Language of document : ECLI:EU:T:2020:1

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

16 gennaio 2020 (*)

«Aiuti di Stato – Settore minerario – Misura consistente, da un lato, nella riduzione delle garanzie finanziarie per il ripristino dei siti minerari e, dall’altro, nell’investimento statale per il ripristino dei siti minerari che assicura un livello più elevato di tutela ambientale – Decisione che dichiara l’aiuto parzialmente incompatibile con il mercato interno e ne ordina il recupero – Nozione di aiuto – Vantaggio – Trasferimento di risorse statali – Carattere selettivo – Legittimo affidamento – Certezza del diritto – Calcolo dell’importo dell’aiuto»

Nella causa T‑257/18,

Iberpotash, SA, con sede in Súria (Spagna), rappresentata da N. Niejahr e B. Hoorelbeke, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Luengo e D. Recchia, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda basata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione (UE) 2018/118 della Commissione, del 31 agosto 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.35818 (2016/C) (ex 2015/NN) (ex 2012/CP) cui la Spagna ha dato esecuzione a favore di Iberpotash (GU 2018, L 28, pag. 25),

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da E. Buttigieg, facente funzione di presidente, B. Berke (relatore) e M.J. Costeira, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 luglio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Iberpotash, SA, è una società per azioni di diritto spagnolo, che possiede e gestisce due miniere di potassa in attività in Catalogna (Spagna), una nel comune di Súria e l’altra nei comuni di Sallent e di Balsareny (in prosieguo, congiuntamente: le «miniere della ricorrente»). Inoltre, la ricorrente è proprietaria della discarica di scorie saline di Vilafruns (in prosieguo: la «discarica di Vilafruns») in cui le attività di estrazione sono cessate nel 1973.

2        La ricorrente è una filiale della multinazionale israeliana ICL Fertilisers, il maggiore produttore mondiale di fertilizzanti. Essa ha acquisito le miniere dello Stato spagnolo tramite un contratto di compravendita stipulato il 21 ottobre 1998 con la Sociedad Estatal de Participaciones Industriales (SEPI), un gruppo d’imprese di proprietà dello Stato spagnolo.

3        Il 9 novembre 2006 la ricorrente ha ottenuto un’autorizzazione ambientale per estrarre potassa dal sito minerario di Súria; l’importo della garanzia finanziaria per tale sito è stata fissata a EUR 773 682,28 (importo aumentato a EUR 828 013,24 nel 2008). Il 28 aprile 2008 la ricorrente ha ottenuto un’autorizzazione ambientale per estrarre potassa dal sito minerario di Sallent/Balsareny, per il quale l’importo della garanzia finanziaria è stato fissato a EUR 1 130 128. Tali autorizzazioni costituiscono decisioni amministrative individuali e specifiche adottate dalla Generalidad de Cataluña (Governo autonomo della Catalogna, Spagna).

4        Con una sentenza dell’11 ottobre 2011, il Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia, Spagna) ha giudicato che il piano di ripristino del sito di Sallent/Balsareny era incompleto e che, di conseguenza, l’importo della garanzia finanziaria relativa a tale piano era troppo basso. Tale sentenza è stata confermata in sede d’impugnazione dal Tribunal Supremo (Corte Suprema, Spagna).

5        L’importo delle garanzie finanziarie, menzionate al precedente punto 3, non è stato rivisto prima del 2015, quando le autorità spagnole hanno proposto importi notevolmente più elevati, ossia EUR 6 979 471,83 per il sito di Sallent/Balsareny [importo effettivo solo in seguito all’approvazione del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) nel dicembre 2016] e di EUR 6 160 872,35 per il sito di Súria.

6        Il 17 dicembre 2007 il Ministerio de Medio Ambiente (Ministero dell’ambiente, Spagna) e l’Agencia Catalana del Agua (Agenzia catalana per l’acqua, Spagna) hanno siglato un accordo con cui hanno deciso di coprire l’ex discarica di Vilafruns. Sulla base di tale accordo, i lavori di copertura della discarica di Vilafruns sono iniziati nell’agosto del 2008 e sono continuati per 18 mesi. Tali lavori sono stati interamente finanziati dal Ministerio de Hacienda (Ministero delle finanze, Spagna) e dall’Agenzia catalana per l’acqua.

 Disposizioni legislative nazionali pertinenti

7        Gli obblighi ambientali degli operatori minerari relativi alle miniere in attività nella Comunità autonoma spagnola della Catalogna sono stabiliti nella Ley 12/1981 por la que se establecen normas adicionales de protección de los espacios de especial interés natural interés afectados por actividades extractivas (legge n. 12/1981 che stabilisce norme aggiuntive di tutela delle zone di particolare interesse naturale colpite dalle attività estrattive), del 24 dicembre 1981 (BOE n. 30, del 4 febbraio 1982, pag. 2874 in prosieguo: la «legge catalana n. 12/1981») e dal decreto 202/1994, por el que se establecen los criterios para la determinación de las fianzas relativas a los programas de restauración de actividades extractivas (decreto n. 202/1994 che stabilisce i criteri di determinazione delle garanzie relative ai programmi di ripristino relativi alle attività estrattive), del 14 giugno 1994 (in prosieguo: il «decreto n. 202/1994»).

8        Il decreto n. 202/1994 è stato sostituito dal Real Decreto 975/2009 sobre gestión de los residuos de las industrias extractivas y de protección y rehabilitación del espacio afectado por actividades de mineras (regio decreto n. 975/2009 sulla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e sulla tutela e il ripristino della zona colpita dalle attività estrattive), del 12 giugno 2009 (BOE n. 143, del 13 giugno 2009, pag. 49948; in prosieguo: il «regio decreto n. 975/2009»), che ha trasposto la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (GU 2006, L 102, pag. 15), e che si applica dal 1o maggio 2014 alle miniere che erano sfruttate prima del 1o maggio 2008, come nel caso delle miniere della ricorrente.

9        L’articolo 4 della legge catalana n. 12/1981 prevede che ogni domanda di autorizzazione di attività estrattive deve includere un programma di ripristino. In applicazione dell’articolo 5 della legge catalana n. 12/1981, il programma di ripristino deve definire le misure dirette a prevenire e a compensare le conseguenze negative per l’ambiente delle attività estrattive considerate. Deve includere le misure di ripristino che devono essere eseguite al termine delle diverse fasi di sfruttamento e al termine delle attività estrattive.

10      L’articolo 8, paragrafi 1, 1 bis e 2, della legge catalana n. 12/1981 prevede che, per garantire l’applicabilità del programma di ripristino, l’operatore della miniera è tenuto a costituire una garanzia finanziaria. L’importo della garanzia è fissato in funzione della superficie da ripristinare o del costo globale del ripristino.

11      L’articolo 9 della legge catalana n. 12/1981 prevede che le autorità competenti possano procedere all’esecuzione forzata del programma di ripristino qualora il titolare dell’attività non sia in grado o rifiuti di eseguirlo. Le spese dell’esecuzione forzata sono a carico dell’operatore della miniera e le autorità competenti possono imporre penalità all’operatore.

12      L’articolo 2 del decreto n. 202/1994 fissa criteri aggiuntivi per stabilire l’importo della garanzia finanziaria. Tutti questi criteri riguardano i costi delle misure e dei lavori speciali inclusi nel programma di ripristino. Per le miniere che non sono situate in zone d’interesse naturale particolare, quali le miniere della ricorrente, l’articolo 3 del decreto prevede che l’importo della garanzia finanziaria stabilito sulla base dell’articolo 2 del medesimo decreto sia dimezzato.

13      Per quanto attiene alle miniere che non sono più in attività, l’articolo 121 della Ley 22/1973 de Minas (legge n. 22/1973 relativa alle miniere), del 21 luglio 1973 (BOE n. 176, del 24 luglio 1973, pag. 15056; in prosieguo: la «legge spagnola relativa alle miniere»), prevede che il proprietario di una miniera non più in attività debba conformarsi ai piani di ripristino approvati dalle autorità incaricate delle attività minerarie.

 Procedimento amministrativo

14      Il 30 novembre 2012 la Commissione europea ha ricevuto una denuncia anonima secondo cui il Regno di Spagna avrebbe attuato diverse presunte misure di aiuto a favore della ricorrente.

15      Il 10 gennaio 2013 la Commissione ha inviato una prima richiesta d’informazioni. Il Regno di Spagna ha risposto l’8 marzo 2013. Altre richieste d’informazioni sono state trasmesse il 14 maggio 2013, il 16 gennaio e il 26 marzo 2014, alle quali il Regno di Spagna ha risposto con lettere del 13 giugno 2013, del 14 febbraio e del 15 aprile 2014.

16      Il 30 gennaio 2015 la Commissione ha trasmesso una lettera di valutazione preliminare al denunciante, il quale ha fornito informazioni aggiuntive in data 5 marzo e 21 aprile 2015. Inoltre, il 9 marzo 2015 si è tenuta una riunione alla presenza del denunciante, il quale ha fornito altre informazioni supplementari in data 4 giugno 2015.

17      Il 9 giugno 2015 la Commissione ha trasmesso al Regno di Spagna la risposta definitiva del denunciante alla lettera di valutazione preliminare con una richiesta d’informazioni aggiuntive. Il Regno di Spagna ha risposto l’8 luglio 2015. Su richiesta del Regno di Spagna, il 31 luglio 2015 è stata trasmessa al Regno di Spagna una versione non riservata della lettera di valutazione preliminare.

18      Il 26 gennaio 2016 la Commissione ha avviato un procedimento d’indagine formale per due misure di presunti aiuti, ossia la concessione alla ricorrente da parte del Regno di Spagna, da un lato, di un vantaggio in forma di riduzione delle commissioni di garanzia e, dall’altro, un aiuto all’investimento per la copertura della discarica di Vilafruns. Tale decisione è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale (GU 2016, C 142, pag. 18). La Commissione ha chiesto alle autorità spagnole di produrre le proprie osservazioni e informazioni aggiuntive, che esse hanno presentato il 28 novembre 2016.

19      La Commissione ha ricevuto le osservazioni delle parti interessate e della ricorrente e le ha trasmesse al Regno di Spagna che ha presentato osservazioni il 27 luglio 2016 e il 6 aprile 2017.

 Decisione impugnata

20      Il 31 agosto 2017 la Commissione ha adottato la decisione (UE) 2018/118 relativa all’aiuto di Stato SA.35818 (2016/C) (ex 2015/NN) (ex 2012/CP) cui la Spagna ha dato esecuzione a favore di Iberpotash (GU 2018, L 28, pag. 25; in prosieguo: la «decisione impugnata»), dichiarando le due misure di aiuto in questione incompatibili con il mercato interno (articolo 1, paragrafi 1 e 3) e ordinando il loro recupero (articoli 2 e 3).

21      Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

1. L’aiuto di Stato illegalmente concesso dalla Spagna in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a favore di Iberpotash, sotto forma di commissioni di garanzia indebitamente basse risultanti dal livello indebitamente basso delle garanzie per il periodo 2006‑2016, per un importo di 1 864 622 EUR, è incompatibile con il mercato interno.

2. L’aiuto di Stato per la copertura della discarica di Vilafruns, illegalmente concesso dalla Spagna in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a favore di Iberpotash, per un importo di 3 902 461,30 EUR, è compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

3. La parte restante dell’aiuto destinato alla copertura della discarica di Vilafruns, per un importo di 3 985 109,70 EUR, illegittimamente concesso dalla Spagna in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a favore di Iberpotash, è incompatibile con il mercato interno.

Articolo 2

1. La Spagna procede al recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 3, presso il beneficiario.

2. Gli importi da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono stati posti a disposizione del beneficiario fino a quella del loro effettivo recupero.

3. Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione e del regolamento (CE) n. 271/2008 della Commissione che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004.

4. La Spagna annulla tutti i pagamenti in essere dell’aiuto di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 3, con effetto alla data di adozione della presente decisione.

Articolo 3

1. Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1, paragrafi 1 e 3, è immediato ed effettivo.

2. La Spagna garantisce l’attuazione della presente decisione entro quattro mesi dalla data della sua notifica.

(…)».

22      La decisione impugnata individua due misure di aiuto.

23      Da una parte, un aiuto di Stato che assume la forma di minori commissioni bancarie dovute alla riduzione delle garanzie nel periodo 2006‑2016, il cui importo ammonta a EUR 1 864 622 (in prosieguo: la «misura 1»).

24      Dall’altra parte, una misura relativa all’investimento per la copertura della discarica di Vilafruns (in prosieguo: la «misura 4»), che, costituisce, da una lato, per la parte equivalente all’importo di EUR 3 902 461,30, una misura compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, poiché è conforme alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale (2008/C 82/01) (GU 2008, C 82, pag. 1; in prosieguo: la «disciplina del 2008») e, d’altro lato, un aiuto incompatibile con il mercato interno, in particolare per la parte che eccede l’intensità massima dell’aiuto agli investimenti che consente di superare il livello di tutela ambientale richiesto, che ammonta a EUR 3 985 109,70.

25      Nell’ambito della sua valutazione relativa all’esistenza di un aiuto di Stato, per quanto attiene alla «misura 1», al punto 54 della decisione impugnata, la Commissione precisa che, con riferimento in particolare all’esistenza di un vantaggio, occorre valutare innanzitutto se il livello delle garanzie finanziarie stabilito dalle autorità spagnole fosse inferiore a quello richiesto dalla normativa applicabile, cosa che analizza ai punti da 56 a 59 della decisione impugnata.

26      Al punto 60 della decisione impugnata la Commissione rammenta che l’importo delle garanzie finanziarie è stato stabilito dal Governo autonomo della Catalogna, in due decisioni individuali e specifiche adottate nei riguardi della ricorrente: la prima licenza, rilasciata il 9 novembre 2006, che consentiva alla ricorrente di esercitare le attività di estrazione dal sito minerario di Súria, ha fissato l’importo della garanzia finanziaria a EUR 773 682,28 (aumentato a EUR 828 013,24 nel 2008); la seconda, concessa il 28 aprile 2008, per il sito minerario di Sallent/Balsareny, ha fissato l’importo della garanzia finanziaria a EUR 1 130 128. Tali importi sono stati rivisti nel 2015, quando le autorità spagnole hanno proposto importi notevolmente più elevati, ossia EUR 6 979 471,83 per il sito di Sallent/Balsareny [importo effettivo solo in seguito all’approvazione del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) nel dicembre 2016] e di EUR 6 160 872,35 per il sito di Súria (importo effettivo a partire da maggio 2015).

27      Per quanto attiene al livello delle garanzie finanziarie fornite dalla ricorrente, la Commissione sottolinea quanto segue:

«(61)      [S]petta in primo luogo alle autorità competenti in materia di ambiente determinare e approvare gli importi delle garanzie finanziarie nel quadro delle norme nazionali o regionali applicabili nel caso in esame. Sebbene la Commissione sia responsabile di garantire la corretta attuazione e applicazione della direttiva [2006/21] sui rifiuti di estrazione, applicabile alle garanzie finanziarie [della ricorrente] a partire dal 1o maggio 2014, detta direttiva lascia agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità per determinare l’importo preciso delle garanzie. Per questo motivo, la Commissione si è astenuta dal valutare i livelli corretti delle garanzie finanziarie alla luce della direttiva sui rifiuti di estrazione e limita la sua valutazione all’esame degli elementi disponibili a riprova dell’insufficienza delle garanzie finanziarie, poiché un insieme di indizi lascia supporre che l’importo delle garanzie stabilit[o] dalle autorità pubbliche nel 2006 e nel 2008 fosse effettivamente inferiore a quello previsto dalla legislazione applicabile.

