Language of document : ECLI:EU:C:2017:895

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 23 novembre 2017 (1)

Causa C566/16

Dávid Vámos

contro

Nemzeti Adó és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nyíregyházi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Nyíregyháza, Ungheria)]

«Fiscalità – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articoli da 281 a 294 – Regimi speciali per le piccole imprese – Regime di franchigia – Obbligo di optare per l’applicazione del regime speciale quando si dichiara l’inizio di attività imponibili – Mancanza della dichiarazione di inizio di attività imponibili – Applicazione retroattiva del regime»






1.        Nella materia in esame il Nyíregyházi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Nyíregyháza, Ungheria) chiede alla Corte se il diritto dell’Unione osti a una normativa nazionale che vieta l’applicazione retroattiva di un regime fiscale speciale che concede una franchigia alle piccole imprese – adottato ai sensi delle disposizioni del titolo XII, capo 1, sezione 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA») (2) – a un soggetto passivo il quale, pur soddisfacendo tutte le condizioni sostanziali, non abbia dichiarato a tempo debito l’inizio delle sue attività alle autorità tributarie e non abbia optato per l’applicazione di tale regime.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        A norma dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, «si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività».

3.        L’articolo 213, paragrafo 1, prima frase, della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Il soggetto passivo deve dichiarare l’inizio, la variazione e la cessazione della propria attività in qualità di soggetto passivo».

(…)».

4.        Ai sensi dell’articolo 282 della direttiva IVA:

«Le franchigie e le riduzioni di cui alla presente sezione si applicano alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate dalle piccole imprese».

5.        L’articolo 287 della direttiva IVA prevede quanto segue:

«Gli Stati membri che hanno aderito dopo il 1o gennaio 1978 possono applicare una franchigia d’imposta ai soggetti passivi il cui volume d’affari annuo è al massimo uguale al controvalore in moneta nazionale degli importi seguenti al tasso del giorno della loro adesione:

(…)

(12)      Ungheria: 35 000 EUR;

(…)».

6.        L’articolo 289 della direttiva IVA stabilisce che:

«I soggetti passivi che fruiscono della franchigia d’imposta non hanno il diritto di detrarre l’IVA conformemente agli articoli da 167 a 171 e agli articoli da 173 a 177, né possono far figurare l’IVA sulle proprie fatture».

7.        Ai sensi dell’articolo 290 di tale direttiva:

«I soggetti passivi che possono fruire della franchigia d’imposta possono optare per il regime normale di applicazione dell’IVA oppure per l’applicazione delle modalità semplificate di cui all’articolo 281. In questo caso essi beneficiano delle riduzioni decrescenti dell’imposta eventualmente previste dalla legislazione nazionale».

B.      Diritto ungherese

1.      Legge CXXVII del 2007, relativa all’imposta sul valore aggiunto

8.        L’articolo 2, lettera a), della Az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge CXXVII del 2007, relativa all’imposta sul valore aggiunto; in prosieguo: la «legge sull’IVA») stabilisce che:

«Conformemente alla presente legge sono soggette [all’IVA]:

a)      le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio nazionale da un soggetto passivo che agisce in quanto tale (…)».

9.        L’articolo 187 della legge sull’IVA stabilisce quanto segue:

«1)      Il soggetto passivo che abbia stabilito la propria attività nel territorio nazionale con una finalità economica o che, in alternativa, abbia il proprio domicilio o la propria residenza abituale nel territorio nazionale, ha il diritto di optare per l’esenzione soggettiva ai sensi delle disposizioni del presente capitolo.

2)      Qualora eserciti il diritto di opzione menzionato nel paragrafo 1, il soggetto passivo, durante il periodo dell’esenzione soggettiva e in qualità di persona esente,

a)      non è soggetto al pagamento dell’imposta;

b)      non ha diritto alla detrazione dell’imposta versata a monte;

c)      può solamente emettere fatture che non includano né l’importo dell’imposta a valle né l’aliquota stabilita dall’articolo 83».

