Language of document : ECLI:EU:T:2022:586

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

28 settembre 2022 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documenti relativi all’indagine a carico dell’ex Primo ministro della Repubblica ceca sull’uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d’interessi – Diniego di accesso – Eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile – Sopravvenuta mancanza parziale dell’interesse ad agire – Non luogo a statuire parziale – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑174/21,

Agrofert, a.s., con sede in Praga (Repubblica ceca), rappresentata da S. Sobolová, avvocata,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da N. Görlitz, J.-C. Puffer e O. Hrstková Šolcová, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da C. Ehrbar, M. Salyková e J. Hradil, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto, al momento della deliberazione, da G. De Baere (relatore), presidente, G. Steinfatt e S. Kingston, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Agrofert, a.s., ricorrente, chiede l’annullamento della decisione A(2019) 8551 C (D 300153) del Parlamento europeo, del 15 gennaio 2021 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), con la quale quest’ultimo le ha negato l’accesso a due documenti relativi all’indagine a carico dell’ex Primo ministro della Repubblica ceca sull’uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d’interessi.

 Fatti all’origine della controversia

2        La ricorrente è una società holding ceca che controlla più di 230 società operanti in diversi settori dell’economia, come l’agricoltura, la produzione di alimenti, l’industria chimica o i media. Essa è stata inizialmente costituita dal sig. Andrej Babiš, il quale è divenuto Primo ministro della Repubblica ceca nel 2017 e lo è rimasto fino al dicembre 2021.

3        Con lettera del 31 luglio 2020, la ricorrente ha presentato al Parlamento una domanda di accesso ai documenti, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43).

4        Nella sua domanda, la ricorrente ha indicato che la risoluzione 2019/2987 (RSP) del Parlamento, del 19 giugno 2020, sulla riapertura dell’indagine a carico del Primo ministro della Repubblica ceca sull’uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d’interessi (GU 2021, C 362, pag. 37; in prosieguo: la «risoluzione»), affermava che, dopo la sua nomina quale Primo ministro della Repubblica ceca, il sig. Babiš aveva continuato a controllare il gruppo Agrofert. Ritenendo inesatta tale affermazione, la ricorrente ha affermato di voler conoscere le fonti e le informazioni di cui disponeva il Parlamento prima di adottare la risoluzione, ad eccezione della relazione sulla missione d’informazione in Repubblica ceca effettuata dalla commissione per il controllo dei bilanci (CONT) del Parlamento dal 26 al 28 febbraio 2020 (in prosieguo: la «relazione sulla missione d’informazione»), che contiene la medesima affermazione. Essa ha quindi chiesto l’accesso, in primo luogo, a tutti i documenti raccolti o utilizzati dalla commissione per il controllo dei bilanci del Parlamento come documenti giustificativi a sostegno dell’affermazione secondo cui il Primo ministro della Repubblica ceca, il sig. Babiš, continuava a mantenere il controllo del gruppo Agrofert e delle altre affermazioni riguardanti la ricorrente o il gruppo Agrofert che figuravano nella relazione sulla missione d’informazione, in secondo luogo, a tutti i documenti utilizzati al momento della preparazione della proposta di risoluzione del Parlamento, del 15 giugno 2020, sulla riapertura dell’indagine a carico del Primo ministro della Repubblica ceca sull’uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d’interessi e, in terzo luogo, a tutti i documenti forniti o richiesti dai membri del Parlamento o dai gruppi politici del Parlamento in relazione alla risoluzione o alla proposta di risoluzione.

5        Con decisione del 14 settembre 2020, il Parlamento ha risposto alla domanda della ricorrente. Da un lato, esso ha individuato un certo numero di documenti corrispondenti a detta domanda e ha informato la ricorrente che una parte di essi era accessibile al pubblico. Dall’altro, sulla base dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, e paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il Parlamento ha negato l’accesso a due documenti (in prosieguo: i «documenti richiesti»), ossia, in primo luogo, la lettera inviata dal sig. Oettinger, membro della Commissione europea, al Primo ministro della Repubblica ceca, il 29 novembre 2018, recante il riferimento ARES (2018) 6120850 (in prosieguo: la «lettera della Commissione») e, in secondo luogo, la relazione finale di audit della Commissione, del 29 novembre 2019, recante il riferimento ARES (2019) 7370050, relativa ad un audit sul funzionamento dei sistemi di gestione e controllo in vigore in Repubblica ceca per evitare conflitti di interessi conformemente agli articoli da 72 a 75 e 125 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 320) (in prosieguo: la «relazione finale di audit»).

6        Con lettera del 9 ottobre 2020, registrata dal Parlamento il 28 ottobre 2020, la ricorrente ha presentato una domanda di conferma chiedendo al Parlamento di rivedere la sua posizione. Essa ha ritenuto che il trattamento della sua domanda iniziale non fosse conforme al regolamento n. 1049/2001. In primo luogo, essa ha ritenuto che l’elenco dei documenti individuati dal Parlamento fosse incompleto e, in secondo luogo, che il diniego di accesso ai documenti richiesti fosse ingiustificato.

7        Nella decisione impugnata, il Parlamento ha indicato, innanzitutto, che i documenti individuati nella sua decisione del 14 settembre 2020 rappresentavano tutti i documenti in suo possesso corrispondenti alla domanda della ricorrente. Il Parlamento ha poi confermato il suo diniego di accesso ai documenti richiesti sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 relativo alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile.

8        Il Parlamento ha ricordato che, poiché la Commissione era l’autrice dei documenti richiesti, esso l’aveva consultata in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, al fine di ottenere la sua opinione riguardo ad un’eventuale divulgazione di tali documenti. La Commissione aveva informato il Parlamento che la divulgazione dei documenti richiesti avrebbe pregiudicato le indagini e gli audit in corso relativi ad alcune questioni sollevate nella risoluzione e avrebbe compromesso l’integrità dei loro risultati.

9        Il Parlamento ha ritenuto che i documenti richiesti fossero stati redatti dalla Commissione nell’ambito di un’indagine in corso riguardante un’eventuale violazione, da parte della Repubblica ceca, del diritto dell’Unione europea relativo alla prevenzione dei conflitti di interessi e che la loro divulgazione avrebbe pregiudicato l’obiettivo di tale indagine.

10      Da un lato, il Parlamento ha indicato che l’obiettivo delle indagini della Commissione riguardanti potenziali violazioni del diritto dell’Unione era quello di dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza di tale diritto e di esercitare i suoi diritti della difesa nei confronti delle obiezioni formulate dalla Commissione. Esso ha ritenuto che lo Stato membro interessato fosse legittimato ad attendersi dalla Commissione il rispetto della riservatezza, altrimenti si sarebbe potuto rivelare ancora più difficile avviare un dialogo tra la Commissione e tale Stato membro diretto a porre fine all’asserita infrazione, per consentire il rispetto del diritto dell’Unione ed evitare un procedimento giudiziario. Esso ha ritenuto che la riservatezza giustificasse un diniego di accesso ai documenti relativi alle indagini della Commissione che avrebbero potuto eventualmente condurre ad una procedura di infrazione del diritto dell’Unione.

11      Dall’altro lato, il Parlamento ha rilevato che, come indicato nella risoluzione, gli inquirenti e i soggetti interessati all’indagine sembravano essere circondati da un clima di minacce. Pertanto, esso ha ritenuto che la pubblicazione prematura dei documenti richiesti avrebbe avuto un’incidenza negativa sul livello di cooperazione tra gli inquirenti e i soggetti interessati, che sarebbero stati esposti a pressioni aggiuntive da parte di terzi, e avrebbe compromesso la capacità della Commissione di condurre la sua indagine nel modo più efficace.  Inoltre, sarebbe stata altresì compromessa la qualità delle informazioni che gli inquirenti avrebbero potuto raccogliere.