(62)      Riveste somma importanza il fatto che l[a Corte superiore di giustizia] della Catalogna abbia stabilito, l’11 ottobre 2011, che l’importo della garanzia finanziaria relativa alla discarica di Cogulló presso gli impianti [della ricorrente] a Balsareny/Sallent, ammontante a 585,153 EUR, era inferiore a quello necessario. Nella sentenza si afferma che l’importo della garanzia non rispetta i parametri giuridici e normativi stabiliti dalla legislazione nazionale, citando, in particolare, l’articolo 8, paragrafo 2, della legge [catalana n.] 12/1981 e il decreto [n.] 202/1994 (…). Tale sentenza è stata pienamente confermata in appello dalla sentenza della Corte suprema del 9 luglio 2014. Infine, come segnalato dalle autorità spagnole, con sentenza del 14 dicembre 2016, l[a Corte superiore di giustizia] della Catalogna ha confermato che il nuovo importo proposto, pari a 6 979 471,83 EUR, era adeguato per la totalità del sito di estrazione di Balsareny/Sallent.

(63)      Alla luce della sentenza dell[a Corte superiore di giustizia] della Catalogna dell’11 ottobre 2011, competente a interpretare le norme nazionali pertinenti, la Commissione considera dimostrato che l’importo iniziale della garanzia finanziaria [della ricorrente] stabilita nel 2006 per gli impianti a Balsareny/Sallent, ammontante a 1 130 128 EUR, era palesemente insufficiente (…).

(64)      Sebbene non vi siano altre sentenze che riguardino la garanzia per il giacimento di Súria, sussistono prove convincenti del fatto che, qualora fosse stata promossa un’azione giudiziaria, la constatazione di un livello di garanzia palesemente insufficiente sarebbe stata altrettanto probabile. L’importo della garanzia originale di 773 682,28 EUR (elevato a 828 013,24 EUR nel 2008) riflette proporzionalmente la minore estensione del giacimento di Súria rispetto a quello di Balsareny/Sallent in termini di volume dei rifiuti e superficie totale delle discariche. La garanzia per Súria è stata inoltre aumentata in modo significativo, raggiungendo l’importo di 6 160 872,35 EUR, contemporaneamente a quella per Balsareny/Sallent (cioè solo in seguito alla sentenza dell[a Corte] e alla sua conferma in appello) e in proporzione persino maggiore (più di sette volte superiore). In mancanza di qualsiasi altro fattore atto a spiegare la differenza tra gli importi delle garanzie per Súria e per Balsareny/Sallent, si può quindi considerare insufficiente anche l’importo della garanzia per Súria.

(…)

(66)      Oltre alla pronuncia autorevole di un organo giurisdizionale nazionale, l’indagine ha portato alla luce vari altri elementi di prova che conforta[va]no la conclusione secondo cui il livello originale delle garanzie finanziarie era troppo basso.

(67)      [L]e trascrizioni ufficiali dell’audizione svoltasi in seno alla commissione per l’ambiente del parlamento della Catalogna il 2 ottobre 2013, contenenti la dichiarazione esplicita della direttrice generale dell’Ambiente del governo autonomo della Catalogna, secondo la quale le garanzie erano palesemente insufficienti (…). Le trascrizioni del dibattito politico in seno al parlamento non contengono una giustificazione rilevante di detto importo e devono pertanto essere trattate con cautela, ma gli ordini di grandezza e la differenza rispetto all’importo reale confermano le conclusioni degli esperti del settore, i quali hanno considerato palesemente insufficienti gli importi effettivi delle garanzie stabilite nel 2006 e nel 2008.

(68)      In secondo luogo, il denunciante ha presentato uno studio dell’agosto 2012, affidato a esperti in materia di ambiente (di seguito “lo studio FER”), i quali hanno raccolto e analizzato una grande quantità di informazioni disponibili (giuridiche, accademiche o provenienti da indagini di mercato) sul caso in esame. Lo studio FER analizza la situazione attuale in termini di impatto ambientale dei giacimenti d[ella ricorrente] e stima l’evoluzione dei quantitativi totali di materiale depositato nelle discariche in futuro, e giunge alla conclusione che l’impatto di tali discariche sull’ambiente è significativo e destinato ad aumentare.

(…)

(72)      Su tali basi, secondo lo studio FER, l’importo della garanzia finanziaria, alla luce delle nuove norme del regio decreto [n.] 975/2009, di sicuro non dovrebbe essere inferiore ai costi di ripristino nel 2012, pari a 71 milioni di EUR per entrambi i siti di estrazione, e, tenendo conto della totalità dei costi futuri, dovrebbe anzi aggirarsi sui 100 milioni di EUR.

(…)

(75)      [Per quanto attiene alle critiche della ricorrente secondo cui lo studio FER non può servire come base per il calcolo dell’importo delle garanzie, l]a Commissione riconosce che lo studio non segue le disposizioni pertinenti del decreto [n.] 202/1994 e verte piuttosto sulle condizioni stabilite nel regio decreto [n.] 975/2009, che dà attuazione alla direttiva [2006/21] sui rifiuti di estrazione, concentrandosi sui costi di ripristino previsti. Tuttavia, i risultati relativi ai costi di ripristino stimati per ciascun giacimento d[ella ricorrente] si basano su un metodo coerente e su ipotesi ragionevoli, descritte nei [punti] da 68 a 73, e sono quindi pertinenti per il calcolo delle garanzie, anche a norma del decreto [n.] 202/1994, come risulta, in particolare, dall’articolo 2, paragrafo 4, lettera h), del medesimo, che fa riferimento ai costi di qualsiasi altra misura di ripristino possa rendersi necessaria e pertanto non limita il calcolo alle misure enumerate nei punti precedenti dell’articolo 2».

28      Sulla base di tali elementi, la Commissione è giunta alla conclusione, ai punti 82 e 83 della decisione impugnata, che le prove raccolte e le relazioni presentate dagli esperti confermavano la constatazione dell’organo giurisdizionale nazionale, secondo cui gli importi iniziali delle garanzie finanziarie erano palesemente insufficienti per assicurare un ripristino adeguato e che, di conseguenza, tali importi erano effettivamente inferiori al livello di norma richiesto in forza della legislazione nazionale applicabile. La ricorrente ha quindi ottenuto un vantaggio economico, consistente nella riduzione delle commissioni bancarie addebitate ogni anno per la garanzia finanziaria. La ricorrente avrebbe beneficiato di un vantaggio selettivo sotto forma di riduzione delle commissioni bancarie derivante dalle minori garanzie fornite rispetto agli altri operatori che si trovavano in una situazione simile.

29      Per quanto attiene al criterio relativo all’uso di risorse statali, la Commissione osserva quanto segue:

«(88)      La Commissione osserva che, per quanto riguarda l’importo delle commissioni non riscosse, le garanzie in questione non si esaminano alla luce delle norme in materia di aiuti di Stato in funzione del rischio o dell’esposizione del garante (cioè, una banca privata, non lo Stato), bensì in funzione del rischio per lo Stato nel caso in cui l’importo garantito sia inferiore al costo reale dei danni ambientali e l’entità garantita non paghi o non possa pagare la totalità dei costi di ripristino.

(…)

(90)      La garanzia finanziaria d[ella ricorrente] è fornita sotto forma di garanzia bancaria, che non è gratuita per lo Stato. Può essere utilizzata solo per misure definite con rigore dalla legge, in particolare per il finanziamento della rimozione dei rifiuti, il ripristino dei giacimenti e altre misure ambientali nel caso in cui [la ricorrente] non adempia ai propri obblighi al riguardo. Lo Stato non percepisce alcun interesse sui fondi di garanzia né ottiene altri vantaggi finanziari che si riducano in caso di riduzione dell’importo della garanzia. Finora, inoltre, in nessun caso lo Stato ha dovuto far ricorso alla garanzia per una delle finalità summenzionate. Tuttavia, anche se a tutt’oggi la riduzione dell’importo della garanzia non ha prodotto un effetto reale sulle risorse statali, di per sé ciò non esclude l’esistenza di un effetto potenziale su tali risorse dovuto al rischio più elevato che lo Stato sia costretto a spenderle in futuro.

(91)      In realtà, la creazione di un rischio concreto che imponga un onere supplementare per lo Stato in futuro è sufficiente per soddisfare la nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Anche la Corte di giustizia [dell’Unione europea] ha stabilito che il nesso e l’effetto di una misura di aiuto di Stato sulle risorse statali non d[o]v[eva]no essere diretti perché tale criterio sia soddisfatto.

(92)      La finalità ultima di tali garanzie finanziarie è assicurare che le imprese estrattive dispongano di risorse sufficienti per coprire i futuri costi di ripristino, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria in futuro (solitamente piuttosto lontano). È quindi evidente che, nel caso in cui l’importo della garanzia sia notevolmente inferiore ai costi di ripristino previsti, sussiste quanto meno un rischio maggiore che si debba fare ricorso alle risorse statali in futuro. Tale rischio di potenziali costi a carico del bilancio pubblico è chiaramente superiore rispetto a se l’importo garantito fosse stato fissato in modo corretto, in conformità con la legislazione applicabile, tenendo debitamente conto dei costi di ripristino previsti. Se le risorse disponibili sono notevolmente inferiori a quelle necessarie, alla fine saranno le risorse dello Stato a coprire gran parte dei costi nel caso in cui, per qualsiasi motivo, [la ricorrente] non fosse disposta o in grado di farlo. Inoltre, qualora [la ricorrente] non sia in condizione di sostenere i costi di ripristino in futuro, la facoltà delle autorità spagnole di confiscare le attività d[ella ricorrente] ha scarse probabilità di apportare risorse supplementari significative, dato che le uniche attività dell’impresa d[ella ricorrente] (e di tutto il gruppo ICL) in Spagna sono gli impianti di estrazione di potassa. Il valore di tali attività, tuttavia, non è affatto certo, una volta chiuse le miniere di potassa.

(93)      Il fatto che lo Stato sia tenuto ad agire autonomamente nel caso in cui [la ricorrente] non voglia o non possa adottare le misure di ripristino necessarie per quanto riguarda le sue discariche è espressamente stabilito dalla legislazione applicabile.

(94)      In primo luogo, a norma dell’articolo 102 della legge [n.] 39/2015, lo Stato può procedere all’esecuzione in vece del soggetto giuridicamente tenuto ad adottare le misure. La Spagna dovrebbe: i) invitare [la ricorrente] ad adottare misure specificamente definite; ii) informare [la ricorrente] che in caso contrario l’amministrazione adotterà essa stessa tali misure, indicandone il costo; iii) realizzare le misure; iv) tentare di recuperare il costo presso [la ricorrente], il che, per definizione, non sarà possibile se la Spagna dovrà escutere una garanzia finanziaria insufficiente. Anche se formalmente questa decisione è facoltativa, qualora [la ricorrente] non ottemperasse all’obbligo di ripristinare i propri giacimenti, la Spagna non potrebbe fare altro che pagare tale ripristino in anticipo, poiché altrimenti non potrebbe adempiere ai propri obblighi.

(95)      In secondo luogo, come indicato nel [punto] 13, la Spagna potrebbe venir meno ai suoi obblighi a norma della direttiva sui rifiuti delle industrie estrattive e della direttiva sulle acque. Pertanto, nel caso in cui [la ricorrente] abbandonasse i propri impianti dopo aver esaurito le risorse minerarie e non ripristinasse i siti, data la garanzia insufficiente, la Spagna, per adempiere agli obblighi che le incombono a norma di dette direttive e, in definitiva, evitare di pagare penalità giornaliere inflitte dalla Corte di giustizia [dell’Unione europea], non potrà fare altro che sostenere le spese di rimozione delle discariche o provvedere a un ripristino altrettanto efficace.

(96)      In terzo luogo, secondo le disposizioni della legge [n.] 27/2006, del 18 luglio 2006, le autorità spagnole possono essere chiamate ad adempiere ai loro obblighi in forza della legislazione in materia di ambiente. Qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfi i criteri enunciati nella legge [n.] 27/2006 può, in caso di una violazione delle norme ambientali di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della medesima (comprese, per esempio, le violazioni degli obblighi in materia di protezione delle acque), ricorrere agli organi giurisdizionali affinché impongano all’amministrazione di rispettare gli obblighi di tutela ambientale.

(…)

(98)      Infine, le stesse autorità spagnole indicano che, conformemente all’articolo 9 della legge [catalana n.] 12/1981, nel caso in cui l’operatore non adempia ai propri obblighi, il governo autonomo [della Catalogna] può procedere all’esecuzione forzata delle misure, sostenendo i costi a carico dell’operatore. Segnalano che, in pratica, l’amministrazione applica le misure corrispondenti, che sono poi finanziate per mezzo della garanzia finanziaria o, nel caso in cui quest’ultima non sia sufficiente, mediante la vendita delle attività dell’operatore. Per questo motivo, qualora la garanzia finanziaria sia notevolmente inferiore a quella richiesta, l’amministrazione si espone al rischio che le attività dell’operatore non siano sufficienti per finanziare le pertinenti misure eseguite. Ciò conferma che un livello di garanzia finanziaria eccessivamente basso accresce il rischio che le misure di ripristino adottate dall’amministrazione non siano coperte in modo sufficiente dalle attività dell’operatore (soprattutto se non ha altre attività in Spagna, come nel caso d[ella ricorrente]) e debbano essere finanziate mediante risorse statali.

(99)      Un livello di garanzia notevolmente inferiore a quello necessario, secondo quanto previsto dalla legislazione, espone lo Stato al rischio concreto di gravare le proprie risorse di oneri supplementari. Il maggior rischio di gravare lo Stato di oneri supplementari è dunque abbastanza concreto da avere quanto meno un effetto potenziale sulle risorse statali, dovuto al livello eccessivamente basso della garanzia finanziaria».

30      Per quanto attiene all’esistenza di una distorsione della concorrenza e di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri, la Commissione considera che:

«(102)      [L]a riduzione dei costi a carico d[ella ricorrente] dovuta al livello di garanzia finanziaria inferiore a quello previsto dalla legislazione applicabile p[uò] falsare la concorrenza sui mercati in cui [essa] opera (principalmente quelli della potassa e del sale). Come spiegato più avanti (cfr. [punto] 110 e seguenti), tale riduzione ammonta, per il periodo pertinente, a circa 1,8 milioni di EUR, cifra che, a differenza di quanto affermano le autorità spagnole, non è affatto trascurabile.

(103)      Inoltre, il fatto che [la ricorrente] sia l’unico produttore spagnolo di potassa non esclude una possibile distorsione della concorrenza, in quanto il mercato geografico rilevante è chiaramente più vasto del mercato nazionale spagnolo.

(…)

(106)      Come già rilevato, i mercati della potassa e del sale sono chiaramente transfrontalieri, in quanto il 50% della produzione d[ella ricorrente] è esportata in altri paesi europei. Di conseguenza, il livello ridotto delle garanzie finanziarie può incidere sugli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’[Unione europea]».