10.      Ai sensi dell’articolo 188, paragrafo 1, della legge sull’IVA:

«Si può optare per l’esenzione soggettiva qualora l’importo del corrispettivo pagato o dovuto per tutte le cessioni di beni o le prestazioni di servizi realizzate dal soggetto passivo conformemente all’articolo 2, lettera a), espresso in fiorini ungheresi e totalizzato annualmente, non ecceda il limite quantitativo massimo stabilito dal paragrafo 2

a)      né, in maniera effettiva, nell’anno precedente all’anno civile di riferimento,

b)      né, in maniera effettiva o ragionevolmente prevedibile, nell’anno civile di riferimento».

11.      L’articolo 188, paragrafo 2, della stessa legge, nella versione applicabile sino al 31 dicembre 2012, stabiliva che il limite massimo per avere il diritto di optare per l’esenzione soggettiva corrisponde all’importo di 5 000 000 fiorini ungheresi (HUF). Dal 1o gennaio 2013 il limite massimo è stato aumentato sino a HUF 6 000 000.

2.      Legge XCII del 2003 sul sistema tributario generale

12.      L’articolo 16 della Az adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. Törvény (legge XCII del 2003 sul sistema tributario generale; in prosieguo: la «legge sul codice di procedura fiscale») così recita:

«1)      Soltanto il soggetto passivo titolare di un numero d’identificazione fiscale può esercitare un’attività imponibile, salvo quanto previsto agli articoli 20 e 21.

2)      Il soggetto passivo che intenda esercitare un’attività imponibile è tenuto a presentare apposita dichiarazione presso l’autorità tributaria statale, affinché gli venga assegnato un numero d’identificazione fiscale [“NIF”]».

13.      L’articolo 17, paragrafo 1, lettera a), della legge sul sistema tributario generale stabilisce che «il soggetto passivo, qualora il suo obbligo d’imposta o la sua attività imponibile corrispondano a quelli di un imprenditore individuale in conformità della legge che disciplina l’attività dell’imprenditore individuale, dovrà richiedere l’assegnazione di un NIF, presentando all’autorità competente per le questioni legate all’attività degli imprenditori individuali una dichiarazione (con l’apposito modulo debitamente compilato), e adempiendo così l’obbligo di registrarsi presso l’autorità competente».

14.      Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, lettera c), di tale legge:

«Il soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto esprime la volontà di optare per l’esenzione soggettiva all’atto della presentazione della dichiarazione di inizio dell’attività imponibile».

15.      Conformemente all’articolo 172, paragrafo 1, lettera c), di tale legge:

«Salvo il disposto del paragrafo 2, si potrà infliggere una sanzione pecuniaria per un importo fino a HUF 200 000, se si tratta di una persona fisica, e fino a HUF 500 000, nel caso degli altri soggetti passivi, a seguito dell’inosservanza dell’obbligo di presentare una dichiarazione di inizio dell’attività (dichiarazione iniziale o comunicazione delle variazioni), fornire informazioni o aprire un conto corrente, ovvero per l’inadempimento dell’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali».

II.    Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

16.      Dal 2007 sino al 22 gennaio 2014, il sig. Dávid Vámos ha realizzato 778 vendite di dispositivi elettronici su due piattaforme online. Il sig. Vámos non si è registrato come soggetto passivo e non ha dichiarato i redditi derivanti da tali vendite.

17.      L’autorità tributaria ungherese ha effettuato un controllo nei confronti del sig. Vámos. Nel corso del procedimento amministrativo tale autorità ha constatato che il sig. Vámos non aveva adempiuto all’obbligo di registrazione stabilito dalla normativa nazionale e gli ha inflitto, di conseguenza, una sanzione pecuniaria. L’autorità tributaria ha altresì constatato che il sig. Vámos aveva esercitato la sua attività senza autorizzazione, senza un numero di identificazione fiscale, senza essere socio di una società e senza rilasciare documenti giustificativi, ricevute o fatture relative alle vendite.

18.      Il 22 gennaio 2014 il sig. Vámos si è registrato come soggetto passivo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e ha optato per l’«esenzione soggettiva», un regime ungherese di franchigia fiscale per le piccole imprese stabilito agli articoli 187 e seguenti della legge sull’IVA, adottato dalle autorità ungheresi in applicazione degli articoli da 281 a 292 della direttiva IVA. Dopo tale data, il sig. Vámos ha esercitato un’attività come imprenditore individuale ed è stato, al contempo, dipendente di un’altra impresa per più di 36 ore settimanali.

