Language of document : ECLI:EU:T:2003:193

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 luglio 2003 (1)

«Concorrenza - Intesa - Lisina - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Applicabilità - Gravità e durata dell'infrazione - Fatturato - Circostanze attenuanti»

Nella causa T-220/00,

Cheil Jedang Corp., con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata dal sig. A.R.M. Bell, solicitor, dalla sig.ra R.P. Gerrits, avocat, e dal sig. J. Killick, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. W. Wils e R. Lyal, in qualità di agenti, assistiti dal sig. J. Flynn, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto ad ottenere l'annullamento parziale della decisione della Commissione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24), ovvero la riduzione dell'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 aprile 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
    La Cheil Jedang Corp. (in prosieguo: la «Cheil» ovvero la «ricorrente»), costituita dal gruppo coreano Samsung, è a capo di un gruppo di imprese attive nel settore dei prodotti farmaceutici e alimentari. La Cheil ha iniziato ad operare nel mercato della lisina nel 1991.

2.
    La lisina è il principale aminoacido utilizzato nell'alimentazione animale a fini nutrizionali. La lisina sintetica è impiegata come additivo negli alimenti con un tenore insufficiente di lisina naturale, ad esempio i cereali, al fine di permettere ai nutrizionisti di elaborare diete a base di proteine rispondenti al fabbisogno alimentare degli animali. Gli alimenti integrati con lisina sintetica possono anche sostituire alimenti dotati di un sufficiente tenore di lisina allo stato naturale, ad esempio la soia.

3.
    Nel 1995, a seguito di un'indagine segreta svolta dal Federal Bureau of Investigation, negli Stati Uniti sono state effettuate perquisizioni nei locali di parecchie imprese operanti nel mercato della lisina. Nei mesi di agosto e di ottobre 1996 le società Archer Daniels Midland Co. (in prosieguo: l'«ADM Company»), Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd, Sewon Corp. Ltd, Cheil e Ajinomoto Co. Inc. sono state accusate dalle autorità americane di aver costituito un accordo sui prezzi e sulla ripartizione dei volumi delle vendite di lisina tra il giugno 1992 e il giugno 1995. In seguito ad accordi conclusi con il Ministero americano della Giustizia, il giudice investito della causa ha inflitto alcune ammende alle dette imprese, vale a dire un'ammenda di dollari americani (USD) 10 milioni alla Kyowa Hakko Kogyo e all'Ajinomoto, un'ammenda di USD 70 milioni all'ADM Company e un'ammenda di USD 1,25 milioni alla Cheil. L'importo dell'ammenda irrogata alla Sewon Corp. ammontava, a detta di quest'ultima, a USD 328 000. Inoltre, tre dirigenti dell'ADM Company sono stati condannati a pene detentive e al pagamento di ammende per il ruolo svolto nell'accordo.

4.
    Nel luglio 1996 l'Ajinomoto, richiamandosi alla comunicazione della Commissione 96/C 207/04 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d'intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), ha offerto alla Commissione la sua cooperazione per accertare l'esistenza di un cartello sul mercato della lisina ed i suoi effetti nello Spazio economico europeo (SEE).

5.
    L'11 e il 12 giugno 1997 la Commissione, in applicazione dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, 13, pag. 204), ha effettuato accertamenti negli impianti europei dell'ADM Company e in quelli della Kyowa Hakko Europe GmbH. In seguito ai detti accertamenti la Kyowa Hakko Kogyo e la Kyowa Hakko Europe hanno manifestato l'intenzione di collaborare con la Commissione e le hanno fornito alcune informazioni relative, in particolare, alla cronologia delle riunioni tra i produttori di lisina.

6.
    Il 28 luglio 1997 la Commissione, in conformità dell'art. 11 del regolamento n. 17, ha rivolto all'ADM Company e alla sua controllata europea Archer Daniels Midland Ingredients Ltd (in prosieguo: l'«ADM Ingredients»), alla Sewon Corp. e alla sua controllata europea Sewon Europe GmbH (in prosieguo, collettivamente: la «Sewon»), nonché alla Cheil, alcune richieste di informazioni in merito al loro comportamento nel mercato degli aminoacidi e alle riunioni del cartello menzionate nelle dette richieste. La Cheil ha riferito l'oggetto delle discussioni svoltesi durante tali riunioni e fornito informazioni su riunioni non menzionate nella richiesta.

7.
    Il 30 ottobre 1998, sulla base delle informazioni che le erano state fornite, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alla ricorrente e alle altre imprese interessate, vale a dire all'ADM Company e all'ADM Ingredients (in prosieguo, collettivamente: l'«ADM»), all'Ajinomoto e alla sua controllata europea Eurolysine SA (in prosieguo, collettivamente: l'«Ajinomoto»), alla Kyowa Hakko Kogyo e alla sua controllata europea Kyowa Hakko Europe (in prosieguo, collettivamente: la «Kyowa»), nonché alla Daesang Corp. (già Sewon Corp.) e alla sua controllata europea Sewon Europe, per violazione degli artt. 81, n. 1, CE e 53, n. 1, dell'accordo sul SEE (in prosieguo: l'«accordo SEE»). Nella comunicazione degli addebiti la Commissione rimproverava alle dette imprese di aver fissato i prezzi della lisina nel SEE, nonché quote di vendita per tale mercato, e di essersi scambiate informazioni sui rispettivi quantitativi di vendita, a decorrere dai mesi di settembre 1990 (l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon), marzo 1991 (la Cheil) e giugno 1992 (l'ADM) fino al giugno 1995.

8.
    In seguito all'audizione orale delle imprese in questione il 1° marzo 1999, la Commissione ha inviato a queste ultime, il 17 agosto 1999, una comunicazione degli addebiti supplementare relativa alla durata dell'intesa, alla quale la ricorrente ha risposto il 7 ottobre 1999.

9.
    Al termine del procedimento la Commissione ha adottato la decisione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24; in prosieguo: la «Decisione»). La Decisione è stata notificata alla ricorrente con lettera 16 giugno 2000.

10.
    La Decisione comprende le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

[ADM Company] e la sua controllata europea [ADM Ingredients], Ajinomoto Company Incorporated e la sua controllata europea Eurolysine SA, Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e la sua controllata europea Kyowa Hakko Europe GmbH, Daesang Corporation e la sua controllata europea Sewon Europe GmbH, nonché [Cheil], hanno violato l'articolo 81, paragrafo 1, del trattato CE e l'articolo 53, paragrafo 1, dell'accordo SEE per avere partecipato ad accordi sui prezzi, sui volumi di vendita e sullo scambio di informazioni specifiche relativamente ai volumi di vendita di lisina sintetica nell'intero SEE.

L'infrazione si è protratta per i seguenti periodi:

a)    per [ADM Company] e [ADM Ingredients] dal 23 giugno 1992 al 27 giugno 1995;

b)    per Ajinomoto Company Incorporated e Eurolysine SA almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

c)    per Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e Kyowa Hakko Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

d)    per Daesang Corporation e Sewon Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

e)    per [Cheil] dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995.

Articolo 2

Alle imprese di cui all'articolo 1 vengono inflitte le seguenti ammende per le infrazioni indicate in detto articolo:

a)    [ADM Company] e

    [ADM Ingredients],

    in solido, un'ammenda di:    47 300 000 EUR

b)    Ajinomoto Company Incorporated e

    Eurolysine SA,

    in solido, un'ammenda di:    28 300 000 EUR

c)    Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e

    Kyowa Hakko Europe GmbH,

    in solido, un'ammenda di:    13 200 000 EUR

d)    Daesang Corporation e

    Sewon Europe GmbH,

    in solido, un'ammenda di:    8 900 000 EUR

e)    [Cheil], un'ammenda di:    12 200 000 EUR

(...)».

11.
    Per il calcolo dell'importo delle ammende la Commissione ha applicato, nella Decisione, il metodo stabilito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'art. 15, n. 2 del regolamento n. 17 e dell'art. 65, n. 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), nonché la comunicazione sulla cooperazione.

12.
    In primo luogo, l'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, è stato fissato a EUR 19,5 milioni per la Cheil. Per le società Ajinomoto, Kyowa, ADM e Sewon, tale importo è stato fissato, rispettivamente, a EUR 42, 21, 39 e 21 milioni (punto 314 della Decisione).

13.
    Per calcolare l'importo di base delle ammende in funzione della gravità dell'infrazione la Commissione è partita dalla considerazione che le imprese di cui trattasi avevano commesso un'infrazione molto grave, tenuto conto della sua natura, del suo impatto concreto sul mercato della lisina nel SEE e dell'estensione del mercato geografico rilevante. Constatando poi, sulla base dei loro fatturati complessivi realizzati nell'ultimo anno del periodo in cui è stata commessa l'infrazione, che esisteva una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese partecipanti all'infrazione, la Commissione ha applicato un trattamento differenziato. Di conseguenza, l'importo di base delle ammende è stato fissato a EUR 30 milioni per l'ADM e l'Ajinomoto e a EUR 15 milioni per la Kyowa, la Cheil e la Sewon (punto 305 della Decisione).

14.
    Per tener conto della durata dell'infrazione commessa da ciascuna impresa e determinare l'importo di base delle loro rispettive ammende, l'importo di base così determinato è stato maggiorato del 10% all'anno, ossia del 30% per l'ADM e la Cheil e del 40% per l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon (punto 313 della Decisione).

15.
    In secondo luogo, applicando le circostanze aggravanti, la Commissione ha maggiorato del 50% gli importi di base delle ammende dell'ADM e dell'Ajinomoto, aumentandoli di EUR 19,5 milioni per l'ADM e di EUR 21 milioni per l'Ajinomoto, per il fatto che le dette imprese avevano svolto un ruolo di leader nella commissione dell'infrazione (punto 356 della Decisione).

16.
    In terzo luogo, applicando le circostanze attenuanti, la Commissione ha ridotto del 20% la maggiorazione dell'ammenda inflitta alla Sewon in ragione della durata dell'infrazione, per il fatto che la detta impresa aveva svolto un ruolo passivo nell'intesa a decorrere dall'inizio del 1995 (punto 365 della Decisione). La Commissione ha inoltre ridotto del 10% gli importi di base delle ammende di ciascuna delle imprese di cui trattasi, poiché tutte avevano posto fine all'infrazione sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384 della Decisione).

17.
    In quarto luogo, la Commissione ha applicato una «significativa riduzione» dell'importo delle ammende, ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione. A tale titolo la Commissione ha concesso all'Ajinomoto e alla Sewon una riduzione del 50% dell'importo dell'ammenda che sarebbe stata loro inflitta in assenza di cooperazione, alla Kyowa e alla Cheil una riduzione del 30% e all'ADM, infine, una riduzione del 10% (punti 431, 432 e 435 della Decisione).

Procedimento e conclusioni delle parti

18.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 agosto 2000 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, a titolo delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a vari quesiti. La convenuta ha ottemperato alla detta richiesta entro il termine stabilito.

20.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale in occasione dell'udienza tenutasi il 24 aprile 2002.

21.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare in tutto o in parte la Decisione;

-    condannare la Commissione alla totalità delle spese;

-    prendere ogni altra misura necessaria.

22.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

23.
    Il ricorso verte su tre censure principali. Innanzitutto la ricorrente rimprovera alla Commissione di aver calcolato l'importo dell'ammenda sulla base dei criteri stabiliti dagli orientamenti. Lamenta poi diverse violazioni di disposizioni degli orientamenti nonché errori manifesti di valutazione nell'ambito dell'analisi, da un lato, della gravità e della durata dell'infrazione e, dall'altro, delle circostanze attenuanti. Infine, fa valere che la Decisione non è adeguatamente motivata su taluni punti concernenti il calcolo dell'ammenda.

24.
    Occorre constatare, in tale fase, che, sebbene la ricorrente abbia chiesto al Tribunale l'annullamento «totale» o parziale della Decisione, le dette censure intendono complessivamente rimettere in causa soltanto la parte della Decisione riguardante le ammende e, più in particolare, il suo art. 2, con il quale la Commissione ha fissato l'importo dell'ammenda della ricorrente a EUR 12 200 000.

1. Sull'applicabilità degli orientamenti

Argomenti delle parti

Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

25.
    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di tutela del legittimo affidamento avendo applicato gli orientamenti per il calcolo delle ammende senza tener conto della situazione di società che, come appunto la Cheil, avevano cooperato con essa prima che tali orientamenti fossero adottati.

26.
    La ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza, il principio di tutela del legittimo affidamento implica, in particolare, che, in caso di modifiche di un regime giuridico, la Commissione deve considerare la situazione delle imprese che hanno sottoscritto impegni irrevocabili sulla base della normativa prima vigente, adottando all'occorrenza misure transitorie (sentenza della Corte 14 maggio 1975, causa 74/74, CNTA/Commissione, Racc. pag. 533).

27.
    Nella fattispecie, il metodo di calcolo dell'ammenda stabilito dagli orientamenti si discosterebbe dalla prassi decisionale anteriore della Commissione, che consisteva nell'infliggere ammende non superiori al 10% del fatturato per le vendite del prodotto in questione nel territorio della Comunità. L'applicazione degli orientamenti alla Cheil avrebbe così comportato che quest'ultima subisse un'ammenda superiore al settuplo di quella che le sarebbe stata irrogata se la Commissione avesse utilizzato il precedente metodo di calcolo. Orbene, avendo la Cheil ammesso la propria colpevolezza e presentato alla Commissione elementi probatori in un momento in cui l'adozione degli orientamenti non era ancora in vista, l'applicazione di tale nuovo metodo di calcolo delle ammende avrebbe leso il legittimo affidamento ingenerato dalla comunicazione sulla cooperazione, ai sensi del suo punto E, n. 3, e dalla prassi decisionale della Commissione. Infatti la Cheil, anziché beneficiare in virtù della sua cooperazione di una riduzione dell'ammenda, sarebbe stata di fatto esposta ad un aumento dell'importo di quest'ultima.