31      Per quanto attiene alla quantificazione dell’aiuto, la Commissione precisa quanto segue:

«(109)      Per determinare l’importo effettivo dell’aiuto si deve innanzitutto stabilire perlomeno un importo “corretto” delle garanzie finanziarie a norma delle disposizioni legislative applicabili nel periodo di riferimento. Dopodiché l’importo dell’aiuto corrisponderà alla differenza tra l’importo previsto delle commissioni bancarie che [la ricorrente] avrebbe dovuto pagare per la costituzione di una garanzia fissata correttamente e l’importo reale delle commissioni bancarie pagate dall’impresa.

(…)

(111)      Dato che, secondo le autorità spagnole, nel dicembre 2016 l[a Corte superiore di giustizia] della Catalogna ha constatato che l’importo maggiorato, pari a 6 979 471,83 EUR, per Balsareny/Sallent rispettava la legislazione vigente, la Commissione ritiene che, allo stato attuale, l’importo “corretto” delle garanzie per Balsareny/Sallent corrisponda a tale importo approvato dalla [C]orte e attualmente applicabile.

(112)      Per analogia, la Commissione stima inoltre (cfr. anche il [punto] 64) che anche l’importo maggiorato, pari a 6 160 872,35 EUR, per la garanzia relativa a Súria, applicabile dal 2015, possa essere considerato conforme alla legislazione applicabile. Sebbene non esista una pronuncia giudiziaria autorevole riguardo a quest’ultimo giacimento, l’aumento dell’importo della garanzia per un sito di piccole dimensioni come quello di Súria è di fatto pressoché paragonabile a quello approvato per Balsareny/Sallent. Ciò conferma che l’importo si può considerare adeguato e conforme alla legislazione applicabile.

(…)

(123)      [L]’importo totale dell’aiuto concesso a[lla ricorrente] sotto forma di minori commissioni bancarie dovute alla riduzione delle garanzie per l’intero periodo 2006‑2016 ammonta a 1 864 622 EUR».

32      Nell’ambito della sua valutazione della sussistenza di un aiuto di Stato per quanto attiene alla misura 4, la Commissione precisa, in particolare in relazione all’esistenza di un vantaggio, quanto segue:

«(125)      Il 17 dicembre 2007 il Ministero dell’[a]mbiente spagnolo e il governo autonomo della Catalogna hanno siglato un accordo nel quale hanno convenuto di cooperare e condividere i costi di un progetto destinato a coprire la discarica di Vilafruns e ridurne così l’impatto negativo sull’ambiente. (…) I costi d’investimento totali ammontavano a 7 887 571 EUR e sono stati interamente finanziati dalle autorità pubbliche, come convenuto nell’accordo del 2007.

(…)

(131)      [La responsabilità della ricorrente di gestire i rifiuti di estrazione generati dalla discarica di Vilafruns] discende dalla legge [n.] 6/1993 spagnola, del 15 luglio 1993, che disciplina la gestione dei rifiuti, nonché dal regio decreto legge [n.] 1/2001, del 20 luglio 2001, recante approvazione della rifusione della legge sulle acque spagnola. Secondo i terzi, il fatto che Vilafruns non fosse più in funzione all’epoca della sua acquisizione da parte d[ella ricorrente] è irrilevante, in quanto chiunque sia titolare di una concessione mineraria è tenuto a gestire i rifiuti di estrazione nel loro insieme, cioè compresi tutti i rifiuti prodotti prima dell’acquisizione della concessione da parte del titolare.

(…)

(138)      La Commissione ritiene che, a prescindere dall’entità degli obblighi d[ella ricorrente] relativi a Vilafruns, non sia ammissibile che l’investimento pubblico di 7,9 milioni di EUR in una misura di tutela ambientale notevolmente migliore, equivalente in linea di principio al ripristino dell’impianto senza alcun costo d’investimento a carico d[ella ricorrente], di fatto non abbia conferito all’impresa alcun vantaggio economico. La copertura è stata realizzata allo scopo di ridurre notevolmente l’inquinamento causato dalle fuoriuscite della discarica di Vilafruns. In assenza dell’aiuto, le misure alternative non avrebbero assicurato una protezione altrettanto efficace e duratura e avrebbero esposto [la ricorrente] al rischio di dover far fronte alle conseguenze dell’inquinamento (come dimostrano le sentenze penali del 18 dicembre 2014 e del 25 febbraio 2015 relative ad altri giacimenti dell’impresa; cfr. [punti] 27 e 94 della decisione di avvio). Di conseguenza, la costruzione dell’impianto finanziata con risorse pubbliche ha permesso a[lla ricorrente] di assicurare una migliore prevenzione dell’inquinamento, ha ridotto i rischi ambientali futuri cui è esposta e ha garantito il ripristino duraturo della discarica (in linea con il ripristino di discariche di scorie saline analoghe in Francia e Germania, come già spiegato nei [punti] 26 e 32). In ultima analisi [la ricorrente] sarebbe stata obbligata ad assicurare il ripristino adeguato della discarica di Vilafruns.

(139)      Infine, la Commissione ritiene che la misura sia selettiva, in quanto specificamente destinata al finanziamento pubblico della copertura della discarica di Vilafruns, di proprietà d[ella ricorrente].

(…)

(148)      Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che la misura 4 costituisca un aiuto di Stato di importo pari a 7 887 571 EUR e procede quindi alla valutazione della sua legittimità e della sua compatibilità con il mercato interno».

33      Per quanto attiene all’analisi della compatibilità dell’aiuto, la Commissione ha precisato, al punto 152 della decisione impugnata, che la misura 1 costituiva un aiuto al funzionamento della ricorrente in quanto aveva fatto sì che i costi delle commissioni di garanzia risultassero inferiori a quelli normalmente applicabili nel periodo compreso tra il 2006 e il 2016, il che sarebbe incompatibile con il mercato interno dal momento che essa non ha individuato alcun elemento a sostegno di una possibile compatibilità di tali aiuti, che sono stati concessi senza perseguire un qualsiasi obiettivo di interesse comune evidente.

34      Per quanto attiene alla misura 4, la Commissione, ai punti da 156 a 164 della decisione impugnata, ha invece osservato che, la copertura della discarica di Vilafruns costituiva un aiuto compatibile, sulla base del punto 3.1.1 della disciplina del 2008 relativo agli aiuti alle imprese che superano il livello di tutela ambientale imposto dalle norme dell’Unione europea o che innalzano tale livello in assenza di norme dell’Unione.

35      La Commissione ha, infatti, considerato che la copertura della discarica di Vilafruns aveva consentito alla ricorrente d’innalzare il livello di tutela ambientale derivante dalle sue attività in assenza di norme dell’Unione. La Commissione ha inoltre, in primo luogo, calcolato il totale dei costi ammissibili, che ammonta a EUR 7 804 922,60, in secondo luogo, ha stabilito l’intensità massima dell’aiuto ammesso per la ricorrente, in quanto grande impresa, corrispondente al 50% dei costi ammissibili, e, in terzo luogo, ha fissato la parte restante dell’importo totale dell’aiuto incompatibile in EUR 3 985 109,70.

 Procedimento e conclusioni delle parti

36      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 aprile 2018, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

37      La Commissione ha depositato il proprio controricorso il 23 luglio 2018.

38      La ricorrente ha depositato la replica il 27 settembre 2018. La Commissione ha depositato la controreplica il 12 novembre 2018.

39      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare la decisione impugnata nella parte in cui constata che la misura 1 costituisce un aiuto di Stato e ne ordina il recupero.

–        in subordine, annullare la decisione impugnata nella parte in cui stabilisce l’importo dell’aiuto illegale ma compatibile e l’importo dell’aiuto illegale che deve essere recuperato nell’ambito della misura 4;

–        condannare la Commissione alle spese.

40      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

41      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce cinque motivi. Il primo verte sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente concluso che la misura 1 comportava un trasferimento di risorse statali. Il secondo verte sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente concluso che la misura 1 conferiva un vantaggio o, in subordine, in quanto non avrebbe dimostrato che gli importi iniziali delle garanzie finanziarie erano troppo bassi. Il terzo motivo verte sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto. Il quarto motivo verte sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione ha considerato che la misura 4 conferiva un vantaggio selettivo. Il quinto motivo, presentato in subordine, verte sulla violazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 TFUE (GU 2015, L 248, pag. 9), in quanto la Commissione non avrebbe correttamente determinato l’importo dell’eventuale aiuto risultante dalla misura 4.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente concluso che la misura 1 comportava un trasferimento di risorse statali

42      La ricorrente sostiene che la misura 1 non soddisfa il criterio del trasferimento di risorse statali, dal momento che essa non ha comportato alcuna riduzione del bilancio statale.

43      In primo luogo, le garanzie finanziare, che la ricorrente doveva costituire per il ripristino dei siti minerari, non sarebbero state concesse dallo Stato, ma da banche private, alle quali la ricorrente avrebbe dovuto pagare i premi in caso di necessità di mobilitazione. Ne discenderebbe che lo Stato non ha perso entrate a motivo delle garanzie fissate a un livello asseritamente più basso rispetto a quello richiesto e che non esisterebbe, nel caso di specie, un nesso sufficientemente diretto tra il vantaggio concesso e la riduzione del bilancio statale.

44      In secondo luogo, ad avviso della ricorrente, non sussisteva un rischio economico sufficientemente concreto per il bilancio statale. Esso si sarebbe configurato solamente se i costi di ripristino si fossero rivelati irrecuperabili presso la ricorrente. Un siffatto potenziale obbligo che lo Stato debba sopportare una parte dei costi e il potenziale onere che ne discenderebbe per il bilancio dello Stato sarebbero quindi troppo ipotetici e remoti. Secondo la ricorrente, i principi in materia di garanzie statali non potrebbero applicarsi nel caso di specie. Da un lato, gli argomenti della Commissione che si riferiscono ad essi sarebbero irricevibili, dal momento che quest’ultima non vi avrebbe fatto riferimento nella decisione impugnata e, dall’altro, l’analogia con tali principi sarebbe errata. Innanzitutto, nel caso di garanzie statali, vi sarebbe un trasferimento di risorse poiché lo Stato rinuncerebbe a una parte delle entrate, in quanto accetta un premio di un importo inferiore a quello che sarebbe richiesto da un garante privato. Nel caso di specie, la ricorrente avrebbe, invece, versato un premio conforme al mercato. Inoltre, nell’ambito di una garanzia statale, il vantaggio per il beneficiario sarebbe evidente, poiché versa un premio meno elevato per la garanzia statale rispetto a quello per una garanzia simile concessa da una banca e la sua solvibilità è maggiore, con la conseguenza che egli paga meno interessi. Nel caso di specie, nessuna delle due condizioni sarebbe soddisfatta. Infine, nelle garanzie statali, lo Stato s’impegna a versare a un terzo l’importo garantito qualora il beneficiario della garanzia non adempia il proprio obbligo di rimborsare il prestito garantito, mentre, nel caso di specie, lo Stato non si sarebbe impegnato a versare un qualsivoglia importo nel caso in cui la garanzia fosse insufficiente. Ne discenderebbe che la giurisprudenza riguardante le garanzie statali non si applicherebbe nel caso di specie.

45      Secondo la giurisprudenza applicabile, un siffatto rischio ipotetico di onere per il bilancio statale potrebbe essere dimostrato solamente qualora lo Stato sia uno dei creditori principali dell’impresa in difficoltà e l’impresa sia insolvibile. Nel caso di specie, la ricorrente potrebbe garantire il rispetto di tali obblighi, dal momento che fa parte di un gruppo multinazionale d’imprese (non solo il gruppo in Spagna), che dispone di attività considerevoli, che non si svaluterebbero dopo la chiusura delle miniere di potassio, e che ha già dimostrato in passato di possedere la capacità finanziaria necessaria per coprire tutte le misure di ripristino necessarie, indipendentemente dal livello di garanzia stabilito. Poiché la responsabilità ambientale di un’impresa si estende alle società del gruppo di controllo, il rischio che lo Stato si faccia carico di un’eventuale insolvenza della ricorrente non sarebbe sufficientemente concreto. Secondo la giurisprudenza (sentenza del 1o dicembre 1998, Ecotrade, C‑200/97, EU:C:1998:579) dovrebbero sussistere circostanze particolari che rendono più che probabile una riduzione delle risorse statali, poiché l’esistenza di un rischio del tutto marginale o ipotetico non può essere sufficiente per concludere nel senso dell’esistenza di un trasferimento di risorse statali.

46      In terzo luogo, la ricorrente spiega che, dal momento che le garanzie finanziarie possono essere mobilitate solo dopo la cessazione delle attività minerarie in forza sia della legislazione nazionale sia di quella dell’Unione e che, durante lo sfruttamento, l’importo della garanzia deve essere adattato periodicamente in base ai lavori di ripristino necessari, l’importo di tali garanzie non sarebbe fisso, ma evolverebbe nel tempo. Di conseguenza, sussisterebbero rischi per il bilancio dello Stato solo dopo la cessazione dell’attività mineraria. Nel caso di specie, poiché l’importo delle garanzie finanziarie è stato ridotto a un livello adeguato, nel 2015 per il sito di Súria e nel 2016 per il sito di Sallent/Balsareny, prima della cessazione dell’attività mineraria, ciò significherebbe che, prima della decisione impugnata, lo Stato spagnolo non avrebbe subito, in alcun momento, un rischio economico. La ricorrente precisa, segnatamente, in risposta alla Commissione, da un lato, che essa dispone di altre attività importanti in Spagna, oltre alle miniere di potassa, alle quali lo Stato potrebbe ricorrere per eseguire l’obbligo di pagamento delle misure di ripristino obbligatorie e, dall’altro, che la legislazione spagnola consente d’imporre ai gestori e amministratori dell’impresa l’attuazione di misure che garantiscano il rispetto degli obblighi di tutela ambientale.

47      In quarto luogo, la ricorrente invoca una decisione precedente della Commissione [Comunicazione della Commissione, SNIACE; aiuti di Stato C 68/97 (NN 118/97) Spagna, GU 1998 C 49, pag. 2; in prosieguo: la «decisione SNIACE»], in un caso che sarebbe simile a quello presente. In tale caso, non si sarebbe ritenuto che l’omissione di garantire il rispetto degli obblighi di tutela ambientale implicasse un trasferimento di risorse statali e che fosse quindi un aiuto di Stato.

48      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

49      Ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

50      Occorre altresì rammentare che affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come «aiuti», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, da un lato, essi devono essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali e, dall’altro, devono essere imputabili allo Stato (v. sentenza del 15 maggio 2019, Achema e a., C‑706/17, EU:C:2019:407, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Tali due condizioni sono distinte e cumulative (v. sentenza del 30 giugno 2015, Paesi Bassi e a./Commissione, T‑186/13, T‑190/13 e T‑193/13, non pubblicata, EU:T:2015:447, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

51      Per quanto attiene alla condizione dell’uso delle risorse statali, dalla giurisprudenza emerge che non in tutti i casi è necessario dimostrare che vi è stato un trasferimento di risorse statali affinché il vantaggio concesso a una o più imprese possa essere considerato un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. In tal senso, sono in particolare considerati aiuti gli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che di regola gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (v. sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punti 100 e 101 e giurisprudenza ivi citata).

