Language of document : ECLI:EU:T:2003:194

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 luglio 2003 (1)

«Concorrenza - Intesa - Lisina - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Applicabilità - Gravità dell'infrazione - Fatturato - Cumulo di sanzioni»

Nella causa T-223/00,

Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone),

Kyowa Hakko Europe GmbH, con sede in Düsseldorf (Germania),

rappresentate dagli avv.ti C. Canenbley e K. Diedrich, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. W. Wils e R. Lyal, in qualità di agenti, assistiti dal sig. J. Flynn, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto un ricorso diretto ad ottenere l'annullamento parziale della decisione della Commissione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24), ovvero la riduzione dell'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 aprile 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
    Le ricorrenti, la Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd e la sua controllata europea Kyowa Hakko Europe GmbH (in prosieguo, collettivamente: la «Kyowa»), operano nel settore dei prodotti farmaceutici, dei prodotti alimentari, dei prodotti chimici e dei prodotti fitosanitari. La Kyowa ha introdotto il processo di fermentazione della lisina nel 1958.

2.
    La lisina è il principale aminoacido utilizzato nell'alimentazione animale a fini nutrizionali. La lisina sintetica è impiegata come additivo negli alimenti con un tenore insufficiente di lisina naturale, ad esempio i cereali, al fine di permettere ai nutrizionisti di elaborare diete a base di proteine rispondenti al fabbisogno alimentare degli animali. Gli alimenti integrati con lisina sintetica possono anche sostituire alimenti dotati di un sufficiente tenore di lisina allo stato naturale, ad esempio la soia.

3.
    Nel 1995, a seguito di un'indagine segreta svolta dal Federal Bureau of Investigation, negli Stati Uniti sono state effettuate perquisizioni nei locali di parecchie imprese operanti nel mercato della lisina. Nei mesi di agosto e di ottobre 1996 le società Archer Daniels Midland Co. (in prosieguo: l'«ADM Company»), Kyowa Hakko Kogyo, Sewon Corp. Ltd, Cheil Jedang Corp. (in prosieguo: la «Cheil») e Ajinomoto Co. Inc. sono state accusate dalle autorità americane di aver costituito un accordo sui prezzi e sulla ripartizione dei volumi delle vendite di lisina tra il giugno 1992 e il giugno 1995. In seguito ad accordi conclusi con il Ministero americano della Giustizia, il giudice investito della causa ha inflitto alcune ammende alle dette imprese, vale a dire un'ammenda di dollari americani (USD) 10 milioni alla Kyowa Hakko Kogyo e all'Ajinomoto, un'ammenda di USD 70 milioni all'ADM Company e un'ammenda di USD 1,25 milioni alla Cheil. L'importo dell'ammenda irrogata alla Sewon Corp. ammontava, a detta di quest'ultima, a USD 328 000. Inoltre, tre dirigenti dell'ADM Company sono stati condannati a pene detentive e al pagamento di ammende per il ruolo svolto nell'accordo.

    

4.
    Nel luglio 1996 l'Ajinomoto, richiamandosi alla comunicazione della Commissione 96/C 207/04 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d'intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), ha offerto alla Commissione la sua cooperazione per accertare l'esistenza di un cartello sul mercato della lisina ed i suoi effetti nello Spazio economico europeo (SEE).

    

5.
    L'11 e il 12 giugno 1997 la Commissione, in applicazione dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), ha effettuato accertamenti negli impianti europei dell'ADM Company e della Kyowa. In seguito ai detti accertamenti la Kyowa ha manifestato l'intenzione di collaborare con la Commissione e le ha fornito alcune informazioni relative, in particolare, alla cronologia delle riunioni tra i produttori di lisina.

6.
    Il 28 luglio 1997 la Commissione, in conformità dell'art. 11 del regolamento n. 17, ha rivolto all'ADM Company e alla sua controllata europea Archer Daniels Midland Ingredients Ltd (in prosieguo: l'«ADM Ingredients»), alla Sewon Corp. e alla sua controllata europea Sewon Europe GmbH (in prosieguo, collettivamente: la «Sewon»), nonché alla Cheil, alcune richieste di informazioni in merito al loro comportamento nel mercato degli aminoacidi e alle riunioni del cartello menzionate nelle dette richieste.

7.
        Il 30 ottobre 1998, sulla base delle informazioni che le erano state fornite, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alle ricorrenti e alle altre imprese interessate, vale a dire all'ADM Company e all'ADM Ingredients (in prosieguo, collettivamente: l'«ADM»), all'Ajinomoto e alla sua controllata europea Eurolysine SA (in prosieguo, collettivamente: l'«Ajinomoto»), alla Daesang Corp. (già Sewon Corp.) e alla sua controllata europea Sewon Europe, nonché alla Cheil, per violazione degli artt. 81, n. 1, CE e 53, n. 1, dell'accordo sul SEE (in prosieguo: l'«accordo SEE»). Nella comunicazione degli addebiti la Commissione rimproverava alle dette imprese di aver fissato i prezzi della lisina nel SEE, nonché quote di vendita per tale mercato, e di essersi scambiate informazioni sui rispettivi quantitativi di vendita, a decorrere dai mesi di settembre 1990 (l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon), marzo 1991 (la Cheil) e giugno 1992 (l'ADM) fino al giugno 1995.

8.
    In seguito all'audizione orale delle imprese in questione il 1° marzo 1999, la Commissione ha inviato a queste ultime, il 17 agosto 1999, una comunicazione degli addebiti supplementare relativa alla durata dell'intesa.

9.
    Al termine del procedimento la Commissione ha adottato la decisione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24; in prosieguo: la «Decisione»), che è stata notificata alle ricorrenti il 20 giugno 2000.

10.
    La Decisione comprende le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

[ADM Company] e la sua controllata europea [ADM Ingredients], Ajinomoto Company Incorporated e la sua controllata europea Eurolysine SA, Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e la sua controllata europea Kyowa Hakko Europe GmbH, Daesang Corporation e la sua controllata europea Sewon Europe GmbH, nonché [Cheil], hanno violato l'articolo 81, paragrafo 1, del trattato CE e l'articolo 53, paragrafo 1, dell'accordo SEE per avere partecipato ad accordi sui prezzi, sui volumi di vendita e sullo scambio di informazioni specifiche relativamente ai volumi di vendita di lisina sintetica nell'intero SEE.

L'infrazione si è protratta per i seguenti periodi:

a)    per [ADM Company] e [ADM Ingredients] dal 23 giugno 1992 al 27 giugno 1995;

b)    per Ajinomoto Company Incorporated e Eurolysine SA almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

c)    per Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e Kyowa Hakko Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

d)    per Daesang Corporation e Sewon Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

e)    per [Cheil] dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995.

Articolo 2

Alle imprese di cui all'articolo 1 vengono inflitte le seguenti ammende per le infrazioni indicate in detto articolo:

a)    [ADM Company] e

    [ADM Ingredients],

    in solido, un'ammenda di:    47 300 000 EUR

b)    Ajinomoto Company Incorporated e

    Eurolysine SA,

    in solido, un'ammenda di:    28 300 000 EUR

c)    Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e

    Kyowa Hakko Europe GmbH,

    in solido, un'ammenda di:    13 200 000 EUR

d)    Daesang Corporation e

    Sewon Europe GbmH,

    in solido, un'ammenda di:    8 900 000 EUR

e)    [Cheil], un'ammenda di:    12 200 000 EUR

(...)».

