara d’appalto. Per ogni lotto era disponibile un solo contratto e l’aggiudicazione di ogni contratto doveva avvenire come concessione di servizio pubblico. L’aggiudicatario di ciascun lotto sarebbe divenuto l’unico soggetto abilitato a somministrare i corsi in questione nella zona corrispondente.

15.      Il bando di gara è stato impugnato dall’Asociación Unión para la Defensa de los Intereses Comunes de las Autoescuelas (AUDICA) (Associazione per la protezione degli interessi comuni delle scuole guida (AUDICA), Spagna) dinanzi al Tribunal Administrativo Central de Recursos Contractuales (Tribunale amministrativo centrale per i ricorsi in materia di appalti, Spagna). L’AUDICA sosteneva che il fatto che i contratti dovessero costituire concessioni di servizio pubblico era contrario alla libertà di prestazione dei servizi.

16.      Si è costituito nel procedimento come parte convenuta l’Abogado del Estado (avvocato dello Stato), in rappresentanza dell’Ufficio della motorizzazione, nonché un’associazione temporanea di imprese composta dalla Confederación Nacional de Autoescuelas (CNAE) e da altri tre enti (FORMASTER, ECT e ITT) quale litisconsorte passiva (in prosieguo: l’«associazione temporanea di imprese» oppure «CNAE e altri»). Tale associazione temporanea di imprese si era aggiudicata la gara d’appalto.

17.      Con decisione del 23 gennaio 2015, il Tribunal Administrativo Central de Recursos Contractuales (Tribunale amministrativo centrale per i ricorsi in materia di appalti) ha respinto il ricorso dell’AUDICA. L’AUDICA ha impugnato tale decisione dinanzi alla Sezione del contenzioso amministrativo dell’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna).

18.      Con sentenza del 28 novembre 2018, la Sezione del contenzioso amministrativo dell’Audiencia Nacional (Corte centrale) ha accolto il ricorso dell’AUDICA, annullando così sia la decisione del Tribunal Administrativo Central de Recursos Contractuales (Tribunale amministrativo centrale per i ricorsi in materia di appalti) che il bando di gara. Essa ha ritenuto che l’offerta dei suddetti corsi presentasse le caratteristiche proprie di un servizio di interesse economico generale (SIEG), ai sensi dell’articolo 14 TFUE (8). Ha inoltre affermato che l’obbligo di offrire tali corsi come concessioni di servizio pubblico era eccessivo e privo di giustificazione, dal momento che esistevano altre formule che avrebbero permesso all’amministrazione di raggiungere i fini dichiarati senza limitare indebitamente la concorrenza tra coloro che potrebbero esercitare tale attività.

19.      L’avvocato dello Stato e l’associazione temporanea di imprese hanno presentato un ricorso dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema) contro la sentenza della Sezione del contenzioso amministrativo dell’Audiencia Nacional (Corte centrale). Tale giudice, nutrendo dubbi circa l’interpretazione di diverse disposizioni del diritto dell’Unione, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia compatibile con la [direttiva sui servizi] – o, se del caso, con altre disposizioni o principi del diritto dell’Unione europea – la norma nazionale secondo cui l’aggiudicazione dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per il recupero dei punti della patente deve avvenire mediante la concessione di un servizio pubblico».

20.      Nel presente procedimento hanno presentato osservazioni scritte CNAE e altri, AUDICA, i governi di Repubblica ceca, Spagna e Paesi Bassi e la Commissione europea. Tali parti, ad eccezione del governo ceco, hanno altresì presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 1° giugno 2022.

IV.    Analisi

21.      Con la questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una misura in forza della quale l’aggiudicazione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per automobilisti che hanno perso punti della patente di guida a causa di infrazioni stradali deve avvenire mediante concessioni di servizio pubblico, cosicché un concessionario è l’unico soggetto abilitato a somministrare tali corsi in ciascuna delle cinque aree geografiche del territorio nazionale (ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi) stabilite in precedenza, sia compatibile con le disposizioni della direttiva sui servizi.

22.      Come indicato al paragrafo 2, la direttiva sui servizi stabilisce disposizioni generali che facilitano l’esercizio delle libertà fondamentali tutelate dagli articoli 49 e 56 TFUE. Le due libertà di cui trattasi riguardano aspetti diversi dell’esercizio di un’attività economica. La libertà di stabilimento, quale definita dall’articolo 49 TFUE, si applica quando un operatore intende esercitare in modo effettivo la propria attività economica mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata, mentre la libera prestazione di servizi sancita dall’articolo 56 TFUE copre tutte le prestazioni che non sono offerte in modo stabile e continuativo, da un domicilio professionale nello Stato membro di destinazione (9). In tale contesto, il capo III della direttiva sui servizi (articoli da 9 a 15) riguarda la libertà di stabilimento, mentre il capo IV (articoli da 16 a 21) della stessa direttiva riguarda la libera prestazione di servizi.

23.      Anzitutto, mi sembra evidente che un’attività come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che costituisce un «servizio» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sui servizi (10), si riferisce ad un’organizzazione stabile e destinata ad essere esercitata a tempo indeterminato. Pertanto, la compatibilità della misura nazionale in esame con il diritto dell’Unione dovrebbe essere valutata alla luce delle norme sulla libertà di stabilimento (Capo III della direttiva sui servizi), piuttosto che di quelle sulla libera circolazione dei servizi (Capo IV della stessa direttiva), se si accerta che tale direttiva è applicabile alla presente causa (11).

24.      A tal proposito, aggiungo che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, una misura nazionale in un ambito che ha costituito oggetto di un’armonizzazione esauriente a livello dell’Unione deve essere valutata in rapporto non alle disposizioni del diritto primario ma a quelle di tale misura di armonizzazione (12). Nella parte in cui il riferimento è al capo III della direttiva sui servizi, la Corte ha già dichiarato che i suoi articoli da 9 a 14 prevedono un’armonizzazione esauriente dei servizi che rientrano nel loro ambito di applicazione (13). Lo stesso vale, a mio avviso, per l’articolo 15 della medesima direttiva, anch’esso parte del medesimo capo (14). Pertanto, se è accertato che la direttiva sui servizi si applica al caso di specie, sarebbe sufficiente, a mio avviso, valutare la compatibilità della misura nazionale oggetto del procedimento principale esclusivamente in rapporto a tali disposizioni, senza che sia necessario analizzare la questione anche alla luce dell’articolo 49 TFUE (15).

25.      Ciò premesso, rilevo che il giudice del rinvio nutre dubbi, quanto all’applicabilità al caso di specie della direttiva sui servizi e, in particolare, dei suoi articoli da 9 a 13, sotto due profili (16).

26.      In primo luogo, esso invita la Corte a precisare se la somministrazione dei corsi di cui trattasi, pur costituendo un «servizio», sia tuttavia esclusa dall’ambito di applicazione materiale di tale direttiva, per il fatto che rientra nella categoria dei «servizi nel settore dei trasporti» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi, con la conseguenza che la compatibilità della misura nazionale in oggetto dovrebbe essere valutata esclusivamente in rapporto all’articolo 49 TFUE (e la direttiva sui servizi, incluso il suo capo III, non è applicabile nel caso di specie) (17).

