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Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione Ampliata)
18 novembre 2004 (1)

«Aiuti concessi dagli Stati – Discipline comunitarie degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente – Impresa siderurgica – Prodotti rientranti nel Trattato CE – Regime di aiuti approvato – Aiuto nuovo – Apertura del procedimento formale – Termini – Diritti della difesa – Legittimo affidamento – Motivazione – Applicabilità delle discipline comunitarie nel tempo – Finalità ambientale dell'investimento»

Nella causa T-176/01,

Ferriere Nord SpA, con sede in Osoppo, rappresentata dagli avv.ti W. Viscardini Donà e G. Donà,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, successivamente dai sigg. I. Braguglia e M. Fiorilli, avvocati dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. V. Kreuschitz e V. Di Bucci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 28 marzo 2001, 2001/829/CE, CECA, relativa all'aiuto di Stato al quale l'Italia intende dare esecuzione in favore di Ferriere Nord SpA (GU L 310, pag. 22), nonché la domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito dell'adozione di tale decisione,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE
(Quarta Sezione Ampliata),



composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili, dai sigg. A. W. H. Meij, M. Vilaras e N. J. Forwood (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell'udienza del 15 gennaio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Contesto normativo

1
L’art. 87 dichiara incompatibili con il mercato comune, salvo deroghe, gli aiuti concessi dagli Stati qualora incidano sugli scambi tra Stati membri e si rivelino anticoncorrenziali favorendo talune imprese o talune produzioni.

2
L’art. 88 CE disciplina la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri per quanto riguarda l’esame dei regimi di aiuti esistenti e di quelli nuovi, autorizzando la Commissione ad agire nel caso di aiuti incompatibili con il mercato comune e determinando i poteri del Consiglio.

3
L’art. 174 CE stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale persegue, fra l’altro, la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente, nonché la protezione della salute umana.

4
L’art. 7 del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] del Trattato CE (GU L 83, pag. 1), relativo alle decisioni della Commissione che concludono il procedimento di indagine formale, stabilisce quanto segue:

«6.    (…) Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura. Questo termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato».

5
L’art. 6 della decisione della Commissione 18 dicembre 1996, n. 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42), vigente sino al 22 luglio 2002, in ordine al procedimento disponeva quanto segue:

«1. Alla Commissione sono comunicati, in tempo utile affinché possa presentare le proprie osservazioni, i progetti diretti ad istituire o a modificare gli aiuti di cui agli articoli da 2 a 5. La Commissione è informata nello stesso modo dei progetti intesi ad applicare al settore siderurgico regimi di aiuti già oggetto di decisione in forza del trattato CE (…)

2. Alla Commissione sono comunicati in tempo utile affinché possa presentare le proprie osservazioni, e comunque entro il 31 dicembre 2001, tutti i progetti di trasferimenti di risorse pubbliche a favore di imprese siderurgiche, sotto forma di assunzioni di partecipazioni, conferimenti di capitale, garanzie su prestiti, indennità o misure analoghe, da parte di Stati membri, autorità regionali o locali o altri organismi.

(…)

5. La Commissione, qualora ritenga che un determinato intervento finanziario possa costituire aiuto di Stato a norma dell’articolo 1 o dubiti circa la compatibilità di un determinato aiuto con le disposizioni della presente decisione, ne informa lo Stato membro interessato, invitando altresì le parti interessate e gli altri Stati membri a presentare osservazioni. Se, dopo aver ricevuto tali osservazioni ed aver dato modo allo Stato membro interessato di pronunciarsi in proposito, conclude che l’intervento in oggetto costituisce un aiuto incompatibile con le disposizioni della presente decisione, la Commissione adotta una decisione entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni necessarie per valutare la misura progettata. Qualora uno Stato membro non si conformi a tale decisione, si applicano le disposizioni dell’articolo 88 del trattato.

6. Se entro due mesi dalla data di ricevimento della notificazione completa del progetto la Commissione non ha avviato il procedimento di cui al paragrafo 5 ovvero non ha reso nota altrimenti la propria posizione, può essere data esecuzione alle misure progettate a condizione che lo Stato membro abbia previamente informato la Commissione della propria intenzione di procedere in tal senso (…)».

6
La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU 1994, C 72, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 1994»), il cui periodo di validità, scaduto il 31 dicembre 1999, è stato prorogato a due riprese, dapprima fino al 30 giugno 2000 (GU 2000, C 14, pag. 8) e poi fino al 31 dicembre 2000 (GU 2000, C 184, pag. 25), era applicabile in tutti i settori disciplinati dal Trattato CE, compresi quelli soggetti a norme comunitarie specifiche in materia di aiuti di Stato (punto 2). Essa indicava, al punto 3, le condizioni di applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato, in particolare per gli aiuti agli investimenti:

«3.2.1. Possono essere autorizzati, nei limiti stabiliti dalla presente disciplina, gli aiuti agli investimenti in terreni (se strettamente necessari per conseguire taluni obiettivi di tutela ambientale), edifici, impianti e beni strumentali destinati a ridurre o ad eliminare l’inquinamento e le nocività ambientali ovvero ad adeguare i metodi di produzione ai fini della salvaguardia dell’ambiente. I costi ammissibili devono limitarsi strettamente ai costi d’investimento aggiuntivi necessari per conseguire gli obiettivi di protezione ambientale. Sono esclusi i costi degli investimenti di carattere generale non ascrivibili alla tutela dell’ambiente. Pertanto, quando vengono costruiti nuovi impianti o vengono sostituiti quelli esistenti, non saranno ritenute ammissibili le spese di investimento sostenute unicamente per creare o sostituire la capacità produttiva senza migliorarne la compatibilità ambientale (…). In ogni caso, gli aiuti che apparentemente sono destinati a misure di protezione ambientale ma che, in realtà, sono destinati agli investimenti in generale sono esclusi dalla presente disciplina (…)».

7
Il punto 3 della disciplina del 1994 prevedeva anche le condizioni particolari di autorizzazione degli aiuti destinati ad agevolare l’adeguamento delle imprese alle nuove norme obbligatorie o a incoraggiare le imprese ad osservare livelli di protezione più elevati rispetto a quelli stabiliti dalle norme obbligatorie, nonché le condizioni per la concessione in assenza di norme obbligatorie.

8
La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU 2001, C 37, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina del 2001»), che ha sostituito la disciplina del 1994, al punto 7 prevede che essa si applichi agli aiuti per la tutela dell’ambiente in qualsiasi settore contemplato dal Trattato CE, compresi quelli soggetti a norme comunitarie specifiche in materia di aiuti di Stato.

9
Per quanto riguarda il riferimento a norme ambientali, i punti 20 e 21 della disciplina del 2001 indicano che il recepimento durevole delle esigenze ambientali presuppone la veridicità dei prezzi e l’internalizzazione totale dei costi connessi alla difesa dell’ambiente, cosicché la Commissione reputa che la concessione di aiuti non sia più giustificata nel caso di investimenti destinati semplicemente a conformare gli impianti a norme tecniche comunitarie nuove o già vigenti, salvo a favore delle piccole e medie imprese (PMI) per consentire loro di conformarsi a nuove norme comunitarie, e che ciò può rivelarsi utile anche per incentivare le imprese a conseguire un livello di tutela più elevato di quello richiesto dalle norme comunitarie.

10
Quanto agli investimenti presi in considerazione, al punto 36 (prima fase) della disciplina del 2001 si afferma quanto segue:

«Gli investimenti interessati sono quelli realizzati in terreni, sempreché siano rigorosamente necessari per soddisfare obiettivi ambientali, nonché in fabbricati, impianti e attrezzature destinati a ridurre o ad eliminare l’inquinamento e i fattori inquinanti o ad adattare i metodi di produzione in modo da proteggere l’ambiente».

11
Per quanto riguarda i costi ammissibili, il punto 37, nei suoi primi tre commi, precisa quanto segue:

«I costi ammissibili sono rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari (“sovraccosti”) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale.

Questo principio comporta alcuni corollari: quando il costo dell’investimento per la tutela ambientale non è facilmente isolabile dal costo totale, la Commissione si avvarrà di metodi di calcolo oggettivi e trasparenti, fondandosi per esempio sul costo di un investimento che sia analogo sotto il profilo tecnico, ma che non consenta di raggiungere lo stesso grado di tutela ambientale.

In ogni caso, i costi ammissibili devono essere calcolati al netto dei vantaggi apportati dall’eventuale aumento di capacità, risparmi di spesa ottenuti nei primi cinque anni di vita dell’impianto e delle produzioni accessorie aggiuntive realizzate nell’arco dello stesso periodo quinquennale».

12
La disciplina del 2001 prevede che essa si applica dal momento della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (punto 81), avvenuta il 3 febbraio 2001. Inoltre, al punto 82, precisa che:

«La Commissione applicherà le disposizioni della presente disciplina a tutti i progetti di aiuto notificati sui quali essa deciderà dopo la pubblicazione della disciplina nella Gazzetta ufficiale, anche qualora i progetti siano stati notificati prima della pubblicazione (…)».


Fatti all’origine della controversia

13
Nel 1978 la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha adottato provvedimenti volti a favorire le iniziative delle industrie per la tutela dell’ambiente. Il regime in esame, che risulta dall’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, è stato modificato dall’art. 7 della legge regionale 8 aprile 1982, n. 23, e poi dall’art. 34 della legge regionale 20 gennaio 1992, n. 2. È stato approvato dalla Commissione [lettera SG (92) D/18803 del 22 dicembre 1992] e definitivamente adottato con legge regionale 3 febbraio 1993, n. 3. L’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come da ultimo modificato dalla legge regionale 3 febbraio 1993, n. 3, stabilisce quanto segue:

«L’Amministrazione regionale è autorizzata a concedere alle imprese industriali, in attività da almeno due anni, che intendono attivare o modificare processi ed impianti produttivi al fine di ridurre la quantità o la pericolosità dei reflui, rifiuti ed emissioni prodotti o l’inquinamento acustico o di migliorare qualitativamente l’ambiente di lavoro, conformemente a nuovi standards stabiliti dalla legislazione di settore, contributi fino al 20 per cento in equivalente sovvenzione lorda della spesa riconosciuta ammissibile».

14
Nel 1998 la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha adottato nuovi crediti per alimentare il regime di aiuto approvato dalla Commissione nel 1992. L’art. 27, lett. c), punto 16, della legge regionale 12 febbraio 1998, n. 3, sul rifinanziamento della legge regionale 20 gennaio 1992, n. 2, prevedeva stanziamenti per un importo di 4 500 milioni di lire italiane (ITL) annui per il periodo 1998‑2000. Tale misura di finanziamento è stata approvata con decisione della Commissione 18 settembre 1998, SG (98) D/7785.

15
La Ferriere Nord SpA (in prosieguo: la «Ferriere») è un’impresa del settore dell’industria siderurgica, meccanica e metallurgica con sede in Osoppo, nella Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia. Essa fabbrica prodotti siderurgici dei quali alcuni rientrano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA e altri nell’ambito di applicazione del Trattato CE. L’impresa, che è uno dei principali produttori europei di reti elettrosaldate, nel 1999 ha realizzato un volume d’affari di EUR 210 800 000, di cui l’84% in Italia, l’11% nell’Unione europea e il 5% nel resto del mondo.

