Language of document : ECLI:EU:C:2014:2443

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate l’11 dicembre 2014 (1)

Causa C‑352/13

Cartel Damage Claims (CDC) Hydrogen Peroxide SA

contro

Evonik Degussa GmbH,

Akzo Nobel NV,

Solvay SA,

Kemira Oyj,

Arkema France SA,

FMC Foret SA,

Chemoxal SA,

Edison SpA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Dortmund (Germania)]

«Cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale – Regolamento (CE) n. 44/2001 – Competenze speciali – Azione diretta a ottenere informazioni e un risarcimento danni nei confronti di società domiciliate in Stati membri diversi che hanno partecipato in luoghi e in momenti diversi a un’intesa dichiarata contraria all’articolo 81 CE (articolo 101 TFUE) e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Articolo 6, punto 1 – Competenza in caso di pluralità di convenuti – Rischio di decisioni incompatibili – Rinuncia all’azione nei confronti del solo convenuto domiciliato nello Stato membro ove ha sede il giudice adito – Mantenimento della competenza – Abuso di diritto – Articolo 5, punto 3 – Competenza in materia di illeciti civili – Nozione di “luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto” – Eventuale competenza nei confronti di tutti i convenuti e per l’insieme dei danni fatti valere fondata su ogni luogo del territorio degli Stati membri in cui l’intesa illecita è stata conclusa e attuata – Articolo 23 – Clausole attributive di competenza – Clausole compromissorie – Incidenza del principio della piena efficacia del divieto di intese sancito dal diritto dell’Unione»






I –          Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Landgericht Dortmund (Tribunale regionale di Dortmund, Germania) verte sull’interpretazione degli articoli 5, punto 3, e 6, punto 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2) (in prosieguo: il «regolamento Bruxelles I»), nonché, aspetto inedito, sulla combinazione tra dette disposizioni e i principi direttivi del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, relativi all’articolo 101 TFUE.

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un’azione diretta a ottenere informazioni e un risarcimento danni, proposta dinanzi al suddetto tribunale tedesco da un attore con sede in Belgio nei confronti di più società con sede in diversi Stati membri – di cui una sola in Germania – che avevano partecipato a un’infrazione dichiarata, con decisione della Commissione europea, contraria al divieto di intese stabilito all’articolo 81 CE (divenuto articolo 101 TFUE) nonché all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (3).

3.        Poiché le parti dissentono sulla competenza internazionale del giudice del rinvio, quest’ultimo chiede un’interpretazione della Corte sotto tre principali profili.

4.        In primo luogo, esso si interroga sull’applicabilità, in una controversia come quella del procedimento principale, dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, il quale autorizza un’estensione della competenza del foro in modo da consentire a quest’ultimo di pronunciarsi anche sulle domande relative a convenuti diversi da quello domiciliato nel suo distretto, onde evitare decisioni incompatibili. In via complementare, tale questione viene sollevata nel caso particolare in cui, come nella fattispecie, l’attore abbia rinunciato all’esercizio dell’azione nei confronti del solo convenuto stabilito nello Stato membro in cui ha sede il giudice adito, che può essere qualificato come «convenuto di riferimento» in quanto è l’unico su cui possa fondarsi la competenza del foro.

5.        In secondo luogo, per quanto riguarda la competenza in materia di illeciti civili di cui all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, si chiede alla Corte se la nozione di «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» debba essere intesa, ai sensi di tale disposizione, nel senso che consente di ricollegare detta competenza, nei confronti di tutti i convenuti e per l’insieme dei presunti danni, a ciascuno dei numerosi luoghi degli Stati membri in cui l’intesa illecita è stata conclusa e/o attuata e in cui la libertà di scelta degli acquirenti, secondo l’attore, ne è risultata limitata.

6.        In terzo luogo, il giudice del rinvio parte, a quanto pare, dalla premessa che talune clausole attributive di competenza, le quali possono rientrare nell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I, e/o alcune clausole compromissorie invocate dalle convenute nel procedimento principale riguardano i diritti risarcitori reclamati nella fattispecie. Esso invita la Corte a dichiarare se, in tale caso di specie, il principio di effettiva attuazione del divieto di intese, sancito all’articolo 101 TFUE, possa ostare a che siffatte clausole siano opponibili a colui che agisce per il risarcimento quando l’azione è stata esercitata dinanzi a uno dei giudici che sarebbero competenti ai sensi degli articoli 5, punto 3, e/o 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I.

7.        Sottolineo che la causa in esame è la prima in cui la Corte è chiamata a pronunciarsi direttamente sul rapporto tra, da un lato, disposizioni di diritto primario che garantiscono la libera concorrenza all’interno dell’Unione europea e, dall’altro, disposizioni di diritto internazionale privato dell’Unione riguardanti la competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale, e ciò in caso di controversia avente come peculiarità di riguardare un’intesa di ampia portata, in quanto concerne una pluralità di partecipanti e di vittime e ha falsato la concorrenza nell’intero mercato interno.

8.        Preciso anzitutto che, a mio avviso, il regolamento Bruxelles I, la cui finalità è di creare un sistema di norme sulle competenze proprie dell’Unione per le controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale, non è del tutto adeguato a garantire un’applicazione privata delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di concorrenza (o «private enforcement», secondo la comune denominazione in tale settore) (4) che sia efficace in un caso di specie come quello in esame.

9.        Infatti, l’applicazione di talune disposizioni del regolamento in parola può condurre a una ripartizione territoriale delle competenze tra i giudici degli Stati membri che rischierebbe, da un lato, di non essere adeguata dal punto di vista della portata geografica del diritto dell’Unione in materia di concorrenza e, dall’altro, di rendere più difficile, per le vittime di restrizioni illecite della concorrenza, richiedere e ottenere un risarcimento integrale dei danni subiti. Ritengo quindi possibile che gli autori di siffatte restrizioni utilizzino tali norme di diritto internazionale privato in modo da creare una situazione in cui le conseguenze di diritto civile di un’infrazione unica e grave alle norme dell’Unione in materia di concorrenza debbano essere determinate nell’ambito di una serie di procedimenti disseminati tra i vari Stati membri.

10.      La conclusione generale che trarrei da tale rinvio pregiudiziale è che, de lege ferenda, a causa delle particolari ripercussioni che pratiche anticoncorrenziali transfrontaliere possono avere in materia di cooperazione giudiziaria civile – soprattutto quando sono complesse come nel procedimento principale – sarebbe, a mio avviso, opportuno che il legislatore dell’Unione prevedesse di inserire nel regolamento Bruxelles I una norma sulla competenza specifica di tali pratiche (5), al pari della regola del conflitto di leggi sancita in modo specifico, per gli obblighi derivanti dalle restrizioni della concorrenza, dal regolamento comunemente denominato «Roma II» (6).

II –       Contesto normativo

11.      Ai sensi dei considerando 11, 12, 14 e 15 del regolamento Bruxelles I:

«(11) Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento. Per le persone giuridiche il domicilio deve essere definito autonomamente, in modo da aumentare la trasparenza delle norme comuni ed evitare i conflitti di competenza.

(12)      Il criterio del foro del domicilio del convenuto deve essere completato attraverso la previsione di fori alternativi, ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia, ovvero al fine di agevolare la buona amministrazione della giustizia.

(...)

(14)      Fatti salvi i criteri di competenza esclusiva previsti dal presente regolamento, deve essere rispettata l’autonomia delle parti relativamente alla scelta del foro competente per i contratti non rientranti nella categoria dei contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro in cui tale autonomia è limitata.