27.      In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se - ancorché risulti acclarato che i corsi in parola non costituiscano un «servizio nel settore dei trasporti» il fatto che i contratti relativi alla fornitura dei corsi in oggetto siano strutturati come concessioni di servizio pubblico debba comportare la loro esclusione da talune forniture della direttiva sui servizi, segnatamente dagli articoli da 9 a 13. Le concessioni di servizio pubblico non sono elencate tra le esclusioni di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva sui servizi. Tuttavia, il considerando 57 di tale direttiva chiarisce, in sostanza, che le disposizioni relative ai regimi di autorizzazione (segnatamente gli articoli da 9 a 13) non «riguarda[no]» la conclusione di contratti per la prestazione di servizi che sono già disciplinati dalle norme sugli appalti pubblici contenute in altri strumenti secondari del diritto dell’Unione, come la direttiva 2014/23.

28.      Nella prossima sezione, esaminerò separatamente le due problematiche di cui trattasi (A). Spiegherò perché ritengo che la direttiva sui servizi, ivi compresi gli articoli da 9 a 13, si applichi al caso di specie. Fornirò quindi le ragioni che mi inducono a ritenere che una misura come quella oggetto del procedimento principale sia incompatibile con i requisiti di cui al capo III (libertà di stabilimento) della stessa direttiva (B).

A.      Applicabilità della direttiva sui servizi

1.      Esclusione relativa ai «servizi nel settore dei trasporti».

29.      L’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi stabilisce che «i servizi nel settore dei trasporti (…) nell’ambito di applicazione del [titolo VI del TFUE]» sono esclusi dal campo di applicazione ratione materiae della direttiva di cui trattasi. Infatti, conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, la libera circolazione dei servizi in materia di trasporti è specificamente regolata dal titolo VI del TFUE (18). Pertanto, la direttiva sui servizi non può disciplinare la libera circolazione dei servizi in tale campo (19).

30.      La nozione di «servizi nel settore dei trasporti» non è definita in modo espresso dalla suddetta direttiva o dal titolo VI del TFUE (20). Tuttavia, la Corte ha interpretato tale nozione nel senso che essa ricomprende «non soltanto qualsiasi atto fisico di trasferimento di persone o di beni da un luogo a un altro per mezzo di un veicolo, di un aeromobile o di un’imbarcazione», ma anche «qualsiasi servizio intrinsecamente connesso a un atto di questo tipo» (21).

31.       Da tale giurisprudenza risulta che il mero fatto che un servizio sia connesso in qualche modo al trasporto non è sufficiente perché esso rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi (22). Occorre piuttosto considerare quale sia la finalità principale del servizio di cui trattasi (23). Infatti, si deve distinguere tra i servizi che sono essenzialmente (o intrinsecamente) connessi all’atto fisico di trasferimento di persone o di merci da un luogo a un altro tramite un mezzo di trasporto (come i taxi e le ambulanze, nonché i servizi portuali (24)), dato che essi hanno come scopo principale il trasporto di merci o persone, e quelli che sono accessori, perché hanno uno scopo primario diverso (25).

32.      Quest’ultima categoria comprende i servizi di noleggio di auto, le agenzie di viaggi e i servizi ai consumatori nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche (26). Essa comprende altresì servizi quali i servizi di bordo, di pulitura o di ristorazione forniti sui treni che, pur avendo carattere accessorio al servizio di trasporto di passeggeri per ferrovia, non sono intrinsecamente connessi a quest’ultimo (27). Siffatti servizi non sono esclusi dal campo di applicazione ratione materiae della direttiva sui servizi(28).

33.      Nelle conclusioni presentate nelle cause riunite Trijber e Harmsen (29), l’avvocato generale Szpunar ha spiegato che la logica alla base dell’inclusione dei servizi di noleggio di auto o delle guide turistiche nel campo di applicazione materiale della direttiva era che il loro scopo principale era far sì che i destinatari di tali servizi, rispettivamente, noleggiassero veicoli e apprendessero qualcosa circa una determinata località o area, e non essere trasportati. Allo stesso modo, esso ha concluso che lo scopo essenziale dei servizi di scuola guida era, per il destinatario, imparare a guidare e non essere trasportato (30).

34.      A mio avviso, i servizi di cui trattasi nel procedimento principale rientrano parimenti in tale categoria. Infatti, proprio come i servizi di scuola guida, lo scopo principale dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale è, per il destinatario, essere istruito su come guidare in modo sicuro e responsabile e non essere trasportato.

35.      Alla luce di ciò, concordo con la Commissione, il governo ceco e l’AUDICA sul fatto che non si deve ritenere che i corsi in oggetto rientrino nella categoria dei «servizi nel settore dei trasporti». Di conseguenza, ritengo che i corsi di cui trattasi non debbano essere esclusi dal campo di applicazione materiale della direttiva sui servizi sulla base dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), di tale direttiva (31).

36.      La mia opinione al riguardo non viene modificata, anzitutto, dall’argomento del governo dei Paesi Bassi secondo cui i corsi in questione dovrebbero essere considerati «servizi nel settore dei trasporti», ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi, dal momento che essi sono intrinsecamente connessi al possesso di una patente di guida, che costituisce un presupposto giuridico per la circolazione di un veicolo. Concordo con il suddetto governo sul fatto che, in almeno una sentenza, ossia la sentenza nella causa Grupo Itevelesa e altri (32), la Corte sembra aver adottato un criterio giuridico più ampio di quello che ho illustrato ai paragrafi 30 e 31 e aver incluso nella nozione di «servizi nel settore dei trasporti» i servizi che costituiscono un «presupposto» dell’atto fisico di trasferimento di un veicolo. Sulla base di tale definizione, lo stesso ha concluso che nei «servizi nel settore dei trasporti» rientra l’attività di controllo tecnico dei veicoli, che interviene quale condizione preliminare e necessaria all’esercizio dell’attività principale costituita dal trasporto (33), altrimenti l’attività può risultare illegittima.

37.      Ciò premesso, non ritengo, neppure alla luce di tale sentenza, che il fatto che un servizio sia connesso, o, se vogliamo, «intrinsecamente connesso», al possesso di una patente di guida debba essere determinante per stabilire se tale servizio debba essere considerato un «servizio nel settore dei trasporti». A mio avviso, il conseguimento o il mantenimento di una patente di guida è diverso dall’effettuazione di controlli tecnici su un veicolo. Esso riguarda il metodo giuridico con cui un soggetto può procurarsi un mezzo di trasporto (34) e, in quanto tale, è connesso al soggetto, piuttosto che al veicolo stesso, mentre l’attività dei centri di controllo tecnico dei veicoli consiste nell’effettuare controlli direttamente sul veicolo (come presupposto giuridico per la circolazione fisica di tale veicolo).

38.      Su tale base, tendo a ritenere che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale differisca da quella che ha dato luogo alla sentenza Grupo Itevelesa e a. (35) La soluzione giurisprudenziale adottata in tale sentenza non dovrebbe quindi essere applicata nella presente causa.

