Language of document : ECLI:EU:T:2003:184

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

3 luglio 2003 (1)

«Marchio comunitario - Procedimento di opposizione - Marchi denominativi nazionali anteriori BUD - Domanda di marchio comunitario denominativo BUDMEN - Motivo relativo di rifiuto - Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento CEE n. 40/94»

Nella causa T-129/01,

José Alejandro SL, con sede in Alicante (Spagna), rappresentata dall'avv. I. Temiño Ceniceros,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. F. López de Rego e J.F. Crespo Carrillo, in qualità di agenti,

convenuto,

interveniente,

Anheuser-Busch Inc., con sede in Saint Louis, Missouri (Stati Uniti d'America), rappresentata dall'avv. V. von Bomhard,

avente ad oggetto un ricorso avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) del 20 marzo 2001 (fascicolo R 230/2000-1) relativa ad un procedimento di opposizione tra la Anheuser-Busch Inc. e la José Alejandro SL,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. N.J. Forwood, presidente, J. Pirrung, A.W.H. Meij, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 22 gennaio 2003,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Antefatti della controversia

1.
    Il 7 maggio 1996 la ricorrente presentava una domanda di marchio comunitario all'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli; in prosieguo: l'«Ufficio») ai sensi del regolamento CEE del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come successivamente modificato.

2.
    Il marchio di cui viene chiesta la registrazione è il segno denominativo «BUDMEN».

3.
    I prodotti per i quali viene chiesta la registrazione rientrano nelle classi 10, 16 e 25 ai sensi dell'accordo di Nizza del 15 giugno 1957 relativo alla classificazione dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

-    classe 10:        «calzature ortopediche»;

-    classe 16:        «cartoleria; materie plastiche per l'imballaggio (non comprese in altre classi) e materiali per l'imballaggio in carta e cartone»;

-    classe 25:        «articoli di abbigliamento, scarpe e cappelleria».

4.
    Tale domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 14/98 del 2 marzo 1998.

5.
    Il 1° giugno 1998 l'interveniente proponeva opposizione ai sensi dell'art. 42 del regolamento n. 40/94. L'opposizione era diretta contro la registrazione del marchio richiesto, per tutti i prodotti considerati nella domanda di marchio. Il motivo invocato a sostegno dell'opposizione era il rischio di confusione di cui all'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. L'opposizione è basata sull'esistenza di marchi nazionali anteriori, registrati in Danimarca (n. 6703.1993) per tutti i prodotti delle classi 16 e 25; in Irlanda, da un lato, per i libri, prodotti di stamperia, cartoleria, strumenti per scrivere, calendari, cartoline di auguri, tavolette con fermacarte, copertine e classificatori, articoli per ufficio (esclusi i mobili), etichette, autoadesivi, poster, carte da gioco, tovaglie e salviette di carta, sottobicchieri o sottobottiglie, filtri di carta e fazzoletti, fotografie, cartoline postali, album, carta da imballaggio, decalcomanie, rientranti tutti nella classe 16 (n. 151535), e, dall'altro, per gli articoli di abbigliamento, calzature, cappellerie, sweat-shirts, T-shirts, berretti e calzini, rientranti nella classe 25 (n. 151537); e nel Regno Unito, da un lato, per i libri, prodotti da stamperia, cartoleria, strumenti di scrittura, calendari, carte di auguri, tavolette con fermacarte, copertine e classificatori, articoli per ufficio (esclusi i mobili), etichette, autoadesivi, poster, carte da gioco, tovaglie e salviette di carta, sottovetri o sottobottiglie, filtri di carta e fazzoletti, fotografie, cartoline postali, album, carta da imballaggio, decalcomanie con eccezione degli adesivi, sostanze adesive e materie collanti nonché i prodotti aventi la medesima descrizione degli adesivi, sostanze adesive e materie collanti rientranti nella classe 16 (n. 1458297), e, dall'altro, per le sweat-shirts, T-shirts, camiciotti, ponchos, visiere, pullover, cardigan, combinazioni e gilets, pantaloncini, tute, camicie da notte, accappatoi, indumenti intimi, sciarpe, abiti da spiaggia e maglioni da bagno, mutande, berretti, tenute da sci, collant, giacche a vento, pantaloni, gonne, camicette, jeans, cravatte, calze, cinture, guanti, vestiti, maglierie, calzature da spiaggia, stivali, scarpe, pantofole e sandali, rientranti tutti nella classe 25 (n. 1458299). Questi marchi sono costituiti dal segno denominativo «BUD».