52      Infatti, secondo costante giurisprudenza l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, definisce gli interventi statali in funzione dei loro effetti (v. sentenza del 5 giugno 2012, Commissione/EDF, C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 77 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto102).

53      Pertanto, un intervento statale che può, al tempo stesso, collocare le imprese alle quali si applica in una situazione più favorevole rispetto ad altre e creare un rischio sufficientemente concreto che si realizzi, in futuro, un onere supplementare per lo Stato può gravare sulle risorse statali (v. sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 106 e giurisprudenza ivi citata).

54      Inoltre, la Corte ha precisato che vantaggi consentiti sotto forma di una garanzia statale possono comportare un onere supplementare per lo Stato (sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 107; si veda altresì, in tal senso, sentenze del 1o dicembre 1998, Ecotrade, C‑200/97, EU:C:1998:579, punto 43, e dell’8 dicembre 2011, Residex Capital IV, C‑275/10, EU:C:2011:814, punti da 39 a 42).

55      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che, atteso che, in termini economici, la modifica delle condizioni di mercato che comporta un vantaggio indirettamente concesso a determinate imprese costituisce la risultante del venir meno di entrate tributarie per i pubblici poteri, anche l’intervento di una decisione autonoma da parte degli investitori non produce l’effetto di far venire meno il nesso esistente tra detto venir meno di entrate ed il beneficio a favore delle imprese interessate (sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C-401/10 P, EU:C:2013:175, punto 108).

56      Di conseguenza, ai fini della constatazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, la Commissione deve dimostrare un nesso sufficientemente diretto tra, da un lato, il vantaggio accordato al beneficiario e, dall’altro, una riduzione del bilancio statale o un rischio economico sufficientemente concreto di oneri gravanti su tale bilancio (sentenza del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a., C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 109).

57      Nel caso di specie, per quanto attiene, da un lato, all’imputabilità allo Stato della misura 1, dal punto 60 della decisione impugnata emerge, ed è pacifico tra le parti, che gli importi delle garanzie finanziarie dovute dalla ricorrente sono stati stabiliti dal Governo autonomo della Catalogna in due decisioni amministrative individuali, ossia le licenze concesse alla ricorrente il 9 novembre 2006 e il 28 aprile 2008, per lo sfruttamento, rispettivamente, dei siti minerari di Súria e di Sallent/Balsareny.

58      Per quanto attiene, dall’altro lato, al criterio delle risorse statali, al punto 88 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che, per quanto riguarda la misura 1, le garanzie finanziarie in questione non erano esaminate alla luce delle norme applicabili agli aiuti di Stato per quanto riguarda l’importo delle commissioni non percepite in funzione del rischio o dell’esposizione del garante (cioè, una banca privata, non lo Stato), bensì in funzione del rischio per lo Stato nel caso in cui l’importo garantito fosse inferiore al costo reale dei danni ambientali e l’entità garantita non pagasse o non potesse pagare la totalità dei costi di ripristino. Al punto 90 della decisione impugnata, la Commissione ribadisce che esiste un rischio concreto di effetto potenziale sulle risorse statali in ragione del maggior rischio che lo Stato sia costretto a mobilitare le sue risorse in futuro. Inoltre, al punto 91 di detta decisione, essa considera che la creazione di un rischio concreto che imponga un onere supplementare sulle risorse dello Stato in futuro è sufficiente per soddisfare la nozione di aiuto di Stato e che il nesso e l’effetto di una misura di aiuto di Stato sulle risorse pubbliche non devono necessariamente essere diretti perché tale criterio sia soddisfatto.

59      Ai punti da 92 a 99 della decisione impugnata, la Commissione precisa che il maggior rischio che le risorse statali possano risentirne in futuro discende dall’importo delle garanzie notevolmente inferiore agli eventuali costi di ripristino previsti, dal momento che, nel caso in cui la ricorrente non volesse o non potesse pagare tale ripristino, le risorse statali dovrebbero coprire una parte maggiore di tali costi, poiché l’obbligo dello Stato di intervenire autonomamente, nel caso in cui la ricorrente non volesse o non potesse adottare le misure di ripristino necessarie è stabilito nella legislazione nazionale e dell’Unione applicabili. Da ciò essa conclude che il livello di garanzia notevolmente inferiore a quello necessario, come richiesto dalla legislazione, espone lo Stato al rischio di oneri supplementari sulle proprie risorse. Il maggior rischio sarebbe così sufficientemente concreto da avere quanto meno un effetto potenziale sulle risorse statali. La Commissione sottolinea, inoltre, che le attività della ricorrente che lo Stato potrebbe confiscare, in caso di esecuzione forzata, potrebbero rivelarsi insufficienti.

60      Orbene, in primo luogo, la ricorrente non contesta che l’importo delle garanzie finanziarie, come stabilito dalle decisioni amministrative del Governo autonomo della Catalogna, era troppo basso. Certamente, la ricorrente contesta, nell’ambito del suo secondo motivo, il metodo di analisi e gli elementi di prova su cui la Commissione si è basata per concludere che l’importo di tali garanzie era effettivamente troppo basso e che esse le conferivano un vantaggio economico. Tuttavia, essa non afferma che il livello delle garanzie inizialmente fissato dalle decisioni amministrative del Governo autonomo della Catalogna fosse corretto o sufficiente.

61      In secondo luogo, occorre constatare che lo Stato spagnolo aveva un obbligo d’intervento sussidiario in caso di mancato rispetto degli obblighi di tutela ambientale gravante sulle imprese che esercitano l’attività mineraria, come chiaramente evidenziato ai punti da 93 a 98 della decisione impugnata. Infatti, da un lato, in forza del diritto nazionale, e segnatamente delle disposizioni della Ley 27/2006 por la que se regulan los derechos de acceso a la información, de participación pública y de acceso a la justicia en materia de medio ambiente (incorpora las Directivas 2003/4/CE y 2003/35/CE) [legge n. 27/2006 che disciplina i diritti di accesso all’informazione, di partecipazione del pubblico e di accesso alla giustizia in materia ambientale (attuazione delle direttive 2003/4/CE e 2003/35/CE)], del 18 luglio 2006 (BOE n. 171, del 19 luglio 2006, pag. 27109), le autorità possono essere obbligate a conformarsi ai loro obblighi derivanti dalla legislazione ambientale. Inoltre, in forza dell’articolo 102 della Ley 39/2015 del Procedimiento Administrativo Común de las Administraciones Públicas (legge n. 39/2015 recante procedura amministrativa comune per le pubbliche amministrazioni), del 1o ottobre 2015 (BOE n. 236, del 2 ottobre 2015, pag. 89343), lo Stato può procedere all’esecuzione sussidiaria in vece del soggetto giuridicamente tenuto ad adottare le misure. Dall’altro, in forza del diritto dell’Unione, e segnatamente dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU 2004, L 143, pag. 156), se un operatore incaricato di adottare misure di riparazione a seguito di danni ambientali non si conforma ai suoi obblighi, l’autorità competente ha facoltà di adottare essa stessa tali misure, qualora non le rimangano altri mezzi. Inoltre, se lo Stato non intervenisse in luogo delle imprese, in caso di non rispetto da parte di queste ultime dei loro obblighi ambientali, potrebbe venir meno ai suoi obblighi in forza della direttiva 2006/21 e rischiare di essere oggetto di una procedura di infrazione e di essere condannato al pagamento di penalità fino a quando non si conformi a detti obblighi.

62      In terzo luogo, la finalità dell’obbligo giuridico previsto dall’articolo 14 della direttiva 2006/21 di esigere dalle imprese che gestiscono siti minerari di costituire una garanzia per il ripristino dei siti e per coprire i costi di eventuali danni ambientali provocati dallo sfruttamento minerario, il cui importo deve essere calcolato sulla base degli elementi indicati al paragrafo 2 della stessa disposizione, è di garantire che le società minerarie dispongano di risorse sufficienti per coprire i futuri costi di ripristino dei siti minerari, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria in futuro e di evitare segnatamente che lo Stato debba intervenire per farsene carico al suo posto.

63      Orbene, a motivo dell’obbligo, incombente allo Stato, di esecuzione sussidiaria in vece dell’impresa giuridicamente tenuta ad adottare le misure di ripristino necessarie discendenti dallo sfruttamento minerario, il livello delle garanzie fissate per detta impresa può avere un impatto sulle risorse statali, nella misura in cui il rischio economico del suo intervento sussidiario è, qualora il livello di garanzie sia fissato ad un livello troppo basso, quantitativamente maggiore in caso, segnatamente, d’insolvenza di tale impresa.

64      In quarto luogo, dalla giurisprudenza, rammentata al precedente punto 53, emerge che si può ritenere che le risorse statali siano gravate anche qualora sia dimostrato un «rischio sufficientemente concreto» della realizzazione, in futuro, di un onere supplementare per lo Stato.

65      A tal riguardo, innanzitutto, la ricorrente sostiene che il rischio che le risorse statali siano gravate non è sufficientemente concreto nel caso di specie a motivo della capacità finanziaria di cui essa dispone per coprire gli eventuali danni ambientali discendenti dal suo sfruttamento minerario. Interrogata su tale punto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, la ricorrente ha fornito un elenco delle attività (beni materiali immobili) di cui disponeva dal 2012 al 2016, anche a livello del gruppo delle società a cui essa appartiene, nonché la parte dei suoi bilanci annuali relativi a dette attività. All’udienza, la Commissione ha richiamato l’attenzione sul fatto che i documenti forniti dalla ricorrente non menzionavano passività e debiti della società, presentavano le attività che essa e il suo gruppo possedevano unicamente per il periodo dal 2012 al 2015‑2017 e che essa non aveva fornito dati relativi al resto del periodo pertinente compreso tra il 2006 e il 2012.

66      Occorre constatare che gli elementi forniti dalla ricorrente al fine di determinarne la capacità finanziaria di sostenere i costi di eventuali danni ambientali legati allo sfruttamento dei suoi siti minerari sono parziali e non consentono di concludere con certezza che essa avrebbe avuto al momento dell’eventuale verificarsi dei rischi ambientali la capacità finanziaria per coprirli.

67      In ogni caso, supponendo che la ricorrente abbia una capacità finanziaria sufficiente al punto da ridurre il rischio per lo Stato di dover intervenire, occorre considerare che, tenuto conto del fatto che la situazione finanziaria di una società può evolvere in qualsiasi momento a motivo di diverse contingenze economiche, e nei limiti in cui, in generale, l’obbligo di costituzione di una garanzia finanziaria mira esattamente a che siano disponibili fondi in qualsiasi momento e indipendentemente dalla capacità finanziaria dell’entità tenuta a costituire detta garanzia, la capacità finanziaria di quest’ultima non incide sulla determinazione dell’importo adeguato di tali garanzie e, in definitiva, sulla valutazione dell’esistenza di un rischio sufficientemente concreto di un onere gravante sul bilancio statale.

68      Inoltre, da un lato, l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2006/21 precisa che la garanzia di cui al paragrafo 1 è calcolata in base al probabile impatto ambientale della struttura di deposito dei rifiuti, tenuto conto, in particolare, della categoria cui appartiene la struttura, delle caratteristiche dei rifiuti e della destinazione futura del terreno dopo il ripristino e in base al presupposto che le opere di ripristino necessarie verranno valutate e realizzate da terze parti indipendenti e debitamente qualificate. La capacità finanziaria della società che gestisce la struttura non è quindi un criterio pertinente per la fissazione dell’importo delle garanzie.

69      Dall’altro lato, dalla giurisprudenza, rammentata al precedente punto 55, emerge che ciò che conta sono i cambiamenti delle normali condizioni del mercato che possono incidere sul bilancio dello Stato, indipendentemente dal probabile comportamento degli operatori privati, e, nel caso di specie, dalla possibilità per la ricorrente di coprire essa stessa in concreto i costi di eventuali danni ambientali connessi alle sue attività minerarie.

70      La ricorrente contesta poi la ricevibilità e la fondatezza degli argomenti della Commissione relativi all’applicabilità per analogia nel caso di specie della giurisprudenza relativa alle garanzie statali. Per quanto attiene alla ricevibilità di detti argomenti, occorre osservare che la Commissione ha invocato dinanzi al Tribunale, segnatamente, le sentenze del 1o dicembre 1998, Ecotrade (C‑200/97, EU:C:1998:579), e del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione e a. e Commissione/Francia e a. (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175), al fine di sostenere la tesi secondo cui la mancata mobilitazione immediata e sicura di risorse statali non esclude un onere supplementare a carico del bilancio statale. Orbene, tale tesi della Commissione è contenuta, senza alcuna ambiguità, al punto 91 della decisione impugnata. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione non ha sviluppato, dinanzi al Tribunale, una motivazione sostitutiva o una motivazione complementare rispetto a quella contenuta nella decisione impugnata. Gli argomenti della Commissione sono, di conseguenza, ricevibili. Per quanto attiene alla fondatezza di tali argomenti, occorre sottolineare che, sebbene, nel caso delle garanzie statali, il bilancio dello Stato sia gravato, segnatamente, a motivo della riduzione dei premi che esso stesso percepisce e quindi di una riduzione immediata delle sue entrate, in una situazione come quella del caso di specie, da un lato, esiste anche un vantaggio a favore della ricorrente in virtù della riduzione dei premi che deve versare su un importo delle garanzie inferiore a quello che avrebbe dovuto costituire, alterando le normali condizioni di mercato. La circostanza che la perdita di entrate riguardi il bilancio dell’istituto bancario privato non impedisce d’individuare l’esistenza di un vantaggio per la ricorrente discendente dalla fissazione delle garanzie finanziarie, che essa doveva costituire, a un livello inferiore rispetto a quello necessario.

71      Dall’altro lato, dalle considerazioni svolte ai precedenti punti da 61 a 63 discende che il rischio di un onere supplementare gravante sul bilancio dello Stato è presente anche in una situazione come quella del caso di specie, in cui le disposizioni applicabili impongono la costituzione di garanzie che consentano di coprire i rischi ambientali, certamente costituite presso un istituto bancario privato, e in cui esiste un obbligo d’intervento sussidiario dello Stato per coprire detti rischi, dal momento che la costituzione da parte di una società mineraria di una garanzia a un livello troppo basso aumenta il rischio che lo Stato debba intervenire. Tale maggior rischio grava sul bilancio dello Stato e l’aumento di tale rischio è la conseguenza diretta della fissazione a un livello troppo basso dell’importo delle garanzie dovute.

72      Infatti, la fissazione di un importo troppo basso delle garanzie destinate a coprire i rischi ambientali che gravano, in via principale, sulla ricorrente e, in via subordinata, sullo Stato, aumenta il rischio di un onere supplementare per i due titolari degli obblighi di tutela ambientali. Tale aumento del rischio è un onere supplementare concreto che grava sui bilanci dei due titolari, la ricorrente e, in via subordinata, lo Stato.

73      Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’incertezza o il grado di probabilità di concretizzazione del rischio per lo Stato non è un elemento che può conferire un carattere puramente ipotetico al nesso tra il vantaggio conferito alla ricorrente e l’onere supplementare gravante sul bilancio dello Stato, ma rappresenta solo una caratteristica intrinseca della nozione di «rischio».

