Language of document : ECLI:EU:T:2010:235

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

15 giugno 2010 (*)

«Marchio comunitario – Domanda di marchio comunitario – Colorazione arancione della punta di un calzino – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 207/2009]»

Nella causa T‑547/08,

X Technology Swiss GmbH, con sede in Wollerau (Svizzera), rappresentata dagli avv.ti A. Herbertz e R. Jung,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dalla sig.ra C. Jenewein e dal sig. G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 6 ottobre 2008 (procedimento R 846/2008‑4), riguardante una domanda di registrazione del segno consistente nella colorazione arancione della punta di un calzino come marchio comunitario,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová (relatore), presidente, K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 dicembre 2008,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 marzo 2009,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 5 maggio 2009,

vista la controreplica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 26 giugno 2009,

in seguito all’udienza del 26 gennaio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 13 gennaio 2007 la ricorrente, X Technology Swiss GmbH, ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui si è chiesta la registrazione, identificato dalla ricorrente come «Altri – Marchi di posizione» riguardante il colore «arancione (Pantone 16-1359 TPX)», è di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali si chiedeva la registrazione rientrano nella classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Abbigliamento, ossia calzetteria a maglia, calzini e calze».

4        La domanda di marchio era accompagnata dalla seguente descrizione:

«Il marchio di posizione è caratterizzato da una colorazione arancione, tonalità “Pantone 16-1359 TPX”, in forma di cappuccio che copre la punta di ciascun articolo di calzetteria a maglia. Esso non avvolge completamente le punte, ma presenta un limite che, visto di fronte e di lato, appare sensibilmente orizzontale. Il marchio appare sempre in forte contrasto di colore rispetto al resto dell’articolo di calzetteria a maglia e si trova sempre allo stesso posto».

5        Il 24 aprile 2008 l’esaminatore ha respinto la domanda di marchio in quanto non conforme alle disposizioni dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuto art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009]. Il 30 maggio 2008 la ricorrente ha proposto presso l’UAMI un ricorso avverso la decisione dell’esaminatore.

6        Con decisione 6 ottobre 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso.

7        La commissione di ricorso ha anzitutto ritenuto che la descrizione del marchio richiesto fosse irricevibile in quanto si riferiva al contrasto tra il colore della punta e il colore del resto del calzino. Una tale descrizione non sarebbe, infatti, sufficientemente concreta, dal momento che non identificherebbe tutti i colori del marchio. La commissione di ricorso ha aggiunto che la normativa applicabile non prevedeva la categoria dei «marchi di posizione». Di conseguenza, essa ha ritenuto che il marchio richiesto fosse un marchio tridimensionale o figurativo che riproducesse fedelmente il prodotto, consistente in una colorazione arancione della punta di un calzino bianco.

8        Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti coperti dal marchio richiesto fossero destinati a qualsiasi consumatore finale, trattandosi di oggetti di uso corrente rientranti piuttosto nel segmento di prezzo inferiore. Secondo la commissione di ricorso, il pubblico di riferimento presta solo uno scarso livello di attenzione a prodotti siffatti.

9        Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio richiesto sarebbe percepito dal pubblico rilevante come una presentazione del prodotto dettata da aspetti estetici o funzionali. Essa si è riferita in proposito, anzitutto, all’esistenza di un gran numero di modelli di calzini, in secondo luogo, al carattere abituale della colorazione di talune parti degli stessi, anche in arancione, in terzo luogo, al fatto che la colorazione della punta poteva indicare la presenza di un elemento funzionale, vale a dire un rinforzo, e, in quarto luogo, al fatto che il pubblico rilevante non era abituato a percepire la colorazione della punta di un calzino quale indicazione d’origine. Di conseguenza, secondo la commissione di ricorso, il marchio richiesto è privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

11      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

12      La ricorrente solleva un motivo unico, vertente su una violazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Il motivo unico si suddivide in due parti, basate, la prima, su un errore nella qualificazione del marchio richiesto e, la seconda, su un errore di valutazione in ordine al carattere distintivo del marchio richiesto.