6.
    Con decisione 17 dicembre 1999, la divisione di opposizione dell'Ufficio accoglieva parzialmente l'opposizione e, di conseguenza, rifiutava la registrazione del marchio richiesto per i prodotti «articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria» rientranti nella classe 25 in ragione dell'identità tra il segno «BUD» di cui al marchio danese anteriore n. 6703.1993 e la prima sillaba del segno «BUDMEN», di cui al marchio richiesto, e dell'identità dei prodotti della classe 25 che i due marchi designano, e che rischiano di ingenerare una confusione nel pubblico danese.

7.
    Il 21 febbraio 2000 la ricorrente proponeva un ricorso presso l'Ufficio ai sensi dell'art. 59 del regolamento n. 40/94, avverso la decisione della divisione di opposizione.

8.
    Tale ricorso veniva respinto dalla prima commissione di ricorso con decisione 20 marzo 2001 notificata alla ricorrente il 27 marzo 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

9.
    La commissione di ricorso ha ritenuto fondata la decisione della divisione di opposizione, in considerazione dell'esistenza di un rischio di confusione nel pubblico in ragione dell'identità dei prodotti designati dal marchio richiesto e dai marchi anteriori registrati in Danimarca (n. 6703.1993), in Irlanda (n. 151537) e nel Regno Unito (n. 1458299) (in prosieguo: i «marchi anteriori»), e del fatto che i segni in conflitto «BUD» e «BUDMEN» sono visualmente, foneticamente e logicamente simili (punti 15, 19 e 21 della decisione impugnata).

Il procedimento e le conclusioni delle parti

10.
    Con atto introduttivo redatto in spagnolo e depositato presso la cancelleria del Tribunale l'11 giugno 2001 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

11.
    Con comunicazione 3 settembre 2001 l'interveniente si opponeva ai sensi dell'art. 131, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale a che la lingua spagnola fosse la lingua di procedura dinanzi al Tribunale e chiedeva che l'inglese fosse la lingua di procedura. A questo proposito invocava il fatto che tale lingua, in quanto seconda lingua della domanda di marchio ai sensi dell'art. 115, n. 3, del regolamento 40/94, era stata la lingua di procedura dinanzi alla divisione di opposizione e dinanzi alla commissione di ricorso.

12.
    Ai sensi dell'art. 131, n. 2, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale ha designato lo spagnolo come lingua di procedura, dato che la ricorrente aveva depositato la domanda di marchio contestata in lingua spagnola conformemente all'art. 115, n. 1, del regolamento 40/94.

13.
    L'Ufficio depositava la sua memoria di risposta il 21 dicembre 2001, l'interveniente depositava la propria il 2 gennaio 2002. La ricorrente depositava una replica l'8 aprile 2002. L'Ufficio depositava la controreplica il 25 giugno 2002.

14.
    A titolo di misura di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha invitato la ricorrente a precisare il senso delle sue conclusioni nel corso dell'udienza.

15.
    L'udienza si è svolta il 22 gennaio 2003. L'interveniente non ha partecipato a tale udienza, e la sua rappresentante aveva informato il Tribunale dell'impossibilità nella quale versava di assistervi per ragioni indipendenti dalla sua volontà. Il Tribunale non ha ritenuto necessario invitare l'interveniente a depositare per iscritto le sue osservazioni sulla domanda rivolta alla ricorrente.

16.
    Il presidente della Seconda Sezione ha chiuso la fase orale il 26 marzo 2003.

17.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    modificare la decisione impugnata e accogliere il ricorso e la domanda di marchio comunitario per tutti i prodotti della classe 25;

-    in subordine, modificare la decisione impugnata, accogliere il ricorso e la domanda di marchio comunitario per quanto riguarda le calzature;

-    compensare le spese.