12      Per tali motivi, il Parlamento ha ritenuto che un accesso pubblico ai documenti richiesti avrebbe messo in pericolo l’obiettivo dell’indagine della Commissione.

13      Infine, esso ha rilevato che i diritti della difesa della ricorrente, invocati da quest’ultima nella sua domanda di conferma, costituivano un interesse privato e non un interesse pubblico prevalente. Esso ha sostenuto che, nel caso di specie, non era stato dimostrato che l’interesse pubblico a che i documenti richiesti fossero accessibili prevalesse sull’interesse a tutelare l’obiettivo dell’indagine della Commissione.

 Sui fatti successivi alla presentazione del presente ricorso

14      Il 23 aprile 2021 la Commissione ha pubblicato, sul suo sito Internet, la relazione finale di audit in una versione in cui i dati relativi al funzionamento interno dei fondi fiduciari AB Private Trust I e AB Private Trust II nonché dei dati personali degli individui interessati erano stati espunti.

15      Sul suo sito Internet, la Commissione ha indicato quanto segue:

«Dopo l’adozione della relazione finale di audit, sono stati compiuti alcuni progressi per chiarire talune conclusioni dell’audit (...), per attuare correttamente le raccomandazioni dell’audit (...) o per rispondere parzialmente ad altre. Le autorità ceche hanno inoltre apportato alcuni miglioramenti al sistema di gestione e controllo per attenuare i potenziali conflitti di interessi dei pubblici ufficiali.

Tenuto conto delle misure precauzionali adottate dalle autorità del programma su richiesta della Commissione, non è stata dichiarata alcuna spesa per le operazioni interessate dai risultati dell’audit, ed i fondi UE restano protetti contro i rischi individuati nel corso dell’audit.

“Avvertenza”: In linea di principio, la Commissione non pubblica le proprie relazioni di audit né le informazioni relative all’audit, salvo che in situazioni eccezionali come quelle in cui la trasparenza dell’informazione presenti un rilevante interesse pubblico. La presente relazione finale di audit è pubblicata tenendo conto delle esigenze relative alla tutela di talune informazioni, quali i dati personali o i segreti commerciali, conformemente al regolamento n. 1049/2001».

 Conclusioni delle parti

16      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il Parlamento alle spese.

17      Il Parlamento, sostenuto dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce due motivi, vertenti, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Il primo motivo verte sul fatto che il Parlamento non avrebbe dimostrato che fossero state rispettate le condizioni di diniego di accesso ai documenti richiesti. Il secondo motivo verte sul fatto che il Parlamento non avrebbe tenuto conto dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente che sarebbe stato atto a giustificare la divulgazione dei documenti richiesti.

 Sulla domanda di ritiro dal fascicolo di vari documenti prodotti in allegato al ricorso

19      La Commissione chiede che taluni documenti contenuti negli allegati da A.10 ad A.12 del ricorso siano esclusi dal fascicolo. Si tratta del progetto di relazione di audit del 20 maggio 2019, della relazione finale di audit e della lettera di follow-up dell’audit del 22 ottobre 2020 (in prosieguo: la «lettera di follow-up»), relativamente ai quali la Commissione afferma di non aver autorizzato la divulgazione integrale.

20      La Commissione rileva che le società figlie della ricorrente hanno avuto accesso ad una parte della lettera di follow-up ai fini di un procedimento amministrativo nazionale relativo alla concessione di sovvenzioni. La Commissione indica che, su richiesta del Městský soud v Praze (Corte regionale di Praga capitale, Repubblica ceca), il 4 febbraio 2021 essa ha accettato che una delle società del gruppo Agrofert avesse accesso al progetto di relazione di audit e alla relazione finale di audit, ma solo ai fini del procedimento giudiziario nazionale. Essa sottolinea di aver pubblicato, il 23 aprile 2021, la relazione finale di audit in una versione in cui erano stati espunti i dati relativi al funzionamento interno dei fondi fiduciari AB Private Trust I e AB Private Trust II nonché i dati personali degli individui interessati.

21      Essa ritiene, pertanto, che il mantenimento dei suddetti tre documenti nel fascicolo della presente causa consentirebbe alla ricorrente di eludere, da un lato, l’obbligo di riservatezza da essa formulato al momento della comunicazione di tali documenti in forza della leale cooperazione e, dall’altro, la procedura di domanda di accesso ai documenti prevista dal regolamento n. 1049/2001.

22      La ricorrente fa valere che i documenti contenuti negli allegati da A.10 ad A.12 del ricorso sono quelli che sono stati pubblicati nei media cechi e che sono ancora consultabili su Internet. Non si tratterebbe quindi di documenti che la Commissione avrebbe comunicato in regime di riservatezza alla ricorrente o a una delle sue società figlie, che hanno parimenti prodotto la relazione finale di audit come pubblicata sulla stampa nell’ambito dei loro ricorsi dinanzi al Tribunale registrati con i numeri di causa T‑101/21 e T‑213/21.

23      Occorre ricordare che il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello del libero apprezzamento delle prove, da cui deriva che la ricevibilità di un elemento di prova prodotto in tempo utile può essere contestata dinanzi ai giudici dell’Unione solo basandosi sul fatto che quest’ultimo è stato ottenuto in modo irregolare (v. sentenza del 30 settembre 2021, Corte dei conti/Pinxten, C‑130/19, EU:C:2021:782, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

24      Al riguardo, si deve rilevare che né l’eventuale carattere riservato dei documenti in questione né il fatto che essi siano stati eventualmente ottenuti in modo irregolare ostano a che tali documenti vengano mantenuti agli atti. Infatti, non esiste alcuna disposizione che preveda espressamente il divieto di tenere conto di prove illecitamente ottenute (v. sentenza dell’8 novembre 2018, QB/BCE, T‑827/16, EU:T:2018:756, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

25      Nel caso di specie, è pacifico che la Commissione non ha autorizzato la divulgazione delle versioni integrali dei documenti contenuti negli allegati da A.10 ad A.12 del ricorso.

26      In primo luogo, poiché le versioni di tali documenti sono quelle pubblicate su Internet dalla stampa ceca, non è dimostrato che la ricorrente si sia procurata illegittimamente tali documenti. Pertanto, la Commissione non può sostenere che la ricorrente li produca in violazione dell’obbligo di riservatezza derivante dal fatto che essi le sarebbero stati comunicati nell’ambito di un procedimento giudiziario nazionale.

27      A tale riguardo, occorre rilevare che la riservatezza dei documenti in questione è stata, in ogni caso, compromessa da detta pubblicazione su Internet, cosicché il loro inserimento nel fascicolo del presente procedimento non reca ulteriore pregiudizio alla suddetta riservatezza (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2015, Dalli/Commissione, T‑562/12, EU:T:2015:270, punto 50).

28      In secondo luogo, la Commissione, per sostenere che il mantenimento di tali documenti nel fascicolo del presente procedimento costituirebbe un’elusione della procedura di domanda di accesso ai documenti prevista dal regolamento n. 1049/2001, si limita a menzionare l’ordinanza del 14 maggio 2019, Ungheria/Parlamento (C‑650/18, non pubblicata, EU:C:2019:438, punto 14), la sentenza del 31 gennaio 2020, Slovenia/Croazia (C‑457/18, EU:C:2020:65, punto 68), nonché l’ordinanza del 17 dicembre 2020, Wagenknecht/Commissione (T‑350/20, non pubblicata, EU:T:2020:635, punto 19).

29      Orbene, secondo la giurisprudenza invocata dalla Commissione, la Corte e il Tribunale hanno ritenuto che, invocando e producendo, nell’ambito di un ricorso, un parere giuridico proveniente dal servizio giuridico di un’istituzione dell’Unione contenente una valutazione giuridica su questioni di diritto rilevanti riguardo all’oggetto del ricorso, la ricorrente intendesse porre tale istituzione di fronte a tale parere giuridico nel procedimento. Essi hanno ritenuto che autorizzare il mantenimento di tale parere giuridico nel fascicolo della causa, nonostante che la sua divulgazione non fosse stata autorizzata dall’istituzione interessata, sarebbe equivalso a consentire alla ricorrente di eludere la procedura di domanda di accesso a un siffatto documento, istituita dal regolamento n. 1049/2001.