Sulla violazione del principio d'irretroattività delle norme penali

28.
    La ricorrente sostiene che, applicando gli orientamenti nella fattispecie, la Commissione ha violato il principio d'irretroattività delle norme penali sancito dall'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e parte integrante dei principi generali del diritto comunitario (sentenza della Corte 10 luglio 1984, causa 63/83, Kirk, Racc. pag. 2689, punto 22).

29.
    La ricorrente osserva, al riguardo, che l'art. 7, n. 1, della CEDU vieta non solo di condannare una persona per un'azione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato, ma anche di infliggere una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso. In conformità ad una giurisprudenza costante della Corte secondo cui la CEDU riveste un particolare significato nel diritto comunitario (v., in particolare, sentenza della Corte 18 giugno 1991, causa C-260/89, ERT, Racc. pag. I-2925), spetterebbe ai giudici comunitari provvedere a che la Commissione non violi il principio d'irretroattività delle norme ovvero delle disposizioni penali.

30.
    Tale principio avrebbe peraltro vocazione ad essere applicato nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, dal momento che la giurisprudenza ha riconosciuto la natura penale o quasi penale delle ammende inflitte ai sensi del regolamento n. 17.

31.
    La ricorrente ne deduce che la Commissione non può infliggerle una sanzione maggiore di quella applicabile allorché l'infrazione è stata compiuta o, almeno, allorché essa ha ammesso di avervi preso parte. Orbene, a suo dire, l'importo delle ammende irrogate dalla Commissione a quel tempo si aggirava intorno al 10% del fatturato per le vendite del prodotto di cui trattasi nel territorio della Comunità europea, vale a dire, per la Cheil, intorno a EUR 1,7 milioni. Mettendo in atto gli orientamenti anziché conformarsi alla sua prassi decisionale, la Commissione avrebbe dunque modificato nel corso del procedimento, come del resto ammetterebbe nella sua Decisione (punto 318), le sanzioni normalmente applicabili e avrebbe in particolare inasprito l'ammenda della Cheil fissandola a EUR 12,2 milioni.

32.
    La Commissione fa valere in sostanza che, applicando gli orientamenti nella Decisione, non ha violato i principi della tutela del legittimo affidamento e dell'irretroattività delle norme penali.

Giudizio del Tribunale

Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

33.
    Occorre ricordare, in primo luogo, che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l'amministrazione comunitaria ha suscitato in lui aspettative fondate (sentenze della Corte 11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products/Commissione, Racc. pag. 1155, punto 44, e 26 giugno 1990, causa C-152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I-2477, punto 26). Inoltre, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall'amministrazione (v. sentenza del Tribunale 18 gennaio 2000, causa T-290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II-15, punto 59, e la giurisprudenza citata).

34.
    In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante (sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 33, e 23 novembre 2000, causa C-1/98 P, British Steel/Commissione, Racc. pag. I-10349, punto 52), gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie.

35.
    Orbene, nell'ambito della normativa comunitaria della concorrenza, risulta chiaramente dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109) che la sua efficace applicazione implica che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica della concorrenza. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità nei limiti indicati dal regolamento n. 17.

36.
    Inoltre, secondo la medesima giurisprudenza, la Commissione non è tenuta ad annunciare, nella comunicazione degli addebiti, un eventuale mutamento della sua politica in fatto di entità generale delle ammende, poiché tale possibilità dipende da considerazioni generali di politica della concorrenza non direttamente connesse alle particolari circostanze delle pratiche in esame (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 22).

37.
    Poiché gli orientamenti, nei quali la Commissione ha stabilito un nuovo metodo generale per il calcolo delle ammende, sono stati adottati al tempo stesso anteriormente alla comunicazione degli addebiti inviata a tutte le imprese partecipanti al cartello e indipendentemente dalle circostanze particolari della fattispecie, ne risulta a maggior ragione che la ricorrente non può rimproverare alla Commissione di averli applicati al fine di determinare l'importo dell'ammenda, salvo dimostrare che l'amministrazione aveva suscitato in essa aspettative fondate in senso contrario.

38.
    Al riguardo la ricorrente asserisce che la comunicazione sulla cooperazione lasciava supporre che potesse esserle applicato il metodo di calcolo delle ammende solitamente seguito dalla Commissione al momento in cui essa ha deciso di cooperare.

39.
    Occorre notare, infatti, che, al punto E, n. 3, della detta comunicazione, la Commissione si dichiara «consapevole del fatto che la presente comunicazione crea aspettative legittime sulle quali faranno affidamento le imprese che intendono informarla dell'esistenza di un'intesa».

40.
    Tuttavia, tenuto conto dello scopo della comunicazione sulla cooperazione, che è quello, ai sensi del suo punto A, n. 3, di «defini[r]e le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un'intesa potranno evitare l'imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare», le eventuali «aspettative legittime» della ricorrente potevano vertere solo sulle modalità della riduzione da effettuare a titolo della sua cooperazione e non sull'importo dell'ammenda «che altrimenti [le sarebbe] inflitt[a]» o sul metodo di calcolo applicabile all'uopo.

41.
    Si osservi, peraltro, che la ricorrente non sostiene di aver ricevuto assicurazioni precise da parte dei servizi della Commissione che la inducessero a credere mantenuto il metodo di calcolo asseritamente applicato prima della pubblicazione degli orientamenti.

42.
    Alla luce di tali circostanze la censura vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento dev'essere respinta.

Sulla violazione del principio d'irretroattività delle norme penali

43.
    Va ricordato che il principio d'irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sancito altresì dall'art. 7 della CEDU e parte integrante dei principi generali del diritto di cui il giudice comunitario deve garantire l'osservanza (sentenza Kirk, cit., punto 22, e sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punto 219).

44.
    Benché risulti dall'art. 15, n. 4, del regolamento n. 17 che le decisioni della Commissione che infliggono ammende per violazione del diritto della concorrenza non hanno carattere penale (sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 235), resta pur sempre il fatto che la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto comunitario, ed in particolare quello d'irretroattività, in tutti i procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni in applicazione delle regole di concorrenza del Trattato (v., per analogia, relativamente ai diritti della difesa, sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7, e LR AF 1998/Commissione, cit., punto 220).

45.
    Tale rispetto esige che le sanzioni inflitte ad un'impresa per un'infrazione alle regole della concorrenza corrispondano a quelle che erano stabilite al momento in cui l'infrazione è stata commessa (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 221).

46.
    Al riguardo si deve precisare che le sanzioni che possono essere irrogate dalla Commissione per un'infrazione alla normativa comunitaria della concorrenza sono definite all'art. 15 del regolamento n. 17, adottato anteriormente al momento in cui l'infrazione contestata è stata compiuta. Ora, da una parte, la Commissione non ha il potere di modificare il regolamento n. 17 o di scostarsene, neanche mediante norme di carattere generale che essa impone a sé stessa. Dall'altra, se è pacifico che la Commissione ha determinato l'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente conformemente al metodo generale per il calcolo delle ammende esposto negli orientamenti, si deve constatare che, in tal modo, essa è rimasta nell'ambito delle sanzioni definite dall'art. 15 del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 222).

47.
    Infatti, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille [euro] ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10 per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza (...) commettano una infrazione alle disposizioni dell'art. [81], paragrafo 1, (...) del Trattato». Nella stessa disposizione si prevede che «[p]er determinare l'ammontare dell'ammenda, occorre tenere conto oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata» (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 223).

48.
    Ora, gli orientamenti prevedono, al punto 1, primo capoverso, che per il calcolo delle ammende l'importo di base sia determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, che sono i soli criteri indicati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 224).

49.
    Secondo gli orientamenti, la Commissione prende come punto di partenza per il calcolo delle ammende un importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione (in prosieguo: l'«importo di base generale»). Per valutare la gravità dell'infrazione occorre prenderne in considerazione la natura, l'impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l'estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo capoverso). In tale contesto, le infrazioni sono classificate in tre categorie, vale a dire le «infrazioni poco gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e 1 000 000, le «infrazioni gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili può variare da EUR 1 milione a EUR 20 milioni e le «infrazioni molto gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili supera EUR 20 milioni (punto 1 A, secondo capoverso, dal primo al terzo trattino) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 225).

50.
    Gli orientamenti enunciano poi che, nell'ambito di ciascuna delle categorie d'infrazione summenzionate, ed in particolare per le categorie delle infrazioni «gravi» e «molto gravi», la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo capoverso). E' necessario, inoltre, valutare in che misura gli autori dell'infrazione abbiano l'effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda a un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto capoverso). In più, si può tener conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre di infrastrutture sufficienti per possedere conoscenze giuridiche ed economiche che consentono loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza (punto 1 A, quinto capoverso) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punti 225 e 226).

51.
    Nell'ambito di ciascuna delle tre categorie predette può essere opportuno ponderare, nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, l'importo stabilito in modo da tenere conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, e da adattare conseguentemente l'importo di base generale secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (in prosieguo: l'«importo di base specifico») (punto 1 A, sesto capoverso) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 227).

52.
    Quanto al fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti stabiliscono una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base stabilito per la gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo capoverso, dal primo al terzo trattino) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 228).

53.
    In seguito, gli orientamenti riportano, a titolo di esempio, un elenco di circostanze aggravanti e attenuanti che possono essere prese in considerazione per aumentare o diminuire l'importo di base, riferendosi poi alla comunicazione sulla cooperazione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 229).

54.
    A titolo di osservazione generale gli orientamenti precisano che l'ammenda calcolata secondo il detto schema (importo di base più o meno le percentuali di maggiorazione e di riduzione) non può in alcun caso superare il 10% del fatturato mondiale delle imprese, come previsto dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 [punto 5, lett. a)]. Inoltre gli orientamenti prevedono che, dopo avere effettuato i calcoli di cui sopra, siano presi in considerazione, secondo le circostanze, taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell'infrazione, le caratteristiche delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza, in fine, gli importi delle ammende in questione [punto 5, lett. b)] (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 230).

55.
    Ne discende che, secondo il metodo indicato negli orientamenti, il calcolo delle ammende continua ad essere effettuato in funzione dei due criteri citati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, vale a dire la gravità dell'infrazione e la sua durata, nel rispetto del limite massimo in relazione al fatturato di ciascuna impresa, stabilito con la medesima disposizione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 231).

56.
    Di conseguenza, gli orientamenti non trascendono il contesto giuridico delle sanzioni come definito da tale disposizione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 232).

57.
    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, neppure il cambiamento che potrebbe essere provocato dagli orientamenti rispetto alla prassi amministrativa anteriore della Commissione costituisce un'alterazione del contesto giuridico che determina l'importo delle ammende irrogabili contraria al principio generale d'irretroattività delle norme penali (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 233).

58.
    Infatti, da una parte, la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge di per sé da contesto giuridico alle ammende in materia di concorrenza, poiché tale contesto è definito esclusivamente dal regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 234).

59.
    Dall'altra, quanto al potere discrezionale lasciato alla Commissione dal regolamento n. 17, l'applicazione da parte di quest'ultima di un nuovo metodo di calcolo dell'importo delle ammende che può comportare in alcuni casi un aumento della loro entità generale, senza peraltro eccedere il limite massimo fissato nel medesimo regolamento, non può essere considerata un inasprimento, con effetto retroattivo, delle ammende come giuridicamente stabilite all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 235).

60.
    A tale riguardo è irrilevante sostenere che il calcolo delle ammende secondo il metodo indicato negli orientamenti, segnatamente a partire da un importo determinato in via di principio in funzione della gravità dell'infrazione, può condurre la Commissione ad infliggere ammende di maggiore entità rispetto alla sua prassi anteriore. Infatti, da una giurisprudenza consolidata risulta che la Commissione dispone, nell'ambito del regolamento n. 17, di un potere discrezionale nella determinazione dell'importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole della concorrenza (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59; 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. II-1799, punto 53, nonché 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127). Inoltre, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi d'infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per assicurare l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109; sentenze del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II-907, punto 309, e 14 maggio 1998, causa T-304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II-869, punto 89). L'efficace applicazione della normativa comunitaria della concorrenza implica al contrario che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze di tale politica (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109, e LR AF 1998/Commissione, cit., punti 236 e 237).

61.
    Infine, allorché la Commissione viene criticata per non aver determinato l'importo dell'ammenda basandosi sul fatturato relativo alle vendite di lisina nel SEE, vale a dire sul fatturato relativo alle vendite del prodotto oggetto dell'infrazione nel mercato geografico rilevante, occorre ricordare che l'unico riferimento espresso al volume d'affari contenuto nell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 riguarda il limite massimo che l'importo di un'ammenda non può superare. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, tale volume d'affari dev'essere inteso come relativo al fatturato complessivo (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 119; sentenze del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 160, e 6 aprile 1995, causa T-144/89, Cockerill-Sambre/Commissione, Racc. pag. II-947, punto 98). E' stato dichiarato, prima dell'adozione degli orientamenti, che la Commissione, per determinare l'importo delle ammende, può tener conto tanto del fatturato complessivo dell'impresa, che costituisce un'indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell'impresa stessa, quanto della frazione di quel dato proveniente dalle merci che sono state oggetto dell'infrazione, che è quindi atta a fornire un'indicazione della sua gravità. D'altro canto, non si deve attribuire né all'uno né all'altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, in modo che la determinazione dell'importo di un'ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 120 e 121; sentenze del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 94, e 14 maggio 1998, causa T-327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II-1373, punto 176).

62.
    E' stato inoltre dichiarato, prima dell'adozione degli orientamenti, che la Commissione può legittimamente determinare un'ammenda senza tenere conto dei diversi fatturati delle imprese interessate, con riserva dell'applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che fissa la soglia massima dell'ammenda irrogabile. Così, la Corte ha ritenuto che la Commissione potesse determinare previamente l'importo globale dell'ammenda e ripartirlo in seguito tra le imprese in funzione della quota media di mercato detenuta da ciascuna e delle eventuali circostanze attenuanti o aggravanti loro proprie (v. sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 45/69, Boehringer/Commissione, Racc. pag. 769, punto 55, e 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 51-53).

