Language of document : ECLI:EU:C:2024:342

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

18 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 30 bis e 30 ter – Buoni forniti per via elettronica – Buoni monouso e buoni multiuso – Carte prepagate o codici di buoni per l’acquisto di contenuti digitali, corredati di un identificativo “paese” che rende i contenuti digitali in questione accessibili soltanto nello Stato membro interessato»

Nella causa C‑68/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), con decisione del 3 novembre 2022, pervenuta in cancelleria l’8 febbraio 2023, nel procedimento

M-GbR

contro

Finanzamt O,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da O. Spineanu-Matei, presidente di sezione, S. Rodin e L.S. Rossi (relatrice), giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la M-GbR, da A. Kratzsch, Rechtsanwalt;

–        per il governo tedesco, da J. Möller e A. Hoesch, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da F. Behre e J. Jokubauskaitė, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 30 bis e 30 ter della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017 (GU 2017, L 348, pag. 7) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la M-GbR, una società di diritto civile tedesca, e il Finanzamt O (amministrazione tributaria tedesca) in merito alla qualificazione e all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) della commercializzazione di carte prepagate o di codici di buoni utilizzati per l’acquisto di contenuti digitali in un negozio online.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        I considerando da 1 a 3 e da 6 a 10 della direttiva (UE) 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il trattamento dei buoni (GU 2016, L 177, pag. 9), sono formulati nei termini seguenti:

«(1)      La direttiva 2006/112/CE (...) stabilisce le norme concernenti il momento e il luogo della cessione di beni e della prestazione di servizi, la base imponibile, l’esigibilità dell’[IVA] e il diritto a detrazione. Tali norme non sono tuttavia sufficientemente chiare o esaustive da garantire un trattamento fiscale coerente delle operazioni che comportano l’utilizzo di buoni, con conseguenze indesiderabili per il buon funzionamento del mercato interno.

(2)      Al fine di garantire un trattamento uniforme e certo, assicurare la coerenza con i principi di un’imposta generale sui consumi esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi ed evitare incoerenze, distorsioni della concorrenza, la doppia imposizione o la non imposizione e di ridurre il rischio dell’elusione fiscale è necessario stabilire norme specifiche che si applichino al trattamento dei buoni ai fini dell’IVA.

(3)      Alla luce delle nuove norme sul luogo delle prestazioni di servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi forniti per via elettronica applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2015, è necessaria una soluzione comune per i buoni al fine di garantire che non si verifichino disallineamenti in materia di buoni forniti tra Stati membri. A tal fine, è di fondamentale importanza introdurre norme intese a chiarire il trattamento dei buoni ai fini dell’IVA.

(...)

(6)      Per determinare chiaramente che cosa costituisce un buono ai fini dell’IVA e per distinguerlo dagli strumenti di pagamento, è necessario definire i buoni, che possono presentarsi in forma fisica o elettronica, riconoscendone le caratteristiche essenziali, in particolare la natura del diritto loro connesso e l’obbligo di accettare tale buono come corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi.

(7)      Il trattamento ai fini dell’IVA delle operazioni associate ai buoni dipende dalle caratteristiche specifiche del buono. È pertanto necessario distinguere tra i diversi tipi di buoni e le distinzioni devono essere introdotte nella legislazione dell’Unione.

(8)      Qualora sia possibile determinare con certezza già al momento dell’emissione di un buono monouso il trattamento ai fini dell’IVA attribuibile alla corrispondente cessione di beni o prestazione di servizi, l’IVA dovrebbe essere esigibile per ogni trasferimento, compresa l’emissione del buono monouso. La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un buono monouso non dovrebbero essere considerate operazioni indipendenti. Per i buoni multiuso è necessario precisare che l’IVA dovrebbe essere esigibile quando i beni o i servizi cui il buono si riferisce sono ceduti o prestati. In tale contesto, qualsiasi trasferimento precedente dei buoni multiuso non dovrebbe essere soggetto ad IVA.

(9)      Per i buoni monouso suscettibili di essere tassati al momento del trasferimento, compresa l’emissione del buono monouso da parte di un soggetto passivo che agisce in nome proprio, ogni trasferimento, compresa l’emissione di tale buono, è considerato cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono monouso si riferisce. Tale soggetto passivo dovrebbe in tal caso calcolare l’IVA sul corrispettivo ricevuto per il buono monouso a norma dell’articolo 73 della direttiva 2006/112/CE. Se invece i buoni monouso sono emessi o distribuiti da un soggetto passivo che agisce in nome di terzi, non si considera che detto soggetto passivo intervenga nella cessione o prestazione corrispondente.