16
Con lettera 26 marzo 1997, la Ferriere ha chiesto alla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia un contributo finanziario, ai sensi dell’art. 15 della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata, per la realizzazione di un nuovo impianto per la produzione di reti metalliche elettrosaldate, tecnologicamente innovativo, idoneo a ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico e a migliorare l’ambiente di lavoro. L’investimento totale ammontava a ITL 20 miliardi.

17
Con decreto regionale 8 ottobre 1998, la Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia ha deciso di concedere alla Ferriere un contributo pari al 15% della spesa ammissibile, vale a dire ITL 1 650 000 000 (EUR 852 154).

18
Con lettera datata 18 febbraio 1999, ricevuta dalla Direzione generale «Concorrenza» della Commissione il 25 febbraio, le autorità italiane hanno notificato a quest’ultima, nell’ambito della procedura di notificazione sistematica dei progetti di trasferimenti di risorse pubbliche a favore di imprese siderurgiche ai sensi dell’art. 6, nn. 1 e 2, della decisione n. 2496/96, la loro intenzione di concedere all’impresa siderurgica Ferriere aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, in applicazione della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata.

19
La notificazione riguardava aiuti all’investimento in impianti di colata continua e in una nuova linea di laminazione per la produzione di reti in acciaio elettrosaldate. L’erogazione dell’aiuto riguardante tale secondo investimento è stato sospeso dalle autorità italiane per evitare le difficoltà derivanti da un eventuale rimborso in caso di decisione comunitaria che dichiarasse l’aiuto incompatibile.

20
Con lettera del 3 giugno 1999, la Commissione ha informato la Repubblica italiana della sua intenzione di avviare la procedura prevista all’art. 6, n. 5, della decisione n. 2496/96 in relazione all’aiuto C 35/99 – Italia – Ferriere Nord (GU 1999, C 288, pag. 39).

21
Le autorità italiane, con lettera del 3 agosto 1999 della Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia alla rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione europea, hanno comunicato alla Commissione che l’investimento riguardante la linea di laminazione rientrava nell’ambito di applicazione del Trattato CE, poiché le reti in acciaio elettrosaldate fabbricate con tale impianto non erano da qualificare come un prodotto CECA, che esso era conforme a obiettivi di tutela della salute e dell’ambiente e che la misura rientrava nell’ambito del punto 3.2.1 della disciplina del 1994.

22
Anche la Ferriere e la European Independent Steelworks Association (EISA), con lettere rispettivamente del 5 e 4 novembre 1999, facevano valere che il contesto giuridico pertinente per esaminare la misura di aiuto era quello del Trattato CE.

23
Con lettera del 25 luglio 2000, le autorità italiane hanno dichiarato alla Commissione di ritirare, su domanda della Ferriere, la parte della notificazione relativa all’investimento CECA per gli impianti di colata continua e confermavano la parte della notificazione relativa agli investimenti per la linea di laminazione, che riguardava prodotti siderurgici fuori dell’ambito CECA, chiedendo alla Commissione di pronunciarsi, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, sulla compatibilità del progetto con il mercato comune.

24
Con lettera del 14 agosto 2000, la Commissione ha notificato alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento previsto all’art. 88, n. 2, CE, nei confronti dell’aiuto C 45/00 – Italia – Ferriere Nord SpA – Aiuto agli investimenti in una nuova linea di laminazione per la produzione di reti elettrosaldate (GU 2000, C 315, pag. 4). In tale decisione, la Commissione osservava, in particolare, che poiché la Ferriere era un’impresa che non disponeva di una contabilità separata per le sue attività a seconda che rientrassero nel Trattato CECA o nel Trattato CE, essa doveva assicurarsi che l’aiuto non venisse destinato alle attività CECA.

25
La Ferriere ha presentato le sue osservazioni con lettera del 13 novembre 2000, in cui sottolineava la separazione fra le sue attività CECA e le sue attività CE e faceva valere l’importanza dell’obiettivo ambientale del suo investimento, facendo presente che l’aiuto rientrava nella disciplina approvata nel 1992 ed era conforme al punto 3.2.1 della disciplina del 1994.

26
Con lettera alla Commissione del 4 dicembre 2000, la UK Iron and Steel Association osservava che l’aiuto doveva essere esaminato con riferimento alle disposizioni CECA e che l’investimento progettato aveva una finalità manifestamente economica.

27
In una lettera datata 15 febbraio 2001, la Repubblica italiana ha riaffermato che l’aiuto doveva essere valutato con riferimento al Trattato CE.

28
Il 28 marzo 2001 la Commissione ha adottato la decisione 2001/829/CE, CECA, relativa all’aiuto di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore di Ferriere Nord SpA (GU L 310, pag. 22; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

29
Nella decisione impugnata la Commissione affermava che le reti saldate, che sarebbero state prodotte in un’unità distinta dell’impresa mediante la nuova linea di laminazione, non erano un prodotto CECA e che l’aiuto doveva di conseguenza essere valutato con riferimento alle disposizioni del Trattato CE. Essa osservava che il contributo finanziario previsto costituiva un aiuto di Stato.

30
La Commissione sosteneva che l’investimento, destinato a migliorare la competitività dell’impresa e a sostituire un vecchio impianto, era motivato essenzialmente da ragioni economiche, che sarebbe stato realizzato in ogni caso e non giustificava quindi la concessione di un aiuto a titolo di tutela dell’ambiente. I suoi effetti positivi, dal punto di vista della tutela ambientale e delle condizioni di lavoro, sarebbero stati intrinseci ad un nuovo impianto. La Commissione osservava che, in assenza di norme ambientali obbligatorie che imponessero la costruzione della nuova linea di laminazione, l’aiuto non poteva essere considerato un’applicazione individuale di un regime già approvato. Infine, sosteneva che, anche supponendo che lo scopo ambientale fosse preponderante, non sembrava possibile distinguere, nell’ambito del costo totale dell’investimento, la parte relativa alla tutela ambientale, come richiesto dalla disciplina del 2001.

31
Conseguentemente, la Commissione ha dichiarato che l’aiuto era incompatibile con il mercato comune e che non si poteva procedere a darvi esecuzione. Ha ingiunto alla Repubblica italiana di conformarsi a tale decisione e ha chiuso il procedimento avviato in relazione all’aiuto C 35/99 – Italia – Ferriere Nord (v. precedente punto 20).


Procedimento

32
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2001, la Ferriere ha proposto il presente ricorso sulla base degli artt. 230, quarto comma, CE, 235 CE e 288, secondo comma, CE.

33
Il 22 novembre 2001 la Repubblica italiana ha chiesto di essere ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Con ordinanza 14 gennaio 2002 il presidente della Prima Sezione ampliata ha ammesso l’intervento.

34
Con decisione del Tribunale 2 luglio 2003 (GU C 184, pag. 32), il giudice relatore è stato assegnato, per il periodo dal 1º ottobre 2003 al 31 agosto 2004, alla Quarta Sezione ampliata, alla quale, di conseguenza, è stata assegnata la causa.

35
Con una misura di organizzazione del procedimento, notificata alle parti il 28 ottobre 2003, il Tribunale ha chiesto alla Commissione e alla Repubblica italiana di produrre documenti legislativi e amministrativi relativi al regime di aiuto approvato nel 1992 e di specificare se successivamente vi fossero state apportate modifiche. Ha chiesto inoltre alla ricorrente di indicare gli elementi che, a suo avviso, consentivano di identificare il costo dell’investimento legato alla protezione dell’ambiente.

36
Con lettere del 26 novembre 2003 le parti hanno ottemperato alle richieste del Tribunale.

37
All’udienza del 15 gennaio 2004 sono state sentite le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale.


Conclusioni delle parti

38
La Ferriere chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata:

condannare la Commissione al risarcimento del danno causatole da tale decisione con gli interessi al tasso legale applicabile in Italia e la rivalutazione monetaria, calcolati sull’importo dell’aiuto a decorrere dal 26 aprile 1999;

condannare la Commissione alle spese.

39
La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

40
La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


Sulla legittimità della decisione impugnata

41
A sostegno del proprio ricorso, la Ferriere deduce motivi procedurali e motivi di merito.

Sul procedimento

42
La ricorrente sviluppa sei motivi attinenti al procedimento: la Commissione non avrebbe potuto legittimamente avviare il procedimento d’indagine formale dell’aiuto, non avrebbe rispettato i termini procedurali, avrebbe violato i diritti della difesa, il principio di tutela del legittimo affidamento, il principio di buona amministrazione e l’obbligo di motivazione della decisione.

Sul primo motivo procedurale, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe potuto legittimamente avviare il procedimento formale di esame dell’aiuto

    Argomenti delle parti

43
La Ferriere sostiene che la Commissione ha illegittimamente dato avvio al procedimento di indagine formale, la prima volta il 3 giugno 1999 e la seconda volta il 14 agosto 2000, giacché l’aiuto controverso costituirebbe una misura di applicazione del regime autorizzato. La Commissione avrebbe dovuto chiudere il caso, notificato per errore, dopo aver constatato la sua conformità al regime approvato. L’apertura del procedimento d’indagine formale nelle circostanze del caso di specie, quindi, costituirebbe una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto.

44
La Repubblica italiana, che deduce uno sviamento di potere, sostiene che la Commissione avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto della notificazione senza esaminarla come aiuto individuale.

45
La Commissione sostiene di essere stata legittimata ad aprire il procedimento di indagine formale. Essa, da una parte, fa valere che le autorità italiane hanno notificato l’aiuto su domanda della Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, ritenendo che l’aiuto non fosse coperto dal regime approvato, che nella seconda notificazione del 25 luglio 2000 il governo italiano le chiedeva di prendere posizione su un progetto di aiuto nuovo ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE e che, poiché non veniva in alcun modo affermato che l’aiuto fosse già coperto dal regime approvato, essa non aveva alcuna ragione di procedere ad altre indagini. D’altra parte, le autorità italiane, fin dalla notificazione dell’aiuto, avrebbero osservato che non esistevano norme obbligatorie, contrariamente a quanto richiesto dal regime approvato. La Commissione aggiunge che, una volta accertato, in seguito a verifica, che il progetto di aiuto non era coperto da un regime esistente, lo ha esaminato alla luce della normativa in vigore.

    Giudizio del Tribunale

46
È pacifico che il 3 giugno 1999 e il 14 agosto 2000 sono state notificate alle autorità italiane due decisioni di avvio del procedimento formale.

47
Dalla lettera della Commissione del 22 dicembre 1992, menzionata al precedente punto 13, che approva il regime di aiuto a favore della tutela dell’ambiente progettato dalla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, risulta che la Commissione si era pronunciata nell’ambito delle disposizioni del Trattato CE a titolo delle quali il regime controverso le era stato notificato dalle autorità italiane il 23 gennaio dello stesso anno, e non già nell’ambito del Trattato CECA.

