Language of document : ECLI:EU:T:2003:181

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

2 luglio 2003 (1)

«Ricorso per risarcimento danni - Organizzazione comune dei mercati - Banane - Regime d'importazione - Imprese dell'ex RDT»

Nella causa T-99/98,

Hameico Stuttgart GmbH, già A & B Fruchthandel GmbH, con sede in Stoccarda (Germania),

Amhof Frucht GmbH, con sede in Schwabhausen (Germania),

Hameico Dortmund GmbH, già Dessau-Bremer Frucht GmbH, con sede in Dortmund (Germania),

Hameico Fruchthandelsgesellschaft mbH, già Bremen-Rostocker-Frucht GmbH, con sede in Rostock (Germania),

Leipzig-Bremer Frucht GmbH, con sede in Lipsia (Germania),

rappresentate dall'avv. G. Schohe, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentato dai sigg. J.-P. Hix e A. Tanca, in qualità di agenti,

e

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. K.-D. Borchardt, in qualità di agente, assistito dal Pr A. von Bogdandy, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuti,

sostenuti da

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni che le ricorrenti avrebbero subito a causa dell'applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1) e del regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442, recante modalità d'applicazione del regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 142, pag. 6),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, N.J. Forwood e H. Legal, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 20 febbraio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti e contesto normativo della controversia

1.
    La presente controversia si iscrive nell'ambito del contenzioso tra la Repubblica federale di Germania nonché diverse società del gruppo Atlanta, da un lato ed il Consiglio e la Commissione, dall'altro, in seguito all'entrata in vigore del regolamento (CEE) del Consiglio 13 febbraio 1993, n. 404, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1).

2.
    Tale contenzioso è all'origine, segnatamente, delle sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio (Racc. pag. I-4973); 9 novembre 1995, causa C-466/93, Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (II) (Racc. pag. I-3799), e 26 novembre 1996, causa C-68/95, T. Port (Racc. pag. I-6065), nonché della sentenza del Tribunale 11 dicembre 1996, causa T-521/93, Atlanta e a./CE (Racc. pag. II-1707; in prosieguo: la «sentenza Atlanta del Tribunale») e, in seguito a ricorso avverso tale pronuncia del Tribunale di primo grado, della sentenza della Corte 14 ottobre 1999, causa C-104/97 P, Atlanta/Comunità europea (Racc. pag. I-6983; in prosieguo: la «sentenza Atlanta della Corte»).

3.
    I fatti ed il contesto normativo della presente controversia sono esposti nei tratti essenziali in tali sentenze e segnatamente nella sentenza Atlanta del Tribunale cui si fa quindi rinvio.

4.
    Ai fini della presente sentenza è sufficiente ricordare che il regolamento n. 404/93 ha istituito un sistema comune d'importazione delle banane che si è sostituito ai vari regimi nazionali. Per assicurare una soddisfacente commercializzazione delle banane raccolte nella Comunità, nonché delle banane originarie degli Stati d'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e degli altri paesi terzi, l'art. 18, n. 1, del regolamento n. 404/93 prevede l'apertura di un contingente tariffario annuale per le importazioni di «banane paesi terzi» e di «banane non tradizionali ACP». L'art. 19, n. 1, dispone che tale contingente tariffario è aperto secondo la seguente ripartizione: il 66,5% per la categoria degli operatori che hanno commercializzato banane di paesi terzi e/o banane ACP non tradizionali (operatori della categoria A), il 30% per la categoria degli operatori che hanno commercializzato banane comunitarie e/o ACP tradizionali (operatori della categoria B) e il 3,5% per la categoria degli operatori stabiliti nella Comunità che hanno iniziato, a decorrere dal 1992, a commercializzare banane diverse dalle banane comunitarie e/o dalle banane ACP tradizionali (operatori della categoria C). Ogni operatore della categoria A riceve certificati di importazione in funzione dei quantitativi medi di banane che ha venduto negli ultimi tre anni per i quali sono disponibili dati statistici. Gli anni 1989-1991 sono stati considerati come primo periodo di riferimento ai fini del rilascio dei certificati di importazione per il secondo semestre del 1993.

5.
    La Commissione è stata autorizzata a stabilire criteri complementari. Secondo il quindicesimo considerando del regolamento n. 404/93 essa era tenuta a seguire il principio del rilascio dei certificati alle persone che si sono assunte il rischio commerciale della commercializzazione delle banane nonché l'esigenza di evitare di perturbare le normali relazioni commerciali tra le persone che rappresentano i diversi anelli della catena della commercializzazione. Siffatti criteri complementari sono stati adottati col regolamento (CEE) della Commissione 10 giugno 1993, n. 1442, recante modalità d'applicazione del regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 142, pag. 6), abrogato dal regolamento (CE) della Commissione 28 ottobre 1998, n. 2362, recante modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime d'importazione delle banane nella Comunità (GU L 293, pag. 32). Secondo tali criteri si sono considerati quali operatori della categoria A gli agenti economici stabiliti nella Comunità i quali hanno realizzato durante il periodo di riferimento una o più delle seguenti attività: hanno acquistato presso produttori banane verdi originarie di paesi terzi e/o di paesi ACP oppure, se del caso, hanno prodotto e quindi spedito e venduto tali prodotti nella Comunità; hanno rifornito di banane verdi il mercato della Comunità o fatto maturare in quanto proprietari banane verdi e le hanno immesse sul mercato della Comunità.