(10)      Solo i servizi resi da intermediari o la prestazione di servizi separata, quali servizi di distribuzione o promozione, sarebbero soggetti all’IVA. Pertanto, se un soggetto passivo che non agisce in nome proprio riceve un corrispettivo separato per il trasferimento di un buono, tale corrispettivo dovrebbe essere imponibile in base al regime normale dell’IVA».

4        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, sono soggette all’IVA le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

5        L’articolo 30 bis di tale direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “buono”, uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative;

2)      “buono monouso”, un buono in relazione al quale il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il buono si riferisce e l’IVA dovuta su tali beni o servizi sono noti al momento dell’emissione del buono;

3)      “buono multiuso”, un buono diverso da un buono monouso».

6        L’articolo 30 ter della suddetta direttiva è redatto come segue:

«1.      Ogni trasferimento di un buono monouso effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome proprio è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce. La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un buono monouso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal cedente o dal prestatore non sono considerate operazioni indipendenti.

Se il trasferimento di un buono monouso è effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome di un altro soggetto passivo, tale trasferimento è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce effettuate dall’altro soggetto passivo per conto del quale il soggetto passivo agisce.

Se il cedente dei beni o il prestatore dei servizi non è il soggetto passivo che, agendo in nome proprio, ha emesso il buono monouso, si considera che detto cedente o prestatore abbia comunque ceduto i beni o prestato i servizi cui il buono si riferisce a detto soggetto passivo.

2.      La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi effettuate dietro presentazione di un buono multiuso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal cedente o dal prestatore sono soggette all’IVA ai sensi dell’articolo 2, mentre ogni trasferimento precedente di tale buono multiuso non è soggetto all’IVA.

Qualora il trasferimento di un buono multiuso sia effettuato da un soggetto passivo diverso da quello che esegue l’operazione soggetta all’IVA a norma del primo comma, le prestazioni di servizi che possano essere individuate, quali i servizi di distribuzione o di promozione, sono soggette all’IVA».

7        L’articolo 44 della medesima direttiva così prevede:

«Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione. In mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo delle prestazioni di servizi è il luogo dell’indirizzo permanente o della residenza abituale del soggetto passivo destinatario dei servizi in questione».

8        L’articolo 58 della direttiva IVA dispone:

«1.      Il luogo delle prestazioni dei seguenti servizi a persone che non sono soggetti passivi è il luogo in cui la persona è stabilita oppure ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale:

(...)

c)      servizi forniti per via elettronica, in particolare quelli di cui all’allegato II.

Il solo fatto che un prestatore di servizi e il suo destinatario comunichino per posta elettronica non implica che il servizio reso sia un servizio elettronico».

9        L’articolo 73 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

10      L’articolo 73 bis di tale direttiva così dispone:

«Fatto salvo l’articolo 73, la base imponibile della cessione di beni o della prestazione di servizi effettuate a fronte di un buono multiuso è pari al corrispettivo versato per il buono o, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell’importo dell’IVA relativo ai beni ceduti o ai servizi prestati».

11      Ai sensi dell’articolo 410 bis di detta direttiva, gli articoli 30 bis, 30 ter e 73 bis di quest’ultima si applicano solo ai buoni emessi successivamente al 31 dicembre 2018.

 Diritto nazionale

12      L’articolo 3, paragrafi da 13 a 15, dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UStG») così prevede:

«13.      Un buono (monouso o multiuso) è uno strumento per il quale

1)      esiste un obbligo di accettarlo come corrispettivo totale o parziale di una cessione o di un’altra prestazione e

2)      il bene da cedere o l’altra prestazione o l’identità dell’imprenditore prestatore sono indicati nello strumento stesso o in documenti connessi, comprese le condizioni di utilizzo di tale strumento.

Gli strumenti che danno diritto unicamente ad una riduzione di prezzo non costituiscono buoni ai sensi della prima frase.

14.      Un buono di cui al paragrafo 13, per il quale il luogo della cessione o dell’altra prestazione cui il buono si riferisce e l’imposta dovuta per tali operazioni sono noti al momento dell’emissione del buono, è un buono monouso. Qualora un imprenditore trasferisca un buono monouso in nome proprio, il trasferimento del buono è considerato come la cessione del bene o la fornitura dell’altra prestazione cui il buono si riferisce. (...) La cessione effettiva o la fornitura effettiva dell’altra prestazione in cambio della quale è accettato un buono monouso non è considerata un’operazione distinta nei casi di cui alle frasi da 2 a 4.

15.      Un buono di cui al paragrafo 13, che non è un buono monouso, è un buono multiuso. La cessione effettiva o la fornitura effettiva dell’altra prestazione per la quale l’imprenditore prestatore accetta un buono multiuso come corrispettivo totale o parziale è soggetta all’IVA conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, mentre qualsiasi trasferimento precedente di tale buono multiuso non è soggetto all’IVA».