18.
    L'Ufficio conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere la domanda della ricorrente;

-    condannare la ricorrente alle spese.

19.
    L'interveniente conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere la domanda della ricorrente e confermare la decisione impugnata;

-    condannare la ricorrente alle spese, comprese quelle da lei esposte.

20.
    Nel corso dell'udienza, la ricorrente ha precisato che con l'uso del termine «modificare» mira in realtà all'annullamento della decisione impugnata.

Sulla ricevibilità delle conclusioni della ricorrente

21.
    Nella seconda parte del suo primo e secondo punto delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di accogliere la domanda di marchio comunitario per tutti i prodotti della classe 25 e, in subordine, limitatamente alle calzature. La ricorrente chiede pertanto, in sostanza, che all'Ufficio venga intimato di registrare il marchio richiesto per i prodotti di cui trattasi.

22.
    Si deve a questo proposito ricordare che, conformemente all'art. 63, n. 6, del regolamento n. 40/94, l'Ufficio è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del giudice comunitario. Di conseguenza, non spetta al Tribunale rivolgere ingiunzioni all'Ufficio. Incombe, infatti, a quest'ultimo trarre le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze del Tribunale. Le conclusioni della ricorrente dirette a far sì che sia accolta la domanda di marchio comunitario per tutti i prodotti della classe 25 e, in subordine, soltanto per le calzature sono pertanto irricevibili [sentenze del Tribunale 31 gennaio 2001, causa T-331/99, Mitsubishi HiTec Papaer Bielefeld/UAMI (Giroform), Racc. pag. II-433, punto 33, e 27 febbraio 2002, causa T-34/00, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), Racc. pag. II-683, punto 12].

Sulla domanda di annullamento del punto 1 del dispositivo della decisione impugnata

23.
    La ricorrente solleva un motivo unico con il quale deduce la violazione dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

Argomenti delle parti

24.
    Per quanto riguarda il confronto tra i segni in conflitto, la ricorrente contesta la constatazione della commissione di ricorso al punto 19 della decisione impugnata, secondo la quale esiste una somiglianza visiva tra i segni «BUD» e «BUDMEN» poiché la sola differenza tra questi due segni è la sillaba «MEN» contenuta nel marchio richiesto. A questo proposito la ricorrente sostiene che le differenze visive tra i detti marchi restano evidenti tenuto conto del fatto che i segni di cui trattasi non contengono disegni, che essi hanno una sola sillaba in comune e che l'ultima sillaba del segno considerato dal marchio richiesto produce una certa dissomiglianza visiva.

25.
    Per quanto riguarda il confronto fonetico tra i segni di cui trattasi, la ricorrente sostiene che la seconda sillaba «MEN» del marchio richiesto, la quale si pronuncia necessariamente in modo udibile e chiaro in tutte le lingue dell'Unione europea, ha un'incidenza importante sulla pronuncia del segno «BUDMEN» che consente di superare la somiglianza fonetica tra i marchi di cui trattasi. Inoltre la pronuncia del marchio tradizionale anteriore «BUD» sarebbe breve, concisa e dura, mentre quella del marchio richiesto «BUDMEN» sarebbe più lunga.

26.
    Infine, per quanto riguarda il confronto dei segni dal punto di vista logico, la ricorrente afferma che la parola «BUDMEN» è priva di significato in inglese e in danese come lingue del pubblico cui il marchio è rivolto, poiché si tratta di un termine inventato, composto da una combinazione aleatoria o fantasiosa di due sillabe che conferisce al marchio richiesto un carattere distintivo.