74      Infine, la ricorrente sostiene, in essenza, che il bilancio dello Stato non avrebbe subito alcun rischio economico prima dell’adozione della decisione impugnata, dal momento che le garanzie finanziarie possono essere mobilitate solo dopo la cessazione delle attività minerarie e che, durante lo sfruttamento, nel 2015 e nel 2016, esse erano state modificate e avevano raggiunto un livello adeguato.

75      Tuttavia, è giocoforza constatare, come giustamente rilevato dalla Commissione, che il fatto che il rischio non si sia concretizzato non fa venir meno il rischio supplementare generato dalla misura 1, che si valuta nel momento in cui la garanzia è costituita e che si è protratto durante il periodo nel corso del quale il livello di tale garanzia era troppo basso.

76      In quinto luogo, nei limiti in cui la ricorrente invoca la decisione SNIACE, menzionata al precedente punto 47, occorre ricordare che, in tale caso, tra le presunte misure di aiuto che erano state analizzate dalla Commissione, vi era l’asserito vantaggio per SNIACE derivante dal fatto che le autorità spagnole non l’avevano obbligata a conformarsi alla legislazione sulla tutela ambientale, in particolare costruendo un impianto di trattamento degli effluenti e ponendo rimedio ai danni ambientali da essa causati. Secondo il denunciante, in tale caso, sarebbero state coinvolte le risorse statali a motivo della tolleranza da parte dello Stato della violazione della legislazione ambientale commessa da tale società, dal momento che detto Stato avrebbe dovuto sostenere i costi di tali danni.

77      Secondo la Commissione i due casi differiscono nei limiti in cui, nel caso che ha portato alla decisione SNIACE, lo Stato si era limitato a non esigere dall’impresa il rispetto degli obblighi ambientali, senza avere esso stesso un obbligo di costruire l’impianto al suo posto, mentre, nel presente caso, lo Stato era obbligato, in applicazione della legislazione nazionale e dell’Unione, a intervenire al posto della ricorrente qualora quest’ultima non si fosse conformata ai suoi obblighi di ripristino dei suoi siti minerari.

78      Orbene, supponendo che, come sostiene la ricorrente, il caso che ha portato alla decisione SNIACE sia simile al presente caso, nella parte in cui anch’esso riguardava un rischio futuro e ipotetico che lo Stato dovesse sopportare i danni ambientali discendenti dalla violazione da parte delle imprese di loro obblighi, è sufficiente constatare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la Commissione non è vincolata dalla sua prassi precedente.

79      Infatti, è solo nell’ambito dell’articolo 107 TFUE che deve essere valutata la legittimità di una decisione della Commissione che constata che una misura costituisce un aiuto, e non in base a una presunta prassi precedente (v., in tal senso, per quanto attiene alla valutazione della compatibilità di un aiuto con il mercato interno, sentenza del 21 luglio 2011, Freistaat Sachsen e Land Sachsen‑Anhalt/Commissione, C‑459/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:515, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

80      Da tutto quanto precede discende che la Commissione non è incorsa in un errore di valutazione nel concludere, al punto 90 della decisione impugnata, nel senso dell’esistenza di un effetto potenziale della misura 1 sulle risorse statali dovuto al maggior rischio che lo Stato sia obbligato a mobilitare le proprie risorse in futuro e, al punto 91 della medesima decisione, che la creazione di un rischio concreto che imponeva un onere supplementare per le risorse dello Stato in futuro era sufficiente per soddisfare la nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in forza della giurisprudenza rammentata al precedente punto 56.

81      Il primo motivo deve pertanto essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione avrebbe erroneamente concluso che la misura 1 conferiva un vantaggio o, in subordine, in quanto non avrebbe dimostrato che gli importi iniziali delle garanzie finanziarie erano troppo bassi

82      La ricorrente sostiene, in primo luogo, che la Commissione non avrebbe esattamente dimostrato che la misura 1 le aveva conferito un vantaggio selettivo, nei limiti in cui essa si è basata semplicemente sulla sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna), confermata dal Tribunal Supremo (Corte suprema) e non ha determinato autonomamente l’importo asseritamente corretto delle garanzie da essa fornite. Tuttavia, una decisione giurisdizionale nazionale non può vincolare la Commissione e quest’ultima non può soddisfare il proprio obbligo di dimostrare l’esistenza di un vantaggio facendo riferimento a una siffatta decisione.

83      La Commissione avrebbe ancor meno rispettato i suoi obblighi di esame, per quanto attiene al sito di Súria, rispetto al quale nessuna decisione giurisdizionale era stata adottata a livello nazionale e la Commissione avrebbe semplicemente esteso la conclusione delle giurisdizioni nazionali menzionate al precedente punto 82 quanto all’importo delle garanzie eccessivamente basse per il giacimento di Sallent/Balsareny a tale giacimento, limitandosi ad affermare, al punto 64 della decisione impugnata, che si doveva ritenere che anche l’importo della garanzia relativa a tale giacimento fosse stato eccessivamente basso, dal momento che era stato anche aumentato e che nessun altro fattore spiegava la differenza tra l’importo inizialmente fissato e quello modificato nel 2015. La Commissione sarebbe incorsa in un errore di valutazione, dal momento che l’aggiornamento di tale importo sarebbe dipeso dall’aggiornamento periodico dei piani di ripristino.

84      In secondo luogo, la Commissione sarebbe incorsa in errore, al punto 75 della decisione impugnata, da un lato, basandosi, per corroborare la sua conclusione, su studi di esperti, in particolare uno studio dell’agosto 2012, affidato a esperti in materia ambientale (in prosieguo: lo «studio FER»), che non avevano rispettato le disposizioni pertinenti applicabili e che erano basati su ipotesi irrealistiche, informazioni ufficiose e dubbia metodologia, privi di rigore scientifico e tecnico e, dall’altro, ignorando la relazione di esperti presentata dalla ricorrente (in prosieguo: la «relazione degli esperti Amphos»), che dimostrerebbe l’inattendibilità dello studio FER. Il fatto che la Commissione non avesse avuto a disposizione tale relazione durante il procedimento amministrativo sarebbe irrilevante, dal momento che la ricorrente aveva già messo in discussione l’attendibilità dello studio FER durante tale procedimento e la Commissione disponeva di indizi che dimostravano che non poteva fondarsi su quest’ultimo.

85      In terzo luogo, la Commissione si sarebbe erroneamente fondata, al punto 67 della decisione impugnata, sui dibattiti parlamentari, benché essa stessa abbia ritenuto che essi dovessero essere trattati con cautela.

86      In quarto luogo, la Commissione non avrebbe dimostrato, al punto 84 della decisione impugnata, che l’interpretazione delle disposizioni legislative per la fissazione degli importi della garanzia riguardante le miniere fosse stata selettiva nei confronti della ricorrente.

87      In subordine, la ricorrente sostiene che, nel caso in cui il Tribunale dovesse ritenere che la misura 1 conferiva un vantaggio selettivo, la Commissione, ai punti da 109 a 122 della decisione impugnata, avrebbe stabilito l’importo dell’aiuto in violazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, facendo riferimento allo studio FER, mentre la relazione di esperti Amphos mostrava che il primo studio non era attendibile, e sulla base della sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna), ritenendo «corretto» l’importo a cui faceva riferimento tale sentenza e effettuando una stima speculativa. Inoltre, la Commissione non avrebbe determinato il metodo che il Regno di Spagna avrebbe dovuto usare per il calcolo dell’importo dell’aiuto da recuperare.

88      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

89      In via preliminare, occorre rammentare che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/21 prevede che «[p]rima dell’avvio di qualunque operazione che comporti l’accumulo o il deposito dei rifiuti di estrazione in una struttura di deposito dei rifiuti, l’autorità competente chiede una garanzia finanziaria (per esempio sotto forma di cauzione, compresi i fondi di garanzia mutualistici finanziati dall’industria) o altro strumento equivalente, secondo le procedure che saranno decise dagli Stati membri».

90      L’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2006/21 precisa quanto segue:

«L’importo della garanzia di cui al paragrafo 1 viene calcolato in base:

–        al probabile impatto ambientale della struttura di deposito dei rifiuti, tenuto conto, in particolare, della categoria cui appartiene la struttura, delle caratteristiche dei rifiuti e della destinazione futura del terreno dopo il ripristino;

–        al presupposto che le opere di ripristino necessarie verranno valutate e realizzate da terze parti indipendenti e debitamente qualificate».

91      L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589 così dispone:

«Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (…). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione».

92      Da una giurisprudenza consolidata emerge che, per accertare se un aiuto costituisca un aiuto di Stato ai sensi del Trattato FUE occorre basarsi su elementi oggettivi, da valutare nel momento in cui la Commissione adotta la propria decisione. Di conseguenza, il controllo del giudice dell’Unione verte sulla valutazione della situazione operata dalla Commissione in tale momento (v. sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Freistaat Sachsen, C‑334/07 P, EU:C:2008:709, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

93      Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata in funzione degli elementi di cui la Commissione disponeva quando ha adottato la decisione stessa (v. sentenza del 20 marzo 2013, Rousse Industry/Commissione, T‑489/11, non pubblicata, EU:T:2013:144, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Parimenti, non si può contestare alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali elementi di fatto ο di diritto che avrebbero potuto esserle presentati nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono stati, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali fossero gli elementi che avrebbero potuto esserle sottoposti (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Wam Industriale/Commissione, T‑303/10, non pubblicata, EU:T:2012:505, punto 119 e giurisprudenza ivi citata).

94      Nel caso di specie, al fine considerare che la fissazione dell’importo delle garanzie finanziarie costituiva una misura di aiuto rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 107 TFUE, la Commissione doveva dimostrare che il livello di tali garanzie era effettivamente inadeguato e notevolmente inferiore a quello che sarebbe stato necessario per coprire i costi di ripristino dei siti minerari gestiti dalla ricorrente.

95      Da una giurisprudenza costante emerge che la nozione di aiuto di Stato, quale definita nel Trattato FUE, ha carattere giuridico e deve essere interpretata sulla base di elementi obiettivi. Per tale ragione, il giudice dell’Unione deve esercitare, in linea di principio e tenuto conto sia degli elementi concreti della causa a esso sottoposta sia del carattere tecnico o complesso delle valutazioni effettuate dalla Commissione, un controllo completo per quanto riguarda la questione se una misura rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. (v.. sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione, C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 111 e giurisprudenza ivi citata).

96      Tuttavia, non spetta al giudice dell’Unione, nell’ambito di tale controllo, sostituire la propria valutazione economica a quella della Commissione. Il controllo che i giudici dell’Unione esercitano sulle valutazioni economiche complesse condotte dalla Commissione è un controllo ristretto che si limita necessariamente alla verifica dell’osservanza delle regole procedurali e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché all’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (v. sentenza del 12 ottobre 2016, Land Hessen/Pollmeier Massivholz, C‑242/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:765, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

97      In primo luogo, occorre sottolineare che la Commissione ha precisato, a titolo di premessa al suo esame, al punto 61 della decisione impugnata, che essa si era astenuta dal valutare i livelli corretti delle garanzie finanziarie in forza della direttiva 2006/21, ma aveva limitato la sua valutazione all’esame degli elementi disponibili a riprova dell’insufficienza di determinate garanzie finanziarie, poiché un insieme di indizi lasciava supporre che l’importo delle garanzie finanziarie stabilite dalle autorità pubbliche nel 2006 e nel 2008 fosse in realtà inferiore a quello previsto dalla legislazione applicabile.

98      Tale approccio è giustificato dal margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri nel fissare gli importi delle garanzie, per il quale l’articolo 14 della direttiva 2006/21 fornisce solo orientamenti o criteri di cui gli Stati membri devono tener conto nel calcolare dette garanzie. Pertanto, la Commissione non avrebbe potuto fissare autonomamente l’importo della garanzia adeguata nel caso di specie senza superare i limiti della propria competenza. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente diretto a invocare la violazione da parte della Commissione del suo dovere di diligenza, in quanto non ha determinato autonomamente l’importo della garanzia, non può essere accolto.

99      In secondo luogo, nella misura in cui le erano stati presentati indizi di fissazione della garanzia a un importo eccessivamente basso, la Commissione era legittimata ad esaminare la misura nazionale in questione alla luce delle norme sugli aiuti di Stato, e ciò sulla base delle informazioni messe a sua disposizione nel corso del procedimento amministrativo, in forza della giurisprudenza rammentata ai precedenti punti 92 e 93.

100    Innanzitutto, la Commisione ha preso in considerazione la sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna, Spagna) dell’11 ottobre 2011, in cui è stato deciso che il piano di ripristino del sito di Sallent/Balsareny era incompleto e che il livello della garanzia fissato relativamente a quest’ultimo era troppo basso.

101    A tal riguardo, la ricorrente non riesce a dimostrare, con i suoi argomenti, che la Commissione è incorsa in errore nel tener conto di tale sentenza nella sua valutazione. Infatti, come giustamente sottolineato dalla Commissione, il giudice nazionale, responsabile dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto nazionale, era nella posizione migliore per valutare se il piano di ripristino previsto per il sito minerario in questione fosse sufficiente alla luce della legislazione nazionale applicabile. Nella decisione impugnata, la Commissione analizza in dettaglio detta sentenza. Al punto 62 di detta decisione, la Commissione sottolinea che il giudice nazionale aveva ritenuto che l’importo della garanzia non rispettava i parametri giuridici e normativi stabiliti dall’articolo 8, paragrafo 2, della legge catalana n. 12/1981 e il decreto n. 202/1994 e che, anche in assenza di una prova risolutiva per accertare l’importo esatto, si poteva concludere che l’importo che era stato fissato era palesemente insufficiente e contrario a tali disposizioni e che essa aveva ordinato alle autorità nazionali di stabilire un nuovo livello di garanzia finanziaria.

102    Il giudice nazionale non ha quindi neppure stabilito l’importo delle garanzie che sarebbe stato corretto. Sono state le autorità nazionali competenti ad avere modificato e nuovamente fissato l’importo delle garanzie, basandosi sulle osservazioni di detto giudice. Infatti, al punto 62 della decisione impugnata, si precisa che le autorità nazionali, competenti per fissare l’importo delle garanzie, si sono basate sulla sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) dell’11 ottobre 2011 per procedere alla revisione di tali importi, il che conferma la pertinenza di detta sentenza nell’ambito della valutazione che la Commissione era tenuta ad effettuare. Inoltre, detta sentenza era stata altresì confermata in appello dalla sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 9 luglio 2014.

103    Inoltre, se è vero che la Commissione non è vincolata dalle decisioni dei giudici nazionali (conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Lucchini, C‑119/05, EU:C:2006:576, punto 24), è certamente libera di prenderle in considerazione se dovesse ritenerle pertinenti ai fini della sua valutazione.

104    In ogni caso, occorre rilevare che la Commissione non si è limitata a seguire la sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) dell’11 ottobre 2011, ma ne ha tenuto conto nell’ambito di un insieme d’indizi di cui era in possesso, diretto a dimostrare l’insufficienza degli importi delle garanzie finanziarie costituite dalla ricorrente.

