Language of document : ECLI:EU:C:2018:52

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 31 gennaio 2018 (1)

Causa C527/16

Salzburger Gebietskrankenkasse,

Bundesminister für Arbeit, Soziales und Konsumentenschutz

con l’intervento di

Alpenrind GmbH,

Martin-Meat Szolgáltató és Kereskedelmi Kft,

Martimpex-Meat Kft,

Pensionsversicherungsanstalt,

Allgemeine Unfallversicherungsanstalt

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Lavoratori migranti – Sicurezza sociale – Lavoratori distaccati in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede il datore di lavoro – Regolamento (CE) n. 987/2009 – Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 19, paragrafo 2 – Documento portatile A1 – Efficacia vincolante – Decisione adottata dalla commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale relativa alla revoca del documento portatile A1 – Effetto retroattivo del documento portatile A1 – Rilascio del documento portatile A1 dopo l’assoggettamento del lavoratore al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 12, paragrafo 1 – Condizione di non-sostituzione dei lavoratori distaccati»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 (2) nonché dell’articolo 5, paragrafo 1, e dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 987/2009 (3).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una causa che contrappone la Salzburger Gebietskrankenkasse (cassa regionale di malattia del Land di Salisburgo, Austria; in prosieguo: la «cassa di malattia di Salisburgo») e il Bundesminister für Arbeit, Soziales und Konsumentenschutz (Ministro federale del lavoro, della sicurezza sociale e della tutela dei consumatori, Austria),da una parte, ad un’impresa austriaca e, dall’altra, a due imprese ungheresi, per quanto riguarda la determinazione della legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale nei confronti dei lavoratori distaccati in Austria.

3.        Con le sue due prime questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare gli effetti giuridici conferiti ad un documento portatile A1 (4), rilasciato sulla base dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, per attestare la legislazione applicabile ad una persona sulla base di una norma del titolo II del regolamento n. 883/2004. Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, a tal proposito, se il documento portatile A1 vincoli un organo giurisdizionale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dello Stato membro ospitante. In caso affermativo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, nella sua seconda questione pregiudiziale, se il documento portatile A1 abbia efficacia vincolante anche quando la commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (in prosieguo: la «commissione amministrativa») (5) abbia preso una decisione relativa alla revoca di tale documento, ma l’istituzione emittente non abbia provveduto alla revoca di detto documento A1. Il giudice del rinvio pone, inoltre, la questione dell’efficacia vincolante del documento portatile A1, nell’ipotesi in cui detto documento sia stato rilasciato dopo che il lavoratore interessato sia stato assoggettato al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e se, eventualmente, il documento A1 possa avere effetti retroattivi.

4.        Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio s’interroga sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, ai sensi del quale la persona che è distaccata dal suo datore di lavoro per svolgere un lavoro in un altro Stato membro rimane soggetta, a determinate condizioni, alla legislazione in materia di sicurezza sociale dello Stato membro di origine. In particolare, il giudice del rinvio chiede se la condizione stabilita in questa disposizione, che richiede che la persona distaccata «non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata» (in prosieguo: la «condizione di non-sostituzione»), non sia rispettata qualora la sostituzione avvenga sotto la forma di un distacco effettuato non dallo stesso datore di lavoro ma da un altro datore di lavoro e se, in tale contesto, risulti importante sapere se i due datori di lavoro abbiano la loro sede nello stesso Stato membro oppure se esistano, tra di loro, rapporti di tipo personale e/o organizzativo.

II.    Diritto dell’Unione

A.      Regolamento n. 883/2004

5.        Contenuto nel titolo II del regolamento n. 883/2004, intitolato «Determinazione della legislazione applicabile», l’articolo 11, intitolato «Norme generali», dispone al suo paragrafo 1 e al suo paragrafo 3, lettera a) quanto segue:

«1. Le persone alle quali si applica il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un singolo Stato membro. Tale legislazione è determinata a norma del presente titolo.

(…)

3. Fatti salvi gli articoli dal 12 al 16:

a) una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro

(…)»

6.        L’articolo 12, figurante allo stesso titolo del regolamento n. 883/2004, e intitolato «Norme particolari», disponeva, nella sua versione iniziale, al suo paragrafo 1:

«La persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona».

7.        Nel corso del periodo in questione nel procedimento principale, vale a dire il periodo dal 1o febbraio 2012 al 13 dicembre 2013, l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 è stato modificato dal regolamento n. 465/2012 con effetto a decorrere dal 28 giugno 2012(6). Più specificatamente, le parole «che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona», che figuravano nell’ultimo capoverso della disposizione, sono state sostituite dalla dicitura «che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata» (7).

8.        L’articolo 76, intitolato «Cooperazione», figurante al titolo V del regolamento n. 883/2004, intitolato «Disposizioni varie», al suo paragrafo 6 dispone quanto segue:

«In caso di difficoltà di interpretazione o di applicazione del presente regolamento, tali da mettere in causa i diritti di una persona cui esso è applicabile, l’istituzione dello Stato membro competente o dello Stato membro di residenza della persona in causa contatta l’istituzione/le istituzioni dello o degli Stati membri interessati. In assenza di una soluzione entro un termine ragionevole, le autorità interessate possono adire la commissione amministrativa».

B.      Regolamento n. 987/2009

9.        Inserito nel titolo I del regolamento n. 987/2009, intitolato «Disposizioni generali», l’articolo 5, intitolato «Valore giuridico dei documenti e delle certificazioni rilasciati in un altro Stato membro», dispone che:

«1. I documenti rilasciati dall’istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell’applicazione del regolamento di base e del regolamento di applicazione, nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati.

2. In caso di dubbio sulla validità del documento o sull’esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano, l’istituzione dello Stato membro che riceve il documento chiede all’istituzione emittente i chiarimenti necessari e, se del caso, il ritiro del documento. L’istituzione emittente riesamina i motivi che hanno determinato l’emissione del documento e, se necessario, procede al suo ritiro.

3. A norma del paragrafo 2, in caso di dubbio sulle informazioni fornite dalla persona interessata, sulla validità del documento o sulle certificazioni o sull’esattezza dei fatti su cui si basano le indicazioni che vi figurano, l’istituzione del luogo di dimora o di residenza procede, qualora le sia possibile, su richiesta dell’istituzione competente, alle verifiche necessarie di dette informazioni o detto documento.

4. In mancanza di accordo tra le istituzioni interessate, la questione può essere sottoposta alla commissione amministrativa, per il tramite delle autorità competenti, non prima che sia trascorso un mese dalla data in cui l’istituzione che ha ricevuto il documento ha sottoposto la sua richiesta. La commissione amministrativa cerca di conciliare i punti di vista entro i sei mesi successivi alla data in cui la questione le è sottoposta».

10.      Contenuto nel titolo II del regolamento n. 987/2009, intitolato «Determinazione della legislazione applicabile», l’articolo 19, intitolato «Informazione agli interessati e ai datori di lavoro», dispone al suo paragrafo 2:

«Su richiesta della persona interessata o del datore di lavoro, l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile a norma del titolo II del regolamento di base fornisce un attestato del fatto che tale legislazione è applicabile e indica, se del caso, fino a quale data e a quali condizioni».

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

11.      L’Alpenrind GmbH, società avente la propria sede in Austria, opera nel comparto della commercializzazione di bestiame e di carni e, dal 1997, gestisce a Salisburgo un impianto di macellazione che affitta.

12.      Nel 2007, l’Alpenrind GmbH (o meglio la società S GmbH cui è succeduta) ha stipulato con la Martin-Meat Szolgáltató és Kereskedelmi Kft (in prosieguo: la «Martin-Meat»), società con sede in Ungheria, un contratto secondo il quale la Martin-Meat si impegnava ad effettuare operazioni di sezionamento e confezionamento carni. Tali lavori venivano svolti nei locali dell’Alpenrind GmbH da lavoratori distaccati in Austria.(8) La Martin-Meat ha svolto queste operazioni fino al 31 gennaio 2012.

13.      Il 24 gennaio 2012, l’Alpenrind ha stipulato con la Martimpex-Meat Kft, società con sede in Ungheria, un contratto secondo il quale quest’ultima si impegnava ad effettuare, nel periodo dal 1o febbraio 2012 al 31 gennaio 2014, operazioni di sezionamento e confezionamento carni. Tali lavori venivano svolti nei locali dell’Alpenrind GmbH da lavoratori distaccati in Austria.

14.      A partire dal 1o febbraio 2014, l’Alpenrind ha, di nuovo, incaricato la Martin-Meat di svolgere dette operazioni di sezionamento di carne nei locali sopraindicati con il proprio personale dipendente.

15.      Per gli oltre 250 lavoratori dipendenti della Martimpex-Meat nel periodo in questione, vale a dire dal 1o febbraio 2012 al 13 dicembre 2013, l’istituzione ungherese competente ha rilasciato documenti portatili A1 che attestavano l’applicazione a tali lavoratori del regime di sicurezza sociale ungherese, a norma degli articoli da 11 a 16 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 19 del regolamento n. 987/2009. Il giudice del rinvio specifica che tali documenti sono stati rilasciati «in parte con effetto retroattivo e in parte in casi in cui l’ente per l’assicurazione sociale austriaco aveva già accertato, con provvedimento (non definitivo), la sussistenza di un obbligo di assicurazione del collaboratore interessato in base alle disposizioni austriache» (9). Ciascuno di tali documenti individuava l’Alpenrind come datore di lavoro per l’attività professionale in loco.

16.      Con provvedimento datato 13 dicembre 2013, la cassa di malattia di Salisburgo ha accertato la sussistenza di un obbligo di assicurazione dei suddetti lavoratori nel periodo in questione ai sensi della normativa austriaca in materia di sicurezza sociale.

17.      Con sentenza del 7 marzo 2016, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria) ha annullato il provvedimento della cassa di malattia di Salisburgo, dichiarandola non competente. Il giudice del rinvio precisa che tale sentenza è stata motivata segnatamente con la circostanza che «il competente ente per l’assicurazione sociale ungherese [ha emesso], per ciascuna persona soggetta all’obbligo di assicurazione austriaca, un documento [portatile] A 1 indicante che la persona interessata è un lavoratore della [Martimpex-Meat] occupato a partire da una certa data in Ungheria ed ivi soggetto a obbligo di assicurazione e che esso è distaccato presso [l’Alpenrind], prevedibilmente, per i periodi indicati nei rispettivi formulari, tra cui rientrano i periodi controversi».

18.      La cassa di malattia di Salisburgo e il Ministro federale del lavoro, degli affari sociali e della tutela dei consumatori hanno presentato ricorso per «Revision» contro tale sentenza davanti al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa), contestando l’efficacia vincolante assoluta dei documenti portatili A1. Secondo tali ricorrenti, l’efficacia vincolante si basa sul rispetto del principio di leale cooperazione tra gli Stati membri, sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Orbene, l’istituzione ungherese competente non avrebbe, nel caso in questione, rispettato questo principio. A questo riguardo, il Ministro federale del lavoro, degli affari sociali e della tutela dei consumatori ha prodotto, nel procedimento per «Revision», documenti da cui risulta che la commissione amministrativa ha stabilito, in data 20e 21 giugno 2016, che l’Ungheria si era erroneamente dichiarata competente per i lavoratori interessati e che, quindi, i documenti portatili A1 dovevano essere revocati.