11.
    Per il calcolo dell'importo delle ammende la Commissione ha applicato, nella Decisione, il metodo stabilito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'art. 15, n. 2 del regolamento n. 17 e dell'art. 65, n. 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), nonché la comunicazione sulla cooperazione.

12.
    In primo luogo, l'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, è stato fissato, per la Kyowa, a EUR 21 milioni. Per le società Ajinomoto, ADM, Cheil e Sewon, tale importo è stato fissato, rispettivamente, a EUR 42, 39, 19,5 e 21 milioni (punto 314 della Decisione).

13.
    Per calcolare l'importo di base delle ammende in funzione della gravità dell'infrazione la Commissione è partita dalla considerazione che le imprese di cui trattasi avevano commesso un'infrazione molto grave, tenuto conto della sua natura, del suo impatto concreto sul mercato della lisina nel SEE e dell'estensione del mercato geografico rilevante. Constatando poi, sulla base dei loro fatturati complessivi realizzati nell'ultimo anno del periodo in cui è stata commessa l'infrazione, che esisteva una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese partecipanti all'infrazione, la Commissione ha applicato un trattamento differenziato. Di conseguenza, l'importo di base delle ammende è stato fissato a EUR 30 milioni per l'ADM e l'Ajinomoto e a EUR 15 milioni per la Kyowa, la Cheil e la Sewon (punto 305 della Decisione).

14.
    Per tener conto della durata dell'infrazione commessa da ciascuna impresa e determinare l'importo di base delle loro rispettive ammende, l'importo di base così determinato è stato maggiorato del 10% all'anno, ossia del 30% per l'ADM e la Cheil e del 40% per l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon (punto 313 della Decisione).

15.
    In secondo luogo, applicando le circostanze aggravanti, la Commissione ha maggiorato del 50% gli importi di base delle ammende dell'ADM e dell'Ajinomoto, aumentandoli di EUR 19,5 milioni per l'ADM e di EUR 21 milioni per l'Ajinomoto, per il fatto che le dette imprese avevano svolto un ruolo di leader nella commissione dell'infrazione (punto 356 della Decisione).

16.
    In terzo luogo, applicando le circostanze attenuanti, la Commissione ha ridotto del 20% la maggiorazione dell'ammenda inflitta alla Sewon in ragione della durata dell'infrazione, per il fatto che la detta impresa ha svolto un ruolo passivo nell'intesa a decorrere dall'inizio del 1995 (punto 365 della Decisione). La Commissione ha inoltre ridotto del 10% gli importi di base delle ammende di ciascuna delle imprese di cui trattasi, poiché tutte avevano posto fine all'infrazione sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384 della Decisione).

17.
    In quarto luogo, la Commissione ha applicato una «significativa riduzione» dell'importo delle ammende, ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione. A tale titolo la Commissione ha concesso all'Ajinomoto e alla Sewon una riduzione del 50% dell'importo dell'ammenda che sarebbe stata loro inflitta in assenza di cooperazione, alla Kyowa e alla Cheil una riduzione del 30% e all'ADM, infine, una riduzione del 10% (punti 431, 432 e 435 della Decisione).

Procedimento e conclusioni delle parti

18.
    Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 agosto 2000 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

19.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, a titolo delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a vari quesiti. La convenuta ha ottemperato alla detta richiesta entro il termine stabilito.

20.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale in occasione dell'udienza tenutasi il 24 aprile 2002.

21.
    Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

-    annullare la disposizione della Decisione che infligge loro un'ammenda o ridurre l'importo di quest'ultima;

-    condannare la Commissione alle spese.

22.
        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    condannare in solido le ricorrenti alle spese.

In diritto

23.
    Il ricorso verte su tre censure principali. Innanzitutto le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver calcolato l'importo dell'ammenda sulla base dei criteri stabiliti dagli orientamenti. Contestano poi alla Commissione di non aver tenuto conto, nel valutare la gravità dell'infrazione, del fatturato pertinente. Infine, fanno valere che la Commissione non ha considerato, nella Decisione, le ammende già inflitte negli Stati Uniti.

Sull'applicabilità degli orientamenti

Argomenti delle parti

24.
    Le ricorrenti lamentano che la Commissione ha calcolato l'importo delle ammende applicando il metodo istituito dagli orientamenti, i quali sono stati pubblicati nel 1998, solo dopo che esse, nel giugno 1997, avevano cooperato con la Commissione. A sostegno di tale censura le ricorrenti deducono due motivi, il primo vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il secondo vertente sulla violazione del principio di certezza del diritto.

- Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

25.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di tutela del legittimo affidamento perché con il suo comportamento nel corso del procedimento amministrativo ha ingenerato in esse una legittima aspettativa quanto al metodo che sarebbe stato seguito per il calcolo dell'ammenda. Contrariamente a quanto asserisce la Commissione al punto 328 della Decisione, le legittime aspettative quanto alle modalità di calcolo potrebbero trovare origine nelle dichiarazioni e nell'atteggiamento delle istituzioni e non solamente nella comunicazione sulla cooperazione.

26.
    Al riguardo le ricorrenti fanno valere di aver dato per scontata l'utilizzazione del tradizionale metodo di calcolo, basato sul fatturato realizzato dall'impresa in causa nel mercato rilevante. Siccome il fatturato della Kyowa nel SEE, per l'anno 1995, nel mercato della lisina ammontava a EUR 16 milioni, in base al detto metodo l'ammenda non avrebbe potuto superare la somma di EUR 1,6 milioni, al lordo delle deduzioni operate a titolo delle circostanze attenuanti e della cooperazione nel procedimento.

27.
    Infatti, il personale della Commissione, i cui atti e le cui dichiarazioni, secondo la giurisprudenza, sarebbero assimilabili al comportamento dell'istituzione (sentenze della Corte 11 maggio 1983, cause riunite 303/81 e 312/81, Klöckner-Werke/Commissione, Racc. pag. 1507, punti 28 e seguenti, e del Tribunale 12 ottobre 1999, causa T-48/96, Acme/Consiglio, Racc. pag. II-3089, punto 48), avrebbe fornito loro, nel corso del procedimento amministrativo, assicurazioni precise sull'utilizzazione di tale metodo di calcolo dell'importo delle ammende.

28.
    Come confermerebbe la Decisione (punti 319-328), tali assicurazioni risulterebbero da dichiarazioni esplicite del personale della Commissione incaricato del fascicolo, con le quali sarebbe stato confermato che la prassi abituale della Commissione consisteva nel determinare l'importo di base dell'ammenda in funzione del fatturato nel SEE per il prodotto in oggetto e che non vi era alcun elemento che potesse giustificare un diverso approccio. Le ricorrenti fanno riferimento, a tale proposito, alla loro lettera del 7 agosto 1997, che riassume il contenuto delle loro riunioni con la Commissione del 31 luglio e del 1° agosto 1997, nonché alla lettera di risposta di quest'ultima del successivo 25 agosto. Con essa la Commissione avrebbe precisato che le ricorrenti non potevano fare legittimo affidamento sulle dichiarazioni del personale della Commissione concernenti la riduzione dell'importo di base dell'ammenda per la loro cooperazione, ma non avrebbe espresso, per contro, nessuna riserva quanto al metodo di calcolo dell'ammenda, in particolare quanto all'affermazione delle ricorrenti secondo cui l'ammenda è abitualmente calcolata sulla base del fatturato nel SEE per le vendite del prodotto di cui trattasi. In tal modo la Commissione avrebbe ammesso che le ricorrenti potevano fare legittimo affidamento nei colloqui avuti il 31 luglio e il 1° agosto 1997.