30      Occorre rilevare che, da un lato, le decisioni citate al precedente punto 28 riguardavano la produzione, nell’ambito di un procedimento giurisdizionale, di un parere proveniente dal servizio giuridico di un’istituzione dell’Unione, vale a dire di un documento destinato ad un uso interno. Dall’altro lato, in tali pronunce, la giustificazione del diniego di inserire il documento nel fascicolo si basava sul fatto che l’istituzione in questione sarebbe stata indotta a prendere pubblicamente posizione sul contenuto di tale documento nell’ambito di un ricorso, circostanza che avrebbe potuto compromettere l’interesse delle istituzioni a richiedere pareri giuridici e ad ottenere pareri franchi, obiettivi e completi.

31      Si deve necessariamente constatare che tale giurisprudenza non è applicabile nel caso di specie.

32      Nel caso di specie, infatti, i documenti prodotti negli allegati da A.10 ad A.12 del ricorso non sono documenti interni né del Parlamento né della Commissione. Inoltre, dato che l’oggetto del presente ricorso riguarda la legittimità della decisione del Parlamento che nega l’accesso ad alcuni documenti, non si tratta, nel caso di specie, di chiedere al Parlamento o alla Commissione di prendere posizione sul contenuto dei documenti prodotti negli allegati da A.10 ad A.12 del ricorso, ossia sull’audit realizzato da quest’ultima o sull’esistenza di conflitti di interessi in Repubblica ceca.

33      Non può essere, pertanto, accolta la domanda della Commissione diretta ad ottenere che i documenti prodotti dalla ricorrente quali allegati da A.10 ad A.12 del ricorso siano ritirati dal fascicolo.

 Sulla perdita parziale dellinteresse ad agire della ricorrente

34      La ricorrente fa valere che essa conserva un interesse ad agire anche dopo la pubblicazione parziale della relazione finale di audit, in quanto tale circostanza non influisce sulla questione se il Parlamento avesse adottato la decisione impugnata conformemente alla normativa applicabile. Secondo la giurisprudenza, non si può ritenere che l’istituzione interessata abbia adempiuto il proprio obbligo di concedere l’accesso ad un documento per il solo fatto che tale documento è stato divulgato da un terzo. La ricorrente rileva altresì che la Commissione ha pubblicato solo una parte della relazione finale di audit e non la sua versione integrale.

35      Il Parlamento rileva che, in seguito alla pubblicazione da parte della Commissione della relazione finale di audit, si pone la questione se la ricorrente abbia ancora un interesse ad agire dal momento che la sua domanda di annullamento verte sul diniego di accesso a tale relazione e indica di rimettersi alla decisione del Tribunale. Esso aggiunge che la giurisprudenza citata dalla ricorrente non è pertinente in quanto, nel caso di specie, la relazione finale di audit è stata pubblicata dal suo autore, ossia la Commissione.

36      La Commissione fa valere che la pubblicazione parziale della relazione finale di audit è conforme agli obiettivi del regolamento n. 1049/2001 e priva il primo motivo di ricorso del suo oggetto per quanto riguarda tale relazione.

37      Nel caso di specie, è pacifico che la ricorrente aveva un interesse ad agire quando ha proposto il presente ricorso il 31 marzo 2021.

38      Orbene, successivamente alla proposizione del presente ricorso, il 23 aprile 2021, la Commissione ha pubblicato, sul suo sito Internet, la relazione finale di audit in una versione in cui erano stati espunti i dati relativi al funzionamento interno dei fondi fiduciari AB Private Trust I e AB Private Trust II nonché i dati personali degli individui interessati.

39      Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, l’interesse ad agire di un ricorrente deve sussistere, alla luce dell’oggetto del ricorso, al momento della proposizione di quest’ultimo, a pena di irricevibilità. Tale oggetto della controversia deve permanere, al pari dell’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione giurisdizionale, a pena di un non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v. sentenze del 30 aprile 2020, Izba Gospodarcza Producentów i Operatorów Urządzeń Rozrywkowych/Commissione, C‑560/18 P, EU:C:2020:330, punto 38 e giurisprudenza ivi citata, e del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

40      Si deve rilevare che, benché la relazione finale di audit sia stata pubblicata dalla Commissione in una versione in cui alcuni dati erano espunti, la decisione impugnata non è stata formalmente ritirata dal Parlamento, sicché la controversia, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, ha mantenuto il suo oggetto (v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

41      Si deve, tuttavia, considerare che, per effetto di tale pubblicazione, la ricorrente ha perso il suo interesse a chiedere l’annullamento del diniego del Parlamento d’accesso a tale documento, fondato sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

42      Infatti, con la pubblicazione della relazione finale di audit su Internet, la Commissione ha reso tale documento accessibile al pubblico.

43      Orbene, è opportuno rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, conformemente al suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento di creare un’Unione in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. Come ricorda il considerando 2 di detto regolamento, il diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni è connesso al carattere democratico di queste ultime (v. sentenza del 22 marzo 2018, De Capitani/Parlamento, T‑540/15, EU:T:2018:167, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Il regolamento n. 1049/2001 si propone di fornire un diritto di accesso del pubblico in generale ai documenti delle istituzioni e non di stabilire norme dirette a tutelare l’interesse specifico alla consultazione di uno di questi che un soggetto potrebbe avere (sentenza del 1º febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 43).

44      Ciò risulta, come rilevato dalla Corte, in particolare dall’articolo 2, paragrafo 1, dall’articolo 6, paragrafo 1, e dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 nonché dal titolo e dai considerando 4 e 11 di tale regolamento. La prima di tali disposizioni garantisce, infatti, il diritto di accesso senza distinzioni a qualsiasi cittadino dell’Unione e a qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, mentre la seconda di tali disposizioni specifica a tale riguardo che il richiedente non è tenuto a motivare la domanda. La terza disposizione citata, prevede che, per quanto possibile, le istituzioni rendono «direttamente» accessibili al pubblico i documenti sotto forma elettronica o attraverso un registro. Il titolo del medesimo regolamento nonché i considerando 4 e 11 di quest’ultimo sottolineano altresì che tale regolamento mira a rendere i documenti delle istituzioni accessibili al «pubblico» (sentenza del 1º febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 44).

45      Occorre anche ricordare che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001, i beneficiari del diritto di accesso ai documenti delle istituzioni sono «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro». Ne risulta che tale regolamento è destinato a garantire l’accesso di tutti ai documenti e non soltanto l’accesso del richiedente ai documenti che lo concernono (sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 136, e del 12 maggio 2015, Technion e Technion Research & Development Foundation/Commissione, T‑480/11, EU:T:2015:272, punto 74).

46      Ne deriva che, a seguito della pubblicazione della relazione finale di audit, il diniego, da parte del Parlamento, di accesso a tale documento sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non ha più effetto poiché l’autore del documento, la Commissione, ha deciso di renderlo accessibile al pubblico.

47      Occorre constatare che, in caso di annullamento della decisione impugnata nella parte in cui ha negato l’accesso alla relazione finale di audit, il Parlamento, in una nuova decisione relativa alla domanda di accesso della ricorrente, potrebbe soltanto constatare che tale documento è divenuto pubblico per effetto della sua pubblicazione da parte della Commissione. Orbene, l’annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui nega l’accesso della ricorrente alla relazione finale di audit, non comporterebbe alcuna conseguenza aggiuntiva rispetto alla divulgazione di tale documento e non potrebbe procurare alcun beneficio alla ricorrente.

48      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non ha pubblicato la versione integrale della relazione finale di audit.