19.      Nelle sue conclusioni del 20 e del 21 giugno 2016, la commissione amministrativa ha approvato, all’unanimità delle delegazioni che non erano coinvolte nella controversia, il parere del comitato di conciliazione della commissione amministrativa (in prosieguo: il «comitato di conciliazione») del 9 maggio 2016 su un disaccordo tra la Repubblica Austriaca e l’Ungheria.(10) Risulta da tale parere che il procedimento davanti alla commissione amministrativa traeva la sua origine da una annosa controversia tra la Repubblica d’Austria e l’Ungheria sulla individuazione della legislazione applicabile ai lavoratori che erano stati distaccati in Austria dalla Martin-Meat e dalla Martimpex-Meat nell’ambito degli accordi stipulati da queste due imprese con l’Alpenrind. Tale controversia si inserisce nel contesto di un dibattito più generale, sorto nella commissione amministrativa, relativamente all’interpretazione da dare alla condizione di non-sostituzione prevista dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (11).

20.      Nel suo parere del 9 maggio 2016, il comitato di conciliazione ha statuito in favore della posizione adottata dalla Repubblica d’Austria, considerando, in sostanza, che la circostanza secondo la quale la persona sia distaccata da un datore di lavoro diverso da quello da cui dipendeva il lavoratore precedentemente distaccato non permette di escludere che la situazione possa essere qualificata come una «sostituzione» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (12). Su tale base, il comitato di conciliazione ha considerato che, nel caso in questione, i documenti portatili A1 rilasciati nei confronti dei lavoratori supplenti erano stati erroneamente rilasciati e dovevano essere revocati, in linea di principio, a partire dalla data in cui l’istituzione ungherese competente era stata informata e aveva ricevuto le prove riguardanti la situazione nello Stato membro ospitante. Il comitato di conciliazione, riconoscendo tuttavia che la revoca retroattiva dei documenti portatili A1 solleverebbe difficoltà amministrative non indifferenti e avrebbe effetti sfavorevoli nei confronti dei lavoratori interessati, ha invocato la possibilità per la Repubblica d’Austria e l’Ungheria di negoziare un accordo sulla questione (13).

21.      Risulta pacifico che i documenti portatili A1 rilasciati nei confronti dei lavoratori interessati non sono stati revocati o annullati dall’istituzione ungherese competente a seguito del procedimento davanti alla commissione amministrativa. A tal proposito, emerge dalle osservazioni presentate dal governo ungherese e dal governo austriaco che le autorità dei due Stati membri hanno effettivamente avviato un dialogo concernente le modalità di revoca di detti documenti ma che tale dialogo è attualmente sospeso in attesa che la Corte si pronunci sulla presente domanda di decisione pregiudiziale.

22.      Con ordinanza del 14 settembre 2016, pervenuta alla Corte il 14 ottobre 2016, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se l’efficacia vincolante dei documenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, [regolamento n. 987/2009], disciplinata dall’articolo 5 del suddetto regolamento n. 987/2009, operi anche nell’ambito di un procedimento dinanzi a un giudice ai sensi dell’articolo 267 TFUE

2.      Ove non sia data risposta negativa già alla prima questione:

a)      Se la suddetta efficacia vincolante operi anche quando, in precedenza, si è svolto un procedimento dinanzi alla commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che non ha portato né a un accordo, né alla revoca dei documenti controversi.

b)      Se la suddetta efficacia vincolante operi anche quando un documento “A1” viene rilasciato solo dopo che lo Stato membro ospitante ha formalmente accertato l’obbligo di assicurazione in base alla propria normativa. Se l’efficacia vincolante operi, in tali casi, anche retroattivamente.

3.      Ove, a determinate condizioni, i documenti a norma dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento [n. 987/2009] spieghino una limitata efficacia vincolante:

se sussista una violazione del divieto di sostituzione previsto all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento [n. 883/2004] quando la sostituzione avviene mediante un distacco non da parte dello stesso datore di lavoro ma di un altro datore di lavoro; se, a tal riguardo, rilevi

a)      il fatto che il datore di lavoro in parola ha la propria sede nello stesso Stato membro del primo datore di lavoro, oppure

b)      il fatto che tra il primo e il secondo datore di lavoro distaccante sussistono legami sotto il profilo personale e/od organizzativo»

23.      Sono state depositate osservazioni scritte da parte della cassa di malattia di Salisburgo, dell’Alpenrind, della Martin-Meat e della Martimpex-Meat,(14) da parte dei governi austriaco, belga, ceco, tedesco, irlandese, ungherese e polacco nonché della Commissione europea. All’udienza tenutasi il 28 settembre 2017, la cassa di malattia di Salisburgo, l’Alpenrind, la Martin-Meat e la Martimpex-Meat, nonché i governi autriaco, ceco, irlandese, francese, ungherese e polacco e la Commissione hanno presentato osservazioni orali.

IV.    Analisi

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

24.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 debba essere interpretato nel senso che un documento portatile A1 rilasciato dall’istituzione competente di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detto regolamento, e attestante l’affiliazione del lavoratore al sistema di sicurezza sociale di detto Stato membro, sulla base di una delle disposizioni di cui al titolo II del regolamento n. 883/2004, è vincolante nei confronti di un organo giurisdizionale, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, di un altro Stato membro (15).

25.      Come le altre parti interessate che hanno presentato alla Corte le loro osservazioni sull’argomento, con l’eccezione della cassa di malattia di Salisburgo (16), ritengo che questa prima domanda meriti una risposta affermativa, per i seguenti motivi (17).

26.      Bisogna, innanzi tutto, rilevare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, fintantoché non venga revocato o invalidato,, il certificato E 101 (sostituito, poi, dal documento portatile A1 (18)) vincola l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro in cui il lavoratore dipendente si reca per svolgere un’attività lavorativa e, pertanto, vincola i suoi organi. Ne risulta che un giudice dello Stato membro ospitante non è legittimato a verificare la validità di un certificato E 101 con riferimento agli elementi in base ai quali esso è stato rilasciato(19).

27.      Come ha già constatato la Corte, il regolamento n. 987/2009, attualmente in vigore, ha codificato la giurisprudenza della Corte, riconoscendo, in particolare, il carattere vincolante del certificato E 101 e la competenza esclusiva dell’istituzione emittente riguardo alla valutazione della validità di detto certificato (20). L’articolo 5, paragrafo 1, di detto regolamento stabilisce, infatti, che i documenti rilasciati dall’istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell’applicazione dei regolamenti nn. 883/2004 e 987/2009, nonché le certificazioni su cui si è basato il rilascio dei documenti, sono accettati dalle istituzioni degli altri Stati membri fintantoché essi non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati.(21).

28.      Non ci sono, secondo me, elementi che consentano di presupporre che, procedendo a tale codificazione, il legislatore dell’Unione abbia avuto l’intenzione di limitare l’efficacia vincolante dei documenti di cui all’articolo 5 del regolamento n. 987/2009 alle sole istituzioni di sicurezza sociale degli Stati membri e, conseguentemente, di derogare alla giurisprudenza costante della Corte, secondo la quale il certificato E 101 vincola anche gli organi giurisdizionali degli altri Stati membri (22).

29.      L’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 non fa, certo, riferimento agli organi giurisdizionali degli altri Stati membri. Bisogna, tuttavia, rilevare che i termini utilizzati nella redazione di detta disposizione ricalcano, in larga misura, quelli utilizzati dalla Corte nella sua giurisprudenza relativa al certificato E 101. La Corte ha pertanto constatato che il certificato E 101 è vincolante per l’organo competente dello Stato membro in cui tale lavoratore svolge l’attività lavorativa e che, fintantoché detto certificato non venga revocato o invalidato, detta istituzione deve tener conto del fatto che quest’ultimo è già soggetto alla normativa previdenziale dello Stato membro in cui ha sede l’impresa presso cui questi lavora e tale ente non può, di conseguenza, assoggettare il lavoratore di cui trattasi al proprio regime previdenziale(23). Inoltre, l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 prevede espressamente che i documenti di cui a tale norma hanno valore obbligatorio fintantoché essi non vengono non siano ritirati o dichiarati non validi dallo Stato membro in cui sono stati rilasciati, il che conferma la conclusione secondo la quale questa disposizione non consente ad un altro Stato membro di mettere in discussione, per il tramite dei suoi organi giurisdizionali, la validità dei suddetti documenti.

30.      I lavori preparatori del regolamento n. 987/2009 non contengono la minima indicazione in merito ad una eventuale volontà, da parte del legislatore dell’Unione di derogare alla giurisprudenza della Corte sull’efficacia vincolante del certificato E 101 per quanto riguarda i giudici nazionali. Risulta, invece, dalla proposta che ha portato all’adozione di detto regolamento, che l’unico suo scopo era la semplificazione e la modernizzazione delle disposizioni del regolamento n. 574/72 (24).

31.      Bisogna, inoltre, sottolineare che il considerando 12 del regolamento n. 987/2009 specifica proprio che le misure e procedure previste da tale regolamento «risultano dalla giurisprudenza della [Corte], dalle decisioni della commissione amministrativa e dall’esperienza di oltre trent’anni d’applicazione del coordinamento dei regimi di sicurezza sociale nel quadro delle libertà fondamentali previste dal trattato» (25). Tale constatazione lascia presumere che, se il legislatore dell’Unione avesse avuto l’intenzione di scostarsi dalla giurisprudenza della Corte sull’efficacia vincolante del certificato E 101, l’avrebbe precisato esplicitamente.

32.      Per quanto riguarda, infine, l’articolo 6 del regolamento n. 987/2009, cui fa riferimento il giudice del rinvio, occorre constatare che questa disposizione prevede l’applicazione provvisoria di una legislazione in materia di sicurezza sociale, in caso di divergenza di punti di vista tra le istituzioni o le autorità di due o più Stati membri sulla determinazione della legislazione applicabile(26). Orbene, non ci sono elementi, secondo me, che permettano di considerare che il legislatore dell’Unione aveva, con questa disposizione, inteso limitare l’efficacia vincolante dei documenti di cui all’articolo 5 di detto regolamento. A tal proposito, bisogna rilevare che, ai sensi del suo paragrafo 1, detto articolo 6 si applica «salvo disposizione contraria del regolamento [n. 987/2009]» (27).

33.      Sulla base di quanto precede, bisogna, secondo me, considerare che, nell’adottare il regolamento n. 987/2009 e, in particolare, il suo articolo 5, paragrafo 1, il legislatore dell’Unione ha semplicemente inteso codificare la giurisprudenza della Corte sull’efficacia vincolante del certificato E 101. Per questo motivo, ritengo che detta giurisprudenza sia applicabile, mutatis mutandis, ai documenti portatili A1.

34.      Aggiungo, inoltre, che una interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 che limiti l’efficacia vincolante del documento portatile A1 alle sole istituzioni di sicurezza sociale degli Stati membri rischierebbe di privare questa disposizione di effetto utile. Come ha constatato la Corte per quanto riguarda il certificato E 101, se si ammettesse che la competente istituzione nazionale posse, ricorrendo ad un giudice dello Stato membro ospitante il lavoratore interessato e di cui essa è parte, fare dichiarare invalido detto certificato, il sistema basato sulla leale cooperazione tra gli organi competenti degli Stati membri potrebbe essere compromesso (28).

35.      In proposito, occorre constatare che, sebbene il precedente quadro normativo, basato sui regolamenti nn. 1408/71 e 574/72 non contenesse alcuna disposizione corrispondente all’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, la Corte ha tuttavia basato la sua giurisprudenza relativa all’efficacia vincolante del certificato E 101, segnatamente, sul rispetto del principio di unicità della legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale, sancito dall’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 1408/71 (che corrisponde all’attuale articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (29)) e sul principio di certezza del diritto per le persone che si spostano all’interno dell’Unione, nonché sugli obblighi che derivano dal principio di leale cooperazione tra gli Stati membri, sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE (30). Queste considerazioni rimangono, a mio parere, totalmente valide nel quadro dei regolamenti nn. 883/2004 e 987/2009.