6.
    Il ventiduesimo ‘considerando’ del regolamento n. 404/93 è redatto nei seguenti termini:

«[C]onsiderando che la sostituzione dei diversi regimi nazionali con l'organizzazione comune dei mercati di cui al presente regolamento potrebbe determinare, all'entrata in vigore dello stesso, un rischio di perturbazione del mercato interno; che occorre quindi, dal 1° luglio 1993, lasciare alla Commissione la facoltà di adottare le misure transitorie necessarie per ovviare alle difficoltà di applicazione del nuovo regime».

7.
    L'art. 30 del regolamento n. 404/93 prevede:

«Se provvedimenti specifici appaiono necessari a decorrere dal luglio 1993 per agevolare il passaggio dal regime vigente prima dell'entrata in vigore del presente regolamento a quello introdotto con il presente regolamento, e soprattutto per superare particolari difficoltà, la Commissione adotta (...) le misure transitorie stimate opportune».

Fatti e procedimento

8.
    Le ricorrenti, che appartengono al gruppo Atlanta, sono operatori la cui attività consiste nell'importazione di banane paesi terzi nella Comunità. Esse sono state fondate e/o stabilite sul territorio dell'ex Repubblica democratica tedesca (RDT) nel corso del primo periodo di riferimento previsto dal regolamento n. 404/93, cioè tra il 1998 ed il 1991.

9.
    Con atto depositato in cancelleria il 30 giugno 1998, le richiedenti hanno proposto il presente ricorso inteso ad ottenere il risarcimento del danno loro causato dall'istituzione dell'organizzazione comune dei mercati (in prosieguo: l'«OCM»).

10.
    Con ordinanza 3 dicembre 1998 il Tribunale (Seconda Sezione) ha ordinato la sospensione del procedimento sino alla pronuncia della sentenza della Corte che statuisce, nel procedimento C-104/97 P, sul ricorso proposto avverso la sentenza Atlanta del Tribunale dalla società Atlanta AG, holding intermediaria del gruppo Atlanta e da altri importatori di banane paesi terzi. Il Tribunale ha motivato la sospensione, in sostanza, col fatto che il danno asserito ed i motivi invocati nella presente fattispecie e quelli invocati nel procedimento C-104/97 P erano per l'essenziale identici o simili di modo che la sentenza della Corte doveva permettere di stabilire il contesto normativo della presente causa e rivestiva pertanto carattere preliminare rispetto al presente procedimento dinanzi al Tribunale.

11.
    La sentenza Atlanta della Corte ha respinto il ricorso proposto avverso la sentenza Atlanta del Tribunale. In tale sentenza la Corte ha dichiarato infondati i motivi fondati sulla violazione dei diritti della difesa, dei principi di non discriminazione e di libero esercizio di un'attività economica, nonché del principio della tutela del legittimo affidamento del pari invocati dalla ricorrente nel presente caso di specie.

12.
    In seguito a tale sentenza si è posto termine alla sospensione del procedimento ed è quindi ripresa la fase scritta dinanzi alla Prima Sezione del Tribunale cui nel frattempo il giudice relatore era stato assegnato.

13.
    Con ordinanza della Prima Sezione del Tribunale 31 gennaio 2000, il Regno di Spagna è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni dei convenuti.

14.
    Sia le parti principali sia l'interveniente sono state invitate a presentare le loro osservazioni, rispettivamente nella replica, controreplica e memoria d'intervento, sulle eventuali conseguenze che dovevano essere tratte nella presente controversia dalla sentenza Atlanta della Corte.

15.
    La fase scritta è stata chiusa il 17 agosto 2000.

16.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso, da un lato, di passare alla fase orale e, dall'altro, di invitare le ricorrenti ed i convenuti a produrre taluni documenti e/o a rispondere a taluni quesiti scritti. Tali domande sono state soddisfatte nel termine impartito. Ad eccezione del Regno di Spagna, scusato, le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle loro rispose ai quesiti posti dal Tribunale all'udienza del 20 febbraio 2002.

Conclusioni delle parti

17.
    Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia con sentenza interlocutoria:

-    dichiarare che i convenuti sono tenuti a risarcire il danno che esse hanno subito o continuano a subire a causa dell'applicazione del regolamento n. 404/93 e, segnatamente, dei suoi artt. 17-19 e 21, n. 2, nonché a causa dell'applicazione del regolamento n. 1442/93;

-    ingiungere alle parti di comunicare, entro un termine fissato dal Tribunale, gli importi da versare su cui esse si siano accordate o, qualora un accordo non potesse essere raggiunto, di presentare al Tribunale, entro il medesimo termine, le loro domande quantificate;

-    riservare ogni decisione sulle spese.

18.
    Il Consiglio e la Commissione, sostenuti dal Regno di Spagna, chiedono che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare le ricorrenti alle spese.

Sulla ricevibilità

19.
    Senza sollevare formalmente un'eccezione di irricevibilità con atto separato sul fondamento dell'art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale, i convenuti sostengono che il ricorso è irricevibile sotto un duplice profilo.