63.
    Dalla giurisprudenza di cui sopra risulta che, indipendentemente dal metodo ormai fissato negli orientamenti, la ricorrente non poteva comunque pretendere la determinazione dell'importo definitivo dell'ammenda sulla base di una percentuale del suo fatturato nel mercato rilevante.

64.
        Dalle considerazioni che precedono risulta che la censura vertente sulla violazione del principio d'irretroattività delle norme penali dev'essere respinta.

2. Sulla gravità dell'infrazione

Argomenti delle parti

Sulla violazione del principio di proporzionalità

65.
    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità in quanto ha fissato l'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità dell'infrazione, basandosi sul suo fatturato totale e non su quello relativo alle sue vendite di lisina nel SEE.

66.
    La ricorrente espone innanzitutto che, anche se la soglia del 10% di cui all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 si riferisce certamente al fatturato mondiale delle imprese interessate, nondimeno dalla giurisprudenza risulta che la Commissione non deve attribuire a tale fatturato un peso eccessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte del detto fatturato (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121). Inoltre, fino alla pubblicazione degli orientamenti, la prassi della Commissione sarebbe stata di non infliggere ammende superiori al 10% del fatturato dell'impresa per le vendite del prodotto di cui trattasi nel territorio della Comunità, prassi che essa stessa avrebbe ammesso di aver adottato.

67.
    Nella fattispecie la distinzione operata dalla Commissione, al punto 304 della Decisione, sulla base del fatturato totale delle imprese interessate condurrebbe a una sproporzione. Nel caso della Cheil, l'importo di base dell'ammenda, fissato in funzione della gravità dell'infrazione a EUR 15 000 000 (per un fatturato totale di EUR 1,5 miliardi), sarebbe infatti quasi identico al suo fatturato per le vendite di lisina nel SEE (EUR 17 000 000). Quand'anche fosse stato calcolato sulla base del fatturato mondiale per le vendite di lisina, pari a EUR 40 000 000, il detto importo non avrebbe mai potuto superare la somma di EUR 4 000 000. Un importo del genere sarebbe dunque eccessivo.    

    

68.
    La Commissione ribatte che l'ammenda dev'essere proporzionata alla gravità e alla durata dell'infrazione, conformemente all'art. 15 del regolamento n. 17. Inoltre, indipendentemente da un'eventuale prassi anteriore, essa ritiene di poter sempre aumentare l'importo delle ammende a fini dissuasivi, di modo che non sussiste necessariamente proporzione tra ammende inflitte in tempi diversi. Infine, e comunque, il fatturato della Cheil per la lisina nel SEE era il più elevato in seno al gruppo dei produttori meno importanti, per i quali l'importo di base dell'ammenda, in funzione della gravità dell'infrazione, è stato fissato a EUR 15 000 000.

Sulla violazione del principio di parità di trattamento

69.
    La ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione e non ha tenuto conto del punto 1 A, sesto e settimo capoverso, degli orientamenti nonché del principio di parità di trattamento di cui esso è espressione, in quanto ha fissato l'importo di base dell'ammenda, commisurato alla gravità dell'infrazione, ad un livello identico per la Sewon, per la Kyowa e per la ricorrente medesima nonostante quest'ultima abbia dimensioni molto più ridotte.

70.
        Al riguardo la Cheil fa valere che, secondo la giurisprudenza (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 120), le dimensioni e la potenza economica dell'impresa interessata costituiscono un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità dell'infrazione e ricorda che, ai sensi delle succitate disposizioni degli orientamenti, si deve tener conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa. Inoltre, conformemente al principio della parità di trattamento, situazioni diverse non vanno trattate in maniera identica, anche ove si tratti di fissare l'importo dell'ammenda (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, Buchmann/Commissione, causa T-295/94, Racc. pag. II-813).

    

71.
    Nella fattispecie, dalla stessa decisione risulterebbe che la Cheil era di gran lunga l'impresa meno forte fra tutte le partecipanti all'intesa e quella che produceva la minor quantità di lisina. In particolare, sarebbe pacifico che il piano di ripartizione quantitativa basato sulla forza sul mercato di ogni impresa le attribuiva volumi due o tre volte inferiori a quelli della Kyowa e della Sewon (punti 77, 78 e 104 della Decisione) e che nel 1994 le sue quote di mercato raggiungevano soltanto il 7 o l'8% contro il 19% della Kyowa e il 14% della Sewon (punti 154 e 267 della Decisione).

72.
    Alla luce di tali circostanze il confronto effettuato dalla Commissione sulla base dei fatturati globali realizzati dalle dette imprese nell'ultimo anno dell'infrazione (punto 304 della Decisione) sarebbe troppo semplicistico, perché non terrebbe conto dell'influenza limitata della Cheil sulle condizioni di concorrenza né del fatto che la Kyowa e la Sewon erano già presenti sul mercato da parecchi anni. Inoltre, dal fatturato della Cheil si evincerebbe che le dimensioni di tale impresa erano pari a circa la metà di quelle della Kyowa.

    

73.
    Le modeste dimensioni della Cheil rispetto alle altre imprese sarebbero altresì confermate dal fatto che, negli Stati Uniti, l'ammenda pagata dalla Kyowa ammontava a USD 10 milioni, mentre quella inflitta alla Cheil era di USD 1,25 milioni.

    

74.
    Quanto all'argomento della Commissione secondo cui, rispetto alla Kyowa e alla Sewon, la Cheil aveva il maggior fatturato per le vendite di lisina nel SEE nel corso dell'ultimo anno dell'infrazione, esso costituirebbe una giustificazione ex post visto che non figurerebbe in nessun punto della Decisione.

    

75.
    La Commissione ritiene, da un lato, che abbia agito in maniera perfettamente conforme agli orientamenti, i quali non costituiscono del resto un atto normativo e le lasciano un ampio potere discrezionale, e, dall'altro, che l'importo di base dell'ammenda determinato in funzione della gravità dell'infrazione non sia né sproporzionato né discriminatorio.

Giudizio del Tribunale

Sulla violazione del principio di proporzionalità

76.
    Come è stato osservato sopra, al punto 60, da una giurisprudenza consolidata risulta che la Commissione dispone, nell'ambito del regolamento n. 17, di un potere discrezionale nel determinare l'importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole della concorrenza. L'efficace applicazione di tali norme implica che la Commissione può sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica comunitaria della concorrenza, se del caso, aumentandone l'importo (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109).

    

77.
            Occorre ricordare che, nella Decisione, la Commissione ha determinato l'importo dell'ammenda imposta alla ricorrente applicando il metodo di calcolo che essa stessa si è data negli orientamenti. Orbene, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposte (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 53, confermata in seguito a impugnazione con sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I-4235, e la giurisprudenza citata). In particolare, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell'esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un'autolimitazione di questo potere in quanto la detta istituzione è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II-2169, punto 57, e 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 89).

78.
        Ai sensi degli orientamenti, la gravità delle infrazioni è stabilita in funzione di molteplici elementi, di alcuni dei quali la Commissione deve ormai tenere obbligatoriamente conto.

79.
    A tale proposito gli orientamenti dispongono che, a parte la natura dell'infrazione, il suo impatto reale sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo, è necessario valutare in che misura gli autori dell'infrazione abbiano l'effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto capoverso).

80.
        Del resto, si può altresì tener conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni sono meglio in grado di valutare il carattere di infrazione del loro comportamento e le conseguenze che ne derivano (punto 1 A, quinto capoverso).

81.
        Nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, può essere opportuno ponderare l'importo di base generale in modo da tener conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazioni, e da adattare conseguentemente tale importo secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (punto 1 A, sesto capoverso).

    

82.
    Occorre rilevare che gli orientamenti non prevedono che l'importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell'importo dell'ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo richiedano. In particolare, il fatturato può essere preso in considerazione al momento della valutazione dei diversi elementi elencati sopra, ai punti 79-81 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punti 283 e 284).

83.
    D'altro canto, occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, tra i criteri di valutazione della gravità dell'infrazione possono figurare, secondo i casi, il volume e il valore delle merci oggetto dell'infrazione, le dimensioni e la potenza economica dell'impresa e, pertanto, l'influenza che essa può aver esercitato sul mercato. Ne consegue, da un lato, che, per determinare l'ammenda, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell'impresa, il quale costituisce un'indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle sue dimensioni e della sua potenza economica, quanto della frazione di quel dato proveniente dalla vendita delle merci oggetto dell'infrazione e che è quindi atta a fornire un'indicazione della sua gravità. Ne risulta, dall'altro, che non si deve attribuire né all'uno né all'altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, di modo che la determinazione di un'ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 120 e 121; Parker Pen/Commissione, cit., punto 94, e SCA Holding/Commissione, cit., punto 176).

84.
    Nel caso di specie, dalla Decisione risulta che, per determinare l'importo di base dell'ammenda, la Commissione ha anzitutto preso in considerazione la natura dell'infrazione, il suo impatto concreto sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo. La Commissione ha poi indicato che, nell'ambito del trattamento differenziato da applicare alle imprese, occorreva tenere conto dell'«effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE», della portata dissuasiva dell'ammenda e delle rispettive dimensioni delle dette imprese. Per valutare tali elementi, la Commissione ha deciso di basarsi sul fatturato totale realizzato da ciascuna delle imprese in questione nel corso dell'ultimo anno dell'infrazione, ritenendo che il detto fatturato le consentisse «di valutare le risorse e l'importanza reale delle imprese interessate sui mercati interessati dalla loro condotta illegale» (punto 304 della Decisione).

85.
    La ricorrente lamenta precisamente che la Commissione ha preso in considerazione il fatturato di cui sopra, anziché quello proveniente dalle vendite del prodotto in questione nel SEE.

86.
    A questo punto va sottolineato che, vista una certa ambiguità derivante dalla lettura combinata della Decisione e delle memorie presentate dalla convenuta nel presente procedimento, la Commissione ha chiarito in udienza, su espressa richiesta del Tribunale, di aver tenuto conto non solo del fatturato «globale» delle imprese di cui trattasi, vale a dire quello relativo a tutte le loro attività, ma anche del fatturato mondiale nel mercato della lisina, due diversi fatturati riportati in una tabella inserita al punto 304 della Decisione. Inoltre, va rilevato che, ai sensi del punto 318 della Decisione, «la Commissione ha tenuto debito conto dell'importanza economica della specifica attività oggetto dell'infrazione nelle sue conclusioni relative alla gravità».

87.
    E' tuttavia pacifico che la Commissione non ha tenuto conto del fatturato realizzato dalle imprese in questione nel mercato interessato dall'infrazione, vale a dire quello della lisina nel SEE.

88.
    Orbene, con riferimento all'analisi dell'«effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE» (punto 304 della Decisione), che implica una valutazione dell'importanza reale delle dette imprese sul mercato interessato, vale a dire della loro influenza su quest'ultimo, il fatturato globale fornisce solo una visione inesatta delle cose. Non si può escludere, infatti, che un'impresa potente, con molteplici attività diverse, sia presente solo in maniera accessoria in un mercato di prodotti specifico come quello della lisina. Inoltre, non si può escludere che un'impresa con una posizione importante in un mercato geografico extracomunitario abbia soltanto una posizione debole nel mercato comunitario o del SEE. In casi del genere, il solo fatto che l'impresa interessata realizzi un fatturato globale significativo non vuol dire necessariamente che essa eserciti un'influenza determinante sul mercato interessato dall'infrazione. E' per questo motivo che la Corte ha sottolineato, nella sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punto 139), che le quote di mercato detenute da un'impresa, pur non essendo determinanti per concludere che essa fa parte di un gruppo economico potente, sono però rilevanti al fine di determinare l'influenza che essa ha potuto esercitare sul mercato. Ebbene, nel caso di specie la Commissione non ha tenuto conto né dell'entità delle quote di mercato delle imprese in questione nel mercato interessato, né del fatturato delle imprese nel mercato interessato (quello della lisina nel SEE), il quale avrebbe consentito, tenuto conto della mancanza di produttori terzi, di determinare l'importanza relativa di ciascuna impresa nel mercato rilevante facendo risultare indirettamente il valore delle rispettive quote di mercato (v. sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Racc. pag. 3831, punto 99).

89.
    D'altra parte, dalla Decisione risulta che la Commissione non ha fatto esplicito riferimento alla valutazione del «peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa», valutazione che essa deve ormai effettuare in forza degli orientamenti quando ritiene, come nel caso di specie, che sia opportuno ponderare gli importi di base dell'ammenda in quanto trattasi di un'infrazione che coinvolge più imprese (tipo cartello) tra le quali esistono disparità considerevoli di dimensioni (v. punto 1 A, sesto capoverso, degli orientamenti).

90.
    A tale proposito il riferimento nella Decisione (ultima frase del punto 304) all'«importanza reale delle imprese» non è tale da colmare la lacuna di cui sopra.

91.
    Infatti, la valutazione del peso specifico, ovvero dell'impatto reale, dell'infrazione commessa da ciascuna impresa consiste, in realtà, nel determinare l'entità dell'infrazione commessa da ciascuna di esse e non l'importanza dell'impresa in questione in termini di dimensioni o di potenza economica. Orbene, come risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II-1751, punto 369), la parte del fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell'infrazione può fornire una corretta indicazione dell'entità dell'infrazione nel mercato rilevante. In particolare, come ha sottolineato il Tribunale, il volume di affari realizzato sui prodotti che siano stati oggetto di una pratica restrittiva costituisce un elemento obiettivo che fornisce il giusto metro della nocività della pratica medesima rispetto al normale gioco della concorrenza (v. sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-151/94, British Steel/Commissione, Racc. pag. II-629, punto 643).