105    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente relativo all’asserito errore in cui è incorsa la Commissione, al punto 64 della decisione impugnata, applicando per analogia le conclusioni della sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte Superiore di Giustizia della Catalogna) al calcolo dell’importo della garanzia finanziaria relativa al sito di Súria, benché la sentenza riguardasse il solo sito di Sallent/Balsareny, come sottolinea la Commissione senza essere contraddetta su tale punto dalla ricorrente, quest’ultima non ha fornito, nemmeno nell’ambito del presente ricorso, indizi tali da dimostrare che la fissazione dell’importo per questo secondo sito doveva seguire criteri di calcolo diversi da quelli che erano stati individuati nella sentenza citata. In mancanza di altri elementi che avrebbero potuto far dubitare la Commissione in merito alla possibilità di applicare detti criteri anche al sito di Súria, o che evidenziassero differenze tra i piani di ripristino necessari per i due giacimenti, la ricorrente non può rimettere in discussione l’applicazione per analogia dei criteri di calcolo indicati nella sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) al sito di Súria.

106    In particolare, la critica della ricorrente diretta a rimettere in discussione la conclusione della Commissione secondo cui la revisione da parte delle autorità competenti dell’importo della garanzia relativa al sito di Suria nel 2015 non sarebbe un indizio del fatto che anche il suo importo era stato fissato a un livello troppo basso, come è stato ritenuto dalla Commissione, ma costituiva una revisione periodica normale di tale importo, non può essere accolta. Infatti, la ricorrente non suffraga tale affermazione con alcuna spiegazione del metodo di revisione periodica delle garanzie, degli intervalli in cui tali revisioni sarebbero effettuate o del fatto che la revisione del 2015 facesse effettivamente parte di una di queste revisioni periodiche, né da alcun elemento di prova in grado di dimostrare siffatta affermazione.

107    In applicazione della giurisprudenza rammentata al precedente punto 93, non si può contestare alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali elementi di fatto ο di diritto che avrebbero potuto esserle presentati nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono stati, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali sono gli elementi che avrebbero potuto esserle sottoposti.

108    Come indicato poi al punto 66 della decisione impugnata, la Commissione ha preso in considerazione altri elementi di prova che corroboravano la conclusione alla quale erano giunti i giudici nazionali, secondo cui il livello delle garanzie finanziarie controverse era troppo basso. La Commissione ha segnatamente esaminato le trascrizioni ufficiali dell’audizione della commissione per l’ambiente del parlamento della Catalogna del 2 ottobre 2013, in cui figurava una dichiarazione della direttrice generale dell’ambiente del Governo autonomo della Catalogna secondo cui dette garanzie erano palesemente insufficienti.

109    La ricorrente contesta la presa in considerazione di tali dibattiti, nei limiti in cui la Commissione stessa avrebbe considerato che occorreva trattarli con cautela. Tuttavia, è giocoforza constatare che se è vero che la Commissione non ha ritenuto opportuno prendere in considerazione detti dibattiti per quanto riguardava la fissazione dell’importo esatto delle garanzie, essa poteva prendere in considerazione la dichiarazione menzionata al precedente punto 108 quale indizio che corroborava la conclusione secondo cui l’importo delle garanzie era troppo basso.

110    La Commissione, inoltre, ha tenuto conto di uno studio di esperti in materia ambientale dell’agosto 2012, ossia lo studio FER, presentato dal denunciante, che aveva ad oggetto l’analisi dell’impatto ambientale attuale dei giacimenti della zona di Bages (Spagna) in cui si trovano i giacimenti della ricorrente e delle misure adottate dalle autorità pubbliche per ridurre tale impatto. In aggiunta, tale studio formulava previsioni in merito all’evoluzione futura dei quantitativi totali di materiali depositati nelle discariche, giungendo alla conclusione che l’impatto ambientale di tali discariche era significativo e destinato ad aumentare in futuro. Tale studio analizzava altresì le possibili opzioni per il ripristino di altri siti di estrazione di potassa e i loro costi concludendo che il metodo più appropriato per i siti della ricorrente era quello della copertura delle discariche.

111    La ricorrente contesta la presa in considerazione di tale studio, di cui essa rimette in discussione l’attendibilità, la completezza, il rigore scientifico e il metodo di analisi seguita, e produce, per la prima volta dinanzi al Tribunale, un altro studio, da essa stessa commissionato, ossia la relazione di esperti Amphos, che evidenzierebbe le lacune dello studio FER.

112    A tal riguardo, da un lato, occorre rammentare che, innanzitutto, in forza della giurisprudenza menzionata al precedente punto 92, la ricorrente non può contestare alla Commissione di non aver preso in considerazione le lacune dello studio FER, quali individuate nella relazione di esperti Amphos, dal momento che quest’ultimo non era tra gli elementi in suo possesso nel momento in cui ha adottato la decisione impugnata. Inoltre, è giocoforza constatare, al pari della Commissione, che tale relazione aveva come unico obiettivo l’analisi tecnica dello studio FER, come indicato dal titolo, e non proponeva altri contenuti autonomi. Infine, la relazione di esperti Amphos non ha suggerito un importo delle garanzie diverso da quello infine accolto dalla Commissione tenendo conto dello studio FER. Di conseguenza, la ricorrente non ha dimostrato in che modo gli asseriti errori contenuti nello studio FER incidessero sulla determinazione dell’importo corretto delle garanzie controverse.

113    Dall’altro lato, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che la Commissione disponeva già durante il procedimento precontenzioso delle sue osservazioni che evidenziavano le presunte carenze dello studio FER, occorre constatare, al pari della Commissione, in applicazione della giurisprudenza rammentata ai precedenti punti 95 e 96, che la valutazione della Commissione relativa al metodo su cui era basato lo studio FER, consistente nell’individuare le diverse opzioni di ripristino e, tra queste, la più appropriata per i siti in questione, e successivamente calcolare i probabili costi che un siffatto metodo avrebbe comportato, non è manifestamente errata. Infatti, come giustamente rilevato dalla Commissione, il regio decreto n. 975/2009 su cui si fondava lo studio FER, così come il decreto n. 202/1994, che avrebbe dovuto essere usato come base di detto studio secondo la ricorrente, dimostrano entrambi un nesso tra il calcolo dell’importo delle garanzie e il costo previsto per il ripristino dei giacimenti. Inoltre, il calcolo dei costi previsti effettuato dallo studio FER si fonda sull’analisi dei costi unitari delle diverse componenti necessarie per la copertura della discarica, ai sensi di un’indagine di mercato condotta dagli esperti presso imprenditori e fornitori interessati. I risultati di tale calcolo erano anche paragonati ai costi totali delle possibili opzioni di ripristino, quali considerati in un altro studio realizzato per la direzione generale (DG) «Ambiente» della Commissione. In tali circostanze, la ricorrente non può contestare alla Commissione di aver ritenuto, al punto 75 della decisione impugnata, che lo studio FER fosse attendibile e si basasse su una metodologia coerente e su ipotesi ragionevoli, fornendo una base adeguata per formulare una stima dei costi di ripristino previsti, tanto più che ha anche confrontato i risultati di tale studio con quelli ottenuti per impianti simili in altre parti del mondo.

114    Di conseguenza, non si può ritenere che il punto 75 della decisione impugnata sia viziato da un errore manifesto di valutazione.

115    Infine, la ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe dimostrato che la misura era selettiva, ossia che le disposizioni nazionali che fissano l’importo delle garanzie controverse erano state interpretate selettivamente nei suoi confronti.

116    A tale proposito, è sufficiente constatare che la misura 1 di cui trattasi era concessa, come indicato al punto 60 della decisione impugnata, attraverso decisioni individuali di licenza di utilizzo rivolte alla ricorrente. Di conseguenza, la ricorrente non può rimettere in discussione il fatto che essa fosse la sola impresa riguardata da tale misura.

117    Orbene, dalla giurisprudenza emerge che il requisito della selettività è diverso a seconda che la misura di cui trattasi sia considerata come un regime generale di aiuti oppure come un aiuto individuale. In tale ultimo caso, l’identificazione del vantaggio economico consente, in linea di principio, di presumerne la selettività (sentenza del 4 giugno 2015, Commissione/MOL, C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 60; v. altresì, in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2016, Orange/Commissione, C‑211/15 P, EU:C:2016:798, punti 53 e 54).

118    Da quanto precede discende che la Commissione non è incorsa in un errore di valutazione nel concludere, ai punti da 82 a 85 della decisione impugnata, che la misura 1 conferiva un vantaggio selettivo alla ricorrente.

119    Da ultimo, per quanto attiene all’argomento sollevato in subordine dalla ricorrente riguardante un asserito errore di calcolo dell’importo dell’aiuto, in violazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, occorre constatare che la ricorrente reitera in tale ambito la maggior parte delle censure già formulate nell’ambito del presente motivo e respinte ai precedenti punti da 100 a 113.

120    In particolare, occorre sottolineare che la Commissione ha ritenuto che l’importo delle garanzie, quale rivisto dalle autorità nazionali nel 2015 e nel 2016, sulla base delle sentenze del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna), poteva essere considerato quale appropriato, sulla base dei risultati dello studio FER.

121    Orbene, come riportato ai precedenti punti da 99 a 113, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione prendendo in considerazione lo studio FER, né in un errore di valutazione basandosi sulle sentenze del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna).

122    Inoltre, la Commissione rileva, senza essere contraddetta su tale punto dalla ricorrente, che l’importo dei costi di ripristino era il più basso tra tutte le stime disponibili e che tale importo era stato ulteriormente ridotto in applicazione dell’articolo 3 del decreto n. 202/1994 che prevedeva una riduzione del 50% per le attività minerarie che non si svolgevano in zone di particolare interesse naturale.

123    Tenuto conto di quanto precede, l’argomento sollevato in subordine dalla ricorrente non può essere accolto e, di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto in toto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto

124    La ricorrente sostiene che, supponendo che il Tribunale abbia dovuto considerare che la misura 1 costituiva un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno, esso dovrebbe annullare la decisione impugnata nei limiti in cui quest’ultima impone il recupero di tale aiuto.

125    Infatti, in primo luogo, la decisione di recupero arrecherebbe pregiudizio al legittimo affidamento della ricorrente in merito alla legalità degli importi delle garanzie finanziarie inizialmente fissati. Benché la giurisprudenza abbia chiarito che un’impresa non può invocare il legittimo affidamento per contestare il recupero di un aiuto illegale, il presente caso di specie rientrerebbe nelle circostanze eccezionali, che avrebbero potuto fondare un siffatto affidamento. Innanzitutto, la ricorrente avrebbe nutrito un legittimo affidamento nel fatto che essa non riceveva un aiuto illegale, tenuto conto della precedente decisione della Commissione nella causa che ha dato origine alla decisione SNIACE, menzionata al precedente punto 47, e di una procedura di infrazione contro lo Stato spagnolo per inosservanza degli obblighi derivanti dalla direttiva 2006/21. Tale procedura di infrazione non avrebbe riguardato l’importo delle garanzie finanziarie previste dall’articolo 14 di detta direttiva. Supponendo che il Tribunale consideri tali elementi non sufficienti per fondare un siffatto affidamento, la ricorrente sostiene di avere tuttavia nutrito correttamente un tale affidamento, dal momento che le condizioni che consentono di determinare se una misura possa essere considerata come un aiuto che deve essere oggetto di una notifica erano nel caso di specie complesse e di difficile applicazione, il che l’avrebbe posta in una situazione di incertezza.

126    La ricorrente sostiene poi che, in quanto operatore economico ragionevole e diligente, essa non poteva prevedere che la Commissione avrebbe considerato che la fissazione degli importi delle garanzie finanziarie dirette a coprire i costi legati agli obblighi ambientali costituisse un aiuto illegale, tenuto conto delle circostanze eccezionali menzionate al precedente punto 125. In particolare, la ricorrente ritiene che la novità del presente caso non sia legata alla questione se un vantaggio sia stato concesso, ma risiede nella constatazione da parte della Commissione di un trasferimento di risorse statali. In aggiunta, dalla prassi decisionale anteriore della Commissione, segnatamente dalla decisione 2006/621/CE, del 2 agosto 2014, relativa all’aiuto di Stato al quale la Francia ha dato esecuzione a favore di France Télécom (GU 2006, L 257, pag. 11), risulterebbe che il recupero di un aiuto di Stato illegale non è appropriato, poiché sarebbe contrario al legittimo affidamento del beneficiario.

127    Infine, nel caso di specie, il legittimo affidamento prevarrebbe su qualsiasi altro interesse di ordine pubblico al quale il recupero potrebbe contribuire. Infatti, l’importo troppo basso delle garanzie avrebbe avuto tutt’al più effetti trascurabili sul mercato, cosicché il recupero dell’aiuto nel caso di specie non sarebbe giustificato per correggere distorsioni della concorrenza.

128    In secondo luogo, la ricorrente afferma che la decisione impugnata violerebbe altresì il principio della certezza del diritto, nella parte in cui la conclusione secondo cui la fissazione di un importo delle garanzie finanziarie insufficiente a garantire il rispetto degli obblighi ambientali costituisce un aiuto di Stato illegale non si fonderebbe su una base sufficientemente chiara e precisa rispetto alle norme sugli aiuti di Stato e violerebbe altresì l’articolo 16 del regolamento 2015/1589. La ricorrente invoca inoltre la decisione 2009/174/CE della Commissione, del 21 ottobre 2008, relativa alla misura C 35/04 adottata dalla Repubblica di Ungheria in relazione a Postabank és Takarékpénztár Rt./Erste Bank Hungary Nyrt (GU 2009, L 62, pag. 14), in cui la Commissione avrebbe preferito non effettuare il recupero dell’aiuto illegale per il fatto che tale recupero violerebbe il principio della certezza del diritto.

129    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

130    Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la logica conseguenza della constatazione dell’illegalità di un aiuto è la sua soppressione mediante recupero al fine di ripristinare la situazione antecedente. Infatti, il principale obiettivo cui è finalizzato il recupero di un aiuto di Stato versato illegalmente è quello di eliminare la distorsione della concorrenza causata dal vantaggio concorrenziale determinato da un siffatto aiuto. Orbene, con la restituzione dell’aiuto, il beneficiario perde il vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e viene ripristinata la situazione antecedente al versamento dell’aiuto (sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punto 131).

131    Risulta altresì da tale funzione del rimborso che, in linea generale, salvo circostanze eccezionali, la Commissione non travalica i limiti del suo potere discrezionale quando chiede allo Stato membro di recuperare le somme concesse a titolo di aiuti illegali, poiché non fa altro che ripristinare la situazione precedente (sentenza del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, da T‑227/01 a T‑229/01, T‑265/01, T‑266/01 e T‑270/01, EU:T:2009:315, punto 373).

132    Per quanto attiene all’affermazione vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, in forza di una giurisprudenza costante, il diritto di avvalersi di detto principio si estende a ogni individuo nei confronti del quale un’istituzione dell’Unione ha fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che gli avrebbe fornito (v. sentenza del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione, C‑194/09 P, EU:C:2011:497, punto 71 e giurisprudenza ivi citata). Costituiscono assicurazioni in tal senso, indipendentemente dalla forma con cui sono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (v. sentenza del 14 febbraio 2006, TEA-CEGOS e a./Commissione, T‑376/05 e T-383/05, EU:T:2006:47, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).