20.
    In primo luogo i convenuti fanno valere che, in assenza di un'esposizione dei fatti sufficientemente corroborata da elementi probatori, sono impediti dall'esercitare validamente i loro diritti della difesa. Essi rinviano in proposito all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura e sottolineano che, secondo la giurisprudenza (sentenza della Corte 28 aprile 1971, causa 4/69, Lütticke/Commissione, Racc. pag. 325, punto 3), l'atto introduttivo deve contenere tutti i dati necessari per stabilire con certezza quali siano l'oggetto della controversia e la portata giuridica dei mezzi dedotti a sostegno delle conclusioni nonché un'esposizione delle circostanze di fatto che, nell'ambito della controversia, permettono di giudicare se siano riunite le condizioni di applicazione di una disposizione del diritto comunitario. La Commissione si riferisce inoltre all'obbligo che sarebbe posto a carico della ricorrente di presentare prove concludenti (sentenza della Corte 15 giugno 1976, causa 74/74, CNTA/Commissione, Racc. pag. 797, punti 12 e segg.; sentenze del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-168/94, Blackspur e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2627, punti 38 e segg., e 29 gennaio 1998, causa T-113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-125, punto 30).

21.
    Nel caso di specie l'atto introduttivo non risponderebbe a tali esigenze dal momento che non permette di determinare se le ricorrenti abbiano subito un qualsivoglia pregiudizio né di stabilire il nesso di causalità tra il comportamento illegittimo addebitato alle istituzioni e l'asserito danno.

22.
    La Commissione aggiunge che il ricorso si riferisce quasi esclusivamente all'adozione del regolamento n. 404/93 senza che le ricorrenti si impegnino nel dimostrare per quale aspetto avrebbe commesso essa stessa un illecito autonomo e causato un danno autonomo adottando il regolamento n. 1442/93.

23.
    In secondo luogo la Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile e va definito un abuso di procedura dal momento che le ricorrenti non hanno fatto uso delle preesistenti possibilità di ricorso e, più particolarmente, del loro diritto di invocare l'art. 30 del regolamento n. 404/93 per ottenere l'eliminazione di un caso di difficoltà estrema. La Commissione considera infatti che tale disposizione è applicabile in circostanze come quelle di cui si avvalgono le ricorrenti.

24.
    In risposta al primo motivo di irricevibilità le ricorrenti sostengono che l'atto introduttivo soddisfa i presupposti di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

25.
    In risposta al secondo motivo d'irricevibilità le ricorrenti fanno valere, da un lato, che la ricevibilità del ricorso per risarcimento danni, che è stato istituito dal Trattato come mezzo di ricorso autonomo, non potrebbe essere limitata da una disposizione di diritto derivato, come l'art. 30 del regolamento n. 404/93 e, dall'altro, che l'indennizzo ch'esse cercano di ottenere col presente ricorso non rientra, secondo la giurisprudenza, nelle misure che la Commissione può adottare a norma dell'art. 30 del regolamento n. 404/93.

Giudizio del Tribunale

26.
    Ai sensi dell'art. 21 dello Statuto (CE) della Corte, che si applica al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell'art. 53, primo comma, dello stesso Statuto, e ai sensi dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, l'istanza deve, tra l'altro, contenere l'oggetto della controversia ed un'esposizione sommaria dei motivi invocati. Per soddisfare tali requisiti, un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento dei danni che si asseriscono causati da un'istituzione comunitaria deve contenere gli elementi che consentono di individuare il comportamento che la ricorrente addebita all'istituzione, le ragioni per cui essa ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento ed il danno che afferma di aver subito nonché la natura e l'entità di tale danno. Per contro una domanda intesa ad ottenere un risarcimento qualunque manca della precisione necessaria e deve, di conseguenza, essere considerata irricevibile (v. sentenza della Corte 2 dicembre 1971, causa 5/71, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 9; sentenze del Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367, punto 73, e 8 giugno 2000, cause riunite T-79/96, T-260/97 e T-117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio, Racc. pag. II-2193, punto 181).

27.
    Nel caso di specie l'istanza contiene gli elementi che permettono di individuare il comportamento addebitato alle istituzioni (v. punti 43-45 della presente sentenza), la natura ed il carattere del danno asserito (v. punti 49-55 della presente sentenza) e le ragioni per cui le ricorrenti ritengono che esiste un nesso di causalità tra tale comportamento e il danno in questione.

28.
    E' vero che l'istanza non contiene alcuna stima dell'entità del danno, poiché le ricorrenti si limitano in tale fase a chiedere al Tribunale di emettere una pronuncia interlocutoria che dichiari la responsabilità in linea di principio della Comunità.

29.
    E' anche vero che le ricorrenti non producono alcuna prova concludente nel senso che esse avrebbero personalmente subito un danno qualsiasi direttamente connesso all'entrata in vigore dell'OCM (v. punti 68 e segg. della presente sentenza).

30.
    Tuttavia le obiezioni sollevate in proposito dai convenuti, segnatamente in quanto si riferiscono all'entità o alla prova del danno , rientrano in realtà nella valutazione del merito della domanda di risarcimento e non della sua ricevibilità.

31.
    Così dicasi anche dell'argomento della Commissione secondo cui le ricorrenti non si sarebbero impegnate nel dimostrare per quale aspetto avrebbe commesso essa stessa un illecito autonomo e causato un danno autonomo adottando il regolamento n. 1442/93. Le ricorrenti fanno giustamente osservare in proposito che il loro ricorso concerne il regime di importazione dell'OCM, quale figura in pari tempo nel regolamento n. 404/93 e nel regolamento n. 1442/93.