48
Inoltre, in conformità delle prescrizioni dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 2496/96, che prevedono che la Commissione sia informata in relazione ai progetti di aiuto sui quali si è già pronunciata sulla base del Trattato CE, il 18 febbraio 1999 le autorità italiane hanno notificato il progetto di aiuto a favore della tutela dell’ambiente che avevano l’intenzione di concedere alla ricorrente. In tale notificazione si specifica che l’aiuto è stato concesso in applicazione della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, come modificata dalla legge regionale 2 gennaio 1992, n. 2, «a suo tempo notificata alla C.E. con esito positivo»; tale precisazione è irrilevante, poiché l’approvazione era avvenuta nell’ambito del Trattato CE e le citate disposizioni della decisione n. 2496/96 obbligavano lo Stato membro, in tali casi, a notificare un progetto di aiuto rientrante nell’ambito di applicazione del Trattato CECA.

49
La Commissione, dubitando della compatibilità del progetto sottopostole con le disposizioni della decisione n. 2496/96 relativa agli aiuti alla siderurgia, era legittimata, in applicazione dell’art. 6, n. 5, di tale decisione, già citato al precedente punto 5, ad avviare il procedimento formale come avvenuto il 3 giugno 1999.

50
Pertanto, la tesi della Ferriere, secondo cui la prima apertura del procedimento formale da parte della Commissione sarebbe stata illegittima, non è fondata.

51
Quanto alla seconda apertura del procedimento formale, si deve ricordare che la Commissione, quando si occupa di un aiuto individuale che si sostiene essere stato concesso in base a un regime già autorizzato, non può procedere immediatamente ad esaminarlo in base al Trattato. Essa deve stabilire, prima dell’inizio di qualsiasi procedimento, se l’aiuto rientri nel regime generale e soddisfi le condizioni fissate dalla decisione di approvazione dello stesso. Se non procedesse in tal modo, la Commissione potrebbe modificare, in occasione dell’esame di ciascun aiuto individuale, la sua decisione di approvazione del regime di aiuti, la quale presupponeva già un esame alla luce dell’art. 87 CE, mettendo così a repentaglio i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento. Un aiuto che costituisce l’applicazione rigorosa e prevedibile delle condizioni stabilite nella decisione d’approvazione del regime generale approvato è pertanto ritenuto un aiuto esistente, che non deve essere notificato alla Commissione né esaminato alla luce dell’art. 87 CE (sentenza della Corte 16 maggio 2002, causa C‑321/99 P, ARAP e a./Commissione, Racc. pag. I‑4287, punto 83, e giurisprudenza ivi citata).

52
Nel caso di specie, quando, il 25 luglio 2000, le autorità italiane hanno ritirato una parte della prima notificazione, confermandone invece la parte sull’aiuto relativo alla linea di laminazione, come già esposto al precedente punto 23, hanno esplicitamente chiesto alla Commissione di prendere posizione sulla compatibilità del progetto di aiuto con il mercato comune in applicazione dell’art. 88, n. 3, CE, che riguarda gli aiuti nuovi, e non nell’ambito della cooperazione permanente tra la Commissione e gli Stati membri istituita dall’art. 88, n. 1, CE, che riguarda gli aiuti esistenti.

53
Inoltre, sebbene la lettera della Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia del 15 febbraio 1999, allegata alla notificazione del 18 febbraio 1999, che rimaneva valida per la parte della notificazione mantenuta, contenesse un riferimento al regime approvato, le autorità italiane non sostenevano che l’aiuto relativo all’investimento della Ferriere costituisse una misura di applicazione di tale regime. In secondo luogo e ad abundantiam, mentre il regime approvato, citato al precedente punto 13, riguarda gli investimenti che apportano miglioramenti dal punto di vista della tutela ambientale o delle condizioni di lavoro «conformemente a nuovi standards stabiliti dalla legislazione di settore», la detta lettera precisava che la Ferriere non era assoggettata a norme obbligatorie o ad altri obblighi giuridici, il che consentiva di dubitare, prima facie, della corrispondenza fra il progetto notificato e il regime approvato.

54
Date tali circostanze, stante l’ambiguità della lettera del 15 febbraio 1999 e il fatto che le autorità italiane non hanno sostenuto, in occasione della seconda notificazione, che il provvedimento di aiuto concesso alla Ferriere costituisse una misura di applicazione del regime approvato mentre queste stesse autorità hanno, per due volte, assunto l’iniziativa di sottoporre alla Commissione il progetto di aiuto controverso, notificandolo la seconda volta sul fondamento dell’art. 88, n. 3, CE, come aiuto nuovo sulla compatibilità del quale nella lettera del 25 luglio 2000 chiedevano esplicitamente alla Commissione di prendere posizione, non risulta che la Commissione abbia proceduto illegittimamente nel dare avvio per la seconda volta al procedimento formale.

55
Il riferimento effettuato dalla Ferriere e dalla Repubblica italiana alle cause denominate «Italgrani» e «Tirrenia», precedentemente esaminate dalla Corte (sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C‑47/91, Italia/Commissione, detta «Italgrani», Racc. pag. I‑4635, e 9 ottobre 2001, causa C‑400/99, Italia/Commissione, detta «Tirrenia», Racc. pag. I‑7303), non è pertinente. In tali cause la Commissione aveva dato avvio al procedimento formale a seguito di denunce e il governo italiano sosteneva che gli aiuti concessi alle imprese interessate rientravano, nel caso di Italgrani, nell’ambito di un regime approvato e, nel caso di Tirrenia, nell’ambito di un contratto di servizio pubblico, cosicché si trattava di aiuti esistenti (sentenze Italgrani, cit., punti 6 e 12, e Tirrenia, cit., punti 8, 24 e 25). Nella sentenza Italgrani la Corte ha precisato che, se la Commissione avesse rimesso in discussione «aiuti individuali rigorosamente conformi alla decisione di approvazione», si sarebbero messi a repentaglio i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto (sentenza Italgrani, cit., punto 24).

56
Il ragionamento seguito dalla Corte non sembra poter essere trasposto nel caso di specie, che riguarda un aiuto individuale notificato alla Commissione come aiuto nuovo in applicazione dell’art. 88, n. 3, CE.

57
Da quanto sopra esposto risulta che la Ferriere non è legittimata a sostenere che il procedimento formale sia stato illegittimamente aperto e che vi sia stata violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto. Conseguentemente, il primo motivo dev’essere respinto.

Sul secondo motivo procedurale, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe rispettato i termini procedurali

    Argomenti delle parti

58
La Ferriere sostiene che la Commissione ha oltrepassato i termini procedurali previsti in materia di aiuti di Stato sotto due profili. Da un lato, la Commissione avrebbe dato inizio al procedimento formale il 3 giugno 1999, più di tre mesi dopo la notificazione, quando, secondo i testi e la giurisprudenza, avrebbe dovuto prendere una decisione entro due mesi dalla notificazione di un aiuto. Dall’altro, la Commissione non avrebbe osservato il termine di 18 mesi impartitole dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/99 per prendere una decisione dopo l’avvio di un procedimento formale, essendo trascorsi 20 mesi prima che la decisione impugnata fosse adottata. La Ferriere aggiunge che il termine di 18 mesi, sebbene non imperativo, può essere prorogato solo di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.

59
La Repubblica italiana sostiene che il ritardo con cui è stata adottata la decisione impugnata costituisce una violazione dell’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 e afferma di non aver accordato una proroga del termine per la chiusura del procedimento formale. L’interveniente sostiene, inoltre, che la Commissione ha violato il principio di leale collaborazione dichiarando chiuso, all’art. 3 della decisione impugnata, il procedimento aperto nell’ambito del Trattato CECA a seguito della notificazione del 18 febbraio 1999.

60
La Commissione sostiene che il motivo relativo alla durata eccessiva del procedimento è infondato. Per quanto riguarda l’apertura del procedimento formale, fa osservare che la notificazione iniziale è stata effettuata sulla base di norme che si sono rivelate non pertinenti, per cui essa non poteva essere costretta a reagire entro il termine di due mesi normalmente applicabile, e che le autorità italiane non l’avevano messa a conoscenza della loro intenzione di dare attuazione all’aiuto. Per quanto riguarda la durata del procedimento di indagine formale, la Commissione fa valere che il termine di 18 mesi di cui all’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 non è imperativo. Inoltre, poiché la decisione impugnata del 28 marzo 2001 è basata sulla seconda decisione di apertura del procedimento formale, che è del 14 agosto 2001, la reale durata del procedimento sarebbe stata di 7 mesi e mezzo.

    Giudizio del Tribunale

61
Per quanto riguarda la prima decisione di apertura del procedimento formale, si deve osservare che le disposizioni pertinenti, nel caso di una notificazione effettuata nell’ambito del Trattato CECA, sono quelle che figurano all’art. 6, n. 6, della decisione n. 2496/96 e non, come indicato a torto dalle parti, quelle dell’art. 4, n. 5, del regolamento n. 659/1999, che si applicano alla seconda notificazione.

62
L’art. 6, n. 6, della decisione n. 2496/96 fa menzione di un termine di due mesi, scaduto il quale, qualora non sia stato avviato un procedimento formale, può essere data esecuzione alle misure progettate a condizione che lo Stato membro abbia previamente informato la Commissione della sua intenzione di procedere in tal senso. Tale disposizione non impone alla Commissione un termine a pena di nullità, ma, conformemente al principio di buona amministrazione, la invita ad agire con diligenza e consente allo Stato membro interessato di dare esecuzione ai provvedimenti d’aiuto una volta trascorso il termine di due mesi, purché ne abbia previamente informato la Commissione (sentenze della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz, Racc. pag. 1471, punto 6, e 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 11).

63
Orbene, è pacifico che le autorità italiane non hanno informato la Commissione della loro intenzione di versare l’aiuto controverso. L’interveniente non può sostenere di non aver accordato «proroghe» del termine alla Commissione, dal momento che tale meccanismo non è previsto dall’art. 6, n. 6, della decisione n. 2496/96. Inoltre, benché la Commissione, che aveva ricevuto la notificazione il 25 febbraio 1999, abbia dato avvio al procedimento formale solo il 3 giugno 1999, vale a dire 3 mesi e 9 giorni più tardi, tale termine, nel corso del quale le autorità italiane non si sono manifestate presso la Commissione secondo le modalità previste dalla citata disposizione, nelle circostanze del caso di specie non appare eccessivo. In ogni caso, dai termini dell’art. 6, n. 6, della decisione n. 2496/96 non risulta che un procedimento formale avviato più di due mesi dopo la notificazione sia per ciò stesso viziato da nullità.

64
Conseguentemente, la tesi della Ferriere secondo cui la decisione impugnata è illegittima a causa del tardivo avvio del procedimento formale non è fondata.

65
Per quanto riguarda il tempo impiegato dalla Commissione per l’adozione della decisione impugnata, l’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, citato al precedente punto 4, applicabile al provvedimento di aiuto controverso, prevede che la Commissione si adoperi per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio del procedimento, termine che può essere prorogato di comune accordo dalla Commissione e dallo Stato membro interessato.