13      L’UAMI critica la fondatezza degli argomenti della ricorrente.

 Sulla prima parte del motivo unico, vertente su un errore di qualificazione del marchio richiesto

 Argomenti delle parti

14      La ricorrente sostiene che i «marchi di posizione» rappresentano una peculiare categoria di marchi, benché non prevista espressamente dalla legislazione. Infatti, un «marchio di posizione» avrebbe ad oggetto la tutela di un segno bidimensionale o tridimensionale posto, in maniera determinata con precisione, sulla superficie di un prodotto o su una parte di questa. La tutela conferita a un «marchio di posizione» avrebbe ad oggetto solo il suo uso concreto sui prodotti in questione.

15      La ricorrente ritiene, di conseguenza, che la giurisprudenza relativa ai marchi tridimensionali non sia rilevante nella fattispecie, dal momento che il marchio richiesto non riguarda la forma del calzino o altre sue caratteristiche, bensì la posizione di un segno particolare, consistente in una colorazione di una tonalità determinata, su una parte precisa della sua superficie.

16      La ricorrente aggiunge che in varie decisioni precedenti l’UAMI avrebbe riconosciuto l’idoneità dei «marchi di posizione» ad essere registrati quali marchi.

17      L’UAMI contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente per quanto riguarda l’applicabilità della giurisprudenza relativa ai marchi tridimensionali alla fattispecie in esame.

 Giudizio del Tribunale

18      Si deve preliminarmente osservare che, sia nelle sue difese scritte sia in sede di udienza, la ricorrente ha confermato che la sua domanda di registrazione riguardava solo la colorazione della punta di un articolo di calzetteria a maglia in «arancione (Pantone 16‑1359 TPX)», come riprodotta al precedente punto 2, con esclusione delle altre parti del prodotto di cui trattasi. Essa qualifica il marchio così definito come «marchio di posizione».

19      Quanto a tale qualificazione, si deve osservare che né il regolamento n. 40/94, né il regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), menzionano i «marchi di posizione» come particolare categoria di marchi. Tuttavia, dal momento che l’art. 4 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 4 del regolamento n. 207/2009) non contiene alcun elenco esaustivo dei segni atti a costituire marchi comunitari, tale circostanza è irrilevante quanto al carattere registrabile dei «marchi di posizione».

20      Risulta inoltre che i «marchi di posizione» si avvicinano alle categorie dei marchi figurativi e tridimensionali, in quanto hanno ad oggetto l’applicazione di elementi figurativi o tridimensionali alla superficie di un prodotto.

21      Tuttavia, la qualificazione di un «marchio di posizione» quale marchio figurativo o tridimensionale o quale categoria specifica di marchi è irrilevante nell’ambito della valutazione del suo carattere distintivo.

22      Infatti, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo.

23      Da una giurisprudenza costante risulta che un marchio ha carattere distintivo ai sensi di tale articolo quando tale marchio permette di identificare il prodotto, per il quale è chiesta la registrazione, come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (sentenze della Corte 29 aprile 2004, cause riunite C‑473/01 P e C‑474/01 P, Procter & Gamble/UAMI, Racc. pag. I‑5173, punto 32, e 21 ottobre 2004, causa C‑64/02 P, UAMI/Erpo Möbelwerk, Racc. pag. I‑10031, punto 42).

24      Questo carattere distintivo dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento (sentenze della Corte Procter & Gamble/UAMI, cit., punto 33, e 22 giugno 2006, causa C‑25/05 P, Storck/UAMI, Racc. pag. I‑5719, punto 25).

25      Orbene, la percezione del pubblico di riferimento può essere influenzata dalla natura del segno di cui è stata chiesta la registrazione. Così, dal momento che i consumatori medi non hanno l’abitudine di presumere l’origine commerciale dei prodotti basandosi su segni che si confondono con l’aspetto dei prodotti stessi, segni di tal genere sono distintivi ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 solo se divergono in maniera significativa dalla norma o dalle abitudini del settore (v., in tal senso, sentenze della Corte 7 ottobre 2004, causa C‑136/02 P, Mag Instrument/UAMI, Racc. pag. I‑9165, punti 30 e 31; 12 gennaio 2006, causa C‑173/04 P, Deutsche SiSi‑Werke/UAMI, Racc. pag. I‑551, punti 28 e 31, e 4 ottobre 2007, causa C‑144/06 P, Henkel/UAMI, Racc. pag. I‑8109, punti 36 e 37).