32.
    Del resto la giurisprudenza invocata dalla Commissione non sostiene affatto la sua tesi secondo cui l'assenza di prove concludenti dovrebbe implicare l'irricevibilità del ricorso. Nella citata sentenza CNTA/Commissione (punto 17) la Corte ha respinto il ricorso come infondato e non in quanto irricevibile per il motivo che il ricorrente non aveva provato di aver subito una perdita di cui la Commissione sarebbe tenuta a risarcirlo. Parimenti, nella citata sentenza Blackspur e a./Consiglio e Commissione (punto 50), il Tribunale ha dichiarato infondato il ricorso della Blackspur ritenendo che non era necessario pronunciarsi in merito alla sua ricevibilità «data la mancanza palese di un nesso di causalità, dimostrato dai ricorrenti, tra l'asserito danno e l'asserito comportamento illecito delle istituzioni comunitarie». Quanto alla citata sentenza Dubois e Fils/Consiglio e Commissione (punti 30 e 31), il Tribunale vi ha semplicemente rilevato che il ricorso rispondeva nel caso di specie ai requisiti minimi dell'art. 44 del regolamento di procedura.

33.
    Peraltro la presentazione del ricorso ha manifestamente permesso alle istituzioni di preparare la loro difesa e di formulare tutte le osservazioni da esse ritenute pertinenti circa il merito del ricorso.

34.
    Nelle circostanze della fattispecie vengono quindi soddisfatti i requisiti di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, talché il primo motivo di irricevibilità va respinto.

35.
    Col secondo motivo d'irricevibilità la Commissione afferma in sostanza che un ricorso per risarcimento danni costituisce un abuso di procedura e dev'essere quindi dichiarato irricevibile quando il danno asserito avrebbe potuto essere evitato o risarcito utilizzando un altro mezzo di ricorso previsto dalla normativa comunitaria applicabile.

36.
    All'occorrenza l'art. 30 del regolamento n. 404/93, come interpretato dalla Corte nella citata sentenza T. Port (punto 43), costituirebbe un mezzo di ricorso siffatto, idoneo a garantire in maniera efficace la tutela dei diritti delle ricorrenti.

37.
    Una tesi siffatta non può in linea di principio essere accolta in quanto gli artt. 178 e 215 del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 235 CE e 288 CE) non subordinano la ricevibilità del ricorso per risarcimento danni ad alcuna sorta di condizione di previo esaurimento degli altri mezzi di ricorso previsti dal Trattato o dei procedimenti definiti dal diritto comunitario derivato.

38.
    Così, nel caso di specie, pur supponendo che le ricorrenti avessero avuto il diritto di sollecitare un intervento della Commissione ai sensi dell'art. 30 del regolamento n. 404/93, come sostiene tale istituzione, tale circostanza non implicherebbe di per sé stessa l'irricevibilità del presente ricorso per risarcimento danni per il solo motivo che le interessate hanno omesso di avvalersi del procedimento in questione.

39.
    All'occorrenza si dovrebbe piuttosto prendere in considerazione un'omissione siffatta da parte delle ricorrenti nella fase dell'esame nel merito, in occasione della valutazione dell'esistenza di un illecito o del nesso di causalità tra l'illecito invocato ed il danno asserito. Infatti, come afferma la Commissione, l'OCM prevede, all'art. 30 del regolamento n. 404/93, un meccanismo idoneo a prevenire danni del tipo di quelli asseriti dalle ricorrenti o a rimediare ai medesimi. Tale elemento andrebbe ritenuto pertinente al fine di valutare se l'OCM violi i diritti fondamentali delle ricorrenti e, quanto meno, se il danno che le stesse affermano di aver subito sia causato dalla presunta violazione di cui trattasi.

40.
    Occorre quindi respingere anche il secondo motivo d'irricevibilità.

41.
    Ne consegue che il ricorso è ricevibile.

Nel merito

Argomenti delle parti

42.
    Le ricorrenti fanno valere la responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del Trattato.

43.
    In via principale esse invocano l'illegittimità del regime di importazione di banane istituito dall'OCM.

44.
    Al riguardo è pacifico tra le parti che, secondo la giurisprudenza, la responsabilità della Comunità per atti illeciti può sorgere solo in presenza della violazione di una norma preordinata a conferire diritti ai singoli. Esse riconoscono anche che, se l'istituzione ha adottato l'atto nell'esercizio di un ampio potere discrezionale, il sorgere della responsabilità della Comunità esige inoltre che la violazione sia sufficientemente caratterizzata, cioè che abbia un carattere manifesto e grave (sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil, Racc. pag. I-5291, punti 40-43). Le ricorrenti ritengono che tali condizioni vengono soddisfatte nella fattispecie. I convenuti e l'interveniente lo contestano.

45.
    Le ricorrenti fanno valere più in particolare la violazione dei diritti della difesa dato che agli operatori in parola non sarebbe stata accordata la possibilità di essere sentiti dalla Commissione durante il procedimento di adozione del regolamento n. 404/93, nonché la mancata presa in considerazione dei principi di non discriminazione, di tutela del legittimo affidamento e di libero esercizio di un'attività economica. Esse invocano peraltro l'inosservanza da parte della Comunità della decisione 27 settembre 1997 (European Communities - Regime for the importation, sale and distribution of bananas, WT DS27/AB/R) con cui l'organo di risoluzione delle controversie (Dispute settlement body) dell'Organizzazione mondiale del commercio avrebbe constatato l'incompatibilità di talune disposizioni fondamentali dell'OCM, e segnatamente del sistema delle licenze, con le disposizioni dell'accordo generale sulle tariffe doganali ed il commercio del 1994 e dell'accordo generale sul commercio dei servizi.