(15)      Il funzionamento armonioso della giustizia presuppone che si riduca al minimo la possibilità di pendenza di procedimenti paralleli e che non vengano emesse, in due Stati membri, decisioni tra loro incompatibili. (…)».

12.      L’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), del regolamento Bruxelles I esclude l’arbitraggio dal suo ambito di applicazione.

13.      Il capo II di detto regolamento stabilisce una serie di norme sulla competenza giurisdizionale in materia civile e commerciale. Il suo articolo 2, paragrafo 1, sancisce il principio secondo il quale, «[s]alve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro».

14.      Contenuto nella sezione 2 di detto capo, relativa alle «Competenze speciali», l’articolo 5, punto 3, dispone che «[l]a persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro (…) in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

15.      Nella suddetta sezione l’articolo 6, punto 1, aggiunge che «[l]a persona di cui all’articolo precedente può inoltre essere convenuta (…) in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempreché tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili».

16.      Contenuto nella sezione 7 di detto capo, intitolato «Proroga di competenza», l’articolo 23, paragrafi 1 e 5, è redatto come segue:

«1.       Qualora le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano attribuito la competenza di un giudice o dei giudici di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza esclusiva spetta a questo giudice o ai giudici di questo Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo tra le parti. (…)

(...)

5.      Le clausole attributive di competenza (...) non sono valide se in contrasto con le disposizioni degli articoli 13, 17 o 21 o se derogano alle norme sulla competenza esclusiva attribuita ai giudici ai sensi dell’articolo 22».

III –       Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

17.      L’azione nel procedimento principale si fonda su una decisione del 3 maggio 2006 (7) nella quale la Commissione ha considerato che più società che fornivano perossido di idrogeno e/o perborato di sodio (8) avevano partecipato a un’infrazione unica e continuata in violazione del divieto di intese stabilito all’articolo 81 CE (articolo 101 TFUE) e all’articolo 53 dell’accordo SEE, ai sensi della quale alcune di queste società sono stata condannate a versare ammende (9).

18.      La suddetta decisione segnalava che il periodo di infrazione considerato si protraeva dal 31 gennaio 1994 al 31 dicembre 2000 e che quest’ultima riguardava l’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE). L’intesa in esame era consistita, principalmente, in scambi di informazioni tra concorrenti sui prezzi e sui volumi delle vendite, in accordi sui prezzi e sulla riduzione delle capacità produttive, nonché nella vigilanza sull’attuazione degli accordi anticoncorrenziali. Il giudice del rinvio sottolinea che tali pratiche collusive si inserivano nell’ambito di riunioni e di colloqui telefonici che avevano luogo essenzialmente in Belgio, in Francia e in Germania, e gli autori dell’infrazione vi avevano preso parte in vari modi, ma con la consapevolezza dell’illiceità dei loro atti occulti diretti alla restrizione della concorrenza.

19.      La Cartel Damage Claims (CDC) Hydrogen Peroxide SA (in prosieguo: la «CDC») è una società con sede in Belgio avente lo scopo di far valere diritti risarcitori che le sono stati ceduti, direttamente o indirettamente, da alcune delle imprese asseritamente lese nell’ambito della suddetta infrazione (10).

20.      Con atto del 16 marzo 2009, la CDC ha proposto, dinanzi al Landgericht Dortmund, un’azione risarcitoria congiuntamente nei confronti di sei società sanzionate dalla Commissione, domiciliate in diversi Stati membri, fermo restando che una sola tra esse aveva la propria sede nello Stato del foro, ossia l’Evonik Degussa GmbH (in prosieguo: l’«Evonik Degussa»), la cui sede è ubicata a Essen (Germania) (11).

21.      Nel settembre 2009, dopo la notifica della citazione a tutte le convenute nel procedimento principale, ma prima della scadenza del termine fissato per la presentazione dei controricorsi e prima dell’avvio della fase orale, la CDC ha rinunciato all’azione nei confronti di tale società tedesca, a seguito di una transazione stragiudiziale. Alla fine del 2009 le convenute ancora parti del procedimento hanno chiamato in causa la Evonik Degussa e altre due società cui si riferiva la decisione della Commissione (12).

22.      La CDC ha fatto valere che, tra il 1994 e il 2006, le imprese che le avevano ceduto i loro diritti avrebbero acquistato da fornitori che avevano partecipato all’intesa illecita ingenti quantità di perossido di idrogeno che erano state fornite su base contrattuale, in diversi Stati membri dell’Unione o del SEE.

23.      Obiettando che alcuni di questi contratti di fornitura contenevano clausole compromissorie e clausole di elezione del foro, le convenute nel procedimento principale hanno tutte sollevato un’eccezione di incompetenza internazionale.

24.      Il Landgericht Dortmund ha ritenuto che la propria competenza potesse fondarsi esclusivamente sulle disposizioni degli articoli 6, punto 1, e 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, salvo che la stessa non sia validamente esclusa per effetto di una clausola attributiva della competenza, ai sensi dell’articolo 23 di tale regolamento, o di una clausola compromissoria. In tale contesto, con decisione depositata il 26 giugno 2013, esso ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 6, punto 1, del regolamento [Bruxelles I] debba essere interpretato nel senso che, nel caso di un’azione proposta congiuntamente nei confronti di un convenuto domiciliato nello Stato del foro e di ulteriori convenuti domiciliati in altri Stati membri dell’Unione europea per ottenere informazioni e un risarcimento danni a seguito di un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE, all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE accertata dalla Commissione europea, compiuta in più Stati membri con una diversa partecipazione a livello locale e temporale da parte dei convenuti, si rende opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili.

b)      Se, al riguardo, occorra tener conto del fatto che, dopo la notifica a tutti i convenuti, prima della scadenza dei termini fissati dal giudice per il controricorso e prima dell’inizio della prima udienza, l’attore abbia rinunciato all’azione nei confronti del convenuto domiciliato nello Stato del foro.

2)      Se l’articolo 5, punto 3, del regolamento [Bruxelles I] debba essere interpretato nel senso che occorre considerare, nel caso di un’azione proposta nei confronti di convenuti domiciliati in diversi Stati membri dell’Unione europea volta a ottenere informazioni e un risarcimento danni a seguito di un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE, all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE accertata dalla Commissione europea, compiuta in diversi Stati membri con una diversa partecipazione a livello locale e temporale da parte dei convenuti, che l’evento dannoso è avvenuto in riferimento a ciascun convenuto e per l’insieme dei danni fatti valere o a un danno complessivo in quegli Stati membri in cui si sono conclusi e attuati accordi di cartello.

3)      Se, nel caso di azioni di risarcimento per violazione del divieto di intese di cui all’articolo 81 CE, all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, il principio di diritto dell’Unione di effettiva attuazione del divieto di intese consenta di tener conto delle clausole compromissorie e delle clausole attributive di competenza contenute in contratti di fornitura, qualora ciò comporti una deroga al giudice competente a livello internazionale ai sensi dell’articolo 5, punto 3, e/o dell’articolo 6, punto 1, del regolamento [Bruxelles I] nei confronti di tutti i convenuti e/o per tutte le rivendicazioni proposte o parte di esse».

25.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla CDC, dalla Evonik Degussa unicamente sul punto b) della pima questione, dall’Akzo Nobel, dalla Solvay, dalla Kemira, dalla FMC Foret e dalla Edison, dal governo francese unicamente sulla terza questione, nonché dalla Commissione. Con lettera del 26 agosto 2013, il giudice del rinvio ha informato la Corte che la CDC aveva rinunciato all’azione nei confronti dell’Arkema France. Non si è tenuta alcuna udienza.