26      L’elemento determinante per l’applicabilità della giurisprudenza citata al precedente punto 25 non è dato dalla qualificazione del segno di cui trattasi come segno figurativo, tridimensionale o di altro genere, bensì dal fatto che esso si confonde con l’aspetto del prodotto designato. Così, tale criterio è stato applicato, oltre ai marchi tridimensionali (citate sentenze Procter & Gamble/UAMI; Mag Instrument/UAMI e Deutsche SiSi‑Werke/UAMI), a marchi figurativi consistenti in una riproduzione bidimensionale del prodotto designato (citate sentenze Storck/UAMI, e Henkel/UAMI), o ancora a un segno costituito da un motivo applicato alla superficie del prodotto (ordinanza della Corte 28 giugno 2004, causa C‑445/02 P, Glaverbel/UAMI, Racc. pag. I‑6267). Del pari, la giurisprudenza ritiene che i colori e le loro combinazioni astratte possano vedersi riconoscere un carattere distintivo intrinseco solo in circostanze eccezionali, posto che essi si confondono con l’aspetto dei prodotti designati e non sono, in linea di principio, utilizzati come mezzi di identificazione di origine commerciale (v., in tal senso, sentenze della Corte 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel, Racc. pag. I‑3793, punti 65 e 66, e 24 giugno 2004, causa C‑49/02, Heidelberger Bauchemie, Racc. pag. I‑6129, punto 39).

27      Si deve di conseguenza verificare se il marchio richiesto si confonda con l’aspetto del prodotto designato o se sia, al contrario, indipendente da questo.

28      Orbene, secondo le indicazioni fornite dalla ricorrente, il marchio richiesto mira a tutelare un segno specifico posto su una parte determinata della superficie del prodotto designato. Così, il marchio richiesto non può essere dissociato dalla forma di una parte di tale prodotto, vale a dire dalla forma della punta di un articolo di calzetteria a maglia. Pertanto, si deve concludere che il marchio richiesto si confonde con l’aspetto del prodotto designato e che, di conseguenza, la giurisprudenza citata al precedente punto 25 è applicabile [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 settembre 2009, causa T‑152/07, Lange Uhren/UAMI (Campi geometrici sul quadrante di un orologio), punti 74‑83].

29      Quanto all’argomento della ricorrente relativo alle precedenti decisioni dell’UAMI, occorre ricordare che la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, così come interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse [sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 66]. In ogni caso, va rilevato che nelle decisioni citate dalla ricorrente le commissioni di ricorso dell’UAMI hanno applicato ai marchi interessati la giurisprudenza relativa ai segni che si confondono con l’aspetto dei prodotti da essi designati.

30      Alla luce di quanto precede, si deve rilevare che la commissione di ricorso non è incorsa in errore applicando al marchio richiesto questa stessa giurisprudenza nell’ambito della decisione impugnata. Pertanto, si deve respingere la prima parte del motivo unico.

 Sulla seconda parte del motivo unico, vertente su un errore di valutazione in ordine al carattere distintivo del marchio richiesto

 Argomenti delle parti

31      La ricorrente afferma che i prodotti in questione non sono prodotti poco costosi, in quanto essa produce calzini detti «tecnici» o «funzionali», che si situano nel segmento di prezzo superiore, vale a dire tra EUR 10 e 20. Pertanto, non si potrebbe ritenere che il pubblico di riferimento presti solo uno scarso grado di attenzione all’acquisto di tali prodotti, tanto più che la giurisprudenza avrebbe ammesso che questo stesso pubblico è particolarmente attento ai marchi di abbigliamento.

32      Per quanto riguarda la percezione del marchio richiesto da parte del pubblico di riferimento, la ricorrente precisa preliminarmente che, secondo la giurisprudenza, il semplice fatto che un segno sia percepito anche, ma non esclusivamente, come un elemento decorativo non osta alla sua tutela in qualità di marchio.

33      La ricorrente aggiunge che, benché il settore della calzetteria a maglia sia caratterizzato da una grande varietà di disegni e di colori, ciò non varrebbe per la colorazione delle punte dei calzini «tecnici» o «funzionali» di cui trattasi. In ogni caso, secondo la ricorrente, l’esistenza di una varietà di disegni o di colori non potrebbe ostare alla registrazione di un marchio, considerata la costante evoluzione del settore della moda, che implicherebbe praticamente il rifiuto di tutti i nuovi marchi.