19.      Indipendentemente dal primo procedimento che ha portato all’imposizione di una sanzione pecuniaria, l’autorità tributaria ha avviato un secondo procedimento riguardante le dichiarazioni dei redditi del sig. Vámos per gli esercizi compresi tra il 2012 e il 2014. A seguito di tale indagine, l’autorità tributaria ha constatato un debito IVA (oltre ai debiti relativi all’imposta sul reddito e agli oneri previdenziali) per il periodo compreso fra il primo trimestre del 2012 e il primo trimestre del 2014 e ha inflitto al sig. Vámos sanzioni pecuniarie, maggiorate di interessi di mora.

20.      In sede di ricorso amministrativo, il Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (Sezione ricorsi dell’Amministrazione fiscale e doganale, Ungheria) ha concluso che il sig. Vámos si era dedicato alla vendita di beni in via permanente e regolare, il che costituiva un’attività economica, e che il medesimo era soggetto all’IVA. Per quanto riguarda l’esenzione soggettiva, l’autorità tributaria ha ritenuto che il diritto nazionale non consentisse ai soggetti passivi di optare per tale franchigia retroattivamente. Essa ha quindi constatato che, poiché il sig. Vámos non si era registrato presso l’autorità tributaria sino al 22 gennaio 2014, non aveva diritto di optare per l’esenzione soggettiva relativamente al periodo precedente a tale data.

21.      Il sig. Vámos ha impugnato tale decisione dinanzi al Nyíregyházi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Nyíregyháza) sostenendo che l’autorità tributaria avrebbe dovuto chiedergli se intendesse optare per l’applicazione dell’esenzione soggettiva con riferimento alle vendite dallo stesso realizzate prima di registrarsi come soggetto passivo, dato che egli soddisfaceva le condizioni sostanziali per beneficiare del regime.

22.      Nutrendo dubbi riguardo all’interpretazione delle disposizioni pertinenti della direttiva IVA, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia contraria al diritto dell’Unione una normativa nazionale in base alla quale l’autorità tributaria, in occasione di un controllo fiscale a posteriori, può escludere la possibilità di optare per l’esenzione soggettiva, adducendo il motivo che il soggetto passivo dispone di tale possibilità solo nel momento in cui presenta la dichiarazione di inizio della sua attività soggetta a imposta».

23.      Hanno presentato osservazioni scritte il governo ungherese e la Commissione. Conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, non si è tenuta l’udienza di discussione.

III. Analisi

24.      Anzitutto, occorre tener presente che il titolo XII, capo 1, della direttiva IVA consente agli Stati membri di istituire (o di mantenere) tre tipi di regime speciale per le piccole imprese: i) modalità semplificate d’imposizione e di riscossione dell’IVA (articolo 281 della direttiva), ii) franchigie (articoli da 282 a 290 della direttiva) e iii) riduzioni decrescenti (articoli da 282 a 285, e 291 della direttiva).

25.      La causa in esame riguarda un regime speciale, adottato dalle autorità ungheresi, che concede una franchigia alle imprese che non superino una determinata soglia di fatturato (in prosieguo: il «regime di franchigia»). Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA osti a una normativa nazionale che rende impossibile a un soggetto passivo richiedere l’applicazione retroattiva del regime di franchigia quando tale soggetto ne soddisfaceva tutti i requisiti sostanziali, ma non ha dichiarato a tempo debito l’inizio delle sue attività e non ha optato espressamente per l’applicazione di tale regime.

26.      Per rispondere a tale questione, è necessario stabilire se gli Stati membri possano, quando decidono di istituire un regime di franchigia per le piccole imprese conformemente alle disposizioni del titolo XII, capo 1, sezione 2, della direttiva IVA, subordinare l’applicazione di tale regime alla condizione che il soggetto passivo abbia debitamente dichiarato l’inizio delle sue attività ed abbia optato espressamente per l’applicazione di tale regime.