IV –       Analisi

A –          Osservazioni preliminari

26.      In primo luogo, per quanto riguarda le questioni generali oggetto della causa in esame, intendo sottolineare che il regolamento Bruxelles I, di per sé, non dà in alcun modo attuazione alle norme del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Come indicano, in particolare, i considerando 1, 2 e 6 del medesimo, l’obiettivo di tale regolamento è di favorire «il buon funzionamento del mercato interno» e garantire «la libera circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale», creando un contesto unitario per le controversie relative a tale materia, per quanto riguarda sia la ripartizione delle competenze tra i giudici degli Stati membri sia il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni pronunciate da questi ultimi.

27.      Tuttavia, ritengo che l’interpretazione e l’applicazione del regolamento Bruxelles I debbano consentire di preservare la piena efficacia delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, le quali rivestono un’importanza fondamentale per il mercato interno e costituiscono un elemento indispensabile della costituzione economica dell’Unione europea (13) poiché, come ha già sottolineato la Corte, l’articolo 85 del Trattato CE, divenuto articolo 101 TFUE, è «una disposizione fondamentale indispensabile per l’adempimento dei compiti affidati alla Comunità e, in particolare, per il funzionamento del mercato interno» (14). Inoltre, le norme processuali del diritto dell’Unione devono essere poste, in qualche modo, al servizio delle norme sostanziali del diritto dell’Unione, nel senso che le prime costituiscono uno strumento che consente di rendere tangibili i diritti e gli obblighi delle persone private e pubbliche, in particolare sotto il profilo del diritto a un ricorso effettivo e a un processo equo sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (15).

28.      Al riguardo occorre, innanzi tutto, constatare che il procedimento principale riguarda le conseguenze che possono derivare, nel diritto civile, da un illecito consistente in un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE commessa da più società con sede nel territorio di Stati membri differenti e le cui numerose vittime sono, anch’esse, domiciliate in diversi Stati membri.

29.      Di fatto, l’emergere di figure giudiziarie quali la ricorrente nel procedimento principale, il cui scopo consiste nel riunire gli attivi fondati su diritti risarcitori derivanti da infrazioni al diritto dell’Unione in materia di concorrenza (16), mi sembra un’indicazione del fatto che, in caso di ostacoli alla concorrenza più complessi, non sia ragionevole per le vittime perseguire direttamente e individualmente i diversi autori di ostacoli di tal genere (17).

30.      Inoltre, ricordo che il risarcimento delle vittime di un’intesa contraria al diritto dell’Unione costituisce per queste ultime una prerogativa la cui essenza è disciplinata da tale diritto conformemente alla giurisprudenza derivante dalle sentenze Courage e Crehan (18) nonché Manfredi e a. (19), vertenti sull’interpretazione dell’articolo articolo 81 CE (articolo 101 TFUE). Ciò vale, al contempo, per l’esistenza di detta prerogativa e per la portata materiale essenziale di quest’ultima, la quale comprende, in particolare, la possibilità per le persone lese di ricevere un risarcimento che copre non solo le perdite che esse hanno subìto (damnum emergens), ma anche i profitti che esse hanno perduto (lucrum cessans) a causa di siffatta intesa, oltre al pagamento degli interessi (20).

31.      Tuttavia, come ha evidenziato la Corte, tenuto conto del grado di sviluppo del diritto dell’Unione, le modalità di esercizio di tale diritto a un risarcimento integrale continuano ad essere di competenza degli Stati membri, a condizione che essi rispettino il principio dell’equivalenza e il principio di effettività sanciti nella suddetta giurisprudenza (21). Tale mantenimento della competenza normativa dei legislatori nazionali in materia vale in particolare per le norme processuali, ma non vale più per le norme sul conflitto di leggi, poiché la «legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale che deriva da una restrizione della concorrenza» è d’ora innanzi determinata in modo vincolante dal regolamento Roma II (22).

32.      Per analogia, il principio di effettività dei ricorsi per risarcimento così formulato riguardo alle disposizioni del diritto nazionale dovrebbe, a mio avviso, ispirare a fortiori l’interpretazione e l’applicazione del regolamento Bruxelles I, nel senso che quest’ultimo, quale atto di diritto derivato adottato dall’Unione stessa, non può essere interpretato in modo da rendere la concretizzazione di detta prerogativa, conferita sul fondamento del diritto primario, praticamente impossibile o eccessivamente difficile nel contesto di un’intesa illecita transfrontaliera (23).

33.      In secondo luogo, sottolineo che è pacifico, alla luce della giurisprudenza della Corte, che un’azione giudiziaria la quale, come quella di cui trattasi nella fattispecie, è diretta a ottenere un risarcimento dalle imprese che hanno violato l’articolo 101 TFUE rientra perfettamente nella «materia civile e commerciale» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I (24).

34.      In terzo luogo, occorre rilevare che, dato che il regolamento Bruxelles I ha sostituito, nei rapporti tra Stati membri, la Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles Il 27 settembre 1968 (25) (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), l’interpretazione fornita dalla Corte con riferimento alle disposizioni di quest’ultima vale anche per quelle di detto regolamento, quando le disposizioni di questi ultimi due atti possono essere qualificate equivalenti (26).

35.      Alla luce della giurisprudenza della Corte, siffatta equivalenza mi sembra incontestata per ciascuna delle disposizioni del regolamento Bruxelles I cui si riferisce la presente domanda di pronuncia pregiudiziale – ossia gli articoli 5, punto 3, 6, punto 1, e 23, paragrafo 1 –, dato che il contenuto delle disposizioni corrispondenti della Convenzione di Bruxelles – ossia gli articoli 5, punto 3, 6, punto 1, e 17, primo comma – è quantomeno simile nella sostanza, se non addirittura identico (27).

36.      In quarto luogo, ricordo che, conformemente alle finalità della Convenzione di Bruxelles, che sono le stesse del regolamento Bruxelles I, occorre, da un lato, evitare per quanto possibile la molteplicità dei criteri di competenza giurisdizionale relativamente al medesimo rapporto giuridico e, dall’altro, garantire la certezza del diritto sia degli attori che dei convenuti attraverso la capacità di prevedere con certezza il foro competente, in particolare consentendo al giudice adito di pronunciarsi sulla propria competenza senza essere costretto a procedere all’esame della causa nel merito (28).

37.      Infine, mi sembra che le azioni di risarcimento in sede civile, conseguenti a un’infrazione al diritto della concorrenza, siano intese, per la maggior parte, come aventi natura extracontrattuale (29), fermo restando che una qualificazione contrattuale del fondamento di siffatte azioni non è tuttavia esclusa a priori, quantomeno in alcuni ordinamenti giuridici nazionali (30).

38.      Pertanto, intendo iniziare con l’esame dei problemi sottoposti alla Corte con la seconda questione pregiudiziale, vertente sull’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, il quale prevede un criterio di competenza speciale per le azioni risarcitorie fondate sulla responsabilità extracontrattuale (B). Esaminerò successivamente la prima questione, relativa all’articolo 6, punto 1, di tale regolamento, il quale prevede una competenza allargata in caso di domande connesse presentate nei confronti di più convenuti (C). Terminerò con la terza questione, inerente a queste due disposizioni nonché ad aspetti specifici dell’elezione del foro, in relazione al principio della piena efficacia del divieto di intese nel diritto dell’Unione (D).

B –          Sull’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I (seconda questione)

39.      In sostanza, con la seconda questione la Corte viene invitata a pronunciarsi sull’ambito di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I nonché sulla portata della competenza che potrebbe derivare dalla norma speciale stabilita da tale disposizione (1). Ritengo, tenuto conto in particolare degli obiettivi previsti da tale disposizione, che la sua applicazione sia problematica, o che dovrebbe essere addirittura esclusa, in circostanze come quelle del procedimento principale, le cui specificità sono innegabili (2).

