Language of document : ECLI:EU:T:2023:830

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

20 dicembre 2023 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina – Congelamento dei capitali – Elenco delle persone, delle entità e degli organismi cui si applica il congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Restrizioni in materia di ammissione nel territorio degli Stati membri – Elenco delle persone, delle entità e degli organismi soggetti a restrizioni all’ammissione nel territorio degli Stati membri – Inserimento e mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi – Nozione di “imprenditori di spicco” – Articolo 2, paragrafo 1, lettera g), della decisione 2014/145/PESC – Obbligo di motivazione – Diritti della difesa – Errore di valutazione – Proporzionalità – Parità di trattamento – Diritto di proprietà – Libertà d’impresa – Diritto alla vita privata – Applicazione, a un cittadino di uno Stato membro, di restrizioni in materia di ammissione – Libera circolazione dei cittadini dell’Unione»

Nella causa T‑313/22,

Roman Arkadyevich Abramovich, residente in Nemchinovo (Russia), rappresentato da T. Bontinck, A. Guillerme, S. Bonifassi, M. Brésart, L. Burguin, J. Goffin, J. Bastien, R. Lööf, avvocati, e C. Zatschler, SC,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Bishop e M.‑C. Cadilhac, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da J.-F. Brakeland, C. Giolito, L. Puccio e M. Carpus Carcea, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto da D. Spielmann, presidente, V. Valančius, R. Mastroianni (relatore), M. Brkan e I. Gâlea, giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento, e segnatamente:

–        il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 maggio 2022;

–        la decisione del 16 agosto 2022 che ammette l’intervento della Commissione a sostegno del Consiglio;

–        le memorie di adattamento depositate presso la cancelleria del Tribunale il 24 novembre 2022, il 23 marzo 2023 e il 17 maggio 2023;

in seguito all’udienza del 12 luglio 2023,

visti, in seguito alla cessazione dalle funzioni del giudice Valančius il 26 settembre 2023, l’articolo 22 e l’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il ricorrente, il sig. Roman Arkadyevich Abramovich, chiede, da un lato, sulla base dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento, in primo luogo, della decisione (PESC) 2022/429 del Consiglio, del 15 marzo 2022, che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 87 I, pag. 44), e del regolamento di esecuzione (UE) 2022/427 del Consiglio, del 15 marzo 2022, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 87 I, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti iniziali»), in secondo luogo, della decisione (PESC) 2022/1530 del Consiglio, del 14 settembre 2022, che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 239, pag. 149), nonché del regolamento di esecuzione (UE) 2022/1529 del Consiglio, del 14 settembre 2022, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2022, L 239, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di mantenimento del settembre 2022»), e, in terzo luogo, della decisione (PESC) 2023/572 del Consiglio, del 13 marzo 2023, che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 75 I, pag. 134), nonché del regolamento di esecuzione (UE) 2023/571 del Consiglio, del 13 marzo 2023, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014 concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 75 I, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: «gli atti di mantenimento del marzo 2023») e, in quarto luogo, della decisione (PESC) 2023/811 del Consiglio, del 13 aprile 2023, che modifica la decisione 2014/145/PESC concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 101, pag. 67) e del regolamento di esecuzione (UE) 2023/806 del Consiglio, del 13 aprile 2023, che attua il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2023, L 101, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente, gli «atti di mantenimento dell’aprile 2023» e, congiuntamente con gli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023: gli «atti di mantenimento»), nei limiti in cui tali atti (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati») lo riguardano e, dall’altro lato, sulla base dell’articolo 268 TFUE, il risarcimento del danno che avrebbe subito a causa dell’adozione degli atti iniziali.

 Fatti

2        Il ricorrente è un imprenditore avente cittadinanza russa, israeliana e portoghese.

3        Il 17 marzo 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 16). Lo stesso giorno, esso ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6).

4        Il 21 febbraio 2022, il presidente della Federazione russa ha firmato un decreto che riconosceva l’indipendenza e la sovranità delle autoproclamate «Repubblica popolare di Donetsk» e «Repubblica popolare di Lugansk», e ha ordinato lo spiegamento delle forze armate russe in tali zone.

5        Il 22 febbraio 2022, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha pubblicato una dichiarazione a nome dell’Unione europea che condannava tali azioni, in quanto costituivano una grave violazione del diritto internazionale. Egli ha annunciato che l’Unione avrebbe risposto a queste ultime violazioni da parte della Federazione russa adottando con urgenza ulteriori misure restrittive.

6        Il 23 febbraio 2022, il Consiglio ha adottato una prima serie di misure restrittive. Queste riguardavano, in primo luogo, restrizioni applicabili alle relazioni economiche con le regioni non controllate dai governi di Donetsk e Lugansk, in secondo luogo, restrizioni all’accesso al mercato dei capitali, in particolare vietando i finanziamenti alla Federazione russa, al suo governo e alla sua banca centrale, e, in terzo luogo, l’aggiunta di membri del governo, di banche, di imprenditori, di generali nonché di 336 membri della Gosudarstvennaya Duma Federal’nogo Sobrania Rossiskoï Federatsii (Duma di Stato dell’Assemblea federale della Federazione russa) all’elenco delle persone, delle entità e degli organismi sottoposti a misure restrittive.

7        Il 24 febbraio 2022, il presidente della Federazione russa ha annunciato un’operazione militare in Ucraina e, lo stesso giorno, le forze armate russe hanno attaccato l’Ucraina in diverse località del paese.

8        Il 25 febbraio 2022, il Consiglio ha adottato una seconda serie di misure restrittive. In primo luogo, si trattava di misure individuali riguardanti politici e imprenditori coinvolti nella violazione dell’integrità del territorio ucraino. In secondo luogo, si trattava di misure restrittive applicabili al settore della finanza, della difesa, dell’energia, al settore dell’aviazione e dell’industria aerospaziale. In terzo luogo, si trattava di misure che sospendevano l’applicazione di talune disposizioni dell’accordo che prevede misure volte ad agevolare il rilascio di visti nei confronti di talune categorie di cittadini della Federazione russa che richiedono un visto per soggiorni di breve durata.

9        In quella stessa data, in considerazione della gravità della situazione in Ucraina, il Consiglio ha adottato, da un lato, la decisione (PESC) 2022/329, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2022, L 50, pag. 1), e, dall’altro, il regolamento (UE) 2022/330, che modifica il regolamento n. 269/2014 (GU 2022, L 51, pag. 1), in particolare per modificare i criteri in base ai quali le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi potevano essere oggetto delle misure restrittive di cui trattasi. Secondo il considerando 11 della decisione 2022/329, il Consiglio ha ritenuto opportuno modificare i criteri di designazione al fine di includere le persone e le entità che fornivano un sostegno al governo russo e ne traevano vantaggio, nonché le persone ed entità che costituivano una notevole fonte di reddito per il governo, e le persone fisiche o giuridiche associate alle persone o alle entità inserite nell’elenco.

10      L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/145, nella versione modificata dalla decisione 2022/329, prevede quanto segue:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, o posseduti, detenuti o controllati da:

(…)

d)      persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che sostengono, materialmente o finanziariamente i decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina, ovvero che traggono vantaggio dagli stessi;

(…)

g)      imprenditori di spicco o persone giuridiche, entità o organismi che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa, resosi responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina,

(…)

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

11      Le modalità di tale congelamento di capitali sono definite all’articolo 2, paragrafi da 3 a 6, della decisione 2014/145, come modificata.

12      L’articolo 1, paragrafo 1, lettere b) ed e), della decisione 2014/145, come modificata, vieta l’ingresso o il transito sul territorio degli Stati membri alle persone fisiche che possiedono in sostanza i medesimi requisiti stabiliti all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e d), di detta decisione.

13      Il regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento n. 2022/330, impone l’adozione delle misure di congelamento dei fondi e stabilisce le modalità di tale congelamento in termini identici, in sostanza, a quelli della decisione 2014/145, come modificata. Infatti, l’articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a g), di tale regolamento, come modificato, richiama essenzialmente l’articolo 2, paragrafo 1, lettere da a) a g), di suddetta decisione.

14      In tale contesto, con gli atti iniziali, il Consiglio ha aggiunto il nome del ricorrente negli elenchi delle persone, delle entità e degli organismi sottoposti a misure restrittive contenuti nell’allegato della decisione 2014/145 come modificata e nell’allegato I del regolamento n. 269/2014 come modificato (in prosieguo: gli «elenchi in questione»).

15      I motivi dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono i seguenti:

«[Il ricorrente] è un oligarca russo che ha stretti legami di lunga data con Vladimir Putin. Ha accesso privilegiato al presidente, con cui è ancora in ottimi rapporti. Grazie a tale legame con il leader russo è riuscito a preservare la sua considerevole ricchezza. È un importante azionista del gruppo dell’acciaio Evraz, uno dei principali contribuenti della Russia.

[Ha tratto] pertanto vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina. È altresì uno degli imprenditori russi di spicco attivi in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Russia, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina».

16      Il 16 marzo 2022, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone, delle entità degli organismi oggetto di misure restrittive previste dalla decisione 2014/145, come modificata, e dal regolamento n. 269/2014, attuato dal regolamento di esecuzione 2022/427 (GU 2022, C 121 I, pag. 1). Tale avviso indicava, in particolare, che le persone interessate potevano presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta a ottenere il riesame della decisione che aveva incluso i loro nomi negli elenchi in questione.

17      Con lettera del 13 aprile 2022, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente le informazioni contenute nel fascicolo di prove recante il riferimento WK 3624/2022, datato 12 marzo 2022 (in prosieguo: il «primo fascicolo WK»), sul quale aveva fondato la sua decisione.