27.      Per le ragioni che saranno illustrate nei paragrafi seguenti, ritengo che a tale questione si debba rispondere in senso affermativo.

A.      Obbligo di registrazione

28.      Conformemente all’articolo 272, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, gli Stati membri sono liberi di esentare i soggetti passivi che beneficiano di un regime di franchigia per le piccole imprese da taluni o da tutti gli obblighi di cui ai capi da 2 a 6 del titolo XI della direttiva IVA. Tra tali obblighi rientra, in particolare, quello di dichiarare l’inizio dell’attività in qualità di soggetto passivo, previsto all’articolo 213 della direttiva IVA. Le autorità ungheresi hanno deciso, tuttavia, di non agire in tal senso e tale scelta è stata ritenuta legittima dalla Corte nell’ordinanza Balogh (3).

29.      In tale causa – riguardante lo stesso regime ungherese di franchigia fiscale e rinviata in via pregiudiziale dallo stesso giudice della presente causa – la Corte ha constatato che la direttiva IVA non osta a una normativa nazionale che impone a un soggetto passivo di dichiarare la data di inizio della sua attività economica, anche se il suo fatturato annuo non supera la soglia prevista dal regime di franchigia per le piccole imprese. La Corte ha aggiunto che gli Stati membri possono anche infliggere un’ammenda amministrativa che sanzioni il mancato adempimento di tale obbligo da parte di un soggetto passivo, purché la sanzione sia proporzionata (4).

30.      È quindi chiaro che, nel caso di specie, l’obbligo del sig. Vámos, previsto dal diritto ungherese, di dichiarare l’inizio delle sue attività alle autorità tributarie nazionali è legittimo ai sensi del diritto dell’Unione. A causa della mancata dichiarazione, l’autorità tributaria era legittimata a infliggergli una sanzione pecuniaria.

31.      In tale contesto, l’ulteriore questione da esaminare è se esistano disposizioni di diritto dell’Unione che vietino agli Stati membri i) di imporre ai soggetti passivi che abbiano dichiarato l’inizio delle attività di scegliere altresì, in tale contesto, il regime fiscale di cui intendono beneficiare, tra quelli eventualmente disponibili, e ii) di decidere che qualsiasi scelta al riguardo può produrre effetti solo per il futuro.

B.      Regimi speciali per le piccole imprese

32.      In primo luogo, secondo il dettato degli articoli 281, 284, 285, 286 e 287 della direttiva IVA, gli Stati membri possono, ma non devono, istituire uno dei regimi fiscali speciali ivi previsti. Ciò è confermato dal considerando 49 della direttiva, in base al quale è necessario lasciare agli Stati membri «la possibilità di continuare ad applicare i loro regimi speciali per le piccole imprese».

33.      Tale considerando chiarisce altresì che tali regimi devono essere applicati «in conformità delle disposizioni comuni e al fine di una maggiore armonizzazione». Pertanto, i regimi speciali per le piccole imprese costituiscono, al momento (5), una materia non pienamente armonizzata a livello dell’Unione (6) e in cui gli Stati membri beneficiano necessariamente di una certa libertà d’azione, purché le loro norme nazionali siano conformi alle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione. In particolare, la direttiva IVA contiene solo un numero limitato di disposizioni che disciplinano il modo in cui tali regimi devono essere concepiti e applicati, lasciando così ampia discrezionalità agli Stati membri.

34.      Nessuna di tali disposizioni può essere interpretata, a mio avviso, nel senso che concede espressamente alle piccole imprese un diritto assoluto di beneficiare dell’applicazione di un regime di franchigia. In particolare, non esiste alcuna base testuale, nella direttiva IVA, a sostegno della tesi secondo la quale un soggetto passivo dovrebbe avere il diritto di beneficiare di tale regime retroattivamente, in mancanza di una sua scelta espressa. Per tale ragione, la decisione delle autorità ungheresi di istituire siffatto regime ma di subordinare la sua applicazione a taluni requisiti procedurali rientra, a mio avviso, nella discrezionalità rimessa agli Stati membri dalla direttiva IVA.

