Language of document : ECLI:EU:T:2019:616

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

19 settembre 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Registrazione internazionale che designa l’Unione europea – Domanda di protezione del marchio internazionale denominativo GIUSTI WINE – Marchio nazionale figurativo anteriore DeGIUSTI – Impedimento alla registrazione relativo – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑678/18,

Società agricola Giusti Dal Col Srl, con sede a Nervesa della Battaglia (Italia), rappresentata da M. Pizzigati e A. Mayr, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

DMC Srl, con sede a San Vendemiano (Italia), rappresentata da B. Osti e C. Spagnolo, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO, del 3 settembre 2018 (procedimento R 1154/2017‑5), relativa a un procedimento di opposizione tra la DMC e la Società agricola Giusti Dal Col,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, R. Barents (relatore) e J. Passer, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2018,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° marzo 2019,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 febbraio 2019,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Il 2 ottobre 2014 la Società agricola Giusti Dal Col Srl, ricorrente, ha chiesto la protezione nell’Unione europea della registrazione internazionale n. 1217728, dell’11 luglio 2014, del marchio denominativo GIUSTI WINE, ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        I prodotti per i quali è stata chiesta la protezione rientrano nella classe 33, ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «vino».

3        La domanda di marchio è stata pubblicata il 3 ottobre 2014.

4        Il 26 giugno 2015 la DMC Srl, interveniente, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), contro la registrazione del marchio richiesto per i prodotti indicati al precedente punto 2.

5        Le cause dell’opposizione, in particolare la motivazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001], erano basate, in particolare, sul seguente marchio anteriore figurativo italiano, depositato il 5 ottobre 2012 e registrato il 13 maggio 2013 al numero 1542679:

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6        Il marchio anteriore designa, in particolare, i prodotti rientranti nelle classi 32 e 33 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 32: «Birre, acque minerali e gassose; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi»;

–        classe 33: «Bevande alcoliche (tranne le birre); vini e alcolici distillati».

7        Con decisione del 6 aprile 2017, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione, concludendo nel senso della sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

8        Il 30 maggio 2017, la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, a norma degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001), avverso la decisione della divisione di opposizione.

9        Con decisione del 3 settembre 2018 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha confermato la decisione della divisione di opposizione.

10      In via preliminare, al punto 14 della decisione impugnata, essa ha ritenuto che non fosse necessario esaminare la prova dell’uso del marchio anteriore, dal momento che la divisione di opposizione aveva basato il proprio esame sul marchio di cui al precedente punto 5, il quale non era soggetto alla prova dell’uso.

11      La commissione di ricorso, al punto 36 della decisione impugnata, ha poi ritenuto che il pubblico di riferimento fosse costituito dal grande pubblico che dimostra un livello di attenzione medio, trattandosi di prodotti di consumo quotidiano.

12      Per quanto riguarda l’elemento «giusti» comune ai due marchi in conflitto, ai punti 44 e 45 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha rilevato che, nel settore dei vini, è pratica comune commercializzare vini con il cognome del proprietario della vigna e che Giusti rappresenta un cognome italiano piuttosto diffuso. La commissione di ricorso, ai punti da 48 a 59 della decisione impugnata, dopo avere esaminato gli elementi denominativi e figurativi dei marchi in conflitto, ha concluso che tra essi esiste un grado medio di somiglianza visiva, un alto grado di somiglianza fonetica e una forte somiglianza concettuale. Tenendo conto che l’elemento distintivo e dominante dei marchi in conflitto è, rispettivamente, «giusti» e «degiusti», la commissione di ricorso, ai punti da 60 a 67 della decisione impugnata, ha ritenuto il marchio anteriore privo di un carattere distintivo normale, poiché la registrazione dei marchi che includono il termine «giusti» non costituisce, di per sé, un argomento decisivo, in quanto non rispecchia necessariamente la situazione di mercato.