18      Il 25 maggio 2022, il ricorrente ha presentato una richiesta di riesame degli atti iniziali.  

 Fatti successivi alla presentazione del presente ricorso

19      Il 14 settembre 2022, il Consiglio ha adottato gli atti di mantenimento del settembre 2022, con i quali le misure restrittive adottate nei confronti del ricorrente sono state prorogate fino al 15 marzo 2023. In tali atti, il Consiglio ha giustificato la proroga di dette misure riprendendo tutti i motivi degli atti iniziali.

20      Con lettera del 22 dicembre 2022, alla quale era allegato il fascicolo di prove recante il riferimento WK 17693/2022, datato 15 dicembre 2022 (in prosieguo: il «secondo fascicolo WK»), il Consiglio ha comunicato al ricorrente che intendeva prorogare le misure restrittive nei suoi confronti e lo ha invitato a presentare le sue osservazioni.

21      Con lettera del 19 gennaio 2023, il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni sui nuovi elementi di prova.

22      Con gli atti di mantenimento del marzo 2023, le misure restrittive adottate nei confronti del ricorrente sono state prorogate fino al 15 settembre 2023. Con lettera del 14 marzo 2023, il Consiglio ha informato il ricorrente della propria decisione.

23      Con gli atti di mantenimento dell’aprile 2023, è stata apportata una modifica in talune versioni linguistiche dell’esposizione dei motivi riguardanti il ricorrente nonché nella rubrica intitolata «Informazioni identificative» che lo riguardava.

24      I motivi dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono stati modificati negli atti di mantenimento dell’aprile 2023 come segue:

«[Il ricorrente] è un oligarca russo che ha stretti legami di lunga data con Vladimir Putin. Ha accesso privilegiato al presidente, con cui è ancora in ottimi rapporti. Grazie a tale legame con il leader russo è riuscito a preservare la sua considerevole ricchezza. È un importante azionista del gruppo dell’acciaio Evraz, uno dei principali contribuenti della Russia.

Trae pertanto vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina. È altresì uno degli imprenditori russi di spicco attivi in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina».

25      Con lettera dell’11 maggio 2023, il Consiglio ha comunicato al ricorrente, in risposta a una lettera di quest’ultimo del 4 maggio 2023, le ragioni di detta modifica.

 Conclusioni delle parti

26      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati, nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio a versare, in via provvisoria, la somma di EUR 1 000 000 alla fondazione caritativa che si sta costituendo nell’ambito della vendita del Chelsea FC, a beneficio delle vittime di conflitti, a titolo di risarcimento del danno morale subito;

–        condannare il Consiglio alle spese.

27      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione europea, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

28      A sostegno del ricorso, con riferimento alla sua domanda di annullamento, il ricorrente deduce quattro motivi, vertenti formalmente, il primo, su una «violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione», il secondo, su un «errore manifesto di valutazione», il terzo, su una «violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità» e, il quarto, su una «violazione dei diritti fondamentali». Egli afferma inoltre che l’illegittimità del comportamento del Consiglio gli ha causato un danno che deve essere risarcito. Nell’ambito delle sue prime due memorie di adattamento, il ricorrente solleva altresì argomenti vertenti su una «violazione dei diritti della difesa» e sulla «violazione da parte del Consiglio del suo obbligo di riesame nell’ambito dell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023», i quali si ricollegano, in sostanza, al primo motivo di ricorso, cosicché essi saranno analizzati come una parte di quest’ultimo.

 Sulla domanda di annullamento

 Sul primo motivo di ricorso

29      Il primo motivo di ricorso può essere suddiviso, in sostanza, in due parti, la prima delle quali verte sulla «violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione» e la seconda è costituita da argomenti sollevati dal ricorrente nell’ambito delle prime due memorie di adattamento, specificamente dirette contro gli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023.

–       Sulla prima parte, vertente sulla «violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione»

30      Il ricorrente sostiene che le informazioni fornite dal Consiglio non gli consentono di difendersi correttamente. In particolare, egli addebita al Consiglio di non aver precisato la natura e la portata dei «legami» o dei «rapporti» intrattenuti con il presidente Putin.

31      Secondo il ricorrente, il Consiglio non gli ha comunicato informazioni affidabili e credibili che gli consentissero di verificare i motivi dell’inserimento e del mantenimento del suo nome negli elenchi in questione, nonché le ragioni individuali, specifiche e concrete per le quali esso ha ritenuto che gli atti impugnati fossero giustificati.

32      A tale riguardo, il ricorrente sottolinea che gli elementi di prova contenuti nel fascicolo, composti unicamente da articoli di stampa o da estratti e da catture di schermate a partire da siti Internet, non consentono di individuare alcun atto di sostegno o vantaggio ricevuto dal presidente Putin.

33      Inoltre, il ricorrente critica il Consiglio per non aver individuato i decisori russi dai quali avrebbe tratto vantaggio.

34      Peraltro, il ricorrente afferma che le allegazioni del Consiglio gli impongono l’obbligo di fornire prove negative, invertendo così l’onere della prova.

35      Nella replica, il ricorrente sottolinea l’assenza di una base fattuale contemporanea all’adozione delle misure restrittive di cui trattasi. Inoltre, esso addebita al Consiglio la mancata considerazione del contesto e delle circostanze del caso di specie, in quanto quest’ultimo non menzionerebbe un insieme di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare un legame sufficiente tra lui e le «situazioni combattute», vale a dire le azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

36      Nelle memorie di adattamento, il ricorrente afferma che nessun elemento consente di concludere che, per quanto riguarda il gruppo siderurgico Evraz (in prosieguo: la «Evraz»), il suo status di azionista della società madre gli consenta di esercitare un’influenza sulle situazioni combattute dalle misure restrittive. A tale riguardo, egli sottolinea che il Consiglio non si basa più sugli elementi di prova allegati alla lettera del 22 dicembre 2022, che si riferiscono in generale ai rapporti commerciali della Evraz e, in particolare, ai contratti che alcune sue società figlie avrebbero concluso con la Guardia nazionale della Federazione russa. Inoltre, gli elementi di prova contenuti nel secondo fascicolo WK, sebbene, in gran parte, anteriori agli atti di mantenimento del settembre 2022, non sarebbero stati invocati al momento della loro adozione.

37      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

38      Secondo una giurisprudenza costante, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), esige che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di una comunicazione di tale motivazione effettuata su sua istanza (v. sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 100 e giurisprudenza ivi citata).

39      L’obbligo di motivare un atto pregiudizievole, come previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, che costituisce il corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punti 49 e 50, e del 22 aprile 2021, Consiglio/PKK, C‑46/19 P, EU:C:2021:316, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

40      La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. In particolare, la motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti né rispondere in modo dettagliato alle considerazioni formulate dall’interessato in occasione della sua consultazione prima dell’adozione dello stesso atto, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 22 aprile 2021, Consiglio/PKK, C‑46/19 P, EU:C:2021:316, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

41      Così, da una parte, un atto pregiudizievole è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. Dall’altra, il grado di precisione della motivazione di un atto deve essere proporzionato alle possibilità materiali e alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

42      Inoltre, la giurisprudenza ha precisato che la motivazione di un atto del Consiglio che impone una misura restrittiva deve identificare non soltanto la base giuridica di tale misura, ma anche i motivi specifici e concreti per i quali il Consiglio ritiene, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba essere assoggettato a una misura di questo tipo (v. sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

43      Infine, si deve rammentare che l’obbligo di motivare un atto costituisce una formalità sostanziale che dev’essere distinta dalla questione della fondatezza dei motivi, questione che ricade nella legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esprimere espressamente le ragioni su cui si fonda tale atto. Se tali motivi sono viziati da errori, essi inficiano la legalità sostanziale dell’atto, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur contenendo motivi erronei (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 96 e giurisprudenza ivi citata). Lo stesso vale per quanto riguarda la distinzione tra la questione della motivazione e quella della prova del comportamento contestato, la quale concerne anch’essa la legittimità nel merito dell’atto controverso di cui trattasi e implica l’accertamento della veridicità dei fatti indicati in tale atto nonché della qualificazione dei medesimi fatti quali elementi che giustificano l’applicazione di misure restrittive nei confronti della persona interessata (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2015, Chyzh e a./Consiglio, T‑276/12, non pubblicata, EU:T:2015:748, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

44      In via preliminare, come riconosciuto dal ricorrente in udienza, è giocoforza constatare che i suoi argomenti relativi all’esattezza, al carattere non contemporaneo delle affermazioni contenute nella motivazione dell’inserimento e al contenuto del secondo fascicolo WK attengono alla fondatezza degli atti impugnati e non vertono sull’esistenza o sul carattere sufficiente della loro motivazione. Lo stesso vale per quanto riguarda il suo argomento relativo all’asserita inversione dell’onere della prova, che verte sulla questione della fondatezza della motivazione.

45      Nel caso di specie, in primo luogo, si deve rilevare che il contesto generale che ha condotto il Consiglio ad adottare le misure restrittive di cui trattasi è chiaramente esposto nei considerando degli atti impugnati, i quali fanno riferimento, in particolare, all’aggressione militare non provocata e ingiustificata della Federazione russa contro l’Ucraina. Parimenti, i fondamenti giuridici sulla base dei quali detti atti sono stati adottati, vale a dire l’articolo 29 TUE e l’articolo 215 TFUE, sono chiaramente indicati. La motivazione degli atti impugnati è quella esposta ai precedenti punti 14 e 24. Pertanto, il contesto e le circostanze che hanno accompagnato l’adozione di detti atti erano ben noti al ricorrente.