34      Oltretutto, come sul mercato della calzatura, il pubblico rilevante sarebbe abituato al fatto che l’origine commerciale dei calzini «tecnici» sia indicata da un elemento figurativo determinato, consistente in linee, fasce o forme geometriche ben visibili apposte sul prodotto, ovvero in una colorazione di talune parti del prodotto stesso. Essa precisa a tal proposito che il riferimento da essa operato dinanzi all’UAMI ai prodotti di un’altra impresa che commercializza anch’essa calzini a punta colorata mirava esclusivamente a dimostrare tale circostanza.

35      Inoltre, anche a supporre che il pubblico di riferimento non sia abituato alla forma dell’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione richiamata al precedente punto 34, l’apposizione di un marchio su una parte del prodotto che non era stato precedentemente utilizzato a tal fine sarebbe, in linea di principio, idonea ad indicare l’origine commerciale. In tale contesto la ricorrente sottolinea come, nell’ambito degli articoli sportivi, i produttori abbiano l’abitudine di apporre i marchi nelle più varie collocazioni.

36      Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso ha peraltro omesso di esaminare la circostanza secondo cui il marchio richiesto si riferiva ad una tonalità di colore definita con precisione, circostanza questa pertinente, come emergerebbe da una precedente decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI. La ricorrente sottolinea, in tale contesto, di essere probabilmente la prima impresa ad aver colorato calzini con la tonalità in questione e che tale caratteristica le ha permesso, in particolare, di essere una delle leader sul mercato del calzino tecnico di alta gamma.

37      Inoltre, la ricorrente precisa che la posizione, la forma e il colore del marchio richiesto non sono imposti da vincoli tecnici o funzionali. A tal proposito, gli argomenti dedotti dalla commissione di ricorso in merito alla forte usura della punta dei calzini sarebbero privi di logica alcuna.

38      In sede di udienza, la ricorrente ha osservato ancora che il rischio che un segno sia immediatamente oggetto di contraffazione rende impossibile il ricorso all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 3, del regolamento n. 207/2009). Di conseguenza, secondo la ricorrente, si dovrebbe ammettere la registrazione anche di nuove forme di marchi.

39      L’UAMI contesta la fondatezza degli argomenti esposti dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

40      Si devono esaminare gli argomenti sollevati dalla ricorrente nell’ambito della seconda parte del suo motivo unico con riferimento ai principi esposti ai precedenti punti 22‑25.

41      Occorre preliminarmente rilevare che le parti non contestano il fatto che, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 23 della decisione impugnata, il pubblico di riferimento si compone dell’insieme dei consumatori finali.

42      Quanto al grado d’attenzione del pubblico di riferimento, si deve osservare che, in sede di esame del carattere registrabile di un segno, l’UAMI può solo prendere in considerazione l’elenco di prodotti quale risulta dalla domanda di marchio in questione, fatte salve le eventuali modifiche di quest’ultima [v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 13 aprile 2005, causa T‑286/03, Gillette/UAMI – Wilkinson Sword (RIGHT GUARD XTREME sport), punto 33]. Orbene, nella fattispecie, l’elenco dei prodotti cui si riferisce il marchio richiesto indica l’«abbigliamento, ossia calzetteria a maglia, calzini e calze», senza ulteriori specificazioni. Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente relativi al carattere «tecnico» o «funzionale» dei propri prodotti e alla circostanza che il prezzo di vendita di tali articoli sia più elevato sono privi di rilevanza.

43      Si deve peraltro rilevare che, laddove la commissione di ricorso ha constatato, al punto 23 della decisione impugnata, che, essendo i calzini oggetti di consumo corrente rientranti piuttosto nel segmento di prezzo inferiore, il pubblico di riferimento vi dedica un livello di attenzione piuttosto debole, detta commissione ha basato il proprio esame su fatti risultanti dall’esperienza pratica generalmente acquisita nella commercializzazione di prodotti di largo consumo, fatti conoscibili da qualsiasi persona e, soprattutto, dai consumatori di tali prodotti. Laddove la ricorrente invoca il carattere distintivo del marchio richiesto, in senso contrario al ragionamento della commissione di ricorso fondato su tale esperienza, spetta alla ricorrente stessa fornire indicazioni concrete e comprovate che dimostrino il carattere distintivo intrinseco del marchio richiesto, posto che essa è in posizione assai più idonea per farlo, considerata la sua approfondita conoscenza del mercato [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑129/04, Develey/UAMI (Forma di una bottiglia in plastica), Racc. pag. II‑811, punti 19 e 21, e giurisprudenza ivi citata].