35.      Tale conclusione è quindi conforme alla ripartizione delle competenze stabilita nel titolo XII, capo 1, della direttiva IVA per quanto riguarda i regimi speciali per le piccole imprese.

36.      In secondo luogo, non mi convincono gli argomenti presentati dalla Commissione secondo i quali il diritto assoluto di beneficiare di un regime di franchigia (anche, ove necessario, retroattivamente) deriva implicitamente da un’interpretazione sistematica di altre disposizioni della direttiva IVA e/o dai principi di neutralità fiscale e di proporzionalità. Mi sembra che le disposizioni e i principi cui fa riferimento la Commissione, soprattutto se interpretate alla luce della giurisprudenza esistente, confermino piuttosto la tesi opposta.

C.      Articolo 290 della direttiva IVA

37.      Come hanno sottolineato sia la Commissione che il governo ungherese, discende dall’articolo 290 della direttiva IVA che, se uno Stato membro adotta un regime di franchigia per le piccole imprese, l’applicazione di tale regime ai soggetti passivi che hanno diritto di parteciparvi è facoltativa, non obbligatoria. Infatti, i soggetti passivi possono anche scegliere di essere soggetti al normale regime dell’IVA o al regime speciale previsto all’articolo 281 (sempreché siffatto regime esista nello Stato membro considerato). Se viene scelto il secondo regime e sono soddisfatte le condizioni pertinenti, il soggetto passivo può anche beneficiare delle riduzioni decrescenti dell’imposta (anche in questo caso, sempreché siffatte riduzioni esistano nello Stato membro considerato). Pertanto, in forza dell’articolo 290 della direttiva IVA, le piccole imprese possono avere – a seconda della normativa nazionale pertinente – sino a tre diversi regimi dell’IVA per i quali optare.

38.      Come riconosce la Commissione, nessuno dei tre regimi è, in via di principio, preferibile o più conveniente per tutti i soggetti passivi. Infatti, la possibilità che l’uno o l’altro regime sia più adatto o finanziariamente valido per un soggetto passivo dipende da diverse variabili e in particolare dal modo in cui tale soggetto ha organizzato ed esercita la sua attività economica.

39.      Più in particolare, poiché l’applicazione del regime di franchigia priva, ai sensi dell’articolo 289 della direttiva IVA, i soggetti passivi della possibilità di detrarre l’IVA, non si può presumere che, in mancanza di una scelta espressa da parte loro, tutti i soggetti passivi aventi diritto alla franchigia intendano optare per quest’ultima. Ad esempio, le piccole imprese che, per avviare la loro attività, abbiano necessità di effettuare importanti investimenti ben possono preferire l’applicazione del regime ordinario per poter detrarre l’ingente IVA versata a monte. In altri termini, non vi è motivo per ritenere che, quando esiste un regime di franchigia per le piccole imprese, l’applicazione di tale regime ai soggetti passivi che soddisfino i requisiti sia o debba essere automatica.

40.      Dato che i regimi speciali per le piccole imprese costituiscono un’eccezione (facoltativa) al regime ordinario, non vedo il motivo per cui a uno Stato membro non debba essere consentito di ritenere che, in assenza di una scelta espressa dal soggetto passivo, il regime applicabile debba essere il regime normale di applicazione dell’IVA.

41.      A tal proposito, il governo ungherese spiega che sussistono ragioni specifiche per cui esso richiede alle piccole imprese di effettuare una scelta espressa ed ex ante del regime fiscale che esse intendono applicare. In particolare, detto governo sottolinea che la scelta di un regime specifico comporta varie conseguenze sia per l’amministrazione tributaria che per il soggetto passivo. Potrebbero esistere, in particolare, obblighi procedurali diversi per il soggetto passivo (riguardanti, ad esempio, la fatturazione, la contabilizzazione o la rendicontazione), e anche l’autorità tributaria potrebbe essere tenuta a seguire procedure diverse quando applica le norme sull’IVA e ne garantisce l’osservanza (ad esempio, per addebitare e riscuotere l’IVA dovuta).