49      Occorre ricordare, infatti, che una domanda di accesso ad un documento sulla base del regolamento n. 1049/2001 ha l’effetto di rendere tale documento accessibile al pubblico e quindi può condurre solo alla divulgazione della versione pubblica di tale documento.

50      A tale riguardo, si deve rilevare che la Commissione, quando ha pubblicato la relazione finale di audit sul suo sito Internet, ha indicato quanto segue «[l]a presente relazione finale di audit è pubblicata nel rispetto delle prescrizioni in materia di protezione di alcune informazioni, quali i dati personali o i segreti commerciali, conformemente al regolamento n. 1049/2001».

51      Ne consegue che la decisione della Commissione di non rendere accessibili al pubblico taluni dati contenuti nella relazione finale di audit non è fondata sull’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile.

52      L’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui il Parlamento ha negato l’accesso alla relazione finale di audit sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non può, pertanto, avere l’effetto di rendere pubblici tali dati. Il Parlamento, non essendo l’autore della relazione finale di audit, non potrebbe andare oltre la divulgazione concessa dalla Commissione, autrice di tale documento.

53      Di conseguenza, per effetto della pubblicazione della relazione finale di audit, la ricorrente ha ottenuto il solo beneficio che avrebbe potuto procurarle il suo ricorso, dal momento che quest’ultimo si riferisce al diniego di accesso a tale documento sulla base dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

54      Occorre, peraltro rilevare che, per dimostrare la persistenza del suo interesse ad ottenere l’annullamento del diniego di accesso alla relazione finale di audit, la ricorrente non può utilmente invocare il punto 45 della sentenza del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento (C‑761/18 P, EU:C:2021:52), secondo cui «non può ritenersi che l’istituzione interessata abbia soddisfatto il suo obbligo di concedere l’accesso a un documento per il semplice fatto che tale documento è stato divulgato da un terzo e che il richiedente ne ha preso conoscenza».

55      Tale giurisprudenza non è, infatti, applicabile al caso di specie, in quanto la divulgazione della relazione finale di audit risulta dalla sua pubblicazione in Internet da parte della Commissione, ossia l’istituzione che ne è l’autrice.

56      Il fatto che la ricorrente abbia scelto di chiedere l’accesso alla relazione finale di audit al Parlamento e non all’istituzione che ne è l’autrice non può condurre a ritenere che la pubblicazione di tale documento da parte della Commissione costituisca una divulgazione da parte di un «terzo».

57      A tale riguardo, occorre rilevare che, al punto 46 della sentenza del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento (C‑761/18 P, EU:C:2021:52), su cui si è fondata la ricorrente, la Corte ha considerato che, contrariamente alla situazione in cui l’istituzione in questione abbia essa stessa divulgato un documento, consentendo così al richiedente di prenderne conoscenza e di farne uso legittimamente, avendo nel contempo la certezza dell’esaustività e dell’integrità del documento stesso, non può ritenersi che un documento divulgato da un terzo rappresenti un documento ufficiale, ovvero esprima la posizione ufficiale di un’istituzione, se non vi è un’approvazione univoca da parte di tale istituzione, secondo la quale ciò che è stato reperito proviene effettivamente dalla stessa e ne esprime la posizione ufficiale.

58      La Corte ha quindi dichiarato che, in una situazione in cui la ricorrente aveva ottenuto soltanto l’accesso al documento controverso divulgato da un terzo e in cui il Parlamento continuava a negarle l’accesso al documento richiesto, non si poteva considerare che la ricorrente avesse ottenuto accesso a quest’ultimo documento, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, né che, pertanto, essa avesse perso il suo interesse a chiedere l’annullamento della decisione controversa per il semplice fatto che fosse intervenuta tale divulgazione. Al contrario, in una situazione siffatta, la ricorrente conservava un reale interesse ad ottenere l’accesso ad una versione autenticata del documento richiesto, ai sensi dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, del regolamento citato, che garantisse che detta istituzione ne fosse l’autrice e che tale documento esprimesse la posizione ufficiale di quest’ultima (sentenza del 21 gennaio 2021, Leino-Sandberg/Parlamento, C‑761/18 P, EU:C:2021:52, punto 48).

59      Ebbene, nel caso di specie la situazione è differente. La pubblicazione della relazione finale di audit da parte della Commissione, che ne è l’autrice, garantisce che la ricorrente abbia avuto accesso alla versione autenticata del documento.

60      Ne consegue che, poiché la ricorrente non ha più interesse ad agire per quanto riguarda la domanda di annullamento della decisione impugnata nella parte in cui il Parlamento ha negato l’accesso alla relazione finale di audit, non occorre più statuire su tale domanda.

61      Il presente ricorso deve essere, pertanto, inteso come una domanda di annullamento parziale della decisione impugnata nella parte in cui il Parlamento ha negato alla ricorrente l’accesso alla lettera della Commissione.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in quanto il Parlamento non avrebbe dimostrato che fossero state rispettate le condizioni per il diniego di accesso alla lettera della Commissione

62      La ricorrente sostiene che il Parlamento non poteva fondare il suo diniego di accesso alla lettera della Commissione sull’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 sostenendo che la sua divulgazione avrebbe compromesso l’obiettivo dell’indagine in corso, in quanto, in primo luogo, l’indagine di audit aveva già raggiunto il suo obiettivo e, in secondo luogo, poiché, in ogni caso, il Parlamento non ha dimostrato che la sua divulgazione avrebbe potuto arrecare pregiudizio a tale indagine.

63      È opportuno ricordare che dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001 risulta che la politica di trasparenza consente di conferire alle istituzioni dell’Unione una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico. A tal fine, l’articolo 1 del citato regolamento prevede che quest’ultimo miri a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione che sia il più ampio possibile. Risulta altresì dall’articolo 4 del summenzionato regolamento, il quale istituisce un regime di eccezioni al riguardo, che il diritto di accesso di cui sopra è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (v. sentenze del 22 gennaio 2020, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA, C‑178/18 P, EU:C:2020:24, punti da 50 a 52 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 maggio 2020, Campbell/Commissione, T‑701/18, EU:T:2020:224, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

64      Dal momento che tali eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (v. sentenze del 22 gennaio 2020, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA, C‑178/18 P, EU:C:2020:24, punto 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 maggio 2020, Campbell/Commissione, T‑701/18, EU:T:2020:224, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

65      Tra le eccezioni al diritto di accesso ai documenti compare quella enunciata all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ai sensi del quale le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

66      A titolo preliminare, occorre rilevare che la valutazione della fondatezza dell’applicazione di una delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 deve essere effettuata con riferimento ai fatti esistenti alla data di adozione della decisione che nega l’accesso ai documenti sulla base di tale eccezione. Infatti, risulta da costante giurisprudenza della Corte che la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in funzione della situazione in fatto e in diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato (v. sentenze dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356, punto 63 e giurisprudenza ivi citata, e del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

67      Nel caso di specie, la data del 15 gennaio 2021, in cui è stata adottata la decisione impugnata, è la sola pertinente nella fattispecie per quanto riguarda la questione se l’eccezione fondata sull’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 fosse giustificata. Pertanto, poiché la pubblicazione della relazione finale di audit sul sito Internet della Commissione, il 23 aprile 2021, è successiva all’adozione della decisione impugnata, essa non è pertinente ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata.

68      Occorre, pertanto, respingere in quanto inoperanti gli argomenti della ricorrente, dedotti nella replica, secondo i quali la pubblicazione della relazione finale di audit da parte della Commissione confermerebbe la fondatezza del suo ricorso, in quanto quest’ultima, con la divulgazione della relazione finale di audit, avrebbe ammesso che non era più possibile arrecare pregiudizio agli obiettivi della sua attività di indagine e di revisione contabile.