13      L’articolo 3a, paragrafi 2 e 5, dell’UStG è formulato come segue:

«2.      Fatti salvi i paragrafi da 3 a 8 (...), un’altra prestazione eseguita a favore di un imprenditore per le esigenze della sua impresa è eseguita nel luogo in cui il destinatario gestisce la sua impresa.

(...)

5.      Se il destinatario di una delle altre prestazioni di cui alla seconda frase

1)      non è un imprenditore per l’impresa del quale la prestazione è acquisita (...), l’altra prestazione è eseguita nel luogo in cui il destinatario della prestazione ha l’indirizzo permanente, la residenza abituale o la sede.

Le altre prestazioni ai sensi della prima frase sono:

(...)

3)      le altre prestazioni fornite per via elettronica».

14      L’articolo 27, paragrafo 23, dell’UStG così dispone:

«L’articolo 3, paragrafi da 13 a 15 (...) si applica per la prima volta ai buoni emessi successivamente al 31 dicembre 2018».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Nel corso del 2019, che costituisce il periodo d’imposta controverso, la M-GbR ha commercializzato, tramite il proprio negozio online, carte prepagate o codici di buoni che consentivano di caricare «conti utente» destinati all’acquisto di contenuti digitali nel negozio online X (in prosieguo: il «negozio X»).

16      Tali carte, denominate «X-Cards», consentivano agli acquirenti di caricare conti che permettevano di utilizzare il negozio X (in prosieguo: il «conto utente X») con un determinato valore nominale in euro. Dopo aver caricato tale conto, il suo titolare poteva acquistare contenuti digitali nel negozio X, gestito dalla società Y, stabilita nel Regno Unito, ai prezzi ivi indicati.

17      Y era responsabile dell’emissione delle X-Cards e le commercializzava nell’Unione europea, con diversi codici «paese», tramite diversi intermediari. Le X-Cards con il codice «paese» DE erano esclusivamente destinate a clienti che disponevano nel contempo di indirizzo permanente o residenza abituale in Germania e di un conto utente X tedesco.

18      Conformemente alle condizioni di utilizzo dei codici di buoni X, pubblicate da Y sul negozio X, al momento dell’apertura di un conto utente X i clienti dovevano fornire informazioni esatte che consentissero di determinare il luogo del loro indirizzo permanente o della loro residenza abituale. Nel negozio online della M‑GbR era altresì indicato che un cliente che caricava il suo conto utente X doveva informarsi preventivamente sul paese in cui tale conto era registrato e che, tenuto conto della rigorosa separazione tra paesi applicabile alle X-Cards, i clienti potevano attivare solo crediti effettivamente destinati al paese corrispondente al loro conto utente X.

19      Nel corso del 2019, la M-GbR ha acquistato delle X-Cards, emesse da Y, tramite i fornitori L 1 e L 2, stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania e dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Nelle sue dichiarazioni fiscali, la M-GbR ha considerato che le X-Cards fossero buoni multiuso, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 15, dell’UStG, in quanto, al momento della vendita di tali carte, l’indirizzo permanente o il luogo di residenza abituale del cliente finale non era noto con certezza. L’identificativo paese attribuito da Y a ciascun buono non sarebbe stato sufficiente a determinare con certezza il luogo della prestazione di servizi, ai sensi dell’articolo 3a, paragrafo 5, dell’UStG, dato che Y non verificava i dati dei clienti al momento dell’apertura dei conti utente X e del loro successivo utilizzo. Inoltre, un gran numero di clienti, residenti fuori dal territorio tedesco, avrebbe aperto un conto utente X tedesco, in particolare a causa di vantaggi tariffari, e avrebbe inoltre acquistato X-Cards dalla M-GbR con il codice «paese» DE.

20      A seguito di un controllo fiscale, l’amministrazione tributaria tedesca ha ritenuto che le X-Cards costituissero buoni monouso, dato che potevano essere utilizzati soltanto da clienti con indirizzo permanente in Germania e che disponevano di un conto utente X tedesco, cosicché il luogo della prestazione, ai sensi dell’articolo 3a, paragrafo 5, dell’UStG, si trovava in Germania. Il fatto che taluni clienti abbiano potuto eventualmente eludere le condizioni di utilizzo di tali carte, prescritte dalla Y, fornendo dati deliberatamente mendaci o dissimulando il loro indirizzo Internet Protocol (IP), non sarebbe stato determinante ai fini della qualificazione fiscale di dette carte come buoni monouso. Inoltre, l’amministrazione tributaria tedesca ha ritenuto che sia Y sia gli altri intermediari avessero considerato che le X-Cards corrispondessero a tali buoni. Tale amministrazione ha quindi fissato un acconto provvisorio di IVA che la M-GbR avrebbe dovuto versare.