39.      In secondo luogo, non mi persuade l’argomento del governo spagnolo secondo cui la nozione di «servizi nel settore dei trasporti» dovrebbe essere interpretata tenendo conto dell’articolo 91, paragrafo 1, TFUE. Secondo tale governo, i corsi in oggetto sono «servizi nel settore dei trasporti» perché equivalgono a «misure volte a migliorare la sicurezza dei trasporti» ai sensi di tale disposizione. Tuttavia, mi sembra piuttosto ovvio che l’obiettivo dell’articolo 91, paragrafo 1, TFUE sia quello di stabilire un elenco dei diversi aspetti che fanno parte del «quadro di una politica comune dei trasporti» (di cui all’articolo 90 TFUE) e, in tale contesto, di precisare le varie misure che il legislatore dell’Unione può adottare (al fine di disciplinare, tra l’altro, i «servizi nel settore dei trasporti»). Contrariamente a quanto sostiene il governo spagnolo, lo scopo di tale disposizione non è quindi quello di definire cosa siano i «servizi nel settore dei trasporti».

40.      In ogni caso, ritengo che l’interpretazione proposta dal governo spagnolo, in base a cui qualsiasi misura volta a migliorare la sicurezza dei trasporti riguarda necessariamente un «servizio nel settore dei trasporti», sia ben lontana dall’interpretazione accolta dalla Corte nella sua giurisprudenza, che, come ho spiegato in precedenza, si concentra sulla questione se il servizio di cui trattasi abbia come «obiettivo principale» il trasporto di merci o di persone.

41.      Alla luce di tali precisazioni, e dopo aver chiarito per quale ragione ritengo che la fornitura dei corsi in parola non ricada nell’esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi («servizio nel settore dei trasporti») cercherò ora di esaminare i dubbi del giudice del rinvio sulla questione se il fatto che i corsi in oggetto debbano essere forniti mediante concessione di servizio pubblico abbia un impatto sull’applicabilità degli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi.

2.      Conseguenze del fatto che i corsi di cui trattasi devono essere somministrati mediante concessione di un servizio pubblico

42.      Ricordo che l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva sui servizi stabilisce, in sostanza, che gli articoli da 9 a 13 di tale direttiva «non si applicano agli aspetti dei regimi di autorizzazione disciplinati direttamente o indirettamente da altri strumenti [dell’Unione]», come la direttiva 2014/23 (36). Di conseguenza, se i corsi di cui trattasi nel procedimento principale rientrassero nell’ambito della direttiva 2014/23, essi sarebbero esclusi dal campo di applicazione degli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi. Tuttavia, a mio avviso, essi resterebbero soggetti alle restanti disposizioni di tale direttiva pertinenti (37) (ossia tutte le disposizioni pertinenti diverse dagli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi) (38).

43.      Rilevo che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2014/23, devono ricorrere diverse condizioni concomitanti.

44.      In primo luogo, il servizio in questione deve essere organizzato come una «concessione» (39). Una «concessione di servizi» ai sensi di tale direttiva si configura come un «contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi (…) a uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo» (40). La Corte ha precisato che un contratto del genere è caratterizzato, in particolare, da una situazione in cui, da un lato, un diritto di gestire un servizio determinato viene trasferito da un’autorità aggiudicatrice ad un concessionario e, dall’altro, questi dispone di una certa libertà economica per determinare le condizioni di gestione di tale diritto, restando parallelamente in larga misura esposto ai rischi connessi a detta gestione (41).

45.      Nel caso di specie, tutte le parti e gli interessati, unitamente al giudice del rinvio, ritengono che i corsi in esame debbano essere forniti mediante la concessione di un servizio pubblico (una per ciascuna area geografica), con la conseguenza che la situazione nel procedimento principale riguarda concessioni di servizi pubblici ai sensi della direttiva 2014/23. Concordo con tale opinione. Infatti, dai precedenti paragrafi 13 e 14 risulta che i contratti di cui trattasi nel procedimento principale riguardano l’erogazione di un servizio determinato e mirano a trasferire il diritto di erogare i suddetti corsi (verosimilmente insieme ai rischi connessi alla gestione di tale attività) dall’amministrazione aggiudicatrice a ciascun concessionario.

46.      In secondo luogo, per la concessione deve essere stata presentata un’offerta o la medesima deve essere stata aggiudicata dopo il 17 aprile 2014, salvo essere esclusa dall’ambito di applicazione temporale della direttiva 2014/23 (42). Spetta al giudice nazionale valutare se, sulla base degli elementi di cui dispone, tale requisito sia soddisfatto (43). Indipendentemente da tale questione, osservo che il governo spagnolo e CNAE e altri ritengono che la direttiva 2014/23 non si applichi ratione temporis per un’altra (diversa) ragione. Infatti, essi sostengono che il termine per il recepimento della direttiva 2014/23 nell’ordinamento nazionale era il febbraio 2016 e che per le concessioni oggetto del procedimento principale è stata presentata un’offerta prima della scadenza di tale termine, in un momento in cui era ancora in vigore il regime giuridico nazionale precedentemente applicabile e la suddetta direttiva non era stata recepita nel diritto nazionale.

47.      A tal riguardo, ricordo che la Corte ha già constatato, in una causa in materia di appalti pubblici in cui una proposta era stata rifiutata dalla procedura di aggiudicazione di un appalto prima della data in cui era scaduto il termine per la trasposizione della direttiva pertinente e prima che quest’ultima fosse recepita nel diritto nazionale, che sarebbe «in contrasto col principio della certezza del diritto» applicare tale direttiva, in quanto la decisione cui si addebita nella fattispecie una violazione del diritto dell’Unione era stata adottata prima di tale data (44).

48.      A mio avviso un ragionamento analogo può essere applicato alla presente causa. Pertanto, sarei incline a concordare con il governo spagnolo e con CNAE e altri (fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio) sul fatto che la direttiva 2014/23 non si applica ratione temporis a una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, dato che il termine per il recepimento di tale direttiva non era ancora scaduto e che essa non era stata di fatto recepita nel diritto nazionale all’epoca dei fatti rilevanti.

49.      In terzo luogo, il contratto di concessione deve essere pari o superiore a un certo valore (45). All’epoca dei fatti, tale valore era fissato in EUR 5 186 000 (46). Spetta ancora al giudice nazionale stabilire se, sulla base delle informazioni presentate, tale requisito sia soddisfatto. Tuttavia, osservo che, secondo le informazioni fornite da CNAE e altri, dal governo spagnolo e dalla Commissione nel corso dell’udienza, il valore del contratto di cui trattasi nel procedimento principale sembra essere inferiore alla suddetta soglia. Il governo spagnolo ha spiegato che, al momento della sua pubblicazione, il valore del contratto era di EUR 1 285 000. Tale importo è nettamente inferiore alla soglia di EUR 5 186 000.

50.      Alla luce di tali informazioni, mi sembra che, poiché i contratti per la fornitura dei corsi in questione (i) sono stati conclusi prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva 2014/23 e (ii) si collocano al di sotto della soglia fissata da tale direttiva, essi sono esclusi sia dall’ambito di applicazione temporale che da quello materiale di tale strumento. Ne consegue, a mio avviso, che l’applicazione degli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi a una situazione come quella di cui al procedimento principale non deve essere esclusa per il motivo che una siffatta situazione è disciplinata dalla direttiva 2014/23.

51.      Ciò premesso, resta da verificare se in una situazione come quella oggetto del procedimento principale siano soddisfatte le condizioni per l’applicazione degli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi. A tale proposito, osservo che tali disposizioni si applicano a un particolare tipo di procedimento, segnatamente ai procedimenti che possono essere qualificati come «regimi di autorizzazione». Pertanto, valuterò se possa ritenersi che la procedura oggetto del procedimento principale ricada in tale categoria.

52.      A tale riguardo, ricordo che, secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 6, della stessa direttiva, per «regime di autorizzazione» si intende qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio.