44      A tal proposito, la ricorrente si limita ad affermare che la giurisprudenza riconosce che il pubblico di riferimento è particolarmente attento ai marchi di abbigliamento. Orbene, per un verso, la ricorrente non comprova tale allegazione, di natura essenzialmente fattuale. Per altro verso, e in ogni caso, si deve ammettere che il consumatore sarà generalmente attento nella scelta di taluni articoli di abbigliamento e di talune calzature, in quanto desidererà verificare prima dell’acquisto se il prodotto proposto corrisponda alle proprie aspettative, sia dal punto di vista funzionale che dal punto di vista estetico. Tuttavia, tale constatazione non è applicabile agli articoli di calzetteria a maglia, che non vengono normalmente provati prima dell’acquisto.

45      In tali circostanze, la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore constatando che il grado di attenzione del pubblico di riferimento era piuttosto scarso.

46      Per quanto riguarda la percezione del marchio richiesto dal pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha dichiarato che la colorazione della punta di un articolo di calzetteria a maglia sarebbe percepita come un elemento decorativo ovvero come un elemento funzionale connesso al rinforzo della punta. Si devono verificare, in una prima fase, gli argomenti dedotti dalla ricorrente in ordine alla percezione del marchio richiesto quale elemento decorativo.

47      A tal proposito, la pertinente argomentazione della commissione di ricorso, sviluppata ai punti 25‑27 e 31 della decisione impugnata e riassunta al precedente punto 9 era basata sull’esperienza pratica generalmente acquisita nella commercializzazione di prodotti di largo consumo, per cui spetta alla ricorrente fornire indicazioni concrete e dettagliate tali da mettere in discussione la fondatezza delle constatazioni di cui trattasi.

48      Anzitutto, la ricorrente contesta l’esistenza di una varietà di modelli per quanto riguarda la colorazione delle punte dei calzini cosiddetti «tecnici» o «funzionali». Orbene, come esposto al precedente punto 42, erroneamente la ricorrente si limita a tali categorie di prodotti, dal momento che l’elenco dei prodotti richiesti si riferisce alla calzetteria a maglia in generale. Del resto, la sua affermazione non è in alcun modo suffragata.

49      Neppure l’argomento della ricorrente basato sulla costante evoluzione della moda può essere accolto. Infatti, si possono sempre registrare nuovi marchi per prodotti che seguono le tendenze della moda, a condizione tuttavia che siano idonei ad adempiere alla loro funzione essenziale, ossia quella di identificare l’origine commerciale dei prodotti. Invece, qualora un segno non sia idoneo a svolgere tale funzione, esso non può essere registrato come marchio, nonostante il fatto che nel settore industriale in questione esistano o siano continuamente creati numerosi segni simili.

50      Inoltre, si deve rilevare che la ricorrente non fornisce elementi concreti tali da corroborare la propria affermazione secondo cui il consumatore di riferimento è abituato a percepire la colorazione della punta di un calzino quale indicazione di origine commerciale.

51      Per quanto riguarda, in proposito, il riferimento al settore delle calzature sportive, si deve osservare che il marchio richiesto non si presenta come una linea, una fascia o una forma geometrica precisa apposta sul prodotto, bensì come una semplice colorazione di una parte della sua superficie. Orbene, la ricorrente non fornisce elementi che suggeriscano che la colorazione di talune parti di una calzatura sia abitualmente percepita dal pubblico di riferimento quale indicazione di origine commerciale.

52      La ricorrente deduce inoltre che, in particolare nel settore degli articoli sportivi, i produttori hanno l’abitudine di apporre i marchi nelle collocazioni più varie. Benché la ricorrente non fornisca elementi concreti in tal senso, si deve ammettere, in ogni caso, che è relativamente comune l’apposizione dei marchi dei produttori sui calzini, segnatamente sui calzini sportivi. Se, di solito, marchi di tal genere si situano a livello della caviglia, è anche possibile che siano apposti a livello della pianta del piede o ancora sulla parte superiore della punta. Tuttavia, tali marchi non sono semplici colorazioni, bensì elementi verbali e figurativi, maggiormente idonei, rispetto al marchio richiesto, a designare l’origine commerciale dei prodotti in questione.