27.
    Del resto, la ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia erroneamente considerato, al punto 21 della decisione impugnata, che il consumatore medio poteva percepire il marchio contestato come una variante dei marchi nazionali anteriori considerando «BUD» l'elemento distintivo dei marchi in considerazione e che «MEN» ne designasse la finalità. Infatti, a suo avviso, per indicare che i prodotti della classe 25 sono destinati agli uomini, non è né necessario né sufficiente utilizzare congiuntamente «MEN» e l'elemento distintivo di un marchio. Al contrario, i marchi che vogliono designare la finalità di un prodotto della classe 25 sono abitualmente composti da un elemento distintivo seguito dall'espressione «per uomo», «per donna» o per «bambino». Nella sua replica la ricorrente presenta documenti diretti a dimostrare che taluni marchi conosciuti nel settore dell'abbigliamento maschile non usano segni composti col termine «MEN».

28.
    Per quanto riguarda il confronto dei prodotti, la ricorrente non contesta l'affermazione della commissione di ricorso, al punto 15 della decisione impugnata, circa l'identità tra i prodotti considerati dai marchi nazionali anteriori, da un lato, e dal marchio richiesto, dall'altro.

29.
    Per quanto riguarda le condizioni di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, la ricorrente rivela che i prodotti della classe 25 dell'interveniente sono distribuiti a titolo di materiale promozionale o pubblicitario legato al marchio di birra «BUD». Sostiene tale affermazione avvalendosi di documenti prodotti in allegato al ricorso. Inoltre sostiene che l'interveniente non ha dimostrato che utilizzava il suo marchio per calzature le quali, del resto, costituiscono il centro principale di interesse della ricorrente. In questo senso, la ricorrente produce, in allegato al ricorso, sette dichiarazioni di rappresentanti di stabilimenti commerciali aventi ad oggetto l'assenza di rischio di confusione tra i marchi di cui trattasi e il carattere distintivo del marchio richiesto.

30.
    Inoltre la ricorrente espone che nella sentenza 14 dicembre 1982, causa 144/81, Keurkoop (Racc. pag. 2853, punto 24), la Corte ha rilevato che lo ius prohibendi conferito dal marchio non può essere invocato in maniera illegittima qualora lo scopo principale del marchio non sia compromesso. La ricorrente sostiene nella sua replica che a tale principio si è chiaramente ispirato lo spirito del regolamento n. 40/94 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), e che esso può essere dedotto implicitamente dalle decisioni dell'Ufficio.

31.
    Infine la ricorrente fa riferimento alla registrazione del suo marchio spagnolo n. 1.984.896 BUDMEN. Secondo la ricorrente, la decisione dell'Ufficio spagnolo marchi e brevetti di accettare il detto marchio dopo l'opposizione presentata dall'interveniente in relazione al marchio nazionale anteriore BUD sta a dimostrare che la coesistenza dei marchi in conflitto sul mercato non ingenera confusione nella mente del consumatore. Inoltre le numerose registrazioni di marchi comunitari internazionali e nazionali nella classe 25 che contengono il segno «BUD» (tra le quali i marchi BUDGIE e BUDDYZ registrati nel Regno Unito e il marchio BUDDY registrato in Danimarca che hanno ad oggetto prodotti della classe 25) starebbero a dimostrare che l'interveniente non ha né un monopolio né un'esclusività sul segno «BUD».

32.
    In limine l'Ufficio precisa che si astiene dall'intervenire negli aspetti della controversia che, tenuto conto della loro natura, riguardano solo il contenzioso tra la ricorrente e l'interveniente e che i suoi argomenti vertono unicamente sulla questione relativa all'applicazione della regolamentazione del marchio comunitario, che considera necessario chiarire.

33.
    Per quanto riguarda il confronto dei marchi, l'Ufficio ritiene che i segni in conflitto sono simili dal punto di vista visivo, fonetico e logico. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, considera che il segno «BUDMEN» presenta un rischio di separazione degli elementi «BUD» e «MEN». A suo parere, quest'ultimo elemento è descrittivo e privo di carattere distintivo nel senso che fa riferimento alla finalità dei prodotti contemplati dal marchio richiesto.