46.
    Le ricorrenti, invitate a presentare le loro eventuali osservazioni sulle conseguenze che vanno desunte, nella presente causa, dalla sentenza Atlanta della Corte, hanno precisato nella replica che mantenevano tutti i motivi proposti nel ricorso, ma che si concentravano, da un lato, sull'asserita violazione dei diritti fondamentali degli operatori economici stabiliti nel territorio dell'ex RDT (in prosieguo: gli «operatori RDT») in quanto «gruppo caratterizzato», distinto dalla generalità degli operatori della categoria A e, dall'altro, sulla presunta inosservanza della decisione dell'organo di risoluzione delle controversie, in quanto tali due questioni non sarebbero state ancora esaminate dalla giurisprudenza.

47.
    In subordine le ricorrenti intendono fondare il loro ricorso sulla responsabilità oggettiva o in assenza di colpa della Comunità per «sacrificio speciale» («Sonderopfer») o «rottura dell'uguaglianza dinanzi agli oneri pubblici».

48.
    I convenuti e l'interveniente ritengono che nel caso di specie non sono riuniti i presupposti di una responsabilità siffatta, dato che tale principio dovrebbe essere ammesso in diritto comunitario, il che viene contestato dal Consiglio e dal Regno di Spagna.

49.
    Trattandosi del danno di cui si sollecita il risarcimento, le ricorrenti fanno valere due distinti tipi di danno.

50.
    In primo luogo esse fanno valere che l'entrata in vigore dell'OCM, il 1° luglio 1993, ha improvvisamente privato gli operatori della categoria stabiliti nella Comunità, ivi comprese le filiali del gruppo Atlanta titolari di licenze di importazione, di oltre il 50% delle quote di banane paesi terzi che avevano potuto importare prima di tale data.

51.
    Il gruppo Atlanta, cui appartengono le ricorrenti, avrebbe quindi perduto, nel corso del primo anno successivo all'entrata in vigore dell'OCM, il 73,73% delle quote di banane paesi terzi che aveva potuto importare, come media annua, nel corso degli anni di riferimento 1989-1991. Tale perdita si sarebbe riprodotta, in seguito all'«effetto spirale» prodotto dal gioco dei riferimenti quantitativi, nel corso dei periodi di aggiudicazione successivi.

52.
    Tali perdite non avrebbero potuto essere compensate dall'acquisto di banane comunitarie o ACP, contrariamente alle attese formulate dalla Corte al punto 83 della citata sentenza Germania/Consiglio, dato che gli operatori della categoria B hanno mantenuto, grazie ai contratti di esclusività che li vincolano ai produttori, il rispettivo monopolio di commercializzazione di tali banane e che non vi è stata pertanto alcuna integrazione dei mercati. Peraltro l'importazione di banane paesi terzi al di fuori del contingente tariffario sarebbe soggetta a un dazio doganale proibitivo (v. art. 18 del regolamento n. 404/93).

53.
    Il gruppo Atlanta sarebbe stato quindi costretto a chiudere undici delle sue 44 imprese nel corso del secondo semestre 1993 ed a licenziare 700 dei suoi 2 300 dipendenti. Per ridurre le perdite e coprire i costi fissi, esso sarebbe costretto ad acquistare presso operatori della categoria B, ad un prezzo oscillante tra USD 4 e USD 6 per cassa di banane di 18,6 kg, licenze di importazione di banane paesi terzi che tali operatori non possono utilizzare.

54.
    Il secondo danno subito dalle ricorrenti dipenderebbe dal fatto che queste ultime, in quanto operatori RDT, non hanno potuto stabilire il loro primo riferimento quantitativo, ai sensi del regolamento n. 404/93, durante il periodo totale di tre anni dal 1989 al 1991, ma unicamente dal 3 ottobre 1990 - data della riunificazione tedesca allorché il territorio in questione è divenuto parte integrante della Comunità - al 31 dicembre 1991.

55.
    Le ricorrenti producono al riguardo, in allegato al ricorso, tabelle relative ai riferimenti quantitativi che hanno potuto stabilire nel corso di tale periodo, sulla base delle informazioni comunicate dal gruppo Atlanta al Bundesamt für Ernährung und Forstwirtschaft il 21 giugno 1993. Non vi sarebbe menzionato alcun quantitativo nelle comunicazioni per il 1989 ed il 1990 dato che, secondo le ricorrenti, il periodo di riferimento per gli operatori RDT non ha potuto iniziare prima del 3 ottobre 1990.

56.
    Nella misura in cui il Consiglio e la Commissione deplorano l'assenza di qualsiasi stima o precisazione del danno fatto valere, le ricorrenti sottolineano che si limitano, in tale fase, a chiedere la declaratoria di principio, con una sentenza interlocutoria, dell'obbligo di risarcimento incombente alla Comunità. Nell'ambito di una sentenza che accogliesse tale domanda, le parti dovrebbero cercare di stabilire l'importo dell'indennizzo attraverso una trattativa. Il Tribunale dovrebbe esaminare la questione dell'importo del danno e quella del nesso di causalità soltanto in caso di insuccesso di tali trattative. A sostegno di un siffatto approccio, che dal loro punto di vista si giustifica con considerazioni di economia processuale, le ricorrenti invocano le sentenze della Corte 28 marzo 1979, causa 90/78, Granaria/Consiglio e Commissione (Racc. pag. 1081, punto 6), e 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e a./Consiglio e Commissione (Racc. pag. I-3061, punti 37 e 38).