13      Essa ha quindi concluso, alla luce dell’identità dei prodotti in conflitto, nel senso della sussistenza di un rischio di confusione tra tali marchi.

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

15      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

16      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese;

–        in ogni caso, disporre il rimborso delle spese e dei diritti, se del caso, in via equitativa.

 In diritto

17      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e contesta principalmente alla commissione di ricorso di non aver tenuto conto del fatto che il nome Giusti fosse molto diffuso nel settore vitivinicolo e che numerose altre imprese facciano impiego di tale nome quale ditta o marchio. La richiedente lamenta quindi che la commissione di ricorso non ha tenuto conto della sussistenza di un’effettiva compresenza sul mercato. Inoltre, la ricorrente ritiene che, se un patronimico presenta una ridotta o inesistente capacità distintiva a causa della sua diffusione, in caso di utilizzo del medesimo cognome come marchio da parte di un terzo il rischio di confusione può essere attenuato o addirittura escluso. In aggiunta, la richiedente contesta l’analisi della comparazione dei segni in conflitto effettuata dalla commissione di ricorso.

18      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Inoltre, in virtù dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), ii), di detto regolamento, per marchi anteriori occorre intendere i marchi registrati in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea.

19      Per giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione il fatto che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro [sentenza del 10 febbraio 2015, Boehringer Ingelheim International/UAMI – Lehning entreprise (ANGIPAX), T‑368/13, non pubblicata, EU:T:2015:81, punto 24; v. anche, per analogia, sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 29, e del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 17].

20      Inoltre, il rischio di confusione nella percezione del pubblico dev’essere valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza del 10 febbraio 2015, ANGIPAX, T‑368/13, non pubblicata, EU:T:2015:81, punto 25; v. anche, per analogia, sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, EU:C:1997:528, punto 22; del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 16, e del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 18).

21      Tale valutazione globale comporta una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi cui essi si riferiscono. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi contrassegnati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa. L’interdipendenza dei fattori trova la sua espressione al considerando 8 del regolamento n. 207/2009 (divenuto considerando 11 del regolamento 2017/1001), secondo cui è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato, dall’associazione che può essere fatta tra il marchio di impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi contrassegnati (v. sentenza del 10 febbraio 2015, ANGIPAX, T‑368/13, non pubblicata, EU:T:2015:81, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

22      Inoltre, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. Emerge, infatti, dal tenore letterale dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ai sensi del quale «sussiste un rischio di confusione per il pubblico», che la percezione dei marchi che ha il consumatore medio del tipo di prodotto o di servizio di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva di detto rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 10 febbraio 2015, ANGIPAX, T‑368/13, non pubblicata, EU:T:2015:81, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

23      Ai fini della valutazione globale del rischio di confusione, si presume che il consumatore medio dei prodotti interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia, occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto tra i vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre prendere altresì in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi interessati (v. sentenza del 10 febbraio 2015, ANGIPAX, T‑368/13, non pubblicata, EU:T:2015:81, punto 28 e giurisprudenza ivi citata; v. anche, per analogia, sentenza del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, EU:C:1999:323, punto 26).

24      È alla luce delle considerazioni che precedono che deve essere esaminata la valutazione del rischio di confusione tra i marchi in conflitto effettuata dalla commissione di ricorso.

25      Nella fattispecie, il marchio anteriore è un marchio italiano. Pertanto, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 34 della decisione impugnata, senza obiezione da parte della ricorrente, il territorio di riferimento è l’Italia.