34.
    In conclusione, l'Ufficio considera che la commissione di ricorso ha deciso giustamente, facendo una corretta applicazione della normativa e della giurisprudenza comunitaria in materia, che esiste un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

35.
    Secondo l'interveniente, la divisione di opposizione e la commissione di ricorso hanno giustamente ritenuto che esistesse un rischio di confusione tra i detti marchi. Infatti, i marchi di cui trattasi sarebbero visivamente, foneticamente e concettualmente simili. A questo proposito, considera che il suffisso «MEN» nel marchio richiesto «BUDMEN» è percepito non solo dai consumatori anglofoni, ma anche dal pubblico danese come un elemento descrittivo in quanto indicazione della natura o della destinazione maschile degli «abbigliamento, scarpe e cappelleria» riguardati dal marchio richiesto. Sostiene di conseguenza che il suffisso «MEN» è secondario rispetto all'elemento dominante «BUD» percepito come indicativo dell'origine dei prodotti.

Giudizio del Tribunale

36.
    Ai sensi dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all'opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell'identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell'identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore». Per di più, in forza dell'art. 8, n. 2, lett. a), ii), del regolamento n. 40/94, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

37.
    Secondo la giurisprudenza della Corte relativa all'interpretazione dell'art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104, il cui contenuto normativo è, in sostanza, identico a quello dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro [sentenze della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 29, e 22 giugno 1999, causa C-342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I-3819, punto 17, sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T-104/01, Claudia Oberhauser/UAMI - Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II-4359, punto 25].

38.
    Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere quindi valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C-251/95, SABEL, Racc. pag. I-6191, punto 22; Canon, cit., punto 16, Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 18; 22 giugno 2000, causa C-425/98, Marca Mode, Racc. pag. I-4861, punto 40, e sentenza Fifties, cit., punto 26).

39.
    Tale valutazione globale comporta una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenze Canon, punto 17, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, punto 19, entrambe citate). L'interdipendenza tra questi fattori trova espressione nel settimo ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, secondo il quale è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione, a sua volta, dipende in particolare dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato e dal grado di somiglianza tra il marchio di impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati.

40.
    Inoltre, la percezione che il consumatore medio ha dei marchi dei prodotti o servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt'uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenze SABEL, cit., punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25). Ai fini di questa valutazione globale, si ritiene che il consumatore medio dei prodotti interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull'immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi di cui trattasi (sentenza Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 26).

41.
    Nella specie, considerato che i marchi anteriori sono registrati in Danimarca, in Irlanda e nel Regno Unito e che i prodotti di cui trattasi sono di consumo generale (abbigliamento, scarpe e cappelleria), il pubblico da prendere in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione è il consumatore medio di questi tre Stati membri [v., in questo senso, sentenza del Tribunale 22 ottobre 2002, causa T-388/00, Institut für Lernsysteme/UAMI - Educational Services (ELS), Racc. pag. II-4301, punto 48].

42.
    Alla luce delle considerazioni sopra illustrate, si deve procedere alla verifica della comparazione operata dalla commissione di ricorso dei prodotti riguardati, da un lato, e dei segni in conflitto, dall'altro.

43.
    La commissione di ricorso ha rilevato che i prodotti considerati dai marchi nazionali anteriori che rientrano nella classe 25 sono identici ai prodotti «abbigliamento, scarpe e cappelleria» indicati nella domanda di marchio (punto 15 della decisione impugnata). La ricorrente non contesta tale affermazione della commissione di ricorso.

44.
    E' pertanto pacifico tra le parti che vi è un'identità tra i prodotti oggetto dei marchi in conflitto.

45.
    Per quanto riguarda la comparazione tra i contrassegni, dalla giurisprudenza risulta che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o logica dei marchi di cui trattasi, sull'impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (sentenze SABEL, cit., punto 23, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 25). Si deve pertanto procedere ad una comparazione tra i segni in conflitto nella fattispecie sui piani visivo, fonetico e logico.

46.
    La commissione di ricorso ha giustamente rilevato al punto 19 della decisione impugnata che i due segni sono di marchi denominativi, dattilografati di norma in lettere maiuscole. I marchi anteriori contengono una sola sillaba di tre lettere, il marchio richiesto è composto di due sillabe di tre lettere ciascuna.