29.
    Sarebbe privo di fondamento l'argomento, enunciato nella Decisione, secondo cui il personale incaricato del fascicolo avrebbe ecceduto i propri poteri e non poteva, con le sue prese di posizione, impegnare la Commissione quanto all'importo dell'ammenda.

30.
    Nella fattispecie, le dichiarazioni invocate avrebbero avuto ad oggetto non l'importo, bensì il metodo di calcolo dell'ammenda. Inoltre, la tesi secondo cui il personale incaricato del fascicolo non sarebbe competente a fornire assicurazioni alle imprese sarebbe contraddetta dalla comunicazione sulla cooperazione, ai termini del cui punto E, n. 1, infatti, ogni impresa «che intenda avvalersi del trattamento favorevole previsto dalla [comunicazione sulla cooperazione] deve mettersi in contatto con la direzione generale della Concorrenza della Commissione europea». Infine, anche in altre cause il personale dei servizi della direzione generale della Concorrenza avrebbe dato assicurazioni precise alle imprese quanto alla valutazione che sarebbe stata fatta nella Decisione. Al riguardo, le ricorrenti citano un certo numero di cause in cui la Commissione avrebbe accettato di tener conto della cooperazione fornita dalle imprese finanche prima della pubblicazione della comunicazione sulla cooperazione [v., per esempio, la decisione della Commissione 13 luglio 1994, 94/601/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [81] del trattato CE (IV/C/33.833 - Cartoncino) (GU L 243, pag. 1)].

31.
    In conclusione, le ricorrenti fanno presente di essersi decise a cooperare con la Commissione avendo fatto affidamento sulle assicurazioni loro fornite circa il metodo per il calcolo dell'ammenda.

32.
    La Commissione replica che non è giustificato che gli operatori economici facciano legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione giuridica che può essere modificata dalle istituzioni comunitarie. Così, in particolare, nel caso della politica in materia di calcolo delle ammende. Nella fattispecie, l'adozione degli orientamenti sarebbe peraltro anteriore alla comunicazione degli addebiti inviata alle ricorrenti.

33.
    La Commissione aggiunge che la sua lettera del 25 agosto 1997 non contiene alcuna assicurazione quanto all'applicazione di un metodo per il calcolo basato sul fatturato delle vendite di lisina nel SEE.

- Sulla violazione del principio di certezza del diritto

34.
    Le ricorrenti fanno valere che, in forza del principio della certezza del diritto nonché di quello connesso dell'inopponibilità («estoppel» in diritto inglese), un'istituzione che ha indotto un'impresa a fare affidamento su dichiarazioni mendaci se ne assume poi la responsabilità (v., in particolare, conclusioni dell'avvocato generale Warner nella sentenza della Corte 16 ottobre 1980, cause riunite 63/79 e 64/79, Herber/Commissione, Racc. pag. 2975, 3002).

35.
    Nella fattispecie, la Commissione, avendo reso dichiarazioni mendaci circa l'applicazione alla Kyowa del metodo tradizionale per il calcolo delle ammende, non potrebbe applicare il nuovo metodo stabilito dagli orientamenti. Infatti, secondo le ricorrenti, tenuto conto dei termini previsti per l'elaborazione di nuove comunicazioni nel settore del diritto della concorrenza, nelle riunioni del 31 luglio e del 1° agosto 1997 il personale della Commissione non poteva ignorare che gli orientamenti sarebbero stati pubblicati di lì a poco ossia il 14 gennaio 1998. Esse aggiungono che, considerata la corrispondenza scambiata nei giorni 7 e 25 agosto 1997, la Commissione era consapevole che esse intanto cooperavano in quanto avevano fatto affidamento sulle sue dichiarazioni.

36.
    Alla luce di quanto sopra, la Commissione sarebbe tenuta a rispettare gli impegni assunti e l'ammenda delle ricorrenti dovrebbe essere ridotta sulla base del metodo di calcolo in vigore prima della pubblicazione degli orientamenti.

37.
    La Commissione nega di aver violato il principio di certezza del diritto per le stesse ragioni dedotte nell'ambito del motivo vertente sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

Giudizio del Tribunale

38.
    Occorre ricordare, in primo luogo, che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l'amministrazione comunitaria ha suscitato in lui aspettative fondate (sentenze della Corte 11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products/Commissione, Racc. pag. 1155, punto 44, e 26 giugno 1990, causa C-152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I-2477, punto 26). Inoltre, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall'amministrazione (v. sentenza del Tribunale 18 gennaio 2000, causa T-290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II-15, punto 59, e la giurisprudenza citata).

39.
    In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante (sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 33, e 23 novembre 2000, causa C-1/98 P, British Steel/Commissione, Racc. pag. I-10349, punto 52), non è giustificato che gli operatori economici facciano legittimo affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie.

40.
    Orbene, nell'ambito della normativa comunitaria di concorrenza, risulta chiaramente dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109) che la sua efficace applicazione implica che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica della concorrenza. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità nei limiti indicati dal regolamento n. 17.

41.
        In più, secondo la medesima giurisprudenza, la Commissione non è tenuta ad annunciare, nella comunicazione degli addebiti, un eventuale mutamento della sua politica in fatto di entità generale delle ammende, poiché tale possibilità dipende da considerazioni generali di politica della concorrenza non direttamente connesse alle particolari circostanze delle pratiche in esame (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 22).

42.
        Poiché gli orientamenti, nei quali la Commissione ha stabilito un nuovo metodo generale per il calcolo delle ammende, sono stati adottati al tempo stesso anteriormente alla comunicazione degli addebiti inviata a tutte le imprese partecipanti al cartello e indipendentemente dalle circostanze particolari della fattispecie, ne risulta a maggior ragione che le ricorrenti non possono rimproverare alla Commissione di averli applicati al fine di determinare l'importo dell'ammenda, salvo dimostrare che l'amministrazione aveva suscitato in essa aspettative fondate in senso contrario.

43.
    In merito le ricorrenti fanno valere innanzitutto che, contrariamente a quanto asserisce la Commissione al punto 328 della Decisione, le legittime aspettative in ordine alle modalità di calcolo possono trovare origine nelle dichiarazioni e nell'atteggiamento delle istituzioni «e non solamente nella comunicazione sulla cooperazione». Là dove le ricorrenti sostengono che la detta comunicazione lasciava supporre che potesse essere loro applicato il metodo di calcolo delle ammende solitamente seguito dalla Commissione al momento in cui esse hanno deciso di cooperare, si deve considerare tale argomento del tutto infondato.

44.
    Certamente, occorre notare che, al punto E, n. 3, della detta comunicazione, la Commissione si dichiara «consapevole del fatto che la presente comunicazione crea aspettative legittime sulle quali faranno affidamento le imprese che intendono informarla dell'esistenza di un'intesa».