36.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale che l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 deve essere interpretato nel senso che, fintantoché non sia stato ritirato o dichiarato invalido, il documento portatile A1 rilasciato dalla competente istituzione di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detto regolamento, attestante l’affiliazione del lavoratore al sistema di sicurezza sociale di tale Stato membro, sulla base di una disposizione del titolo II del regolamento n. 883/2004, vincola gli organi giurisdizionali, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, di un altro Stato membro (31).

B.      Sulla seconda questione pregiudiziale

37.      La seconda questione pregiudiziale, che viene posta solo ove sia data risposta affermativa alla prima questione, si articola in due capi riguardanti due ipotesi ben precise. Con il primo capo, il giudice del rinvio s’interroga sull’efficacia vincolante del documento portatile A1 nell’ipotesi in cui un procedimento sia stato avviato davanti alla commissione amministrativa [seconda questione pregiudiziale, lettera a)]. Con il secondo capo, il giudice del rinvio chiede se il documento portatile A1 abbia un’efficacia vincolante nell’ipotesi in cui esso sia stato rilasciato dopo l’assoggettamento del lavoratore interessato al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e, nel caso di risposta affermativa, se tale documento abbia, in tal caso, un effetto retroattivo [seconda questione pregiudiziale, lettera b)]. Esaminerò queste due ipotesi nel prosieguo.

1.      Prima ipotesi: il procedimento avviato davanti alla commissione amministrativa [seconda questione pregiudiziale, lettera a)]

38.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, lettera a), il giudice del rinvio si interroga sull’efficacia vincolante del documento portatile A1, nell’ipotesi in cui un procedimento svoltosi in precedenza dinanzi alla commissione amministrativa non abbia portato né ad un accordo né alla revoca dei documenti controversi.

39.      Nella sua motivazione, il giudice del rinvio precisa che tale domanda serve a determinare se, «se l’efficacia vincolante del documento non venga meno e non sia proponibile un procedimento di accertamento dell’obbligo di assicurazione quantomeno dopo un procedimento dinanzi alla commissione amministrativa che non ha portato né a un accordo (nel senso che le istituzioni di entrambi gli Stati membri riconoscono ora la validità e la correttezza del certificato), né alla revoca del documento controverso (perché non si è giunti a una raccomandazione in tal senso da parte della commissione amministrativa o in quanto l’istituzione emittente non segue tale raccomandazione)».

40.      Risulta sia dalla decisione di rinvio sia dalle osservazioni presentate alla Corte che, nel caso in questione, gli Stati membri interessati hanno adito la commissione amministrativa, la quale ha adottato una decisione di revoca dei documenti portatili A1 controversi. Ne risulta, inoltre, che detti documenti non sono tuttavia stati revocati dalla competente istituzione ungherese a seguito del procedimento davanti a tale commissione (32).

41.      Ciò premesso, ritengo che la seconda questione pregiudiziale, lettera a), debba essere intesa come tendente, sostanzialmente, a precisare se il documento portatile A1 abbia efficacia vincolante anche in una situazione come quella del procedimento principale, in cui la commissione amministrativa ha adottato una decisione di revoca di tale documento, laddove l’istituzione emittente non ha, invece, provveduto alla revoca di detto documento (33).

42.      La cassa di malattia di Salisburgo ed i governi austriaco, belga, ceco (34) e francese propongono, in sostanza, di rispondere negativamente a tale questione. Al riguardo, dette parti e soggetti interessati fanno valere, in particolare, la violazione del principio di leale cooperazione fra gli Stati membri, sancito nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, quando l’istituzione emittente non procede all’annullamento o alla revoca del documento portatile A1, in conformità con una decisione della commissione amministrativa. Le altre parti e soggetti interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte sostengono, invece, che il procedimento davanti alla commissione amministrativa non può avere una incidenza sull’efficacia vincolante del documento portatile A1. Condivido quest’ultima posizione, per i seguenti motivi.

43.      Bisogna, innanzi tutto, osservare che il presente caso si distingue da quello che ha dato luogo alla sentenza A-Rosa Flussschiff (35), in quanto, nella fattispecie, gli Stati membri interessati hanno avviato il procedimento davanti alla commissione amministrativa, la quale ha preso una decisione relativa alla revoca dei documenti portatili A1 di cui trattasi (36). A mio parere, tale differenza non deve, tuttavia, incidere sulla conclusione che emerge da tale sentenza, in linea con una giurisprudenza costante della Corte (37), secondo la quale il certificato E 101 (diventato il documento portatile A1) vincola sia le istituzioni di sicurezza sociale dello Stato membro in cui l’attività lavorativa viene svolta sia gli organi giurisdizionali del medesimo Stato membro.

44.      Considero, infatti, che l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 secondo la quale il documento portatile A1 perderebbe la sua efficacia vincolante in una situazione simile a quella oggetto del procedimento principale, equivarrebbe, in realtà, a riconoscere alle decisioni prese dalla commissione amministrativa natura vincolante. A mio avviso, un tale risultato è incompatibile con l’attuale quadro normativo.

45.      È importante, a questo proposito, ricordare che, nella sentenza Romano (38), la Corte ha osservato che risultava, tanto dal diritto primario in materia di competenze conferite dal Consiglio dell’Unione europea alla Commissione per l’attuazione delle norme da esso stabilite, quanto dal sistema giurisdizionale istituito dal Trattato [CEE], che il Consiglio non può conferire ad un organo come la commissione amministrativa il potere di adottare «atti di carattere normativo». Secondo la Corte, una decisione di un organo siffatto, pur potendo fornire un aiuto agli enti previdenziali incaricati di applicare il diritto dell’Unione, non è tale da obbligare questi ultimi a seguire determinati metodi o ad adottare determinate interpretazioni quando procedono all’applicazione delle norme dell’Unione. La Corte ne ha tratto la conclusione che la decisione controversa, adottata dalla suddetta commissione amministrativa, «non vincolava» il giudice del rinvio (39).

46.      Se, da una parte, a seguito dei cambiamenti intervenuti nel diritto primario, in particolare con il Trattato di Lisbona, ci si può, certo, chiedere, se questa giurisprudenza continui ad applicarsi, segnatamente, per quanto riguarda la possibilità di conferire ad un organo quale la commissione amministrativa la competenza di adottare atti destinati a produrre effetti giuridici (40), non ci sono elementi che consentano di presupporre che il legislatore dell’Unione abbia effettivamente avuto l’intenzione di conferire alla commissione amministrativa una tale competenza.

47.      Infatti, l’articolo 72 del regolamento n. 883/2004, che elenca i compiti della commissione amministrativa, stabilisce, al punto a), che detta commissione è incaricata «di trattare ogni questione amministrativa e di interpretazione derivante dalle disposizioni [del regolamento n.882/2004] o da quelle del regolamento [n. 987/2009] o di ogni altro accordo concluso o che dovesse intervenire nell’ambito di questi, fatto salvo il diritto delle autorità, delle istituzioni e delle persone interessate di far ricorso alle procedure e alle giurisdizioni previste dalla legislazione degli Stati membri, dal [regolamento n.883/2004] o dal trattato» (41).La Corte ha deciso, per quanto riguarda la disposizione quasi identica prevista nell’articolo 43 del vecchio regolamento n. 3 (42), che «l’efficacia delle decisioni [della commissione amministrativa] è definita dallo stesso articolo 43» e che «detto articolo lascia impregiudicata la facoltà dei tribunali competenti di conoscere della validità e del contenuto delle disposizioni [di detto regolamento n. 3], a proposito delle quali le decisioni di [tale commissione] hanno soltanto il valore di un parere» (43).

48.      Per quanto riguarda, inoltre, l’avvio di un procedimento davanti alla commissione amministrativa, l’articolo 76, paragrafo 6, del regolamento n. 883/2004 dispone che, in assenza di una soluzione entro un termine ragionevole, le autorità interessate possono adire tale commissione. L’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento n. 987/2009 precisa ancora che la commissione amministrativa cerca di conciliare i punti di vista entro i sei mei successivi alla data in cui la questione le è stata sottoposta (44). I termini «cerca di conciliare», che figurano anche nell’articolo 6, paragrafo 3, di quest’ultimo regolamento n. 987/2009 nonché nella decisione A1 della commissione amministrativa (45), indicano chiaramente, a mio parere, la natura non vincolante del procedimento davanti a tale commissione (46).

49.      La giurisprudenza della Corte relativa al certificato E 101 mi sembra ugualmente fondata sulla premessa secondo la quale le decisioni della commissione amministrativa non hanno efficacia vincolante. In tale giurisprudenza, la Corte ha messo in evidenza le diverse opzioni a disposizione di uno Stato membro nell’ipotesi di disaccordo con uno o più Stati membri in un determinato caso per quanto riguarda la legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale (47). Secondo la Corte, occorre, in una prima fase, seguire la via del dialogo con l’istituzione che ha rilasciato il documento in questione. Nell’ipotesi in cui le istituzioni interessate non raggiungessero un accordo, esse hanno sempre la facoltà, in una seconda fase, di investire della questione la commissione amministrativa. Infine, se tale commissione non riesce a conciliare i punti di vista delle istituzioni competenti, rimane, per lo Stato membro ospitante, la facoltà, senza pregiudizio degli eventuali rimedi giurisdizionali esistenti nello Stato membro a cui appartiene l’istituzione emittente, di promuovere un procedimento per inadempimento davanti alla Corte, ai sensi dell’articolo 259 TFUE (48). La Corte non invoca, invece, in tale contesto, la possibilità di promuovere un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE nei confronti della decisione della commissione amministrativa, allorché sarebbe stata una conseguenza logica, secondo me, se la Corte avesse considerato che le decisioni di tale commissione avevano un’efficacia vincolante (49).

50.      Sulla base delle considerazioni che precedono, concludo che, allo stato attuale del sistema normativo costituito dai regolamenti nn. 883/2004 e 987/2009, le decisioni prese dalla commissione amministrativa relative ad un disaccordo tra due o più Stati membri sulla legislazione applicabile in un determinato caso, non hanno un’ efficacia vincolante. Ne risulta, a mio avviso, che il procedimento davanti alla commissione amministrativa non è idoneo a incidere sull’efficacia vincolante del documento portatile A1.

51.      In altri termini, ritengo che, anche in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui gli Stati membri interessati hanno adito la commissione amministrativa, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 6, del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento n. 987/2009 (50), e in cui detta commissione ha, poi, preso una decisione relativa alla revoca del documento portatile A1, tale documento conserva la sua efficacia vincolante fintantoché non sia stato revocato o dichiarato invalido dall’istituzione emittente.

52.      A mio avviso, questo vale indipendentemente dalla eventuale violazione degli obblighi che derivano dal principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE da parte dello Stato membro cui appartiene l’istituzione emittente, nell’ambito del procedimento davanti alla commissione amministrativa. Se lo Stato membro ospitante ritiene che il primo Stato membro cui appartiene l’istituzione emittente non abbia assolto gli obblighi che gli incombono in forza del diritto dell’Unione, ha facoltà di proporre un ricorso per inadempimento in base all’articolo 259 TFUE o di chiedere alla Commissione di intervenire direttamente nei confronti di detto Stato membro (51)

53.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale, lettera a), nel senso che il documento portatile A1 ha efficacia vincolante anche in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale la commissione amministrativa ha adottato una decisione di revoca di tale documento, ma l’istituzione emittente non ha provveduto alla revoca di detto documento.

2.      Seconda ipotesi: l’effetto retroattivo del documento portatile A1 [seconda questione pregiudiziale, lettera b)]

54.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, lettera b), il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se il documento portatile A1 abbia efficacia vincolante anche nell’ipotesi in cui tale documento sia stato rilasciato dopo l’assoggettamento del lavoratore interessato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e, in caso affermativo, se detto documento abbia anche un effetto retroattivo.