53.      Inoltre, il considerando 39 della direttiva sui servizi afferma che la nozione di regime di autorizzazione comprende le procedure amministrative per il rilascio di concessioni (47) (ad eccezione di quelle che, a differenza di quella in esame nel procedimento principale, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23) (48).

54.      Come ho già constatato al precedente paragrafo 45, la causa nel procedimento principale riguarda le concessioni di servizi pubblici attribuite dalle autorità pubbliche competenti in relazione alla somministrazione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per automobilisti che hanno perso punti della patente di guida. Tali concessioni possono, a mio avviso, essere qualificate come «autorizzazioni» conformemente alle disposizioni della direttiva sui servizi. Infatti, esse costituiscono atti formali che i prestatori di servizi devono ottenere dalle autorità nazionali al fine di poter esercitare la loro attività economica (49). Pertanto, a mio avviso, esse potrebbero essere qualificate come «autorizzazioni» ai sensi delle disposizioni della direttiva sui servizi.

55.      Di conseguenza, ritengo che gli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi si applichino al caso di specie (50).

3.      Conclusione sullapplicabilità della direttiva sui servizi

56.      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il capo III della direttiva sui servizi, ivi compresi gli articoli da 9 a 13, si applica alla situazione oggetto del procedimento principale. Le concessioni di servizio pubblico di cui trattasi nel procedimento principale fanno parte di un «regime di autorizzazione» conformemente a tali disposizioni. Inoltre, esse non riguardano «servizi nel settore dei trasporti» nell’ambito dell’esclusione contenuta nell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della medesima direttiva.

B.      Valutazione della compatibilità

57.      Passando ora alla valutazione circa la compatibilità di una misura nazionale come quella oggetto del procedimento principale con le disposizioni della direttiva sui servizi, spiegherò perché ritengo che una siffatta misura imponga una restrizione alla libertà di stabilimento dei prestatori che non è compatibile con i requisiti del capo III (articoli da 9 a 15) di tale direttiva.

58.      Prima di addentrarmi in tali tematiche, desidero formulare due osservazioni preliminari.

59.      In primo luogo, vorrei sottolineare che all’udienza le parti e gli interessati hanno discusso della questione se i servizi di cui trattasi nel procedimento principale presentino un «elemento transfrontaliero», ai sensi della giurisprudenza relativa all’articolo 49 TFUE (51). A tal riguardo, mi limito a precisare che, se è assodato che le disposizioni del Trattato sulle libertà fondamentali «non sono applicabili ad attività i cui elementi rilevanti, nel loro complesso, si collocano all’interno di un solo Stato membro» (52), è stato oggetto di discussione se, per rispondere a una questione circa l’interpretazione della direttiva sui servizi, la Corte richieda anche l’esistenza di un elemento transfrontaliero (53). Tuttavia, la Corte ha ora posto fine a tale discussione e ha spiegato che le disposizioni del capo III della direttiva sui servizi devono essere interpretate nel senso che esse si applicano anche a una situazione in cui tutti gli elementi rilevanti sono circoscritti all’interno di un solo Stato membro (54). Pertanto, non è necessaria l’esistenza di un elemento transfrontaliero per valutare la compatibilità di una misura come quella oggetto del procedimento principale con le disposizioni del capo III della direttiva sui servizi.

60.      Di conseguenza, ritengo che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale sia possibile valutare la compatibilità di una misura con le disposizioni del capo III della direttiva sui servizi, anche se si dovesse accertare che una siffatta misura riguarda una situazione puramente interna, il che dev’essere verificato dai giudici nazionali (55).

61.      In secondo luogo, desidero fornire alcune precisazioni sul rapporto tra gli articoli da 9 a 13 e l’articolo 15 della direttiva sui servizi. A tal riguardo, osservo che l’articolo 9 di tale direttiva impedisce agli Stati membri di ricorrere a «regimi di autorizzazione», a meno che tali regimi siano non discriminatori, giustificati da motivi imperativi di interesse generale e proporzionati a tale obiettivo di interesse generale. Tale insieme di criteri è riprodotto all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva sui servizi ed è anche contenuto nell’articolo 10, paragrafo 4, della stessa direttiva, che è stato interpretato dalla Corte (56) nel senso che i regimi di autorizzazione devono consentire in generale ai prestatori di esercitare la loro attività su tutto il territorio nazionale, a meno che una limitazione a una parte specifica di tale territorio sia non discriminatoria, giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e proporzionata. Le tre condizioni di cui trattasi sono esplicitamente richiamate anche nell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi.

62.      Gli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi trattano specificamente delle condizioni che devono essere soddisfatte da un regime nazionale per il rilascio delle autorizzazioni, mentre l’articolo 15, paragrafo 3, della stessa direttiva ha ad oggetto la compatibilità dei requisiti nazionali con la medesima direttiva, ivi comprese le restrizioni territoriali e quantitative, imposti ai prestatori, più in generale. Tuttavia, è chiaro che esiste un certo grado di sovrapposizione tra tali diverse disposizioni. Infatti, la Corte ha deciso, in sostanza, che un «regime di autorizzazione» che imponga una «limitazione territoriale» ai prestatori di servizi che intendono stabilire la propria attività economica e che sia incompatibile con l’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva in esame, sarà escluso anche dall’articolo 10, paragrafo 4, della stessa direttiva (57), e viceversa.

63.      Nel caso di specie, le parti e gli interessati hanno concentrato le loro osservazioni e memorie sulla compatibilità di una misura come quella oggetto del procedimento principale con l’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi. Nelle sezioni che seguono, mi concentrerò pertanto sulla conformità o meno di una siffatta misura ai requisiti di tale disposizione.

64.      A tal riguardo, indicherò anzitutto le ragioni per le quali ritengo che la misura di cui trattasi costituisca un «requisito» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva, che costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento (1). Esaminerò quindi se tale restrizione sia (i) non discriminatoria, (ii) giustificata da un «motivo imperativo di interesse generale» e (iii) proporzionata, in linea con le tre condizioni imposte dall’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi. Spiegherò perché, a mio avviso, vi sono motivi per dubitare che una misura simile soddisfi il requisito della «proporzionalità» (2). Mi soffermerò brevemente anche sul fatto che i corsi in questione hanno le caratteristiche di un SIEG (3).

1.      Esistenza di una restrizione [articolo 15, paragrafo 2)].

65.      Per valutare la compatibilità di una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale, alla luce dei criteri contenuti nell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi, si deve innanzitutto stabilire se una siffatta misura rientri in una delle categorie di «requisiti» elencati nell’articolo 15, paragrafo 2, della stessa direttiva, letto in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 7, che prevede, inter alia, che «qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative» debba essere considerato quale «requisito» ai fini della direttiva sui servizi.

66.      Sulla base degli elementi del fascicolo, mi sembra che la principale contestazione dell’AUDICA alla misura oggetto del procedimento principale non riguardi solo il fatto che l’aggiudicazione della fornitura dei servizi in esame debba avvenire mediante la concessione di un servizio pubblico; piuttosto, si tratta soprattutto del fatto che un solo concessionario è abilitato a erogare i servizi in oggetto in ciascuna delle cinque aree geografiche precedentemente delineate in tutto il territorio nazionale (ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi).