 Sulla prima parte del primo motivo di ricorso, relativa al fatto che l’indagine aveva già raggiunto il suo obiettivo

69      La ricorrente fa valere che il Parlamento non poteva negarle l’accesso alla lettera della Commissione per il motivo che la sua divulgazione avrebbe potuto arrecare pregiudizio agli obiettivi dell’indagine in corso, visto che l’indagine di revisione contabile aveva già raggiunto il suo obiettivo.

70      Essa ritiene che l’indagine, menzionata dal Parlamento, sia un’indagine di audit avviata dalla direzione generale della politica regionale e urbana e dalla direzione generale per l’occupazione, gli affari sociali e l’inclusione della Commissione, il cui obiettivo è quello di controllare la conformità dei sistemi di gestione e di controllo attuati in Repubblica ceca con il quadro normativo relativo alla prevenzione dei conflitti di interessi.

71      La ricorrente sostiene che, alla data dell’adozione da parte della Commissione della lettera di follow-up, il procedimento d’indagine era terminato, che la realizzazione degli obiettivi della revisione contabile non poteva più essere pregiudicata e che quindi l’eccezione non era più applicabile. La ricorrente afferma che, secondo tale lettera di follow-up, erano state chiarite le conclusioni dell’audit, erano state attuate alcune raccomandazioni dell’audit e altre erano ancora aperte. Essa sostiene che, a tale data, conformemente all’articolo 75, paragrafi 1 e 3, del regolamento n. 1303/2013, la Commissione si era accertata del modo in cui funzionavano i sistemi di gestione e di controllo istituiti dalla Repubblica ceca e aveva chiesto alle autorità ceche di adottare i provvedimenti che riteneva necessari.

72      L’audit avrebbe pertanto raggiunto il suo obiettivo, in quanto avrebbe consentito alla Commissione di presentare le sue conclusioni e di formulare le sue raccomandazioni. Quest’ultima avrebbe indicato, in una lettera inviata alla ricorrente il 22 ottobre 2020, che «in questa fase del procedimento, dopo l’adozione della relazione finale di audit, è compito delle autorità del programma [di sovvenzione] competenti attuare le raccomandazioni». Orbene, secondo la ricorrente, l’attuazione delle raccomandazioni formulate nell’ambito dell’audit non può essere considerata un’«indagine in corso». Un’interpretazione restrittiva dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non consentirebbe di includervi un mero controllo dell’attuazione delle raccomandazioni già adottate.

73      È opportuno rilevare che l’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 che, come ogni eccezione al diritto di accesso ai documenti, deve essere interpretato e applicato in modo restrittivo, non è inteso a tutelare le attività di indagine in quanto tali, ma l’obiettivo di tali attività (v. sentenza del 5 aprile 2017, Francia/Commissione T‑344/15, EU:T:2017:250, punto 83 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, tale disposizione è applicabile solo se la divulgazione dei documenti di cui trattasi rischia di mettere in pericolo il completamento delle attività ispettive, di indagine o di revisione contabile (sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 109, e del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 43).

74      Certamente, i diversi atti di indagine o di ispezione possono continuare a beneficiare dell’eccezione fondata sulla tutela delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile finché proseguono le attività di indagine o ispettive, anche se l’indagine o l’ispezione particolare che ha dato luogo al rapporto cui si chiede l’accesso è terminata (v. sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 110 e la giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

75      Tuttavia, ammettere che ai diversi documenti relativi ad attività ispettive, di indagine o di revisione contabile si applichi l’eccezione fondata sull’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 finché non sia stabilito il seguito da dare a tali procedimenti equivarrebbe a sottoporre l’accesso a tali documenti ad un evento aleatorio, futuro ed eventualmente lontano, dipendente dalla celerità e dalla diligenza delle varie autorità. Una soluzione siffatta si scontrerebbe con l’obiettivo consistente nel garantire l’accesso del pubblico ai documenti relativi ad eventuali irregolarità commesse nella gestione degli interessi finanziari, allo scopo di dare ai cittadini la possibilità di controllare in maniera più effettiva la legittimità dell’esercizio del potere pubblico (v. sentenze del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punti 111 e 112 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 45 e giurisprudenza ivi citata)

76      Occorre quindi verificare se, al momento dell’adozione della decisione impugnata, fossero ancora in corso attività ispettive e di indagine che avrebbero potuto esser messe in pericolo dalla divulgazione della lettera della Commissione e se tali attività siano state proseguite entro un termine ragionevole (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 113; v., altresì, sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

77      Da quanto sopra enunciato consegue che l’eccezione al diritto di accesso prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 può essere dichiarata applicabile ad una relazione di audit la cui divulgazione metterebbe a repentaglio attività ispettive o di inchiesta che fossero ancora in corso, entro un termine ragionevole, sulla base del suo contenuto (sentenza del 7 giugno 2011, Toland/Parlamento, T‑471/08, EU:T:2011:252, punto 47)

78      Occorre constatare che, nella decisione impugnata, il Parlamento ha rilevato che «[f]inché l’indagine [era] in corso, po[tevano] essere oggetto di tale eccezione vari atti di indagine, ad esempio un particolare audit che ha dato luogo a una relazione di audit». Il Parlamento ha considerato che «[i] documenti in questione [erano] stati elaborati dalla Commissione nell’ambito di un’indagine in corso riguardante una possibile violazione, da parte della Repubblica ceca, del diritto dell’Unione europea in materia di prevenzione dei conflitti di interessi» e che «[l]a divulgazione pubblica di tali documenti [avrebbe potuto compromettere] l’obiettivo di [tale] indagine».

79      Nel caso di specie, la Commissione ha svolto un audit relativo al funzionamento dei sistemi di gestione e di controllo istituiti in Repubblica ceca per evitare conflitti di interessi sulla base, in particolare, dell’articolo 75 del regolamento n. 1303/2013.

80      A tal riguardo, l’articolo 75, paragrafo 1, del regolamento n. 1303/2013 prevede che la Commissione accerti, sulla base delle informazioni disponibili, compresi gli audit effettuati da organismi dell’Unione, che gli Stati membri abbiano predisposto sistemi di gestione e di controllo conformi a tale regolamento e alle norme specifiche di ciascun fondo strutturale e di investimento europeo (in prosieguo: i «fondi SIE»), e che tali sistemi funzionino in modo efficace durante l’attuazione dei programmi. Ai sensi dell’articolo 75, paragrafo 2, di tale regolamento, i funzionari della Commissione o suoi rappresentanti autorizzati possono svolgere audit che possono avere ad oggetto, in particolare, la verifica dell’efficace funzionamento dei sistemi di gestione e controllo di un programma o di parte dello stesso, delle operazioni e la valutazione della sana gestione finanziaria delle operazioni o dei programmi. A norma dell’articolo 75, paragrafo 3, dello stesso regolamento, la Commissione può chiedere a uno Stato membro di adottare i provvedimenti necessari per garantire l’efficace funzionamento dei sistemi di gestione e controllo o la regolarità delle spese conformemente alle norme specifiche dei fondi SIE.