46      In secondo luogo, dalla lettura della motivazione degli atti impugnati risulta in modo sufficientemente chiaro che il Consiglio ha inserito il nome del ricorrente negli elenchi in questione basandosi su due criteri, che sono esplicitamente menzionati nei motivi di inserimento, ossia quelli di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e g), della decisione 2014/145 come modificata [in prosieguo, rispettivamente: il «criterio d)» e il «criterio g)»] (v. punto 10 supra), circostanza che, del resto, il ricorrente non contesta.

47      In terzo luogo, i motivi di inserimento di cui ai precedenti punti 15 e 24 hanno consentito al ricorrente di comprendere che il suo nome è stato inserito e mantenuto negli elenchi in questione a causa, in particolare, del fatto che egli ha intrattenuto legami stretti e di lunga durata con il presidente Putin i quali, indipendentemente dalla loro natura, l’hanno aiutato a preservare la sua considerevole ricchezza, cosicché egli avrebbe tratto vantaggio da decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina. Inoltre, il ricorrente è identificato come un importante azionista della società madre della Evraz, che figura tra i maggiori contribuenti della Russia, cosicché è identificato come un imprenditore di spicco che opera in un settore economico che costituisce una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa.

48      A tale riguardo, per quanto concerne, più in particolare, il carattere asseritamente vago e generico del riferimento a decisori russi, occorre rilevare, al pari del Consiglio, che, riferendosi al «leader russo» al singolare, il che consente di identificare agevolmente il presidente Putin come il decisore russo da cui il ricorrente ha tratto vantaggio, l’esposizione dei motivi risulta sufficientemente precisa.

49      Infine, in assenza di cambiamento dei motivi di inserimento e di mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, il ricorrente non può addebitare al Consiglio di non aver fatto riferimento, nell’esposizione dei motivi degli atti di mantenimento, agli elementi di prova che esso gli aveva trasmesso con la lettera del 22 dicembre 2022.

50      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che gli atti impugnati enunciano in modo sufficiente gli elementi di diritto e di fatto che ne costituiscono, secondo il Consiglio, il fondamento.

51      La presente parte deve quindi essere respinta.

–       Sulla seconda parte, vertente sulla «violazione dei diritti della difesa» e sulla «violazione da parte del Consiglio del suo obbligo di riesame nell’ambito dell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023»

52      Il ricorrente lamenta, in sostanza, che il Consiglio non gli avrebbe dato la possibilità di essere ascoltato prima dell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023 e non avrebbe fornito una risposta sostanziale a un certo numero di elementi e di argomenti da lui dedotti.

53      Inoltre, il ricorrente addebita al Consiglio di non aver riesaminato la necessità di mantenere le misure restrittive di cui trattasi nei suoi confronti, di aver fatto riferimento ad elementi non contemporanei e di aver ignorato i mutamenti di circostanze intervenuti dopo l’inserimento del suo nome negli elenchi in questione, per quanto riguarda, in particolare, il ruolo che egli avrebbe svolto in diversi sforzi umanitari e nella mediazione tra le parti nonché i suoi rapporti con il presidente Putin.

54      Il ricorrente ritiene che gli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023 non sarebbero stati quindi adottati se il Consiglio avesse riesaminato la sua situazione e lo avesse ascoltato.

55      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

56      Il diritto di essere ascoltato in qualsiasi procedimento, previsto all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta, che costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa, garantisce a qualunque persona la possibilità di manifestare, proficuamente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante un procedimento amministrativo e prima dell’adozione nei suoi confronti di una decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v. sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nell’ambito di una procedura volta ad adottare la decisione, segnatamente, di mantenere il nominativo di una persona in un elenco di cui all’allegato di un regolamento concernente misure restrittive, il rispetto dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva postula che l’autorità competente dell’Unione comunichi alla persona interessata gli elementi a suo carico di cui essa dispone per fondare la sua decisione, affinché tale persona possa difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e decidere con piena cognizione di causa se sia opportuno adire il giudice dell’Unione. In occasione di questa comunicazione, l’autorità competente dell’Unione deve permettere a questa persona di esprimere in maniera proficua la sua opinione sui motivi posti a suo carico (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 111 e 112, e del 12 dicembre 2006, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 93).

58      L’esistenza di una violazione dei diritti di difesa deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

59      Il diritto di essere ascoltati prima dell’adozione di atti che mantengono il nome di una persona o di un’entità in un elenco di persone o entità oggetto di misure restrittive si impone quando il Consiglio abbia preso in considerazione, nella decisione che comporta il mantenimento del suo nome nel suddetto elenco, nuovi elementi nei confronti di tale persona, ossia elementi che non erano stati presi in considerazione nella decisione iniziale di inserimento del suo nome nel medesimo elenco (v. sentenza del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punto 54 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 7 aprile 2016, Central Bank of Iran/Consiglio, C‑266/15 P, EU:C:2016:208, punto 33).

60      In via preliminare, occorre ricordare che né la normativa rilevante né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono agli interessati il diritto a un’audizione, essendo sufficiente la possibilità di presentare le proprie osservazioni per iscritto (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 93, e del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 105).

61      Pertanto, quando la persona coinvolta formula osservazioni in merito all’esposizione dei motivi, l’autorità competente dell’Unione è tenuta ad esaminare, con cura ed imparzialità, la fondatezza dei motivi sollevati, alla luce di queste osservazioni e degli eventuali elementi a discarico di cui sono corredate (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 114)

62      Nel caso di specie, per quanto riguarda gli atti di mantenimento del settembre 2022, il Consiglio ha pubblicato un avviso, il 16 marzo 2022. (v. punto 16 supra), all’attenzione delle persone e delle entità interessate, mediante il quale esse sono state informate della possibilità di presentare una richiesta di riesame entro il 1º giugno 2022. Il ricorrente ha quindi potuto presentare la sua prima richiesta di riesame in data 25 maggio 2022, cosicché ha avuto la possibilità di far conoscere il suo punto di vista prima dell’adozione di detti atti di mantenimento.

63      Per quanto riguarda la valutazione della necessità di mantenere le misure nei confronti del ricorrente, nella sua lettera del 15 settembre 2022, il Consiglio non solo ha ricordato gli argomenti dedotti nel controricorso, dal momento che le osservazioni contenute nella richiesta di riesame del ricorrente erano simili ai motivi dedotti nel ricorso, ma ha altresì apportato alcune precisazioni supplementari relative ai legami intrattenuti dal ricorrente con il presidente Putin nonché alla sua qualità di importante azionista della Evraz, che giustificavano il mantenimento delle misure restrittive di cui trattasi nei suoi confronti. Inoltre, il Consiglio ha potuto rilevare l’assenza di mutamento di circostanze, il che è dimostrato, in particolare, dall’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 sulla base dei medesimi elementi di prova degli atti iniziali. A tale titolo, il coinvolgimento del ricorrente in attività caritative, sforzi umanitari e mediazione non può essere considerato un mutamento delle circostanze, alla luce di quanto precede.

64      Pertanto, il Consiglio non ha violato l’obbligo di riesaminare la situazione del ricorrente prima dell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022.

65      Per quanto riguarda gli atti di mantenimento del marzo 2023, occorre rilevare che il Consiglio ha informato il ricorrente, con lettera del 22 dicembre 2022, che intendeva mantenere il nome di quest’ultimo negli elenchi in questione, basandosi sulla medesima motivazione, e lo ha invitato a presentare osservazioni, cosa che quest’ultimo ha fatto con lettera del 19 gennaio 2023.

66      Il ricorrente ha dunque potuto presentare le proprie osservazioni relative ai nuovi elementi di prova che il Consiglio gli aveva trasmesso con lettera del 22 dicembre 2022, accompagnata dal secondo fascicolo WK.

67      Ne consegue che il Consiglio ha trasmesso al ricorrente i nuovi elementi prima dell’adozione degli atti di mantenimento del marzo 2023 e che quest’ultimo ha potuto esprimere il suo punto di vista su questi ultimi prima del mantenimento delle misure restrittive di cui trattasi nei suoi confronti.

68      Inoltre, occorre rilevare che, sebbene il Consiglio abbia respinto la seconda richiesta di riesame e abbia deciso di mantenere dette misure in questione nei confronti del ricorrente, ciò non è idoneo a dimostrare che sia venuto meno al suo obbligo di riesame. Infatti, da un lato, non è intervenuto alcun mutamento delle circostanze riguardo all’adozione degli atti iniziali e, dall’altro, nulla impediva al ricorrente di fornire nuovi elementi di prova al momento della seconda richiesta di riesame a sostegno dell’argomento relativo ai mutamenti di circostanze asseritamente intervenuti dopo l’inserimento del suo nome negli elenchi in questione. Inoltre, nella lettera del 14 marzo 2023, il Consiglio ha precisato le ragioni che giustificavano il mantenimento del nome del ricorrente in detti elenchi, vale a dire, da un lato, la sua attività di imprenditore di spicco e, dall’altro, i suoi legami con il presidente Putin.  

69      Per quanto riguarda l’asserita mancanza di risposta sostanziale a taluni argomenti del ricorrente, si deve rilevare che, se il rispetto dei diritti della difesa e del diritto di essere ascoltato impone che le istituzioni dell’Unione permettano alla persona interessata da un atto pregiudizievole di far conoscere efficacemente il suo punto di vista, esso non può però obbligarle ad aderirvi (v., in tal senso, sentenze del 7 luglio 2017, Arbuzov/Consiglio, T‑221/15, non pubblicata, EU:T:2017:478, punto 84, e del 27 settembre 2018, Ezz e a./Consiglio, T‑288/15, EU:T:2018:619, punto 330).

70      Pertanto, il solo fatto che il Consiglio non abbia concluso per l’infondatezza della proroga delle misure restrittive, e neppure ritenuto utile procedere a verifiche alla luce delle osservazioni presentate dal ricorrente, non può significare che esso non abbia preso conoscenza di tali osservazioni (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2018, Ezz e a./Consiglio, T‑288/15, EU:T:2018:619, punti 330 e 331).