67.      A tal riguardo, osservo che l’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva sui servizi qualifica espressamente le «restrizioni quantitative o territoriali» all’esercizio di un’attività come «requisiti» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, che incide sulla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi (58).

68.      Come indicato nella suddetta disposizione, tali restrizioni sussistono, in particolare, quando una misura nazionale impone limiti al numero di operatori autorizzati a stabilirsi in un determinato Stato membro (o in una determinata zona in uno Stato membro) (restrizioni quantitative) o quando essa impone il rispetto di una distanza geografica minima tra prestatori (restrizioni territoriali) (59). La Corte ha spiegato che una «restrizione territoriale» è altresì presente in una situazione in cui una normativa nazionale limita l’autorizzazione all’esercizio di una professione nel suo complesso a un settore geografico determinato (60) o vieta l’attività di vendita in aree geografiche specifiche (61).

69.      Nella presente causa, il giudice del rinvio indica (come riconoscono tutte le parti e gli interessati) che, conformemente alla misura oggetto del procedimento principale, il territorio spagnolo (ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi) è suddiviso in cinque zone, con un solo soggetto (l’aggiudicatario della procedura per la concessione di servizi pubblici) abilitato a somministrare corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale in ciascuna zona (62). Tale soggetto esercita un controllo esclusivo sulla zona per la quale è titolare di una concessione di servizio pubblico, mentre ad altri prestatori è di fatto vietato erogare i servizi in questione nella stessa zona.

70.      Anche se una misura come quella oggetto del procedimento principale non impedisce a un prestatore di servizi di partecipare alla procedura per la concessione di un servizio pubblico avente ad oggetto la somministrazione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale sul mercato, essa limita comunque il numero di prestatori che possono esercitare tale diritto (uno per ciascuna delle cinque aree geografiche precedentemente individuate) e il luogo in cui tale diritto viene esercitato.

71.      Ne consegue che una siffatta misura costituisce, a mio avviso, una restrizione sia quantitativa che territoriale ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva sui servizi (63). In quanto tale, essa limita la libertà di stabilimento e sarà autorizzata solo se soddisfa i requisiti di cui all’articolo 15, paragrafo 3, di detta direttiva, che mi accingo a trattare.

2.      Condizioni che devono essere soddisfatte ai fini dellammissibilità della restrizione (articolo 15, paragrafo 3)

72.      L’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi prevede tre requisiti che devono essere soddisfatti perché una «restrizione» sia ammissibile. Più specificamente, detta disposizione prevede che la restrizione in esame: (i) non sia discriminatoria in base alla cittadinanza [articolo 15, paragrafo 3, lettera a)], (ii) sia necessaria (ossia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale) [articolo 15, paragrafo 3, lettera b)] e (iii) sia proporzionata [articolo 15, paragrafo 3, lettera c)].

73.      Nel caso di specie, la questione relativa alla sussistenza delle prime due condizioni non mi sembra presentare molte difficoltà.

74.      Mi pare infatti evidente, in primo luogo, che una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale si applica senza discriminazioni basate sulla nazionalità [articolo 15, paragrafo 3, lettera a)] (primo requisito).

75.      In secondo luogo, ritengo che una siffatta restrizione sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera b), della direttiva sui servizi, letto alla luce dell’articolo 4, paragrafo 8, della stessa direttiva (secondo requisito).

76.      A tale proposito, osservo che la giustificazione fornita dalle autorità spagnole dinanzi al giudice nazionale per consentire a un solo soggetto di erogare i servizi in questione in ciascuna delle cinque aree geografiche individuate, consiste nel fatto che una siffatta restrizione è necessaria per garantire la disponibilità dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale in tutto il territorio interessato. Secondo le autorità spagnole, facilitando l’accesso geografico ai corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale, una misura come quella oggetto del procedimento principale contribuisce alla rieducazione effettiva degli automobilisti che hanno commesso infrazioni stradali. Pertanto, nel complesso, essa rafforza la sicurezza stradale.

77.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 8, della direttiva sui servizi, letto alla luce del considerando 40 della stessa, la «sicurezza stradale» è uno dei motivi imperativi di interesse generale che possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento. A mio avviso, una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale, il cui obiettivo è quello di migliorare la sicurezza stradale, soddisfa quindi il secondo requisito previsto dall’articolo 15, paragrafo 3, lettera b), della medesima direttiva.

78.      Più complessa è la questione se tale misura soddisfi il terzo requisito [quello imposto dall’articolo 15, paragrafo 3, lettera c), della direttiva sui servizi] (proporzionalità). A tale proposito, ricordo che, per soddisfare detto requisito devono essere soddisfatti due presupposti. La misura deve, anzitutto, essere adeguata, vale a dire, secondo la formulazione dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera c), della direttiva sui servizi, essere tale da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito. In secondo luogo, la misura non deve andare al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo. In caso vi sia la possibilità di scegliere fra diverse misure per raggiungere l’obiettivo in questione, dovrebbe essere scelto lo strumento meno restrittivo per la libertà di stabilimento garantita dalla direttiva (64).

79.      Come la Corte ha costantemente affermato, spetta, in ultima analisi, al giudice nazionale, unico competente nell’accertamento dei fatti della controversia principale, verificare se una misura risponda a tali requisiti (65). Tuttavia, la Corte, chiamata a fornire al giudice nazionale una risposta utile, è competente a fornirgli indicazioni ricavate dagli atti del procedimento principale nonché dalle osservazioni scritte ed orali ad esso sottoposte, in modo da consentire al giudice medesimo di decidere (66).

80.      Con riguardo al primo requisito, osservo che, in precedenti occasioni, la Corte ha ritenuto idonee a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito le misure che rappresentano una restrizione territoriale, quando esse hanno lo scopo di adeguarsi alle necessità della popolazione, di coprire tutto il territorio o tenere conto delle regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate (67).

81.      Alla luce di tale giurisprudenza, concordo con CNAE e altri e con il governo spagnolo nel ritenere che, ove una misura come quella oggetto del procedimento principale garantisca la presenza di almeno un operatore autorizzato ad esercitare l’attività in ciascuna delle cinque zone del territorio pertinente, essa contribuisce a garantire che gli automobilisti abbiano accesso ai centri di rieducazione in tutto il territorio interessato, anche nelle zone svantaggiate o meno attraenti. Una misura siffatta, pertanto, è idonea a conseguire l’obiettivo perseguito (vale a dire il miglioramento della «sicurezza stradale» facilitando l’accesso ai centri di rieducazione per gli automobilisti che hanno perso punti nella patente di guida).

82.       Ciò premesso, e per quanto riguarda il secondo requisito (ossia la questione se una misura come quella oggetto del procedimento principale vada al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito), devo peraltro ammettere che nutro alcuni dubbi.

83.      Rilevo che, nell’ambito del procedimento principale, infatti, l’intero territorio spagnolo, ad eccezione della Catalogna e dei Paesi Baschi, va suddiviso solamente in cinque zone. In ciascuna di queste cinque zone può esservi un solo prestatore. Nel complesso, ciò significa che un massimo di cinque prestatori può erogare i servizi di cui trattasi.