21      Poiché il ricorso proposto da quest’ultima avverso la fissazione di tale acconto è stato respinto in primo grado in quanto infondato, essa ha proposto un ricorso per Revision dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), il giudice del rinvio.

22      In detto ricorso, la M-GbR deduce una violazione dell’articolo 3, paragrafi da 13 a 15, dell’UStG e ritiene che le X-Cards siano buoni multiuso il cui trasferimento non è soggetto all’IVA. Al momento di tale trasferimento, la prestazione non è sufficientemente determinata, con la conseguenza che non sarebbe possibile fissare l’aliquota IVA adeguata.

23      Il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione degli articoli 30 bis e 30 ter della direttiva IVA nel contesto di una catena di soggetti passivi stabiliti in diversi Stati membri.

24      Esso si chiede, in primo luogo, se, in un contesto del genere, al momento dell’emissione delle X-Cards, si possa ritenere che il luogo della prestazione di servizi forniti per via elettronica ai clienti finali alla quale il buono si riferisce sia noto, in modo da consentire di qualificare quest’ultimo come buono monouso, ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA. In caso affermativo, tale luogo sarebbe determinato conformemente all’articolo 58, primo comma, lettera c), di tale direttiva e corrisponderebbe quindi al luogo in cui la persona non soggetta a imposta è stabilita o ha il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale, ossia, nel caso di specie, la Germania. Il giudice del rinvio afferma di propendere piuttosto per tale interpretazione delle disposizioni di detta direttiva e di essere incline a respingere il ricorso per Revision, anche alla luce del considerando 3 della direttiva 2016/1065, che menziona l’obiettivo di evitare un trattamento disallineato dei buoni a seconda che siano commercializzati al cliente finale direttamente o tramite intermediari. Tuttavia, tale giudice ammette che sarebbe possibile un’interpretazione diversa delle disposizioni della medesima direttiva.

25      Pertanto, secondo detto giudice, sarebbe ipotizzabile prendere in considerazione, nella catena di operazioni di cui trattasi, ogni trasferimento delle X-Cards tra soggetti passivi in quanto prestazione di servizi. In un’ipotesi del genere, in forza dell’articolo 44 della direttiva IVA, il luogo delle prestazioni effettuate dalla Y a favore di L 1 e da L 1 a favore di L 2 si situerebbe in ciascuno degli Stati membri in cui è stabilito il soggetto passivo a favore del quale tali prestazioni sono effettuate, mentre il luogo della prestazione realizzata da L 2 a favore della M-GbR si troverebbe in Germania. In una situazione di questo tipo, che potrebbe discendere dall’interpretazione dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, la condizione secondo cui il luogo della prestazione e l’IVA devono essere noti al momento dell’emissione del buono affinché quest’ultimo sia qualificato come buono monouso non sarebbe soddisfatta. Il ricorso per Revision dovrebbe pertanto essere accolto.

26      In secondo luogo, e nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che i buoni in questione siano buoni multiuso il cui trasferimento, precedente alla concreta fornitura della prestazione di servizi sottostante, non è soggetto all’IVA, il giudice del rinvio si chiede se tale soluzione non sia contraria a quella elaborata dalla Corte nella sentenza del 3 maggio 2012, Lebara (C‑520/10, EU:C:2012:264). Infatti, da tale sentenza risulterebbe che sia la vendita iniziale di una carta telefonica prepagata sia la sua successiva rivendita da parte di intermediari sono operazioni imponibili. Orbene, partendo dal principio che le X-Cards non devono essere trattate diversamente dalle suddette carte telefoniche prepagate, dal punto di vista dell’IVA, il giudice del rinvio osserva che non gli risulta chiaro in che modo conciliare l’articolo 30 ter, paragrafo 2, primo comma, in fine, della direttiva IVA con la soluzione adottata in tale sentenza. Inoltre, esso non esclude che la M-GbR possa aver fornito servizi di distribuzione o di promozione alla Y, come contemplati all’articolo 30 ter, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, che sono soggetti all’IVA.