81      Inoltre, l’articolo 144 del regolamento n. 1303/2013, che enuncia i criteri per le rettifiche finanziarie, prevede che la Commissione proceda a rettifiche finanziarie, sopprimendo in tutto o in parte il contributo dell’Unione a un programma operativo qualora, effettuate le necessarie verifiche, essa concluda, in particolare, che vi sia una grave carenza nell’efficace funzionamento del sistema di gestione e di controllo del programma operativo, tale da compromettere il contributo dell’Unione già versato al programma operativo. Secondo la procedura prevista all’articolo 145 del regolamento n. 1303/2013, prima di decidere in merito a una rettifica finanziaria, la Commissione avvia la procedura comunicando allo Stato membro le conclusioni provvisorie del suo esame e invitandolo a trasmettere osservazioni entro un termine di due mesi. Tale articolo descrive la procedura di dialogo tra la Commissione e lo Stato membro interessato e prevede, in particolare al suo paragrafo 4, che, se lo Stato membro non accetta le conclusioni provvisorie della Commissione, esso sia da questa convocato per un’audizione, in modo che tutte le informazioni e osservazioni pertinenti siano a disposizione della Commissione ai fini delle conclusioni in merito all’applicazione della rettifica finanziaria. Inoltre, l’articolo 145, paragrafo 6, del medesimo regolamento dispone che, per applicare le rettifiche finanziarie la Commissione adotta una decisione, mediante atti di esecuzione, entro un termine di sei mesi dalla data dell’audizione, o dalla data di ricevimento di informazioni aggiuntive, ove lo Stato membro convenga di presentarle successivamente all’audizione, e che essa tiene conto di tutte le informazioni fornite e delle osservazioni formulate durante la procedura. Inoltre, l’articolo 145, paragrafo 7, del regolamento n. 1303/2013 prevede, in particolare che, se nell’espletamento delle sue prerogative di cui all’articolo 75 dello stesso regolamento la Commissione rileva irregolarità che dimostrino una carenza grave nell’efficace funzionamento dei sistemi di gestione e di controllo, le conseguenti rettifiche finanziarie riducano il sostegno dei fondi SIE al programma operativo.

82      A tal riguardo, la ricorrente sostiene erroneamente che l’obiettivo dell’articolo 75 del regolamento n. 1303/2013 sarebbe stato raggiunto con l’adozione della lettera di follow-up, in quanto la Commissione si sarebbe accertata del modo in cui funzionano i sistemi di controllo e di gestione in Repubblica ceca e avrebbe chiesto alle autorità ceche di adottare le misure necessarie per garantire tale funzionamento. Infatti, l’obiettivo dell’audit in questione, condotto sulla base di tale articolo, è che la Commissione si assicuri della conformità dei sistemi di controllo e di gestione esistenti in Repubblica ceca con il diritto dell’Unione e, a tal fine, essa può chiedere alle autorità ceche di adottare le misure necessarie.

83      Come rileva il Parlamento, l’obiettivo dell’attività di indagine della Commissione non può essere limitato alla sola analisi, da parte della Commissione, dei sistemi istituiti dalla Repubblica ceca. Infatti, l’attuazione da parte dello Stato delle raccomandazioni formulate dalla Commissione nell’ambito dell’audit costituisce una tappa per la realizzazione dell’obiettivo dell’indagine, volto ad assicurare la conformità dei sistemi di controllo e di gestione di uno Stato membro con il diritto dell’Unione.

84      Dalle disposizioni menzionate ai precedenti punti 80 e 81 e dalla struttura generale del regolamento n. 1303/2013 risulta che l’elaborazione di una relazione finale di audit e l’invio di tale relazione, che contiene raccomandazioni relative alle azioni da intraprendere, pongono fine soltanto ad una fase del procedimento, ossia la fase di audit, e danno inizio ad una fase di scambio di opinioni con lo Stato membro interessato in merito alle azioni in questione (ordinanza del 16 settembre 2019, Polonia/Commissione, T‑703/18, non pubblicata, EU:T:2019:628, punto 53).

85      Tale fase di scambio di opinioni ha lo scopo di consentire allo Stato membro interessato di fornire informazioni supplementari che potrebbero modificare le valutazioni contenute nella relazione finale di audit, di intraprendere, se del caso, le azioni raccomandate dalla Commissione, o ancora di proporre azioni alternative (ordinanza del 16 settembre 2019, Polonia/Commissione, T‑703/18, non pubblicata, EU:T:2019:628, punto 54).

86      Detta interpretazione è applicabile anche alla lettera di follow-up in cui la Commissione si accerta del seguito dato alle raccomandazioni formulate nella relazione finale di audit e che dà altresì inizio ad una fase di scambio di opinioni con lo Stato membro.

87      Orbene, nel caso di specie, occorre constatare che la ricorrente riconosce che, nella lettera di follow-up, alcune raccomandazioni restavano aperte. Pertanto, alla data di adozione della lettera di follow-up, per quanto riguarda le raccomandazioni formulate nella relazione finale di audit rimaste aperte, le autorità ceche potevano ancora presentare osservazioni allo scopo di rispondere a tali raccomandazioni.

88      Conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti 73 e 74, la tutela degli obiettivi delle attività di indagine garantita dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non termina né con l’adozione della relazione finale di audit né con l’adozione della lettera di follow-up della Commissione. La fase di scambio di opinioni con lo Stato membro in merito alle raccomandazioni della Commissione che permangono aperte fa parte delle attività di indagine comprese in tale eccezione.

89      Ne consegue che la ricorrente sostiene erroneamente, da un lato, che l’audit avesse raggiunto il suo obiettivo in ragione del fatto che la Commissione aveva presentato le sue conclusioni e formulato le sue raccomandazioni nella lettera di follow-up e, dall’altro, che l’attuazione da parte delle autorità ceche delle raccomandazioni, contenute nella relazione finale di audit e nella lettera di follow-up, nonché il controllo da parte della Commissione di tale attuazione, non facessero parte dell’indagine in corso.

90      Da quanto precede risulta che la ricorrente non può sostenere che, a seguito dell’adozione da parte della Commissione della lettera di follow-up, l’audit avesse raggiunto il suo obiettivo e non costituisse più un’indagine in corso.

91      La ricorrente fa altresì valere che ritenere che la procedura di audit prevista all’articolo 75 del regolamento n. 1303/2013 includa un numero non definito a priori di scambi di opinioni tra la Commissione e lo Stato membro interessato, che possono proseguire fintantoché le conclusioni e le raccomandazioni contenute nella relazione di audit possano essere modificate, avrebbe come conseguenza che la divulgazione della lettera della Commissione sarebbe soggetta all’esistenza di un evento aleatorio, futuro e potenzialmente molto remoto, dipendente dalla diligenza delle autorità interessate. Essa sostiene che la conclusione del dialogo tra lo Stato membro interessato e la Commissione non sarebbe formalizzato dal regolamento n. 1303/2013 e dipenderebbe dalla volontà della Commissione. In applicazione della giurisprudenza menzionata al precedente punto 75, tale interpretazione illimitata della nozione di audit sarebbe contraria all’obiettivo del regolamento n. 1049/2001.

92      Dalla giurisprudenza risulta che il Parlamento è legittimato a invocare la presunzione generale di pregiudizio agli obiettivi delle attività di indagine, ispettive e di revisione contabile per negare la divulgazione di documenti relativi a un’indagine qualora essa sia in corso o si sia appena conclusa e se, in quest’ultimo caso, le autorità nazionali competenti non abbiano ancora deciso, entro un termine ragionevole, il seguito da dare alla sua relazione di indagine (v., per analogia, sentenza del 1° settembre 2021, Homoki/Commission, T‑517/19, non pubblicata, EU:T:2021:529, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

93      È sufficiente rilevare che, nel caso di specie, la Commissione ha trasmesso alla Repubblica ceca la lettera di follow-up il 22 ottobre 2020 nella versione inglese e il 18 dicembre 2020 nella versione ceca. Come indicato dal Parlamento e come risulta dalla lettera di follow-up, il termine di tre mesi di cui disponevano le autorità ceche per rispondere alla lettera di follow-up è iniziato a decorrere dall’invio della versione ceca e non era quindi scaduto alla data di adozione della decisione impugnata, il 15 gennaio 2021.

94      Pertanto, si deve ritenere che, alla data di adozione della decisione impugnata, il 15 gennaio 2021, poiché le autorità ceche non avevano ancora preso posizione sulla lettera di follow-up, l’obiettivo delle attività di indagine non fosse ancora stato raggiunto.