66
Tale termine si applica, nella fattispecie, al procedimento che ha fatto seguito alla seconda notificazione, effettuata ai sensi del Trattato CE, e non al procedimento che ha fatto seguito alla prima notificazione effettuata ai sensi del Trattato CECA, come sostenuto dalla ricorrente.

67
È vero che la decisione impugnata riguarda i due Trattati, fa menzione della prima notificazione, effettuata il 25 febbraio 1999, ai sensi del Trattato CECA, e all’art. 3 dichiara chiuso il procedimento avviato a seguito di tale notificazione. La prima notificazione, però, è stata ritirata il 25 luglio 2000 dalla seconda notificazione per quanto riguarda i progetti di aiuto CECA da essa menzionati. Sostituendosi alla precedente, questa seconda notificazione ha confermato la richiesta di esame da parte della Commissione del progetto di aiuto controverso, ricollegandolo questa volta al Trattato CE. A tale proposito, le autorità italiane hanno spiegato all’udienza i problemi di qualifica posti dagli interventi a favore di imprese siderurgiche che, come la ricorrente, operano nell’ambito di entrambi i Trattati. Del resto, la stima del tempo trascorso a partire dalla prima decisione di apertura del procedimento formale del 3 giugno 1999 dovrebbe avvenire in relazione alla decisione n. 2496/96. Ebbene, quest’ultima non fissa termini entro i quali debba essere adottata una decisione dopo l’apertura di un procedimento formale.

68
Conseguentemente, è a partire dalla decisione di apertura del procedimento formale del 14 agosto 2000, che ha fatto seguito alla seconda notificazione del progetto di aiuto, fondata sul Trattato CE, che si deve valutare la durata di tale procedimento, il tutto con riferimento a quanto prescritto dal regolamento n. 659/1999.

69
Poiché la Commissione ha adottato la decisione impugnata il 28 marzo 2001, vale a dire entro un termine di 7 mesi e 14 giorni dopo l’apertura del procedimento formale, il termine di 18 mesi di cui al precedente punto 65, che è indicativo e prorogabile, è stato rispettato. La ricorrente, quindi, non può legittimamente sostenere che la Commissione abbia superato i termini previsti per l’adozione della decisione impugnata. In ogni caso, supponendo di prendere in considerazione la data della prima decisione di apertura del procedimento formale, cioè il 3 giugno 1999, la durata del procedimento sarebbe leggermente inferiore a 22 mesi, il che non rappresenterebbe un superamento irragionevole del termine indicativo di 18 mesi di cui sopra (sentenza del Tribunale 27 novembre 2003, causa T‑190/00, Regione Siciliana/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 139).

70
Né risulta che la Commissione sia venuta meno al suo dovere di leale cooperazione con la Repubblica italiana, nelle circostanze del caso di specie caratterizzate dall’ambivalenza dell’attività dell’impresa e dall’unicità della sua contabilità, dall’invio di due notifiche successive, dapprima ai sensi del Trattato CECA poi del Trattato CE, e dall’obbligo della Commissione di controllare la natura esatta – CECA o CE – dell’attività beneficiaria. L’art. 3 della decisione impugnata, che dichiara chiuso il procedimento aperto a seguito della notificazione effettuata nell’ambito del Trattato CECA, si limita, in tale contesto, a trarre la conclusione formale necessaria del procedimento iniziato il 3 giugno 1999.

71
Da quanto sopra esposto risulta che la Ferriere non è legittimata a sostenere che la Commissione abbia violato i termini procedurali. Conseguentemente, il secondo motivo dev’essere respinto.

Sul terzo motivo procedurale, relativo alla violazione dei diritti della difesa

    Argomenti delle parti

72
La Ferriere sostiene che la Commissione ha violato i diritti della difesa nell’applicare le diverse discipline sugli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente. Infatti, pur avendo dato avvio al procedimento formale sotto la vigenza della disciplina del 1994, avrebbe adottato la decisione impugnata sul fondamento della disciplina del 2001, senza invitare la Repubblica italiana e gli interessati a presentare le loro osservazioni in relazione alla nuova disciplina.

73
La Commissione fa valere che nella procedura di esame degli aiuti di Stato il solo titolare dei diritti della difesa è lo Stato membro, destinatario delle decisioni. La convenuta aggiunge che la ricorrente è stata informata dell’apertura dei procedimenti formali di esame, che questa ha presentato a due riprese osservazioni di cui è stato tenuto conto e che avrebbe potuto presentare nuove osservazioni dopo la pubblicazione della disciplina del 2001. Inoltre, i criteri di valutazione sarebbero rimasti sostanzialmente immutati con la nuova disciplina.

    Giudizio del Tribunale

74
Occorre far presente, innanzitutto, che il motivo sviluppato dalla Ferriere deve essere esaminato non già dal punto di vista dei diritti della difesa, di cui solo gli Stati sono titolari in materia di aiuti di Stato, bensì in considerazione del diritto di cui dispongono, in virtù dell’art. 88, n. 2, CE, gli «interessati» di presentare osservazioni durante la fase di esame prevista da tale disposizione (sentenza del Tribunale 6 marzo 2003, cause riunite T‑228/99 e T‑233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, Racc. pag. II‑435, punti 122‑125).

75
È pacifico che quando la disciplina del 2001 è stata pubblicata gli interessati avevano già presentato le loro osservazioni riferendosi alla disciplina del 1994. Dalla disciplina del 2001, in particolare dall’introduzione, risulta che essa si situa in una linea di continuità con quella del 1994 e definisce la nuova impostazione della Commissione alla luce degli sviluppi sul piano nazionale e internazionale dei concetti, delle normative e delle politiche sulla tutela dell’ambiente. Ora, ammesso che la Commissione, come essa stessa ritiene, abbia potuto legittimamente applicare la nuova disciplina all’atto dell’adozione della decisione impugnata, questione che sarà esaminata ai successivi punti 134‑140, essa non avrebbe potuto, senza violare i diritti procedurali degli interessati, basare la propria decisione su principi nuovi, introdotti dalla disciplina del 2001, senza chiedere agli interessati le loro osservazioni in proposito.

76
Dalla decisione impugnata risulta che la Commissione ha dichiarato incompatibile l’aiuto per due ordini di motivi, vale a dire che la ragione principale dell’investimento era di ordine economico (‘considerando’ 31), poiché i vantaggi sul piano ambientale rappresentavano conseguenze marginali di tale investimento (‘considerando’ 33), e che i costi di investimento supplementari per l’ambiente non potevano essere isolati (‘considerando’ 32).

77
I principi stabiliti dalle due discipline riguardo a detti motivi sono in sostanza identici, come ha indicato la Commissione al ‘considerando’ 31 (nota a piè di pagina n. 3) della decisione impugnata. Sia la disciplina del 2001 che quella del 1994 prevedono come costi ammissibili gli investimenti il cui obiettivo sia la tutela ambientale (punto 3.2.1 della disciplina del 1994 e punto 36 della disciplina del 2001, citati rispettivamente ai precedenti punti 6 e 10) e la disciplina del 1994 esclude esplicitamente l’attribuzione di aiuti apparentemente destinati a misure di protezione ambientale, ma che, in realtà, sono destinati a un investimento di natura generale. Entrambe le discipline, peraltro, prevedono lo stesso metodo di calcolo dei costi ammissibili per una misura di aiuto (punto 3.2.1 della disciplina del 1994 e punto 37, citato al precedente punto 11, della disciplina del 2001).

78
All’udienza la ricorrente ha fatto valere che la soppressione di talune precisazioni nella disciplina del 2001 non è priva di conseguenze, soprattutto per quanto riguarda i nuovi impianti a favore dei quali il regime del 1994 consentiva, a suo dire, la concessione di aiuti qualora tali impianti avessero un impatto positivo sull’ambiente. A tale proposito, la Ferriere sostiene nei suoi scritti che, dal momento che la disciplina del 1994, al punto 3.2.1, escludeva, nel caso degli investimenti nuovi o di sostituzione, il costo degli investimenti di base destinati a creare o a sostituire capacità produttive senza migliorare la situazione dal punto di vista ambientale, ciò significava, a contrario, che un aiuto poteva essere accordato per un nuovo impianto che avesse un impatto positivo per la tutela ambientale.

79
Tuttavia, le osservazioni della ricorrente riguardano, in realtà, la determinazione, di cui al punto 3.2.1 della disciplina del 1994, dei «costi ammissibili» per una misura di aiuto, i quali dovevano «limitarsi strettamente ai costi di investimento aggiuntivi necessari per conseguire gli obiettivi di protezione ambientale». La disciplina, citata al precedente punto 6, precisava che, «[p]pertanto, quando vengono costruiti nuovi impianti o vengono sostituiti quelli esistenti, non saranno ritenute ammissibili le spese d’investimento sostenute unicamente per creare o sostituire la capacità produttiva senza migliorarne la compatibilità ambientale». Non si può ritenere, quindi, che i termini della disciplina del 2001 comportino una modifica di quanto precedentemente disposto. Infatti, sia che l’investimento riguardi un impianto nuovo sia che riguardi un impianto vecchio, possono beneficiare di una misura di aiuto solamente i costi supplementari legati alla tutela dell’ambiente. E, benché la disciplina del 2001 non riporti la medesima precisazione di quella del 1994, questa stessa condizione di accesso all’aiuto permane.

80
Ne discende, quindi, che la Commissione non ha ricavato dalla nuova disciplina principi e criteri di valutazione che avrebbero modificato la sua analisi dell’aiuto notificato. Conseguentemente, non vi era necessità di procedere nuovamente ad una consultazione degli interessati. La ricorrente ha potuto far valere le sue osservazioni, riassunte ai ‘considerando’ 13‑16 della decisione impugnata, sui principi e sui criteri di valutazione, sostanzialmente identici nelle due discipline, che hanno portato la Commissione a dichiarare l’aiuto incompatibile con il mercato comune.

81
Ne consegue che la Commissione non ha fondato la sua decisione su motivi riguardo ai quali la ricorrente non ha potuto far conoscere le sue osservazioni e, quindi, le disposizioni dell’art. 88, n. 2, CE non sono state violate dalla Commissione.

82
La Ferriere non è pertanto legittimata a sostenere che i diritti della difesa, qui intesi come diritti procedurali riconosciuti agli «interessati» dall’art. 88, n. 2, CE, siano stati violati. Il terzo motivo deve essere dunque respinto.

Sul quarto motivo procedurale, relativo alla violazione del principio di protezione del legittimo affidamento

    Argomenti delle parti

83
La Ferriere sostiene che la Commissione ha violato il principio della protezione del legittimo affidamento dal punto di vista procedurale. La Commissione, infatti, non avendo mai richiesto alle autorità italiane né alla ricorrente di produrre una documentazione che dimostrasse la finalità ambientale dell’investimento, secondo la ricorrente non avrebbe potuto legittimamente dichiarare nella sua decisione che non le era stato fornito alcun documento al riguardo.