26      Inoltre, è giocoforza constatare, al pari della commissione di ricorso, che i prodotti di cui trattasi sono identici e che, secondo una giurisprudenza costante, trattandosi di vini, che sono prodotti di consumo corrente, il pubblico di riferimento è il grande pubblico che mostrerà un grado medio di attenzione al momento dell’acquisto [v. sentenze del 13 aprile 2011, Sociedad Agricola Requingua/UAMI – Consejo Regulador de la Denominación de Origen Toro (TORO DE PIEDRA), T‑358/09, non pubblicata, EU:T:2011:174, punto 29; del 29 febbraio 2012, Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio/UAMI – Weinkellerei Lenz Moser (SERVO SUO), T‑525/10, non pubblicata, EU:T:2012:96, punto 22, e del 16 febbraio 2017, DMC/EUIPO – Etike’ International (De Giusti ORGOGLIO), T‑18/16, non pubblicata, EU:T:2017:85, punti 24 e 25].

 Sulla comparazione dei marchi in conflitto

27      Per quanto riguarda la comparazione dei marchi in conflitto, i marchi da confrontare sono i seguenti:

Marchio anteriore

Marchio richiesto


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GIUSTI WINE


28      Per quanto riguarda la somiglianza dei marchi in conflitto, occorre ricordare che, come già indicato al punto 22 di cui sopra, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

29      In particolare, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in conflitto, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenza dell’8 marzo 2018, Claro Sol Facility Services desde 1972, T‑159/17, non pubblicata, EU:T:2018:123, punto 33; v. anche, in tal senso, sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punti 42 e 43).

30      Nel caso di specie, prima di esaminare la potenziale somiglianza dei marchi in conflitto sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale, è quindi necessario determinare gli elementi distintivi e dominanti ivi contenuti.

 Sugli elementi distintivi e dominanti dei marchi in conflitto

31      Secondo la giurisprudenza, per la valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (v. sentenza dell’8 marzo 2018, Claro Sol Facility Services desde 1972, T‑159/17, non pubblicata, EU:T:2018:123, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

32      Peraltro, qualora un marchio sia composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi dei secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto di cui trattasi citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [sentenze del 31 gennaio 2012, LA VICTORIA DE MEXICO, T‑205/10, non pubblicata, EU:T:2012:36, punto 38, e del 16 gennaio 2014, Message Management/UAMI – Absacker (ABSACKER of Germany), T‑304/12, non pubblicata, EU:T:2014:5, punto 31].

33      In primo luogo, per quanto riguarda il marchio anteriore, occorre rilevare che tale marchio è composto da due elementi, vale a dire, da un lato, l’elemento figurativo stilizzato che rappresenta le lettere maiuscole «D» e «G» e, dall’altro, l’elemento denominativo stilizzato «degiusti». Questi elementi sono scritti a lettere nere su sfondo rettangolare bianco.

34      Come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 47 della decisione impugnata, l’elemento figurativo stilizzato sarà considerato come una rappresentazione grafica delle lettere iniziali maiuscole dei termini «de» e «giusti» o come un grafema composto da due lettere maiuscole «G» di cui una è il riflesso dell’altra, cosicché tale elemento fantasioso sarà percepito solo come una decorazione.

35      Pertanto, è giocoforza constatare che l’elemento denominativo «degiusti» del marchio anteriore è atto a conferirgli un carattere distintivo e dominante.

36      In secondo luogo, per quanto riguarda il marchio richiesto, esso si compone di due elementi denominativi, vale a dire «giusti» e «wine».

37      Come giustamente sottolineato dalla commissione di ricorso al punto 42 della decisione impugnata, il termine «wine» è una parola inglese di base che sarà compresa anche dal pubblico italiano come atta a indicare il tipo di prodotti interessati, vale a dire vino, cosicché esso è descrittivo dei prodotti interessati. Per quanto riguarda l’elemento «giusti», sebbene esso, come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 43 della decisione impugnata, ove sia considerato isolatamente abbia un significato preciso, vale a dire, in particolare, «buono» o «corretto» in francese, ove sia applicato ai prodotti interessati, il pubblico percepirà il marchio richiesto come correlato al cognome Giusti, poiché nel settore vinicolo è comune che i vini siano commercializzati con il nome del proprietario del vigneto o del viticoltore [v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2005, Murúa Entrena/UAMI – Bodegas Murúa (Julián Murúa Entrena), T‑40/03, EU:T:2005:285, punto 56].