55.      Constato, innanzi tutto, che tale domanda non ha carattere ipotetico, come tende a suggerire il governo ungherese. Tale governo sostiene, segnatamente, che non è stato provato, nel caso in questione, che la competente istituzione ungherese abbia emesso documenti portatili A1 retroattivamente, dopo che le autorità austriache avevano accertato la sussistenza di un obbligo di assicurazione dei lavoratori interessati al regime di sicurezza sociale austriaco.

56.      Occorre ricordare che, nel quadro di un procedimento pregiudiziale di cui all’’articolo 267 TFUE, la Corte può pronunciarsi sull’interpretazione di un testo dell’Unione unicamente sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale. La Corte non è competente per pronunciarsi sui fatti del procedimento principale, dato che tale compito rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale (52). Orbene, nella sua decisione di rinvio, il giudice nazionale specifica che i documenti portatili A1 in questione sono stati rilasciati in parte con effetto retroattivo e in parte in casi in cui i lavoratori interessati erano stati assoggettati al sistema previdenziale austriaco (53). Ne consegue che non occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale, lettera b).

57.      Come l’Alpenrind, la Martin Meat e la Martimpex-Meat, nonché i governi ceco, irlandese, ungherese, polacco nonché la Commissione, e contrariamente alla cassa di malattia di Salisburgo e ai governi austriaco, belga e tedesco (54), considero che occorre rispondere a questa seconda questione in modo affermativo. Per i motivi sviluppati di seguito, considero, infatti, che il documento portatile A1 ha efficacia vincolante anche nel caso in cui tale documento sia stato rilasciato dopo l’assoggettamento del lavoratore interessato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e che, in tal caso, detto documento può avere un effetto retroattivo.

58.      Come rileva il giudice del rinvio, risulta dalla giurisprudenza della Corte che il certificato E 101 può produrre effetti retroattivi. La Corte ha così constatato che, quando l’istituzione competente rilascia un tale certificato, essa si limita a dichiarare che si applica al lavoratore interessato la legislazione dello Stato membro cui appartiene l’istituzione emittente per la durata di un dato periodo, nel corso del quale il lavoratore svolge la sua attività lavorativa sul territorio di un altro Stato membro. Orbene, sempre secondo la Corte, tale dichiarazione, pur essendo preferibile che intervenga prima dell’inizio del periodo considerato, può anche essere rilasciata nel corso di tale periodo, o persino dopo la sua scadenza. Di conseguenza, niente osta a che il certificato E 101 produca eventualmente effetti retroattivi(55).

59.      Detta giurisprudenza è, a mio avviso, applicabile, mutatis mutandis, al nuovo quadro normativo (56). Occorre, in tale contesto, constatare che l’articolo 15 del regolamento n. 987/2009, sulla procedura da seguire per l’applicazione, in particolare, dell’articolo 12 del regolamento n. 883/2004, prevede espressamente, nel suo paragrafo 1, che, «qualora la persona eserciti un’attività in uno Stato membro diverso dallo Stato membro competente a norma del titolo II del [regolamento n. 883/2004], il datore di lavoro o, per la persona che non esercita un’attività subordinata, l’interessato ne informa, se possibile preventivamente, l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile. Detta istituzione rilascia alla persona interessata l’attestato di cui all’articolo 19, paragrafo 2 del [regolamento n. 987/2009] e senza indugio rende disponibile all’istituzione designata dall’autorità competente dello Stato membro in cui è svolta l’attività le informazioni relative alla legislazione applicabile a detta persona a norma dell’[...]articolo 12 del [regolamento n. 883/2004]» (57).

60.      Il giudice del rinvio solleva tuttavia la questione se il documento portatile A1 abbia un’efficacia vincolante anche nel caso in cui detto documento sia rilasciato solo dopo che sia stata accertata la sussistenza di un obbligo di assicurazione del lavoratore interessato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante. Secondo il giudice del rinvio, si potrebbe, infatti, sostenere che anche gli atti con cui è accertato l’obbligo di assicurazione costituiscono «documenti» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, il che significherebbe che tali atti hanno pure un’efficacia vincolante nei confronti delle autorità di altri Stati membri.

61.      Tale ragionamento non mi convince.

62.      In primo luogo, considero tale interpretazione non conforme al testo del regolamento n. 987/2009. Basta ricordare che l’articolo 5, paragrafo 1, di detto regolamento riguarda i documenti rilasciati dall’istituzione di uno Stato membro che attestano la situazione di una persona ai fini dell’applicazione dei regolamenti nn. 883/2004 e 987/2009, nonché i relativi documenti giustificativi (58). Orbene, una decisione relativa all’assoggettamento di una persona al regime di sicurezza sociale di uno Stato membro non «attesta» la situazione di detta persona ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, ma tende piuttosto, a mio avviso, ad accertare la situazione giuridica di tale persona. Inoltre, secondo i termini stessi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile sulla base di una disposizione del titolo II del regolamento n. 883/2004 attesta che tale legislazione è applicabile, su richiesta della persona interessata o del suo datore di lavoro (59). Una decisione che accerti l’assoggettamento di una persona al regime di sicurezza sociale di un determinato Stato membro non è, invece, rilasciata «su richiesta della persona interessata o del datore di lavoro», ai sensi di quest’ultima disposizione, ma piuttosto su iniziativa delle autorità interessate.

63.      In secondo luogo, come già precisato nelle presenti conclusioni, bisogna prendere in considerazione il fatto che, quando il legislatore dell’Unione ha adottato l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, esso aveva l’intenzione di codificare la giurisprudenza della Corte sull’efficacia vincolante del certificato E 101 (60). Orbene, tale giurisprudenza riguarda solo i certificati E 101 (ora divenuti il documento portatile A1), e non altri tipi di documenti (61). In tale contesto, mi sembra, inoltre, che la sentenza Banks e a.riguardava una situazione simile a quella oggetto del procedimento principale, nella quale i certificati E 101 in questione erano stati rilasciati, per lo meno in parte, dopo l’assoggettamento dei lavoratori interessati al sistema previdenziale dello Stato membro ospitante (62). Detta circostanza di fatto non ha tuttavia modificato la valutazione della Corte secondo la quale detti certificati avevano un’efficacia vincolante.

64.      In terzo luogo, considero che l’interpretazione secondo la quale una decisione che accerti la sussistenza di un obbligo di assicurazione di una persona presso il regime di sicurezza sociale di uno Stato membro può essere qualificata come «documento» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 sarebbe idonea a produrre risultati inadeguati, o addirittura arbitrari. Infatti, come afferma il governo polacco, un tale approccio potrebbe dar luogo ad una corsa contro il tempo tra le autorità degli Stati membri per emettere, per primi, una decisione di assoggettamento al proprio regime di sicurezza sociale, con il rischio di compromettere la certezza del diritto per gli interessati (63). In un simile scenario, ogni Stato membro avrebbe, infatti, un interesse economico-finanziario ad essere il primo.

65.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale, lettera b), nel senso che il documento portatile A1 ha efficacia vincolante, anche nell’ipotesi in cui tale documento sia stato rilasciato dopo che il lavoratore interessato sia stato assoggettato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e che, in tal caso, detto documento può avere un effetto retroattivo.

66.      Aggiungo, a tal proposito, che la questione se, nel rilasciare il documento portatile A1 dopo che il lavoratore interessato sia stato assoggettato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, l’istituzione emittente non sia forse venuta meno al suo dovere di leale cooperazione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, oppure se le autorità interessate avrebbero dovuto, in tale situazione, applicare l’articolo 6 del regolamento n. 987/2009, non ha incidenza sull’efficacia vincolante che produce detto documento A1 (64). Si ricorda che, se uno Stato membro ritiene che un altro Stato membro sia venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù del diritto dell’Unione, esso ha la facoltà di presentare un ricorso per inadempimento ai sensi dell’’articolo 259 TFUE (65).

C.      Sulla terza questione pregiudiziale

1.      Oggetto della questione e interpretazioni proposte

67.      La terza questione pregiudiziale riguarda l’interpretazione della condizione di non-sostituzione, prevista nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (66). Il giudice del rinvio precisa che tale questione si pone solo nel caso in cui, a determinate condizioni, il documento portatile A1 risulti avere solo efficacia vincolante limitata. Alla luce della risposta che propongo di dare alle prime due questioni pregiudiziali, non è, quindi necessario, in linea di principio, dare una risposta alla terza questione pregiudiziale.

68.      Tuttavia, per completezza e alla luce del fatto che la terza questione pregiudiziale si trova ad essere al centro del disaccordo sorto tra la Repubblica d’Austria e l’Ungheria e costituisce lo sfondo del procedimento principale (67), svilupperò qui di seguito una serie di considerazioni su detta questione.

69.      Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, «[l]a persona che esercita un’ attività subordinata in uno Stato membro per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è da questo distaccata, per svolgervi un lavoro per suo conto, in un altro Stato membro rimane soggetta alla legislazione del primo Stato membro a condizione che la durata prevedibile di tale lavoro non superi i ventiquattro mesi e che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona» (68). Durante il periodo in questione nel caso considerato, i termini «che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona» sono stati sostituiti dai seguenti termini: «che essa non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata»(69).

70.      Il giudice del rinvio esprime dubbi sul significato di questa condizione di non-sostituzione e, in particolare, sulla questione se tale condizione non venga rispettata in una situazione, come nel caso del procedimento principale, in cui la sostituzione avviene sotto la forma di un distacco effettuato non dallo stesso datore di lavoro ma da un altro datore di lavoro. In merito, il giudice del rinvio precisa che, mentre le persone distaccate dalla Martimpex-Meat durante il periodo in questione non sostituivano in realtà lavoratori di detta società, esse, probabilmente, hanno sostituito dei lavoratori della Martin-Meat (70). Il giudice del rinvio chiede, inoltre, se occorra sapere, a tal proposito, se i due datori di lavoro abbiano la loro sede nello stesso Stato membro [terza questione pregiudiziale, lettera a)] o se esistano, tra detti datori di lavoro rapporti personali o di tipo organizzativo [terza questione pregiudiziale, lettera b)].

71.      Due tesi sono sostenute davanti alla Corte per quanto riguarda l’interpretazione della condizione di non-sostituzione prevista nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.

72.      Secondo la prima tesi, corrispondente alla posizione sostenuta dalla cassa di malattia di Salisburgo, dai governi austriaco, belga, ceco, tedesco e francese, nonché dalla Commissione, la condizione di non-sostituzione si oppone ad ogni forma di sostituzione di lavoratori distaccati, senza che occorra sapere se detti distacchi siano effettuati dallo stesso datore di lavoro o da datori di lavoro diversi. Di conseguenza, tale condizione non sarebbe soddisfatta qualora il datore di lavoro B procedesse al distacco di un suo dipendente in un altro Stato membro per svolgere un’attività che, precedentemente, veniva svolta da una persona distaccata dal datore di lavoro A, e ciò indipendentemente dalla questione se i due datori di lavoro abbiano la sede nello stesso Stato membro o se esistano, tra di loro, rapporti personali e/o di tipo organizzativo. Tale interpretazione estensiva della condizione di non-sostituzione corrisponde, mutatis mutandis, a quella sviluppata nella guida pratica della commissione amministrativa (71).

73.      Secondo la seconda tesi, corrispondente alla posizione sostenuta dall’Alpenrind e dai governi ungherese e polacco, occorre adottare una interpretazione più restrittiva della condizione di non-sostituzione. Tale condizione non sarebbe, infatti, violata, qualora si trattasse di distacchi effettuati da datori di lavoro diversi, senza che occorra sapere, a tal proposito, se i datori di lavoro interessati abbiano o meno la sede nello stesso Stato membro (72).