84
La Repubblica italiana sostiene che la censura mossa dalla Commissione nella sua decisione relativa al fatto che la prova della finalità ambientale dell’investimento non era stata fornita viola le regole sull’onere della prova, poiché, trattandosi di un procedimento di controllo di compatibilità in relazione al Trattato e non già di un procedimento di autorizzazione, l’onere della prova incombeva alla Commissione.

85
La Commissione sostiene di non aver violato il principio di protezione del legittimo affidamento e che il governo italiano e l’impresa erano stati chiaramente invitati nelle decisioni di apertura del procedimento formale a fornire prove della finalità ambientale dell’investimento.

    Giudizio del Tribunale

86
Il motivo si suddivide in due parti relative agli elementi che la Commissione avrebbe dovuto richiedere agli interessati e al regime della prova.

87
In primo luogo, la Ferriere rimprovera alla Commissione di non aver richiesto né a lei né alla Repubblica italiana di fornire una documentazione relativa alla finalità ambientale dell’investimento e di aver dichiarato nella decisione che non le era stato fornito alcun documento a tale proposito (‘considerando’ 30).

88
Il principio di protezione del legittimo affidamento, invocato dalla ricorrente, implica che la Commissione prenda in considerazione, nel corso del procedimento di esame di un aiuto di Stato, il legittimo affidamento che le indicazioni contenute nella decisione di apertura del procedimento di esame hanno potuto far sorgere (sentenza del Tribunale 5 giugno 2001, causa T‑6/99, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, Racc. pag. II‑1523, punto 126) e, in seguito, che non fondi la decisione finale sulla mancanza di elementi che le parti interessate, alla luce di quelle indicazioni, non hanno ritenuto di doverle fornire.

89
Dalla decisione di apertura del procedimento formale del 3 giugno 1999, citata al precedente punto 20, risulta che la Commissione ha ivi dichiarato di dubitare che l’investimento avesse come obiettivo principale la tutela dell’ambiente, di ritenere, in quella fase, che sotto questo profilo il suo impatto non sarebbe stato significativo e che i pretesi vantaggi ambientali le sembravano riguardare piuttosto la tutela dei lavoratori, che non rientrava né nell’ambito del codice degli aiuti alla siderurgia né in quello della disciplina del 1994. La Commissione ha ricordato altresì che la decisione di procedere ad investimenti necessari per ragioni economiche a causa della vetustà degli impianti non poteva beneficiare di un aiuto.

90
Nella decisione di apertura del procedimento formale del 14 agosto 2000, menzionata al precedente punto 24, la Commissione ha fornito alcune indicazioni in merito alla sua prima valutazione dell’investimento dal punto di vista della tutela dell’ambiente. A suo avviso, le autorità italiane non avevano fornito alcuna prova del fatto che il principale obiettivo dell’acquisto della nuova linea di laminazione consistesse nel migliorare la protezione dell’ambiente o le condizioni di lavoro e che, al contrario, le sembrava che la Ferriere avesse essenzialmente cercato di sostituire o aumentare la sua capacità produttiva dotandosi di un’attrezzatura più efficace. La Commissione concludeva che, in quella fase del suo esame, gli effetti sulle condizioni di lavoro e sull’ambiente le apparivano mere conseguenze marginali dell’investimento.

91
Simili indicazioni, peraltro reiterate, erano sufficientemente chiare e precise perché le autorità italiane e la ricorrente si ritenessero invitate a fornire tutti gli elementi pertinenti atti a dimostrare la finalità principalmente ambientale dell’investimento. La censura della Ferriere relativa alla violazione del principio del legittimo affidamento dal punto di vista procedurale non può pertanto essere accolta.

92
In secondo luogo, la Ferriere sostiene che la Commissione ha fondato la propria decisione su presunzioni senza procedere alle concrete verifiche cui era tenuta. La Repubblica italiana aggiunge che la prova della finalità non ambientale dell’investimento doveva essere fornita dalla Commissione e che la decisione inverte l’onere della prova.

93
Quando la Commissione decide di avviare il procedimento formale, spetta allo Stato membro e al potenziale beneficiario far valere i propri argomenti per dimostrare che il progetto di aiuto corrisponde alle eccezioni previste in applicazione del Trattato, in quanto lo scopo del procedimento formale è proprio quello di informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie (v., in questo senso, sentenza Germania/Commissione, cit., punto 13).

94
Anche se è la Commissione a dover formulare chiaramente i propri dubbi sulla compatibilità dell’aiuto nel momento in cui dà avvio a un procedimento formale al fine di consentire allo Stato membro e agli interessati di replicarvi nel migliore dei modi, resta il fatto che spetta a chi richiede l’aiuto fugare tali dubbi e dimostrare che il suo investimento soddisfa le condizioni per la concessione dell’aiuto (v., in questo senso, sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punti 41 e 45‑49). Spettava pertanto alla Repubblica italiana e alla Ferriere dimostrare che l’investimento controverso poteva ricevere un aiuto per la protezione dell’ambiente e, in particolare, che aveva la finalità ambientale richiesta dalle due discipline applicabili in successione (v., in questo senso, sentenze della Corte 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 49, e 19 settembre 2002, causa C‑113/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7601, punto 70).

95
Dal fascicolo e, soprattutto, dalla decisione impugnata risulta che la Commissione, che aveva manifestato i suoi dubbi sulla compatibilità dell’aiuto con il mercato comune e ha raccolto le osservazioni dei terzi interessati e della Repubblica italiana sul progetto in questione, ha proceduto a un’analisi precisa e argomentata degli elementi sottoposti al suo giudizio, ai ‘considerando’ 23‑36 della decisione, com’era suo dovere.

96
Da quanto sopra esposto risulta che la tesi della Ferriere secondo cui la Commissione avrebbe violato nel corso del procedimento il principio della protezione del legittimo affidamento non è fondata. Di conseguenza, il quarto motivo dev’essere respinto.

Sul quinto motivo procedurale, relativo alla violazione del principio di buona amministrazione

    Argomenti delle parti

97
La Ferriere sostiene che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione errando nell’individuazione del fondamento giuridico rilevante – Trattato CECA, poi Trattato CE – e avviando un procedimento formale nel caso di una misura di applicazione di un regime autorizzato.

98
La Commissione sostiene di non aver violato il principio di buona amministrazione. Poiché erano state effettuate in successione due notifiche, dapprima sulla base del Trattato CECA poi sulla base del Trattato CE, era suo dovere esaminare l’aiuto alla luce di entrambi i Trattati, trovandosi di fronte ad un’impresa siderurgica che non teneva due contabilità separate.

    Giudizio del Tribunale

99
Dal fascicolo risulta che la Ferriere è un’impresa siderurgica che fabbrica prodotti alcuni dei quali rientrano nell’ambito di applicazione del Trattato CECA e altri nell’ambito di applicazione del Trattato CE, che le autorità italiane hanno notificato in un primo momento l’aiuto controverso sulla base del Trattato CECA, che nel corso del procedimento amministrativo la Repubblica italiana e la Ferriere hanno successivamente indicato che le reti in acciaio elettrosaldate, per la fabbricazione delle quali era stato progettato un investimento destinato all’acquisto di una linea di laminazione, non erano un prodotto CECA, ma un prodotto CE e che è stata effettuata una nuova notificazione in applicazione del Trattato CE. A questo proposito, l’interveniente ha spiegato all’udienza che era difficile determinare il contesto giuridico pertinente nel caso di imprese che esercitavano la loro attività nell’ambito di entrambi i Trattati.

100
Inoltre, nel caso di un’impresa siderurgica senza una contabilità separata, come la Ferriere, la Commissione era legittimata a verificare che l’aiuto controverso non fosse stornato a profitto delle attività CECA (v. sentenza ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, cit., punti 74 e 125).

101
In tali circostanze, non si possono imputare alla Commissione pretesi errori procedurali, quando non era certo fin dall’inizio se l’investimento dovesse essere ricollegato al Trattato CECA o al Trattato CE, essa è stata interpellata in due fasi successive a titolo di ciascuno dei due Trattati e, in ogni caso, spettava a lei verificare che l’aiuto non rischiasse di andare a beneficio di attività diverse da quelle per le quali sarebbe stato concesso. È evidente che la ricerca da parte della Commissione del fondamento giuridico su cui basare la decisione non può costituire una violazione del principio di buona amministrazione.

102
Peraltro, dal punto di vista strettamente procedurale, l’avvio di due procedimenti formali non rivela, nel caso di specie, una violazione del principio di buona amministrazione giacché, come è stato indicato in risposta al primo motivo (punti 50, 54 e 57, supra), questi due procedimenti sono stati legittimamente aperti a seguito delle notifiche effettuate dalle autorità italiane. L’argomento della Ferriere relativo alla violazione del principio di buona amministrazione che risulterebbe dall’avvio di un procedimento formale nei confronti di una misura di applicazione di un regime autorizzato rientra nella questione di merito che consiste nello stabilire se, come sostenuto dalla ricorrente, il provvedimento di aiuto controverso rappresentasse una simile misura, e sarà quindi esaminato insieme al primo motivo di merito (v. punti 116‑128, infra).

103
Da quanto sopra esposto risulta che la Ferriere non è legittimata a sostenere che la Commissione abbia violato il principio di buona amministrazione. Conseguentemente, il quinto motivo dev’essere respinto.

Sul sesto motivo procedurale, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

    Argomenti delle parti

104
La Ferriere sostiene che la Commissione non ha sufficientemente motivato la decisione, limitandosi a indicare al ‘considerando’ 30 (nota a piè di pagina n. 1) della stessa che non esistevano limiti specifici prescritti per il tipo di impianto in esame.

105
La Commissione afferma di non aver potuto invocare altri motivi se non l’assenza di norme da essa constatata.

    Giudizio del Tribunale

106
Secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione di cui all’art. 253 CE costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. La motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Il problema di stabilire se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE dev’essere risolto alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I‑395, punti 15 e 16, e 19 settembre 2002, causa C‑114/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7657, punti 62 e 63).

107
Alla luce di tale giurisprudenza, non sembra che la Commissione, nel caso di specie, sia venuta meno all’obbligo di motivare in maniera sufficiente la decisione impugnata.

108
Infatti, la decisione impugnata cita, al ‘considerando’ 1 (nota a piè di pagina n. 3), l’art. 15, n. 1, della legge regionale 3 giugno 1978, n. 47, nella versione modificata, citato al precedente punto 13, il quale prevede la possibilità di accordare aiuti agli investimenti realizzati dalle imprese industriali che intendano adeguare i loro processi o i loro impianti alle nuove norme fissate dalla normativa di settore. La decisione impugnata riporta, al ‘considerando’ 14, le osservazioni della ricorrente in ordine all’esistenza di valori limite obbligatori che il suo impianto rispetterebbe e rileva, a tale proposito, al ‘considerando’ 30 (nota a piè di pagina n. 1) che, contrariamente a quanto affermato dalla società, non esistono limiti specifici prescritti per quel tipo di impianto. Il motivo, che verte sull’assenza di norme obbligatorie per l’impianto della Ferriere, è chiaramente esposto in un contesto giuridico e fattuale che consentiva alla ricorrente di coglierne il senso.