45.
    Tuttavia, tenuto conto dello scopo della comunicazione sulla cooperazione, che è quello, ai sensi del suo punto A, n. 3, di «defini[r]e le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un'intesa potranno evitare l'imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare», le eventuali «aspettative legittime» delle ricorrenti potevano vertere solo sulle modalità della riduzione da effettuare a titolo della loro cooperazione e non sull'importo dell'ammenda «che altrimenti sarebb[e] loro inflitt[a]» o sul metodo di calcolo applicabile per determinarla.

46.
    Le ricorrenti sostengono, poi, di aver ricevuto assicurazioni precise da parte dei servizi della Commissione che le inducevano a credere mantenuto il metodo di calcolo asseritamente applicato prima della pubblicazione degli orientamenti.

47.
    Al riguardo esse invocano il contenuto di una lettera del 7 agosto 1997 (allegato 4 al ricorso) indirizzata ai servizi della Commissione incaricati del fascicolo al fine di riassumere l'oggetto delle loro riunioni con essi nella prospettiva di una cooperazione, nonché quello della risposta di tali servizi del successivo 25 agosto (allegato 5 al ricorso).

48.
    Nella sua lettera del 7 agosto 1997, finalizzata principalmente a ottenere assicurazioni sull'applicabilità della comunicazione sulla cooperazione e sulla possibilità di una riduzione dell'ammenda a tal titolo, la Kyowa osserva, in via incidentale, che «quanto all'importo della possibile ammenda», i detti servizi le hanno «confermato che l'approccio tradizionale della Commissione è di determinare l'importo dell'ammenda sulla base del fatturato dell'impresa per le vendite del prodotto in questione nel mercato del SEE per l'ultimo anno di infrazione». Orbene, riferendosi esplicitamente a tale osservazione, la lettera della Commissione del 25 agosto 1997 indica che «è evidente che esistono vari fattori differenti che determinano l'entità di un'eventuale ammenda, quale la durata e la gravità dell'infrazione ed il beneficio da questa generato per le parti».

49.
    A parte il fatto che manca qualunque riferimento nella lettera del 7 agosto 1997 alla pretesa dichiarazione di un dipendente della Commissione circa il mantenimento del metodo di calcolo praticato prima della pubblicazione degli orientamenti, si deve constatare che gli elementi prodotti dalle ricorrenti non permettono di concludere che, nella fattispecie, è stato violato il principio di tutela del legittimo affidamento.

50.
    Per un verso, il fatto, quand'anche vero, che gli agenti della Commissione abbiano potuto confermare nelle riunioni del 31 luglio e del 1° agosto 1997 che l'approccio tradizionale della Commissione in materia di calcolo delle ammende si basava su un certo fatturato non assicura, di per sé, che tale metodo venga applicato in futuro, tanto più che la giurisprudenza succitata esclude qualsivoglia mantenimento automatico di una prassi decisionale in materia.

51.
    Per altro verso, la risposta della Commissione, se è vero che non infirma espressamente la dichiarazione della Kyowa contenuta nella lettera del 7 agosto 1997, neppure la conferma, bensì sottolinea, in sostanza, che l'importo di base di un'ammenda è calcolato in funzione di diversi elementi (gravità, durata e utili). Orbene, la Kyowa potrebbe invocare a buon diritto il legittimo affidamento solo se la Commissione le avesse fornito all'inizio «assicurazioni», ciò che presuppone un atto positivo da parte dell'amministrazione e non, come nella fattispecie, una mera astensione risultante da mancanza di opposizione espressa (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 2 ottobre 2001, cause riunite T-222/99, T-327/99 et T-329/99, Martinez e a./Parlamento, Racc. pag. II-3397, punto 184, e, per analogia, 27 marzo 1990, causa T-123/89, Chomel/Commissione, Racc. pag. II-131, punto 27). Poi, anche a supporre che i servizi della Commissione abbiano fornito assicurazioni quanto al metodo di calcolo che sarebbe stato utilizzato, queste ultime dovrebbero essere ancora «precisate». Tale non è precisamente il caso, poiché nella detta risposta è sottolineato che il calcolo dell'importo dell'ammenda è basato su diversi elementi tra i quali peraltro non figura il fatturato dell'impresa di cui trattasi.

52.
    Nell'udienza le ricorrenti hanno fatto riferimento a un'altra frase della lettera della Commissione del 25 agosto 1997 per fondare le loro conclusioni, e cioè quella finale, così redatta: «Mi sembra che tali osservazioni, che non costituiscono affatto una valutazione della correttezza ovvero dell'erroneità del Vostro resoconto della discussione, incoraggeranno le Vostre clienti a cooperare». E' sufficiente constatare che tale frase, essendo piuttosto evasiva, non è idonea a provare che fossero state date alla Kyowa assicurazioni precise.

    

53.
    Quanto, infine, al motivo vertente sulla violazione del principio di certezza del diritto e di quello connesso dell'«estoppel», è sufficiente rilevare che esso si basa sull'esistenza di «dichiarazioni mendaci» della Commissione concernenti l'applicazione alla Kyowa del metodo di calcolo per le ammende asseritamente in vigore, di cui le ricorrenti non hanno fornito prove.

54.
    Tutto ciò considerato, i motivi vertenti sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto devono essere respinti.

Sul fatturato preso in considerazione a titolo della gravità dell'infrazione

Argomenti delle parti

55.
    Le ricorrenti sostengono che, nell'ambito della sua valutazione della gravità dell'infrazione, la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione e violato il principio di proporzionalità in quanto si è basata sul fatturato mondiale della Kyowa e non su quello relativo alle sue vendite di lisina nel SEE, che invece rappresenta solo una piccola parte del primo.

    

56.
    Per quanto riguarda la valutazione della gravità dell'infrazione, le ricorrenti ricordano che, ai sensi del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti, occorre «prenderne in considerazione la natura, l'impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l'estensione del mercato geografico rilevante». Avendo essa constatato, al punto 298 della Decisione, che l'infrazione aveva avuto un impatto sul mercato della lisina nel SEE, sarebbe spettato alla Commissione fissare l'importo di base dell'ammenda in funzione della gravità dell'infrazione tenendo conto del fatturato dell'impresa per le vendite di lisina nel SEE e non del suo fatturato mondiale. Guardando al fatturato mondiale, la Commissione non avrebbe analizzato l'impatto concreto dell'infrazione, né tenuto conto della giurisprudenza (sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punti 94 e 95).

57.
    Nella fattispecie, tale errore manifesto di valutazione sarebbe tanto più pregiudizievole per le ricorrenti in quanto il fatturato della Kyowa per le vendite di lisina nel SEE ammontava solo a EUR 16 milioni. L'ammenda inflitta rappresenterebbe dunque l'82,5% del detto fatturato.

58.
    L'impatto dell'infrazione commessa dalla Kyowa sarebbe tanto più limitato perché, a differenza delle altre imprese, nel SEE essa era attiva solo come distributrice a mezzo di agenti di commercio e non come produttrice di lisina destinata al consumo nel SEE. Orbene, la giurisprudenza imporrebbe di tener conto delle circostanze specifiche ai fini del calcolo dell'ammenda (sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, e 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369).