57.
    I convenuti e l'interveniente fanno essenzialmente valere che, nel caso di specie, le ricorrenti non forniscono la minima prova dell'effettività e dell'entità del danno assertivamente subito in ragione dell'entrata in vigore dell'OCM.

58.
    All'argomento delle ricorrenti secondo cui la loro domanda, nella presente fase, è diretta soltanto a far constatare in via di principio la responsabilità della Comunità, i convenuti ribattono che è possibile procedere ad una constatazione siffatta, con sentenza interlocutoria, solo qualora le ricorrenti dimostrino di soddisfare tutte le condizioni che conferiscono il diritto al risarcimento, fermo restando che non è sufficiente l'asserzione di un danno e di un nesso di causalità ipotetici.

Giudizio del Tribunale

59.
    Secondo una costante giurisprudenza, la sussistenza della responsabilità extracontrattuale per effetto di un atto illecito della Comunità presuppone che ricorra un insieme di condizioni per quanto riguarda l'illegittimità del comportamento di cui si fa carico alle istituzioni comunitarie, l'effettività del danno assertivamente subito e l'esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento e il danno lamentato (v. sentenza della Corte 17 maggio 1990, causa C-87/89, Sonito e a./Commissione, Racc. pag. I-1981, punto 16, e sentenza del Tribunale 29 ottobre 1998, causa T-13/96, TEAM/Commissione, Racc. pag. II-4073, punto 68).

60.
    Peraltro, nell'ipotesi di ammissione in diritto comunitario del principio della responsabilità della Comunità conseguente a un atto lecito, quest'ultima può essere, in ogni caso, ritenuta responsabile solo se tre condizioni, ossia l'effettività del danno assertivamente subito, l'esistenza del nesso di causalità tra esso e l'atto addebitato alle istituzioni comunitarie nonché il carattere anormale e speciale di tale danno, sono soddisfatte tutte insieme (sentenza della Corte 15 giugno 2000, causa C-237/98 P, Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-4549, punti 17-19).

61.
    Va quindi prioritariamente esaminata la condizione relativa all'effettività del danno che le ricorrenti avrebbero subito e, successivamente, quella relativa al nesso di causalità che alla prima è strettamente connesso.

62.
    In proposito occorre sottolineare di primo acchito che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la mera asserzione di un qualsiasi danno non soddisfa i presupposti fissati dalla giurisprudenza affinché possa essere presa in considerazione, attraverso una sentenza interlocutoria, la responsabilità della Comunità.

63.
    E' vero che l'art. 215 del Trattato non vieta di chiedere al giudice comunitario di far dichiarare la responsabilità per un danno imminente e prevedibile con sufficiente certezza, anche se il danno non è ancora esattamente determinabile. In effetti può essere necessario, onde evitare danni maggiori, adire il giudice non appena è certa la causa del pregiudizio (sentenza della Corte 2 giugno 1976, cause da 56/74 a 60/74, Kampffmeyer e a./Commissione e Consiglio, Racc. pag. 711, punto 6). Perché ciò accada, occorre però che la parte lesa indichi gli elementi che consentono di prevedere l'entità del danno lamentato con sufficiente certezza (sentenza del Tribunale 8 giugno 2000, cause riunite T-79/96, T-260/97 e T-117/98, Camar e Tico/Commissione e Consiglio, Racc. pag. II-2193, punto 195).

64.
    Nel caso di specie, tuttavia, il danno il cui risarcimento è chiesto dalle ricorrenti non è imminente e nemmeno futuro, ma consiste essenzialmente in perdite che sarebbero state subite ancor prima della presentazione del ricorso. La giurisprudenza di cui al punto precedente non è quindi pertinente.

65.
    Nella citata sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione la Corte ha effettivamente statuito (ai punti 23 e segg.) sull'esistenza di un danno e di un nesso di causalità, omettendo di pronunciarsi soltanto sulla questione dell'importo del danno.

66.
    Nella citata sentenza Granaria/Consiglio e Commissione (punto 5) la Corte ha peraltro sottolineato che un atto introduttivo con cui il ricorrente si limiti ad affermare di aver subito un pregiudizio pecuniario a causa della disciplina in questione, riservandosi tuttavia di precisarne la portata in un secondo tempo, non può, di regola, soddisfare le condizioni poste dal regolamento di procedura circa l'indicazione dell'oggetto della controversia ed i motivi dedotti. Soltanto alla luce delle particolari circostanze della fattispecie in cui il problema del fondamento giuridico della responsabilità della Comunità pareva prestarsi in modo particolarmente agevole a venir risolto in una prima fase del procedimento, la Corte ha ritenuto per considerazioni di economia processuale che l'atto introduttivo della Granaria poteva «a rigore» esser considerato sufficiente e quindi ricevibile riservando ad un'eventuale fase successiva l'esame dei punti relativi alla causalità, nonché alla natura ed alla portata del danno (v. punti 4-6 della sentenza). Occorre inoltre rilevare che, in tale causa, la mancata indicazione del preciso ammontare del danno dipendeva dal fatto che le istituzioni convenute non avevano fissato l'importo delle restituzioni che la ricorrente riteneva le spettassero (v. conclusioni dell'avvocato generale M. Capotorti nella citata sentenza, Racc. pag. 1094, punto 3).