109
La Ferriere, quindi, non è legittimata a sostenere che la decisione impugnata sia viziata da difetto di motivazione. Il sesto motivo deve pertanto essere respinto.

110
Da quanto sopra esposto risulta che i sei motivi di ordine procedurale debbono essere respinti nel loro complesso.

Sul merito

111
A sostegno del suo ricorso, la Ferriere elabora tre ordini di motivi di merito: in primo luogo, il suo investimento costituirebbe una misura di applicazione di un regime approvato e non un aiuto nuovo; in secondo luogo, la decisione impugnata avrebbe dovuto essere presa in relazione alla disciplina del 1994 e non a quella del 2001; in terzo luogo, il suo investimento perseguirebbe una finalità ambientale che, a questo titolo, lo renderebbe ammissibile al beneficio di un aiuto per la tutela dell’ambiente.

Sul primo motivo di merito, relativo al fatto che l’investimento della Ferriere costituirebbe una misura di applicazione di un regime approvato e non un aiuto nuovo

    Argomenti delle parti

112
La Ferriere sostiene che il suo investimento rientrava nel regime regionale approvato dalla Commissione nel 1992 e ne costituiva una semplice misura di applicazione, cosicché la Commissione, mediante la decisione impugnata, ha disconosciuto la sua propria decisione di autorizzazione.

113
La Commissione avrebbe dato un’interpretazione erronea del regime di aiuto approvato nel 1992, in quanto l’adeguamento agli «standards stabiliti dalla legislazione» non riguarderebbe l’adeguamento a «norme ambientali obbligatorie», ma potrebbe intendersi come adeguamento a norme puramente indicative e, di conseguenza, non vincolanti. Questa interpretazione corrisponderebbe alla filosofia delle discipline del 1994 e del 2001, che integrano tale carattere incentivante degli aiuti. Inoltre, la disciplina del 2001 prevederebbe la possibilità che si autorizzino aiuti per investimenti realizzati in mancanza di norme vincolanti. Aggiunge che esistono norme ambientali sull’inquinamento acustico e atmosferico e norme sul miglioramento delle condizioni di lavoro in virtù di disposizioni nazionali o comunitarie, che sarebbero state prese in considerazione per la realizzazione del nuovo impianto della ricorrente.

114
La Repubblica italiana sostiene che l’aiuto controverso rientra nel regime approvato nel 1992. Inoltre, nel 1988 la Commissione ne avrebbe autorizzato il rifinanziamento in termini che dimostrano, come emerge altresì dalle discipline del 1994 e del 2001, che la concessione di aiuti non è subordinata all’esistenza di norme vincolanti. La Commissione avrebbe dunque interpretato erroneamente il regime approvato.

115
La Commissione afferma che l’aiuto controverso non è conforme al regime approvato nel 1992. Quest’ultimo porrebbe come condizione per l’ammissibilità di un aiuto che l’investimento interessato riguardi l’adeguamento alle nuove norme del settore. Ora, secondo la Commissione, gli impianti precedenti della Ferriere rispondevano alle norme esistenti e non vi sarebbe un collegamento tra il nuovo impianto e l’entrata in vigore di nuove norme. Le norme citate dalla ricorrente non sarebbero né nuove né vincolanti ovvero sarebbero invocate per la prima volta nella presente istanza. La convenuta aggiunge che il miglioramento delle condizioni di lavoro e le azioni condotte all’interno delle fabbriche a favore della sicurezza o dell’igiene non rientrano nella tutela dell’ambiente.

    Giudizio del Tribunale

116
Il problema di stabilire se l’aiuto controverso costituisse una misura di applicazione del regime approvato nel 1992 o un aiuto nuovo dipende dall’interpretazione della disposizione che istituisce tale regime, citata al precedente punto 13, secondo cui sono ammissibili a un aiuto gli investimenti che hanno lo scopo di apportare dei miglioramenti dal punto di vista ecologico o dell’ambiente di lavoro, «conformemente ai nuovi standards stabiliti dalla legislazione di settore».

117
Dallo stesso tenore letterale della citata disposizione risulta che nel settore di attività dell’impresa candidata a beneficiare dell’aiuto debbono applicarsi degli standard, i quali devono essere stati ivi introdotti recentemente e che l’investimento, per essere ammissibile all’aiuto, deve effettuare la messa a norma dell’impianto.

118
Tale interpretazione è corroborata dalle circostanze in cui, nel corso del procedimento di esame del progetto di regime di aiuto, la condizione relativa all’adeguamento a nuovi standard è stata introdotta. Da due lettere della Commissione alla rappresentanza permanente dell’Italia emerge che la Commissione aveva chiesto, nella prima, in data 21 maggio 1992, se, secondo le misure progettate, la concessione dell’aiuto fosse condizionata dall’adeguamento a nuovi standard normativi e aveva indicato in modo inequivocabile, nella seconda, in data 9 settembre 1992, che «oggetto dell’aiuto [doveva] essere quello di facilitare l’adattamento delle imprese ai nuovi obblighi imposti dai poteri pubblici in materia di eliminazione dell’inquinamento».

119
A tali misure non è stata apportata alcuna modifica, in particolare per quanto riguarda la condizione relativa all’adeguamento a nuovi standard, quando la Commissione, con lettera del 18 settembre 1998, ha dato il proprio consenso al rifinanziamento del regime approvato nel 1992. Il riassunto del regime autorizzato contenuto in tale lettera non può essere interpretato come modifica del detto regime. Peraltro, la Repubblica italiana e la Commissione, nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale, menzionate al precedente punto 36, hanno dichiarato che il procedimento avviato nel 1998 riguardava il semplice rifinanziamento del regime esistente senza incidere sul suo contenuto o sulla sua portata.

120
Orbene, la domanda di aiuto del 26 marzo 1997, indirizzata dalla Ferriere alla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, non menzionava gli standard che l’impianto avrebbe mirato a rispettare. Inoltre, la lettera della Regione del 15 febbraio 1999, allegata alla notificazione delle autorità italiane datata 18 febbraio 1999, citata ai precedenti punti 53 e 54, indica espressamente che non vi sono standard vincolanti o altri obblighi giuridici ai quali l’impresa sarebbe soggetta e aggiunge che l’investimento, effettuato per migliorare i risultati dal punto di vista ambientale, va oltre quanto prescritto dalle norme comunitarie. Per di più, come constatato ai precedenti punti 53 e 54, in occasione della seconda notificazione le autorità italiane non hanno sostenuto che l’aiuto accordato alla Ferriere costituisse una misura d’applicazione del regime approvato.

121
È vero che nel corso del procedimento amministrativo la Ferriere, nella lettera del 13 novembre 2000, citata al precedente punto 25, ha fatto riferimento, senza indicarne il fondamento giuridico, a dei «valori limite» prescritti dalla legislazione vigente, precisando che essi rispettavano inoltre gli orientamenti della direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), recepita nel diritto nazionale mediante decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, vale dire in un momento successivo alla domanda di aiuto e alla notificazione del febbraio 1999. Tuttavia tali testi, che di per sé non riportano cifre, si limitano a formulare raccomandazioni per il rilascio delle autorizzazioni in materia di impianti industriali che non hanno alcun rapporto con il fascicolo qui in esame.

122
Nell’atto introduttivo, la Ferriere ha altresì fatto riferimento alla direttiva del Consiglio 12 maggio 1986, 86/188/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione al rumore durante il lavoro (GU L 137, pag. 28), recepita in Italia mediante decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, e ha rinviato, con nota a piè di pagina, a diversi testi di diritto comunitario o nazionale che enuncerebbero valori limite rispettati dal suo investimento. Per quanto riguarda il diritto comunitario, la ricorrente cita la direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), modificata dalla direttiva del Consiglio 27 giugno 1994, 94/31/CE (GU L 168, pag. 28), e recepita in Italia mediante decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Menziona altresì testi di diritto interno, in particolare il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, relativo alle emissioni di fumo e di polveri nell’atmosfera, la legge 26 ottobre 1995, n. 447, relativa alle emissioni di rumore all’esterno dello stabilimento industriale, e uno dei suoi regolamenti attuativi, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997, n. 675900.

123
Indipendentemente dal fatto che il 26 marzo 1997, data in cui l’aiuto è stato richiesto, tali prescrizioni non erano per la maggior parte nuove, nel corso del procedimento amministrativo e del presente grado di giudizio la Ferriere non ha identificato gli standard che sarebbero stati previsti da tali disposizioni e ai quali l’investimento avrebbe avuto lo scopo di adeguare l’impianto industriale. Poiché tali elementi d’informazione non sono stati forniti e, quindi, non se ne è potuto tenere conto nell’elaborazione della decisione impugnata, non possono essere invocati per discuterne la legittimità (sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 263, punti 11 e 16). Per quanto riguarda, poi, le norme di diritto comunitario invocate, risulta, da un lato, che la direttiva 86/188 ha ad oggetto l’informazione, la protezione e il controllo medico dei lavoratori esposti a determinati livelli di rumore sul posto di lavoro, ma non parla di standard che le imprese devono rispettare. Dall’altro, dal fascicolo non risulta che la Ferriere produca rifiuti pericolosi come quelli menzionati dalla direttiva 91/689 e che sia pertanto interessata dalle disposizioni di tale direttiva.

124
Occorre quindi constatare che la Ferriere non è stata in grado di indicare, né nel corso del procedimento amministrativo né, del resto, nel corso del presente grado di giudizio, a quali nuove norme, applicabili nel settore in cui esercita la sua attività, il suo investimento intendesse precisamente conformarsi. Gli argomenti relativi a disposizioni del diritto comunitario o del diritto nazionale, prive del carattere di novità o di nesso con la concessione dell’aiuto controverso, sono parzialmente irricevibili, in quanto presentati per la prima volta dinanzi al giudice, e parzialmente infondati, in quanto non vi è una relazione con l’investimento di cui si tratta. Si deve pertanto necessariamente concludere che la Ferriere non ha dimostrato il rapporto tra il suo investimento e nuove norme relative al suo settore.

125
Non occorre, quindi, esaminare se le norme menzionate dal regime di aiuto approvato debbano essere considerate norme imperative o indicative né stabilire se debba essere qualificata come nuova ogni norma introdotta dopo l’attivazione dell’impianto da sostituire, avvenuta negli anni ‘70, come sostenuto dalla Ferriere, giacché la ricorrente non ha identificato alcuna norma cui avrebbe inteso adeguare il proprio impianto. Analogamente, l’argomento secondo cui le discipline del 1994 e del 2001 consentirebbero, a scopo di incentivo, di accordare aiuti in mancanza di norme vincolanti o nei casi in cui l’investimento vada oltre le norme da rispettare è privo di pertinenza in questa sede, poiché la disposizione che istituisce il regime approvato prescrive che l’investimento, per aspirare ad un aiuto, abbia ad oggetto l’adeguamento dell’impianto a norme nuove e applicabili al settore.