27      In tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sussista un buono monouso ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA, qualora

–      il luogo della prestazione dei servizi a cui il buono si riferisce sia effettivamente noto, nella misura in cui tali servizi devono essere forniti nel territorio di uno Stato membro a consumatori finali,

–      ma la fictio di cui all’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, prima frase, della direttiva IVA, secondo la quale il trasferimento del buono tra soggetti passivi deve essere considerato anch’esso come prestazione dei servizi a cui il buono si riferisce, dia luogo ad una prestazione di servizi nel territorio di un altro Stato membro.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione (sussistendo pertanto nel caso di specie un buono multiuso): se l’articolo 30 ter, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA, ai sensi del quale la concreta prestazione dei servizi effettuata dietro presentazione di un buono multiuso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal prestatore è soggetta all’IVA ai sensi dell’articolo 2 della direttiva IVA, mentre ogni trasferimento precedente di tale buono multiuso non è soggetto all’IVA, osti ad un obbligo tributario altrimenti fondato (sentenza della Corte del 3 maggio 2012, Lebara, C‑520/10, EU:C:2012:264)».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

28      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 30 bis e l’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che la qualificazione di un buono come «buono monouso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva, dipenda dal fatto che, al momento dell’emissione di tale buono, il luogo della prestazione di servizi destinata ai consumatori finali alla quale detto buono si riferisce sia noto, e ciò quand’anche, in forza dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, i trasferimenti successivi di tale buono tra soggetti passivi, che agiscono in nome proprio e sono stabiliti nel territorio di Stati membri diversi da quello in cui si trovano tali consumatori finali, diano luogo a prestazioni di servizi effettuate nel territorio di tali altri Stati membri.

29      Occorre ricordare, in limine, che né la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU 1977, L 145, pag. 1), né la direttiva 2006/112, nella versione precedente alle modifiche risultanti dalla direttiva 2016/1065, prevedevano disposizioni specifiche, ai fini della riscossione dell’IVA, disciplinanti le operazioni soggette a tale imposta in cui venivano utilizzati buoni.

30      Come sottolineano i considerando da 1 a 3 della direttiva 2016/1065, al fine di rimediare alla diversità delle soluzioni adottate dagli Stati membri, atte, in particolare, a creare situazioni di doppia imposizione o di non imposizione e alla luce delle nuove norme sul luogo della prestazione dei servizi di telecomunicazione e di radiodiffusione e dei servizi forniti per via elettronica applicabili dal 1º gennaio 2015, il legislatore dell’Unione ha adottato tale direttiva, che modifica la direttiva 2006/112, inserendo nel testo di quest’ultima, in particolare, gli articoli 30 bis e 30 ter, applicabili a decorrere dal 1º  gennaio 2019, allo scopo di chiarire il trattamento dei buoni ai fini dell’IVA.

31      Così, l’articolo 30 bis, punto 1, della direttiva IVA definisce, ai fini di tale direttiva, un buono come «uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi e nel quale i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative».

32      Nel caso di specie, la prima questione pregiudiziale muove dalla premessa che le carte prepagate X-Cards emesse da Y, conformemente alle condizioni di utilizzo fissate da quest’ultima, e recanti l’identificativo del paese in cui il consumatore finale può acquistare contenuti digitali commercializzati nel negozio X, gestito da Y, rispondono a tale definizione di buono. Nessuno degli interessati che hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte rimette in discussione tale premessa del rinvio pregiudiziale, circostanza di cui si deve prendere atto.

33      Ciò premesso, l’articolo 30 bis, punti 2 e 3, della direttiva IVA distingue e definisce due tipi di buoni, ossia i buoni «monouso» e quelli «multiuso».

34      Ai sensi del punto 3 di tale articolo 30 bis, un «buono multiuso» è un buono diverso da un buono monouso. La nozione di «buono multiuso» riveste quindi una portata residua cosicché, al fine di determinare se uno specifico strumento rientri in una nozione o nell’altra, occorre anzitutto verificare se tale strumento risponda alla definizione di «buono monouso» (v., in tal senso, sentenza del 28 aprile 2022, DSAB Destination Stockholm, C‑637/20, EU:C:2022:304, punto 28).

35      Conformemente all’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva, un «buono monouso» è «un buono in relazione al quale il luogo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi cui il buono si riferisce e l’IVA dovuta su tali beni o servizi sono noti al momento dell’emissione del buono». Dalla formulazione stessa di tale disposizione risulta che in tale nozione rientrano i buoni il cui trattamento fiscale può essere determinato al momento della loro emissione.

36      La qualificazione di un buono come «buono monouso» si basa quindi sul soddisfacimento di due condizioni cumulative esistenti «al momento dell’emissione» del buono. Da un lato, il luogo della cessione dei beni o della prestazione di servizi cui il buono si riferisce e, dall’altro, l’IVA dovuta su tali beni o servizi devono essere noti in tale momento. Per contro, qualora il trattamento fiscale di un buono non possa essere determinato sin dal momento dell’emissione del buono, quest’ultimo non può essere qualificato come «buono monouso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA.