38      La ricorrente aggiunge che il cognome Giusti è comune in Italia, pertanto sarebbe privo di carattere distintivo. A tale riguardo, essa si basa su una banca dati che ha fornito nell’ambito della procedura dinanzi a l’EUIPO e da cui risulterebbe che l’elemento «giusti» sarebbe registrato in Italia per quindici marchi, escluso quello dell’interveniente.

39      A tale riguardo, occorre constatare che anche qualora questi quindici marchi fossero effettivamente in uso nel mercato italiano, non se ne potrebbe desumere che l’elemento «giusti» sia diffuso in Italia, giacché il numero di quindici risulta esiguo rispetto alle dimensioni del mercato di cui trattasi. Inoltre, va ricordato che il fattore pertinente per contestare il carattere distintivo di un elemento consiste nella presenza effettiva nel mercato e non in registri o in banche dati [v. sentenza dell’8 marzo 2013, Mayer Naman/UAMI – Daniel e Mayer (David Mayer), T‑498/10, non pubblicata, EU:T:2013:117, punto 77; v. anche, in tal senso, sentenza del 13 aprile 2011, TORO DE PIEDRA, T‑358/09, non pubblicata, EU:T:2011:174, punto 35].

40      Inoltre, pur supponendo che le rappresentazioni di bottiglie contrassegnate con l’elemento «giusti» siano utili al fine di dimostrare l’uso effettivo di tale elemento sul mercato, è giocoforza constatare che poche bottiglie contrassegnate con tale elemento sono state sottoposte alla valutazione della commissione di ricorso, il che non può essere considerato sufficiente a dimostrare l’esistenza di una coesistenza pacifica sul mercato interessato (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2013, David Mayer, T‑498/10, non pubblicata, EU:T:2013:117, punto 77).

41      Per quanto riguarda le schede secondo cui l’elemento «giusti» figurerebbe nell’insegna o nella ragione sociale di alcune imprese, occorre osservare che la ragione sociale, l’insegna o il patronimico sono irrilevanti, vista la sostanziale differenza tra l’uso di un termine come marchio e il suo uso come ragione sociale, insegna o patronimico, segni, questi ultimi, che non hanno lo scopo di indicare l’origine commerciale dei prodotti. D’altronde, è necessario constatare che simili quantità di insegne e di comuni, considerate rispetto alle dimensioni del mercato italiano, non sono sufficienti a dimostrare, nel caso di specie, la diffusione e, di conseguenza, l’assenza di carattere distintivo dell’elemento «giusti» (v., in tal senso, sentenza dell’8 marzo 2013, David Mayer, T‑498/10, non pubblicata, EU:T:2013:117, punto 78).

42      Da quanto precede deriva che la commissione di ricorso poteva senza errare concludere, al punto 71 della decisione impugnata, nel senso del carattere intrinsecamente distintivo dell’elemento «giusti» e, di conseguenza, della sua rilevanza ai fini del confronto dei marchi in conflitto nell’ambito della valutazione complessiva del rischio di confusione.

43      Infine, in ogni caso, anche ammettendo che il marchio anteriore abbia un carattere distintivo debole, occorre ricordare che, sebbene il carattere distintivo del marchio anteriore debba essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione, si tratta soltanto di uno tra vari altri elementi che rilevano nell’ambito di detta valutazione. Pertanto, anche in presenza di un marchio anteriore a carattere distintivo debole, può sussistere un rischio di confusione, in particolare, a causa di una somiglianza dei marchi e dei prodotti o servizi interessati (v. sentenza del 16 gennaio 2014, ABSACKER of Germany, T‑304/12, non pubblicata, EU:T:2014:5, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

44      Pertanto, alla luce di tali considerazioni, occorre procedere all’analisi della comparazione visiva, fonetica e concettuale dei marchi in conflitto.