1.            Sul problema sottoposto alla Corte

40.      Alla luce della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ritiene pacifico che l’azione diretta a ottenere un risarcimento e informazioni, pendente dinanzi ad esso, rientra nella «materia [degli] illeciti civili» di cui all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I e che la propria competenza possa quindi fondarsi tale disposizione. Siffatta qualificazione delle azioni di tale natura è stata ammessa di recente dalla Corte (31).

41.      Inoltre, tale giudice rileva correttamente che da una giurisprudenza costante emerge che, per gli illeciti complessi (32), l’espressione «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto» (33), contenuta nel suddetto articolo 5, punto 3, riguarda sia il luogo del fatto generatore che è all’origine del danno asserito sia il luogo in cui tale danno si è concretizzato, cosicché l’attore può scegliere di citare convenuti dinanzi ai giudici dell’uno o dell’altro di detti luoghi (34). Essa rammenta inoltre che, in caso di più danni presunti, un giudice competente in base a quest’ultimo punto di collegamento può tuttavia pronunciarsi soltanto sulle domande riguardanti un danno subìto nel territorio dello Stato membro in cui esso ha sede (35).

42.      Il giudice del rinvio nutre dubbi sul modo in cui si debbano applicare, nell’ambito della controversia di cui è investito, i criteri così definiti alternativamente dalla Corte, in quanto i contributi degli aderenti all’intesa che hanno condotto alla violazione dell’articolo 101 TFUE e ai danni fatti valere hanno come particolarità di essere stati diversi sia sul piano geografico che sul piano temporale. Esso si interroga principalmente sulla questione se l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I consenta di proporre in ciascun «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», ai sensi di tale disposizione, e nei confronti di ciascun aderente all’intesa illecita, un ricorso vertente sulla totalità dei danni causati da quest’ultima, anche quando alcuni convenuti non hanno agito direttamente nel territorio dello Stato membro del foro.

43.      La CDC propone alla Corte di rispondere che, in forza di tale disposizione, l’insieme dei danni subiti a causa dell’intesa costitutiva di detta violazione dovrebbero poter essere invocati dinanzi ai giudici di tutti gli Stati membri nel cui territorio o almeno una parte di tale intesa è stata conclusa o attuata, o il mercato interessato è stato almeno in parte ostacolato dalla stessa in modo diretto e sostanziale. La Commissione adotta un approccio simile, ma è tuttavia più moderata quanto alla portata della competenza dei giudici che potrebbero essere validamente aditi in tale contesto (36). Le convenute nel procedimento principale che hanno preso posizione sulla seconda questione deducono argomenti o diretti a ottenere che sia dichiarata l’irricevibilità di tale questione (37), oppure, nel merito, diretti a ottenere che sia negata una competenza del foro complessiva nei confronti di tutti i partecipanti all’intesa illecita e per tutti i presunti danni (38).

44.      Ricordo che, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, l’interpretazione di tale disposizione è disciplinata da vari principi direttivi. Innanzi tutto, è pacifico che le nozioni in essa contenute devono essere definite autonomamente, senza fare quindi ricorso ai concetti giuridici nazionali, facendo riferimento principalmente al sistema e agli obiettivi di tale regolamento, al fine di garantire l’applicazione uniforme di quest’ultimo in tutti gli Stati membri (39). Inoltre, trattandosi di una norma speciale, in quanto deroga al principio della competenza dei giudici del domicilio del convenuto, sancito all’articolo 2 di tale regolamento, essa deve essere oggetto di un’interpretazione non estensiva ma restrittiva (40), in particolare per evitare una generalizzazione del forum actoris (41) nonché il moltiplicarsi dei giudici competenti che favorisce il forum shopping.

45.      Inoltre, è essenziale tener presente che la Corte ha precisato, conformemente all’obiettivo di prossimità menzionato al considerando 12 del regolamento Bruxelles I, che la norma sulla competenza prevista all’articolo 5, punto 3, trova il suo fondamento nell’esistenza di un criterio di collegamento particolarmente stretto tra la controversia e i giudici del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto. È tale criterio a giustificare un’attribuzione derogatoria di competenza a questi ultimi ai fini della buona amministrazione della giustizia e dell’economia processuale (42). Poiché l’individuazione di uno degli elementi di collegamento riconosciuti dalla citata giurisprudenza (43) deve consentire di radicare la competenza del giudice che ricopre obiettivamente la miglior posizione per valutare se ricorrano gli elementi costitutivi della responsabilità della persona convenuta, ne consegue che può essere validamente adito solamente il giudice nel cui distretto si situa l’elemento di collegamento pertinente (44).

46.      È proprio siffatta prossimità che, secondo il giudice del rinvio, potrebbe non sussistere qualora, nella causa in esame, si ammettesse che, in applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, sia competente, nei confronti di tutti i convenuti citati e per tutti i danni asseriti (45), qualsiasi giudice avente sede in uno dei numerosi luoghi in cui l’intesa illecita è stata ideata, organizzata e controllata e in cui la libertà di scelta degli acquirenti è stata limitata nel mercato interessato. Condivido il suo punto di vista, per le seguenti ragioni.

2.            Sull’attuazione dei criteri di applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I nell’ambito di una controversia come quella oggetto del procedimento principale

47.      Sebbene l’applicazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I nell’ambito di un’azione di risarcimento fondata su un’infrazione all’articolo 101 TFUE non possa essere esclusa in via di principio (46), sono tuttavia propenso a ritenere che tale disposizione non possa essere utilmente applicata nel caso particolare di un’intesa illecita a carattere orizzontale, di considerevole durata, che abbia comportato una restrizione della concorrenza nell’intero territorio dell’Unione e la cui struttura sia molto complessa poiché ha dato luogo a tutta una serie di accordi e di pratiche collusive, con la conseguenza che sia i partecipanti sia le vittime dei danni fatti valere sono disseminati in un gran numero di Stati membri (47).

48.      In un caso di specie come quello in esame i criteri giurisprudenziali di definizione del «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto», ai sensi di tale disposizione, sono a mio avviso inconferenti, a causa della notevole dispersione geografica delle cause e degli effetti dei danni fatti valere. Infatti, le due possibilità dell’alternativa stabilita dalla Corte portano, in questo caso, a rendere potenzialmente competenti una pluralità di giudici degli Stati membri, mentre il fine di detto regolamento è di limitare il numero dei procedimenti paralleli (48), e non consentono di individuare un giudice che presenti un «collegamento particolarmente stretto» con la controversia e che, in tal modo, «ricopr[a] la miglior posizione» ratione loci per definire quest’ultima, mentre è proprio questo il fondamento di detto articolo 5, punto 3.

49.      Per quanto riguarda il criterio relativo al luogo dell’evento causale dei danni asseriti, esso potrebbe rinviare teoricamente a qualsiasi luogo in cui l’intesa illecita è stata conclusa dai suoi membri, luogo che può essere tuttavia difficile, se non addirittura impossibile, localizzare, tenuto conto del carattere occulto dell’intesa, salvo considerare i diversi luoghi in cui sono ubicate le sedi sociali degli interessati. Detto criterio potrebbe anche corrispondere a tutti i luoghi di attuazione effettiva dell’intesa, ossia ciascuno dei luoghi in cui i partecipanti hanno organizzato e applicato concretamente le modalità dei loro accordi collusivi diretti alla restrizione della concorrenza, mediante pratiche attive o astensioni anticoncorrenziali (49). Al riguardo, preciso che, contrariamente alla Commissione, ritengo che la sentenza Melzer (50), che ha escluso la possibilità di fondare la competenza sul luogo dell’evento causale posto in essere da un coautore dell’evento dannoso che non è stato convenuto in giudizio, debba portare a ritenere le azioni illecite di un partecipante all’intesa nel territorio di uno Stato membro non possano essere imputate agli altri autori dell’infrazione che si siano astenuti dall’esercitare una libera concorrenza nel mercato corrispondente al suddetto territorio (51). In ogni caso, nell’ambito di un’intesa di portata europea e di lunga durata, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, fattori di localizzazione di tal genere mi sembrano irrilevanti, in quanto riconducibili a criteri di competenza troppo generali, diffusi e fortuiti (52), a causa del numero elevato sia degli attori coinvolti che delle azioni od omissioni interessate e, pertanto, della molteplicità dei luoghi di fatti generatori corrispondenti (53).