126
Da quanto sopra esposto risulta che la Commissione ha giustamente considerato che l’aiuto controverso non potesse essere considerato una misura di applicazione del regime approvato, ma costituisse una misura nuova.

127
Ne risulta, inoltre, che non può essere accolto neanche l’argomento della Ferriere, citato al precedente punto 102, secondo cui la Commissione avrebbe violato il principio di buona amministrazione dando avvio a un procedimento formale nei confronti di una misura di applicazione di un regime approvato.

128
Conseguentemente, il primo motivo di merito dev’essere respinto.

Sul secondo motivo di merito, relativo al fatto che la decisione impugnata avrebbe dovuto essere adottata in relazione alla disciplina del 1994 e non a quella del 2001

    Argomenti delle parti

129
La Ferriere fa valere che il suo investimento avrebbe dovuto essere esaminato in relazione alla disciplina del 1994. La decisione impugnata sarebbe basata su un fondamento giuridico erroneo. L’aiuto avrebbe dovuto essere valutato sulla base dei criteri previsti dalla disciplina del 1994 e non con riferimento a quelli della disciplina del 2001. La Commissione avrebbe inoltre violato il principio di tutela del legittimo affidamento su questo punto.

130
La ricorrente eccepisce l’illegittimità del punto 82 della disciplina del 2001 (citato al precedente punto 12) nell’interpretazione data dalla Commissione. Secondo la Ferriere, la nuova disciplina poteva essere applicata all’aiuto già notificato solamente qualora fosse già stato avviato un procedimento formale che la riguardasse.

131
La Repubblica italiana sostiene che l’aiuto doveva essere valutato in relazione alla disciplina del 1994, in vigore al momento in cui l’aiuto era stato accordato, ossia l’8 ottobre 1998, e non secondo il diritto vigente nel momento dell’adozione della decisione impugnata.

132
La Commissione sostiene che il progetto di aiuto era incompatibile con il mercato comune alla luce della disciplina del 2001 e che non avrebbe potuto essere autorizzato nemmeno alla luce della disciplina del 1994.

133
La convenuta sostiene, inoltre, che l’eccezione di illegittimità del punto 82 della disciplina del 2001 non è stata sollevata nell’atto introduttivo e che quindi è irricevibile ai sensi di quanto disposto dall’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale. In ogni caso, afferma che il punto 82 si limita a prevedere l’applicazione immediata del nuovo regime in conformità dei principi generali di applicazione della legge nel tempo, il che non costituisce affatto una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

    Giudizio del Tribunale

134
La compatibilità di un progetto di aiuto relativo alla tutela dell’ambiente con il mercato comune è valutata in conformità del combinato disposto degli artt. 6 CE e 87 CE e nell’ambito delle discipline comunitarie che la Commissione ha previamente adottato ai fini di tale esame. Infatti, la Commissione è vincolata dalle discipline o dalle comunicazioni da essa emanate in materia di controllo degli aiuti di Stato, nei limiti in cui non derogano a norme del Trattato e sono accettate dagli Stati membri (sentenze della Corte 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8031, punto 53). Gli interessati sono quindi legittimati ad avvalersene e il giudice verifica se la Commissione abbia rispettato le regole che essa stessa si è imposta nel prendere la decisione contestata (sentenza del Tribunale 30 gennaio 2002, causa T‑35/99, Keller e Keller Meccanica/Commissione, Racc. pag. II‑261, punti 74 e 77).

135
Nel caso di specie occorre stabilire, innanzitutto, quale disciplina comunitaria degli aiuti di Stato in materia di tutela dell’ambiente dovesse applicare la Commissione al fine di adottare la decisione.

136
L’eccezione di illegittimità espressamente sollevata nella replica è ricevibile, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, in quanto costituisce l’ampliamento, ai punti 12‑18 della replica, di un motivo implicitamente sollevato al punto 54 dell’atto introduttivo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 17 luglio 1998, causa T‑118/96, Thai Bicycle/Consiglio, Racc. pag. II‑2991, punto 142).

137
Dai punti 81 e 82 della disciplina del 2001 (v. precedente punto 12) risulta che questa è entrata in vigore alla data della sua pubblicazione, effettuata il 3 febbraio 2001, e che da quel momento la Commissione doveva applicarne le disposizioni a tutti i progetti di aiuto notificati, anche precedentemente a tale pubblicazione. Contrariamente all’interpretazione della ricorrente, l’applicazione immediata della nuova disciplina non comporta riserve e, quindi, non esclude il caso, come quello in esame, in cui sia stato dato avvio ad un procedimento formale.

138
Da un lato, le indicazioni di cui ai punti 81 e 82, che si ispirano alle disposizioni dell’art. 254, n. 2, CE, relative all’entrata in vigore dei regolamenti e delle direttive del Consiglio e della Commissione, partono dal principio secondo cui, salvo deroga, gli atti delle istituzioni sono di immediata applicazione (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 270/84, Licata/CES, Racc. pag. 2305, punto 31, e 2 ottobre 1997, causa C‑122/96, Saldanha e MTS, Racc. pag. I‑5325, punti 12‑14).

139
Dall’altro, in questo caso non si può invocare utilmente il principio di tutela del legittimo affidamento, giacché esso riguarda, come il principio della certezza del diritto, situazioni createsi anteriormente all’entrata in vigore di nuove disposizioni (sentenza della Corte 15 luglio 1993, causa C‑34/92, Grusa Fleisch, Racc. pag. I‑4147, punto 22). Ora, la Ferriere non si trova in una simile situazione, bensì in quella, provvisoria, in cui uno Stato membro ha notificato un progetto di aiuto nuovo alla Commissione chiedendole di esaminarne la compatibilità con le regole comunitarie, in quanto la concessione del provvedimento di aiuto è subordinato al risultato di tale esame. Per di più, dal momento che le due discipline succedutesi erano sostanzialmente identiche, come è stato già constatato (v. precedente punto 77), il legittimo affidamento della ricorrente non ha potuto comunque essere leso.

140
Pertanto, la decisione impugnata è stata legittimamente adottata applicando la disciplina del 2001, entrata in vigore il 3 febbraio 2001.

Sul terzo motivo di merito, relativo al fatto che l’investimento della Ferriere avrebbe perseguito una finalità ambientale che lo rendeva ammissibile a tale titolo al beneficio di un aiuto per la tutela dell’ambiente

    Argomenti delle parti

141
La Ferriere sostiene che al suo investimento poteva essere concesso un aiuto per la tutela dell’ambiente. Esso rispondeva infatti agli obiettivi della politica ambientale comunitaria enunciati all’art. 174 CE e alle prescrizioni delle direttive e raccomandazioni comunitarie. In particolare, l’investimento comporterebbe dei miglioramenti dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico, dello smaltimento dei rifiuti pericolosi, dell’inquinamento acustico e dell’ambiente di lavoro. Questi ultimi due sarebbero espressamente menzionati nella disposizione di istituzione del regime approvato.

142
La ricorrente fa valere altresì che era possibile isolare dal costo totale il costo corrispondente alla tutela dell’ambiente, valutato dalla Regione in ITL 11 miliardi su un investimento di 20 miliardi.

143
La Commissione non avrebbe riconosciuto la finalità ambientale del progetto e avrebbe ritenuto arbitrariamente che la finalità economica dell’investimento fosse preponderante, quando l’obiettivo del nuovo processo era proprio quello di rendere ecologico il sistema di produzione. La ricorrente precisa che, se è logico che un nuovo impianto sia economicamente più efficace di uno vecchio, la vecchia linea di laminazione era ancora perfettamente soddisfacente sul piano funzionale e tecnologico ed è stata sostituita da un’attrezzatura innovativa al fine di eliminare gli inconvenienti ambientali del vecchio sistema.

144
La Repubblica italiana sostiene che l’investimento controverso è stato determinato principalmente da ragioni legate alla tutela dell’ambiente.

145
La Commissione sostiene che l’aiuto non era giustificato nel caso di specie, poiché l’investimento sarebbe stato comunque realizzato per motivi estranei alla tutela dell’ambiente, mentre la diminuzione del rumore e delle emissioni inquinanti costituiva la conseguenza obbligata e intrinseca di una scelta economica e tecnologica preponderante ed ineluttabile. Inoltre, non sarebbe possibile isolare costi supplementari legati all’aspetto ambientale. La Commissione aggiunge che i documenti prodotti per la prima volta al momento della replica, ammesso che siano ricevibili, non possono avere incidenza sulla legittimità della decisione impugnata, adottata alla luce degli elementi portati alla sua conoscenza nel corso del procedimento amministrativo.

    Giudizio del Tribunale

146
La Commissione ha dichiarato l’aiuto incompatibile per le ragioni indicate al precedente punto 30, secondo cui l’investimento, volto a sostituire le vecchie attrezzature mediante un impianto innovativo, non derivava da obiettivi di ordine ambientale, ma si iscriveva in una logica economica e industriale, il che ostava alla concessione di un aiuto per la protezione dell’ambiente. Inoltre, ha ritenuto che i vantaggi per la tutela dell’ambiente fossero intrinseci al processo produttivo, il che non consentiva di isolare dal costo totale dell’investimento la parte corrispondente alla tutela dell’ambiente (‘considerando’ 29 e 31‑33 della decisione).

147
La concessione del beneficio previsto dalle disposizioni comunitarie sugli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente dipende dalla finalità dell’investimento per il quale è richiesto un provvedimento di aiuto. Così, la disciplina del 2001 (punti 36 e 37, citati ai precedenti punti 10 e 11), identica sotto questo profilo alla disciplina del 1994 (punto 3.2.1, citata al precedente punto 6), menziona gli investimenti destinati a ridurre o eliminare l’inquinamento e le nocività ambientali ovvero ad adeguare i metodi di produzione, precisando che possono beneficiare di un provvedimento di aiuto solamente i costi di investimento aggiuntivi legati alla protezione ambientale. L’ammissibilità a un provvedimento di aiuto per la tutela dell’ambiente di un investimento che risponda soprattutto a considerazioni economiche presuppone che tali considerazioni non bastino di per sé a giustificare l’investimento nella forma prescelta.

148
Risulta, infatti, dall’economia della disciplina del 2001, identica a quella della disciplina del 1994 sotto questo profilo, che non possono beneficiare di un aiuto gli investimenti che adeguino un impianto a norme, obbligatorie o meno, nazionali o comunitarie, o che vadano oltre tali norme ovvero che siano realizzati in mancanza di qualsiasi norma, ma solo gli investimenti il cui scopo stesso sia l’efficienza dal punto di vista ambientale.

149
La Commissione, quindi, poteva dichiarare il progetto incompatibile con il mercato comune in quanto non rispondeva a tale requisito.

150
È pertanto ininfluente il fatto che la ricorrente sostenga che il suo investimento apporti dei miglioramenti dal punto di vista della tutela dell’ambiente, così come il fatto che la decisione impugnata riconosca i vantaggi dell’investimento dal punto di vista della tutela dell’ambiente o della salute e della sicurezza dei lavoratori.