84.      A mio avviso, si tratta di una restrizione piuttosto significativa del numero di prestatori e, allo stesso tempo, non è chiaro come la divisione del territorio rilevante solamente in cinque (grandi) zone sia il modo meno restrittivo per conseguire un’adeguata distribuzione geografica dei centri di training. Infatti, in assenza di requisiti ulteriori riguardanti, tra l’altro, la distanza geografica minima o massima tra due centri o il numero di centri da gestire, a seconda della dimensione della popolazione, resta perfettamente possibile, a mio avviso, che ciascun concessionario fornisca i servizi in oggetto soltanto nelle parti dell’area assegnatagli che risultano più redditizie, escludendo le parti meno attraenti dell’area stessa.

85.      Dal fascicolo e, in particolare, dalle osservazioni scritte dell’AUDICA, mi risulta che i documenti di gara e il capitolato d’oneri (cahier des charges) contengano effettivamente tali requisiti ulteriori, riguardanti, in particolare, il numero di centri da istituire in ciascuna zona in base alla dimensione della popolazione. A mio avviso, son questi requisiti, più che la suddivisione del territorio interessato in cinque zone e la corrispondente limitazione del numero di prestatori, a impedire agli operatori di concentrare la loro attività esclusivamente in località reputate attraenti, a vantaggio degli abitanti delle medesime aree e a scapito degli abitanti di località meno attraenti, che fanno fronte a un accesso più limitato a tali servizi (68).

86.      Nel complesso, mi sembra che, se il territorio di riferimento fosse suddiviso in un numero maggiore (superiore a cinque) di aree geografiche (più piccole), ciò non solo garantirebbe un accesso sufficiente ai corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale in tutto il territorio interessato, ma, ipso facto, consentirebbe anche a un numero maggiore di concessionari di servizi pubblici di erogare i servizi in questione in tale territorio. Di conseguenza, ritengo che esistano «misure meno restrittive che permettono di conseguire» l’obiettivo di interesse generale perseguito, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera c), della direttiva sui servizi.

87.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che una misura come quella oggetto del procedimento principale non soddisfi il terzo requisito di cui all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi, nella misura in cui essa vada al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

88.      A mio avviso, una siffatta misura dovrebbe quindi essere dichiarata incompatibile con tale disposizione della direttiva sui servizi. Alla luce delle considerazioni che ho esposto al paragrafo 62, ritengo che una simile misura sia esclusa anche dall’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva di cui trattasi.

89.       Raggiunta questa conclusione, occorre sottolineare che, a mio avviso, non è necessario arrivare ad affermare che i servizi in oggetto non dovrebbero essere forniti mediante una concessione di servizio pubblico. Infatti, è possibile, a mio avviso, mantenere l’obbligo di aggiudicazione dei contratti in oggetto mediante concessioni di servizio pubblico come principio fondamentale, pur consentendo a più concessionari di intraprendere l’attività.

90.      In particolare, ritengo che, contrariamente a quanto sostenuto dall’AUDICA, il contesto normativo istituito per la somministrazione dei corsi di cui trattasi non debba essere simile a quello esistente per i corsi finalizzati al conseguimento della patente di guida, che sono soggetti a un regime di autorizzazione ma non a una concessione di servizio pubblico.

91.      A tale proposito, sono favorevole agli argomenti avanzati dal governo spagnolo per spiegare perché le due attività in esame dovrebbero essere trattate in modo diverso. Il governo spagnolo sostiene (a mio avviso, in modo convincente) che i corsi offerti per il conseguimento della patente di guida si differenziano da quelli finalizzati a consentire agli automobilisti di recuperare i punti della patente di guida sotto due profili: in primo luogo, essi non sono rivolti a soggetti che hanno commesso infrazioni stradali e, in secondo luogo, essi si svolgono in vista di un esame gestito direttamente dalle autorità pubbliche competenti, il che significa che le suddette autorità possono in ogni caso esercitare il loro controllo sul rilascio o meno della patente di guida. Non esiste un esame equivalente per il recupero dei punti della patente persi a causa di infrazioni stradali. Per tale motivo è necessario che le autorità pubbliche esercitino un maggiore controllo sull’erogazione dei corsi di cui trattasi.

92.      Aggiungo che, in ogni caso, le modalità con cui due servizi diversi possono essere organizzati all’interno di uno Stato membro riguarda principalmente, a mio avviso, un tema di coerenza della normativa nazionale. La compatibilità di una misura concernente uno solo dei due servizi in oggetto con le condizioni imposte dall’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi non è decisiva.

3.      Criterio specifico applicabile ai SIEG (articolo 15, paragrafo 4)

93.      A titolo di osservazione conclusiva, vorrei spiegare perché ritengo che il fatto che la somministrazione dei corsi di cui trattasi possa essere qualificata come un SIEG, ai sensi dell’articolo 14 e dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE (69) non influisca sulla conclusione che ho appena raggiunto in merito alla compatibilità di una misura come quella oggetto del procedimento principale con l’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva sui servizi.

94.      Su tale punto, ricordo anzitutto che, ai fini della direttiva sui servizi, possono essere considerati SIEG soltanto i servizi la cui fornitura costituisca adempimento di una «specifica missione d’interesse pubblico affidata al prestatore dallo Stato membro interessato» (70). L’onere di dimostrare l’esistenza di tale «specifica missione» incombe agli Stati membri. Infatti, questi ultimi dispongono di un ampio margine di discrezionalità per definire l’ampiezza e l’organizzazione dei loro SIEG prendendo in considerazione, in particolare, obiettivi propri della loro politica nazionale (71).

95.      In secondo luogo, rilevo che, se i giudici nazionali dovessero ritenere che la somministrazione dei corsi in questione costituisca un SIEG, un servizio siffatto potrebbe, di conseguenza, rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva sui servizi (72), con la conseguenza che la compatibilità con il diritto dell’Unione della misura oggetto del procedimento principale dovrebbe essere valutata alla luce della specifica norma contenuta in tale disposizione.

96.       Detta specifica disposizione prevede, in sostanza, che l’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, della direttiva sui servizi si applichi alla legislazione riguardante i SIEG solo in quanto la loro applicazione non osti all’adempimento, in linea di diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata (73).

97.      La Corte ha chiarito che dalla formulazione stessa di tale disposizione risulta che i SIEG non sono automaticamente esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 15 della direttiva sui servizi (74). Tuttavia, la stessa ha inoltre affermato che, qualora si applichi il paragrafo 4 di tale disposizione, i primi tre paragrafi della stessa disposizione devono essere intesi nel senso che non ostano a una misura nazionale che prevede una limitazione nei confronti di un SIEG, se tale restrizione è, da un lato, necessaria all’esercizio della specifica missione in condizioni economicamente redditizie e, dall’altro, proporzionata a tale esercizio (75).

98.      Ritengo che il primo dei due requisiti vada inteso nel senso che le condizioni di cui all’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, della direttiva sui servizi non devono essere applicate qualora ciò impedisca l’adempimento della missione qualificata come SIEG in condizioni economicamente redditizie.

99.      Nel caso di specie, se risultasse acclarato che la fornitura dei corsi in parola costituisce un SIEG, spetterebbe al giudice nazionale effettuare tale valutazione. Ciò premesso, tendo a condividere il punto di vista del governo ceco, secondo cui l’applicazione dell’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, della direttiva sui servizi in casu non osta all’adempimento della specifica missione affidata nell’ambito del procedimento principale.