133    Da tale principio, applicabile specificamente in materia di controllo degli aiuti di Stato, in forza dell’articolo 16 del regolamento 2015/1589, discende che è possibile invocare la tutela del legittimo affidamento del beneficiario dell’aiuto a condizione che quest’ultimo disponga di assicurazioni sufficientemente precise, risultanti da un intervento attivo della Commissione, che gli consentano di ritenere che una misura non costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v., per analogia, sentenza del 30 novembre 2009, Francia e France Télécom/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, EU:T:2009:474, punto 261).

134    Si deve inoltre rammentare che l’obbligo di notifica costituisce uno degli elementi fondamentali del sistema di controllo istituito dal Trattato FUE nel settore degli aiuti di Stato. Nell’ambito di tale sistema, gli Stati membri hanno l’obbligo, da un lato, di notificare alla Commissione ogni misura volta a istituire o a modificare un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e, dall’altro, di non attuare una tale misura, conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, fintantoché la suddetta istituzione non abbia adottato una decisione definitiva su detta misura.

135    Di conseguenza, tenuto conto del carattere imperativo del controllo sugli aiuti di Stato svolto dalla Commissione, le imprese beneficiarie di un aiuto possono, in linea di principio, fare legittimo affidamento sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’articolo 108 TFUE e un operatore economico diligente deve di norma essere in grado di accertarsi che detta procedura sia stata rispettata. In particolare, quando un aiuto è stato versato senza previa notifica alla Commissione, ed è pertanto illegale conformemente all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il beneficiario dell’aiuto non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento nella regolarità della concessione dello stesso (sentenze dell’11 novembre 2004, Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, C‑183/02 P e C‑187/02 P, EU:C:2004:701, punti 44 e 45, e dell’8 dicembre 2011, France Télécom/Commissione, C‑81/10 P, EU:C:2011:811, punto 59).

136    Tuttavia, la giurisprudenza non esclude la possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegale, di invocare circostanze eccezionali che hanno legittimamente potuto ingenerare il suo affidamento circa la regolarità di tale aiuto e di opporsi, di conseguenza, al suo rimborso (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, da T‑30/01 a T‑32/01 e da T‑86/02 a T‑88/02, EU:T:2009:314, punto 282 e giurisprudenza ivi citata).

137    Si è altresì giudicato che un operatore economico diligente doveva di norma essere in grado di accertarsi che la procedura di notifica fosse stata rispettata (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 1990, Commissione/Germania, C‑5/89, EU:C:1990:320, punto 14, e del 14 gennaio 1997, Spagna/Commissione, C‑169/95, EU:C:1997:10, punto 51).

138    Inoltre, secondo costante giurisprudenza, il principio della certezza del diritto implica che la normativa dell’Unione sia certa e che la sua applicazione sia prevedibile per i destinatari (v. sentenza del 21 luglio 2011, Alcoa Trasformazioni/Commissione, C‑194/09 P, EU:C:2011:497, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

139    In primo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, dalla giurisprudenza rammentata ai precedenti punti da 132 a 136 emerge che la ricorrente, per invocare utilmente tale principio, deve dimostrare di aver ricevuto assicurazioni sufficientemente precise, incondizionate e concordanti risultanti da un intervento attivo della Commissione, che gli consentano di ritenere che una misura non costituisce un aiuto di Stato o l’esistenza di circostanze eccezionali, che hanno potuto legittimamente fondare il suo affidamento sulla regolarità di tale aiuto.

140    Nel caso di specie, la ricorrente invoca, in sostanza, da un lato, la decisione SNIACE menzionata al precedente punto 47, dal momento che la Commissione avrebbe asseritamente concluso in tale caso che l’omissione da parte dello Stato spagnolo di assicurare il rispetto degli obblighi di legge in materia ambientale non costituiva un aiuto di Stato, poiché non comportava alcun trasferimento di risorse, e, dall’altro, la procedura di infrazione avviata dalla Commissione nei confronti dello Stato spagnolo per inosservanza degli obblighi derivanti dalla direttiva 2006/21 e dalla direttiva 2000/60/CE, del 23 ottobre 2000, del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1), nei limiti in cui tale procedura non aveva riguardato la fissazione degli importi delle garanzie finanziarie troppo bassi alla luce dell’articolo 14 della direttiva 2006/21. Secondo la ricorrente, nulla lasciava quindi supporre che la Commissione avesse ritenuto che l’attuazione di tale direttiva da parte delle autorità spagnole conferisse un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

141    Tuttavia, innanzitutto, un precedente non può costituire assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, dal momento che non mirava ad analizzare la situazione particolare della ricorrente.

142    In ogni caso, per quanto attiene alla prassi anteriore, è già stato rammentato, al precedente punto 79, che quest’ultima non vincolava la Commissione, che dovrebbe basare la sua valutazione sulle sole disposizioni giuridiche applicabili del Trattato FUE e del diritto derivato.

143    Tenuto conto di quanto precede, la ricorrente non può invocare la decisione precedente nella causa SNIACE né a titolo di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, né a titolo di circostanze eccezionali.

144    Per quanto attiene, poi, alla procedura di infrazione, avviata nei confronti dello Stato spagnolo per violazione della direttiva 2006/21 e della direttiva 2000/60, occorre sottolineare, al pari della Commissione, che il fatto che quest’ultima non abbia invocato una violazione dell’articolo 107 TFUE nell’ambito di tale procedura, che aveva un altro oggetto, ossia la violazione della legislazione ambientale dell’Unione, non poteva fondare un legittimo affidamento nei riguardi della ricorrente nel fatto che la Commissione non avrebbe più effettuato l’esame di altri aspetti che potevano comportare la violazione dell’articolo 107 TFUE.

145    Di conseguenza, il fatto che la Commissione non abbia invocato una violazione delle regole in materia di aiuti di Stato con riferimento alle garanzie finanziarie troppo basse fornite dal beneficiario della misura nell’ambito della procedura di infrazione menzionata al precedente punto 144 non può costituire né assicurazioni precise, incondizionate o concordanti, né una circostanza eccezionale in grado di fondare un qualsivoglia legittimo affidamento nei confronti della ricorrente quanto al fatto che la misura 1 fosse legale.

146    Infine, per quanto riguarda l’affermazione della ricorrente, secondo cui, nel caso di specie, il legittimo affidamento prevarrebbe su qualsiasi altro interesse pubblico al recupero, dato l’esiguo importo dell’aiuto, è sufficiente ricordare che, da un lato, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, la Commissione è tenuta, in linea di principio, a decidere che lo Stato recuperi l’aiuto se ne constata l’illegalità e che tale disposizione non stabilisce una soglia al di sotto della quale la Commissione avrebbe un margine di discrezionalità per quanto riguarda la decisione di recupero.

147    Dall’altro lato, così come constatato al precedente punto 130, l’aiuto deve essere recuperato per ristabilire le condizioni di concorrenza nel mercato interno. Dal momento che l’importo modesto dell’aiuto non dovrebbe escludere una distorsione della concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 81 e giurisprudenza ivi citata), quest’ultimo non può neppure giustificare una decisione di non recuperare detto aiuto.

148    Pertanto, l’argomento della ricorrente non può essere accolto.

149    In secondo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione del principio della certezza del diritto, per gli stessi motivi indicati ai precedenti punti da 141 a 145 e 147, la qualificazione di aiuto della riduzione degli oneri gravanti sul bilancio della ricorrente, derivante dalla fissazione di un livello di garanzie finanziarie troppo basso, non può essere considerata imprevedibile per quest’ultima, ai sensi della giurisprudenza rammentata al precedente punto 138 e quindi contraria al principio della certezza del diritto.

150    Nei limiti in cui la ricorrente precisa che l’asserita novità e imprevedibilità della qualificazione effettuata dalla Commissione risiede nella constatazione che la misura 1 comportava un trasferimento delle risorse statali, si deve ritenere che nemmeno la conclusione secondo cui la misura 1 aveva comportato un aumento del rischio per il bilancio statale, tenuto conto dell’obbligo d’intervento sussidiario, incombente sullo Stato spagnolo, nell’esecuzione degli obblighi ambientali della ricorrente, nonostante l’assenza di precedenti identici nella prassi decisionale della Commissione, fosse imprevedibile per un operatore economico attento e avveduto. Infatti, la misura 1 comportava necessariamente l’aumento del rischio incombente allo Stato, sulla base della legislazione applicabile nota alla ricorrente, di dover intervenire in caso d’insolvibilità di quest’ultima.

151    Inoltre, nella misura in cui la ricorrente invoca la precedente decisione della Commissione nel caso Postabank, menzionata al precedente punto 128, in cui la Commissione ha deciso di non recuperare l’aiuto in questione in quanto il recupero sarebbe stato contrario al principio della certezza del diritto, l’argomento deve essere respinto, da un lato, per analogia con la giurisprudenza rammentata al precedente punto 79 e, dall’altro, in considerazione delle significative differenze di fatto tra il presente caso e il caso Postabank. Infatti, è sufficiente constatare, al pari della Commissione, che quest’ultimo caso s’inseriva nel contesto assai particolare dell’adesione dell’Ungheria all’Unione e dell’incertezza degli operatori economici quanto agli obblighi che essa aveva comportato. Invece, nel caso di specie, la ricorrente era consapevole, a partire dalla sentenza del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna) dell’11 ottobre 2011 del fatto che il livello delle garanzie finanziarie fornite era troppo basso per un ripristino adeguato dei suoi giacimenti.

152    Da tutto quanto precede discende che il terzo motivo dev’essere respinto in toto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, in quanto la Commissione ha considerato che la misura 4 conferiva un vantaggio selettivo

153    La ricorrente sostiene che la Commissione non avrebbe dimostrato né che la copertura della discarica di Vilafruns faceva parte degli obblighi ambientali ai quali era sottoposta, né che i costi sostenuti dalle autorità pubbliche spagnole erano costi che essa avrebbe dovuto sostenere in assenza di copertura della discarica da parte delle autorità pubbliche e contesta, in sostanza, il punto 138 della decisione impugnata. Secondo la ricorrente, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che la sua situazione finanziaria sarebbe stata migliore grazie alla misura 4 rispetto alla situazione in cui si sarebbe trovata in assenza di detta misura. Una siffatta analisi avrebbe dovuto essere effettuata sulla base di una valutazione della portata e dell’estensione precise degli obblighi giuridici della ricorrente e dei costi necessari per farvi fronte. Il solo obbligo che spettava alla ricorrente in forza dell’articolo 121 della legge spagnola relativa alle miniere sarebbe stato quello di adottare le misure di ripristino. La ricorrente avrebbe adottato siffatte misure. Poiché la decisione delle autorità spagnole di coprire la discarica di Vilafruns ha comportato costi ben al di sopra di quelli da essa stimati nel piano di ripristino, la ricorrente si troverebbe in una situazione meno favorevole (e non più favorevole) rispetto a quella in cui si sarebbe trovata in assenza di copertura della discarica di Vilafruns. Di conseguenza, non le sarebbe stato conferito alcun vantaggio.

154    La ricorrente precisa che la Commissione non ha dimostrato che il finanziamento della copertura della discarica di Vilafruns aveva effettivamente migliorato la propria situazione finanziaria o ridotto un onere che normalmente graverebbe sul suo bilancio. La ricorrente rammenta, inoltre, che le miniere della discarica di Vilafruns non erano più in funzione e che quindi quest’ultima non produceva rifiuti o rischi supplementari d’inquinamento. Inoltre, la Commissione non avrebbe suffragato la sua affermazione secondo cui la ricorrente era esposta al rischio d’incorrere nella responsabilità civile e penale con riferimento a una miniera che, a differenza delle altre da essa possedute, non era più in funzione. Di conseguenza, le decisioni giurisdizionali, a cui fa riferimento il punto 138 della decisione impugnata, non sarebbero rilevanti per dimostrare un qualsivoglia rischio di responsabilità per quanto riguarda le miniere di Vilafruns, che resterebbe quindi puramente ipotetico. Inoltre, il fatto che la copertura delle discariche fosse una prassi corrente in altri Stati membri sarebbe un elemento privo di qualsiasi rilevanza al fine di dimostrare la conclusione secondo cui la ricorrente avrebbe dovuto adottare misure supplementari a quelle previste nel suo piano di ripristino del 2008.

155    La Commissione non avrebbe inoltre suffragato l’affermazione secondo cui la maggior tutela sarebbe andata a vantaggio in ogni caso della ricorrente, in ragione della riduzione del rischio d’inquinamento e di dover corrispondere indennità per eventuali danni ambientali. In aggiunta, essa non avrebbe suffragato la conclusione alla quale è giunta al punto 159 della decisione impugnata, secondo cui le misure previste dalla ricorrente nell’ambito del suo piano di ripristino non avrebbero garantito un livello di tutela ambientale adeguato. Inoltre, la copertura della discarica di Vilafruns avrebbe diminuito il valore economico di detta discarica, in quanto nessun operatore economico potenzialmente interessato ad acquistarla potrebbe sfruttare le scorie saline di tale discarica. Da tutto quanto precede discenderebbe che la Commissione non avrebbe dimostrato in modo giuridicamente valido che alla ricorrente era stato concesso, tramite la misura 4, un vantaggio economico.

156    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

157    Secondo costante giurisprudenza, il concetto di «aiuto» comprende non soltanto prestazioni positive quali le sovvenzioni, ma anche interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono identici effetti (v. sentenza del 20 settembre 2017, Commissione/Frucona Košice, C‑300/16 P, EU:C:2017:706, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Sono pertanto considerati aiuti tutti gli interventi statali che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (sentenze del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 84, e dell’8 settembre 2011, Commissione/Paesi Bassi, C‑279/08 P, EU:C:2011:551, punto 87).

158    In tale esame di ciò che costituisce un vantaggio, la Commissione deve quindi valutare se la ricorrente sia stata favorita direttamente o indirettamente o abbia ottenuto un vantaggio che non avrebbe potuto ottenere in normali condizioni di mercato.

159    Nel caso di specie, al punto 138 della decisione impugnata, la Commissione ha considerato che, a prescindere dall’entità degli obblighi della ricorrente relativi a Vilafruns, era inaccettabile che l’investimento pubblico di EUR 7,9 milioni in una tutela dell’ambiente notevolmente migliore, equivalente in linea di principio al ripristino dell’impianto senza alcun costo d’investimento a carico della ricorrente, non avesse conferito alla ricorrente alcun vantaggio economico.

160    La Commissione ha precisato, inoltre, che, in assenza di tale aiuto, le misure alternative non avrebbero assicurato una protezione altrettanto efficace e duratura e avrebbero esposto la ricorrente al rischio di dover far fronte alle conseguenze dell’inquinamento e che, di conseguenza, la costruzione dell’impianto finanziata con risorse pubbliche ha permesso alla ricorrente di prevenire meglio l’inquinamento, di ridurre i futuri rischi ambientali e di agevolare un ripristino duraturo della discarica.

161    La ricorrente contesta tale valutazione considerando, in sostanza, che la misura di copertura della discarica di Vilafruns era una decisione indipendente delle autorità pubbliche, che andava al di là dei suoi obblighi di tutela ambientale e che essa non era tenuta ad adottare, e quindi non si potrebbe ritenere che ne abbia tratto un vantaggio.