74.      I due approcci si basano su punti di vista molto diversi. Secondo il primo approccio, la condizione di non-sostituzione deve essere considerata non solo dal punto di vista dello Stato membro di origine, ma anche da quello dello Stato membro ospitante. Tale condizione si opporrebbe, pertanto, allo svolgimento, nello Stato membro ospitante, di determinate mansioni o funzioni, in maniera continuativa, da parte di lavoratori distaccati che non risultino assoggettati al sistema di sicurezza sociale di quest’ultimo Stato membro.

75.      Detto approccio implica in pratica, da una parte, che il datore di lavoro B non può avvalersi del sistema previsto nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, quando distacca i propri dipendenti in un altro Stato membro per fornire un servizio, se, prima di lui, il datore di lavoro A si avvaleva di tale sistema per fornire lo stesso servizio in detto Stato membro. D’altra parte, il destinatario del servizio nello Stato membro ospitante (cioè, nella specie, l’Alpenrind) non può, seguendo tale approccio, stipulare contratti successivi e distinti con imprese diverse relativi alla realizzazione dei medesimi lavori da parte di lavoratori distaccati non assoggettati al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante.

76.      Il secondo approccio parte, invece, dal punto di vista dello Stato membro di origine e del datore di lavoro che distacca i dipendenti. Secondo tale approccio, occorre solamente sapere se, dal punto di vista di tale datore di lavoro, ci sia o meno una sostituzione di lavoratori distaccati.

77.      Si deve, innanzi tutto, rilevare che il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione che consenta di ritenere che i fatti oggetto del procedimento principale possano rappresentare una frode o un abuso di diritto (73). Parto quindi dalla premessa che la terza questione pregiudiziale non riguarda i casi particolari di frode o di abuso di diritto.

78.      Occorre, poi, constatare che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene indicazioni che consentano di ritenere che esistano, nel caso in questione, rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, cioè la Martin-Meat e la Martimpex-Meat, né, eventualmente, indicazioni sulla natura di tali rapporti(74). Con la sua terza questione pregiudiziale, lettera b), il giudice del rinvio chiede, tuttavia, se sia significativa l’esistenza di tali rapporti tra i datori di lavoro interessati, al fine dell’interpretazione da dare all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (75).

79.      Nell’analisi che segue, esaminerò, in primo luogo, la questione se, nell’ipotesi in cui non esistano rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, la condizione di non-sostituzione, prevista nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, impedisca ad un datore di lavoro di distaccare un proprio dipendente in un altro Stato membro per una prestazione di lavoro quando tale lavoro era precedentemente svolto da un lavoratore distaccato da un altro datore di lavoro (sezione 2).

80.      Mi preme indicare già a questo punto che, a mio avviso, a tale questione deve essere data risposta negativa. Considero, infatti, per i motivi sviluppati di seguito, che l’interpretazione estensiva della condizione di non-sostituzione non è fondata e che nulla impedisce ad un datore di lavoro B di procedere ad un distacco, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, quando il datore di lavoro A aveva precedentemente effettuato un simile distacco.

81.      In secondo luogo, esaminerò i capi a) e b) della terza questione pregiudiziale, con i quali il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il fatto che, da una parte, i datori di lavoro abbiano la sede nello stesso Stato membro e, dall’altra, che esistano tra di loro rapporti personali e/o di tipo organizzativo, siano circostanze idonee a modificare la risposta da fornire alla terza questione pregiudiziale. A tale riguardo, spiegherò, innanzitutto, i motivi per i quali considero che il luogo in cui si trova la sede di ciascun datore di lavoro interessato è irrilevante ai fini della condizione di non-sostituzione (sezione 3). Tratterò, poi, brevemente, il caso in cui esistano, tra i datori di lavoro interessati, rapporti personali e/o di tipo organizzativo (sezione 4).

2.      Sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004

a)      Sul sistema previsto nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.

82.      Le disposizioni del titolo II del regolamento n. 883/2004, di cui fa parte l’articolo12, paragrafo 1, costituiscono un sistema completo ed uniforme di regole sul conflitto di norme, il cui obiettivo è quello di assoggettare i lavoratori che si spostano all’interno dell’Unione al regime di sicurezza sociale di un unico Stato membro, così da evitare il cumulo di normative nazionali applicabili e le complicazioni che ne potrebbero derivare (76).

83.      L’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004 stabilisce il criterio generale di collegamento secondo cui una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro (lex loci laboris) (77). Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, di tale regolamento, una persona distaccata dal suo datore di lavoro in un altro Stato membro rimane, invece, soggetta alla legislazione dello Stato membro di origine. In altri termini, l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 prevede la possibilità per il datore di lavoro, a certe condizioni, di procedere al distacco di suoi dipendenti in un altro Stato membro senza dover assoggettare tali lavoratori al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante.

84.      Detto articolo 12, paragrafo 1,ha segnatamente lo scopo di favorire la libera prestazione di servizi a vantaggio delle imprese che di tale libertà si avvalgono inviando lavoratori in Stati membri diversi da quello in cu sono stabilite. Infatti, esso tende a superare gli ostacoli che possono impedire la libera circolazione dei lavoratori e a favorire inoltre l’integrazione economica, evitando complicazioni amministrative, in particolare, per i lavoratori e le imprese (78).

85.      Occorre precisare che, contrariamente a quanto sostengono la cassa di malattia di Salisburgo, i governi austriaco, belga, ceco, tedesco e francese nonché la Commissione, l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 non dovrebbe essere qualificato come «eccezione». Come risulta espressamente dal suo titolo, si tratta, infatti, di una norma particolare che regola una situazione specifica per la quale vale un altro criterio di collegamento (79). In tale contesto, la Corte ha rilevato, per quanto riguarda l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 (sostituito poi dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004), che, «in alcune situazioni particolari, l’applicazione pura e semplice della regola generale di cui all’articolo 13, paragrafo 2, lettera a) [del regolamento n. 1408/71] [attuale articolo 11, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 883/2004], rischierebbe non già di evitare, bensì, al contrario, di creare, tanto per il lavoratore quanto per il datore di lavoro e gli enti previdenziali, complicazioni amministrative che potrebbero ostacolare l’esercizio della libera circolazione delle persone rientranti nell’ambito di applicazione del suddetto regolamento [...]. Norme particolari che disciplinano queste ipotesi sono contenute, segnatamente, all’articolo 14 del regolamento n. 1408/71 [attuale articolo 12 del regolamento n. 883/2004]» (80).

86.      In tali condizioni, considero che non esiste alcun motivo per dare all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, una interpretazione particolarmente restrittiva.

b)      Sulla condizione di non-sostituzione prevista nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004

87.      Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, la persona distaccata rimane soggetta al regime di sicurezza sociale dello Stato membro di origine, a condizione, in particolare, che essa «non sia inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata».

88.      Tale condizione di non-sostituzione non figurava nella versione iniziale dell’articolo 13, comma a), del regolamento n. 3 (sostituito poi dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004), ma è stata introdotta nel testo di tale disposizione dal regolamento n. 24/64/CEE (81). Risulta dal primo considerando di quest’ultimo regolamento che «l’applicazione dell’articolo 13, lettera a) [del regolamento n. 3], ha dato luogo a degli abusi e che si impone quindi la revisione di questa disposizione allo scopo di impedire tali abusi pur mantenendo per i lavoratori distaccati la possibilità di rimanere soggetti alla legislazione del paese in cui sono abitualmente occupati».

89.      Secondo la mia lettura della genesi della condizione di non-sostituzione, il legislatore dell’Unione aveva per obiettivo, con questa condizione, di colmare una lacuna evidente apparsa nel regolamento n. 3, che consisteva nel fatto che alcuni datori di lavoro aggiravano la condizione relativa alla durata del distacco (82), facendo lavorare il loro personale distaccato a rotazione affinché tale personale potesse rimanere assoggettato alla legislazione dello Stato membro di origine dove i contributi sociali erano meno onerosi che nello Stato membro ospitante (83). La condizione di non-sostituzione è stata successivamente conservata, senza sostanziali modifiche, nell’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 e, poi, nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (84).

90.      La questione che si pone nella presente causa è se, con l’introduzione della condizione di non-sostituzione, il legislatore dell’Unione abbia anche tentato di impedire altre situazioni simili a quella delle rotazioni di personale distaccato da parte di uno datore di lavoro al fine di aggirare la condizione relativa alla durata del distacco, e, in particolare, se il legislatore dell’Unione intendesse proibire distacchi fatti in successione da datori di lavoro diversi.

91.      Non lo credo.

92.      In primo luogo, non vedo né nel testo dei regolamenti n. 3, nn. 1408/71 e 883/2004 né nei loro lavori preparatori, elementi che mostrino una volontà in tal senso da parte del legislatore.

93.      Se la formulazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, secondo il quale la persona distaccata non può essere «inviata in sostituzione di un’altra persona distaccata», non è decisiva, considero comunque che i termini utilizzati depongono a favore dell’interpretazione secondo la quale la condizione di non-sostituzione non ha per obiettivo di evitare distacchi successivi effettuati da datori di lavoro diversi. Nel loro senso letterale, infatti, le parole «inviata in sostituzione» che figurano in tutte le versioni linguistiche dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, salvo nella versione di lingua tedesca, implicano, a mio parere, che il lavoratore venga distaccato dal suo datore di lavoro allo scopo di sostituire un altro lavoratore distaccato (85).

94.      Orbene, salvo il caso di abuso, il distacco effettuato da un datore di lavoro B non ha come scopo la sostituzione di un lavoratore distaccato da un datore di lavoro A. Il distacco serve, piuttosto, a fornire un servizio nello Stato membro ospitante. Aggiungo, a tal riguardo, che non è nemmeno sicuro che il datore di lavoro B sia al corrente del distacco precedentemente effettuato dal datore di lavoro A (86).

95.      Per di più, le stesse parole utilizzate «inviata in sostituzione» confermano, secondo me, la tesi secondo la quale la condizione di non-sostituzione deve essere considerata solamente dal punto di vista del datore di lavoro che distacca un suo lavoratore. Basta ricordare che l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 fissa le condizioni che il datore di lavoro deve rispettare per procedere ad un distacco dei suoi dipendenti senza doverli assoggettare al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante (87). Tale disposizione prevede, a tal proposito, la condizione secondo la quale la persona distaccata non può essere inviata (da detto datore di lavoro) in sostituzione di un’altra persona distaccata. Dal modo in cui viene redatta, la condizione di non-sostituzione viene espressa secondo il punto di vista del datore di lavoro che distacca il lavoratore.

96.      Considero, pertanto, che non c’è «sostituzione» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, quando un datore di lavoro B procede al distacco di un lavoratore per svolgere un lavoro che, precedentemente, era svolto da un lavoratore distaccato dal datore di lavoro A. In altri termini, ritengo che nulla vieta al datore di lavoro B di procedere ad un tale distacco. Ne risulta pure che nulla vieta al destinatario del servizio nello Stato membro ospitante di stipulare contratti successivi e distinti con imprese diverse per la realizzazione degli stessi lavori da effettuarsi con lavoratori distaccati che non vengono assoggettati al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante.

97.      Aggiungo, a questo proposito, che una interpretazione contraria avrebbe per conseguenza che il datore di lavoro B sarebbe messo in una situazione meno favorevole del datore di lavoro A, per il solo motivo che quest’ultimo è stato il primo ad avvalersi della possibilità prevista dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (principio del «primo arrivato, primo servito»). Orbene, a mio avviso, nulla permette di presupporre che il legislatore dell’Unione abbia voluto un tale risultato. Ritengo che siffatta interpretazione equivarrebbe, in sostanza, ad introdurre in detta disposizione una nuova condizione che non risulta dalla sua formulazione, il che sarebbe, a mio parere, contrario al principio di certezza del diritto per gli interessati (88).