100. Infatti, come ho indicato al paragrafo 86, ritengo che una suddivisione del territorio rilevante in un numero maggiore di zone (più piccole) rispetto alle cinque aree geografiche esistenti (con il conseguente potenziale aumento del numero di concessionari in tutto il territorio di riferimento) contribuirebbe di fatto a facilitare la fornitura dei servizi in esame nelle zone meno attraenti. Ciò mi porta a concludere che la suddivisione territoriale e la restrizione quantitativa imposte da una misura come quella di cui trattasi nel procedimento principale non è necessaria ai fini dell’adempimento della specifica missione in oggetto in condizioni economicamente redditizie; è vero il contrario.

101. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che la circostanza che l’attività oggetto del procedimento principale possa essere qualificata come un SIEG non debba incidere in alcun modo sull’applicazione al caso di specie dell’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, della direttiva sui servizi.

V.      Conclusione

102. In conclusione, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) come segue:

1.      La direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno

deve essere interpretata nel senso che comprende, a tutti gli effetti, la somministrazione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per gli automobilisti che hanno perso punti della patente di guida a causa di infrazioni stradali.

2.      Gli articoli 15, paragrafi 1, 2, lettera a) e 3, della direttiva 2006/123

devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in base a cui: (i) la somministrazione di tali corsi si configura come concessione di servizio pubblico; (ii) detta prescrizione è subordinata al requisito che un solo operatore può fornire tali corsi in una determinata area geografica e; (iii) il numero complessivo di prestatori non supera il numero di aree geografiche delineate dall’autorità competente, quando tale normativa va al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo della sicurezza stradale. Si tratta di un aspetto la cui determinazione rientra nella competenza del giudice nazionale.

3.      L’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2006/123

deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale in virtù della quale i compiti relativi alla somministrazione di tali corsi si configurano come missioni connesse a un servizio di interesse economico generale, a condizione che la restrizione imposta sia necessaria e proporzionata all’adempimento della medesima missione in condizioni economicamente redditizie. Spetta al giudice nazionale procedere a tale valutazione.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).


3      V. articolo 1, paragrafo 1, e considerando da 5 a 7 della direttiva sui servizi.


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1).


5      BOE n. 283, del 24 novembre 2009.


6      BOE n. 172, del 20 luglio 2005.


7      BOE n. 190, del 10 agosto 2005.


8      L’articolo 14 TFUE stabilisce, in sostanza, che l’Unione europea e gli Stati membri provvedono affinché i SIEG funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i propri compiti.


9      V. sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punti da 148 a 150). V. altresì il considerando 77 della direttiva sui servizi.


10      Il termine «servizio» è definito dalla disposizione in oggetto come «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo [57 TFUE], fornita normalmente dietro retribuzione». L’articolo 57 TFUE indica inoltre che i «servizi» comprendono in particolare le attività di carattere industriale o commerciale, nonché le attività artigiane e delle libere professioni. Per maggiori precisazioni sull’interpretazione di tale termine nell’ambito dell’applicazione della direttiva sui servizi, v. altresì i considerando 33 e 34 della stessa direttiva.


11      Rilevo che, riferendosi principalmente alle disposizioni del capo III (articoli da 9 a 15) della direttiva sui servizi, lo stesso giudice del rinvio sembra ritenere che il caso di specie sia disciplinato dalle norme relative allo stabilimento piuttosto che da quelle relative ai servizi [v., analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:472, paragrafi 21 e 22)].


12      V., a tal riguardo, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 59 e giurisprudenza citata).


13      Ibidem, punto 61 e giurisprudenza citata. V., altresì, sentenza dell’11 giugno 2020, KOB (C‑206/19, EU:C:2020:463, punto 32).


14      A tal riguardo, faccio riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2015:619, paragrafi da 69 a 73). Vorrei inoltre sottolineare che, come ha osservato l’avvocato generale Szpunar nelle sue conclusioni nelle cause riunite Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:122, paragrafo 41), la Corte si è limitata, in almeno due sentenze, a fornire un’interpretazione degli articoli 10, 11 e 15 della direttiva sui servizi e a non pronunciarsi sulle disposizioni del Trattato FUE (v. sentenze del 1° ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, e del 23 dicembre 2015, Hiebler, C‑293/14, EU:C:2015:843).


15      In ogni caso, mi sembra chiaro che, se una misura dovese essere considerata incompatibile con l’articolo 15 della direttiva «servizi», essa sarebbe incompatibile anche con l’articolo 49 TFUE. Ad esempio, i motivi di giustificazione previsti dall’articolo 52 TFUE (per le «restrizioni» poste, in particolare, alla libertà di stabilimento tutelata dall’articolo 49 TFUE) sono tutti elencati come «motivi imperativi d’interesse generale» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, di tale direttiva (letto alla luce dell’articolo 4, paragrafo 8, della stessa).


16      Osservo che, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio fa anche riferimento al fatto che la somministrazione dei corsi in questione può essere un SIEG. Esaminerò tale nozione nella sezione B. Nella presente fase è sufficiente affermare che, anche se la fornitura dei corsi in questione fosse considerata un SIEG, essa rientrerebbe comunque nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi (v., a tale riguardo, il considerando 17, l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 15, paragrafo 4, della suddetta direttiva).


17      A tal riguardo, osservo che, pur essendo esplicitamente esclusi dall’ambito di applicazione ratione materiae di tale direttiva, i «servizi nel settore dei trasporti» non sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE. In effetti, la Corte ha esplicitamente affermato che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento «si applicano direttamente ai trasporti» (v. sentenza del 22 dicembre 2010, Yellow Cab Verkehrsbetrieb, C‑338/09, EU:C:2010:814, punto 33). Di conseguenza, se l’attività di cui trattasi nel procedimento principale dovesse essere considerata un «servizio nel settore dei trasporti», la compatibilità della misura in oggetto dovrebbe essere valutata in rapporto all’articolo 49 TFUE.


18      In tal senso, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi replica di fatto la norma sancita dall’articolo 58, paragrafo 1, TFUE (v., a tal proposito, sentenza del 15 ottobre 2015, Grupo Itevelesa e a., C‑168/14, EU:C:2015:685, punto 44).


19      I «servizi nel settore dei trasporti» seguono invece una serie di norme distinte che sono contenute nel titolo VI del TFUE [v., a tal fine, le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Trijber e Harmsen (C 340/14 et C 341/14, EU:C:2015:505, paragrafo 28)].


20      Ibidem, paragrafo 29.


21      V. sentenze del 15 ottobre 2015, Grupo Itevelesa e a. (C‑168/14, EU:C:2015:685, punto 46), e del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi (C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 41).


22      A tal riguardo, condivido pienamente le conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Grupo Itevelesa e a. (C‑168/14, EU:C:2015:351, paragrafo 28).


23      V. sentenza del 1º ottobre 2015, Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 51).


24      V. considerando 21 della direttiva sui servizi.


25      V., a tal riguardo, parere 2/15 (Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Singapore), del 16 maggio 2017 (EU:C:2017:376, punto 61). V. altresì, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Grupo Itevelesa e a. (C‑168/14, EU:C:2015:351, paragrafo 31).


26      V. considerando 33 della direttiva sui servizi.


27      V. sentenza del 19 dicembre 2019, Dobersberger (C‑16/18, EU:C:2019:1110, punto 26).


28      Rilevo che, ai sensi del considerando 21 della direttiva sui servizi, i «servizi nel settore dei trasporti» includono, ma non sono limitati a, servizi di trasporto come il trasporto urbano, i taxi e le ambulanze nonché i servizi portuali. Tuttavia, a mio avviso non si tratta di una ragione sufficiente per attribuire all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), di tale direttiva un campo di applicazione eccessivamente ampio.