59.
    Infine, la Commissione avrebbe dovuto considerare l'effetto attenuato dell'infrazione sul mercato della lisina nel SEE viste le conseguenze generate dalla politica agricola comune. Infatti, mentre il prezzo dei cereali era rimasto elevato nel periodo dell'infrazione a causa degli aiuti concessi a titolo della politica agricola comune, la domanda di lisina sarebbe rimasta bassa, per cui l'impatto dell'infrazione sarebbe stato minore. Basandosi sul fatturato mondiale della Kyowa, la Commissione avrebbe dunque negletto tale causa di limitazione dell'impatto dell'infrazione nel SEE.

60.
    La Commissione ribatte che la sua valutazione è conforme agli orientamenti e che l'importo di base, determinato in funzione della gravità dell'infrazione, non è sproporzionato. Inoltre, non sarebbe richiesto, in diritto, che la Commissione si basi sul fatturato nel SEE per fissare un'ammenda. L'art. 15 del regolamento n. 17 si riferirebbe soltanto al fatturato totale e unicamente come elemento per plafonare le ammende.

Giudizio del Tribunale

61.
    Da una giurisprudenza consolidata risulta che la Commissione dispone, nell'ambito del regolamento n. 17, di un potere discrezionale nella determinazione dell'importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59; 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. II-1799, punto 53, nonché 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127). L'efficace applicazione delle dette regole implica che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica comunitaria della concorrenza, eventualmente elevando tale entità (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109).

        

62.
            Occorre ricordare che, nella Decisione, la Commissione ha determinato l'importo dell'ammenda imposta alle ricorrenti applicando il metodo di calcolo che essa stessa si è data negli orientamenti. Orbene, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposte (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 53, confermata in seguito a impugnazione con sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I-4235, e la giurisprudenza citata). In particolare, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell'esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un'autolimitazione di tale potere in quanto la detta istituzione è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II-2169, punto 57, e 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 89).

63.
    Secondo gli orientamenti, la Commissione prende come punto di partenza per il calcolo delle ammende un importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione (in prosieguo: l'«importo di base generale»). La gravità delle infrazioni è stabilita in funzione di molteplici elementi, di alcuni dei quali la Commissione deve ormai tenere obbligatoriamente conto.

64.
    A tale proposito gli orientamenti dispongono che, a parte la natura dell'infrazione, il suo impatto reale sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo, è necessario valutare in che misura gli autori dell'infrazione abbiano l'effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto capoverso).

65.
        Del resto, si può altresì tener conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni sono meglio in grado di valutare il carattere d'infrazione del loro comportamento e le conseguenze che ne derivano (punto 1 A, quinto capoverso).

66.
    Nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, può essere opportuno ponderare l'importo di base generale in modo da tener conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, e da adattare conseguentemente l'importo di base generale secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (in prosieguo: l'«importo di base specifico») (punto 1 A, sesto capoverso).

67.
    Occorre notare che gli orientamenti non prevedono che l'importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese nel mercato rilevante. Tuttavia, essi non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell'importo dell'ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo richiedano. In particolare, il fatturato può essere preso in considerazione al momento della valutazione dei diversi elementi elencati sopra, ai punti 64-66 (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punti 283 e 284).

68.
    D'altro canto, si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, tra i criteri di valutazione della gravità dell'infrazione possono figurare, secondo i casi, il volume e il valore delle merci oggetto dell'infrazione, le dimensioni e la potenza economica dell'impresa e, pertanto, l'influenza che essa può aver esercitato sul mercato. Ne consegue, da un lato, che, per determinare l'ammenda, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell'impresa, il quale costituisce un'indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle sue dimensioni e della sua potenza economica, quanto della frazione di quel dato proveniente dalla vendita delle merci oggetto dell'infrazione e che è quindi atta a fornire un'indicazione della sua gravità. Ne risulta, dall'altro, che non si deve attribuire né all'uno né all'altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, di modo che la determinazione di un'ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 120 e 121; Parker Pen/Commissione, cit., punto 94, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II-1373, punto 176).

69.
    Nel caso di specie, dalla Decisione risulta che, per determinare l'importo di base dell'ammenda, la Commissione ha anzitutto preso in considerazione la natura dell'infrazione, il suo impatto concreto sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo. La Commissione ha poi indicato che, nell'ambito del trattamento differenziato da applicare alle imprese, occorreva tener conto dell'«effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE», della portata dissuasiva dell'ammenda e delle rispettive dimensioni delle dette imprese (punto 304 della Decisione). Per valutare tali elementi, la Commissione ha deciso di basarsi sul fatturato totale realizzato da ciascuna delle imprese in questione nel corso dell'ultimo anno dell'infrazione, ritenendo che il detto fatturato le consentisse «di valutare le risorse e l'importanza reale delle imprese interessate sui mercati interessati dalla loro condotta illegale» (punto 304 della Decisione).

    

70.
    Le ricorrenti lamentano precisamente che la Commissione ha preso in considerazione il fatturato di cui sopra, anziché quello proveniente dalle vendite del prodotto in questione nel SEE.

71.
    A questo punto va sottolineato che, vista una certa ambiguità derivante dalla lettura combinata della Decisione e delle memorie presentate dalla convenuta nel presente procedimento, la Commissione ha chiarito in udienza, su espressa richiesta del Tribunale, di aver tenuto conto non solo del fatturato «globale» delle imprese di cui trattasi, vale a dire di quello relativo a tutte le loro attività, ma anche del fatturato mondiale nel mercato della lisina, due diversi fatturati riportati in una tabella inserita al punto 304 della Decisione. Inoltre, va rilevato che, ai sensi del punto 318 della Decisione, «la Commissione ha tenuto debito conto dell'importanza economica della specifica attività oggetto dell'infrazione nelle sue conclusioni relative alla gravità».

72.
    E' tuttavia pacifico che la Commissione non ha tenuto conto del fatturato realizzato dalle imprese in questione nel mercato interessato dall'infrazione, cioè in quello della lisina nel SEE.

73.
    Orbene, con riferimento all'analisi dell'«effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE», che implica una valutazione dell'importanza reale delle dette imprese sul mercato rilevante, vale a dire della loro influenza su quest'ultimo, il fatturato globale fornisce solo una visione inesatta delle cose. Non si può escludere, infatti, che un'impresa potente, con molteplici attività diverse, sia presente solo in maniera accessoria in un mercato di prodotti specifico come quello della lisina. Inoltre, non si può escludere che un'impresa con una posizione importante in un mercato geografico extracomunitario abbia soltanto una posizione debole nel mercato comunitario o del SEE. In casi del genere, il solo fatto che l'impresa interessata realizzi un fatturato globale significativo non vuol dire necessariamente che essa eserciti un'influenza determinante sul mercato interessato dall'infrazione. E' per questo motivo che la Corte ha sottolineato, nella sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punto 139), che le quote di mercato detenute da un'impresa, pur non essendo determinanti per concludere che essa fa parte di un gruppo economico potente, sono però rilevanti al fine di determinare l'influenza che essa ha potuto esercitare sul mercato. Ebbene, nel caso di specie la Commissione non ha tenuto conto né dell'entità delle quote di mercato delle imprese in questione nel mercato interessato, né del fatturato delle imprese nel mercato interessato (quello della lisina nel SEE), il quale avrebbe consentito, tenuto conto della mancanza di produttori terzi, di determinare l'importanza relativa di ciascuna impresa nel mercato rilevante facendo risultare indirettamente il valore delle rispettive quote di mercato (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Racc. pag. 3831, punto 99).