42.      L’applicazione retroattiva della scelta di un regime fiscale potrebbe avere, inoltre, determinate conseguenze per gli operatori commerciali che abbiano effettuato operazioni con il soggetto passivo in questione. Ad esempio, i soggetti passivi che beneficiano della franchigia non versano, in genere, l’IVA e quindi non devono ripercuoterla sui loro clienti. Per contro, i soggetti passivi ai quali si applicano il regime ordinario (o le procedure semplificate e il regime delle riduzioni decrescenti) devono versare l’IVA e tale imposta deve quindi comparire sulle loro fatture. Nel secondo caso, diversamente dal primo, i clienti del soggetto passivo possono detrarre tale IVA. L’applicazione retroattiva di un regime fiscale diverso da quello applicato inizialmente può quindi generare incertezze riguardo alla situazione IVA di tali operazioni.

43.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo ragionevoli gli argomenti presentati dal governo ungherese – riguardanti in particolare la buona amministrazione e la certezza del diritto – al fine di spiegare le ragioni per cui l’autorità tributaria richiede ai soggetti passivi di effettuare una scelta espressa ed ex ante del regime IVA che essi intendono far applicare.

D.      Principio di neutralità fiscale

44.      La Commissione, tuttavia, sostiene inoltre che la normativa nazionale in questione è contraria al principio della neutralità fiscale. Essa fa riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Plöckl (7), in cui egli desume dal principio di neutralità fiscale un principio di diritto dell’Unione in materia di IVA che il medesimo definisce «il principio di rigetto del formalismo». Secondo la Commissione, il principio di rigetto del formalismo implica che un soggetto passivo che non soddisfa i requisiti formali di un regime di franchigia non possa essere privato, per quest’unica ragione, del diritto di beneficiare di tale regime.

45.      A tal riguardo, osservo che, nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Saugmandsgaard Øe ha desunto l’esistenza di siffatto principio da varie cause in cui la Corte ha dichiarato, ad esempio, che il diritto alla detrazione (8) o all’esenzione dall’IVA in caso di cessioni all’interno dell’Unione (9) non dovrebbe essere negato per la semplice ragione che, nonostante l’osservanza dei requisiti sostanziali, il soggetto passivo non ha soddisfatto taluni requisiti formali (10).

46.      Tuttavia, indipendentemente dall’esistenza e dalla portata di siffatto principio, è chiaro, a mio avviso, che la situazione in esame è sostanzialmente diversa dai tipi di cause esaminate dall’avvocato generale Saugmandsgaard Øe. Sia il diritto alla detrazione (11) che il diritto all’esenzione in caso di cessione effettuata all’interno dell’Unione (12) sono diritti che il soggetto passivo trae direttamente dal diritto dell’Unione, e che sono semplicemente attuati dalla normativa nazionale. Per contro, come chiarito, l’adozione di un regime di franchigia per le piccole imprese è una mera opzione rimessa alla scelta degli Stati membri, che beneficiano anche, entro i limiti di cui sopra, di un’ampia discrezionalità riguardo al modo di concepire e di applicare tali regimi.

47.      Nelle cause in cui la Corte ha respinto l’approccio formalistico, lo scopo è stato quello di garantire che, nonostante un errore procedurale di scarsa importanza commesso dal soggetto passivo, le operazioni fossero comunque tassate in base alle loro caratteristiche oggettive (13). Gli Stati membri non possono penalizzare il fatto di non aver osservato rigorosamente i requisiti formali così da rischiare di pregiudicare la neutralità del sistema, ad esempio trattando diversamente imprese concorrenti o rendendo inefficaci disposizioni fondamentali della direttiva IVA.

48.      Tuttavia, tale logica non è applicabile nel caso di specie. Anzitutto, è dubbio che l’inadempimento dell’obbligo di dichiarare l’inizio delle attività, previsto all’articolo 213, paragrafo 1, della direttiva IVA, possa essere sempre considerato come un errore procedurale di scarsa importanza: tale obbligo può essere rilevante al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare l’evasione (14). Si tratta certamente di un requisito formale, ma, come si potrebbe dire, di un requisito non formalistico.