67.
    Nessuna particolare circostanza o considerazione di siffatta natura giustifica, nel caso di specie, una deroga al principio secondo cui si può ritenere sorga la responsabilità della Comunità soltanto se la ricorrente abbia effettivamente subito un danno «reale e certo» ai sensi della pertinente giurisprudenza (sentenze della Corte 27 gennaio 1982, cause riunite 256/80, 257/80, 265/80 e 5/81, Birra Würer e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 85, punto 9, e 27 gennaio 1982, causa 51/81, De Franceschi/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 117, punto 9; sentenze del Tribunale 16 gennaio 1996, causa T-108/94, Candiotte/Consiglio, Racc. pag. II-87, punto 54; 12 dicembre 1996, causa T-99/95, Stott/Commissione, Racc. pag. II-2227, punto 72, e 11 luglio 1997, causa T-267/94, Racc. pag. II-1239, punto 74). Spetta al ricorrente fornire elementi di prova al giudice comunitario al fine di provare la realtà e l'entità di un danno siffatto (sentenza della Corte 21 maggio 1976, causa 26/74, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. 677, punti 22-24; sentenze del Tribunale 9 gennaio 1996, causa T-575/93, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 97, e 28 aprile 1998, causa T-184/95, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-667, punto 60).

68.
    Nel caso di specie le ricorrenti si sono limitate, nell'atto introduttivo, a far valere in termini generali, asseriti licenziamenti, chiusure di imprese e perdite finanziarie subite dal gruppo Atlanta, senza fornire la minima indicazione circa la natura e la portata del danno che ritengono aver personalmente subito.

69.
    Poiché il ricorso è stato presentato da singole imprese e non già dal gruppo Atlanta, tali informazioni non permettono di constatare che le ricorrenti in quanto tali hanno effettivamente subito un danno.

70.
    Quanto al rinvio operato dalle ricorrenti all'esposizione dei fatti presentata nella causa all'origine della sentenza Atlanta del Tribunale, esso non è pertinente per il fatto che le ricorrenti non ne erano parti.

71.
    D'altro canto gli allegati annessi al ricorso non contengono alcun elemento di prova a sostegno delle asserzioni delle ricorrenti. Essi non contengono, in particolare, alcuna indicazione utile su eventuali importazioni di banane paesi terzi effettuate dalle ricorrenti prima dell'entrata in vigore del regolamento n. 404/93. Al massimo i documenti relativi ai quantitativi dichiarati alle autorità nazionali competenti dalle ricorrenti per il periodo di riferimento 1990-1992 (allegato K2 del ricorso), completati da quelli relativi ai quantitativi dichiarati dalle medesime per il periodo di riferimento 1989-1991 (documenti presentati dalla Commissione all'udienza) permettono di constatare che:

-    la Hameico Stuttgart GmbH (ex A&B Fruchthandel GmbH) ha dichiarato aver importato 5 091 760 kg di banane paesi terzi nel 1991 e nessun quantitativo nel 1989, 1990 e 1992;

-    la Amhof Frucht GmbH ha dichiarato aver importato 3 798 463 kg di banane paesi terzi nel 1992 e nessun quantitativo nel 1989, 1990 e 1991;

-    la Hameico Dortmund GmbH (ex Dessau-Bremer Frucht GmbH) ha dichiarato aver importato 3 175 649 kg di banane paesi terzi nel 1991 e nessun quantitativo nel 1989, 1990 e 1992;

-    la Hameico Fruchthandelsgesellschaft mbH ha dichiarato aver importato 4 901 724 kg di banane paesi terzi nel 1991 e nessun quantitativo nel 1989, 1990 e 1992;

-    la Leipzig-Bremer Frucht GmbH ha dichiarato aver importato 11 903 757 kg di banane paesi terzi nel 1991 e nessun quantitativo nel 1989, 1990 e 1992.

72.
    Ciò si verifica ugualmente quanto alle spese assertivamente impegnate per l'acquisto di licenze d'importazione presso altri operatori della categoria B e rispetto alle quali le ricorrenti non si sono sforzate di dimostrare né la realtà, né il volume, né il costo.

73.
    Non emerge peraltro in maniera evidente dai documenti allegati al ricorso che le ricorrenti vadano considerate quali operatori RDT.

74.
    Benché non incomba al giudice comunitario di procedere all'istruzione d'ufficio del fascicolo al fine di supplire alle carenze delle parti in materia di istruzione della prova (ordinanza della Corte del 13 dicembre 2001, causa C-263/01 P, Giulietti/Commissione, non pubblicata nella Raccolta della giurisprudenza, punto 30), il Tribunale ha posto alle ricorrenti, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, un certo numero di quesiti scritti, in modo da permettere alle stesse di giustificare l'esistenza e l'entità del danno il cui risarcimento è chiesto alla Comunità nonché il nesso di causalità tra tale danno e le misure di cui trattasi.