74.
    D'altra parte, dalla Decisione risulta che la Commissione non ha fatto esplicito riferimento alla valutazione del «peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa», valutazione che essa deve ormai effettuare in forza degli orientamenti quando ritiene, come nel caso di specie, che sia opportuno ponderare gli importi di base dell'ammenda in quanto trattasi di un'infrazione che coinvolge più imprese (tipo cartello) tra le quali esistono disparità considerevoli di dimensioni (v. punto 1 A, sesto capoverso, degli orientamenti).

75.
        A tale proposito il riferimento nella Decisione (ultima frase del punto 304) all'«importanza reale delle imprese» non è tale da colmare la lacuna di cui sopra.

    

76.
    Infatti, la valutazione del peso specifico, ovvero dell'impatto reale, dell'infrazione commessa da ciascuna impresa consiste, in realtà, nel determinare l'entità dell'infrazione commessa da ciascuna di esse e non l'importanza dell'impresa in questione in termini di dimensioni o di potenza economica. Orbene, come risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II-1751, punto 369), la parte del fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell'infrazione può fornire una corretta indicazione dell'entità dell'infrazione nel mercato rilevante. In particolare, come ha sottolineato il Tribunale, il volume di affari realizzato sui prodotti che siano stati oggetto di una pratica restrittiva costituisce un elemento obiettivo che fornisce il giusto metro della nocività della pratica medesima rispetto al normale gioco della concorrenza (v. sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-151/94, British Steel/Commissione, Racc. pag. II-629, punto 643).

77.
    Da quanto sopra discende che, basandosi sui fatturati mondiali delle ricorrenti senza prendere in considerazione il loro fatturato nel mercato interessato dall'infrazione, quello della lisina nel SEE, la Commissione non ha osservato il punto 1 A, quarto e sesto capoverso, degli orientamenti e non, come asseriscono le ricorrenti, il punto 1 A, primo comma, del detto testo, ove viene preso in considerazione l'impatto concreto dell'infrazione sul mercato rilevante. Infatti, gli effetti da prendere in considerazione a tal titolo sono quelli risultanti dal complesso dell'infrazione alla quale le imprese hanno partecipato (sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-49/92, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punti 150-152), per cui a tale riguardo non rileva considerare il comportamento individuale o i dati propri di ciascuna impresa.

78.
    Alla luce di ciò spetta al Tribunale verificare se il fatto di non aver preso in considerazione il fatturato nel mercato interessato e di aver pertanto tenuto in non cale gli orientamenti abbia condotto la Commissione a violare, nella fattispecie, il principio di proporzionalità quando ha fissato l'importo dell'ammenda. Al riguardo occorre ricordare che la valutazione della proporzionalità dell'ammenda inflitta alla gravità e alla durata dell'infrazione - criteri enunciati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 - rientra nella competenza giurisdizionale anche di merito conferita al Tribunale dall'art. 17 del medesimo regolamento.

79.
    Nel presente caso, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che l'importo di base specifico dell'ammenda, fissato in EUR 15 milioni, è eccessivo, in quanto è quasi identico al fatturato realizzato nel mercato della lisina nel SEE durante l'ultimo anno d'infrazione, che è di EUR 16 milioni.

80.
    Occorre innanzitutto far presente che la circostanza che l'importo di base specifico dell'ammenda sia quasi identico al fatturato realizzato nel mercato di cui trattasi non è di per sé concludente. Tale importo, infatti, pari a EUR 15 000 000, costituisce solo un valore intermedio che, in sede di applicazione del metodo definito dagli orientamenti, viene poi adattato in funzione della durata dell'infrazione e delle circostanze aggravanti o attenuanti constatate.

81.
    In secondo luogo, la natura stessa dell'infrazione, l'impatto reale di quest'ultima, l'estensione geografica del mercato rilevante, la necessaria portata dissuasiva dell'ammenda e le dimensioni delle imprese in questione sono altrettanti elementi che la Commissione ha ritenuto, nella fattispecie, idonei a giustificare un tale importo intermedio. La convenuta ha giustamente qualificato l'infrazione «molto grave», in quanto le ricorrenti hanno partecipato ad un'intesa orizzontale avente ad oggetto la fissazione di obiettivi di prezzi e di quote di vendita e la creazione di un sistema di scambio d'informazioni sui quantitativi di vendita che ha esercitato un'influenza concreta sul mercato della lisina nel SEE facendo aumentare artificiosamente i prezzi e ridurre i detti quantitativi. Per quanto concerne le dimensioni delle imprese e la portata dissuasiva delle ammende, occorre sottolineare che la Commissione ha opportunamente deciso di basarsi sul fatturato globale delle imprese interessate. Secondo la giurisprudenza, infatti, è proprio il volume d'affari complessivo a rivelare le dimensioni di un'impresa (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121) nonché la sua potenza economica, determinante per valutare la portata dissuasiva di un'ammenda nei suoi confronti.

82.
    In terzo luogo, va sottolineato che l'ammenda di EUR 15 000 000 inflitta alle ricorrenti è notevolmente inferiore a quella minima di EUR 20 000 000 che gli orientamenti normalmente prevedono per questo tipo d'infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino).

83.
    A sostegno delle loro affermazioni le ricorrenti richiamano in maniera esplicita anche la citata sentenza Parker Pen/Commissione, nella quale il Tribunale ha accolto il motivo vertente su una violazione del principio di proporzionalità perché la Commissione non aveva preso in considerazione il fatto che il fatturato realizzato con i prodotti cui si riferiva l'infrazione era relativamente esiguo rispetto a quello dell'insieme delle vendite realizzate dall'impresa in questione, il che ha giustificato una riduzione dell'importo dell'ammenda (punti 94 e 95). Le ricorrenti fanno valere precisamente che le vendite di lisina nel SEE rappresentavano solo una piccola parte del loro fatturato mondiale.

84.
        Va osservato, per prima cosa, che la soluzione adottata dal Tribunale nella succitata sentenza Parker Pen/Commissione concerne la fissazione dell'importo definitivo dell'ammenda e non, come nella fattispecie, dell'importo di base della stessa rispetto alla gravità dell'infrazione.

85.
    Poi, anche supponendo che la giurisprudenza di cui sopra possa essere trasposta alla fattispecie in esame, occorre ricordare che, nell'ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito, il Tribunale valuta altresì l'adeguatezza dell'importo delle ammende. Orbene, tale valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d'informazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I-10101, punti 53-55) quali, eventualmente, il fatturato realizzato dalle ricorrenti nel mercato della lisina nel SEE, del quale la Decisione non tiene conto.