92.
    Da quanto sopra discende che, basandosi sui fatturati mondiali della ricorrente senza prendere in considerazione il suo fatturato nel mercato interessato dall'infrazione, quello della lisina nel SEE, la Commissione non ha osservato il punto 1 A, quarto e sesto capoverso, degli orientamenti.

93.
    Alla luce di ciò spetta al Tribunale verificare se il fatto di non aver preso in considerazione il fatturato nel mercato interessato e di aver pertanto tenuto in non cale gli orientamenti abbia condotto la Commissione a violare, nella fattispecie, il principio di proporzionalità quando ha fissato l'importo dell'ammenda. Al riguardo occorre ricordare che la valutazione della proporzionalità dell'ammenda inflitta alla gravità e alla durata dell'infrazione - criteri enunciati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 - rientra nella competenza giurisdizionale anche di merito conferita al Tribunale dall'art. 17 del medesimo regolamento.

94.
    Nel presente caso, la ricorrente fa valere, in sostanza, che l'importo di base specifico dell'ammenda, fissato in EUR 15 milioni, è eccessivo in quanto quasi equivale al suo fatturato nel mercato della lisina nel SEE durante l'ultimo anno d'infrazione, che è di EUR 17 milioni.

95.
    Occorre innanzitutto far presente che la circostanza che l'importo di base specifico dell'ammenda sia quasi equivalente al fatturato realizzato nel mercato di cui trattasi non è di per sé concludente. Tale importo, infatti, pari a EUR 15 000 000, costituisce solo un valore intermedio che, in sede di applicazione del metodo definito dagli orientamenti, viene poi adattato in funzione della durata dell'infrazione e delle circostanze aggravanti o attenuanti constatate.

96.
    In secondo luogo, la natura stessa dell'infrazione, l'impatto reale di quest'ultima, l'estensione geografica del mercato rilevante, la necessaria portata dissuasiva dell'ammenda e le dimensioni delle imprese in questione sono altrettanti elementi che la Commissione ha considerato, nella fattispecie, idonei a giustificare un tale importo intermedio. La convenuta ha giustamente qualificato l'infrazione «molto grave», in quanto la ricorrente ha partecipato ad un'intesa orizzontale avente ad oggetto la fissazione di obiettivi di prezzi e di quote di vendita e la creazione di un sistema di scambio d'informazioni sui quantitativi di vendita che ha esercitato un'influenza concreta sul mercato della lisina nel SEE facendo aumentare artificiosamente i prezzi e ridurre i detti quantitativi. Per quanto concerne le dimensioni delle imprese e la portata dissuasiva delle ammende, occorre sottolineare che la Commissione ha opportunamente deciso di basarsi sul fatturato globale delle imprese interessate. Secondo la giurisprudenza, infatti, è proprio il volume d'affari complessivo a rivelare le dimensioni di un'impresa (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121) nonché la sua potenza economica, determinante per valutare la portata dissuasiva di un'ammenda nei suoi confronti.

97.
    In terzo luogo va sottolineato che l'ammenda di EUR 15 000 000 inflitta alla ricorrente è notevolmente inferiore a quella minima di EUR 20 000 000 che gli orientamenti normalmente prevedono per questo tipo d'infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino).

98.
    Riferendosi esplicitamente al punto 121 della sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., la ricorrente fa altresì valere che, nel determinare l'importo dell'ammenda, la Commissione non deve attribuire un peso eccessivo al fatturato mondiale se le merci di cui trattasi non rappresentano che una modesta frazione di tale cifra. Al riguardo occorre ricordare che nella sentenza Parker Pen, cit., il Tribunale ha accolto il motivo vertente su una violazione del principio di proporzionalità perché la Commissione non aveva preso in considerazione il fatto che il fatturato realizzato con i prodotti cui si riferiva l'infrazione era relativamente esiguo rispetto a quello dell'insieme delle vendite realizzate dall'impresa in questione, il che ha giustificato una riduzione dell'importo dell'ammenda (punti 94 e 95).

99.
    Va osservato, per prima cosa, che la detta giurisprudenza concerne la fissazione dell'importo definitivo dell'ammenda e non, come nella fattispecie, dell'importo di base della stessa rispetto alla gravità dell'infrazione.

100.
    Poi, anche supponendo che la giurisprudenza di cui sopra possa essere trasposta alla fattispecie in esame, occorre ricordare che, nell'ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito, il Tribunale valuta altresì l'adeguatezza dell'importo delle ammende. Orbene, tale valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d'informazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I-10101, punti 53-55) quali, eventualmente, il fatturato realizzato dalla ricorrente nel mercato della lisina nel SEE, del quale la Decisione non tiene conto.

101.
    Al riguardo occorre sottolineare che dal confronto dei diversi fatturati della ricorrente per il 1995 risultano due elementi informativi. Da un lato, è vero che il fatturato proveniente dalle vendite di lisina nel SEE, pari a EUR 17 milioni, può essere considerato esiguo rispetto al fatturato complessivo, che ammonta a EUR 1,5 miliardi stando al punto 304 della Decisione e a quanto riferisce la ricorrente nelle sue memorie, ovvero a EUR 1,9 miliardi secondo il punto 18 della Decisione. Dall'altro lato, invece, risulta che il fatturato delle vendite di lisina nel SEE rappresenta una quota importante del fatturato realizzato dalla Cheil nel mercato mondiale della lisina, pari al 42,5% o al 32,7% a seconda che lo si quantifichi in EUR 40 milioni, come indicato al punto 304 della Decisione e riferito dalla ricorrente nelle sue memorie, oppure in EUR 52 milioni, come indicato al punto 18 della Decisione.

102.
    Poiché le vendite di lisina nel SEE rappresentano quindi non una parte esigua, bensì una quota significativa di quest'ultimo fatturato, non si può addurre validamente una violazione del principio di proporzionalità, tanto più che l'importo di base dell'ammenda non è stato determinato soltanto mediante un mero calcolo rapportato al fatturato complessivo, ma anche sulla scorta del fatturato settoriale e di altri elementi rilevanti quali la natura dell'infrazione, l'impatto reale di quest'ultima sul mercato, l'estensione del mercato rilevante, la necessaria portata dissuasiva della sanzione, le dimensioni e la potenza dell'impresa.

103.
    Per le ragioni suesposte il Tribunale giudica, nell'esercizio della sua competenza giurisdizionale, che l'importo di base dell'ammenda determinato in funzione della gravità dell'infrazione commessa dalla Cheil è adeguato e che, siccome la mancata considerazione degli orientamenti da parte della Commissione non ha provocato nella fattispecie una violazione del principio di proporzionalità, occorre allora respingere la censura dedotta a tale proposito dalla ricorrente.

Sulla violazione del principio di parità di trattamento

104.
    Nel determinare l'importo delle ammende la Commissione non può non tener conto del principio della parità di trattamento, principio generale del diritto comunitario che, secondo una giurisprudenza costante, viene trasgredito soltanto quando situazioni analoghe siano trattate in maniera differenziata o quando situazioni diverse siano trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II-1129, punto 309, e la giurisprudenza citata).

105.
    In conformità a tale principio, il punto 1 A, sesto capoverso, degli orientamenti prevede che, in caso di infrazioni commesse da più imprese, gli importi di base delle ammende possano essere ponderati in modo da tener conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante l'infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione.

106.
    Così, ai sensi del punto 1 A, settimo capoverso, degli orientamenti, il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo in determinate circostanze all'applicazione di importi differenti per le imprese interessate, senza che tale differenziazione risponda a un calcolo rigorosamente aritmetico.

107.
    Nella Decisione (punti 303 e 304) la Commissione ha constatato che esisteva una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese autrici dell'infrazione. Di conseguenza, essa ha ritenuto che, per tener conto dell'effettiva capacità delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE e della necessità di fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo, occorresse, con riferimento alle dimensioni di tali imprese, suddividerle in due gruppi: da un lato, l'Ajinomoto e l'ADM, alle quali è stata inflitta un'ammenda di base di EUR 30 000 000 e, dall'altro, la Kyowa, la Cheil e la Sewon, sanzionate con un'ammenda di base di EUR 15 000 000.

108.
    Contrariamente all'argomento sviluppato nell'ambito del motivo vertente su una violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente non lamenta più, ormai, l'omessa considerazione del fatturato nel mercato della lisina nel SEE. Sulla scorta segnatamente del confronto dei fatturati mondiali delle imprese partecipanti all'intesa essa definisce discriminatorio l'importo di base dell'ammenda irrogatale.

109.
    Anche se il fatturato globale della ricorrente nel 1995, pari a EUR 1,5 o magari a EUR 1,9 miliardi (punti 304 e 18 della Decisione), risultava, in effetti, notevolmente inferiore a quello realizzato dalla Kyowa e notevolmente superiore a quello della Sewon, imprese con le quali essa è stata raggruppata, non si può tuttavia concludere che nella fattispecie è stato violato il principio della parità di trattamento.

110.
    Invero, la comparazione dei fatturati realizzati nel mercato mondiale della lisina dalla Cheil, dalla Kyowa e dalla Sewon, riportati nella seconda colonna della tabella figurante al punto 304 della Decisione, rivela che a buon diritto tali imprese sono state raggruppate insieme e sanzionate con un'ammenda di base identica.

111.
    Così, la ricorrente ha realizzato nel 1995 un fatturato nel mercato mondiale della lisina di EUR 40 000 000 ovvero 52 000 000 secondo il punto 18 della Decisione. Occorre osservare che il detto fatturato - di EUR 40 000 000 o 52 000 000 - è relativamente vicino a quello della Sewon, che è nel caso di EUR 67 000 000, e di non molto inferiore a quello della Kyowa, pari a EUR 73 000 000, e che la Commissione poteva legittimamente ragionare, nella fattispecie, in termini di ordine di grandezza ai sensi del punto 1 A, settimo capoverso, degli orientamenti.

112.
    La Commissione sostiene, peraltro, che la suddivisione operata è giustificata dalla comparazione dei fatturati nel mercato della lisina nel SEE realizzati dalle imprese di cui trattasi.

113.
    E' pacifico che nella fattispecie la Commissione non ha tenuto conto di tali fatturati, in violazione del punto 1 A, sesto capoverso, degli orientamenti (v. supra, punto 92). Occorre ricordare, tuttavia, come indicato sopra al punto 93, che nell'ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito riconosciutagli dagli artt. 229 CE e 17 del regolamento n. 17, il Tribunale valuta altresì l'adeguatezza dell'importo delle ammende. Orbene, tale valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d'informazione quali, eventualmente, il fatturato realizzato dalle imprese in causa nel mercato della lisina nel SEE (v., in tal senso, sentenza della Corte SCA Holding/Commissione, cit., punti 53-55).

114.
    A considerare il suo fatturato nel mercato della lisina nel SEE appare precisamente che la ricorrente versi in una situazione quasi identica a quella degli altri «piccoli» produttori ossia le società Sewon e Kyowa. Mentre l'Ajinomoto e l'ADM hanno realizzato, nel 1995, nel detto mercato fatturati pari [rispettivamente] a EUR 75 000 000 e 41 000 000 (punti 5 e 10 della Decisione), i fatturati della Cheil, della Kyowa e della Sewon nel medesimo mercato ammontavano, rispettivamente, a EUR 17 000 000, 16 000 000 e 15 000 000. Sembra così che l'influenza della ricorrente sul mercato in questione fosse, contrariamente alle sue affermazioni, paragonabile a quella degli altri due «piccoli» produttori, la Sewon e la Kyowa. Visto che tali imprese hanno partecipato tutte alla medesima infrazione, è giusto che l'importo di base dell'ammenda loro inflitta sia identico.

115.
    Ne consegue che l'importo di base di EUR 15 000 000 stabilito dalla Commissione non è discriminatorio; gli argomenti della ricorrente vertenti sulla modestia delle sue quote di mercato e dell'ammenda inflitta dalle autorità americane, ritenuti peculiari alle sue dimensioni ridotte, non possono inficiare tale conclusione.

3. Sulla durata dell'infrazione

Argomenti delle parti

Sulla sproporzione della maggiorazione

116.
    La ricorrente contesta la maggiorazione del 30% operata in funzione della durata dell'infrazione poiché, ai termini dell'art. 1, lett. e), della Decisione, questa si è protratta nel caso della Cheil dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995 ossia per due anni e dieci mesi. Una tale maggiorazione costituirebbe un errore manifesto di valutazione e sarebbe contraria agli orientamenti.

117.
    Al riguardo la ricorrente osserva che, ai sensi del punto 313 della Decisione, l'importo di base commisurato alla gravità dell'infrazione è stato maggiorato del 10% all'anno. Dal punto 1 B, primo capoverso, primo trattino, degli orientamenti risulterebbe, peraltro, che per infrazioni di durata inferiore a un anno non possono applicarsi maggiorazioni. Infine, la Commissione avrebbe maggiorato soltanto del 40% l'importo di base dell'ammenda inflitta all'Ajinomoto, alla Sewon e alla Kyowa, anche se la loro infrazione si era protratta per non meno di cinque anni. Alla luce di tali circostanze il trattamento riservato alla ricorrente sarebbe incoerente.

118.
    La ricorrente ritiene che, sull'esempio dell'Ajinomoto, della Sewon e della Kyowa, in base al sistema istituito dagli orientamenti la maggiorazione annua del 10% si applichi solo per anni successivi al primo. In ogni caso, avrebbe potuto essere applicata solo una maggiorazione totale del 18% o al massimo del 20%.

119.
    La Commissione ricorda che il punto 1 B, primo capoverso, secondo trattino, degli orientamenti prevede che la maggiorazione dell'importo dell'ammenda a titolo della gravità dell'infrazione possa arrivare al 50% per infrazioni di una durata compresa tra 1 e 5 anni. Gli orientamenti non esigerebbero dunque una maggiorazione proporzionale alla durata effettiva dell'infrazione o calcolata secondo una percentuale stabilita per ciascun anno. E' vero che il punto 313 della Decisione preciserebbe che gli importi di base determinati in funzione della gravità dell'infrazione sono stati maggiorati del 10% per ogni intero anno. Tuttavia, l'aver assimilato una durata di due anni e dieci mesi a una di tre anni non può essere ritenuto un errore manifesto di valutazione. Sarebbe infatti indice di eccessivo formalismo affermare che la maggiorazione dell'ammenda della Cheil doveva essere del 28,33%.