37      Conformemente all’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA, ogni trasferimento di un buono monouso effettuato da un soggetto passivo che agisce in nome proprio è considerato come cessione dei beni o prestazione dei servizi cui il buono si riferisce. La consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un buono monouso accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo dal cedente o dal prestatore non sono considerate operazioni indipendenti.

38      L’obiettivo di tale articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, consiste quindi nel fissare regole di tassazione specifiche quando un buono monouso è oggetto di uno o più trasferimenti tra soggetti passivi che agiscono in nome proprio, e ciò anche quando, come indicato nei considerando 8 e 9 della direttiva 2016/1065, al momento dell’emissione di tale buono monouso, la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di tale buono da parte del consumatore finale non siano considerate operazioni distinte da tali trasferimenti ai fini dell’IVA.

39      Orbene, dalla formulazione di tale disposizione risulta chiaramente che essa si applica solo agli strumenti che rispondono, ai fini della direttiva IVA, alla definizione di «buoni monouso», quale risulta dall’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva.

40      Pertanto, l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva non può rimettere in discussione le condizioni enunciate all’articolo 30 bis, punto 2, della stessa, come ricordate al punto 36 della presente sentenza, che portano a qualificare uno strumento come «buono monouso» al momento della sua emissione.

41      Tale valutazione è corroborata dagli obiettivi perseguiti dagli articoli 30 bis e 30 ter della direttiva IVA, che consistono in particolare nel garantire un trattamento uniforme dei buoni, evitare le incoerenze, la doppia imposizione o la non imposizione di tali strumenti e il trattamento disallineato dei buoni forniti tra Stati membri in relazione all’IVA, come sottolineano rispettivamente i considerando 2 e 3 della direttiva 2016/1065.

42      Infatti, se si escludesse che un buono possa essere qualificato come «buono monouso» qualora sia oggetto di trasferimenti successivi tra soggetti passivi che agiscono in nome proprio e che sono stabiliti in uno o più Stati membri diversi da quello nel cui territorio tale buono è presentato dal consumatore finale in cambio della consegna fisica del bene o della concreta prestazione del servizio al quale si riferisce, nessuno degli obiettivi summenzionati sarebbe raggiunto, poiché disparità di trattamento di tali buoni perdurerebbero a seconda che essi siano commercializzati nell’ambito di una catena di distribuzione transfrontaliera o all’interno di un solo Stato membro.

43      Peraltro, un’interpretazione dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA che prendesse in considerazione i trasferimenti tra i soggetti passivi di cui al punto precedente della presente sentenza ai fini della determinazione del luogo della cessione del bene o della prestazione di servizi, ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva, sarebbe tale da rendere quasi impossibile la qualificazione come buono monouso per qualsiasi buono e priverebbe pertanto tale disposizione di gran parte del suo effetto utile.

44      Ne consegue che, come sostenuto, in sostanza, dal governo tedesco e dalla Commissione europea nelle loro osservazioni scritte, l’applicazione dell’articolo 30 ter, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA non incide sulle condizioni alle quali, in virtù dell’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva, un buono è qualificato come «buono monouso», ai sensi di quest’ultima disposizione.

45      Per quanto riguarda la qualificazione, nel procedimento principale, di una X-Card come «buono monouso», se è vero che spetta unicamente al giudice del rinvio pronunciarsi su tale qualificazione in funzione delle circostanze proprie della causa principale, ciò non toglie che la Corte è competente a desumere dalle disposizioni della citata direttiva, nella fattispecie quelle dell’articolo 30 bis, punto 2, i criteri che tale giudice può o deve applicare a tal fine (v., in tal senso, sentenza del 3 dicembre 2015, Banif Plus Bank, C‑312/14, EU:C:2015:794, punto 51).

46      Inoltre, nulla impedisce che un giudice nazionale chieda alla Corte di pronunciarsi su tale qualificazione, purché, però, detto giudice proceda alla constatazione e valutazione dei fatti necessari per detta qualificazione, alla luce di tutti gli elementi del fascicolo in suo possesso (sentenza del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a., C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, EU:C:2023:1014, punto 128 e giurisprudenza citata).

47      Per quanto riguarda la prima condizione, come enunciata all’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA, secondo la quale il luogo di cessione dei beni o della prestazione di servizi cui il buono si riferisce dev’essere noto al momento dell’emissione dello stesso, tenuto conto delle condizioni di utilizzo delle X‑Cards, in particolare dell’identificativo dello Stato membro in cui tali carte devono essere utilizzate, apposto su di esse, delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio e in considerazione dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, risulta che, al momento dell’emissione dei suddetti buoni, il luogo in cui i contenuti digitali sono forniti al consumatore finale come corrispettivo delle X-Cards vendute dalla M-GbR si trova in Germania.