50.      Per quanto riguarda il criterio relativo al luogo di concretizzazione dei danni asseriti, si può ritenere, da un punto di vista economico, che questi ultimi si siano verificati o in ciascuno dei luoghi in cui le presunte vittime hanno acquistato i prodotti interessati dall’intesa illecita, vale a dire i luoghi in cui sono stati firmati e/o eseguiti i contratti il cui contenuto è stato falsato dall’intesa – nella fattispecie, i contratti di fornitura conclusi tra le convenute e le imprese che hanno ceduto i loro diritti alla ricorrente –, o in ciascuno dei luoghi in cui tali vittime o le loro succursali hanno la loro sede sociale. Le vittime indirette, che non sono state vincolate da un contratto a un aderente all’intesa, ma che sono state comunque lese dall’esistenza di quest’ultima (54), dovrebbero anch’esse poter far valere i danni subiti, nei limiti fissati dalla giurisprudenza della Corte (55). Occorre tuttavia ricordare che l’opzione di competenza offerta in materia di illeciti civili non può essere interpretata in modo tale che sia consentito un forum actoris, in quanto il regolamento Bruxelles I tende a limitare quest’ultimo fattore di competenza al fine di preservare l’effetto utile della norma generale sancita all’articolo 2 (56). Peraltro, si potrebbe utilmente tener conto di tutti i luoghi in cui il mercato è stato pregiudicato dalla violazione dell’articolo 101 TFUE, dato che l’obiettivo delle norme del diritto della concorrenza è di salvaguardare il buon funzionamento dell’attività economica, e non di tutelare gli interessi individuali di una determinata società (57). Orbene, nella fattispecie, l’infrazione sulla quale è fondata la domanda di risarcimento danni riguarda i territori di tutti gli Stati membri dell’Unione, il che comporta la potenziale competenza di un’ampia serie di fori (58). Siffatto approccio estensivo è in contrasto con i summenzionati obiettivi del regolamento Bruxelles I e, in particolare, quelli di cui all’articolo 5, punto 3. Aggiungo che la giurisprudenza derivante dalla sentenza Shevill e a. (59) implica, senza che a mio avviso sia possibile né auspicabile modificare tale punto, che la competenza fondata sul luogo in cui si è verificato l’evento dannoso sia suddivisa territorialmente, secondo le frontiere degli Stati membri (60), con il rischio correlato di frammentazione del contenzioso, dato che il giudice competente a tale titolo non potrà conoscere di tutti i numerosi danni fatti valere.

51.      Infine, sottolineo che, se la Corte dovesse ammettere che, nella fattispecie, siano competenti una pluralità di fori in forza dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, si amplierebbero notevolmente le potenzialità offerte ai singoli su tale fondamento, mentre si tratta di un’opzione di competenza di carattere speciale e, pertanto, in via di principio, oggetto di un’applicazione limitata. Inoltre, sussisterebbe, in tal caso, il pericolo – tutt’altro che ipotetico (61) – di consentire agli autori di un’infrazione al diritto dell’Unione in materia di concorrenza di esercitare azioni «torpedo», sotto forma di azioni di accertamento negativo, conformemente alla sentenza Folien Fischer e Fofitec (62), in uno Stato membro in cui sia noto che la durata dei procedimenti è particolarmente lunga, nei confronti di persone individuate come vittime nel procedimento amministrativo avviato dalla Commissione. Per contro, una volta che la decisione della Commissione, relativa alla sussistenza di un’infrazione, sia stata pronunciata, non dovrebbe più aver luogo, a mio avviso, alcun accertamento negativo, a causa dell’effetto vincolante della decisione della Commissione riguardo ai fatti e alla loro qualificazione giuridica (63).

52.      In conclusione, per analogia con ciò che la Corte ha dichiarato nella sentenza Besix (64), ritengo che la norma sulla competenza speciale in materia di illeciti civili dolosi o colposi, enunciata dall’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, sia inconferente nell’ipotesi in cui, come nel procedimento principale, il luogo in cui l’evento dannoso si è asseritamente verificato non possa essere determinato, per il motivo che l’infrazione all’articolo 101 TFUE sulla quale si fonda l’azione consiste in azioni illecite che si caratterizzano per la pluralità dei luoghi in cui sono state concordate e/o eseguite, il che non consente quindi di individuare chiaramente e utilmente quale sia il giudice che presenterebbe un collegamento particolarmente stretto con l’intera controversia.

53.      A mio avviso, in un caso di specie di tal genere, la competenza deve essere determinata o in applicazione della norma generale di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I, o in applicazione di altre norme sulla competenza speciali enunciate da tale regolamento, come quella di cui all’articolo 6, punto 1, il quale consente di riunire domande presentate nei confronti di più convenuti dinanzi a un solo giudice, purché le condizioni di applicazione dell’una o dell’altra norma siano effettivamente soddisfatte nella fattispecie. Al riguardo occorre sottolineare che la presa in considerazione, quale criterio di competenza, del vincolo di connessione esistente tra domande presentate nei confronti di più convenuti è autorizzata soltanto nell’ambito di detto articolo 6, punto 1 (65), il quale riserva tale possibilità unicamente a titolo dell’elemento di collegamento forte costituito dal domicilio di uno dei convenuti, e non nell’ambito di una disposizione la cui applicazione dipende dal luogo in cui si verifica un evento, come avviene nel caso dell’articolo 5, punto 3,del regolamento Bruxelles I.

C –          Sull’interpretazione dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I (prima questione)

54.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se la norma di concentrazione delle competenze in caso di pluralità di convenuti di cui all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I possa essere applicata nell’ambito di un’azione diretta contro imprese cha abbiano partecipato in maniera diversa, sul piano geografico e temporale, a un’infrazione unica e continuata al divieto di intese previsto dal diritto dell’Unione (1). Esso invita inoltre la Corte a dichiarare se, in caso di risposta affermativa, la rinuncia a siffatta azione nei confronti del convenuto di riferimento, vale a dire l’unico dei convenuti che sia domiciliato nello Stato membro ove ha sede il giudice adito, abbia un impatto sulla competenza di quest’ultimo in forza di detta disposizione (2).

1.            Sull’applicabilità dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I in una controversia come quella oggetto del procedimento principale [prima questione, lettera a)]

a)            Sul problema sottoposto alla Corte

55.      Occorre sottolineare che, al pari di quanto affermato per l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I (66), il contenuto dell’articolo 6, punto 1, di tale regolamento deve essere definito autonomamente, in modo tale che le nozioni in esso contenute non possano essere intese nel senso che rinviano alla qualificazione che viene data dalla legge interna applicabile al rapporto giuridico in questione dinanzi al giudice adito (67).

56.      Ai sensi dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, tutte le domande presentate da un medesimo ricorrente nei confronti di una pluralità di convenuti possono essere proposte dinanzi al giudice di uno Stato membro nel cui distretto si trovi il domicilio (68) di almeno uno di essi, che sarà qualificato in questa sede come convenuto di riferimento, ma sempreché sussista un vincolo di connessione tra tali domande (69). Al riguardo è espressamente prescritto che «tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili» (70).