 Sulla comparazione visiva dei marchi in conflitto

45      Sotto il profilo visuale, la commissione di ricorso, al punto 48 della decisione impugnata, ha ritenuto che i marchi in conflitto coincidessero nell’elemento «giusti» che è il primo e più distintivo elemento del marchio richiesto e l’ultimo elemento del marchio anteriore. Essa ha altresì ritenuto che detti marchi differissero nell’elemento figurativo «dg» nonché nell’elemento «de» del marchio anteriore e nell’elemento «wine» presente nel marchio richiesto.

46      Tale constatazione non può che essere confermata, cosicché, come risulta dalla decisione impugnata, i marchi in conflitto presentano un grado medio di somiglianza visiva.

 Sulla comparazione fonetica dei marchi in conflitto

47      Come ha giustamente rilevato la commissione di ricorso al punto 49 della decisione impugnata, i marchi in conflitto presentano un elevato grado di somiglianza fonetica.

48      Infatti, detti marchi condividono l’elemento distintivo e dominante «giusti», ed è dubbio che l’elemento figurativo «dg», presente nel marchio anteriore, nonché l’elemento descrittivo «wine», presente nel marchio richiesto, siano pronunciati. La differenza fonetica tra i marchi in conflitto risiederebbe pertanto nella pronuncia dell’elemento «de», presente nel marchio anteriore.

 Sulla comparazione concettuale dei marchi in conflitto

49      Ai punti da 50 a 59 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha esaminato la somiglianza concettuale dei marchi in conflitto e ha concluso che sussisteva una somiglianza elevata.

50      Essa ha pertanto rilevato che i marchi in conflitto condividevano l’elemento «giusti» che, trattandosi di prodotti vitivinicoli, sarebbe percepito dal pubblico italiano come un cognome, ancorché nel marchio anteriore tale elemento fosse privo della particella «De». Richiamandosi alla giurisprudenza del Tribunale, la commissione di ricorso, al punto 53 della decisione impugnata, ha ritenuto che, nonostante tale differenza, il pubblico di riferimento non avrebbe necessariamente compreso il senso letterale di un cognome e non avrebbe effettuato una dissezione del cognome.

51      Tale analisi non può che essere confermata.

52      Infatti, alla luce del carattere descrittivo dell’elemento «wine» presente nel marchio richiesto e del carattere poco distintivo dell’elemento figurativo «dg» presente nel marchio richiesto, gli elementi distintivi e dominanti dei marchi in conflitto sono «degiusti», per quanto riguarda il marchio anteriore, e «giusti», per quanto riguarda il marchio richiesto.

53      Coincidendo nell’elemento «giusti», che, nel settore vitivinicolo, farà riferimento a un cognome, occorre constatare che la presenza della particella «De» nel marchio anteriore non permette di differenziare in modo chiaro e netto il marchio anteriore dal marchio richiesto, per cui occorre concludere nel senso della sussistenza di una somiglianza concettuale elevata tra i marchi in conflitto.

 Sullesistenza di un rischio di confusione

54      Per quanto riguarda la valutazione di un rischio di confusione, occorre ricordare che è già stato dichiarato che, nella fattispecie, i prodotti di cui trattasi sono di norma oggetto di una distribuzione generalizzata, che va dal reparto alimentari dei supermercati, dei grandi magazzini nonché degli altri punti vendita al dettaglio ai ristoranti e ai bar. Pertanto, i consumatori possono essere indotti ad ordinare i prodotti in questione oralmente, in un ambiente rumoroso, come un bar e senza aver prima esaminato visivamente i prodotti e i marchi ad essi associati [v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Aroa Bodegas/UAMI – Bodegas Muga (aroa), T‑536/12, non pubblicata, EU:T:2014:770, punto 55]; occorre pertanto attribuire un’importanza particolare all’aspetto fonetico [sentenze del 29 febbraio 2012, Azienda Agricola Colsaliz di Faganello Antonio/UAMI – Weinkellerei Lenz Moser (SERVO SUO), T‑525/10, non pubblicata, EU:T:2012:96, punto 67, e del 2 febbraio 2016, Antica Azienda Agricola Vitivinicola Dei Conti Leone De Castris/UAMI – Vicente Gandía Pla (ILLIRIA), T‑541/14, non pubblicata, EU:T:2016:51, punto 48].