98.      In tale contesto, occorre considerare che, quando il legislatore dell’Unione ha adottato il regolamento n. 883/2004, esso era perfettamente al corrente della problematica relativa alla sostituzione dei lavoratori distaccati e dei potenziali vantaggi economici che comporta l’articolo 12, paragrafo 1, di detto regolamento per il datore di lavoro e, incidentalmente, per la sua controparte contrattuale nello Stato membro ospitante. Se avesse voluto impedire distacchi successivi effettuati da datori di lavoro diversi, l’avrebbe sicuramente fatto in termini molto più chiari.

99.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo di evitare abusi, ritengo che nulla permette di presupporre, in maniera generale, che ci si trovi in una situazione di abuso quando un datore di lavoro B procede ad un distacco dei suoi dipendenti, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, al fine di svolgere dei lavori che, precedentemente, erano svolti da lavoratori distaccati dal datore di lavoro A. Rammento, peraltro, che, in tale caso, il datore di lavoro B non è necessariamente a conoscenza del precedente distacco effettuato dal datore di lavoro A (89).

100. In terzo luogo, ritengo che l’interpretazione estensiva della condizione di non-sostituzione, secondo la quale tale condizione comprenderebbe anche i distacchi successivi effettuati da datori di lavoro diversi, è idonea a compromettere gli obiettivi perseguiti dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. Si rammenta che tale disposizione cerca, tra l’altro, di favorire la libera prestazione di servizi e la libera circolazione dei lavoratori nonché l’integrazione economica, evitando al tempo stesso complicazioni amministrative, in particolare, per i lavoratori e le imprese (90).

101. L’interpretazione estensiva della condizione di non-sostituzione implicherebbe, in pratica, che il datore di lavoro si troverebbe potenzialmente nell’incertezza, al momento del distacco, per quanto riguarda la questione se alla situazione del suo dipendente distaccato si applichi o meno l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 e, quindi, se detto lavoratore sia soggetto, al momento del suo distacco, al regime di sicurezza sociale dello Stato di origine oppure a quello dello Stato membro ospitante. Il datore di lavoro B può, infatti, legittimamente considerare che le condizioni previste dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 sono soddisfatte. Orbene, se risulta, in seguito, che un lavoratore distaccato dal datore di lavoro A svolgeva precedentemente il lavoro in questione nello Stato membro ospitante, il datore di lavoro B deve allora, secondo tale interpretazione, accettare che il lavoratore da lui distaccato sia assoggettato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante. Questo si verificherebbe nonostante l’eventuale rilascio di un documento portatile A1 da parte dell’istituzione competente dello Stato membro di origine, che attesti l’assoggettamento del lavoratore interessato al regime di sicurezza sociale di detto Stato membro (91).

102. Tale sviluppo potrebbe incidere considerevolmente sulle condizioni economiche secondo le quali il datore di lavoro B fornisce i propri servizi nello Stato membro ospitante (92) e provocherebbe, inoltre, complicazioni amministrative per il datore di lavoro B e per il lavoratore interessato relative, in particolare, all’assoggettamento di tale lavoratore al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, alla richiesta di pagamento di contributi previdenziali, già pagati nello Stato membro di origine e alla revoca del documento portatile A1 da parte dell’istituzione emittente. Ritengo che l’esistenza di una tale incertezza per quanto riguarda il datore di lavoro B non sia conforme al principio di certezza del diritto e possa costituire un intralcio alla libera prestazione di servizi e alla libera circolazione dei lavoratori nell’Unione, in contrasto con l’obiettivo perseguito dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.

103. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale nel senso che la condizione di non sostituzione, stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, non osta a che un datore di lavoro proceda al distacco di un lavoratore per svolgere un lavoro che era precedentemente svolto da un lavoratore distaccato da un altro datore di lavoro.

104. Per completezza, tengo a sottolineare che l’interpretazione da me auspicata per l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, è diversa da quella della commissione amministrativa (93). A tal proposito, basta rilevare che il legislatore dell’Unione rimane libero di procedere ad una modifica di detto regolamento, se desidera estendere la condizione di non-sostituzione, prevista in tale disposizione, a distacchi successivi effettuati da datori di lavoro diversi. Nel quadro giuridico attuale, non vedo, tuttavia, alcuna base giuridica per scegliere un simile risultato.

3.      Sull’ipotesi secondo cui i datori di lavoro hanno la loro sede nello stesso Stato membro [terza questione pregiudiziale lettera a)]

105. Con la sua terza questione pregiudiziale, lettera a), il giudice del rinvio, in sostanza, chiede se la circostanza secondo la quale i datori di lavoro interessati abbiano la loro sede nello stesso Stato membro sia idonea a modificare la risposta che occorre dare alla terza questione pregiudiziale.

106. Senza dubbio, la risposta a tale questione deve, secondo me, essere negativa

107. L’analisi fatta sopra non ha, infatti, messo in luce alcun elemento che permetta di giustificare una distinzione fondata sul luogo dove si trova la sede rispettiva di ogni datore di lavoro interessato. Ritengo, quindi, che la condizione di non-sostituzione, stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, non impedisca ad un datore di lavoro di procedere al distacco di un lavoratore per svolgere un lavoro che era precedentemente svolto da un lavoratore distaccato da un altro datore di lavoro, a prescindere dalla circostanza che tali datori di lavoro abbiano o meno la loro sede nello stesso Stato membro.

108. Propongo, pertanto, alla Corte di rispondere alla terza questione, lettera a), nel senso che, ai fini della terza questione pregiudiziale, è irrilevante se i datori di lavoro interessati abbiano la loro sede nello stesso Stato membro.

4.      Sull’ipotesi secondo cui in cui esistono rapporti personali o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro [terza questione pregiudiziale, lettera b)]

109. Con la sua terza questione pregiudiziale, lettera b), il giudice del rinvio, in sostanza, chiede se la circostanza secondo la quale esistono, tra i datori di lavoro interessati, rapporti personali e/o di tipo organizzativo sia idonea a modificare la risposta da dare alla terza questione pregiudiziale.

110. Tengo a ricordare che l’analisi che ho appena fatto dell’interpretazione della condizione di non-sostituzione stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 riguarda l’ipotesi secondo cui non esistono rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati (94). Rammento, inoltre, che il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione relativa all’esistenza, nella fattispecie, di rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati né, eventualmente, indicazioni sulla natura di tali rapporti (95).

111. Ciò premesso, mi limito a rilevare che, nel caso in cui esistano rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, sarebbe, secondo me, necessario verificare se i distacchi effettuati da detti datori di lavoro abbiano per obiettivo di aggirare la condizione di non-sostituzione stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004. Va, infatti, ricordato che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione e l’applicazione della normativa dell’Unione non può estendersi fino a comprendere i comportamenti abusivi degli operatori economici (96).

112. Il giudice del rinvio non ha tuttavia fornito alcuna indicazione da cui emerga che i fatti oggetto del procedimento principale possono rappresentare una frode o un abuso di diritto (97). Di conseguenza, ritengo che non sia necessario che la Corte si pronunci ulteriormente su tale ipotesi.

113. Sulla base di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale, lettera b), nel senso che, nel caso in cui esistano rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, sarebbe necessario verificare se i distacchi effettuati da tali datori di lavoro abbiano come obiettivo di aggirare la condizione di non-sostituzione stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.

V.      Conclusione

114. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, così come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, deve essere interpretato nel senso che, fintantoché non sia stato revocato o invalidato, il documento portatile A1 rilasciato dalla competente istituzione di uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, come modificato dal regolamento n. 465/2012, che attesta l’affiliazione del lavoratore al regime di sicurezza sociale di tale Stato membro, sulla base di una disposizione del titolo II del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, così come modificato dal regolamento n. 465/2012 vincola gli organi giurisdizionali, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, di un altro Stato membro.

2)      Il documento portatile A1 ha anche efficacia vincolante in una situazione come quella del procedimento principale, in cui la commissione amministrativa per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale ha adottato una decisione in merito alla revoca di tale documento, ma l’istituzione emittente non ha provveduto alla revoca di detto documento.

Lo stesso si verifica nell’ipotesi in cui tale documento sia stato rilasciato dopo che il lavoratore interessato sia stato assoggettato al regime di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante. In tale caso, detto documento può avere un effetto retroattivo.

3)      L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, come modificato dal regolamento 465/2012, deve essere interpretato nel senso che la condizione di non-sostituzione, prevista da tale disposizione, non impedisce ad un datore di lavoro di procedere al distacco di un lavoratore in un altro Stato membro per svolgere un lavoro che, precedentemente, era svolto da un lavoratore distaccato da un altro datore di lavoro e ciò, a prescindere dalla questione se i datori di lavoro interessati abbiano la loro sede nello stesso Stato membro.

Tuttavia, nel caso in cui esistano rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, occorre verificare se tali distacchi siano stati effettuati dai datori di lavoro interessati al fine di aggirare la condizione di non-sostituzione stabilita nell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettificato in GU 2004, L 200, pag. 1), così come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012 (GU 2012, L 149, pag. 4) (in prosieguo: il «regolamento n. 883/2004»). Quanto alla versione del regolamento n. 883/2004 applicabile ai fatti di cui al procedimento principale, v. paragrafi 6 e 7 delle presenti conclusioni.


3      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 (GU 2009, L 284, pag. 1), così come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012 (in prosieguo: il «regolamento n. 987/2009»).


4      Il documento portatile A1 ha sostituito il certificato E 101 che rappresentava il formulario-tipo per attestare la legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale quando erano in vigore i precedenti regolamenti (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei sistemi di sicurezza sociale ai lavoratori dipendenti e alle loro famiglie che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2) e (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 (GU 1972, L 74, pag. 1).


5      Sulla commissione amministrativa, v., in particolare, articoli 71 e 72 del regolamento n. 883/2004.


6      V. articolo 3 del regolamento n.465/2012. Per quanto riguarda il periodo in cui si sviluppa la controversia relativa al procedimento principale, v. paragrafo 15 delle presenti conclusioni.


7      Il corsivo è mio. Per quanto riguarda l’obiettivo perseguito con la modifica introdotta nell’articolo 12, paragrafo 1, v. nota 69 delle presenti conclusioni.


8      Per quanto riguarda la qualificazione del rapporto contrattuale tra la Martin-Meat e l’Alpenrind ai sensi della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1), v. sentenza del 18 giugno 2015, Martin Meat (C‑586/13, EU:C:2015:405).


9      Il governo ungherese contesta l’indicazione fatta dal giudice del rinvio secondo la quale i documenti portatili A1 in questione sono stati rilasciati dopo che era stata accertata la sussistenza di un obbligo di assicurazione dei lavoratori interessati al regime di sicurezza sociale austriaco. V. a tale proposito, paragrafi 55 e 56 delle presenti conclusioni.


10      V. il punto IV delle conclusioni principali della 347^ riunione della commissione amministrativa, tenutasi ad Amsterdam, il 20/21 giugno 2016 (C.A. 827/16) e il parere del comitato di conciliazione del 9 maggio 2016, Opinion of the conciliation board in case CB-4/15 concerning Austria and Hungary, Subject:Replacement of posted workers (AC 336/16). Per una cronistoria del procedimento relativo a questa controversia, v. punto 1 di tale parere.


11      Tale dibattito si riflette nella guida pratica messa a punto dalla commissione amministrativa sulla legislazione applicabile nell’Unione europea (UE), nello Spazio economico europeo (EEE) e in Svizzera. V. nota 71 delle presenti conclusioni. L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 viene citato nei paragrafi 6 e 7 delle presenti conclusioni.