71      Infine, quanto all’argomento del ricorrente relativo al carattere non contemporaneo dei nuovi elementi di prova, si deve considerare che, nei limiti in cui riguarda un errore di valutazione, esso non può essere utilmente dedotto a sostegno della presente parte.

72      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che il Consiglio ha adempiuto i suoi obblighi relativamente al rispetto del diritto del ricorrente di essere ascoltato nel corso del procedimento sfociato nell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023. Occorre perciò respingere la presente parte e, di conseguenza, il primo motivo di ricorso nella sua interezza.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente su un «errore manifesto di valutazione»

73      Il ricorrente deduce, in sostanza, che il Consiglio non fornisce elementi concreti, precisi e concordanti che consentano di costituire una base fattuale sufficientemente solida per suffragare l’inserimento e il mantenimento del suo nome negli elenchi in questione in applicazione dei criteri d) e g).

74      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Considerazioni preliminari

75      In via preliminare, occorre rilevare che il secondo motivo di ricorso dev’essere considerato come vertente su un errore di valutazione e non su un errore manifesto di valutazione. Infatti, se è vero che il Consiglio dispone di un certo potere discrezionale per determinare caso per caso se i criteri giuridici sui quali si fondano le misure restrittive di cui trattasi sono soddisfatti, è altrettanto vero che i giudici dell’Unione devono assicurare un controllo, in linea di principio completo, della legittimità di tutti gli atti dell’Unione (v. sentenza del 26 ottobre 2022, Ovsyannikov/Consiglio, T‑714/20, non pubblicata, EU:T:2022:674, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

76      L’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta postula segnatamente che il giudice dell’Unione si assicuri che la decisione con cui sono state adottate o mantenute misure restrittive, la quale riveste una portata individuale per la persona o l’entità interessata, si fondi su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesi a tale decisione, di modo che il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 119, e del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 128).

77      Tale valutazione deve essere effettuata esaminando gli elementi di prova e di informazione non in maniera isolata, bensì nel contesto nel quale essi si inseriscono. Infatti, il Consiglio adempie l’onere della prova che gli incombe qualora evochi dinanzi al giudice dell’Unione un complesso di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti che consentano di dimostrare l’esistenza di un collegamento sufficiente tra la persona e l’entità sottoposta a una misura di congelamento dei suoi fondi e il regime o, in generale, le situazioni combattute (v. sentenza del 20 luglio 2017, Badica e Kardiam/Consiglio, T‑619/15, EU:T:2017:532, punto 99 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 26 ottobre 2022, Ovsyannikov/Consiglio, T‑714/20, non pubblicata, EU:T:2022:674, punti 63 e 66).

78      In caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi. A questo fine, non è richiesto che il Consiglio produca dinanzi al giudice dell’Unione tutte le informazioni e gli elementi probatori attinenti ai motivi dedotti nell’atto di cui si chiede l’annullamento. Occorre che le informazioni e gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona o dell’entità interessata (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 121 e 122, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punto 67; v., altresì, sentenza del 1º giugno 2022, Prigozhin/Consiglio, T‑723/20, non pubblicata, EU:T:2022:317, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

79      In tale ipotesi, spetta al giudice dell’Unione verificare l’esattezza materiale dei fatti dedotti in giudizio alla luce di tali informazioni o elementi e valutare l’efficacia probatoria di questi ultimi in funzione delle circostanze del caso e alla luce delle eventuali osservazioni presentate in proposito, in particolare, dalla persona o dall’entità interessata (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 124).

80      Per quanto riguarda, più in particolare, il controllo di legittimità esercitato sugli atti di mantenimento del nome della persona interessata negli elenchi di cui trattasi, occorre ricordare che le misure restrittive hanno natura cautelare e, per definizione, provvisoria e la loro validità è sempre subordinata al permanere delle circostanze di fatto e di diritto alla base della loro adozione nonché alla necessità del loro mantenimento al fine della realizzazione dell’obiettivo ad esse correlato. Spetta quindi al Consiglio, in sede di riesame periodico di dette misure, procedere ad una valutazione aggiornata della situazione e trarre un bilancio dell’impatto di tali misure, per stabilire se esse abbiano consentito di raggiungere gli obiettivi perseguiti con l’inserimento iniziale dei nominativi delle persone ed entità interessate nell’elenco controverso o se si possa ancora giungere alla stessa conclusione riguardo a dette persone ed entità (v. sentenza del 27 aprile 2022, Ilunga Luyoyo/Consiglio, T‑108/21, EU:T:2022:253, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 26 ottobre 2022, Ovsyannikov/Consiglio, T‑714/20, non pubblicata, EU:T:2022:674, punto 67).

81      Ne consegue che, per giustificare il mantenimento del nome di una persona in un elenco di persone ed entità oggetto di misure restrittive, al Consiglio non è fatto divieto di basarsi sugli stessi elementi di prova che hanno giustificato l’inserimento iniziale, il reinserimento o il precedente mantenimento del nome della parte ricorrente in detto elenco, fintantoché, da un lato, i motivi di inserimento rimangano inalterati e, dall’altro, il contesto non si sia evoluto in modo tale che detti elementi di prova siano divenuti obsoleti (v., in tal senso, sentenza del 23 settembre 2020, Kaddour/Consiglio, T‑510/18, EU:T:2020:436, punto 99). A tal proposito, lo sviluppo del contesto comprende la considerazione, da un lato, della situazione del paese rispetto al quale è stato istituito il sistema di misure restrittive e, dall’altro, della situazione particolare della persona interessata (sentenza del 26 ottobre 2022, Ovsyannikov/Consiglio, T‑714/20, non pubblicata, EU:T:2022:674, punto 78; v. anche, in tal senso, sentenza del 23 settembre 2020, Kaddour/Consiglio, T‑510/18, EU:T:2020:436, punto 101), e, dall’altro lato, dell’insieme delle circostanze rilevanti e, in particolare, degli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive (sentenza del 27 aprile 2022, Ilunga Luyoyo/Consiglio, T‑108/21, EU:T:2022:253, punto 56; v., altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 12 febbraio 2020, Amisi Kumba/Consiglio, T‑163/18, EU:T:2020:57, punti da 82 a 84 e giurisprudenza ivi citata).

82      È alla luce di tali principi che occorre verificare se il Consiglio sia incorso in un errore di valutazione decidendo di inserire e poi di mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in questione, iniziando dall’esame dell’applicazione a quest’ultimo del criterio g).

–       Sull’applicazione al ricorrente del criterio g)

83      Il ricorrente contesta, in generale, la circostanza che l’essere un importante azionista della Evraz possa implicare un contributo significativo alle entrate fiscali della Federazione russa in relazione all’annessione della Crimea e alla destabilizzazione dell’Ucraina, oppure stretti legami con il governo russo.

84      In primo luogo, il ricorrente precisa che la Evraz non costituisce una notevole fonte di reddito per la Federazione russa a causa della destinazione delle imposte pagate da quest’ultima al bilancio regionale, che sarebbe indipendente dal bilancio federale.

85      In secondo luogo, il ricorrente sottolinea gli effetti negativi che le azioni del governo russo in Ucraina hanno provocato sulla Evraz.

86      In terzo luogo, il ricorrente rileva di detenere solo il 28,64% del capitale sociale della società madre della Evraz, il che non gli conferirebbe la qualità di azionista di maggioranza né la possibilità di determinare le operazioni di quest’ultima.

87      In quarto luogo, il ricorrente sostiene che le attività della Evraz non si limitano alla Russia, ma sono esercitate anche negli Stati Uniti e in Canada, nonché nella Repubblica ceca e in Kazakistan.

88      In quinto luogo, il ricorrente osserva che i suoi contributi fiscali personali in Russia non sono significativi e che, di conseguenza, egli non può essere considerato un contribuente importante per la Federazione russa. A tale riguardo, egli contesta l’applicazione del criterio del «settore di attività», che sarebbe discriminatorio al fine di determinare la notevole fonte di reddito. Esso aggiunge che il fatto che la Evraz sia il fornitore di acciaio della compagnia ferroviaria nazionale non può essere determinante nella dimostrazione dell’apporto di una notevole fonte di reddito al governo russo.

89      In sesto e ultimo luogo, il ricorrente contesta la sua qualifica di «imprenditore di spicco» in Russia e ricorda che il suo patrimonio è stato investito in gran parte al di fuori di detto paese, vale a dire, in particolare, in Israele, nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Canada e che, peraltro, egli si è distinto come un filantropo riconosciuto le cui azioni caritative si estenderebbero attraverso tutti i paesi in cui opera.

90      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

91      Nel caso di specie, il motivo addotto nei confronti del ricorrente, che si ricollega al criterio g), riguarda il fatto che, essendo egli un importante azionista o uno dei principali azionisti della Evraz, che sarebbe uno dei principali contribuenti russi, egli è un imprenditore di spicco che opera in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa.

92      Il criterio g) utilizza la nozione di «imprenditori di spicco» in correlazione con l’esercizio di una «[attività] in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo [russo]», senza ulteriori condizioni riguardanti un collegamento, diretto o indiretto, con detto governo. La finalità perseguita da questo criterio è, infatti, quella di esercitare la massima pressione sulle autorità russe, affinché esse pongano fine alle loro azioni e alle loro politiche di destabilizzazione dell’Ucraina, nonché all’aggressione militare di detto paese.