57.      Consentendo la concentrazione dei ricorsi dinanzi al medesimo giudice e l’estensione della sua competenza a convenuti nei cui confronti, senza tale estensione, esso non dovrebbe potersi pronunciare, detto articolo 6, punto 1, risponde agli obiettivi di buona amministrazione della giustizia, in particolare mediante l’economia processuale, e di prevenzione del rischio di azioni parallele e di decisioni contraddittorie che possano derivarne, previsti dal regolamento Bruxelles I (71).

58.      Tuttavia, poiché tale norma sulla competenza ha carattere speciale, in quanto deroga alla competenza generale del foro del domicilio di ogni convenuto, menzionata al considerando 11 del regolamento Bruxelles I e stabilita all’articolo 2, è pacifico che essa deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (72).

59.      Dato che l’applicazione di detto articolo 6, punto 1, deve quindi rimanere eccezionale, la riunione dei ricorsi dallo stesso prevista è autorizzata solo se questi ultimi non riguardano un assicurato, un consumatore o un lavoratore (73) e soltanto se vertono su domande certamente distinte, ma tuttavia strettamente connesse tra loro.

60.      È su quest’ultima condizione che verte, in sostanza, la prima parte della prima questione. Essa invita la Corte a dichiarare se siffatto vincolo di connessione sia ravvisabile nell’ambito di un’azione come quella di cui il giudice del rinvio è stato investito, ossia un’azione diretta a ottenere informazioni e un risarcimento danni, esercitata congiuntamente nei confronti dei coautori di un’intesa dichiarata contraria al diritto dell’Unione, che hanno contribuito a tale infrazione in diversi luoghi e in diversi momenti.

61.      Le parti interessate che hanno presentato osservazioni scritte a tal riguardo hanno opinioni diverse in quanto la CDC e la Commissione ritengono che l’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I sia applicabile in siffatto contesto, mentre le convenute nel procedimento principale sostengono il contrario (74).

62.      Dalla giurisprudenza della Corte, relativa al vincolo di connessione richiesto da tale disposizione, emerge che, affinché le decisioni possano essere considerate «incompatibili», non è sufficiente che sussista una divergenza nella soluzione della controversia, ma è inoltre necessario che tale divergenza si collochi nel contesto di una stessa fattispecie sia di fatto che di diritto (75). La verifica di questi due criteri in circostanze come quelle del procedimento principale danno luogo a valutazioni antinomiche nelle osservazioni presentate alla Corte.

b)            Sull’esistenza di una stessa fattispecie di fatto

63.      Per le convenute nel procedimento principale, le richieste formulate nella domanda principale non soddisfano la condizione dell’identità della situazione di fatto, poiché sarebbe irrilevante che gli aderenti all’intesa illecita abbiano tutti partecipato ad accordi costitutivi di quest’ultima, poiché solo l’attuazione di tali accordi avrebbe potuto causare un danno concreto agli acquirenti che hanno ceduto i loro diritti alla CDC, e poiché occorrerebbe esaminare separatamente ogni richiesta che l’attore fa valere su tale fondamento.

64.      Al riguardo, condivido il punto di vista opposto, propugnato dal giudice del rinvio, dalla CDC e dalla Commissione, secondo il quale domande come quelle presentate nei confronti delle diverse convenute nel procedimento principale si fondano su una situazione di fatto unica, benché le stesse abbiano partecipato in modo difforme, sia dal punto di vista geografico che dal punto di vista temporale, secondo tale giudice, all’attuazione dell’intesa di cui trattasi nonché alla conclusione e all’esecuzione dei diversi contratti falsati da tale intesa che avrebbero causato un danno alle imprese che hanno ceduto i loro diritti all’attrice nel procedimento principale.

65.      Infatti, come rileva il giudice del rinvio, la decisione della Commissione sulla quale si fondano tali domande ha constatato, e ciò in modo vincolante per i giudici degli Stati membri (76), che un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE (articolo 101 TFUE) e all’articolo 53 dell’accordo SEE era stata commessa dalle società citate dalla CDC e che a ogni partecipante può essere imputato, in quanto coautore, il comportamento effettivo degli altri partecipanti, indipendentemente dal suo effettivo contributo (77). Esso aggiunge, a mio avviso correttamente, che, a causa del comportamento così constatato nel corso del procedimento amministrativo sanzionatorio, ogni autore dell’infrazione deve rispondere sul piano civilistico degli illeciti degli altri autori e, pertanto, dei danni che possono derivarne.

c)            Sull’esistenza di una stessa fattispecie di diritto

66.      La Corte ha già dichiarato che, alla luce del dettato dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, una differenza di fondamenti giuridici tra azioni proposte nei confronti di convenuti diversi non osta, di per sé, all’applicazione di tale disposizione, sempreché, tuttavia, i convenuti potessero prevedere il rischio di essere eventualmente convenuti nello Stato membro in cui almeno uno di essi ha il proprio domicilio (78).

67.      Nella fattispecie, i partecipanti a un’intesa dichiarata, con un’unica decisione della Commissione, costitutiva di una singola infrazione al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, e non commessa a livello di diversi ordinamenti giuridici nazionali, si trovano in una stessa fattispecie di diritto, più precisamente dinanzi a un obbligo di risarcimento derivante dal diritto dell’Unione, fondato su una giurisprudenza costante della Corte. Pertanto, essi potevano ragionevolmente prevedere di essere in seguito perseguiti congiuntamente in un’azione civile di risarcimento dinanzi al giudice nel cui distretto uno di essi aveva la propria sede. La prevedibilità della competenza richiesta dalla Corte, conformemente all’obiettivo di cui al considerando 11 del regolamento Bruxelles I, è quindi rispettata in siffatte circostanze.

68.      Inoltre, occorre evidenziare che nella sentenza Kalfelis, che ha introdotto il requisito della connessione tra le domande che possono essere riunite in forza di tale disposizione, la Corte ha fatto riferimento alla relazione Jenard, ai sensi della quale «[l]’applicazione [della] norma [di cui all’articolo 6, punto 1, della Convenzione di Bruxelles] richiede che esista un nesso tra le varie domande presentate contro i singoli convenuti: che si tratti, ad esempio, di debitori solidali» (79). Orbene, è quanto avviene esattamente nel caso del procedimento principale, secondo il giudice del rinvio, nonostante il fatto che tale qualificazione come domande di condanna in solido sia contestata da talune convenute.

69.      Ritengo che la mera possibilità che una responsabilità solidale, in caso di pluralità di trasgressori, sia applicata in uno degli Stati membri pertinenti, e non in altri, sia sufficiente a far sorgere il rischio di soluzioni diverse e tra loro incompatibili, ai sensi dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I. Infatti, nell’ordinamento giuridico di tale Stato membro, la responsabilità di ciascun convenuto si estenderebbe, ipoteticamente, alla totalità dei danni, mentre negli ordinamenti giuridici degli Stati membri in cui la responsabilità in solido sia negata, l’importo del risarcimento concesso potrebbe variare notevolmente, a seconda del giudice adito. Anche nell’ipotesi opposta, in cui siffatta solidarietà sia ammessa in tutti gli Stati membri pertinenti, il rischio che siano adottate decisioni incompatibili qualora le domande fossero valutate separatamente continuerebbe tuttavia a essere presente per quanto concerne la ripartizione della responsabilità tra i membri dell’intesa a seconda che vi abbiano partecipato per l’intero periodo considerato o per una parte di esso.