12      V. punto 4 del parere del comitato di conciliazione del 9 maggio 2016, sopra citato.


13      V. punto 5 del parere del comitato di conciliazione del 9 maggio 2016, sopra citato. A tal riguardo, il comitato di conciliazione sottolinea che il rimborso dei contributi già pagati e il recupero delle prestazioni già erogate ai lavoratori interessati potrebbe trasformarsi in un «incubo amministrativo».


14      La Martin Meat e la Martimpex-Meat si sono avvalse di una rappresentanza congiunta davanti alla Corte.


15      Tengo a segnalare la procedura legislativa in corso per modificare i regolamenti nn. 883/2004 e 987/2009, modifiche che riguardano in particolare gli articoli 5 e 19 del regolamento n. 987/2009. V. proposta della Commissione del 13 dicembre 2016 di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e il regolamento (CE) n. 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 [COM(2016) 815 final] (articolo 2, punti 7 e 11 di detta proposta e relative spiegazioni nella relazione alla proposta).


16      Il governo francese non ha dato risposta a tale questione.


17      Bisogna segnalare che, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio non ha fornito indicazioni che permettevano di dire se i fatti oggetto del procedimento principale fossero indici di frode o di abuso di diritto. Parto, quindi, dalla premessa che la prima questione pregiudiziale non riguarda i casi particolari di frode o di abuso ma, piuttosto, la questione più generale se il documento portatile A1 vincoli gli organi giurisdizionali degli Stati membri. V., anche, paragrafo 77 delle presenti conclusioni. V. anche paragrafo 77 delle presenti conclusioni. Quanto all’ipotesi in cui sia stato accertato da una giurisdizione dello Stato membro ospitante che il certificato E 101 è stato ottenuto o utilizzato in modo fraudolente, v. le mie conclusioni nella causa Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2017:850).


18      V. nota 4 delle presenti conclusioni


19      V., recentemente, la sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309, punti 48 e 49, e giurisprudenza ivi citata). Sulla giurisprudenza della Corte relativa alla natura vincolante del certificato E 101, v. le mie conclusioni nella causa Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2017:850, paragrafi da 32 a 34). Il certificato E 101 si differenzia da altri tipi di attestati per la limitazione del controllo giurisdizionale sulla sua validità. V., in proposito, la sentenza del 12 febbraio 2015, Bouman (C‑114/13, EU:C:2015:81, punti 26 et 27). V., anche, nota 61 delle presenti conclusioni


20      Sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309, punto 59). V., anche, le mie conclusioni nella causa A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:12, paragrafo 56) e nella causa Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2017:850, paragrafo 20).


21      Detto articolo 5 viene citato nel paragrafo 9 delle presenti conclusioni. Per la definizione del termine «istituzione», v. articolo 1, lettera p), del regolamento n. 883/2004.


22      V. paragrafo 26 e nota 19 delle presenti conclusioni.


23      V., recentemente, la sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309, punti 41 e 43 e la giurisprudenza citata).


24      V., in particolare, i punti 1 e 3 della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, presentata dalla Commissione il 31 gennaio 2006 [COM(2006)16 definitivo].


25      Il corsivo è mio.


26      A tal proposito, detto articolo 6 prevede, al suo paragrafo 1, un ordine di priorità riguardante, in primo luogo, la legislazione dello Stato membro in cui la persona esercita effettivamente la sua attività professionale, subordinata o autonoma, se questa è esercitata in un solo Stato membro.


27      Sull’articolo 6 del regolamento n. 987/2009, v. anche paragrafo 66 delle presenti conclusioni.


28      V. sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309, punto 47 e giurisprudenza citata).


29      L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 viene citato nel paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


30      V. le mie conclusioni nella causa A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:12, paragrafi da 45 a 57) e nella causa Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2017:850, paragrafi da 35 a 37).


31      Per quanto riguarda il riferimento fatto dal giudice del rinvio all’articolo 267 TFUE, ho già illustrato, nelle mie conclusioni nella causa Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2017:850, paragrafi da 22 a 26), i motivi per i quali considero che il procedimento di rinvio pregudiziale non è adatto a risolvere la questione se il certificato E 101 (diventato il documento portatile A1) sia stato regolarmente emesso, in un caso ben determinato.


32      V. paragrafi nn.18 a 21 delle presenti conclusioni.


33      Occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostengono i governi irlandese e ungherese, la seconda questione pregiudiziale, lettera a), non ha affatto un carattere ipotetico. Se, infatti, nel caso concreto, appare che il governo ungherese ha accettato la decisione della commissione amministrativa secondo la quale i documenti portatili A1 in questione dovevano essere revocati, le autorità ungheresi non hanno, sino ad ora, provveduto a tale revoca. Inoltre, se, come evidenzia il governo irlandese, è vero che il comitato di conciliazione ha fatto riferimento, nel suo parere del 9 maggio 2016, alla possibilità per la Repubblica d’Austria e l’Ungheria di negoziare un accordo sulle modalità precise con cui procedere alla revoca di detti documenti portatili A1 e sulle correzioni da apportare nei confronti dei lavoratori interessati, è giocoforza constatare che, finora, non è ancora stato concluso un tale accordo tra gli Stati membri interessati. V. supra paragrafi da 18 a 21.


34      Il governo ceco sostiene, segnatamente, che, nell’ipotesi considerata nella seconda questione pregiudiziale, lettera a), il documento portatile A1 perderebbe provvisoriamente la sua efficacia vincolante e, quindi, che bisognerebbe, in tal caso, fare riferimento all’articolo 6 del regolamento n. 987/2009 che stabilisce quale legislazione in materia di sicurezza sociale applicare in maniera provvisoria. Su detto articolo, v. supra paragrafo 32.


35      Sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309).


36      Al punto 56 della sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309), la Corte ha constatato che «le autorità francesi non hanno esaurito le possibilità di dialogo con l’Istituto svizzero delle assicurazioni sociali né hanno cercato di adire la commissione amministrativa, di modo che i fatti all’origine della presente controversia non sono idonei a mettere in evidenza asserite carenze della procedura determinata dalla giurisprudenza della Corte o a dimostrare l’impossibilità di risolvere eventuali situazioni di concorrenza sleale o di dumping sociale».


37      Sulla giurisprudenza della Corte relativa alla natura vincolante del certificato E 101, v. supra paragrafo 26 e nota 19.


38      Sentenza del 14 maggio 1981, Romano (98/80, EU:C:1981:104, punto 20).


39      V. sentenza del 22 gennaio 2014, Regno Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18, punto 63 e giurisprudenza ivi citata). V. in tal senso, anche sentenze del 5 dicembre 1967, van der Vecht (19/67, EU:C:1967:49, pag. 457 e pag. 459); del 5 luglio 1988, Borowitz (21/87, EU:C:1988:362, punto 19); del 1o ottobre 1992, Grisvard e Kreitz (C‑201/91, EU:C:1992:368, punto 25), nonché del 10 febbraio 2000, FTS (C‑202/97, EU:C:2000:75, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


40      V., in particolare, le conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Regno-Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2013:562, paragrafi da 60 a 88) e la sentenza del 22 gennaio 2014, Regno-Unito/Parlamento e Consiglio (C‑270/12, EU:C:2014:18, punti da 63 a 65). V., a tal proposito, l’articolo 263, primo comma, TFUE, ai sensi del quale la Corte controlla, in particolare, «la legittimità degli atti degli organi o organismidell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi» (il corsivo è mio). Inoltre, ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 1, lettera b), TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi sulla «validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione» (il corsivo è mio).


41      Il corsivo è mio. V., anche, punto 3 della decisione A1 della commissione amministrativa del 12 giugno 2009, relativa all’introduzione di una procedura di dialogo e di conciliazione riguardante la validità di documenti, la determinazione della legislazione applicabile e i benefici concessi ai sensi del regolamento n. 883/2004 (GU 2010, C 106, pag. 1).


42      Regolamento del Consiglio per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (GU 1958, pag. 561)


43      Sentenza del 5 dicembre 1967, van der Vecht (19/67, EU:C:1967:49, pag. 457). Il corsivo è mio. Ai sensi di detto articolo 43, lettera a), sarà istituita una commissione amministrativa incaricata di «regolare ogni questione amministrativa o d’interpretazione derivante dalle disposizioni del presente Regolamento, degli ulteriori regolamenti o di ogni altro accordo che interverrà nel quadro di questi, senza pregiudizio del diritto delle autorità, delle istituzioni e delle persone interessate, di ricorrere alle procedure e alle giurisdizioni previste nelle legislazioni degli Stati membri, nel presente Regolamento e nel Trattato».


44      L’articolo 76, paragrafo 6, del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento n. 987/2009 sono citati sopra, rispettivamente, nei paragrafi 8 e 9.


45      V. punto 18 della sopraindicata decisione A1 della commissione amministrativa.


46      Tale analisi non è idonea ad essere rimessa in discussione per il fatto che l’articolo 89, paragrafo 3, del regolamento n. 987/2009 impone, in termini generali, alle autorità competenti di provvedere «a che le loro istituzioni siano informate e applichino tutte le disposizioni comunitarie, legislative o non legislative, comprese le decisioni della commissione amministrativa». Questa disposizione non può, secondo me, venire interpretata nel senso di conferire alla commissione amministrativa la competenza di adottare atti destinati a produrre effetti giuridici.


47      Tale giurisprudenza è stata, in parte, codificata nell’articolo 5, paragrafi da 2 a 4, del regolamento n. 987/2009 che sono citati al paragrafo 9 delle presenti conclusioni.


48      V. recentemente, in tal senso, sentenza del 27 aprile 2017, A-Rosa Flussschiff (C‑620/15, EU:C:2017:309, punti da 44 a 46 e giurisprudenza ivi citata).


49      Vale ricordare che, secondo l’articolo 263, primo comma, TFUE, la Corte esercita altresì un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi.


50      L’articolo 76, paragrafo 6, del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento n. 987/2009 sono citati, rispettivamente, ai paragrafi 8 e 9 delle presenti conclusioni.


51      V., in tal senso, sentenza del 29 maggio 1997, Denuit (C‑14/96, EU:C:1997:260, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Ritengo che non sia utile che la Corte si pronunci, nell’ambito della presente causa, sulla questione se il fatto che uno Stato membro non si conformi ad una decisione della commissione amministrativa possa rappresentare una violazione del principio di leale cooperazione, sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE.


52      V., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2008, CEPSA (C‑279/06, EU:C:2008:485, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


53      V. paragrafo 15 delle presenti conclusioni. In udienza, la cassa di malattia di Salisburgo ha anche precisato che i documenti portatili A1 in questione erano stati rilasciati sia prima sia dopo che le autorità austriache avevano accertato la sussistenza di un obbligo, per i lavoratori interessati, di assicurarsi presso il regime di sicurezza sociale austriaco.


54      Il governo tedesco considera, in particolare, che l’efficacia vincolante del documento portatile A1 non sussiste quando tale documento sia stato rilasciato solo dopo che lo Stato membro ospitante abbia formalmente accertato la sussistenza di un obbligo di assicurazione del lavoratore interessato sulla base della propria legislazione e ne abbia informato lo Stato membro di origine.


55      V. sentenza del 30 marzo 2000, Banks e a. (C‑178/97, EU:C:2000:169, punti 53 e 54). V., anche, sentenza del 4 ottobre 2012, Format Urządzenia i Montaże Przemysłowe (C‑115/11, EU:C:2012:606, punto 43), da cui risulta che il certificato E 101 è destinato ad essere rilasciato, di norma, prima o all’inizio del periodo a cui si riferisce. V., anche, punto 6 della decisione n. 181 della commissione amministrativa del 13 dicembre 2000, concernente l’interpretazione degli articoli 14, paragrafo 1, 14 bis, paragrafo 1, e 14 ter, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1408/71 (GU 2001, L 329, pag. 73).