93      A questo proposito, esiste un collegamento logico tra il fatto di prendere di mira gli imprenditori di spicco che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo russo, da un lato, e l’obiettivo delle misure restrittive nel caso di specie, che consiste, segnatamente, nell’aumentare la pressione sulla Federazione russa nonché il costo delle azioni intraprese da quest’ultima per compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, dall’altro (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto 157 e giurisprudenza ivi citata).

94      Tuttavia, nulla nei considerando o nelle disposizioni della decisione 2014/145, come modificata, e del regolamento n. 269/2014, come modificato, consente di concludere che incomba al Consiglio dimostrare l’esistenza di stretti legami o di un rapporto di interdipendenza tra, da un lato, la persona il cui nome è inserito negli elenchi in questione e, dall’altro, il governo russo o le sue azioni volte a compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

95      Una siffatta interpretazione contrasterebbe non soltanto con la formulazione del criterio g), ma anche con l’obiettivo perseguito.

96      Infatti, da un lato, alla luce della formulazione del criterio g), occorre osservare che le persone di cui trattasi devono essere considerate di spicco in ragione della loro importanza nel settore in cui operano e dell’importanza che detto settore economico riveste per l’economia russa (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto 157 e giurisprudenza ivi citata). La nozione di «imprenditori di spicco» deve, quindi, essere compresa come riferita alla loro importanza alla luce, a seconda dei casi, del loro status professionale, dell’importanza delle loro attività economiche, della vastità dei loro possedimenti di capitali o delle loro funzioni all’interno di una o più imprese in cui esercitano tali attività.

97      Dall’altro lato, l’obiettivo delle misure restrittive di cui trattasi non è quello di sanzionare talune persone o entità a causa dei loro legami con la situazione in Ucraina o dei loro legami con il governo russo, bensì, come ricordato al precedente punto 93, di esercitare la massima pressione sulle autorità russe, affinché queste pongano fine alle iniziative e alle politiche che destabilizzano l’Ucraina, nonché quello di aumentare il costo delle azioni intraprese dalla Federazione russa per compromettere l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e di promuovere la fine della crisi (v., in tal senso, sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punto 163 e giurisprudenza ivi citata).

98      In definitiva, il criterio g) deve essere interpretato nel senso, da un lato, che esso è destinato ad applicarsi a «imprenditori di spicco» nel senso descritto al precedente punto 96 e, dall’altro, che sono i settori economici in cui intervengono tali persone a dover costituire una notevole fonte di reddito per il governo russo.

99      È quindi alla luce di tale interpretazione del criterio g) che occorre valutare la fondatezza delle motivazioni addotte negli atti impugnati.

100    Nel caso di specie, poiché tali motivi di inserimento e di mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione sono rimasti immutati, non occorre operare una distinzione tra, da un lato, gli atti iniziali e, dall’altro, gli atti di mantenimento, dal momento che la verifica delle informazioni presentate nell’esposizione dei motivi nonché negli elementi di prova, che figurano nel primo e nel secondo fascicolo WK, verte, in sostanza, sulle stesse circostanze di fatto.

101    I motivi addotti nei confronti del ricorrente, per quanto riguarda il criterio g), riguardano il fatto che egli era, al momento dell’adozione sia degli atti iniziali sia degli atti di mantenimento, un importante azionista o uno dei principali azionisti della Evraz, che figura tra i principali contribuenti russi e opera, in particolare, in un settore economico che costituisce una notevole fonte di reddito per il governo russo.

102    Orbene, dagli elementi del fascicolo di causa risulta che il ricorrente detiene direttamente il 28,64% del capitale sociale della società madre della Evraz e che solo altri tre azionisti di quest’ultima detengono una partecipazione superiore al 5%.

103    Sebbene il ricorrente contesti la sua qualità di importante azionista della Evraz nonché il suo potere di determinare le operazioni di detto gruppo o di controllo di quest’ultimo, è pacifico non solo che egli è uno dei maggiori azionisti della società madre della Evraz, ma anche, secondo il prospetto di quest’ultima versato agli atti della causa dal ricorrente, che egli ne è il principale azionista.

104    Infatti, all’interno della società madre della Evraz, il ricorrente detiene la percentuale più elevata dei diritti di voto tra i quattro azionisti principali, compresi lui stesso, che, considerati congiuntamente, detengono il 63,35% di tali diritti – essendo il resto del capitale sociale flottante – e che hanno la capacità di esercitare un controllo sull’elezione degli amministratori, sulla dichiarazione dei dividendi, sulla nomina della direzione e su altre decisioni politiche di detta società madre.  A tale riguardo, come sottolineato dal Consiglio, occorre rilevare che il consiglio di amministrazione di tale società madre è composto da undici membri, di cui sei amministratori indipendenti senza incarichi esecutivi, e che il ricorrente ha il diritto di nominare, da solo, fino a tre amministratori. In ogni caso, occorre rilevare che, anche se la partecipazione del ricorrente nella società madre di cui trattasi, in quanto semplice investitore, costituisce una partecipazione minoritaria che non gli consente di esercitare alcuna forma di controllo su quest’ultima, essa resta nondimeno significativa, tenuto conto, in particolare, del fatto che la Evraz è uno dei principali gruppi russi nel settore siderurgico e minerario. Ne consegue che, quale importante azionista della società controllante in questione per diversi anni, il ricorrente può essere qualificato come imprenditore di spicco ai sensi del criterio g).

105    Per quanto riguarda, più in particolare, il carattere «di spicco» del ricorrente, occorre precisare che, al fine di rientrare nella categoria di «imprenditori di spicco», come indicato ai precedenti punti 96 e 97, il criterio g) non richiede l’esistenza di stretti legami o di un rapporto di interdipendenza con il governo russo o con il presidente della Federazione russa. Esso non dipende neppure da una sorta di imputabilità al ricorrente della decisione di proseguimento dell’invasione dell’Ucraina o di un legame diretto o indiretto con l’annessione della Crimea o la destabilizzazione dell’Ucraina, cosicché l’argomento del ricorrente relativo all’assenza di beneficio delle attività del governo russo in Ucraina deve essere respinto in quanto infondato.

106    Ne deriva che il Consiglio ha giustamente considerato che il ricorrente era un imprenditore di spicco a causa, in particolare, del suo status professionale, dell’importanza delle sue attività economiche, della vastità dei suoi possedimenti di capitale all’interno della Evraz e, più in particolare, della sua qualità di importante azionista della società madre di detto gruppo di società (v. punto 96 supra).

107    Inoltre, il ricorrente nega, in sostanza, di esercitare un’attività in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo russo ai sensi del criterio g).

108    A tale riguardo, occorre rilevare, al pari del Consiglio, che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, l’espressione «costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione russa» di cui al criterio g) si riferisce, alla luce della formulazione di quest’ultimo, ai redditi provenienti da importanti settori economici della Federazione russa e non unicamente alle imposte versate dagli imprenditori di spicco. Sebbene la formulazione del considerando 11 della decisione 2022/329 indichi che i criteri di designazione devono essere modificati in modo da includere «le persone ed entità che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo[ della Federazione russa]», resta il fatto che non è giustificabile un’interpretazione di tale criterio contraria alla sua formulazione, che è molto chiara. Peraltro, è giocoforza rilevare che l’interpretazione sostenuta dal ricorrente contrasterebbe con la finalità perseguita dalle misure restrittive di cui trattasi, che è quella di indebolire la capacità della Federazione russa di condurre la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina.

109    Inoltre, se è vero che né la decisione 2014/145 modificata né il regolamento n. 269/2014 modificato definiscono la nozione di «notevole fonte di reddito», resta il fatto che l’uso dell’aggettivo qualificativo «notevole», che si riferisce al termine «fonte», implica che tale fonte deve essere significativa e quindi non trascurabile.

110    In aggiunta, anche se il contributo proprio della Evraz al bilancio della Federazione russa può essere utile per determinare l’importanza economica di quest’ultima, in particolare, al fine di dimostrare il carattere di spicco dell’imprenditore che è il principale azionista della sua società madre, esso non è determinante al fine di rispondere alla questione se il settore economico in cui opera il ricorrente costituisca una notevole fonte di reddito per il governo russo.

111    Nel caso di specie, per quanto riguarda la questione se il settore economico nel quale interviene il ricorrente tramite la Evraz costituisca una notevole fonte di reddito per il governo russo, non si può validamente sostenere che ciò non avvenga nel caso del settore siderurgico e minerario.

112    Infatti, il fatto che il settore siderurgico e minerario costituisca tale notevole fonte di reddito per il governo russo può essere dedotto dal contesto nonché dal documento n. 2 del primo fascicolo WK, da cui risulta che tale settore rappresentava, nel 2016, il terzo settore economico in termini di entrate fiscali in Russia e che, tra i primi 50 contribuenti russi, ve n’erano 10, tra cui la Evraz, rientranti in detto settore. Risulta altresì da detto documento che, mentre l’onere fiscale globale gravante sull’economia russa è diminuito nel 2016, esso è aumentato dal 12,4% al 12,9% per tali contribuenti.

113    Inoltre, dal documento n. 10 del primo fascicolo WK nonché dalla storia della Evraz, versata agli atti dal ricorrente, risulta che la società madre di tale gruppo di società costituisce una delle più grandi imprese siderurgiche e minerarie verticalmente integrate al mondo, con diverse società figlie.

114    Ciò è confermato anche dalla relazione annuale della società madre della Evraz per l’anno 2021, versata agli atti dal ricorrente, che indica i redditi per settore di attività. Da tale relazione emerge, in particolare, che le attività siderurgiche hanno generato 12,5 miliardi di dollari statunitensi (USD), tenendo conto anche dei redditi di tale settore nella regione dell’America del Nord (corrispondenti a USD 2,3 miliardi). Più precisamente, benché detta società madre eserciti le sue attività in diversi settori dell’economia russa, i redditi, per la sola siderurgia, che in Russia sono aumentati del 48,3% tra il 2020 e il 2021, rappresentano il 66,3% dei suoi redditi totali. Secondo detta relazione, tale società madre è un «leader nei mercati della costruzione e dei prodotti ferroviari in Russia». Infatti, essa detiene il 28% delle quote del mercato russo delle ruote ferroviarie nonché il 97% di quello dei treni.