53      La ricorrente si riferisce ancora ai calzini, commercializzati da un concorrente, aventi una punta di colore dorato. Orbene, la ricorrente non ha fornito elementi concreti tali da suggerire che tale colorazione fosse intrinsecamente idonea ad indicare l’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi, al di fuori di qualsiasi considerazione legata ad un eventuale carattere distintivo acquisito mediante l’uso. Peraltro, benché risulti che il concorrente di cui trattasi abbia effettivamente ottenuto la registrazione di un marchio comunitario rappresentante un calzino con una punta dorata ed avente segnatamente ad oggetto la calzetteria a maglia, tale marchio non è comparabile con il marchio richiesto, dal momento che esso include, oltre a tale rappresentazione, l’elemento denominativo «gold toe».

54      Infine, la ricorrente sostiene a torto che la commissione di ricorso non ha preso in considerazione il fatto che il marchio richiesto si riferiva ad una precisa tonalità di colore. Infatti, ai punti 19‑22 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha richiamato la giurisprudenza, citata al precedente punto 26, relativa alla limitata capacità dei colori e delle loro combinazioni di identificare l’origine commerciale dei prodotti. Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che il colore arancione richiesto era usuale nel settore della calzetteria a maglia, quantomeno in combinazione con altri colori di un calzino.

55      Per quanto riguarda la pertinenza del fatto che il marchio richiesto si riferisse ad un colore preciso, la ricorrente si richiama alla decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 18 aprile 2007 (procedimento R 781/2006-1), relativa ad un marchio consistente in una macchia applicata alla superficie di una siringa. Orbene, come osservato al precedente punto 29, la prassi decisionale precedente delle commissioni di ricorso non è pertinente. In ogni caso, sia i segni che i prodotti in questione nei due casi presentano pochi punti in comune. Del resto, nella decisione citata dalla ricorrente, la prima commissione di ricorso si è limitata alla valutazione delle circostanze della fattispecie e non ha in alcun modo ritenuto che la rivendicazione di qualsiasi colore conferisse un carattere distintivo ad un «marchio di posizione».

56      Le affermazioni secondo cui la ricorrente è stata la prima impresa ad aver utilizzato la sfumatura di colore richiesta per calzini, cosa che le avrebbe consentito di divenire una leader su tale mercato, non sono comprovate. In particolare, non vi è alcun elemento che indichi che il successo commerciale eventuale della ricorrente sia dovuto al fatto che la colorazione arancione delle punte dei calzini da essa prodotti sia stata percepita dal pubblico di riferimento come intrinsecamente distintiva.

57      Da quanto sopra esposto emerge che nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente relativamente alla percezione del marchio richiesto come elemento decorativo può essere accolto.

58      Va ancora rilevato, in replica all’argomento sollevato dalla ricorrente in sede di udienza, che il rischio che un elemento di presentazione di un prodotto o di un servizio sia copiato da un concorrente è irrilevante ai fini dell’interpretazione dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Infatti, in forza di tale disposizione, la registrazione quale marchio comunitario è riservata ai segni intrinsecamente idonei ad identificare l’origine commerciale dei prodotti o dei servizi da essi designati, nella percezione del consumatore di riferimento. L’operatore economico che impieghi, nel mondo degli affari, un segno che non soddisfa tale condizione potrebbe eventualmente dimostrare che quest’ultimo ha acquistato un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, o ricorrere ad altri mezzi giuridici di cui eventualmente disponga, quali il diritto dei disegni o modelli ovvero un’azione esercitata sulla base della concorrenza sleale.

59      Alla luce di quanto sopra esposto, si deve concludere che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore rilevando che, data la mancanza di divergenza significativa rispetto alla norma o alle abitudini del settore della calzetteria a maglia, il marchio richiesto sarebbe percepito dal pubblico di riferimento come un elemento decorativo e che esso era quindi privo di carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. La seconda parte del motivo unico deve pertanto essere respinta, senza che si debba esaminare l’argomentazione relativa alla percezione del marchio richiesto quale elemento funzionale.

60      Poiché le due parti del motivo unico sono state respinte, si deve respingere il motivo stesso e, pertanto, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

61      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI ha concluso in tal senso, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La X Technology Swiss GmbH è condannata alle spese.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 giugno 2010.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.