55      Inoltre, è già stato dichiarato che i consumatori sono abituati a designare e a riconoscere il vino in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarlo, dato che tale elemento designa in particolare il viticoltore o la proprietà su cui il vino è prodotto (sentenza del 13 luglio 2005, Julián Murúa Entrena, T‑40/03, EU:T:2005:285, punto 56).

56      In siffatte circostanze, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, si deve ritenere che sarà dato maggior peso alla somiglianza fonetica dei marchi in conflitto e che, inoltre, la differenza fonetica relativa alla pronuncia dell’elemento «de» nel marchio richiesto non può essere percepita da una parte del pubblico di riferimento, in particolare quando ordina vini in luoghi di consumo necessariamente più rumorosi in quanto aperti al pubblico  (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, aroa, T‑536/12, non pubblicata, EU:T:2014:770, punto 56).

57      Tale conclusione non è messa in discussione dall’argomento della ricorrente riguardante il fatto che la presenza sul mercato di altri marchi contenenti l’elemento «giusti» attesterebbe l’esistenza di una coesistenza pacifica tra tali marchi.

58      Certamente, non è del tutto escluso che, in taluni casi, la coesistenza di marchi anteriori nel mercato possa eventualmente ridurre il rischio di confusione tra due marchi in conflitto rilevato dagli organi dell’EUIPO. Tuttavia, una simile eventualità può essere presa in considerazione soltanto se, quanto meno nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO riguardante gli impedimenti relativi alla registrazione, il richiedente del marchio dell’Unione europea abbia debitamente dimostrato che la detta coesistenza si fondava sull’insussistenza di un rischio di confusione, nella percezione del pubblico di riferimento, tra il marchio anteriore da esso fatto valere e il marchio anteriore su cui si fonda l’opposizione e sempre che i marchi anteriori di cui trattasi e i marchi in conflitto siano identici [sentenze del Tribunale dell’11 maggio 2005, Grupo Sada/UAMI – Sadia (GRUPO SADA), T‑31/03, EU:T:2005:169, punto 86; dell’8 dicembre 2005, Castellblanch/UAMI – Champagne Roederer (CRISTAL CASTELLBLANCH), T‑29/04, EU:T:2005:438, punto 72, e del 16 dicembre 2008, Torres/UAMI – Navisa Industrial Vinícola Española (MANSO DE VELASCO), T‑259/06, non pubblicata, EU:T:2008:575, punto 76].

59      Tuttavia, nella fattispecie, durante il procedimento amministrativo, la ricorrente non ha fornito alcuna prova della coesistenza dei marchi in conflitto sul mercato italiano basata sull’assenza di un rischio di confusione tra di essi. In effetti, essa si è limitata a produrre un estratto di una banca dati italiana di registrazione dei marchi, che non permetterebbe affatto di dimostrare che il rischio di confusione tra i marchi in conflitto è ridotto e, a fortiori, eliminato (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2008, MANSO DE VELASCO, T‑259/06, non pubblicata, EU:T:2008:575, punto 77).

60      Ne consegue che giustamente la commissione di ricorso ha concluso che sussisteva un rischio di confusione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

61      Conseguentemente, il motivo unico dev’essere respinto, al pari del ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

62      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, in conformità alle conclusioni dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Società agricola Giusti Dal Col Srl è condannata alle spese.

Collins

Barents

Passer

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

      A. M. Collins


*      Lingua processuale: l’italiano.