56      V. supra paragrafo 33.


57      Il corsivo è mio.


58      Detto articolo 5, paragrafo 1, è citato al paragrafo 9 delle presenti conclusioni.


59      Detto articolo 19, paragrafo 2, è citato al paragrafo 10 delle presenti conclusioni. V., anche, articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, ai sensi del quale l’istituzione competente dello Stato membro la cui legislazione è applicabile fornisce alla persona interessata lattestato di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009.


60      V. supra paragrafi dal 27 al 33.


61      Sulla distinzione tra gli effetti che produce il certificato E 101 e quelli prodotti da altri tipi di documenti, v. sentenze del 12 febbraio 2015, Bouman (C‑114/13, EU:C:2015:81, punti 26 e 27) e del 9 settembre 2015, X e van Dijk (C‑72/14 et C‑197/14, EU:C:2015:564, punti dal 47 al 50).


62      Sentenza del 30 marzo 2000, Banks e a. (C‑178/97, EU:C:2000:169). V., in particolare, i punti da 5 a 7 di detta sentenza.


63      Vale ricordare che la giurisprudenza della Corte relativa all’efficacia vincolante del certificato E 101 si fonda, in particolare, su considerazioni relative alla certezza del diritto per le persone che si spostano all’interno dell’Unione. V. supra paragrafo 35. Tengo a rilevare, in questo contesto, che, emerge dall’ordinanza di rinvio, nel procedimento dinanzi al giudice del rinvio, la cassa di malattia di Salisburgo ha eccepito che, «[a suo avviso], l’unica strada per pervenire a una decisione nell’ambito della questione [era] l’accertamento (…) dell’esistenza di un obbligo di assicurazione, seppur in presenza dei documenti [portatili] A1 dell’ente ungherese».


64      Sui rapporti tra gli articoli 5 e 6 del regolamento n. 987/2009, v. supra paragrafo 32.


65      V. anche, paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


66      Tengo a segnalare che la proposta della Commissione del 13 dicembre 2016, sopra citata, tende a modificare l’articolo 12 del regolamento n. 883/2004. V. articolo 1, punto 13, di detta proposta e le relative spiegazioni nella relazione della proposta.


67      V. supra, paragrafi dal 18 al 21.


68      Il corsivo è mio. Risulta dall’ordinanza di rinvio che è pacifico, nel presente caso, che non vi è stato un superamento del periodo lavorativo massimo di ventiquattro mesi, previsto come condizione di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004.


69      Il corsivo è mio. Risulta dai lavori preparatori relativi al regolamento n. 465/2012 che tale modifica aveva per obiettivo di precisare che una persona distaccata non può essere sostituita da un’altra persona distaccata dopo la scadenza del periodo di distacco della prima persona; l’omissione del termine «distaccata» nell’originaria versione del regolamento n. 883/2004 è stata accidentale. V. punto 5 della relazione alla proposta della Commissione, del 20 dicembre 2010, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio di modifica del regolamento n. 883/2004 [COM(2010) 794 final]. V., anche, supra, paragrafi 6 e 7.


70      V. supra, paragrafi 12 e 13.


71      V., prima parte, punto 7, della guida pratica della commissione amministrativa sulla legislazione applicabile nell’Unione europea (UE), nello Spazio economico europeo (EEE) e in Svizzera del mese di dicembre 2013, da cui risulta che «[il] lavoratore distaccato nello Stato membro di destinazione A non può, infatti, essere sostituito immediatamente né da un lavoratore distaccato dalla stessa impresa o da un’impresa diversa dello Stato membro d’invio B, né da un lavoratore distaccato da un’ impresa stabilita in uno Stato membro C [...] [Q]uando un’attività nello Stato membro A era esercitata precedentemente da un lavoratore distaccato dello Stato membro d’invio B, questo lavoratore non può essere sostituito nell’immediato da un altro lavoratore distaccato, da qualunque Stato membro provenga. Indipendentemente da quale impresa o da quale Stato membro provenga». Preciso che tale versione della guida pratica è stata pubblicata solo dopo il periodo controverso oggetto del procedimento principale. La versione precedente della guida pratica della commissione amministrativa, pubblicata nel mese di gennaio 2011, non conteneva detta spiegazione.


72      Né la Martin Meat e la Martimpex-Meat né il governo irlandese hanno fornito risposta alla terza questione pregiudiziale.


73      V., inoltre, nota 17 delle presenti conclusioni.


74      La Martin-Meat e la Martimpex-Meat sostengono che non esistono tra le due società rapporti di proprietà o di natura organizzativa o gestionale. Il governo ungherese afferma, in maniera analoga, che, nella presente causa, si tratta di persone giuridiche diverse. Il governo austriaco, invece, sostiene che vi è una evidente identità quanto ai nomi e alla struttura organizzative dei due datori di lavoro e, in parte, anche ai lavoratori distaccati.


75      Tengo a precisare che, secondo me, la terza questione pregiudiziale, lettera b), non presenta un carattere ipotetico che porterebbe a dichiarare tale questione irricevibile, in base ala giurisprudenza della Corte. Dall’ordinanza di rinvio, appare, infatti, che il giudice del rinvio non ha, allo stato, ancora preso una decisione sulla questione se esistano, o meno, nella fattispecie, rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati, anche perché tale questione si porrebbe solo se la Corte dovesse respingere l’interpretazione estensiva della condizione di non-sostituzione.


76      V., nello stesso senso per quanto riguarda l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 (sostituito poi dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004), sentenza del 9 novembre 2000, Plum (C‑404/98, EU:C:2000:607, punto 18 e giurisprudenza ivi citata). Sul principio di unicità della legislazione applicabile, v. articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, citato supra nel paragrafo 5.


77      V. supra, paragrafo 5. V., inoltre, il considerando 17 del regolamento n. 883/2004.


78      V., nello stesso senso per quanto riguarda l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 (sostituito poi dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004), sentenza del 9 novembre 2000, Plum (C‑404/98, EU:C:2000:607, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). V., inoltre, i considerando 1 e 2 della decisione A2 della commissione amministrativa del 12 giugno 2009, concernente l’interpretazione dell’articolo 12 del regolamento n. 883/2004 (GU 2010, C 106, pag. 5).


79      L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 è citato supra ai paragrafi 6 e 7. V., inoltre, il considerando 18 del regolamento n. 883/2004 secondo il quale «è necessario derogare a detta norma generale in situazioni specifiche che giustificano un altro criterio di applicabilità».


80      Il corsivo è mio. V. sentenza del 4 ottobre 2012, Format Urządzenia i Montaże Przemysłowe (C‑115/11, EU:C:2012:606, punto 31).


81      Regolamento del Consiglio, del 10 marzo 1964, che modifica l’articolo 13 del regolamento n. 3 e l’articolo 11 del regolamento n. 4 (legislazione applicabile ai lavoratori distaccati ed ai lavoratori che svolgono normalmente la loro attività in più paesi) (GU 1964, n. 47, pag. 746).


82      La versione precedente dell’articolo 13, lettera a), del regolamento n. 3 prevedeva una «durata probabile» che non superasse i dodici mesi, prorogabile sino a ventiquattro mesi. Merita ricordare che l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 prevede una «durata prevedibile» che non superi i ventiquattro mesi. V. supra paragrafo 6.


83      V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Dutheillet de Lamothe nella causa Manpower (35/70, non pubblicate, EU:C:1970:104, pag. 1265), il quale fa presente che «[l’articolo 13, lettera a) del regolamento n. 3] aveva consentito degli abusi: alcune imprese hanno aperto cantieri oltre confine e v’impiegavano il loro personale a turno cosicché i dipendenti rimanessero soggetti alla legislazione del paese nel quale aveva sede l’impresa, che prevedeva oneri sociali meno pesanti di quelli del paese in cui era sorto il cantiere. Il sistema fu praticato in Francia nell’industria edile e nella lavorazione del legno. Anche nei rapporti tra Olanda e Germania era venuto in luce che “assuntori” o “subimprenditori”, che in Olanda non erano considerati datori di lavoro, offrivano agli imprenditori tedeschi lavoratori che rimanevano affiliati al regime previdenziale olandese». Le osservazioni dell’avvocato generale fanno riferimento, in particolare, all’introduzione, in parallelo, nel testo dell’articolo 13, lettera a), del regolamento n.3, della nozione di «distacco». V., anche, quinta relazione annuale della commissione amministrativa sull’attuazione dei regolamenti sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti gennaio-dicembre 1963, pagg. 12 e 56. V., inoltre, le conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nel causa FTS (C‑202/97, EU:C:1999:33, punto 26) che fa parimenti riferimento all’introduzione della condizione di non-sostituzione.


84      L’articolo 13, lettera a), del regolamento n. 3, così come modificato dal regolamento n. 24/64, disponeva che il lavoratore distaccato «non sia inviato per sostituire un altro lavoratore giunto al termine del proprio periodo di distacco». L’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1408/71 prevedeva che il lavoratore distaccato «non sia inviato in sostituzione di un altro lavoratore giunto al termine del suo periodo di distacco». L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 è citato ai paragrafi 6 e 7 delle presenti conclusioni.


85      Alcune versioni linguistiche dispongono addirittura che la persona non può essere inviata «per» sostituire un’altra persona distaccata. V., segnatamente, la versione in lingua danese («ikke udsendes for at afløse en anden person»), in lingua inglese («not sent to replace another person»), e in lingua svedese («inte sänds ut för att ersätta någon annan person»). La versione in lingua tedesca prevede invece, che la persona non sostituisca un’altra persona («nicht eine andere [entsandte] Person ablöst»). Le modifiche all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 effettuate dal regolamento n. 465/2012 non incidono affatto su questa analisi delle diverse versioni linguistiche. V. supra paragrafi 6 e 7.


86      Si ricorda che l’analisi fatta nella presente sezione riguarda l’ipotesi in cui non esistano rapporti personali e/o di tipo organizzativo tra i datori di lavoro interessati. V. supra, paragrafi 78 e 79.


87      V., inoltre, supra, paragrafo 83.


88      Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio di certezza del diritto richiede, segnatamente, che le norme giuridiche siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare qualora possano comportare conseguenze sfavorevoli per i singoli. V., in particolare, la sentenza del 18 dicembre 2008, Altun(C‑377/07, EU:C:2008:744, punto 60).


89      Vale ricordare che il giudice del rinvio non ha fornito indicazioni che permettono di considerare che i fatti oggetto del procedimento principale potrebbero essere indici di una frode o di un abuso di diritto. V. supra, paragrafo 77.


90      V. supra, paragrafo 84.


91      V., a questo proposito, prima parte, punto 7, della citata guida pratica della commissione amministrativa del mese di dicembre 2013, da cui risulta che, «dal punto di vista dell’istituzione competente dello Stato membro d’invio, le condizioni di distacco possono [al momento della valutazione delle condizioni di distacco] sembrare effettivamente rispettate».


92      Nella fattispecie, la Martin-Meat e la Martimpex-Meat precisano che le autorità previdenziali austriache hanno inviato alla Martimpex-Meat, in data 21 marzo 2016, una richiesta di pagamento di contributi sociali per i lavoratori interessati per un ammontare di più di 4 milioni di euro, maggiorati degli interessi di mora, per un totale complessivo di circa 5 milioni di euro.


93      V. supra, paragrafo 72 e nota 71.


94      V. supra, paragrafo 79.


95      V. supra, paragrafo 78.


96      V. sentenza del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


97      V. supra, paragrafo 77.