70.      Al riguardo è possibile osservare che, alla luce delle indicazioni fornite dalla Commissione nelle sue osservazioni, la responsabilità in solido dei partecipanti a una violazione congiunta del divieto di intese sancito all’articolo 101 TFUE risulta essere un principio generalmente riconosciuto negli ordinamenti giuridici degli Stati membri (80) e ammesso, in particolare, nella direttiva recentemente adottata in materia (81).

71.      Sottolineo che, nel caso in cui l’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I non sia applicabile a un procedimento come quello principale, ciò implicherebbe che giudici distinti debbano esaminare, senza concertazione, i danni asseriti alla luce di normative nazionali differenti (82), con il rischio che ciascun partecipante alla stessa intesa illecita sia condannato a un risarcimento di importo diverso, mentre sarebbe opportuno, se non addirittura necessario, statuire in modo uniforme sui diritti risarcitori fatti valere dal medesimo attore (83).

72.      La Commissione rileva, a mio avviso correttamente, che «l’effetto utile di tale disposizione sarebbe rimesso in discussione se quest’ultima fosse oggetto di un’interpretazione così restrittiva da rendere impossibile, in siffatte circostanze, la presentazione di ricorsi riuniti nei confronti di tutti i partecipanti all’intesa dinanzi a un giudice con sede nel domicilio di uno dei convenuti aderenti all’intesa, per il solo motivo della mancanza di competenza internazionale globale».

73.      Alla luce di tali elementi, ritengo che una situazione in cui più società con sede in Stati membri diversi siano giudicate separatamente dinanzi a giudici distinti, e non dinanzi a un solo giudice, ai fini di un risarcimento conseguente alla stessa intesa contraria al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, a causa di atti commessi certamente in momenti e luoghi diversi, ma che si inseriscono in un’infrazione unica e continuata, possa portare a soluzioni incompatibili se le cause sono giudicate separatamente, ai sensi dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I.

74.      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, spetterà al giudice del rinvio valutare l’esistenza di siffatto rischio nel procedimento principale, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti del fascicolo (84).

75.      Al pari della Commissione, osservo che siffatta interpretazione presenta il vantaggio non trascurabile di essere conforme alla volontà espressa dal legislatore nel regolamento Roma II e, in particolare, all’articolo 6, intitolato «Concorrenza sleale e atti limitativi della libera concorrenza», il cui paragrafo 3 prevede la possibilità per l’attore che agisce nei confronti di più convenuti, nell’ambito di una controversia relativa a tale materia, di concentrare le sue domande dinanzi a un solo giudice, «conformemente alle norme applicabili in materia di competenza giurisdizionale», e di fondarle sulla legge del foro (85). A mio avviso, occorre debitamente tener conto di tale orientamento normativo, per motivi di coerenza tra gli strumenti del diritto dell’Unione applicabili alle controversie transfrontaliere (86), nonostante il fatto che, come obiettano le convenute nel procedimento principale, il regolamento Roma II non sia applicabile nella fattispecie ratione temporis (87).

2.            Sull’incidenza, ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, della rinuncia all’azione esercitata nei confronti del solo convenuto con sede nello Stato del foro [prima questione, lettera b)]

76.      Il giudice del rinvio motiva la domanda presentata nella seconda parte della prima questione pregiudiziale operando una distinzione tra due problemi interpretativi dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I in caso di rinuncia all’azione nei confronti di quello tra i convenuti che consente di ricollegare l’intera controversia al giudice adito, ossia, da un lato, l’eventuale applicazione del principio della perpetuazione della competenza (88) fondata su tale disposizione in una fattispecie di tal genere (a) e, dall’altro, le conseguenze che devono essere tratte da un possibile abuso del diritto di avvalersi di un vincolo di connessione a tale titolo (b).

77.      Le risposte proposte dalle parti interessate che hanno presentato osservazioni su questi due problemi sono particolarmente contrastanti, ma è possibile osservare, in sintesi, che le convenute nel procedimento principale sostengono che l’estensione della competenza di cui al suddetto articolo 6, punto 1, non dovrebbe perdurare in siffatte circostanze (89), contrariamente alla posizione assunta dalla CDC e dalla Commissione, per quanto la posizione di quest’ultima sia più sfumata.

a)            Sul mantenimento della competenza fondata sull’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I in caso di rinuncia all’azione nei confronti del convenuto di riferimento

78.      Condivido l’opinione del giudice del rinvio, della CDC e della Commissione secondo la quale, anche supponendo che, al momento della proposizione dell’azione, sia dimostrata l’esistenza di un vincolo di connessione tra le domande presentate nei confronti di più convenuti, la successiva rinuncia nei confronti del convenuto che giustifica la competenza allargata del foro, in forza dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, non può comportare la cessazione di tale competenza.

79.      La Corte, di certo, non ha avuto ancora occasione di pronunciarsi direttamente su tale problema. Tuttavia, occorre rilevare che, nella sentenza Reisch Montage, essa ha sottolineato che tale disposizione non opera alcun rinvio a norme interne, le quali non possono quindi ostarvi, e ha precisato che la stessa deve essere applicata «anche nel caso in cui [l’]azione sia considerata, fin dalla sua introduzione, inammissibile nei confronti del (…) convenuto [domiciliato nello Stato membro del foro] in forza di una normativa nazionale» (90). Inoltre, nella sentenza Freeport, essa ha espressamente considerato il momento dell’introduzione dell’azione come punto di riferimento per valutare l’esistenza di una connessione tra le domande (91).

80.      Il criterio che ritengo decisivo affinché resti valida la competenza derivata di cui all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I è che la rinuncia all’azione nei confronti del convenuto di riferimento avvenga solo successivamente alla data in cui il giudice interessato sia stato adito conformemente alle condizioni processuali prescritte (92). Dato che, in tale data, il giudice era considerato validamente adito, è per contro indifferente, a mio avviso, che la rinuncia, come nella fattispecie, abbia preceduto la scadenza del termine fissato dal giudice per la presentazione del controricorso e l’inizio della prima udienza.

81.      Al riguardo occorre ricordare che l’articolo 30 del regolamento Bruxelles I definisce la data in cui il giudice di uno Stato membro viene ritenuto adito, ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella sezione 9, relativa alla litispendenza e alla connessione (93). È possibile, a mio avviso, tener conto di tale definizione anche per le altre sezioni del capo II, relativo alle norme sulla competenza, se non addirittura necessario, in particolare riguardo a detto articolo 6, punto 1, in quanto quest’ultimo enuncia una regola che si fonda anch’essa sull’esistenza di una connessione tra le domande (94).

82.      Inoltre, il fatto che domande connesse continuino ad essere riunite dinanzi al giudice adito, reso possibile in applicazione dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, è conforme agli obiettivi di buona amministrazione della giustizia, di prevedibilità e di certezza del diritto, cui si riferiscono le norme sulla competenza previste da tale regolamento (95), poiché mantenere tale riunione consente di evitare che siano adottate decisioni incompatibili, quantomeno nei confronti dei restanti convenuti, i quali, inoltre, al momento della rinuncia in questione, erano già venuti a conoscenza del fatto che erano tutti convenuti dinanzi a tale giudice.