49.      Inoltre, l’aver omesso di dichiarare l’inizio dell’attività e di optare espressamente per uno specifico regime fiscale non comporta la tassazione di un’operazione senza tener conto delle sue caratteristiche oggettive. Infatti, le operazioni concluse in passato da un soggetto passivo come il sig. Vámos sono semplicemente tassate in base a un regime fiscale piuttosto che ad un altro, ed entrambi i regimi sono possibili e leciti.

50.      Ritengo poi che la normativa nazionale in questione sia in linea con il principio di neutralità fiscale considerato quale traduzione, in materia di IVA, del principio della parità di trattamento (15). Tale principio osta a che merci di uno stesso tipo, che si trovano in concorrenza le une con le altre, siano trattate in maniera diversa sotto il profilo dell’IVA (16), comportando così una distorsione della concorrenza (17).

51.      Nella fattispecie, sembra che consentire ai soggetti passivi che hanno omesso di dichiarare l’inizio delle loro attività di optare retroattivamente per il regime di franchigia fiscale possa attribuire loro un ingiusto vantaggio, distorcendo la concorrenza a loro favore. Quando si registra e opta per l’applicazione di un regime fiscale specifico, il soggetto passivo basa necessariamente la sua scelta su previsioni relative alla sua futura attività. Per contro, il soggetto passivo che non si registra mai e che effettua la sua scelta solo più tardi – ad esempio se e quando è sottoposto ai controlli delle autorità tributarie – è in grado di scegliere il regime che, con il senno di poi, sembra essergli più vantaggioso.

52.      Il risultato è paradossale: il soggetto passivo che commette l’errore procedurale può trarre effettivamente vantaggio da tale errore e trovarsi quindi in una posizione migliore rispetto ai concorrenti che, invece, hanno debitamente adempiuto tutti gli obblighi procedurali stabiliti nelle legislazioni nazionali pertinenti.

53.      Siffatto vantaggio potrebbe, a sua volta, incoraggiare le imprese a violare la legge non dichiarando l’inizio delle attività, rendendo quindi più probabile l’evasione fiscale. A tal riguardo, è sufficiente sottolineare che ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, «[g]li Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni (…)».

54.      Per tale ragione, mi sembra plausibile l’argomento presentato dal governo ungherese secondo il quale il divieto di applicare retroattivamente un regime come quello di franchigia fiscale è non solo conforme al principio di neutralità fiscale, ma anche destinato a impedire l’evasione e la frode fiscale.

E.      Principio di proporzionalità

55.      Infine, la Commissione sostiene che obbligare un’impresa a versare l’IVA sulle vendite realizzate prima della dichiarazione di inizio delle attività, oltre all’ammenda amministrativa, rende eccessiva la sanzione per la mancata dichiarazione di inizio delle attività, comportando in tal modo una violazione del principio di proporzionalità.

56.      Come spiegato supra, nell’ordinanza Balogh (18) la Corte ha dichiarato che un’ammenda amministrativa può essere inflitta per sanzionare la mancata dichiarazione di inizio delle attività, purché sia proporzionata. Spetta al giudice nazionale valutare la proporzionalità di tale sanzione (19).

57.      A tal riguardo, è sufficiente constatare che il recupero dell’IVA non può, in via di principio, essere preso in considerazione nella valutazione della proporzionalità della sanzione effettuata dal giudice nazionale. Infatti, l’obbligo di versare l’IVA per le vendite passate, che sono soggette all’IVA ma per le quali tale imposta non è stata versata, non costituisce una sanzione, bensì il semplice recupero di imposte non versate.

58.      Dal momento in cui ha iniziato a esercitare un’attività economica ai sensi dell’articolo 9 della direttiva IVA, il sig. Vámos è divenuto un soggetto passivo e, di conseguenza, gli erano applicabili gli obblighi previsti nelle norme vigenti in materia di IVA. Tra tali obblighi, – non è necessario sottolinearlo – vi è quello di versare l’IVA dovuta (20).