115    Peraltro, dal prospetto relativo alla Evraz risulta che, nel 2018, quest’ultima era il quarto produttore di acciaio grezzo in Russia e il maggior produttore per volume di prodotti lunghi per la costruzione e le industrie ferroviarie in tale paese e nella Comunità degli Stati indipendenti (CSI). La relazione annuale della società madre della Evraz per il 2021 indica inoltre che il 94,8% dei 71 210 dipendenti della Evraz lavora in Russia e nella CSI.

116    Tutti questi elementi consentono quindi di dimostrare che il settore economico in questione, vale a dire il settore siderurgico e minerario, nel quale opera, in particolare, la Evraz, costituisce una notevole fonte di reddito per il governo russo.

117    La circostanza, quand’anche accertata, che le entrate fiscali provenienti dal settore siderurgico e minerario siano destinate principalmente ai bilanci degli enti federati locali è irrilevante. Infatti, alla luce dell’obiettivo delle misure restrittive di cui trattasi, ricordato al precedente punto 93, la nozione di «reddito per il governo della Federazione russa» non può ricevere un’interpretazione restrittiva, che si limiterebbe a ricomprendere le entrate fiscali destinate al bilancio federale di tale Stato. Peraltro, e in ogni caso, anche se tale fonte di entrate non è destinata al bilancio federale, né è utilizzata direttamente da tale governo per sostenere le proprie spese militari, resta il fatto che essa consente a tale governo, nel suo complesso, senza distinguere se tali entrate provengano dal bilancio federale o dai bilanci regionali, di mobilitare maggiori risorse per le proprie azioni volte a minare l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

118    Inoltre, gli argomenti del ricorrente fondati su elementi contestuali più personali, ossia le sue attività umanitarie e il suo ruolo nei negoziati di pace, devono essere respinti in quanto inoperanti. Tali fattori non sono rilevanti per valutare se le condizioni del criterio g), come indicato nei precedenti punti da 92 a 97, siano soddisfatte nel caso di specie.

119    Infine, non può essere accolta la censura sollevata dal ricorrente nell’ambito della seconda memoria di adattamento, secondo la quale, basandosi sugli elementi di prova contenuti nel secondo fascicolo WK, il Consiglio sarebbe incorso, in sede di adozione degli atti di mantenimento, in errori riguardanti la valutazione dei contratti tra le società figlie della Evraz e la Guardia nazionale della Federazione russa e l’esistenza di un progetto di legge sull’economia di guerra che obbligherebbe imprese come la Evraz a fornire materiali e servizi all’esercito. Infatti, è giocoforza constatare che è solo ad abundantiam che il Consiglio ha fatto riferimento a tali elementi e che, poiché non li ha utilizzati per suffragare gli atti di mantenimento, in quanto non sono direttamente connessi al criterio g), detta censura deve essere respinta in quanto inoperante.

120    Si deve dunque concludere che il Consiglio ha fornito un insieme di indizi sufficientemente concreti, precisi e concordanti tali da evidenziare il fatto che il settore economico nel quale il ricorrente opera costituisce una notevole fonte di reddito per il governo russo.

121    Alla luce di tutto quanto precede, occorre considerare che il motivo di inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in questione, basato sullo status di imprenditore di spicco operante in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo russo, corrispondente al criterio g), è sufficientemente suffragato, cosicché il Consiglio non è incorso in un errore di valutazione nel decidere di inserire e successivamente di mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in questione.

122    Orbene, secondo la giurisprudenza, per quanto attiene al sindacato di legittimità di una decisione recante misure restrittive, e in considerazione della loro natura preventiva, qualora il giudice dell’Unione concluda che almeno uno degli elementi della motivazione sia sufficientemente preciso e concreto, risultando dimostrato e costituendo di per sé un fondamento adeguato della decisione medesima, la circostanza che altri elementi della motivazione non lo siano non è sufficiente per giustificare l’annullamento di detta decisione (v. sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

123    Pertanto, senza che si renda necessario esaminare la fondatezza degli altri motivi di ricorso sollevati dal ricorrente e volti a mettere in discussione la valutazione del Consiglio con riferimento al criterio d), occorre respingere il secondo motivo di ricorso in quanto infondato.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità

124    Il terzo motivo di ricorso si suddivide in due parti, relative, da un lato, alla violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento e, dall’altro, alla violazione del principio di proporzionalità.

–       Sulla prima parte, vertente sulla violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento

125    Il ricorrente afferma, in sostanza, che le misure restrittive di cui trattasi sono discriminatorie. A suo avviso, sotto un primo profilo, l’interpretazione del criterio g) da parte del Consiglio è troppo ampia, in quanto consente di sanzionare tutti gli imprenditori, indipendentemente dalla loro origine, che esercitano o hanno esercitato un’attività economica significativa in Russia e rispettano i loro obblighi fiscali, su questa sola base. Sotto un secondo profilo, l’applicazione di tale criterio da parte del Consiglio sarebbe discriminatoria in quanto detto criterio riguarderebbe gli imprenditori e le imprese di nazionalità russa ignorando le imprese straniere, mentre queste ultime operano anche nel territorio russo e versano somme a titolo di imposte e tasse al bilancio della Federazione russa. Sotto un terzo profilo, il ricorrente ritiene di essere sanzionato a causa di elementi sui quali non ha nessun controllo, siano essi gli importi delle imposte da versare, la ripartizione delle entrate fiscali tra le regioni e il governo federale o l’utilizzo del bilancio assegnato a quest’ultimo. Non avendo alcuno strumento per influenzare la politica fiscale russa e la distribuzione dei proventi delle attività della Evraz, nessuna misura restrittiva nei suoi confronti potrebbe modificare gli obblighi di quest’ultima in quanto contribuente russo.

126    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

127    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio giuridico fondamentale, vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale disparità di trattamento non sia oggettivamente giustificata (v. sentenze del 31 maggio 2018, Kaddour/Consiglio, T‑461/16, EU:T:2018:316, punto 152 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 settembre 2018, Vnesheconombank/Consiglio, T‑737/14, non pubblicata, EU:T:2018:543, punto 161 e giurisprudenza ivi citata).

128    Nel caso di specie, in primo luogo, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui l’interpretazione del criterio g) da parte del Consiglio sarebbe troppo ampia, in quanto consentirebbe, in sostanza, di sanzionare tutti gli imprenditori indipendentemente dalla loro origine, che esercitano o hanno esercitato un’attività economica significativa in Russia e rispettano i loro obblighi fiscali, su questa sola base, occorre rilevare che il ricorrente non precisa in che modo o rispetto a quali persone tale interpretazione asseritamente troppo ampia di detto criterio sarebbe discriminatoria. Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non sono presi in considerazione tutti gli imprenditori che esercitano un’attività economica significativa in Russia e che versano o hanno versato imposte in tale paese su tale base, poiché solo quelli attivi in un settore economico che costituisce una notevole fonte di reddito per il governo russo possono essere interessati da tale criterio. In ogni caso, le ragioni sulle quali il Consiglio si è basato in sede di adozione degli atti impugnati si fondano sulla constatazione secondo cui il ricorrente è il più importante azionista della Evraz, che è uno dei principali contribuenti della Federazione russa. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene, il ricorrente è stato sottoposto alle misure restrittive di cui trattasi a seguito di una valutazione individuale, fondata su elementi di prova concreti che lo riguardano.

129    Inoltre, nell’ambito del criterio g), è il settore economico, e non gli imprenditori in quanto tali, né le società di cui sono azionisti, che si ritiene costituisca una notevole fonte di reddito per il governo russo (v. punto 98 supra). Pertanto, il pagamento delle imposte da parte del ricorrente o della società madre della Evraz o delle sue società figlie non è di per sé considerato. Detto criterio si riferisce all’insieme dei redditi generati dal settore economico nel quale interviene l’imprenditore interessato, e include quindi, in particolare, ma non unicamente, le entrate fiscali generate da tale settore.

130    In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui l’applicazione del criterio g) da parte del Consiglio sarebbe discriminatoria in quanto detto criterio riguarda gli imprenditori e le imprese di nazionalità russa ignorando le imprese straniere, è sufficiente constatare, al pari del Consiglio, che tale criterio non riguarda la nazionalità delle persone designate, ma qualsiasi persona fisica che abbia lo status di imprenditore di spicco ai sensi di detto criterio. Di conseguenza, le persone oggetto delle misure restrittive di cui trattasi possono essere di qualsiasi nazionalità se soddisfano il criterio in questione.

131    In tali circostanze, anche volendo supporre che il Consiglio abbia omesso di adottare misure di congelamento dei capitali nei confronti di talune persone che soddisfano il criterio g), ed esaminato, con cura e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti relativi a tali persone, una siffatta circostanza non potrebbe essere validamente invocata dal ricorrente, dal momento che il principio di parità di trattamento e di non discriminazione devono conciliarsi con il principio di legalità (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2016, Post Bank Iran/Consiglio, T‑68/14, non pubblicata, EU:T:2016:263, punto 135 e giurisprudenza ivi citata). In ogni caso, occorre rilevare che dall’esame del secondo motivo di ricorso risulta che il Consiglio, nell’ambito del potere discrezionale di cui dispone al fine di stabilire se i criteri di designazione siano soddisfatti, ha deciso, senza incorrere in errori di valutazione, di inserire e mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in questione.