86.
        Al riguardo occorre sottolineare che dal confronto dei diversi fatturati delle ricorrenti per il 1995 risultano due elementi informativi. Da un lato, è vero che il fatturato proveniente dalle vendite di lisina nel SEE, pari a EUR 16 milioni, può essere considerato esiguo rispetto al fatturato complessivo, che ammonta a EUR 2,8 miliardi. Dall'altro lato, viceversa, risulta che il fatturato delle vendite di lisina nel SEE rappresenta una quota relativamente importante del fatturato realizzato nel mercato mondiale della lisina (EUR 73 milioni), e cioè circa il 22%.

87.
    Poiché le vendite di lisina nel SEE rappresentano, quindi, non una parte esigua, bensì una quota significativa di quest'ultimo fatturato, non si può addurre validamente una violazione del principio di proporzionalità, tanto più che l'importo di base dell'ammenda non è stato determinato soltanto mediante un mero calcolo rapportato al fatturato complessivo, ma anche sulla scorta del fatturato settoriale e di altri elementi rilevanti quali la natura dell'infrazione, l'impatto reale di quest'ultima sul mercato, l'estensione del mercato rilevante, la necessaria portata dissuasiva della sanzione, le dimensioni e la potenza delle imprese.

88.
    Tale conclusione non può essere infirmata da una mera allegazione sulle conseguenze della politica agricola comune sui prezzi dei cereali in Europa nel periodo dell'infrazione e sul preteso carattere circoscritto dell'infrazione nel SEE, né dalla circostanza che la lisina distribuita dalla Kyowa sul mercato europeo era prodotta al di fuori di tale territorio, situazione comune a tutti i produttori in causa ad eccezione dell'Eurolysine (punto 35 della Decisione).

89.
    Per le ragioni suesposte il Tribunale giudica, nell'esercizio della sua competenza giurisdizionale, che l'importo di base dell'ammenda determinato in funzione della gravità dell'infrazione commessa dalla Kyowa è adeguato e che, siccome la mancata considerazione degli orientamenti da parte della Commissione non ha provocato nella fattispecie una violazione del principio di proporzionalità, occorre allora respingere la censura dedotta a tale proposito dalle ricorrenti.

Sull'incidenza dell'ammenda già inflitta negli Stati Uniti

Argomenti delle parti

90.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio del divieto del cumulo di sanzioni consacrato dalla giurisprudenza (sentenze della Corte 13 febbraio 1969, causa 14/68, Walt Wilhelm e.a./Bundeskartellamt, Racc. pag. 1, punto 11, e 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer/Commissione, Racc. pag. 1281, punti 3-5; sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-149/89, Sotralentz/Commissione, Racc. pag. II-1127, punto 29), in quanto, in sede di calcolo dell'importo di base dell'ammenda, essa non ha considerato l'ammenda già inflitta alla Kyowa dalle autorità americane.

91.
    Secondo le ricorrenti, il principio di equità che impone di tener conto di ammende già inflitte al medesimo titolo a un'impresa dev'essere rispettato anche se, a motivo della diversa localizzazione geografica dei loro effetti, il comportamento sul territorio del SEE costituisce un'infrazione diversa da quella sanzionata negli Stati Uniti.

92.
    Nella fattispecie, poiché la Kyowa è stata sanzionata per l'incidenza negli Stati Uniti della sua partecipazione all'intesa mondiale sulla lisina, vale a dire per il medesimo fatto contestatole dalla Commissione, quest'ultima avrebbe dovuto dedurre dal fatturato preso in considerazione il fatturato realizzato negli Stati Uniti (USD 31 milioni ovvero EUR 24 milioni, tra l'ottobre 1994 e il settembre 1995).

93.
    La Commissione fa valere che la giurisprudenza invocata dalle ricorrenti non concerne le decisioni di autorità di paesi terzi, bensì quelle di autorità nazionali della concorrenza negli Stati comunitari. Siccome questi ultimi possono applicare il loro diritto nazionale della concorrenza a prassi che possono essere parimenti soggette al diritto comunitario della concorrenza, sarebbe logico per la Commissione tener conto delle ammende già inflitte da autorità nazionali.

94.
    L'argomento delle ricorrenti secondo cui occorrerebbe dedurre la parte del fatturato della Kyowa realizzato negli Stati Uniti sarebbe del tutto infondato. Conformemente agli orientamenti, il fatturato mondiale delle imprese interessate non costituirebbe la base di calcolo delle ammende, ma servirebbe solamente a distinguere le imprese in funzione delle loro dimensioni.

95.
    Infine, sarebbe paradossale che un'impresa che ha partecipato a un'intesa a livello mondiale si aspetti un trattamento più favorevole di quello riservato a un'impresa che ha partecipato a un'intesa su scala europea. Al contrario, la Commissione dovrebbe esercitare il suo potere di irrogare ammende allo scopo di reprimere e di dissuadere.

Giudizio del Tribunale

96.
    Risulta dalla giurisprudenza che il principio del ne bis in idem, sancito anche dall'art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, costituisce un principio generale del diritto comunitario di cui il giudice garantisce il rispetto (sentenze della Corte 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione, Racc. pag. 149, in particolare pag. 172, e Boehringer/Commissione, cit., punto 3; sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II-931, punto 96, confermata sul punto dalla sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punto 59).

97.
    Nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, il detto principio vieta che un'impresa venga condannata o perseguita di nuovo dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più suscettibile di impugnazione.

98.
    Inoltre, nella giurisprudenza è stata ammessa la possibilità di un cumulo delle sanzioni, l'una comunitaria e l'altra nazionale, nel caso di due procedimenti paralleli, che perseguono fini diversi, la cui ammissibilità deriva dal particolare sistema di ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri in materia d'intese. Tuttavia, un'esigenza generale d'equità implica che, nel commisurare l'ammenda, la Commissione deve tener conto delle sanzioni che siano state già irrogate all'impresa per lo stesso fatto, qualora si tratti di sanzioni inflitte per violazione del diritto delle intese di uno Stato membro e, di conseguenza, per fatti avvenuti nel territorio comunitario (v. sentenze Wilhelm e a., cit., punto 11, e Boehringer/Commissione, cit., punto 3; sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-141/89, Tréfileurope/Commissione, Racc. pag. II-791, punto 191, e Sotralentz/Commissione, cit., punto 29).

99.
    Per la parte in cui le ricorrenti lamentano che, infliggendo loro un'ammenda per la partecipazione a un'intesa già sanzionata dalle autorità americane, la Commissione ha violato il principio del ne bis in idem, ai sensi del quale non può essere inflitta una seconda sanzione alla stessa persona per la medesima infrazione, occorre rilevare che il detto argomento non può essere accolto dal Tribunale.

100.
    A tale proposito è sufficiente ricordare che il giudice comunitario ha riconosciuto che un'impresa può essere validamente sottoposta a due procedimenti paralleli per la stessa infrazione e quindi ad una duplice sanzione, l'una inflitta dall'autorità competente dello Stato membro in questione, l'altra comunitaria. Tale possibilità di cumulo delle sanzioni è giustificata dal fatto che i detti procedimenti perseguono fini diversi (v. sentenze Wilhelm e a., cit., punto 11; Tréfileurope/Commissione, cit., punto 191, e Sotralentz/Commissione, cit., punto 29).