47.
    Per quanto riguarda la comparazione visiva, si deve constatare che la prima sillaba «BUD» del marchio comunitario richiesto corrisponde all'unica sillaba del segno che costituisce i marchi anteriori e che la sola differenza sta nel fatto che il marchio comunitario richiesto contiene una seconda sillaba «MEN». Come giustamente esposto dall'interveniente, il suffisso «MEN» deve essere considerato accessorio rispetto all'elemento «BUD» dato che occupa un posto secondario nel segno. Del resto si deve rilevare che il segno che costituisce i marchi nazionali anteriori è interamente compreso nel marchio richiesto.

48.
    Per quanto riguarda il confronto fonetico, la commissione di ricorso afferma che i due segni iniziano con le stesse lettere e si pronunciano nello stesso modo, dato che la seconda sillaba del marchio comunitario richiesto è meno udibile della prima. La commissione di ricorso afferma di conseguenza che i marchi sono simili sul piano fonetico (punto 20 della decisione impugnata).

49.
    Si deve constatare che l'elemento «BUD» che è il solo componente dei marchi nazionali precedenti, costituisce pure la prima sillaba del marchio richiesto, sulla quale cade l'accento e che occupa pertanto un posto predominante rispetto alla seconda sillaba «MEN».

50.
    Tenuto conto dell'identità tra la sillaba dominante del marchio richiesto e i marchi nazionali anteriori, si deve concludere che la commissione di ricorso ha giustamente affermato che i marchi di cui trattasi sono simili sul piano visivo e fonetico.

51.
    Per quanto riguarda il confronto logico dei marchi in conflitto, si deve rilevare che, come giustamente sostenuto dall'Ufficio e dall'interveniente, l'elemento «MEN» costituisce la parola inglese «men» (uomini) e può essere intesa come tale nella regione anglofona della Comunità come pure in Stati membri, quali la Danimarca, dove la conoscenza della lingua inglese è molto diffusa. Ciò considerato, è estremamente probabile che il pubblico cui si rivolge il marchio considererà il marchio «BUDMEN» come un segno derivato dal segno «BUD».

52.
    Si deve a questo riguardo osservare che, date le differenze abitualmente esistenti tra gli articoli di abbigliamento per uomini e gli stessi prodotti per le donne, il fatto di informare il pubblico che i prodotti di abbigliamento sono destinati ad una clientela maschile rappresenta una caratteristica sostanziale dei prodotti controversi che viene presa in considerazione dal pubblico cui si rivolge il marchio [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T-219/00, Ellos/UAMI (ELLOS) (Racc. pag. II-753, punto 34)].

53.
    Pertanto, il suffisso «MEN» del marchio richiesto è idoneo a contenere per il pubblico cui il marchio si rivolge una connotazione nel senso che suggerisce o addirittura descrive che «gli articoli di abbigliamento, le calzature e la cappelleria» designati dal detto marchio sono destinati ad una clientela maschile. A questo proposito si deve osservare che, in linea generale, il pubblico non considererà un elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l'elemento distintivo e dominante dell'impressione d'insieme che tale marchio complessivo produce.

54.
    Ne consegue che, dal punto di vista logico, la prima sillaba «BUD» dev'essere considerata come l'elemento dominante del marchio richiesto.

55.
    Nella valutazione globale del rischio di confusione, va tenuto conto del fatto che il consumatore medio conserva nella memoria solo un'immagine imperfetta del marchio e dà maggiore importanza all'elemento predominante del segno che in occasione di un successivo acquisto gli consente di identificare il marchio tenuto a mente. Di conseguenza, quando il consumatore medio si imbatterà in articoli di abbigliamento designati dal marchio «BUDMEN», il rischio di attribuire a tali prodotti la medesima origine commerciale di quella dei prodotti di abbigliamento commercializzati sotto il marchio anteriore «BUD» è estremamente probabile se non palese (v., in questo senso, sentenza Fifties, cit., punto 48).