151
È sicuramente possibile che un progetto abbia contemporaneamente l’obiettivo del miglioramento della produttività economica e l’obiettivo della tutela dell’ambiente, ma l’esistenza di questo secondo obiettivo non può essere dedotto dalla semplice constatazione che il nuovo impianto ha un impatto negativo sull’ambiente inferiore rispetto al precedente, poiché questo può costituire un semplice effetto collaterale di un mutamento di tecnologia a scopo economico o del rinnovamento di attrezzature logore. Affinché in simili casi si possa considerare che l’investimento destinatario dell’aiuto abbia uno scopo parzialmente ambientale, è necessario dimostrare che la stessa prestazione economica avrebbe potuto essere ottenuta mediante attrezzature meno costose, ma più dannose per l’ambiente.

152
La soluzione della controversia, quindi, non dipende dal problema di stabilire se l’investimento apporti miglioramenti di ordine ambientale ovvero se vada oltre le norme ambientali esistenti, bensì, in primo luogo, se esso sia stato realizzato al fine di apportare simili miglioramenti.

153
Su tale punto, la ricorrente sostiene che l’obiettivo del nuovo processo produttivo era di rendere ecologico il sistema di produzione, come sarebbe dettagliatamente dimostrato negli allegati B e C della sua domanda di aiuto, datata 26 marzo 1997. Tali documenti confermano che il nuovo processo per la produzione delle reti in acciaio elettrosaldate, completamente automatizzato, è tecnologicamente avanzato, cosicché il rumore dell’impianto è ridotto e le emissioni di polveri sono eliminate. Essi confermano, quindi, l’interesse di un simile impianto dal punto di vista economico e industriale, interesse che basta a giustificare la decisione di realizzare l’investimento.

154
La Ferriere sostiene altresì che il suo precedente impianto funzionava in maniera ancora perfettamente soddisfacente nel momento in cui ha deciso di sostituirlo al fine di dotarsi di una tecnologia innovativa che eliminasse gli inconvenienti ambientali del vecchio processo produttivo. A questo proposito, i documenti prodotti per la prima volta con la replica, che, conseguentemente non sono stati comunicati alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo, non hanno alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata (v. sentenza Belgio/Commissione, cit., punto 16). Del resto, tali documenti dimostrano tutt’al più che l’impresa intendeva dotarsi di un nuovo impianto innovativo già dal 1993‑1994. Inoltre, il fatto, apparentemente ammesso dalla Commissione al ‘considerando’ 29 della decisione impugnata, che la nuova linea di laminazione non avrebbe comportato un aumento della capacità produttiva non dimostra la finalità ambientale dell’investimento.

155
In definitiva, risulta che la Ferriere aveva attrezzature di almeno 25 anni che desiderava sostituire con un nuovo impianto che utilizzasse un processo produttivo tecnologicamente innovativo e offrisse le prestazioni delle moderne attrezzature a favore della tutela dell’ambiente. Si deve pertanto necessariamente constatare che l’investimento scaturisce da una decisione dell’impresa di modernizzare il suo apparato di produzione e che sarebbe stato comunque realizzato in tale forma.

156
Conseguentemente, la Commissione non ha commesso un errore di valutazione ritenendo che non fosse dimostrata la finalità propriamente ambientale dell’investimento. La Commissione ha legittimamente ritenuto che i vantaggi dell’investimento per la tutela dell’ambiente fossero intrinseci a tale impianto innovativo. La sua valutazione, sotto questo profilo, non è arbitraria. Peraltro, l’analisi dei vantaggi dell’investimento dal punto di vista dell’ambiente di lavoro non presenta una motivazione contraddittoria come censurato dalla ricorrente, dal momento che, ai sensi del punto 6 della disciplina del 2001, le azioni relative alla sicurezza e all’igiene non rientrano nell’ambito di applicazione di quella disciplina.

157
In secondo luogo, la decisione impugnata, oltre a constatare l’assenza di finalità ambientale dell’investimento, rileva che il costo dell’investimento destinato alla tutela dell’ambiente non poteva essere isolato dal costo globale dell’operazione. Orbene, questa motivazione della decisione impugnata non è sovrabbondante, poiché si potrebbe dedurre uno scopo ambientale dell’investimento dall’esistenza di un costo aggiuntivo del progetto rispetto ad un altro ipotetico progetto che permettesse le medesime prestazioni economiche in condizioni ambientali meno favorevoli (v. precedente punto 151).

158
Su tale punto, la Ferriere sostiene che l’aspetto ambientale del suo investimento corrisponde alla parte del costo totale dello stesso che è stata riconosciuta ammissibile dalla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia, per un importo di ITL 11 miliardi (EUR 5,68 milioni).

159
La Ferriere, invitata mediante un quesito scritto del Tribunale, citato al precedente punto 35, a precisare gli elementi sulla base dei quali il costo dell’investimento supplementare per la tutela dell’ambiente poteva essere valutato in ITL 11 miliardi sui 20 miliardi che costituivano il costo totale dell’investimento, si è limitata a fare riferimento alla valutazione effettuata dalla Regione. All’udienza, la ricorrente ha ammesso che era difficile operare distinzioni nel caso di un processo produttivo che, di per sé, apporta un miglioramento alla tutela dell’ambiente e ha indicato che la Regione aveva escluso le spese di carattere generale.

160
Le lettere della Ferriere alla Regione datate 26 maggio e 26 giugno 1998, versate agli atti, che descrivono dettagliatamente il bilancio dell’investimento nelle sue diverse componenti, non forniscono una risposta al quesito posto. Al Tribunale non è stata data alcuna spiegazione complementare che consentisse di comprendere il metodo seguito per concludere che gli 11 miliardi di lire italiane citati corrispondono al costo ambientale dell’investimento. Benché sia comprensibile la difficoltà di isolare tale costo in un caso come quello di specie, in cui i vantaggi per l’ambiente sono intrinseci al processo produttivo, i principi sanciti dalla disciplina del 2001, simili a quelli della disciplina del 1994, escludono che il costo totale dell’investimento possa essere considerato ammissibile ad un aiuto e prescrivono di identificare i costi supplementari per il raggiungimento dell’obiettivo della tutela dell’ambiente.

161
Orbene, né la ricorrente né la Repubblica italiana hanno fornito spiegazioni a tale proposito. In particolare, non hanno descritto l’iter seguito dalla Regione autonoma Friuli‑Venezia Giulia per giungere alla determinazione dell’importo dell’investimento che poteva beneficiare dell’aiuto.

162
Conseguentemente, la Commissione ha legittimamente ritenuto nella decisione impugnata che non fosse possibile isolare nel contesto dell’investimento la spesa specificamente destinata alla tutela dell’ambiente.

163
Pertanto, la Commissione ha giustamente considerato che all’investimento della Ferriere non fosse possibile concedere un aiuto per la tutela dell’ambiente.

164
Stante quanto sopra, risulta che la Commissione ha legittimamente dichiarato l’aiuto incompatibile con il mercato comune. La Ferriere e la Repubblica italiana, quindi, non sono legittimate a chiedere l’annullamento della decisione impugnata. Le conclusioni dirette all’annullamento di tale decisione debbono pertanto essere respinte.


Sulla domanda di risarcimento del danno denunciato

Argomenti delle parti

165
La Ferriere sostiene di aver subito un danno a causa dell’illegittimità della decisione impugnata, che lede la libertà di iniziativa economica e il diritto di proprietà, a causa dell’apertura del procedimento formale e del ritardo per portarlo a compimento. Non avendo potuto disporre dell’aiuto che la Regione era disposta ad accordarle, sarebbe dovuto ricorrere al credito per finanziare l’investimento e sarebbe stata privata della possibilità di utilizzare ad altri fini l’importo da essa anticipato.

166
La ricorrente chiede un risarcimento che compensi il periodo durante il quale non ha avuto la disponibilità dell’aiuto. Il risarcimento dovrebbe corrispondere ad un importo che consenta il pagamento degli interessi legali e il ristoro del danno dovuto alla svalutazione monetaria, calcolato a partire dal 26 aprile 1999, data che corrisponderebbe alla fine del termine di due mesi a partire dalla ricezione della notificazione, avvenuta il 25 febbraio 1999, momento in cui la Commissione avrebbe dovuto riconoscere la compatibilità dell’aiuto.

167
La Commissione sostiene che non sono soddisfatte le condizioni perché sorga la sua responsabilità. A suo avviso, tra i diritti fondamentali, solamente quelli a tutela della certezza del diritto e del legittimo affidamento sarebbero teoricamente tali da rientrare nella categoria delle norme la cui violazione può far sorgere la responsabilità delle istituzioni. Inoltre, nel caso di specie, difetterebbe in ogni caso il carattere grave e manifesto della violazione. Infine, la ricorrente non avrebbe dimostrato in che modo vi sarebbe stata lesione della libertà di iniziativa economica e del diritto di proprietà.

168
La Commissione sostiene, inoltre, che i danni denunciati non sono né certi né determinabili, in quanto le imprese non dispongono di un diritto a ricevere gli aiuti di Stato, tanto meno ad una data fissa. La convenuta aggiunge che, anche qualora l’aiuto fosse rientrato nell’ambito di un regime autorizzato, il ritardo nel versamento dello stesso non sarebbe imputabile alla Commissione, bensì alle autorità italiane che hanno scelto di notificare l’aiuto e poi di sospendere il versamento. La domanda di pagamento degli interessi di mora sarebbe priva di fondamento, trattandosi di risarcimento del danno. Infine, quanto alla svalutazione monetaria, la ricorrente non avrebbe dimostrato l’effettività del danno.

Giudizio del Tribunale

169
La domanda di risarcimento della Ferriere, presentata sul fondamento degli artt. 235 CE e 288 CE, attiva la responsabilità extracontrattuale della Comunità a causa del danno provocatole dall’illegittimità della decisione impugnata.

170
Per giurisprudenza consolidata, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità presuppone che il ricorrente provi l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione interessata, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e sentenza del Tribunale 28 novembre 2002, causa T‑40/01, Scan Office Design/Commissione, Racc. pag. II‑5043, punto 18). Qualora una di queste condizioni non sia soddisfatta, il ricorso deve essere respinto interamente senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti della responsabilità (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punti 19 e 81, e sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde‑Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37).

171
Non essendo soddisfatta la prima condizione alla quale è subordinato il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, relativa all’illegittimità dell’atto impugnato, la domanda di risarcimento dev’essere respinta integralmente senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti di tale responsabilità, vale a dire l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento della Commissione e il danno lamentato.

172
Da quanto sopra esposto risulta che il ricorso dev’essere integralmente respinto.


Sulle spese

173
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, l’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura prevede che Stati membri sopportino le proprie spese se intervenuti nella causa.

174
Poiché la ricorrente è risultata soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese e quelle della Commissione, conformemente alle conclusioni di quest’ultima.

175
La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese ai sensi dell’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)
Il ricorso è respinto.

2)
La ricorrente è condannata a sopportare le proprie spese e quelle della Commissione.

3)
La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese.

Legal

Tiili

Meij

Vilaras

Forwood

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 novembre 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

H. Legal


1
Lingua processuale: l'italiano.