120.
    Il fatto che all'Ajinomoto, alla Kyowa e alla Sewon sia stata applicata una maggiorazione del 40% per un'infrazione durata cinque anni sarebbe irrilevante. Da un lato, la Commissione ritiene di aver esercitato il potere discrezionale conferitole dagli orientamenti; dall'altro, anche a supporre che la detta maggiorazione crei una disparità di trattamento tra la Cheil e gli altri produttori, la sola conclusione logica da trarsene sarebbe che le ammende inflitte a queste ultime avrebbero dovuto essere più elevate, applicando un aumento del 50%, e non che la maggiorazione a carico della Cheil avrebbe dovuto essere minore.

121.
    Infine, la Commissione reputa infondata la tesi secondo cui gli orientamenti imporrebbero di non tener conto del primo anno d'infrazione. Un aumento sarebbe escluso, infatti, solo nell'ipotesi in cui la durata dell'infrazione fosse inferiore a un anno.

Sull'esclusione della Cheil dalle riunioni del cartello per un periodo di quattro mesi e sulla sua mancata partecipazione agli accordi sui quantitativi e agli scambi di informazioni per un periodo di diciotto mesi

122.
    La ricorrente sostiene per prima cosa che la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatto che essa non ha partecipato alle riunioni del cartello tra l'8 dicembre 1993 e il 10 marzo 1994 avendola gli altri membri esclusa dall'intesa. A suo parere, la Commissione doveva ridurre di quattro mesi la durata dell'infrazione o, almeno, considerare come circostanza attenuante il suo ruolo passivo nel corso di questo periodo.

123.
    Secondo la ricorrente, dal fascicolo risulta che essa è stata esclusa dalla riunione dell'8 dicembre 1993 ad iniziativa dell'Ajinomoto, della Kyowa e della Sewon e che è stata riammessa soltanto alla riunione di Honolulu del 10 marzo 1994, nella seduta pomeridiana, dopo essere stata esclusa dalla seduta mattutina a causa della sua opposizione a qualsivoglia limitazione della produzione.

124.
    La ricorrente fa valere poi che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione non tenendo conto del fatto che tra l'agosto 1992 e il marzo 1994 essa non ha partecipato né agli accordi sui quantitativi né agli scambi di informazioni sui volumi delle vendite.

125.
    Con riferimento innanzitutto agli accordi sui quantitativi, la ricorrente afferma di aver accettato la ripartizione individuale dei volumi di vendita solamente il 10 marzo 1994, nella riunione di Honolulu, conclusione cui sarebbero pervenute anche le autorità americane nell'ambito del procedimento penale.

126.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'accordo sullo scambio di informazioni relative ai volumi di vendita, la Commissione non avrebbe considerato neppure che la Cheil vi aveva aderito solamente dal 10 marzo 1994 al 27 giugno 1995. Sarebbe illogico non riconoscere alla Cheil di aver preso parte a tale accordo solo in seconda battuta, come ammesso al punto 224 della Decisione, e, parallelamente, concedere alla Sewon di avervi partecipato all'inizio, ma di essersi poi ritirata.

127.
    La Commissione contesta la fondatezza dell'argomento della Cheil, ma riconosce che quest'ultima ha aderito all'accordo sullo scambio d'informazioni soltanto il 10 marzo 1994 e che tale accordo era stato concluso già prima, nel corso di una riunione alla quale la Cheil non era presente; constatazione che[, però,] di per sé non giustificherebbe una riduzione dell'aumento dovuto alla durata dell'infrazione.

Giudizio del Tribunale

128.
    Conformemente all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la durata dell'infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l'importo dell'ammenda da infliggere alle imprese colpevoli d'infrazioni alle regole della concorrenza.

129.
    Per quanto riguarda il fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti operano una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base adottato in considerazione della gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali il detto importo può essere maggiorato fino al 50%, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, dal primo al terzo trattino).

130.
    Al punto 313 della Decisione la Commissione afferma quanto segue: «Nel caso in esame, le imprese interessate hanno commesso un'infrazione di media durata (da tre a cinque anni). Gli importi di base delle ammende, determinati in funzione della gravità (v. ‘considerando’ 305), sono, di conseguenza, maggiorati del 10% all'anno, ossia del 30% per l'ADM e la Cheil e del 40% per l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon».

131.
    Relativamente alla maggiorazione applicata nei confronti della Cheil, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 1, lett. e), del dispositivo della Decisione, l'infrazione di tale impresa si è protratta dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995 ossia per due anni e dieci mesi.

132.
    La ricorrente afferma, in sostanza, che, assimilando tale durata dell'infrazione a una di tre anni pieni, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione, nonché ha violato gli orientamenti, e che la maggiorazione effettuata non avrebbe dovuto superare in nessun caso il 20%.

133.
    Al riguardo va respinto l'argomento della ricorrente secondo cui dalle disposizioni del punto 1 B degli orientamenti risulta che il primo anno d'infrazione non dev'essere calcolato. A tale proposito è infatti disposto unicamente che non si applichino maggiorazioni per le infrazioni di breve durata, in genere inferiori ad un anno. Al contrario, è praticata una maggiorazione per le infrazioni più durature, una maggiorazione fino al 50% qualora, come nella fattispecie, l'infrazione si sia protratta da uno a cinque anni.

134.
    Peraltro, quest'ultima disposizione non stabilisce una maggiorazione automatica del 10% annuo per le infrazioni di durata media, ma lascia al riguardo un potere discrezionale alla Commissione. Parimenti, del resto, il punto 1 B, terzo trattino, degli orientamenti, concernente le infrazioni di lunga durata, prevede soltanto che la maggiorazione «p[ossa]» essere pari al 10% annuo.

135.
    Occorre osservare, tuttavia, che nella Decisione la Commissione ha attuato gli orientamenti applicando una maggiorazione del 10% annuo a carico di tutte le imprese partecipanti all'infrazione, opportunamente qualificata di media durata.

136.
    Ora, è giocoforza rilevare che tale principio si è tradotto nell'applicazione di una maggiorazione dell'ammenda di base pari, da un lato, al 40%, anziché al 50%, per le società Sewon, Kyowa e Ajinomoto che avevano commesso un'infrazione di cinque anni [v. art. 1, lett. b)-d), della Decisione che constata che la partecipazione di tali imprese all'infrazione è durata «almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995»] e, dall'altro, al 30% per la Cheil, che aveva commesso un'infrazione di durata inferiore a tre anni.

137.
    Occorre pertanto constatare che la maggiorazione del 30% applicata alla Cheil, sebbene di per sé non sia contraria agli orientamenti, è nondimeno manifestamente erronea alla luce della valutazione della Commissione esposta al punto 313 della Decisione sulla cui base essa ha asserito di applicare alle imprese interessate le maggiorazioni in funzione della durata dell'infrazione.

138.
    E' importante sottolineare, inoltre, che la Commissione non ha motivato il detto quantum del 30% nei confronti della Cheil, né del resto il quantum del 40% nei confronti delle tre imprese summenzionate, nonostante avesse in precedenza affermato un principio di maggiorazione del 10% per anno.

139.
    Considerato che l'infrazione della Cheil non si è protratta per più di tre anni compiuti e che la Commissione ha in realtà applicato alla Sewon, alla Kyowa e all'Ajinomoto una maggiorazione inferiore al 10% annuo, sembra giustificato che il Tribunale, esercitando la sua competenza giurisdizionale, riduca la maggiorazione dell'ammenda di base della Cheil al 20%, vale a dire la riduca a EUR 18 000 000.

140.
    Al contrario, vanno respinti gli argomenti della Cheil vertenti su un'esclusione dal cartello per quattro mesi a motivo di un conflitto con gli altri membri dell'intesa sulla ripartizione dei volumi, nonché sulla mancata partecipazione agli accordi sui volumi di vendita e sullo scambio di informazioni fino al mese di marzo 1994. Da un lato, non è controverso che dal 27 agosto 1992 al giugno 1995 la Cheil ha partecipato all'aspetto principale dell'infrazione ossia all'accordo sui prezzi (v., in particolare, punti 79, 81, 90 e 92 della Decisione); dall'altro, dalla Decisione (v., in particolare, punti 77, 78, 87, 104, 116, 118, 126 e 128) risulta chiaramente che, riguardo ai volumi delle vendite, la Cheil non si è detta in disaccordo con la necessità di una ripartizione dei volumi fra i produttori al fine di mantenere i prezzi ad un livello elevato, ma anzi ha reclamato una quota individuale maggiore, accettando così il principio di limitazione delle vendite di ciascun produttore, e ciò fino al mese di marzo 1994, quando ha accettato l'offerta propostale. Come è evidente nella giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 232, confermata in seguito a ricorso dell'8 luglio 1999, Hercules Chemicals/Commissione, cit.), elementi siffatti provano adeguatamente che la Cheil ha partecipato al sistema di quote anche nel periodo compreso tra il dicembre 1993 e il marzo 1994.

141.
    Si deve inoltre constatare che la Commissione ha ben precisato nella Decisione (punto 224) che la ricorrente ha sottoscritto l'accordo sullo scambio d'informazioni relative ai volumi di vendita, stipulato dalle altre imprese aderenti al cartello in data 8 dicembre 1993 con attuazione prevista per l'inizio del 1994, il 10 marzo 1994.

142.
    Alla luce di tali dati non può darsi seguito all'affermazione della ricorrente secondo cui quest'ultima ha aderito «con ritardo» all'accordo di cui trattasi; il breve lasso di tempo intercorso tra la stipula del detto accordo, ovvero la sua esecuzione, e la partecipazione allo stesso della ricorrente non permette in nessun caso di concludere che la Commissione è incorsa in un errore manifesto in sede di quantificazione dell'aumento in rapporto alla durata dell'infrazione, sí da giustificare una riduzione della maggiorazione.

143.
    In quanto la ricorrente asserisce che la durata limitata della sua partecipazione all'accordo sullo scambio di informazioni relative ai volumi di vendita «non è stata considerata nella Decisione che la Commissione ha adottato sanzionandola per un'infrazione globale della durata di tre anni», occorre ricordare che la convenuta ha giustamente considerato che la serie di accordi anticoncorrenziali delle imprese interessate è stata conclusa nel contesto di un unico piano comune avente per scopo di regolare i prezzi e l'offerta sul mercato della lisina. In merito la ricorrente non deduce nessun argomento idoneo a dimostrare l'erroneità della conclusione della Commissione secondo cui i comportamenti tenuti da tali imprese, compresa la stipula dell'accordo sullo scambio di informazioni, integrano un'infrazione unica continuata.

144.
    Si deve infine sottolineare che, se è pacifico che la ricorrente ha certamente partecipato all'infrazione contestata, dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995, appurare se tale partecipazione sia stata attiva o meramente passiva e verificare se di fatto gli accordi non furono applicati rientra nel susseguente esame dell'omessa considerazione di circostanze attenuanti da parte della Commissione.

4. Sulle circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

Sul ruolo passivo della Cheil

145.
    La ricorrente sostiene che il suo ruolo secondario nelle attività dell'intesa giustificava una riduzione dell'ammenda, in conformità al punto 3, primo trattino, degli orientamenti. Deporrebbero in tal senso anche la prassi decisionale della Commissione [decisione della Commissione 21 dicembre 1988, 89/190/CEE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CEE (IV/31.865 - PVC) (GU 1989, L 74, pag. 1)] e la giurisprudenza (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-334/94, Sarrió/Commissione, Racc. pag. II-1439, punto 411).

146.
    Nella fattispecie sarebbe pacifico che l'intesa «Asia-Europa», citata ai punti 50-68 della Decisione, è stata attuata prima che la Cheil entrasse nel mercato della lisina e aderisse all'intesa il 27 agosto 1992. Anche dopo tale data il ruolo della Cheil sarebbe rimasto passivo. Per esempio, essa non avrebbe partecipato alla riunione del 27 maggio 1993 nel corso della quale l'Ajinomoto e la Kyowa hanno chiesto alla Sewon di persuaderla ad un aggiustamento dei volumi. Il ruolo marginale della Cheil, dovuto alle sue modeste dimensioni, emergerebbe pure dalla riunione di Vancouver del 24 giugno 1993, durante la quale tutte le società tranne la Cheil hanno concordato sulla costituzione di un'organizzazione ufficiale per la lisina (punto 110 della Decisione). Inoltre la Cheil non verrebbe mai citata come leader o come membro attivo dalle altre società, che pur vogliono declinare le loro responsabilità. Infine, la Commissione si sarebbe basata unicamente sul fatto che la Cheil aveva partecipato alle riunioni, senza considerare la sua esclusione da alcune di esse o il basso profilo quivi tenuto. Un'impostazione del genere, che non terrebbe conto del ruolo defilato della Cheil e porterebbe ad assimilarla ad un produttore del calibro della Kyowa, sarebbe già stata sanzionata in passato, con la citata sentenza BPB de Endracht/Commissione.

147.
    La Commissione osserva che, nel calcolare la durata dell'infrazione, si è tenuto conto del ritardo con cui la Cheil è entrata nel mercato, ma che per le ragioni esposte ai punti 361-364 della Decisione tale circostanza non basta a far ritenere che la detta impresa abbia svolto un ruolo passivo.

Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

148.
    La ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto, conformemente al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, accordarle una riduzione dell'importo dell'ammenda non avendo essa applicato di fatto nessuno degli accordi illeciti.