56.
    Per quanto riguarda le condizioni nelle quali i prodotti di cui trattasi vengono commercializzati, l'argomento della ricorrente che deduce che i marchi nazionali anteriori sarebbero associati alla birra mentre il marchio richiesto farebbe riferimento unicamente a calzature è infruttuoso. Infatti, nella presente causa l'interveniente non ha invocato l'eventuale reputazione dei suoi marchi anteriori per quanto riguarda la birra e non ha potuto neppure dimostrare che questi avrebbero acquisito una reputazione per quanto riguarda i prodotti per i quali essi sono stati registrati e, in particolare, articoli di abbigliamento. Ciò considerato, come giustamente esposto dall'interveniente, il riferimento all'uso attuale dei detti marchi nonché alla loro eventuale associazione con il marchio richiesto è privo di pertinenza.

57.
    Per contro, vanno analizzate le condizioni obiettive nelle quali i marchi possono confrontarsi sul mercato. Si deve a questo proposito rilevare che nel settore dell'abbigliamento è frequente che il medesimo marchio presenta diverse configurazioni, a seconda del tipo di prodotto che esso designa. E' altresì usuale che una stessa impresa utilizzi dei sottomarchi (segni derivanti da un marchio principale e che condividono con questo un elemento dominante comune) per distinguere le sue differenti linee di prodotti (femminile, maschile, per giovani). Ciò considerato, è concepibile che il pubblico cui il marchio si rivolge consideri i vestiti designati dai marchi in conflitto come appartenenti invero a due gamme di prodotti distinte, ma provenienti dalla stessa impresa (v., in questo senso, sentenza Fifties, cit., punto 49). Di conseguenza, giustamente, la commissione di ricorso ha constatato che il pubblico poteva pensare che i prodotti designati dal marchio «BUDMEN» facessero parte di una nuova gamma di prodotti commercializzati dal titolare del marchio «BUD» o da un'impresa economicamente ad esso collegata (punto 22 della decisione impugnata).

58.
    Pertanto, tenuto conto della natura dei prodotti riguardati dai marchi in conflitto, le differenze tra i segni non sono sufficienti per poter escludere l'esistenza di un rischio di confusione nella percezione del pubblico a cui ci si rivolge.

59.
    Inoltre, l'interdipendenza tra i vari fattori da prendere in considerazione in occasione della valutazione globale del rischio di confusione conferma tale conclusione. E' infatti pacifico che i prodotti designati dal marchio richiesto e quelli coperti dai marchi nazionali anteriori sono identici. Tale identità ha per corollario che la portata delle eventuali differenze tra i segni di cui trattasi è attenuata. Infatti, come rilevato dalla Corte, può esistere un rischio di confusione nonostante un tenue grado di somiglianza tra i marchi, allorché la somiglianza dei prodotti o servizi designati da essi è grande (sentenze Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 21, e ELS, cit., punto 77).

60.
    Inoltre gli altri argomenti della ricorrente nulla tolgono a tale conclusione.

61.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, gli argomenti della ricorrente secondo i quali la decisione impugnata non concorda con la prassi decisionale della divisione di opposizione e della commissione di ricorso dell'Ufficio, si deve innanzi tutto constatare che la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di situazioni comparabili a quelle di cui alla presente fattispecie. Si deve poi ricordare che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso si valuta unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una precedente prassi decisionale dell'Ufficio [v. sentenze del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T-32/00, Messe München/UAMI (electronica), Racc. pag. II-3829, punto 47, e 5 dicembre 2002, causa T-130/01, Sykes Entreprises/UAMI (REAL PEOPLE, REAL SOLUTIONS) (Racc. pag. II-5179, punto 31]. Pertanto l'argomento che deduce un'eventuale discordanza della decisione impugnata con la prassi decisionale dell'Ufficio è infruttuoso.