132    In terzo luogo, occorre rilevare che il ricorrente non spiega le ragioni per le quali l’asserita assenza di influenza da parte sua sulla destinazione delle entrate fiscali russe e sull’assegnazione dei proventi delle attività della Evraz potrebbe costituire una violazione del principio di parità di trattamento, cosicché tale argomento deve essere respinto in quanto non suffragato.

133    Pertanto, la presente parte deve essere respinta.

–       Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

134    Il ricorrente sostiene che le misure restrittive di cui trattasi adottate nei suoi confronti sono inadeguate e sproporzionate, in quanto non esercitano alcuna pressione sulle autorità russe e non possono neppure avere un effetto utile, dal momento che egli non partecipa ad alcuna azione connessa all’annessione della Crimea o alla destabilizzazione dell’Ucraina.

135    A tale riguardo, il ricorrente ritiene, da un lato, che le misure di cui trattasi adottate nei suoi confronti non siano necessarie per raggiungere gli obiettivi perseguiti, dato che egli non è stato coinvolto né consultato in alcuna decisione relativa all’annessione della Crimea o alla destabilizzazione dell’Ucraina.  Egli aggiunge che tali misure sono ben lontane dal loro presunto obiettivo di incidere sulla politica della Federazione russa in Ucraina, dato il contributo insignificante al bilancio federale, e possono avere conseguenze negative sulle sue attività al di fuori della Russia.  Inoltre, sostiene che tali misure sono state adottate a causa del suo status di azionista della società madre della Evraz, la quale non è oggetto di alcuna misura analoga. Infine, esso deduce che le misure in questione sono sproporzionate, in quanto gli impediscono di intervenire efficacemente quale vettore di comunicazione nell’ambito dei negoziati di pace.

136    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

137    Il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione e che è ripreso all’articolo 5, paragrafo 4, TUE, esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli (sentenze del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 122, e del 1° giugno 2022, Prigozhin/Consiglio, T‑723/20, non pubblicata, EU:T:2022:317, punto 133).

138    Pertanto, qualora debba scegliere tra più misure appropriate, l’istituzione deve ricorrere a quella meno restrittiva e gli inconvenienti cagionati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punto 178 e giurisprudenza ivi citata).

139    Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, la giurisprudenza precisa che si deve riconoscere un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione nei settori che richiedono da parte di quest’ultimo scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto ai quali quest’ultimo è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Ne consegue che solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tali settori, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punto 179 e giurisprudenza ivi citata).

140    Nel caso di specie, occorre rilevare che, alla luce dell’importanza fondamentale degli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive di cui trattasi, vale a dire la tutela dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina nonché la promozione di una soluzione pacifica della crisi in tale paese, riconducibili allo scopo più ampio del mantenimento della pace, della prevenzione dei conflitti e del rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati all’articolo 21, paragrafo 2, lettera c), TUE, le conseguenze negative derivanti dalla loro applicazione al ricorrente non sono manifestamente sproporzionate (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 150).

141    Occorre altresì rilevare che, ai considerando da 2 a 10 della decisione 2022/329, il Consiglio ha menzionato un continuo deterioramento della situazione in Ucraina che ha portato, il 24 febbraio 2022, all’aggressione nei confronti dell’Ucraina da parte della Federazione russa in flagrante violazione dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza di tale Stato. Pertanto, è a causa dell’aggravarsi della situazione in Ucraina, caratterizzata dallo scoppio della guerra di aggressione condotta dalla Federazione russa, che il Consiglio ha ritenuto di dover ampliare la cerchia delle persone e delle entità oggetto delle misure restrittive di cui trattasi, al fine di raggiungere gli obiettivi perseguiti. Orbene, da tale passo, basato sulla progressività della compressione dei diritti in funzione dell’efficacia delle misure, risulta che la proporzionalità di tali misure è anch’essa dimostrata (v., per analogia, sentenze del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 126, e del 25 gennaio 2017, Almaz-Antey Air and Space Defence/Consiglio, T‑255/15, non pubblicata, EU:T:2017:25, punto 104).

142    Tenuto conto dell’evoluzione della situazione in Ucraina, anche nei confronti degli imprenditori che operano in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo russo, il Consiglio poteva legittimamente auspicare che tali azioni cessassero o diventassero più costose per coloro che le intraprendono, al fine di promuovere la cessazione della flagrante violazione dell’integrità territoriale, della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina (v., per analogia, sentenza del 13 settembre 2018, Rosneft e a./Consiglio, T‑715/14, non pubblicata, EU:T:2018:544, punto 157).

143    Nel caso di specie, in relazione al secondo motivo di ricorso, è stato accertato che le misure restrittive nei confronti del ricorrente erano giustificate in quanto la sua situazione consentiva di ritenere che egli soddisfacesse le condizioni per l’applicazione del criterio g). Infatti, la designazione del ricorrente, nella sua qualità di importante azionista della società madre della Evraz, prende in considerazione il settore di attività in cui tale società opera, indipendentemente dalla questione se essa sia anche oggetto di sanzioni individuali in quanto persona giuridica e quale sia il contributo fiscale di cui beneficerebbe il governo russo.

144    Peraltro, il fatto che il ricorrente non sia coinvolto in alcuna decisione relativa all’annessione della Crimea o alla destabilizzazione dell’Ucraina è irrilevante, poiché non gli sono state imposte misure restrittive per tale ragione, ma per il fatto, in particolare, che egli è un imprenditore di spicco che interviene in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo russo, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina. A tale riguardo, occorre ricordare che l’importanza degli obiettivi perseguiti da un atto dell’Unione che istituisce un regime di misure restrittive è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche di un certo peso, per taluni operatori, ivi compresi quelli che non hanno alcuna responsabilità riguardo alla situazione che ha condotto all’adozione delle misure di cui trattasi (v., per analogia, sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 361, e del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 150).

145    Per quanto attiene all’adeguatezza delle misure restrittive di cui trattasi, occorre osservare che, rispetto ad obiettivi di interesse generale così fondamentali per la comunità internazionale come quelli menzionati al precedente punto 140, dette misure non possono, di per se stesse, essere considerate inadeguate (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 2 dicembre 2020, Kalai/Consiglio, T‑178/19, non pubblicata, EU:T:2020:580, punto 171 e giurisprudenza ivi citata).

146    Con riferimento alla necessità delle misure restrittive di cui trattasi, occorre constatare che altre misure meno restrittive non consentono di raggiungere altrettanto efficacemente gli scopi perseguiti, ossia l’esercizio di una pressione sui decisori russi responsabili della situazione in Ucraina, in particolare alla luce della possibilità di eludere le restrizioni imposte (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punto 182 e giurisprudenza ivi citata). Del resto, il ricorrente non ha dimostrato che il Consiglio potesse prendere in considerazione l’adozione di misure meno restrittive, ma altrettanto appropriate di quelle previste.

147    Per quanto riguarda l’argomento del ricorrente relativo alle ripercussioni sulla sua partecipazione ai negoziati di pace, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, della decisione 2014/145 modificata e l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 269/2014, come modificato, prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare esigenze essenziali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di scongelare capitali, altri proventi finanziari o altre risorse economiche. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della suddetta decisione, l’autorità competente di uno Stato membro può anche autorizzare l’ingresso delle persone interessate nel suo territorio, in particolare per ragioni umanitarie urgenti o quando la persona viaggia per partecipare a riunioni intergovernative e a quelle promosse o ospitate dall’Unione, o ospitate da uno Stato membro che esercita la presidenza di turno dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), in cui si conduce un dialogo politico che promuove direttamente gli obiettivi politici delle misure restrittive, compresi il sostegno all’integrità territoriale, alla sovranità e all’indipendenza dell’Ucraina.

148    Del resto, come sottolinea giustamente il Consiglio, la partecipazione ai negoziati di pace e, più in generale, la fornitura di aiuto umanitario non possono incidere sulla valutazione del Consiglio sulla necessità di adottare misure restrittive nei confronti del ricorrente o di altri imprenditori di spicco russi per aumentare la pressione sul presidente Putin e sul suo governo.

149    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che le misure restrittive di cui trattasi non sono né discriminatorie né sproporzionate.

150    Occorre quindi respingere la presente parte nonché il terzo motivo di ricorso nella sua interezza.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali

151    Secondo il ricorrente, l’inserimento e il mantenimento del suo nome negli elenchi in questione costituiscono una limitazione ingiustificata e sproporzionata dei suoi diritti fondamentali, tra i quali figurano, in particolare, il diritto di proprietà, il diritto al rispetto della vita privata e la libertà d’impresa, nonché il diritto alla libera circolazione nel territorio degli Stati membri. Egli ritiene che l’adozione delle misure restrittive di cui trattasi abbia altresì comportato una violazione del suo diritto alla presunzione di innocenza e gli abbia causato un danno morale a causa della lesione della sua reputazione.  

152    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

153    Anzitutto, occorre rilevare che il diritto al rispetto della vita privata, il diritto alla libertà d’impresa, il diritto di proprietà e il diritto di circolazione e di soggiorno fanno parte dei principi generali del diritto dell’Unione e sono sanciti, rispettivamente, agli articoli 7, 16, 17 e 45 della Carta.

154    È vero che le misure restrittive contenute negli atti impugnati, nonostante la loro natura cautelare, comportano limitazioni nell’esercizio, da parte del ricorrente, dei diritti fondamentali di cui al precedente punto 153.