149.
    L'interpretazione della Commissione secondo cui tale disposizione degli orientamenti riguarderebbe soltanto il caso in cui un'intesa nel suo insieme non venisse attuata sarebbe doppiamente errata. Per un verso, sarebbe ingiusto non ricompensare una società che non ha messo in atto un'intesa e non ha dunque leso gli interessi dei consumatori. Per l'altro, tutte le altre circostanze attenuanti di cui al punto 3 degli orientamenti concernerebbero l'azione individuale delle diverse società.

150.
    In limine la Commissione sostiene che l'espressione «non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite» contenuta negli orientamenti concerne il caso in cui un'intesa, nel suo insieme, non viene applicata o è inattiva per un certo periodo. Per contro, la situazione individuale dei membri di un'intesa attiva non sarebbe contemplata, in particolare ove si tratti di un'impresa che, come la Cheil, avrebbe partecipato attivamente alle discussioni e non si sarebbe dissociata in nulla. Tale interpretazione sarebbe confermata dalla giurisprudenza, soprattutto dalla sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-308/94, Cascades/Commissione (Racc. pag. II-925, punto 230) con cui è stato affermato che la circostanza che un'impresa non abbia adeguato il proprio comportamento nel mercato a quello concordato con i suoi concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione come circostanza attenuante. Infatti una tale impresa può semplicemente tentare di avvalersi dell'intesa a proprio vantaggio.

- Sugli accordi sui prezzi

151.
    La ricorrente fa valere che, ai sensi della Decisione medesima, i prezzi successivamente concordati nelle riunioni dei partecipanti all'intesa non corrispondevano mai a quelli che, in base alla tabella contenuta al punto 47 della Decisione, essa praticava.

152.
    Inoltre, dal grafico presentato dalla ricorrente in risposta alla comunicazione degli addebiti (allegato 12 al ricorso) risulterebbe con chiarezza che i prezzi da essa praticati erano in media inferiori del 25% ai prezzi obiettivo concordati nelle riunioni tra i partecipanti all'intesa.

153.
    Di conseguenza, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione e violato gli orientamenti negando alla Cheil una riduzione dell'ammenda per mancata applicazione di fatto degli accordi sui prezzi.

154.
    La Commissione ribatte che i dati forniti dalla ricorrente non infirmano le constatazioni fatte nella Decisione, in particolare ai punti 376 e 377, ai cui sensi per l'attuazione di un accordo sui prezzi obiettivo non è necessario che i prezzi siano effettivamente applicati nel mercato, bensì che le imprese si sforzino di praticarli.

155.
    Sarebbe inoltre pacifico che la Cheil era presente alla maggior parte delle riunioni nelle quali sono stati decisi i prezzi, sicché spettava ad essa provare che, ciononostante, la sua politica dei prezzi era il risultato di una concorrenza libera e piena. Inoltre, i fatti enunciati al punto 47 della Decisione proverebbero che i prezzi praticati dalla Cheil non erano i più bassi del mercato e che seguivano l'evoluzione dei prezzi richiesti dai partecipanti all'intesa.

- Sugli accordi sui quantitativi

156.
    La ricorrente sostiene che risulta, innanzitutto, dalla Decisione medesima che essa non ha applicato l'accordo sulla ripartizione dei volumi (punto 214) e che, anzi, ha caldeggiato un incremento della produzione (punti 108 e 116), come proverebbe anche la sua esclusione dalla seduta mattutina della riunione di Honolulu del 10 marzo 1994 avente ad oggetto le quote.

157.
    Peraltro la Commissione non avrebbe respinto esplicitamente gli elementi probatori da essa prodotti per dimostrare che aveva condotto studi di fattibilità e ordinato attrezzature in vista del raddoppiamento della sua capacità di produzione (allegato 13 al ricorso). Invero la Commissione si sarebbe accontentata di presumere che gli accordi fossero applicati da tutte le società partecipanti agli incontri (punto 380 della Decisione). Orbene, sottovalutando gli elementi probatori della Cheil attestanti uno scarto significativo tra i prezzi concordati e quelli che quest'ultima praticava, la Commissione l'avrebbe in sostanza trattata alla stregua delle altre società che non avevano apportato tale prova.

158.
    Pertanto la Commissione avrebbe non solo commesso un errore manifesto di valutazione e ignorato gli orientamenti, ma avrebbe altresì violato il principio di parità di trattamento.

159.
    Quanto all'argomento secondo cui l'accordo concerneva quantitativi minimi, esso sarebbe illogico: quand'anche ciò fosse vero, né la Cheil né la Sewon avrebbero reclamato quote maggiori.

160.
    La Commissione replica che la Cheil partecipava volontariamente a un accordo che prevedeva l'attribuzione di quote e che il suo isolato disaccordo con gli altri membri dell'intesa dipendeva dal fatto che essa voleva una quota più significativa.

161.
    Il fatto che essa abbia potuto vendere quantitativi maggiori di quelli che le altre imprese tentavano di imporle non sarebbe una circostanza attenuante, perché le quote fissate non costituivano che quantitativi minimi (punto 378 della Decisione). Tale constatazione non sarebbe incompatibile con l'autolimitazione delle vendite da parte dei produttori, in quanto i membri dell'intesa non avevano potuto accordarsi su quote fisse bensì solo sulle quote minime di mercato che dovevano conservare. A tale proposito sarebbe importante osservare che la quota del mercato mondiale attribuita alla Cheil era del 7% e che la sua quota effettiva era rimasta dell'8% (punto 267 della Decisione).

162.
    Infine, i piani di incremento delle capacità di produzione sarebbero irrilevanti, poiché non equivalgono ai quantitativi di vendita.

- Sull'accordo sullo scambio d'informazioni relative ai quantitativi di vendita

163.
    La ricorrente sostiene di aver sistematicamente fornito informazioni inesatte agli altri membri dell'intesa. Ebbene, sussisterebbe un livello a partire dal quale le informazioni rese sono a tal punto inesatte che comunicarle equivale a non applicare di fatto l'accordo. Infatti, in tal caso, le conseguenze dell'infrazione sul mercato sarebbero minori.

164.
    La Commissione chiede al Tribunale di respingere la tesi secondo cui la partecipazione attiva a un'intesa nel tentativo di ingannarne i membri sarebbe una pratica meritoria che giustifica una riduzione dell'ammenda. Nel procedimento amministrativo la Cheil avrebbe del resto asserito di aver partecipato all'intesa proprio per ottenere informazioni sul mercato della lisina, argomento confutato al punto 364 della Decisione.

Giudizio del Tribunale

Sul ruolo passivo della Cheil

165.
    Come risulta dalla giurisprudenza, qualora un'infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (sentenze della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73, 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 623, e 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 150), per determinare se esistano, nei loro confronti, circostanze aggravanti o attenuanti.

166.
    I punti 2 e 3 degli orientamenti prevedono una variazione dell'importo di base dell'ammenda in funzione di determinate circostanze aggravanti e attenuanti.

167.
    In particolare, il «ruolo esclusivamente passivo o emulativo» di un'impresa nel perpetrare un'infrazione costituisce, ove provato, una circostanza attenuante, in conformità al punto 3, primo trattino, degli orientamenti, in quanto tale ruolo passivo implica che l'impresa interessata tenga un «profilo basso», ossia non partecipi attivamente all'elaborazione dell'accordo o degli accordi anticoncorrenziali.

168.
    Risulta dalla giurisprudenza che, tra gli elementi idonei a rivelare il ruolo passivo di un'impresa all'interno di un'intesa, si possono annoverare la sporadicità sempre più evidente delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell'intesa (v., in tal senso, sentenza BPB de Eendracht/Commissione, cit., punto 343), come pure il fatto di essere giunta tardi nel mercato oggetto dell'infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione a quest'ultima (v., in tal senso, sentenza Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, cit., punto 100) oppure ancora il rilascio di dichiarazioni in tal senso da parte di rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all'infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-317/94, Moritz J. Weig/Commissione, Racc. pag. II-1235, punto 264).

169.
    Nella fattispecie, la Cheil invoca in sostanza di essere entrata tardi nel mercato, di non aver partecipato a talune riunioni sui quantitativi di vendita ovvero sulla costituzione di un organismo professionale, di avere dimensioni modeste nonché di non essere stata citata fra i membri attivi dagli altri produttori.

170.
    Occorre immediatamente respingere l'argomento della Cheil secondo cui essa non è stata citata fra i membri attivi dell'intesa dalle altre imprese aderenti al cartello. Infatti, se è vero che si può tener conto di dichiarazioni esplicite circa il ruolo svolto da un'impresa all'interno di un'intesa, purché rese da rappresentanti di imprese terze (v., in tal senso, sentenza Weig/Commissione, cit., punto 264), è vero pure che, al contrario, all'assenza di tali dichiarazioni non si può attribuire alcun valore probatorio.

171.
    Parimenti va respinto come non pertinente l'argomento della Commissione secondo cui nel calcolo della durata dell'infrazione si è considerato che la Cheil è entrata tardi nel mercato. Calcolare la durata di un'infrazione commessa da un'impresa è infatti altro dal verificare il ruolo, attivo o passivo, svolto da quest'ultima.

172.
    Con riferimento specifico al suo ingresso nel mercato della lisina va detto che la Cheil, come l'ADM, si è affacciata ad esso nel 1991, ossia in un momento in cui l'intesa asiatico-europea raggruppante l'Ajinomoto, la Sewon e la Kyowa era già costituita da parecchi mesi, per l'esattezza dal luglio 1990 (punti 50-68 della Decisione). Inoltre, a differenza dell'ADM, la Cheil non ha partecipato alla riunione di Città del Messico del 23 giugno 1992 che segna una della fasi cruciali dell'intesa mirando a istituire un nuovo meccanismo di controllo dei prezzi e dei quantitativi sulla base dell'ingresso nel mercato di nuovi produttori (punti 72-75 della Decisione).

173.
    E' pacifico che il 27 agosto 1992 i produttori asiatici hanno tenuto una riunione nei locali della ricorrente a Seoul nel corso della quale essi hanno convenuto l'incremento dei prezzi proposto dall'ADM (punto 79 della Decisione). Tale data segna l'esordio dell'adesione della Cheil all'intesa, il che è indubbio non meno della sua partecipazione continuata alle riunioni concernenti l'accordo sui prezzi. Inoltre, dalla Decisione risulta che, pur essendo entrata tardi nel mercato, la Cheil ha richiesto ben presto l'attribuzione di una quota più significativa di quella propostale (punti 77 e 78 della Decisione), insistendo fino al 10 marzo 1994, quando ha accettato la quota offertale.

174.
    Anche se tale comportamento della Cheil non pare corrispondere esattamente a quello di un'impresa dal ruolo passivo, occorre sottolineare che le conseguenze dell'ingresso tardivo della Cheil nel mercato e della sua posizione nei confronti degli altri produttori in ordine ai volumi di vendita devono essere valutate alla luce degli altri elementi invocati, vale a dire del numero delle riunioni cui ha partecipato e della modestia delle sue dimensioni.

175.
    Quanto alla frequenza delle partecipazioni della Cheil alle riunioni dei produttori aventi ad oggetto i quantitativi, nella prima fase della sua partecipazione all'intesa (tra il 27 agosto 1992 e il 10 marzo 1994) essa risulta certamente inferiore a quella degli altri partecipanti.

176.
    Se si escludono, durante tale periodo, le riunioni delle due capofila dell'intesa, alle quali essa non aveva beninteso preso parte, e le altre riunioni relative ai prezzi, alle quali era invece presente (punti 79, 81, 90 e 94 della Decisione), dalla Decisione risulta che la Cheil non ha partecipato a parecchie riunioni tra produttori dedicate al problema delle quote di vendita, ossia quelle del 29 ottobre e del 2 novembre 1992 (punti 86 e 87), del 27 maggio 1993 (punto 102) e, soprattutto, dell'8 dicembre 1993 (punti 119 e 122) nonché del 10 marzo 1994 mattina (punti 126 e 127). Al contrario, essa ha partecipato appieno alle riunioni del 18 giugno 1993 (punto 104 della Decisione), del 24 giugno 1993 (punto 108 della Decisione) e del 5 ottobre 1993 (punto 116 della Decisione).

177.
    La posizione stessa assunta dalla Cheil nel corso di una di tali riunioni attesta il ruolo passivo da essa svolto riguardo agli accordi sui volumi di vendita fino al 10 marzo 1994. Infatti, dalla Decisione (punto 110) emerge che, nel corso della riunione del 24 giugno 1993, ad eccezione della Cheil, tutti i partecipanti hanno concordato sulla costituzione di un'organizzazione ufficiale per la lisina che sarebbe stata gestita dall'Ajinomoto e dall'ADM. Orbene, tale decisione ha portato alla creazione, nel seno di un'associazione professionale esistente (la Fefana), di un gruppo di lavoro tra produttori le cui riunioni si sono rivelate determinanti per permettere ai produttori uno scambio di informazioni e per controllare il rispetto delle quote attribuite (v., in particolare, i punti 122, 125, 133, 139, 150, 158 e 165 della Decisione).

178.
    Appare dunque che la Cheil ha partecipato appieno solo a tre delle otto riunioni relative ai volumi di vendita svoltesi tra il 27 agosto 1992 e il 10 marzo 1994 e che, soprattutto, essa non era presente alle riunioni dell'8 dicembre 1993 e del 10 marzo 1994 mattina, le più importanti con riferimento ai quantitativi. Infatti proprio nel corso di tali riunioni gli altri produttori hanno deciso una ripartizione definitiva e perfezionata delle quote di vendita per il 1994 e l'Ajinomoto è stata incaricata altresì di unificare i dati sulle vendite trasmessi dalle altre imprese aderenti al cartello.

179.
    A tali assenze alle due riunioni strategiche sui quantitativi si aggiunga che la Cheil ha finalmente accettato, il pomeriggio del 10 marzo 1994, una quota fissata dagli altri produttori a 17 000 tonnellate, notevolmente inferiore a quella richiesta ossia 22 000 tonnellate (punto 116 della Decisione).