62.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'affermazione della ricorrente secondo la quale l'Ufficio spagnolo dei marchi e brevetti ha deciso di accettare il suo marchio spagnolo n. 1.984.896 «BUDMEN» dopo l'opposizione dell'interveniente relativa al marchio precedente «BUD», decisione che starebbe a dimostrare che la coesistenza dei marchi in conflitto sul mercato non ingenera una confusione nella mente del consumatore, si deve constatare che, come esposto dall'Ufficio e dall'interveniente, i marchi anteriori nella specie sono protetti nel Regno Unito, in Irlanda e in Danimarca. La Spagna non costituisce pertanto il territorio pertinente ai fini dell'analisi del rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Pertanto, l'argomento che deduce la coesistenza dei marchi in tale Stato membro è privo di pertinenza.

63.
    Per quanto riguarda, in terzo luogo, le affermazioni della ricorrente basate sull'esistenza di marchi comunitari, internazionali e nazionali registrati per i prodotti della classe 25 che contengono il segno «BUD», cosa che a suo avviso sta a dimostrare che l'interveniente non ha né un monopolio né un'esclusività del detto segno, basta osservare che i detti marchi sono privi di rapporto con il caso di specie, come sostenuto dall'Ufficio. Tali affermazioni sono pertanto prive di pertinenza ai fini dell'analisi del rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella presente fattispecie.

64.
    Per quanto riguarda infine l'argomento che la ricorrente deduce dalla citata sentenza Keurkoop, secondo cui lo ius prohibendi conferito da un marchio non può essere invocato in modo illegittimo quando lo scopo principale del marchio non è compromesso, si deve considerare che tale argomento è inconferente. Infatti, la facoltà di opporsi alla registrazione di un marchio comunitario sulla base di un marchio anteriore per evitare un rischio di confusione nella mente del pubblico ai sensi dell'art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, rientra nell'oggetto specifico del diritto dei marchi quale interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, e cioè la facoltà attribuita al titolare del marchio di opporsi a qualsiasi uso di questo, tale da falsare la garanzia di provenienza (sentenze della Corte 11 luglio 1996, cause C-427/93, C-429/93 e C-436/93, Bristol-Myers Squibb e a., Racc. pag. I-3457, e 23 aprile 2002, causa C-143/00, Boehringer Ingelheim e a., Racc. pag. I-3759, punti 12 e 13).

65.
    Tenuto conto di quanto precede, la commissione di ricorso ha giustamente considerato che sussisteva un rischio di confusione tra la domanda di marchio contestata BUDMEN e i marchi nazionali precedenti.

66.
    Il ragionamento che precede si applica integralmente a tutti i prodotti ai quali il marchio richiesto si riferisce, e cioè «articoli di abbigliamento, scarpe e cappelleria». A questo proposito si deve rilevare che, tenuto conto dell'identità tra i prodotti considerati dai marchi in conflitto, l'analisi del rischio di confusione è identico per l'insieme dei prodotti riguardati dal marchio richiesto. Ne consegue che, giustamente, la sezione di ricorso ha considerato che sussisteva un rischio di confusione per tutti i prodotti considerati dal marchio richiesto, ivi comprese le «calzature» di cui alla domanda della ricorrente presentata in subordine.

67.
    Per quanto riguarda i documenti allegati al ricorso e alla replica della ricorrente, nonché alla controreplica dell'interveniente, che non erano stati prodotti dinanzi alla commissione di ricorso, essi non possono essere presi in considerazione, dato che il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell'UAMI ai sensi dell'art. 63 del regolamento n. 40/94. Infatti, la funzione del Tribunale non è di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Inoltre ammettere tali prove sarebbe in contrasto con l'art. 135, n. 4, del regolamento di procedura, secondo il quale le memorie delle parti non possono modificare l'oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, le prove prodotte dalla ricorrente e dall'interveniente per la prima volta dinanzi al Tribunale debbono essere respinte senza che sia necessario esaminare la loro forza probatoria [v., in questo senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II-5301, punto 49].

68.
    Dall'insieme delle considerazioni che precede consegue che il ricorso dev'essere respinto.

Sulle spese

69.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese sostenute dall'UAMI e dall'interveniente, conformemente alle conclusioni di questi ultimi.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente è condannata alle spese.

Forwood
Pirrung
Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

N.J. Forwood


1: Lingua processuale: lo spagnolo.