95      Da quanto precede risulta che la ricorrente sostiene erroneamente che, alla data di adozione della decisione impugnata, il Parlamento non poteva avvalersi dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

96      Pertanto, la prima parte del motivo deve essere respinta.

 Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso, relativa al fatto che il Parlamento non ha dimostrato che la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare pregiudizio all’indagine

97      La ricorrente sostiene che, anche ammesso che l’indagine fosse ancora «in corso», il Parlamento non ha dimostrato che la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare pregiudizio a tale indagine. Essa fa valere che, secondo la giurisprudenza, la circostanza che un documento riguardi un’attività di indagine non può di per sé essere sufficiente a giustificare l’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ma che l’istituzione deve spiegare in che modo l’accesso a tale documento comporterebbe un rischio ragionevolmente prevedibile di arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato.

98      Occorre ricordare che, conformemente alla conclusione di cui al precedente punto 60, non vi è più luogo a statuire sugli argomenti della ricorrente relativi al diniego di accesso alla relazione finale di audit.

99      Per quanto riguarda il diniego di accesso alla lettera della Commissione, la ricorrente sostiene che la motivazione della decisione impugnata è insufficiente.

100    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE deve essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, che detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE dev’essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80 e giurisprudenza ivi citata, e del 26 marzo 2020, Bonnafous/Commissione, T‑646/18, EU:T:2020:120, punti 22 e 23 e giurisprudenza ivi citata).

101    Da una costante giurisprudenza risulta che, qualora un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione investito di una domanda di accesso a un documento decida di respingere tale domanda sulla base di una delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, spetta ad esso, in linea di principio, spiegare in che modo l’accesso a tale documento potrebbe pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse tutelato dall’eccezione in questione e il rischio di un siffatto pregiudizio deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (v. sentenze del 29 ottobre 2020, Intercept Pharma e Intercept Pharmaceuticals/EMA, C‑576/19 P, EU:C:2020:873, punto 51 e giurisprudenza ivi citata, e del 29 settembre 2021, AlzChem Group/Commissione, T‑569/19, EU:T:2021:628, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

102    Incombe pertanto all’istituzione che ha negato l’accesso ad un documento fornire una motivazione che consenta di comprendere e di verificare, da un lato, se il documento richiesto rientri effettivamente nell’ambito dell’eccezione invocata e, dall’altro, se l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione sia reale (sentenza del 1º febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 61; v., altresì, sentenza del 26 marzo 2020, Bonnafous/Commissione, T‑646/18, EU:T:2020:120, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

103    Sebbene la Commissione sia tenuta a esporre i motivi che giustificano l’applicazione al caso di specie di una delle eccezioni al diritto di accesso previste dal regolamento n. 1049/2001, essa non ha l’obbligo di fornire informazioni che vanno al di là di quanto necessario alla comprensione, da parte del richiedente l’accesso, delle ragioni all’origine della sua decisione e al controllo, da parte del Tribunale, della legittimità della stessa (v. sentenza del 26 marzo 2020, Bonnafous/Commissione, T‑646/18, EU:T:2020:120, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

104    Peraltro, se una risposta conferma, come nel caso di specie, il rifiuto di una domanda sulla base degli stessi motivi su cui si basa la decisione iniziale di diniego, occorre esaminare il carattere sufficiente della motivazione alla luce dello scambio di opinioni tra l’istituzione e il richiedente, tenendo conto delle informazioni di cui disponeva il richiedente sulla natura e sul contenuto dei documenti richiesti (v., in tal senso, sentenza del 6 aprile 2000, Kuijer/Consiglio, T‑188/98, EU:T:2000:101, punto 44).

105    In primo luogo, la ricorrente sostiene che il Parlamento non ha dimostrato l’esistenza di un nesso pertinente tra la lettera della Commissione e l’indagine di audit. Tenuto conto del fatto che né il progetto di relazione di audit, né la relazione finale di audit, né la lettera di follow-up farebbero riferimento alla lettera della Commissione, il Parlamento non avrebbe dimostrato che i risultati dell’indagine di audit dipendessero da tale lettera e fosse possibile supporre che tale lettera non avesse alcun nesso con l’indagine di audit.

106    Nel caso di specie occorre, anzitutto, ricordare che la lettera richiesta è una lettera del sig. Oettinger, membro della Commissione incaricato in particolare del bilancio, indirizzata al Primo ministro della Repubblica ceca, la quale, in risposta alla domanda di accesso della ricorrente, è stata identificata dal Parlamento come facente parte dei documenti relativi all’indagine a carico del Primo ministro della Repubblica ceca sull’uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d’interessi.

107    Occorre poi rilevare che, nella decisione del 14 settembre 2020, in risposta alla domanda iniziale della ricorrente, il Parlamento ha indicato, dopo averne esaminato il contenuto, che tale lettera riguardava un’indagine sugli interessi economici ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1), che contiene la definizione di conflitto di interessi.

108    Inoltre, nella decisione impugnata, il Parlamento ha rilevato che la Commissione l’aveva informato del fatto che la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe arrecato pregiudizio alle indagini e agli audit in corso riguardo alle questioni sollevate nella risoluzione. Esso ha ritenuto che, finché l’indagine proseguiva, diversi atti di indagine, ad esempio un particolare audit che aveva dato luogo a una relazione di audit, potessero essere oggetto dell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Esso ha indicato che la lettera della Commissione era stata elaborata da quest’ultima nell’ambito di un’indagine in corso riguardante una possibile violazione, da parte della Repubblica ceca, del diritto dell’Unione in materia di prevenzione dei conflitti di interessi.

109    Pertanto, come rileva il Parlamento, da ciò consegue che la lettera della Commissione verteva sullo stesso oggetto dell’indagine di audit.

110    Infine, si deve constatare, al pari della Commissione, che la corrispondenza con il sig. Oettinger, membro della Commissione, è menzionata nella relazione finale di audit nonché nella lettera di follow-up come riguardante le attività del Primo ministro ceco, sig. Babiš, nel consiglio ceco per i fondi SIE.

111    Orbene, come sostiene la ricorrente, la relazione finale di audit e la lettera di follow-up sono state pubblicate sulla stampa ceca ed erano ad essa note prima dell’adozione della decisione impugnata. Essa non può quindi sostenere che la lettera della Commissione non era menzionata nella relazione finale di audit e nella lettera di follow-up, documenti che essa ha, peraltro, prodotto in allegato al ricorso.

112    Ne consegue che il complesso di tali elementi era sufficiente affinché la ricorrente comprendesse che la lettera della Commissione era un documento relativo all’indagine di audit riguardante una possibile violazione, da parte del Primo ministro ceco, del diritto dell’Unione in materia di prevenzione dei conflitti di interessi e essa non può quindi far valere un’insufficienza di motivazione a tal riguardo.

113    Peraltro, la ricorrente non può far utilmente valere che il Parlamento non ha dimostrato l’esistenza di un nesso tra la lettera della Commissione e l’indagine di audit non avendo dimostrato che i risultati dell’indagine di audit dipendevano da tale lettera. Per stabilire tale nesso, infatti, il Parlamento doveva unicamente dimostrare che tale lettera faceva parte dei documenti relativi alle attività dell’indagine in corso.

114    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che, non avendo stabilito un nesso tra la lettera della Commissione e l’indagine di audit, il Parlamento non avrebbe dimostrato che la divulgazione di tale lettera avrebbe comportato un rischio ragionevolmente prevedibile di pregiudizio concreto ed effettivo all’indagine di audit. Il Parlamento non avrebbe spiegato in che modo la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare pregiudizio all’audit.

115    Occorre, anzitutto, ricordare che, nella decisione impugnata, il Parlamento ha giustificato il diniego di accesso alla lettera della Commissione, in particolare, per il motivo che l’obiettivo dell’indagine della Commissione era quello di dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell’Unione e di fare uso dei suoi diritti della difesa nei confronti delle obiezioni formulate dalla Commissione e che lo Stato membro aveva il diritto di aspettarsi dalla Commissione il rispetto della riservatezza, altrimenti avviare un dialogo tra la Commissione e tale Stato membro diretto a porre fine all’asserita infrazione si sarebbe potuto rivelare ancora più difficile.