155    Tuttavia, i diritti fondamentali invocati dal ricorrente, non costituiscono prerogative assolute e il loro esercizio può essere soggetto a limitazioni alle condizioni enunciate all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, a tenore del quale, da un lato, «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla [C]arta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà» e, dall’altro, «[n]el rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

156    Pertanto, per essere conforme al diritto dell’Unione, una limitazione all’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali deve rispondere a quattro condizioni. In primo luogo, essa deve essere «prevista dalla legge», nel senso che l’istituzione dell’Unione che adotta misure in grado di restringere i diritti fondamentali di una persona, fisica o giuridica, deve disporre di una base legale a tal fine. In secondo luogo, essa deve rispettare il contenuto essenziale di tali diritti. In terzo luogo, essa deve perseguire un obiettivo di interesse generale, riconosciuto come tale dall’Unione. In quarto luogo, essa deve essere proporzionata (v. sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punti 145 e 222 e giurisprudenza ivi citata).

157    Orbene, si deve necessariamente constatare che, nel caso di specie, queste quattro condizioni sono soddisfatte.

158    In primo luogo, le limitazioni in questione sono «previste dalla legge», poiché sono contenute in atti aventi, in particolare, una portata generale e che dispongono di una base giuridica chiara nel diritto dell’Unione, nonché di una prevedibilità sufficiente, aspetto questo peraltro non contestato dal ricorrente.

159    In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se le limitazioni di cui trattasi rispettino il «contenuto essenziale» dei diritti fondamentali invocati dal ricorrente, è giocoforza rilevare che le misure restrittive di cui trattasi sono limitate nel tempo e reversibili. Infatti, da un lato, esse si applicano per sei mesi e sono oggetto di un controllo costante, come previsto all’articolo 6, terzo comma, della decisione 2014/145 come modificata, e, dall’altro, è possibile concedere deroghe alle misure restrittive applicate, per quanto riguarda tanto il congelamento di capitali quanto le restrizioni riguardanti l’ammissione nel territorio degli Stati membri (v. punto 147 supra).

160    In terzo luogo, le limitazioni di cui trattasi rispondono a un obiettivo di interesse generale, riconosciuto come tale dall’Unione. Infatti, esse mirano, in particolare, a fare pressione, direttamente e indirettamente, sui decisori e sul governo russo responsabili dell’invasione dell’Ucraina, al fine di diminuire la capacità di questi ultimi di proseguire le loro azioni che compromettono l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina e di porvi fine nell’ottica della preservazione della stabilità europea e mondiale. Orbene, si tratta di un obiettivo rientrante tra quelli perseguiti nell’ambito della PESC e previsti all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b) e c), TUE, quali, segnatamente, la preservazione della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale e la protezione delle popolazioni civili (v., in tal senso, sentenza del 27 luglio 2022, RT France/Consiglio, T‑125/22, EU:T:2022:483, punto 226).

161    In quarto luogo, per quanto riguarda la proporzionalità delle limitazioni in questione, occorre rilevare che, alla luce di obiettivi di interesse generale così fondamentali per la comunità internazionale come quelli menzionati al precedente punto 140, le misure di congelamento di capitali non possono, in quanto tali, essere considerate inadeguate. Con riferimento alla necessità delle misure restrittive di cui trattasi, occorre constatare che altre misure meno restrittive non consentirebbero di raggiungere altrettanto efficacemente gli scopi perseguiti, ossia l’esercizio di una pressione sui decisori russi responsabili della situazione in Ucraina, in particolare alla luce della possibilità di eludere le restrizioni imposte (v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2016, Rotenberg/Consiglio, T‑720/14, EU:T:2016:689, punto 182 e giurisprudenza ivi citata).

162    Si deve poi ricordare che l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, della decisione 2014/145, come modificato, e l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 269/2014 come modificato, prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare esigenze di base o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di scongelare capitali, altri proventi finanziari o altre risorse economiche

163    Per quanto concerne, più in particolare, l’asserita violazione, da parte dell’articolo 1 della decisione 2014/145 come modificata, del diritto del ricorrente, in quanto cittadino portoghese e quindi dell’Unione, di circolare liberamente nel territorio di quest’ultima, sancito all’articolo 21 TFUE nonché all’articolo 45, paragrafo 1, della Carta, occorre rilevare che il ricorrente non contesta il fatto che l’adozione di atti nel settore della PESC, prevista dai Trattati, possa limitare il diritto alla libera circolazione dei cittadini dell’Unione. Infatti, il ricorrente si limita a sostenere che la restrizione alla sua libertà di circolazione sarebbe sproporzionata.

164    Tuttavia, è giocoforza constatare che il ricorrente non spiega in che modo una siffatta restrizione sarebbe sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito. Infatti, nelle sue memorie, egli si limita a effettuare un generico rinvio alla sua argomentazione nell’ambito del motivo di ricorso vertente su una violazione del principio di proporzionalità, senza esporre le ragioni per le quali gli argomenti sviluppati nell’ambito di detto motivo sarebbero pertinenti per suffragare una violazione sproporzionata della sua libertà di circolare all’interno dell’Unione. Pertanto, si deve respingere l’argomento del ricorrente vertente su una violazione sproporzionata della libertà di circolazione dei cittadini dell’Unione in quanto non suffragato.

165    Quanto all’affermazione con cui il ricorrente si interroga sulla possibilità per il Consiglio di adottare una restrizione alla libera circolazione sulla base dell’articolo 215 TFUE, anche supponendo che una siffatta affermazione costituisca un argomento autonomo, è giocoforza constatare che neppure essa è suffragata e deve pertanto essere respinta. In ogni caso, occorre rilevare che le restrizioni alla libertà di circolazione sono previste unicamente all’articolo 1 della decisione 2014/145 come modificata e che esse non figurano nel regolamento n. 269/2014 come modificato. Orbene, come risulta dal preambolo di detta decisione, quest’ultima non è stata adottata sul fondamento dell’articolo 215 TFUE, bensì sul fondamento dell’articolo 29 TUE.

166    Peraltro, occorre altresì rilevare che il ricorrente non dimostra in alcun modo sotto quale profilo le misure restrittive adottate nei suoi confronti ledano il diritto al rispetto della sua vita privata.

167    Infine, per quanto riguarda l’asserita violazione del diritto del ricorrente alla presunzione di innocenza, da esso menzionata nelle sue memorie senza tuttavia suffragarla con argomenti specifici, occorre rilevare che, poiché le misure restrittive adottate nei suoi confronti non hanno l’effetto di confiscare i beni del ricorrente, ma più semplicemente di congelarli a titolo conservativo, si deve ritenere che siffatte misure non rivestano alcun carattere penale e non abbiano quindi l’effetto di ledere il diritto alla presunzione di innocenza, riconosciuto all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta, il quale esige che ogni persona accusata di un reato sia considerata innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Per quanto riguarda l’asserito danno morale derivante dal pregiudizio alla sua reputazione, anch’esso menzionato nell’ambito di tale censura, esso non può essere utilmente invocato per dimostrare una violazione del diritto del ricorrente alla presunzione di innocenza.

168    Si deve concludere che le limitazioni di cui trattasi, che derivano dalle misure restrittive adottate nei confronti del ricorrente negli atti impugnati, non sono sproporzionate e non possono viziare di illegittimità detti atti.

169    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il quarto motivo di ricorso e, pertanto, la domanda di annullamento nella sua interezza.

 Sulla domanda di risarcimento

170    Il ricorrente chiede il risarcimento del danno causato alla sua reputazione, stimato in EUR 1 milione a titolo provvisorio.

171    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

172    Dalla giurisprudenza risulta che l’insorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per un comportamento illecito delle sue istituzioni o dei suoi organi richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subìto dal soggetto leso (v. sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

173    I presupposti per la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, che il Tribunale dell’Unione non è tenuto ad esaminare in un ordine particolare, sono cumulativi, cosicché è sufficiente che uno di esse manchi perché il ricorso sia respinto nella sua interezza (sentenza del 1º febbraio 2023, Klymenko/Consiglio, T‑470/21, non pubblicata, EU:T:2023:26, punto 62; v. altresì, in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Unione europea/Kendrion, C‑150/17 P, EU:C:2018:1014, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

174    Orbene, da tutto quanto precede risulta che gli argomenti che il ricorrente ha dedotto al fine di dimostrare l’illegittimità degli atti impugnati con i quali il suo nome è stato inserito negli elenchi in questione devono essere respinti, cosicché il presupposto relativo all’illegittimità del comportamento contestato al Consiglio non è soddisfatto nel caso di specie. Poiché manca uno dei presupposti ricordati al precedente punto 172, la responsabilità dell’Unione non può sorgere.

175    La domanda di risarcimento danni deve dunque essere respinta in quanto infondata, senza che sia necessario esaminare l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra quest’ultimo e la violazione dell’obbligo di cui trattasi. Pertanto, occorre respingere integralmente il ricorso.

 Sulle spese

176    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese.

177    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. La Commissione si farà quindi carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.


2)      Il sig. Roman Arkadyevich Abramovich si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea si farà carico delle proprie spese.

Spielmann

 

Mastroianni

 

Brkan      

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 dicembre 2023.

 

Firme      

 


Indice


Fatti

Fatti successivi alla presentazione del presente ricorso

Conclusioni delle parti

In diritto

Sulla domanda di annullamento

Sul primo motivo di ricorso

– Sulla prima parte, vertente sulla «violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione»

– Sulla seconda parte, vertente sulla «violazione dei diritti della difesa» e sulla «violazione da parte del Consiglio del suo obbligo di riesame nell’ambito dell’adozione degli atti di mantenimento del settembre 2022 e del marzo 2023»

Sul secondo motivo di ricorso, vertente su un «errore manifesto di valutazione»

– Considerazioni preliminari

– Sull’applicazione al ricorrente del criterio g)

Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità

– Sulla prima parte, vertente sulla violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento

– Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei diritti fondamentali

Sulla domanda di risarcimento

Sulle spese


*      Lingua processuale: il francese.