75.
    Dalle risposte delle ricorrenti ai quesiti così posti dal Tribunale, lette alla luce dei documenti allegati al ricorso, emerge che:

-    nessuna delle ricorrenti può considerarsi essere il successore economico degli ex enti di Stato o imprese nazionalizzate cui l'economia pianificata e centralizzata dell'ex RDT attribuiva il monopolio dell'importazione e della maturazione delle banane ai sensi della sentenza del Tribunale 28 settembre 1999, causa T-612/97, Cordis/Commissione (Racc. pag. II-2771, punti 6 e 37);

-    la prima ricorrente è stata costituita a Brema (RFG) con atto 16 febbraio 1991 ed iscritto nel registro delle imprese di Brema il 12 marzo 1991; la sua sede sociale è stata trasferita da Brema a Dresda (ex RDT) con atto 5 novembre 1991, iscritto nel registro il 17 agosto 1992; essa ha iniziato la commercializzazione delle banane soltanto nel 1991;

-    la seconda ricorrente è stata costituita a Brema (RFG) con atto 9 agosto 1991 ed iscritto nel registro delle imprese di Brema il 3 settembre 1991; la sua sede sociale è stata trasferita da Brema a Dresda (ex RDT) con atto 25 novembre 1991, iscritto nel registro il 17 dicembre 1991; essa ha iniziato a commercializzare banane soltanto nel dicembre 1991;

-    la terza ricorrente è stata costituita a Dessau (ex RDT) con atto 14 giugno 1990 ed iscritta nel registro delle imprese il 29 giugno 1990; la sua sede sociale è stata in un primo tempo trasferita da Dessau a Brema (RFG) con decisione degli azionisti 19 settembre 1994, in un secondo tempo da Brema a Dortmund (RFG) con decisione degli azionisti 20 dicembre 1995, registrata nel registro delle imprese di Dortmund il 3 giugno 1996; essa avrebbe intrapreso attività che conferiscono il diritto a riferimenti quantitativi a partire dalla sua costituzione, cioè prima della riunificazione tedesca;

-    la quarta ricorrente è stata costituita a Brema (RFG) con atto 15 giugno 1990 ed iscritta nel registro delle imprese il 10 luglio 1990; la sua sede sociale è stata trasferita da Brema a Rostock (ex RDT) con atto 20 dicembre 1990, iscritto nel registro il 29 ottobre 1991; essa avrebbe commercializzato banane a Rostock sin dalla sua costituzione, cioè prima della riunificazione tedesca, in joint venture con la conglomerata di Stato OGS del distretto di Rostock; prima della fine del 1990, il partner della Germania est avrebbe lasciato la società che avrebbe quindi continuato da sola la commercializzazione delle banane;

-    la quinta ricorrente, con sede a Lipsia (ex RDT) è stata costituita con atto 21 giugno 1990, iscritto nel registro delle imprese il 13 settembre 1990.

76.
    Peraltro, in risposta all'invito a loro indirizzato dal Tribunale al fine di precisare e giustificare, col sostegno di qualsiasi documento probatorio, attività economiche concrete effettivamente svolte durante il periodo compreso tra il 1° gennaio 1989 ed il 2 ottobre 1990 che avrebbero loro consentito di ottenere l'attribuzione dei riferimenti quantitativi ai sensi dei regolamenti nn. 404/93 e 1442/93 se si fossero stabilite, durante tale periodo, nel territorio della Comunità, le ricorrenti si sono limitate a indicare:

-    che tale questione non si pone per la prima e la seconda delle ricorrenti, dato che queste ultime sono divenute persone giuridiche soltanto dopo la riunificazione tedesca;

-    che le tre ultime ricorrenti hanno svolto attività quali grossisti di frutta e «maturatori» di banane in diverse località dell'ex RDT e che, se esse si fossero stabilite nella Comunità prima del 3 ottobre 1990, è necessario supporre che avrebbero potuto far valere riferimenti quantitativi per il 1990.

77.
    Trattandosi delle condizioni relative alla prova del danno ed al nesso di causalità, occorre dunque concludere nel senso che:

-    le prime due ricorrenti sono state costituite dopo la riunificazione tedesca e non potrebbero quindi in alcun caso essere definite operatori di banane paesi terzi stabiliti nel territorio dell'ex RDT prima della riunificazione tedesca;

-    le altre ricorrenti si sono limitate ad affermare di avere svolto attività che conferiscono il diritto a riferimenti quantitativi, prima della riunificazione tedesca, senza fornirne la minima prova, a dispetto di una domanda del Tribunale;

-    per di più le ricorrenti, benché ivi siano state espressamente invitate dal Tribunale attraverso quesiti scritti nonché nel corso dell'udienza, non hanno fornito alcuna indicazione quantitativa circa l'esistenza, la natura e l'entità del danno che ognuna di loro avrebbe personalmente subito per effetto dell'entrata in vigore dell'OCM, segnatamente nella rispettiva qualità di operatore RDT.

78.
    Ne consegue che le ricorrenti non hanno provato di aver subito un qualsiasi danno in seguito all'istituzione dell'OCM, segnatamente nella loro qualità di operatori RDT.

79.
    Pertanto il ricorso va dichiarato in ogni caso infondato, senza che occorra pronunciarsi sulle altre condizioni che fanno sorgere la responsabilità della Comunità per effetto di un atto illecito e neppure sulle condizioni di un'eventuale responsabilità della Comunità per effetto di un atto lecito.

Sulle spese

80.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio e la Commissione ne hanno fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese. Il Regno di Spagna sopporterà tuttavia le proprie spese in base all'art. 87, n. 4, del regolamento di procedura, a norma del quale gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    Le ricorrenti sono condannate a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Consiglio e dalla Commissione. Il Regno di Spagna sopporterà le proprie spese.

Vesterdorf
Forwood
Legal

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: il tedesco.