180.
    Infine, la modeste dimensioni della Cheil costituiscono un elemento importante da prendere in considerazione per valutare l'incidenza reale del suo ingresso tardivo nel mercato della lisina e il suo atteggiamento nei confronti degli altri produttori. Infatti, se è vero che la Cheil si è inizialmente opposta alla quota offertale, è pur vero che la quota propostale dalle capofila dell'intesa è sempre stata nettamente inferiore a quella proposta alle imprese di dimensioni equivalenti, la Kyowa e la Sewon. In particolare, con riferimento alla Sewon, che ha certamente un fatturato totale di gran lunga inferiore alla Cheil, ma che ha un volume d'affari totale nel settore della lisina superiore, è importante constatare che le quote proposte sono oscillate tra le 32 900 (punto 104 della Decisione) e le 37 000 tonnellate (punto 121 della Decisione), rispetto alle 17 000 tonnellate infine concesse alla Cheil (punto 128 della Decisione). Peraltro, dalle quote di mercato mondiali attribuite nel 1994 a ciascun produttore in base agli accordi conclusi (punto 267 della Decisione) si evince che la Cheil (con il suo 7%) disponeva di una fetta di mercato ampiamente inferiore a quelle della Sewon (14%) e della Kyowa (19%), pur considerate imprese di analoghe dimensioni. E' evidente, allora, che la Cheil è stata «penalizzata» nell'ambito dell'intesa sulle quote di vendita rispetto agli altri produttori, il che può essere interpretato come una conseguenza diretta della maggiore sporadicità delle sue partecipazioni alle riunioni e del ritardo del suo ingresso nel mercato. In tale contesto, il fatto che la Cheil abbia reclamato un quota più importante di quella propostale ha dunque solo una portata assai relativa e non prova necessariamente che la detta impresa ha svolto un ruolo attivo.

181.
    In tali circostanze occorre concludere che il ruolo della Cheil nell'intesa sulle quote di vendita tra il 27 agosto 1992 e il 10 marzo 1994, vale a dire per metà del periodo in cui ha partecipato all'intesa, era passivo. Viceversa, si deve sottolineare che dopo il 10 marzo 1994 la Cheil era presente e ha partecipato attivamente alle varie riunioni dell'intesa, circostanza che essa del resto non contesta.

182.
    Relativamente alla riduzione che il Tribunale deve accordare per tale motivo alla ricorrente nell'esercizio della sua competenza giurisdizionale anche di merito, si deve osservare che la Commissione ha concesso alla Sewon una riduzione del 20% della maggiorazione che le era stata applicata in funzione della durata, ovvero una riduzione del 5,71% dell'importo di base dell'ammenda, perché ha ritenuto che la Sewon avesse svolto un ruolo passivo nell'ambito degli accordi sulle quote di vendita solamente a partire dal 1995, ossia per un periodo di sei mesi su cinque anni di partecipazione all'intesa.

183.
    Considerando, da un lato, la necessità di assicurare la parità di trattamento tra gli aderenti al cartello e, dall'altro, la partecipazione attiva della Cheil agli accordi sui prezzi, appare giustificata una riduzione del 10% dell'importo di base dell'ammenda giacché nell'intesa sui volumi di vendita la Cheil ha svolto un ruolo passivo per un periodo di tempo più lungo.

Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

184.
    Come indicato sopra al punto 165, risulta dalla giurisprudenza che, qualora un'infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse, per accertare se esistano, nei loro confronti, circostanze aggravanti o attenuanti.

185.
    Tale conclusione costituisce la conseguenza logica del principio d'individualità delle pene e delle sanzioni secondo il quale un'impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti, principio applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo con cui possano essere inflitte sanzioni in forza della normativa comunitaria della concorrenza (v., per quanto concerne l'imputazione di un'ammenda, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T-45/98 et T-47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II-3757, punto 63).

186.
    I punti 2 e 3 degli orientamenti prevedono una variazione dell'importo di base dell'ammenda in funzione di determinate circostanze aggravanti e attenuanti, che sono proprie di ciascuna impresa interessata.

187.
    In particolare, il punto 3 degli orientamenti, intitolato «circostanze attenuanti», stabilisce una lista non esaustiva di circostanze che possono condurre a una riduzione dell'importo di base dell'ammenda. Si fa così riferimento al ruolo passivo di un'impresa, alla mancata applicazione di fatto degli accordi, alla cessazione delle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione, all'esistenza di un dubbio ragionevole dell'impresa circa il carattere di infrazione del comportamento tenuto, al fatto che l'infrazione sia stata commessa per negligenza nonché alla collaborazione effettiva dell'impresa alla procedura al di là dell'ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione. Tutte le circostanze di cui sopra sono quindi basate sul comportamento specifico di ciascuna impresa.

188.
    Dai detti elementi risulta manifestamente erronea l'interpretazione della Commissione secondo la quale il punto 3, secondo trattino, relativo alla «non applicazione di fatto di un accordo», riguarderebbe unicamente l'ipotesi in cui un'intesa, nel suo insieme, non viene applicata, a prescindere dal comportamento proprio di ciascuna impresa.

189.
    La tesi della Commissione deriva, infatti, da una confusione tra la stima dell'impatto concreto di un'infrazione sul mercato per valutare la sua gravità (punto 1 A, primo capoverso, degli orientamenti), da un lato, nell'ambito della quale occorre prendere in considerazione gli effetti che derivano dall'infrazione nel suo complesso e non il comportamento effettivo di ciascuna impresa, e la stima del comportamento individuale di ciascuna impresa per la valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti (punti 2 e 3 degli orientamenti), dall'altro, nell'ambito della quale occorre, conformemente al principio d'individualità delle pene e delle sanzioni, esaminare la gravità relativa della partecipazione dell'impresa all'infrazione.

190.
    D'altronde, la Commissione ha fatto riferimento nel controricorso alla sentenza Cascades/Commissione, cit., nella quale il Tribunale ha dichiarato che la circostanza che un'impresa, la cui partecipazione ad un'intesa sui prezzi sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento nel mercato a quello concordato con i suoi concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di una circostanza attenuante in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda da infliggere (punto 230).

191.
    Va osservato che, nell'ambito della sentenza di cui sopra, il Tribunale ha svolto il suo controllo in merito ad una decisione della Commissione che non aveva applicato gli orientamenti, poiché anteriore all'adozione degli stessi, i quali prevedono ormai espressamente che la mancata applicazione di fatto di un accordo illecito sia da considerare una circostanza attenuante. Orbene, come è già stato affermato sopra, al punto 77, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta. In particolare, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell'esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un'autolimitazione di questo potere in quanto la detta istituzione è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze AIUFFASS e AKT/Commissione, cit., punto 57, e Vlaams Gewest/Commissione, cit., punto 89).

192.
    Resta da accertare se, nella fattispecie, la Commissione abbia potuto giustamente rilevare che la ricorrente non poteva beneficiare di una circostanza attenuante per effetto della mancata applicazione di fatto degli accordi, in forza del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti. A tal fine occorre verificare se le circostanze addotte dalla ricorrente siano tali da dimostrare che, durante il periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, essa si sia effettivamente sottratta alla loro applicazione tenendo sul mercato un comportamento concorrenziale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491, punti 4872-4874).

193.
    Con riferimento, in primo luogo, alla pretesa inosservanza degli accordi sui prezzi, la Commissione ha fatto presente, al punto 376 della Decisione, che tali accordi riguardavano obiettivi di prezzo (o prezzi obiettivo), di modo che la loro applicazione richiede non che sia praticato un prezzo corrispondente all'obiettivo di prezzo concordato, ma che le parti si sforzino di avvicinarsi ai loro obiettivi di prezzo. Essa ha affermato inoltre che «[d]alle informazioni di cui dispone la Commissione appare con chiarezza che nel caso in esame, successivamente alla conclusione della maggior parte degli accordi sui prezzi, le parti fissavano i loro prezzi in modo conforme a tali accordi».

    

194.
    In risposta a un quesito scritto del Tribunale la Commissione ha precisato che le informazioni suesposte sono quelle sui prezzi delle imprese riferiti al punto 47 della Decisione e ripresi in un grafico che mostra l'evoluzione dei prezzi obiettivo e quella dei prezzi praticati da ciascuna delle imprese interessate (allegato 1 alla controreplica).

195.
    Alla luce di tale documento si può innanzitutto osservare che, se i prezzi praticati dalla Cheil non coincidono con quelli obiettivo, in quanto normalmente più bassi di questi ultimi, altrettanto può dirsi dei prezzi praticati dagli altri produttori di lisina, tranne l'ADM, dal marzo 1992 alla fine dell'infrazione nel giugno 1995.

196.
    Risulta poi che, pure se i prezzi fissati dalla Cheil erano equivalenti a quelli della Sewon (a volte leggermente superiori, a volte leggermente inferiori) e di regola inferiori a quelli praticati dagli altri produttori, le differenze constatate non possono essere ritenute significative e sintomatiche di un comportamento nel mercato realmente indipendente e concorrenziale.

197.
    Infine, occorre soprattutto rilevare che l'evoluzione dei prezzi della Cheil ha corrisposto, per tutto il periodo dell'infrazione, all'evoluzione degli obiettivi di prezzo concordati tra i membri dell'intesa, il che avvalora, del resto, la tesi secondo la quale quest'ultima ha danneggiato il mercato (v., in tal senso, sentenza 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 340). Tale corrispondenza, per un periodo così lungo, dimostra la mancanza di qualsiasi volontà della Cheil di sottrarsi effettivamente all'applicazione degli accordi sui prezzi.

198.
    Al riguardo occorre osservare che nel giugno 1993 i cinque produttori di lisina si sono accordati per fissare il prezzo di quest'ultima a DEM 3,20 per chilogrammo (punti 104 e 198 della Decisione), prevedendo un nuovo aumento graduale dei prezzi. Il prezzo della lisina è in seguito effettivamente aumentato in modo considerevole fino a DEM 5,30 per chilogrammo in base a un accordo concluso nell'ottobre 1993 (punti 114 e 199 della Decisione). Orbene, dal mese di agosto 1993 la Cheil ha partecipato appieno allo sviluppo che ha interessato tutti i produttori di lisina: i suoi prezzi sono passati da DEM 3,04 per chilogrammo nel luglio 1993 a DEM 3,77 nell'agosto dello stesso anno, poi a DEM 3,95 in settembre e infine a DEM 4,23 nell'ottobre 1993. La Cheil non ha minimamente tentato, nel corso di questa importante fase dell'intesa, di distinguersi dagli altri produttori mercé una politica dei prezzi davvero competitivi.

199.
    Da tali considerazioni risulta che la mancata applicazione di fatto degli accordi sui prezzi da parte della Cheil non è dimostrata, atteso che la gradualità nell'attuazione dei detti accordi non può essere confusa con la loro mancata esecuzione di fatto.

200.
    In merito, in secondo luogo, all'allegata inosservanza degli accordi sui volumi di vendita, occorre anzitutto ricordare che, nella Decisione (punto 378), la Commissione ha sostenuto che i partecipanti al cartello consideravano le quote loro attribuite «quantità minime» e che «finché ciascuna delle parti era in grado di vendere almeno le quantità ad essa assegnate l'accordo risultava rispettato».

201.
    Come è stato sottolineato, giustamente, da tutte le imprese in causa, tale affermazione è perlomeno in contraddizione con i fatti contestati, in quanto l'obiettivo di aumento dei prezzi, che era principalmente perseguito dai membri dell'intesa, implicava necessariamente una limitazione della produzione di lisina e quindi l'assegnazione di quote massime di vendita. Ciò è confermato soprattutto dai punti 221 e segg. della Decisione, dedicati alla valutazione degli accordi sui quantitativi rispetto all'articolo 81, n. 1, CE, nei quali si fa riferimento alle limitazioni delle vendite. La detta affermazione della Commissione dev'essere quindi ritenuta priva di pertinenza.

202.
    Va respinto, poi, l'argomento della Cheil relativo agli anni 1992 e 1993, secondo cui essa promuoveva un incremento della produzione e per questo sarebbe stata esclusa dalle riunioni. Dalla Decisione risulta infatti che, lungi dal caldeggiare un incremento generale della produzione, la Cheil ha solo cercato di ottenere un aumento della quota propostale nell'ambito dell'intesa e ciò non equivale alla mancata applicazione di fatto degli accordi illeciti.

203.
    Non è pertinente, inoltre, l'argomento vertente sulla mancata considerazione di documenti interni attestanti che la Cheil si è sforzata di sviluppare la sua capacità di produzione, in quanto i detti documenti non sono idonei a provare un incremento effettivo della produzione tanto meno dei volumi di vendita. Al riguardo l'allegazione, indimostrata, della ricorrente relativa a una violazione del principio di parità di trattamento dev'essere dichiarata infondata.

204.
    Risulta pure che un'applicazione di fatto degli accordi sui volumi può considerarsi sufficientemente provata alla luce della tabella riportata al punto 267 della Decisione, nella quale è stato effettuato un confronto tra le quote di mercato a livello mondiale attribuite a ciascun membro dell'intesa in forza degli accordi e le quote effettivamente detenute alla fine del 1994. Infatti, come ha rilevato la Commissione, le quote di mercato a livello mondiale detenute da ciascuno dei produttori, ad eccezione della Sewon, erano largamente simili a quelle che erano state assegnate ad ogni membro dell'intesa.

205.
    Infine, per quanto attiene all'applicazione degli accordi sulle quote nel 1995, dalle riunioni dell'intesa del 1995, di cui si dà conto ai punti 153-166 della Decisione, risulta chiaramente che la Cheil ha perseguito l'applicazione delle quote praticate l'anno precedente.

206.
    Quanto, in terzo luogo, all'accordo sullo scambio d'informazioni, è pacifico che, il pomeriggio del 10 marzo 1994, la Cheil ha acconsentito a divulgare i suoi dati sulla vendita di lisina, in conformità all'accordo dei produttori dell'8 dicembre 1993.