59.      Può essere opportuno affermare ancora una volta che, in mancanza di una scelta espressa, il regime ordinario applicato al sig. Vámos non è affatto illecito o eccezionale. È infatti uno dei regimi fiscali che poteva essergli applicato e quello istituito dalla normativa nazionale come regime applicabile in assenza di altra scelta. Il sig. Vámos si è privato, per determinati anni, della possibilità di scegliere il regime di franchigia, trascurando di dichiarare a tempo debito l’inizio della sua attività e la sua intenzione di applicare tale regime di franchigia.

60.      Osservo inoltre, per inciso, che, secondo la normativa nazionale in questione, i soggetti passivi che hanno diritto di beneficiare del regime di franchigia possono optare, da un esercizio fiscale all’altro, per l’applicazione di un diverso regime. Pertanto, le piccole imprese non sono «intrappolate» dal fatto di non aver dichiarato fin dal primo momento l’inizio della loro attività e di non aver optato espressamente per il regime dell’IVA prescelto. Ogni anno esse hanno la possibilità di adempiere l’obbligo di registrazione e di richiedere l’applicazione del regime di franchigia per il futuro, evitando così conseguenze più gravi.

IV.    Conclusione

61.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Nyíregyházi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Nyíregyháza, Ungheria) nei seguenti termini:

Il diritto dell’Unione non osta a una normativa nazionale che vieta l’applicazione retroattiva di un regime fiscale speciale che concede una franchigia alle piccole imprese – adottato ai sensi delle disposizioni del titolo XII, capo 1, sezione 2, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – a un soggetto passivo che, pur soddisfacendo tutte le condizioni sostanziali, non abbia dichiarato a tempo debito l’inizio delle sue attività alle autorità tributarie e non abbia optato per l’applicazione di tale regime.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2006, L 347, pag. 1.


3      Ordinanza del 30 settembre 2015, Balogh, C‑424/14, non pubblicata, EU:C:2015:708.


4      Ordinanza del 30 settembre 2015, Balogh, C‑424/14, non pubblicata, EU:C:2015:708, punti 29, e da 33 a 36.


5      L’articolo 293 della direttiva IVA fa riferimento alla «necessità di garantire la convergenza a termine delle normative nazionali» sui regimi speciali per le piccole imprese e l’articolo 294 della medesima direttiva consente al Consiglio di decidere «se nell’ambito del regime definitivo è necessario un regime speciale per le piccole imprese» e, se del caso, di «delibera[re] sui limiti e sulle condizioni di applicazione comuni di tale regime speciale».


6      Ciò viene ulteriormente confermato dal considerando 7 della direttiva IVA che così recita: «Il sistema comune d’IVA dovrebbe portare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione» (il corsivo è mio).


7      C‑24/15, EU:C:2016:204.


8      Sentenze del 1o aprile 2004, Bockemühl, C‑90/02, EU:C:2004:206, punti da 49 a 52, e del 9 luglio 2015,Salomie e Oltean, C‑183/14, EU:C:2015:454, punti da 58 a 61. V. anche conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Plöckl, C‑24/15, EU:C:2016:204, nota 20.


9      Sentenze del 27 settembre 2007, Collée, C‑146/05, EU:C:2007:549, punti da 29 a 31, e del 9 ottobre 2014, Traum, C‑492/13, EU:C:2014:2267, punti 35, 36 e 43. V. anche conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Plöckl, C‑24/15, EU:C:2016:204, nota 21.


10      Conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Plöckl, C‑24/15, EU:C:2016:204, paragrafo 87.


11      Articolo 167 della direttiva IVA.


12      Articolo 3 della direttiva IVA.


13      V., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2016, Plöckl, C‑24/15, EU:C:2016:791, punto 37.


14      V., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Rēdlihs, C‑263/11, EU:C:2012:497, punto 45.


15      Sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C‑309/06, EU:C:2008:211, punto 49.


16      Sentenza del 10 aprile 2008, Marks & Spencer, C‑309/06, EU:C:2008:211, punto 47.


17      V. considerando 7 della direttiva IVA e, in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, Rank Group, C‑259/10 e C‑260/10, EU:C:2011:719, punto 35.


18      Ordinanza del 30 settembre 2015, Balogh, C‑424/14, non pubblicata, EU:C:2015:708.


19      V. supra, paragrafo 29.


20      Articoli da 193 a 212 della direttiva IVA.