48      A tale proposito occorre precisare che, ai fini dell’esame di tale prima condizione, non può essere presa in considerazione la circostanza, esposta dalla M-GbR dinanzi al giudice del rinvio, secondo la quale alcuni consumatori finali residenti fuori dal territorio tedesco utilizzerebbero delle X-Cards acquistate presso di essa con l’identificativo «paese» DE, in violazione delle condizioni di utilizzo di tali carte, e ciò al fine di ottenere vantaggi tariffari.

49      Infatti, la corretta qualificazione di un’operazione ai fini dell’IVA non può evidentemente dipendere da eventuali pratiche abusive.

50      Risulta quindi – circostanza che spetta in ogni caso al giudice del rinvio verificare – che la prima condizione prevista all’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA è soddisfatta.

51      Quanto alla seconda condizione prevista da detta disposizione, le informazioni fornite nella domanda di pronuncia pregiudiziale non consentono di stabilire se l’IVA dovuta sui diversi contenuti digitali che possono essere ottenuti in cambio delle X-Cards sia nota al momento della loro emissione.

52      Se è vero che nessun elemento nel procedimento principale consente di supporre che esista un’incertezza quanto all’IVA dovuta su tali diversi contenuti e che la Commissione ritiene che detti contenuti, ai quali le X-Cards danno accesso, venduti dalla M-GbR in Germania, debbano intendersi assoggettati alla stessa aliquota e allo stesso trattamento ai fini dell’IVA, spetterà in ogni caso al giudice del rinvio verificare se tale seconda condizione sia soddisfatta.

53      Nell’ipotesi in cui la prestazione di servizi effettuata come corrispettivo di una X‑Card sia assoggettata ad una stessa base imponibile e a una stessa aliquota IVA in Germania, indipendentemente dal contenuto digitale ottenuto, il giudice del rinvio sarà quindi in grado di constatare che un siffatto strumento soddisfa la seconda condizione prevista all’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva IVA e, pertanto, tenuto conto anche del fatto che il medesimo strumento soddisfa la prima condizione prevista da tale disposizione, che esso deve essere qualificato come «buono monouso».

54      Per contro, se i contenuti digitali che un consumatore finale può ottenere in cambio di una X-Card sono soggetti a regole di base imponibile o ad aliquote IVA diverse in tale Stato membro, detto giudice dovrà constatare che è impossibile prevedere, al momento dell’emissione di una X-Card, quale sia l’IVA applicabile ai contenuti digitali, scelti dal consumatore finale, come corrispettivo di tale buono. In tal caso, la qualificazione delle X-Cards come «buoni monouso» sarebbe esclusa (v., per analogia, sentenza del 28 aprile 2022, DSAB Destination Stockholm, C‑637/20, EU:C:2022:304, punti 30 e 31).

55      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 30 bis e l’articolo 30 ter, paragrafo 1, della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che la qualificazione di un buono come «buono monouso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, di tale direttiva, dipende unicamente dalle condizioni previste da tale disposizione, che comprendono quella secondo la quale il luogo della prestazione di servizi destinata a consumatori finali, alla quale tale buono si riferisce, dev’essere noto al momento dell’emissione di detto buono, e ciò indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo sia oggetto di trasferimenti tra soggetti passivi, che agiscono in nome proprio e sono stabiliti nel territorio di Stati membri diversi da quello in cui si trovano tali consumatori finali.

 Sulla seconda questione

56      Con la sua seconda questione, posta unicamente nel caso in cui buoni come quelli di cui trattasi nel procedimento principale siano qualificati come «buoni multiuso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 3, della direttiva IVA, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 30 ter, paragrafo 2, di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che, sebbene un trasferimento di «buoni multiuso» non debba essere assoggettato all’IVA, conformemente al primo comma di tale disposizione, il pagamento dell’IVA possa tuttavia essere richiesto in forza di un altro fondamento, in applicazione del secondo comma di detta disposizione.

57      Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 30 ter, paragrafo 2, primo comma, della direttiva IVA, l’IVA è applicata all’atto della consegna fisica dei beni o della concreta prestazione dei servizi dietro presentazione di un «buono multiuso» accettato dal fornitore o dal prestatore, cosicché tale imposta non grava sui trasferimenti di tale buono che avvengono prima che detto buono sia presentato dal consumatore finale in cambio di tali beni o servizi.

58      Infatti, poiché la natura dei beni o dei servizi cui un «buono multiuso» si riferisce e che saranno scelti dal consumatore finale non è nota al momento dell’emissione di un buono di questo tipo, l’IVA dovuta su tali beni o servizi non può essere determinata con certezza in tale momento. È quindi solo al momento della presentazione di detto buono in cambio di tali beni o servizi che l’IVA è nota e può essere debitamente applicata.