101.
    Alla luce di ciò, il principio del ne bis in idem non può, a maggior ragione, trovare applicazione nel caso di specie, dato che i procedimenti svolti e le sanzioni inflitte dalla Commissione, da un lato, e dalle autorità americane, dall'altro, non perseguono evidentemente gli stessi obiettivi. Se nel primo caso si tratta di preservare una concorrenza non falsata nel territorio dell'Unione europea o nel SEE, lo scopo di tutela riguarda, nel secondo caso, il mercato americano.

102.
    Tale conclusione è confermata dalla portata del principio che vieta il cumulo delle sanzioni, come sancito dall'art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU ed applicato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Dalla formulazione del detto articolo risulta che tale principio ha il solo effetto di vietare ad un giudice nazionale di giudicare, o di reprimere, un reato per il quale la persona in questione è già stata assolta o condannata nello stesso Stato. Per contro, il principio del ne bis in idem non vieta che una persona sia perseguita o sanzionata più di una volta per lo stesso fatto in due o più Stati diversi (v. Corte eur. D.U., sentenza Krombach c. Francia del 29 febbraio 2000, non pubblicata).

103.
    Va altresì sottolineato che non esiste, attualmente, nessun principio di diritto pubblico internazionale che vieti ad autorità o a giudici di Stati diversi di perseguire e di condannare una persona per gli stessi fatti. Un tale divieto potrebbe pertanto risultare, a tutt'oggi, soltanto da una cooperazione internazionale molto stretta che sfoci nell'adozione di disposizioni comuni come quelle che figurano nella Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell'Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19), firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990. A tale proposito, le ricorrenti non hanno eccepito l'esistenza di una convenzione che vincoli la Comunità e Stati terzi quali gli Stati Uniti e che preveda un tale divieto.

104.
    Va osservato, certo, che l'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1), prevede che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge. Tuttavia è giocoforza rilevare che, indipendentemente dalla questione se il testo citato sopra abbia o meno valore giuridico cogente, quest'ultimo si applica solo nel territorio dell'Unione e delimita espressamente la portata del diritto previsto nel suo art. 50 ai casi in cui la decisione di assoluzione o di condanna in questione sia stata pronunciata all'interno del detto territorio.

105.
    Ne consegue che, là dove le ricorrenti invocano una violazione del principio del ne bis in idem per il fatto che l'intesa in questione è stata sanzionata altresì fuori del territorio comunitario, tale motivo dev'essere respinto.

    

106.
    Quanto alla censura delle ricorrenti secondo cui, non considerando in sede di calcolo dell'importo di base dall'ammenda quella già inflitta alla Kyowa Hakko Kogyo negli Stati Uniti, la Commissione non ha tenuto conto della giurisprudenza in materia e del «principio d'uguaglianza» quivi definito, occorre rilevare che il Tribunale non può accoglierla.

107.
    Si deve osservare che, al punto 3 della citata sentenza Boehringer/Commissione, la Corte ha dichiarato che «[l]a questione, poi, del se la Commissione debba tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo va risolta solo qualora gli addebiti alla ricorrente da parte della Commissione, da un lato, e delle autorità americane, dall'altro, siano identici».

108.
        A tal proposito, le ricorrenti precisano di essere state sanzionate dalle autorità americane per l'incidenza negli Stati Uniti della loro partecipazione all'intesa mondiale sulla lisina, vale a dire «per il medesimo fatto addebitatole dalla Commissione». Ciò implicherebbe l'obbligo per la Commissione di tener conto, nella fattispecie, dell'ammenda inflitta alla Kyowa Hakko Kogyo dalle autorità americane deducendo dal fatturato preso in considerazione quello realizzato negli Stati Uniti.

109.
    In primo luogo, occorre rilevare che risulta evidente dalla formulazione del punto 3 della citata sentenza Boehringer/Commissione, che la Corte non ha risolto la questione se la Commissione debba tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo nell'ipotesi in cui gli addebiti contestati ad un'impresa da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici. Sotto tale profilo risulta che la Corte ha considerato l'identità dei fatti censurati dalla Commissione e dalle autorità di uno Stato terzo come una condizione preliminare per la questione di cui sopra.

110.
    In secondo luogo, va sottolineato che è alla luce della situazione particolare derivante, da un lato, dalla stretta interdipendenza dei mercati nazionali degli Stati membri e del mercato comune e, dall'altro, dal sistema specifico di ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri in materia di intese in uno stesso territorio, quello del mercato comune, che la Corte, avendo ammesso la possibilità di un duplice procedimento, ha ritenuto necessario, considerata l'eventuale duplice sanzione che ne deriva, prendere in considerazione la prima decisione repressiva conformemente ad un'esigenza di equità (v. sentenza Wilhelm e a., cit., punto 11, e le conclusioni dell'avvocato generale Mayras per la sentenza Boehringer/Commissione, cit., Racc. pag. 1293, in particolare pagg. 1301-1303).

111.
    Orbene, è evidente che una situazione di questo tipo non sussiste nella presente fattispecie e, pertanto, non essendo dedotta una disposizione convenzionale espressa che preveda l'obbligo per la Commissione, nel fissare l'importo di un'ammenda, di tener conto delle ammende già inflitte alla stessa impresa per il medesimo fatto da autorità o da giudici di uno Stato terzo, come gli Stati Uniti, le ricorrenti non possono validamente contestare alla Commissione di essere venuta meno, nel caso di specie, a tale preteso obbligo.

112.
    Ad ogni modo, anche supponendo che dalla citata sentenza Boehringer/Commissione si possa ricavare a contrario che la Commissione deve tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo nell'ipotesi in cui gli addebiti contestati all'impresa in questione da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici, la prova di una tale identità, che spetta alle ricorrenti produrre (sentenza Boehringer/Commissione, cit., punto 5), non è stata fornita nel caso di specie.

113.
    E' giocoforza constatare, infatti, che le ricorrenti non hanno fatto valere alcun argomento idoneo a suffragare la loro tesi né, soprattutto, hanno prodotto prove, in particolare la sentenza pronunciata contro la Kyowa Hakko Kogyo negli Stati Uniti.

114.
    Alla luce di ciò, si deve respingere la censura delle ricorrenti vertente su una violazione da parte della Commissione di un preteso obbligo di tener conto della sanzione irrogata anteriormente dalle autorità di uno Stato terzo.

115.
    Ne consegue che il ricorso dev'essere integralmente respinto.

Sulle spese

116.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella fattispecie, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese proprie e, in solido, a quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd e la Kyowa Hakko Europe GmbH sopporteranno le proprie spese e, in solido, quelle sostenute dalla Commissione.

Vilaras
Tiili
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

M. Vilaras

Indice

    Fatti all'origine della controversia

II - 2

    Procedimento e conclusioni delle parti

II - 6

    In diritto

II - 7

        Sull'applicabilità degli orientamenti

II - 7

            Argomenti delle parti

II - 7

                - Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

II - 7

                - Sulla violazione del principio di certezza del diritto

II - 9

            Giudizio del Tribunale

II - 9

        Sul fatturato preso in considerazione a titolo della gravità dell'infrazione

II - 12

            Argomenti delle parti

II - 13

            Giudizio del Tribunale

II - 14

        Sull'incidenza dell'ammenda già inflitta negli Stati Uniti

II - 20

            Argomenti delle parti

II - 20

            Giudizio del Tribunale

II - 21

    Sulle spese

II - 24


1: Lingua processuale: l'inglese.