207.
    Circa l'applicazione del detto accordo è sufficiente rilevare che dalla Decisione (punti 134, 141, 145, 150, 155, 160, 164 e 165) risulta che la Cheil ha effettivamente comunicato i suoi dati relativi alle vendite. A differenza della Sewon, che all'inizio del 1995 ha smesso di informare gli altri produttori in merito ai suoi volumi di vendita pregiudicando il funzionamento dell'intesa, la Cheil ha dunque trasmesso regolarmente i dati concordati ed ha ricevuto, in cambio, le informazioni sulle vendite realizzate dagli altri membri del cartello, tali da influire sul suo comportamento in seno all'intesa e sul mercato. Così facendo, essa ha applicato l'accordo di cui trattasi, indipendentemente dalla pretesa inesattezza delle informazioni fornite.

208.
    Dall'insieme delle considerazioni precedenti si ricava che a buon diritto la Commissione non ha ritenuto sussistere circostanze attenuanti a favore della Cheil a titolo di mancata esecuzione di fatto degli accordi.

5. Sulla motivazione della decisione

Argomenti delle parti

209.
    La ricorrente osserva preliminarmente che la Commissione è tenuta a motivare in maniera esaustiva e chiara le decisioni con cui infligge ammende, affinché le imprese possano conoscere nel dettaglio le modalità di calcolo dell'ammenda loro irrogata senza dover presentare un apposito ricorso giurisdizionale contro la decisione della Commissione (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-147/89, Société métallurgique de Normandie/Commissione, Racc. pag. II-1057; causa T-148/89, Tréfilunion/Commissione, Racc. pag. II-1063, e causa T-151/89, Société des treillis et panneaux soudés/Commissione, Racc. pag. II-1191).

210.
    Nella fattispecie la Decisione sarebbe insufficientemente motivata sotto più profili.

211.
    In primo luogo, essa non permetterebbe alla ricorrente di conoscere nel dettaglio le ragioni per le quali l'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità dell'infrazione, è stato fissato a EUR 15 000 000 ossia allo stesso livello stabilito per la Sewon e la Kyowa, sebbene le sue dimensioni e la sua influenza sul mercato fossero ridotte. Infatti la Decisione (punto 304) si limiterebbe a menzionare l'importo senza fornire spiegazioni e non terrebbe conto del fatto che il fatturato della Cheil per le vendite di lisina nel SEE è pari a circa la metà di quello della sua concorrente più immediata.

212.
    In secondo luogo, la Decisione non permetterebbe alla ricorrente di conoscere le ragioni per le quali la Commissione non ha tenuto conto delle diverse circostanze attenuanti che essa aveva invocato a sua difesa.

213.
    Da un lato, con riferimento alla mancata applicazione degli accordi, la Commissione, ai punti 376-378 della Decisione, non risponderebbe né all'argomento secondo cui i prezzi della Cheil erano sistematicamente inferiori a quelli concordati, né a quello vertente sulla mancata attuazione delle quote. Dall'altro lato, per quanto concerne il ruolo passivo e marginale svolto dalla Cheil, l'istituzione convenuta, ai punti 363 e 364 della Decisione, non risponderebbe agli argomenti secondo i quali la detta impresa era esclusa o assente dalle riunioni o avrebbe tenuto nel corso di esse un profilo basso.

214.
    La Commissione contesta le asserite carenze di motivazione, specie alla luce delle precisazioni apportate dagli orientamenti.

Giudizio del Tribunale

215.
    In merito ai ricorsi proposti contro le decisioni della Commissione che infliggono ammende ad imprese per violazione delle regole di concorrenza, il Tribunale è competente sotto un duplice profilo. Per un verso, ad esso incombe il sindacato della loro legittimità ai sensi dell'art. 230 CE. In tale ambito, esso deve in particolare verificare l'osservanza dell'obbligo di motivazione ex art. 253 CE, la cui violazione rende la decisione annullabile. Per l'altro, nell'ambito della competenza giurisdizionale anche di merito riconosciutagli dagli artt. 229 CE e 17 del regolamento n. 17, il Tribunale valuta l'adeguatezza dell'importo delle ammende. Quest'ultima valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d'informazione la cui menzione nella decisione non è, in quanto tale, prescritta in forza dell'obbligo di motivazione (v., in particolare, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-248/98 P, KNP BT/Commissione, Racc. pag. I-9641, punti 38-40).

216.
    Per quanto riguarda l'adempimento dell'obbligo di motivazione, secondo una giurisprudenza costante la motivazione prescritta dall'art. 253 CE dev'essere adeguata alla natura dell'atto in causa e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l'accertamento del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all'art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink's France, Racc. pag. I-1719, punto 63, e la giurisprudenza citata).

217.
    Quanto alla portata dell'obbligo di motivazione in ordine al calcolo dell'ammenda inflitta per violazione della normativa comunitaria della concorrenza, va ricordato che l'art. 15, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 17 dispone che «[p]er determinare l'ammontare dell'ammenda, occorre tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata». Al riguardo gli orientamenti, nonché la comunicazione sulla cooperazione nelle cause vertenti su intese contengono regole indicative sugli elementi di valutazione di cui la Commissione si avvale per misurare la gravità e la durata dell'infrazione (v., per analogia, in materia di aiuti di Stato, sentenze AIUFFASS e AKT/Commissione, cit., punto 57, e Vlaams Gewest/Commissione, cit., punto 79).

218.
    Di conseguenza, i requisiti della formalità sostanziale costituita dall'obbligo di motivazione sono soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua Decisione, gli elementi di valutazione di cui deve servirsi nell'applicare i suoi orientamenti e, all'occorrenza, la sua comunicazione sulla cooperazione, elementi che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell'infrazione ai fini del calcolo dell'ammenda.

219.
    Nella fattispecie la Commissione ha soddisfatto tali requisiti.

220.
    Si deve osservare, infatti, che ai punti 250-445 della Decisione sono indicati gli elementi di cui la Commissione ha tenuto conto, applicando l'insieme delle norme succitate, per calcolare l'importo delle ammende di ciascuna delle imprese interessate. Per quanto riguarda, in particolare, il trattamento differenziato delle imprese di cui trattasi al quale si è proceduto in sede di fissazione delle ammende, i punti 303-305 della Decisione espongono gli elementi su cui la Commissione si è basata per dividere le imprese in due gruppi in funzione delle loro rispettive dimensioni. Parimenti, con riferimento alla valutazione della gravità relativa dell'infrazione commessa da ciascuna impresa, i punti 357-396 della Decisione enunciano gli elementi considerati circostanze attenuanti, in particolare le ragioni per le quali è stato ritenuto che la Cheil non avesse svolto un ruolo passivo nell'infrazione e avesse de facto applicato gli accordi.

221.
    Che la valutazione della Commissione non sia necessariamente fondata in ciascun punto risulta già dalla verifica separata della legittimità sostanziale della Decisione, alla quale si è già proceduto. Al contrario, sotto il profilo della motivazione la Decisione è esente da vizi in quanto ha permesso alla ricorrente di conoscere le considerazioni della Commissione in merito a ciascuno dei punti da essa sollevati e al Tribunale di svolgere il suo controllo.

222.
    Di conseguenza, tale Decisione dev'essere considerata sufficientemente motivata.

Sul metodo di calcolo e sull'importo definitivo dell'ammenda

223.
    Nella Decisione la Commissione ha riconosciuto alla ricorrente il beneficio di un'unica circostanza attenuante, vale a dire l'aver posto fine all'infrazione sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384), che giustifica una riduzione del 10% dell'importo di base dell'ammenda.

224.
    Va osservato che, nella Decisione, la Commissione non ha applicato nella stessa maniera alle imprese interessate le riduzioni concesse in funzione delle circostanze attenuanti. Infatti, essa ha concesso alla Sewon il beneficio di due circostanze attenuanti, una in funzione del suo ruolo passivo nel 1995 a proposito delle quote di vendita, che ha provocato una riduzione del 20% della maggiorazione applicata alla detta impresa per effetto della durata dell'infrazione (punto 365 della Decisione), l'altra in considerazione dell'aver posto fine all'infrazione sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384 della Decisione), che ha giustificato una riduzione del 10% applicata al risultato della prima riduzione di cui sopra. E' giocoforza rilevare che la Commissione non ha applicato, nei due casi specifici citati e al contrario di quanto ha fatto con la Cheil, le riduzioni concesse in funzione delle circostanze attenuanti all'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione.

225.
    Con quesito scritto notificato alla Commissione il 7 febbraio 2002 il Tribunale ha invitato quest'ultima, in particolare, a precisare e giustificare il suo metodo di calcolo dell'importo delle ammende.

    

226.
    Nella risposta del 27 febbraio 2002 la Commissione ha affermato che il modo corretto di calcolare le maggiorazioni e le riduzioni destinate a tener conto delle circostanze aggravanti e attenuanti consiste nell'applicare una percentuale all'importo di base dell'ammenda. Essa ha altresì riconosciuto di non aver seguito sistematicamente il detto metodo di calcolo nell'ambito della sua Decisione, in particolare riguardo alla situazione dell'Ajinomoto e dell'ADM.

    

227.
    In sede di udienza, la ricorrente ha precisato di non avere obiezioni in merito al metodo di calcolo dell'importo delle ammende descritto dalla Commissione nella lettera 27 febbraio 2002.

228.
    In tale contesto occorre sottolineare che, ai sensi degli orientamenti, la Commissione, dopo aver determinato l'importo di base dell'ammenda in considerazione della gravità e della durata dell'infrazione, procede ad un aumento e/o a una riduzione del detto importo in funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti.

229.
    Tenuto conto della formulazione degli orientamenti, il Tribunale ritiene che le percentuali corrispondenti agli aumenti o alle riduzioni, adottate in funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti, debbano essere applicate all'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, e non all'importo di una maggiorazione precedentemente applicata in funzione della durata dell'infrazione o al risultato dell'attuazione di una prima maggiorazione o riduzione per effetto di una circostanza aggravante o attenuante. Come la Commissione ha giustamente sottolineato nella risposta al quesito scritto del Tribunale, il metodo di calcolo dell'importo delle ammende descritto sopra si deduce dalla formulazione degli orientamenti e consente di garantire parità di trattamento fra diverse imprese partecipanti ad uno stesso cartello.

230.
    Pertanto il Tribunale dichiara, nell'ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito, che occorre aggiungere alla riduzione del 10% adottata per aver la Cheil posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi dell'autorità pubblica, una riduzione del 10% operata dal Tribunale in considerazione del suo ruolo passivo nell'intesa sui volumi di vendita per il periodo compreso tra il 27 agosto 1992 e il 10 marzo 1994 (v. supra, punto 183). Altrimenti detto, all'importo di base dell'ammenda di EUR 18 milioni va applicata una riduzione complessiva del 20% in funzione delle circostanze attenuanti (v. supra, punto 139), per un'ammenda di EUR 14,4 milioni al lordo delle riduzioni disposte dalla comunicazione sulla cooperazione.

231.
    Al riguardo occorre ricordare che la Commissione ha concesso alla Cheil una riduzione del 30% dell'importo dell'ammenda che le sarebbe stata inflitta se non avesse cooperato in applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione, ossia ormai una riduzione di EUR 4 320 000. Ne discende che l'importo definitivo dell'ammenda inflitta alla ricorrente dev'essere fissato a EUR 10 080 000.

Sulle spese

232.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, quest'ultimo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nella fattispecie, si deve decidere che la ricorrente sopporterà le proprie spese nonché i due terzi di quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    L'importo dell'ammenda inflitta alla Cheil Jedang Corp. è fissato a EUR 10 080 000.

2)    Il ricorso, per il resto, è respinto.

3)    La Cheil Jedang Corp. è condannata a sopportare le proprie spese nonché i due terzi di quelle della Commissione. La Commissione sopporterà un terzo delle proprie spese.

Vilaras
Tiili
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

M. Vilaras

Indice

    Fatti all'origine della controversia

II - 2

    Procedimento e conclusioni delle parti

II - 6

    In diritto

II - 7

         Sull'applicabilità degli orientamenti

II - 7

            Argomenti delle parti

II - 7

                Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

II - 7

                Sulla violazione del principio d'irretroattività delle norme penali

II - 8

            Giudizio del Tribunale

II - 9

                Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

II - 9

                Sulla violazione del principio d'irretroattività delle norme penali

II - 10

        Sulla gravità dell'infrazione

II - 15

            Argomenti delle parti

II - 15

                Sulla violazione del principio di proporzionalità

II - 15

                Sulla violazione del principio di parità di trattamento

II - 16

            Giudizio del Tribunale

II - 17

                Sulla violazione del principio di proporzionalità

II - 17

                Sulla violazione del principio di parità di trattamento

II - 23

        Sulla durata dell'infrazione

II - 25

            Argomenti delle parti

II - 25

                Sulla sproporzione della maggiorazione

II - 25

                Sull'esclusione della Cheil dalle riunioni del cartello per un periodo di quattro mesi e sulla sua mancata partecipazione agli accordi sui quantitativi e agli scambi di informazioni per un periodo di diciotto mesi

II - 26

            Giudizio del Tribunale

II - 27

        Sulle circostanze attenuanti

II - 30

            Argomenti delle parti

II - 30

                Sul ruolo passivo della Cheil

II - 30

                Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

II - 31

                    - Sugli accordi sui prezzi

II - 31

                    - Sugli accordi sui quantitativi

II - 32

                    - Sull'accordo sullo scambio d'informazioni relative ai quantitativi di vendita

II - 33

            Giudizio del Tribunale

II - 33

                Sul ruolo passivo della Cheil

II - 33

                Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

II - 37

        Sulla motivazione della decisione

II - 41

            Argomenti delle parti

II - 41

            Giudizio del Tribunale

II - 42

    Sul metodo di calcolo e sull'importo definitivo dell'ammenda

II - 44

    Sulle spese

II - 45


1: Lingua processuale: l'inglese.