116    Occorre ricordare che l’obiettivo dell’indagine di audit e in particolare del dialogo tra la Commissione e le autorità ceche sulle raccomandazioni contenute nella relazione finale di audit è di consentire alla Repubblica ceca di conformare i suoi sistemi di gestione e controllo al diritto dell’Unione per evitare conflitti di interessi. Orbene, poiché dall’analisi della prima parte del motivo risulta che, alla data di adozione della decisione impugnata, tale dialogo era ancora in corso e poiché la lettera della Commissione costituisce un elemento di tale indagine, la motivazione contenuta nella decisione impugnata è sufficiente a spiegare perché la divulgazione di tale lettera poteva pregiudicare l’obiettivo delle attività dell’indagine di audit.

117    Per di più come rileva il Parlamento, tenuto conto del coinvolgimento diretto del Primo ministro ceco, sospettato di trovarsi in una situazione di conflitto di interessi, era ancora più importante rispettare la riservatezza del dialogo tra quest’ultimo e il membro della Commissione per assicurare un dialogo aperto in uno spirito di cooperazione.

118    Inoltre, il Parlamento ha del pari rilevato, nella decisione impugnata, che gli inquirenti e le parti interessate all’indagine sembravano essere circondati da un clima di minacce e che una rapida divulgazione della lettera della Commissione avrebbe avuto un’incidenza negativa sul loro livello di cooperazione e avrebbe compromesso la capacità di quest’ultima di adempiere le sue missioni di indagine nel modo più efficace.

119    A tal riguardo, occorre rilevare che l’interesse protetto dall’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di revisione contabile, prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, è quello di consentire che le revisioni contabili siano realizzate in autonomia e in assenza di pressioni, a prescindere dalla circostanza che queste ultime provengano dall’ente sottoposto alla revisione contabile, da altri enti interessati o dal pubblico in generale (sentenza del 12 maggio 2015, Technion e Technion Research & Development Foundation/Commissione, T‑480/11, EU:T:2015:272, punto 63).

120    Pertanto, la ricorrente sostiene erroneamente che il Parlamento non ha sufficientemente indicato, nella decisione impugnata, per quale motivo la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare un pregiudizio concreto ed effettivo agli obiettivi dell’indagine di audit.

121    Peraltro, la ricorrente fa valere che, poiché il progetto di relazione di audit, la relazione finale di audit e la lettera di follow-up erano stati diffusi nei media cechi, rispettivamente nel giugno 2019, nel novembre 2019 e nel dicembre 2020, la divulgazione della lettera della Commissione non avrebbe comportato una minaccia concreta ed effettiva per l’indagine di audit.

122    Orbene, dato che la ricorrente riconosce che la lettera della Commissione non era stata pubblicata neppure parzialmente e che il contenuto di tale lettera non è riprodotto nei documenti pubblicati nei media cechi, occorre considerare che tale argomento è privo di incidenza sulla questione se tale lettera rientrasse nell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, tenuto conto in particolare della necessità di mantenere la riservatezza del dialogo tra il Primo ministro ceco e la Commissione.

123    Da tutto quanto precede risulta che la motivazione della decisione impugnata è sufficiente per comprendere che la lettera della Commissione rientrava nell’indagine di audit ed era quindi ricompresa nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e che, poiché tale indagine era ancora in corso alla data di adozione della decisione impugnata, l’esigenza di tutela relativa a tale eccezione era reale.

124    Ne consegue che deve essere respinta la seconda parte del primo motivo di ricorso e, di conseguenza, deve essere integralmente respinto il primo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in quanto il Parlamento non ha tenuto conto dellesistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione della lettera della Commissione

125    La ricorrente sostiene che, anche ammesso che l’audit costituisse un’indagine in corso alla quale la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare pregiudizio, il Parlamento non poteva negarle l’accesso a tale documento in quanto sussisteva un interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

126    La ricorrente rileva che l’Unione si fonda sul rispetto dello Stato di diritto e sul rispetto dei diritti umani, compresi i diritti della difesa. Tenuto conto del fatto che, nella relazione sulla missione d’informazione e nella risoluzione, il Parlamento avrebbe formulato serie accuse sul modo in cui il gruppo Agrofert sarebbe stato gestito, essa avrebbe dovuto essere messa in condizione di analizzare i documenti sui quali erano fondate tali affermazioni e di opporvisi. Il Parlamento sarebbe stato tenuto a prendere in considerazione l’interesse pubblico prevalente alla divulgazione della lettera della Commissione consistente nella tutela delle libertà e dei diritti fondamentali della ricorrente in quanto soggetto direttamente e individualmente interessato da tali affermazioni. Lo Stato di diritto, fondato sulla tutela delle libertà e dei diritti fondamentali, potrebbe essere mantenuto solo rispettando tali diritti e libertà in ogni singolo caso e, pertanto, l’interesse della ricorrente costituirebbe un interesse pubblico ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

127    Secondo una giurisprudenza costante, incombe a chi fa valere l’esistenza di un interesse pubblico prevalente invocare in modo concreto le circostanze che giustifichino la divulgazione dei documenti di cui trattasi (v. sentenze dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356, punto 56 e giurisprudenza ivi citata; e del 29 settembre 2021, AlzChem Group/Commissione, T‑569/19, EU:T:2021:628, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

128    Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 45, il regolamento n. 1049/2001 mira a garantire l’accesso di tutti ai documenti e non soltanto l’accesso del richiedente ai documenti che lo riguardano.

129    Nell’ambito della valutazione dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte di frase, del regolamento n. 1049/2001, non si può quindi tenere conto dell’interesse particolare che un richiedente può far valere per l’accesso ad un documento che lo riguarda personalmente (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 137; v., altresì, sentenza del 12 maggio 2015, Technion e Technion Research & Development Foundation/Commissione, T‑480/11, EU:T:2015:272, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

130    L’interesse generale fatto valere dalla ricorrente consiste nei diritti della difesa. È certamente vero che l’esistenza dei diritti della difesa presenta di per sé un interesse generale. Tuttavia, il fatto che tali diritti si manifestino nel caso di specie attraverso l’interesse soggettivo della ricorrente a difendersi implica che l’interesse di cui essa si avvale non è un interesse generale, ma un interesse privato (sentenza del 6 luglio 2006, Franchet e Byk/Commissione, T‑391/03 e T‑70/04, EU:T:2006:190, punto 138).

131    Ne consegue che, nella decisione impugnata, il Parlamento ha giustamente ritenuto, sulla base della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 128 a 130, che i diritti della difesa invocati dalla ricorrente non costituivano un interesse pubblico prevalente alla divulgazione della lettera della Commissione.

132    Il secondo motivo di ricorso deve essere, pertanto, respinto e, di conseguenza, quanto al resto, il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

133    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda del Parlamento.

134    Inoltre, ai sensi dell’articolo 137 del regolamento di procedura, in caso di non luogo a statuire, il Tribunale decide liberamente sulle spese. Nel caso di specie, tenuto conto delle considerazioni che hanno indotto il Tribunale a dichiarare un non luogo a statuire parziale, si procederà ad un’equa valutazione decidendo che la ricorrente si farà carico anche delle relative spese.

135    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Si deve, pertanto, decidere che la Commissione sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Non vi è più luogo a statuire sulla domanda di annullamento della decisione A(2019) 8551 C (D 300153) del Parlamento europeo, del 15 gennaio 2021, nella parte in cui quest’ultimo ha negato l’accesso alla relazione finale di audit della Commissione, del 29 novembre 2019, recante riferimento ARES (2019) 7370050, relativa ad un audit sul funzionamento dei sistemi di gestione e di controllo in vigore in Repubblica ceca per evitare conflitti di interessi.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Agrofert a.s. è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Parlamento.

4)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

De Baere

Steinfatt

Kingston

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 settembre 2022.

Firme


*      Lingua processuale: il ceco.