29      C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:505, paragrafi da 36 a 38.


30      Secondo il «Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi» della Commissione, avente carattere non vincolante ma comunque esplicativo, l’esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della medesima direttiva non si estende ai «servizi di scuola guida, ai servizi di trasloco, ai servizi di noleggio di auto, ai servizi di pompe funebri o ai servizi di fotografia aerea», né alle «attività commerciali presso i porti o gli aeroporti, quali negozi o ristoranti» (v. Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2007, pag. 11, disponibile in inglese al seguente indirizzo Internet: https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/a4987fe6-d74b-4f4f-8539-b80297d29715).


31      Spetta naturalmente al giudice nazionale verificare tale conclusione (v. sentenza del 1° ottobre 2015, Trijber e Harmsen, C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 54).


32      V. sentenza del 15 ottobre 2015, C‑168/14, EU:C:2015:685.


33      Ibidem, punti 47 e 50. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che l’attività dei centri di controllo tecnico dei veicoli sia esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi (v. punto 52 della sentenza di cui trattasi).


34      V., al riguardo, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Grupo Itevelesa e a. (C‑168/14, EU:C:2015:351, paragrafo 31).


35      V. sentenza del 15 ottobre 2015, C‑168/14, EU:C:2015:685.


36      Tale conclusione deriva anche dal considerando 57 della direttiva sui servizi, il quale prevede, in sostanza, che le disposizioni di tale direttiva relative ai regimi di autorizzazione (articoli da 9 a 13) non possano applicarsi alle concessioni di servizi pubblici suscettibili, tra l’altro, di rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 2014/23 (v. sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a., C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 45). Al contrario, il considerando 14 della direttiva 2014/23 stabilisce che le «autorizzazioni o licenze» non si configurano come «concessioni» ai sensi di tale direttiva e restano soggette alle norme della direttiva sui servizi.


37      Contrariamente a quanto sostenuto da CNAE e altri in udienza, ritengo che la direttiva 2014/23 e la direttiva sui servizi nel loro insieme non si escludano a vicenda.


38      Al contrario, se i corsi in esame non rientrassero nella direttiva 2014/23, gli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi potrebbero essere applicabili alla situazione di cui trattasi nel procedimento principale, a condizione tuttavia che la misura nazionale in questione possa essere considerata un «regime di autorizzazione» ai sensi di tali disposizioni (v. al riguardo supra, paragrafi da 51 a 55).


39      V. articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2014/23.


40      V. articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23.


41      V., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).


42      V. articolo 54, paragrafo 2, della direttiva 2014/23.


43      Rilevo che tutte le parti e gli interessati nella presente causa sembrano concordare sul fatto che il bando di gara nel procedimento principale è stato pubblicato nel novembre 2014, dopo la data limite del 17 aprile 2014.


44      V. sentenza del 15 ottobre 2009, Hochtief e Linde-Kca-Dresden (C‑138/08, EU:C:2009:627, punto 30).


45      V. considerando 23 della direttiva 2014/23.


46      V. articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2014/23.


47      V., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e a. (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 39).


48      In tal senso, non condivido dunque l’argomento di CNAE e altri, secondo cui il fatto che i corsi in oggetto siano forniti mediante una «concessione» esclude l’applicabilità della direttiva sui servizi.


49      Tale elemento è stato decisivo anche nella sentenza Promoimpresa e altri (C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 41). V. altresì punto 6.1.1 (pag. 24) del «Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi» (menzionato alla nota 30).


50      Per completezza, desidero aggiungere che, qualora né la direttiva 2014/23 né gli articoli da 9 a 13 della direttiva sui servizi si applicassero al caso di specie, le autorità pubbliche sarebbero tenute, a mio avviso, a rispettare le regole fondamentali del Trattato FUE, in generale, e il principio di non discriminazione, in particolare (v. sentenza del 14 luglio 2016, Promoimpresa e altri, C‑458/14 e C‑67/15, EU:C:2016:558, punto 64 e giurisprudenza citata). In altre parole, le condizioni per l’aggiudicazione della concessione pubblica nel procedimento principale dovrebbero essere conformi all’articolo 49 TFUE.


51      V., in particolare, sentenza dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133, punto 23).


52      V., in particolare, sentenza del 22 dicembre 2010, Omalet (C‑245/09, EU:C:2010:808, punto 12 e giurisprudenza citata).


53      V., ad esempio, a sostegno della tesi secondo cui una tale esigenza non sussiste, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:505, paragrafi da 49 a 57).


54      V. sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 110). Lo stesso non vale per la libera circolazione dei servizi (v. punto 102 della sentenza).


55      V., in tal senso, sentenza del 1º ottobre 2015, Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 41). In tale sentenza, il fatto che il giudice del rinvio avesse rilevato, nell’ordinanza di rinvio, che il regime in discussione poteva pregiudicare l’accesso al mercato di tutti i prestatori di servizi, ivi compresi quelli originari di altri Stati membri, è stato ritenuto sufficiente per stabilire che le situazioni oggetto delle questioni pregiudiziali non erano puramente interne.


56      V. sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 53).


57      Ibidem, punto 55 e segg.


58      V. sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 51).


59      V. articolo 15, paragrafo 2, lettera a), e le spiegazioni fornite nel «Manuale per l’attuazione della direttiva sui servizi» (punto 6.3.1, pag. 33) (v. riferimento alla nota 28).


60      V. sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punti 48 e 49).


61      V. sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 131).


62      Secondo CNAE e altri, nell’ambito del procedimento principale il medesimo soggetto ha di fatto ottenuto l’aggiudicazione in relazione a ciascuna delle cinque zone.


63      A mio avviso, è possibile che la misura oggetto del procedimento principale possa essere qualificata anche come un «requisit[o] (...) che riserv[a] l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività» [v. articolo 15, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi], dato che, come sostiene l’AUDICA, l’obiettivo di tale misura è effettivamente la creazione di cinque monopoli (uno per ciascuna zona).


64      V. sentenza del 1º ottobre 2015, Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641, punto 70 e giurisprudenza citata).


65      Ibidem, punto 71.


66      Ibidem, punto 55.


67      V., in tal senso, sentenze del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 70), nonché del 26 settembre 2013, Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591, punti 36 e 37), per quanto riguarda le restrizioni territoriali all’apertura di esercizi di ottica e farmacie. V., altresì, sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punto 60), a proposito di analoghe restrizioni all’esercizio della professione di spazzacamino.


68      V., per analogia, sentenza del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 73).


69      Ai sensi di tale disposizione, i SIEG «sono sottoposti alle norme dei trattati (...) nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata».


70      V. considerando 70 della direttiva sui servizi.


71      Ibidem. Nell’ambito della direttiva sui servizi, tale discrezionalità è stata ribadita dal legislatore dell’Unione all’articolo 1, paragrafo 3, secondo comma, della medesima direttiva, in base a cui la direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto dell’Unione, quali essi ritengano essere SIEG.


72      V., supra, paragrafo 7.


73      V. anche considerando 72 della direttiva sui servizi.


74      V. sentenza del 7 novembre 2018, Commissione/Ungheria (C 171/17, EU:C:2018:881, punto 62).


75      V., in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C 293/14, EU:C:2015:843, punto 73).