59      Tuttavia, qualora un buono multiuso sia oggetto di uno o più trasferimenti, nell’ambito di una catena di distribuzione che si estende sul territorio di più Stati membri, prima del suo riscatto da parte del consumatore finale, si pone la questione se il corrispettivo percepito in occasione di ciascun trasferimento di tale buono tra soggetti passivi debba essere assoggettato all’IVA in quanto corrispettivo di un servizio distinto dalla presentazione di detto buono in cambio dei beni o dei servizi.

60      A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 30 ter, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, quando il buono multiuso è trasferito da un soggetto passivo diverso da quello che effettua la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi al consumatore finale, qualsiasi prestazione di servizi che possa essere identificata, quali servizi di distribuzione o di promozione, è soggetta all’IVA.

61      Peraltro, secondo l’articolo 73 bis di tale direttiva, «la base imponibile (...) della prestazione di servizi effettuat[a] a fronte di un buono multiuso è pari al corrispettivo versato per il buono o, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell’importo dell’IVA relativo (...) ai servizi prestati».

62      L’articolo 30 ter, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 73 bis della stessa, mira quindi segnatamente ad evitare la mancata tassazione di servizi di distribuzione o di promozione, conformemente agli obiettivi della direttiva IVA, garantendo che l’IVA sia riscossa su qualsiasi margine di profitto (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Ćapeta nella causa DSAB Destination Stockholm, C‑637/20, EU:C:2022:131, paragrafi da 71 a 75).

63      Ne consegue che, per quanto riguarda le X-Cards, a condizione che tali strumenti siano qualificati come «buoni multiuso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 3, della direttiva IVA, non si può escludere che, al momento della rivendita di tali buoni, la M-GbR possa effettuare una prestazione di servizi distinta, come una prestazione di servizi di distribuzione o promozione a favore del soggetto passivo che, come corrispettivo dei buoni, fornisce concretamente contenuti digitali al consumatore finale. Spetta al giudice del rinvio verificare se, alla luce di tutte le circostanze del procedimento principale, le operazioni della M‑GbR debbano essere qualificate come tali ai fini dell’IVA.

64      Tale interpretazione delle disposizioni della direttiva IVA non è in contrasto con la sentenza del 3 maggio 2012, Lebara (C‑520/10, EU:C:2012:264), alla quale fa riferimento il giudice del rinvio, la quale verteva sul trattamento fiscale di carte prepagate di servizi di telecomunicazioni e la cui soluzione non è pertinente ai fini della risposta da dare alla presente questione. Infatti, come risulta in particolare dal punto 28 di tale sentenza, la portata di detta sentenza è chiaramente circoscritta alla situazione oggetto di tale causa, per giunta anteriore alle disposizioni della direttiva IVA inserite dalla direttiva 2016/1065, che riguardava servizi e un’IVA già identificati al momento dell’emissione di dette carte prepagate. Pertanto, la medesima sentenza verte su strumenti che occorre ormai qualificare come «buoni monouso», conformemente alle attuali disposizioni della direttiva IVA.

65      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 30 ter, paragrafo 2, della direttiva IVA dev’essere interpretato nel senso che la rivendita da parte di un soggetto passivo di «buoni multiuso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 3, di tale direttiva, può essere assoggettata all’IVA, a condizione che essa sia qualificata come prestazione di servizi a favore del soggetto passivo che effettua, come corrispettivo di detti buoni, la consegna fisica dei beni o fornisce concretamente i servizi al consumatore finale.

 Sulle spese

66      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 30 bis e l’articolo 30 ter, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017,

devono essere interpretati nel senso che:

la qualificazione di un buono come «buono monouso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva 2006/112, come modificata, dipende unicamente dalle condizioni previste da tale disposizione, che comprendono quella secondo la quale il luogo della prestazione di servizi destinata a consumatori finali, alla quale tale buono si riferisce, dev’essere noto al momento dell’emissione di detto buono, e ciò indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo sia oggetto di trasferimenti tra soggetti passivi che agiscono in nome proprio e sono stabiliti nel territorio di Stati membri diversi da quello in cui si trovano tali consumatori finali.

2)      L’articolo 30 ter, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2017/2455,

dev’essere interpretato nel senso che:

la rivendita da parte di un soggetto passivo di «buoni multiuso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 3, della direttiva 2006/112, come modificata, può essere assoggettata all’imposta sul valore aggiunto, a condizione che essa sia qualificata come prestazione di servizi a favore del soggetto passivo che effettua, come corrispettivo di detti buoni, la consegna fisica dei beni o fornisce concretamente i servizi al consumatore finale.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.