162    Orbene, in primo luogo, è pacifico che la copertura della discarica di Vilafruns constituiva una misura di protezione efficace e duratura contro l’inquinamento. La ricorrente ha confermato, all’udienza, di non contestare una siffatta conclusione e si è limitata ad affermare che le misure di ripristino previste nel suo piano del 2008 avrebbero assicurato una protezione altrettanto efficace.  Essa non ha quindi nemmeno sostenuto che la misura di copertura della discarica fosse sproporzionata.

163    In secondo luogo, il fatto che la copertura della discarica costituisse una misura efficace, duratura e non sproporzionata per lottare contro l’inquinamento implica, di per sé, che tale misura ha contribuito a risolvere il problema dell’inquinamento, le cui conseguenze avrebbero pesato sulla ricorrente. Indipendentemente dagli obblighi specifici e segnatamente dalle misure tecnicamente sufficienti o più adeguate per garantire il ripristino del sito di Vilafruns, si deve constatare che, in forza della legislazione nazionale e dell’Unione applicabili e del contratto di vendita dell’impianto alla ricorrente, menzionati ai punti da 131 a 136 della decisione impugnata, gravava sulla ricorrente una responsabilità generale di riparare continuamente le eventuali conseguenze negative dell’inquinamento e della gestione di detto impianto.

164    Da quanto precede discende che gli argomenti della ricorrente, relativi all’assenza di un obbligo nei suoi confronti di coprire la discarica o di adottare misure di ripristino più onerose rispetto alle semplici misure di contenimento previste nel suo piano di ripristino del 2008, che, a suo parere, sarebbero state sufficienti per assolvere i suoi obblighi giuridici in materia ambientale, dal momento che il sito di Vilafruns non era più in funzione, sono irrilevanti nell’ambito della valutazione dell’esistenza di un vantaggio nei suoi confronti a motivo della misura 4, tenuto conto del fatto che la copertura della discarica è stata una misura efficace e duratura che ha consentito alla ricorrente di non dover più adottare altre misure di tutela ambientale per un periodo molto lungo.

165    In terzo luogo, l’intervento statale, rappresentato dall’investimento di EUR 7,9 milioni, destinato a coprire la discarica di Vilafruns, deciso e finanziato interamente dalle autorità pubbliche, costituisce una prestazione positiva, alla stregua di una sovvenzione, che comporta necessariamente un vantaggio per la ricorrente, la quale, grazie alla copertura della discarica, non dovrà attuare nessuna misura di ripristino per un periodo molto lungo. Inoltre, anche supponendo che, come sostiene la ricorrente, le misure di contenimento previste nel piano di ripristino del 2008 abbiano potuto garantire a breve termine il controllo delle fuoriuscite della discarica, ciò non toglie che se altre azioni più importanti avessero dovuto essere intraprese dalla ricorrente a medio o a lungo termine, essa avrebbe dovuto sostenerne i costi in futuro. Di conseguenza, la misura 4 ha innegabilmente favorito la ricorrente riducendo i rischi ambientali per il futuro, connessi al sito di Vilafruns.

166    Nei limiti in cui la ricorrente afferma che la Commissione non avrebbe dimostrato tali rischi futuri, occorre rilevare, da un lato, che l’importanza di tali rischi non era prevedibile o quantificabile per la Commissione. Al punto 158 della decisione impugnata, quest’ultima ha riconosciuto che non esistevano norme specifiche dell’Unione che stabilissero il livello di tutela ambientale che la discarica di Vilafruns doveva raggiungere. Dall’altro, per tale motivo, la Commissione si è basata su due decisioni giudiziarie nazionali in cui la ricorrente era stata ritenuta responsabile di danni ambientali, sia a livello civile sia a livello penale, per altri siti minerari, tenuto conto delle fuoriuscite provenienti dai siti minerari per i quali erano state adottate solo misure «modeste», per dedurne che, in effetti, siffatti rischi futuri potevano esistere anche per il sito di Vilafruns. Inoltre, la Commissione ha considerato che, anche in altri paesi, la misura di copertura della discarica era stata adottata per risolvere i problemi persistenti di fuoriuscite delle miniere di potassa. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente,  la Commissione aveva il diritto di prendere in considerazione tali informazioni per stabilire se, verosimilmente, esistessero rischi futuri anche per la discarica di Vilafruns, sebbene essa non sia stata in grado di quantificarli con precisione.

167    In quarto luogo, occorre sottolineare che, in ogni caso, supponendo che i rischi futuri non siano stati accertati dalla Commissione nella decisione impugnata, dai punti 159 e 162 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha riconosciuto che la ricorrente si trovava in una situazione pienamente legale per quanto riguardava il rispetto dei suoi obblighi in materia ambientale e che, con la misura 4, lo Stato aveva deciso di adottare un livello di tutela ambientale superiore a quello che era necessario al momento dell’adozione della decisione impugnata. Infatti, detta misura faceva parte di un progetto pilota il cui scopo era quello di verificare la pertinenza del metodo di copertura delle discariche per affrontare i problemi ambientali della regione di Llobregat (Spagna) e perseguiva quindi un interesse pubblico generale.

168    Orbene, innanzitutto, lo Stato può decidere di applicare un livello di tutela ambientale superiore al minimo richiesto e, a fortiori, può decidere di adottare misure non ancora necessarie in un dato momento, ma che potrebbero diventare necessarie in futuro, ai fini di un interesse pubblico generale. Ciò non significa che la ricorrente, in quanto impresa proprietaria di uno dei siti interessati dalla misura statale, sia esonerata dal sostenerne i costi.

169    Infatti, come rammentato al paragrafo 9 della disciplina del 2008, gli Stati membri possono fissare requisiti in materia di tutela ambientale che superino i requisiti dell’Unione al fine di ridurre quanto più possibile le esternalità negative generate dalle attività economiche che possono danneggiare l’ambiente, a motivo dell’inquinamento da esse prodotto.

170    In forza del principio «chi inquina paga», al quale si riferiscono i paragrafi 7 e 8 della disciplina del 2008, è possibile porre rimedio a queste esternalità negative assicurandosi che il soggetto che inquina paghi a fronte dell’inquinamento prodotto, il che implica la completa internalizzazione dei costi ambientali da parte del soggetto che inquina, poiché l’obiettivo è di garantire che i costi privati (sostenuti dall’impresa) rispecchino i costi sociali effettivi occasionati dall’attività economica. Il principio «chi inquina paga» può essere attuato o mediante norme obbligatorie in materia di ambiente o mediante strumenti di mercato. Alcuni strumenti di mercato possono dar luogo alla concessione di aiuti di Stato a tutte o ad alcune delle imprese che rientrano nel loro campo di applicazione. È proprio allo scopo di creare incentivi individuali in modo da raggiungere livelli di tutela dell’ambiente superiori a quelli previsti dalle norme dell’Unione o per aumentare il livello di protezione ambientale in assenza di siffatte norme che, ai sensi del paragrafo 10 della disciplina del 2008, gli Stati membri possono voler utilizzare gli aiuti di Stato.

171    In forza, poi, della legislazione nazionale applicabile, e in particolare dell’articolo 121 della legge spagnola relativa alle miniere, il proprietario di una miniera che non è più in funzione deve conformarsi ai piani di ripristino approvati dalle autorità incaricate delle attività minerarie. Si deve ritenere, nel caso di specie, che le autorità competenti abbiano approvato la misura di copertura della discarica di Vilafruns.

172    A tal riguardo, occorre constatare che la Commissione ha preso in considerazione la circostanza che lo Stato spagnolo aveva optato per un livello superiore di tutela dell’ambiente e ne ha tratto le conseguenze nell’ambito dell’esame della compatibilità dell’aiuto, proprio concludendo che solo l’importo di EUR 3 985 109,70 doveva essere recuperato presso l’impresa e non l’insieme dell’investimento statale ammontante a EUR 7 887 571, in applicazione della disciplina del 2008.

173    In quinto luogo, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che la copertura della discarica di Vilafruns avrebbe piuttosto peggiorato la sua situazione economica, dal momento che, a seguito di tale misura, la discarica avrebbe perso il suo valore economico, non potendo più essere sfruttata per l’estrazione e la vendita di sale, è sufficiente constatare che la ricorrente non ha né dimostrato, né suffragato l’importanza delle entrate che avrebbe perso e se tali eventuali entrate avrebbero dovuto essere bilanciate con i costi del ripristino che essa avrebbe dovuto assicurare durante lo sfruttamento.

174    In ogni caso, l’asserita riduzione del valore della discarica di Vilafruns non può incidere sulla constatazione dell’esistenza di un vantaggio, a meno che non si ritenga che tale riduzione di valore sia economicamente più importante del vantaggio prodotto dal suo ripristino duraturo, il che non è stato in alcun modo dimostrato dalla ricorrente.

175    Da quanto precede discende che il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, in quanto la Commissione non avrebbe concretamente determinato l’importo dell’eventuale aiuto risultante dalla misura 4

176    La ricorrente sostiene che, nel caso in cui il Tribunale concludesse che la misura 4 costituiva un aiuto, la decisione impugnata avrebbe violato l’articolo 16 del regolamento 2015/1589, nella parte in cui non avrebbe correttamente determinato l’importo di tale asserito aiuto di Stato. Infatti, la Commissione avrebbe erroneamente preso in considerazione i costi d’investimento sostenuti dalle autorità pubbliche per la copertura della discarica, aumentati degli utili di sfruttamento derivanti da tale investimento meno i costi di manutenzione e di sfruttamento sostenuti dal beneficiario a motivo dell’investimento. Orbene, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione al massimo l’importo risultante dal vantaggio economico corrispondente alle somme che essa avrebbe dovuto spendere per le misure di ripristino che era tenuta ad attuare nell’ambito del suo piano del 2008, nei limiti in cui queste ultime avrebbero superato i costi di manutenzione e di sfruttamento legati alla misura 4. Tale importo sarebbe stato nullo e la Commissione avrebbe quindi dovuto concludere nel senso dell’inesistenza di un vantaggio. La ricorrente ribadisce che la copertura della discarica di Vilafruns le ha provocato, invece, la perdita di entrate e dei costi di opportunità a causa dell’impossibilità di sfruttamento del giacimento di sale contenuto in tale discarica.

177    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

178    Il presente motivo è strettamente connesso al quarto motivo ed è stato sollevato in via subordinata rispetto a quest’ultimo.

179    In via preliminare, occorre sottolineare, così come è stato menzionato al precedente punto 172, che la Commissione ha preso in considerazione il fatto che la misura 4 era una misura di miglioramento della tutela ambientale, che era stata decisa dalle autorità pubbliche per garantire un livello di tutela superiore a quello richiesto dalle norme dell’Unione e che andava quindi oltre le esigenze esistenti al momento dell’adozione della decisione impugnata, che essa stessa riconosce, nella sostanza, al punto 162 della decisione impugnata.

180    Tenuto conto di quanto precede, la Commissione ha innanzitutto ritenuto, al punto 157 della decisione impugnata, di poter applicare il punto 3.1.1. della disciplina del 2008, secondo il quale gli aiuti agli investimenti che consentono alle imprese di superare il livello di tutela ambientale stabilito dalle norme dell’Unione o di aumentare tale livello in assenza di siffatte norme potevano essere considerati compatibili con il mercato interno.

181    Conformemente al paragrafo 80 della disciplina del 2008, poi, per determinare l’importo dei costi ammissibili, la Commissione, ai punti 161 e 162 della decisione impugnata, ha tenuto conto dei sovraccosti d’investimento che sarebbero stati necessari per raggiungere il livello di tutela ambientale superiore a quello che l’impresa avrebbe raggiunto in assenza di qualsiasi aiuto ambientale (ossia la differenza tra l’importo dell’investimento statale e i costi previsti per le misure di contenimento stabilite nel piano di ripristino del 2008). Al punto 165 della decisione impugnata, essa ha detratto da tale importo i profitti operativi, che per un sito inattivo come quello di Vilafruns ammontavano a zero e ha aggiunto i costi operativi per i primi cinque anni. La Commissione ha quindi concluso che l’importo totale dei costi ammissibili ammonterebbe a EUR 7 804 922,60.

182    Infine, in applicazione della soglia massima consentita per le grandi imprese, la Commissione ha ritenuto, ai punti 171 e 172 della decisione impugnata, che il 50% dei costi ammissibili, ossia EUR 3 902 461,30, potesse essere considerato compatibile con il mercato interno, riducendo così l’importo dell’aiuto da recuperare a EUR 3 985 109,70.

183    La Commissione ha pertanto ordinato il recupero dell’aiuto costituito dalla misura 4 presso la ricorrente solo per l’importo pari a EUR 3 985 109,70.

184    In primo luogo, la ricorrente invoca un errore di calcolo dell’importo dell’aiuto costituito dalla misura 4, in quanto la Commissione non ha preso in considerazione, come punto di riferimento per tale calcolo, il suo piano di ripristino del 2008, ma l’investimento di EUR 7,9 milioni realizzato dallo Stato spagnolo.

185    Orbene, nella misura in cui si è concluso, ai precedenti punti da 162 a 171, che, da un lato, la misura di copertura della discarica di Vilafruns costituiva una prestazione positiva e una misura efficace, duratura e non sproporzionata per porre rimedio alle fuoriuscite e ai rischi di inquinamento connessi a tale discarica, che in ogni caso avrebbero dovuto essere sostenuti, in forza di un obbligo generale di ripristino della discarica incombente alla ricorrente, da quest’ultima e quindi comportante per essa un vantaggio a medio o lungo termine e, d’altro, che lo Stato poteva imporre un livello più elevato di tutela ambientale alle imprese incaricate della gestione dei siti minerari, occorre concludere che la Commissione ha giustamente preso in considerazione, al punto 165 della decisione impugnata, l’importo dell’investimento effettuato dallo Stato come punto di partenza per il calcolo dell’importo dell’aiuto.

186    In secondo luogo, nella misura in cui la ricorrente contesta alla Commissione di non aver tenuto conto delle perdite e dei costi che essa avrebbe subito in ragione dell’impossibilità di sfruttare il giacimento di sale, occorre constatare che tale mera affermazione non suffragata da elementi di prova non può essere accolta. Dal punto 137 della decisione impugnata emerge che il Regno di Spagna, nel corso del procedimento amministrativo, aveva fatto riferimento ai costi di opportunità che la ricorrente avrebbe subito per il fatto di non poter più sfruttare il giacimento per l’estrazione di sale. Tuttavia, da tali osservazioni non emerge che siffatte perdite siano state quantificate o suffragate nel corso del procedimento amministrativo. In mancanza di siffatti elementi, gli asseriti costi e perdite devono pertanto essere considerati ipotetici.

187    Di conseguenza, siffatte perdite ipotetiche non dovevano essere prese in considerazione da parte della Commissione nel calcolo dell’importo dell’aiuto, come emerge dalla giurisprudenza secondo cui il recupero dell’aiuto implica la restituzione del vantaggio procurato dal medesimo al suo beneficiario e non la restituzione del profitto economico realizzato da quest’ultimo mediante lo sfruttamento di tale vantaggio. (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 100).

188    Da quanto precede discende che il quinto motivo deve altresì essere respinto e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

189    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Iberpotash, SA è condannata alle spese.

Buttigieg

Berke

Costeira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 gennaio 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.