83.      Ritengo quindi che il fatto che l’attore rinunci alla sua azione nei confronti del solo convenuto domiciliato nel distretto del foro non incida, di per sé, sulla competenza fondata su detto articolo 6, punto 1, quando tale rinuncia avviene in una data successiva a quella in cui il giudice interessato sia stato validamente adito, purché sia parimenti soddisfatta una condizione complementare, che verrà esposta qui di seguito.

b)            Sul limite risultante dall’abuso del diritto di fondare la competenza sull’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I

84.      Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, «la norma di competenza (…) sancita dall’articolo 6, punto 1, del regolamento [Bruxelles I] non può essere [applicata] in modo tale da poter consentire ad un ricorrente di proporre una domanda diretta nei confronti di più convenuti al solo fine di sottrarre uno di questi ai giudici dello Stato membro ove egli è domiciliato» (96). Tale restrizione inerente a un’eventuale violazione delle norme sul foro competente, fondata sulla relazione Jenard (97), è perfettamente coerente con il requisito secondo cui le deroghe alla competenza generale dei giudici del domicilio del convenuto, di cui all’articolo 2 del regolamento Bruxelles I, debbano essere intese in modo restrittivo.

85.      La Corte ha precisato, nella sentenza Freeport, che, «qualora le domande promosse nei confronti di più convenuti siano connesse al momento del loro esperimento», la norma sulla competenza enunciata al suddetto articolo 6, punto 1, è applicabile «senza che sia inoltre necessario verificare ulteriormente che dette domande non siano state presentate esclusivamente allo scopo di sottrarre uno di tali convenuti ai giudici dello Stato membro in cui egli ha il suo domicilio» (98). La questione delle conseguenze che devono essere tratte da tale formula un po’ ambigua pone problemi al giudice del rinvio e divide sia le parti della causa in esame che la dottrina relativa a detta sentenza (99).

86.      Al riguardo, l’analisi svolta dal giudice del rinvio mi sembra corretta, in quanto esso ritiene che, quando è soddisfatta la condizione relativa all’esistenza di un vincolo di connessione tra le domande, ai sensi di tale disposizione, il giudice adito non ha l’obbligo di esaminare sistematicamente se la competenza allargata che ne deriva sia stata ammessa in seguito a un abuso di diritto, ma ha tuttavia la possibilità di procedere a siffatto esame nel caso in cui elementi di prova attestino a sufficienza che l’attore che li fa valere ha manovrato in modo da sviare tale norma sulla competenza dal suo scopo.

87.      Orbene, nella fattispecie, il giudice del rinvio fa riferimento a una probabile collusione tra l’attrice nel procedimento principale e la Evonik Degussa, convenuta nel procedimento principale, la cui sede è ubicata in Germania, le quali avrebbero volontariamente differito la conclusione formale della loro transazione stragiudiziale a un momento successivo alla proposizione dell’azione, mentre, molto prima, sarebbe stato previsto, se non addirittura deciso, un accordo tra dette parti, al solo fine di stabilire una competenza giurisdizionale allargata in tale Stato membro (100).

88.      A condizione che la presunta manovra ingannevole che, nella fattispecie, è contestata dalle interessate sia non solo probabile, ma accertata, ciò che spetterà al giudice nazionale verificare, siffatto abuso di diritto, volto a privare uno o più convenuti della competenza generale dei giudici dello Stato membro in cui essi sono domiciliati (101), dovrebbe essere, a mio avviso, sanzionato dal diniego di applicare, in tali circostanze, l’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, dato che i criteri di connessione non sussisterebbero effettivamente alla data di proposizione dell’azione (102). Infatti, l’interesse a che il giudice del domicilio del convenuto di riferimento istruisca e decida allo stesso tempo le domande proposte nei confronti di più convenuti, conformemente a tale disposizione, è venuto meno sin dal momento in cui una transazione vincolante ha posto fine, nei confronti di tale convenuto, all’obbligo giuridico che l’attore avrebbe potuto far valere nei suoi confronti dinanzi a detto giudice. Al di fuori di tali casi specifici, in siffatto contesto normativo, non occorre per contro verificare e reprimere, a mio avviso, un abuso di diritto.

89.      Preciso che l’esistenza del vincolo di connessione prescritto dall’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I offre un’opzione a favore dell’attore, il quale ha facoltà, a mio avviso e conformemente al punto di vista espresso dagli avvocati generali Ruiz‑Jarabo Colomer e Mengozzi riguardo al forum shopping, di esercitare tale opzione nel modo che ritiene più opportuno e proficuo, senza che ciò costituisca di per sé una violazione delle norme sul foro competente (103). Inoltre, in caso di intese illecite come quella di cui trattasi nel procedimento principale, l’applicazione di tale disposizione può per ipotesi, visto il suo obiettivo, condurre a una situazione in cui uno o più convenuti debbano rispondere delle loro azioni illecite dinanzi a un giudice diverso da quello del loro domicilio; pertanto, qualsiasi obiezione basata su tale risultato concreto è irrilevante.

90.      Alla luce di tutti questi elementi, ritengo che la norma sulla competenza allargata di cui all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I non sia applicabile quando è debitamente dimostrato, secondo il giudice adito, che l’attore aveva concluso una transazione giuridicamente vincolante con il convenuto domiciliato nello Stato membro del foro prima di proporre la sua azione e che esso aveva deliberatamente dissimulato l’esistenza di tale accordo precedente, al solo fine di privare uno degli altri convenuti della competenza dei giudici dello Stato membro in cui è domiciliato.

D –          Sull’eventuale applicazione di clausole attributive di competenza e di clausole compromissorie in una controversia come quella oggetto del procedimento principale (terza questione)

91.      Con la terza questione, la cui motivazione è, purtroppo, abbastanza sintetica, la Corte è invitata a dichiarare se, tenuto conto del principio posto dalla Corte della piena efficacia del divieto di intese, sancito all’articolo 101 TFUE e garantito dal diritto per le vittime al risarcimento dei danni subiti in tale settore (104), sia ammissibile, nella fattispecie, derogare alle norme sulla competenza di cui agli articoli 5, punto 3, e/o 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I attraverso il meccanismo delle clausole compromissorie e/o delle clausole attributive di competenza (1).

92.      Dato che quest’ultimo tipo di clausole rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 23 di detto regolamento, contrariamente alle clausole compromissorie, occorrerà tener conto dell’impatto di tale disposizione nel presente contesto (2). Inoltre, anche se il giudice del rinvio parte a priori dal principio che le due categorie di clausole fatte valere dalle convenute nel procedimento principale possano essere applicate nell’ambito di un’azione di risarcimento come quella esercitata nel procedimento principale (105), punto che a mio avviso andrebbe discusso (4), occorrerà in ogni caso chiedersi se e in quale misura siffatte clausole possano produrre effetti sebbene il contenuto dei contratti in cui esse sono contenute sia stato falsato dall’intesa illecita di cui trattasi (3).

1.            Sul problema sottoposto alla Corte

93.      Per contestare la competenza del Landgericht Dortmund, le convenute nel procedimento principale hanno obiettato che clausole compromissorie e clausole attributive di competenza erano contenute in taluni contratti di fornitura conclusi tra gli acquirenti di perossido di idrogeno, che hanno ceduto i loro diritti alla CDC, e i fornitori che hanno partecipato all’intesa illecita sulla quale si fondano le domande di risarcimento presentate da quest’ultima.

94.      La decisione di rinvio non contiene una descrizione dettagliata delle clausole in questione. Tuttavia, dalle osservazioni della CDC emerge che, secondo le affermazioni delle convenute nel procedimento principale, alcuni di detti contratti di fornitura avrebbero contenuto siffatte clausole, o sotto forma di condizioni generali di un determinato contratto (106), o in base a contratti quadro riguardanti più forniture a un cliente nel corso di un periodo indipendente dal periodo dell’intesa (107), con la precisazione che taluni clienti avrebbero concluso più clausole con diversi fornitori (108) o clausole diverse nei diversi contratti conclusi con i medesimi fornitori (109). La questione se le clausole attributive di competenza fatte valere designassero unicamente giudici con sede in Stati membri, oppure anche giudici con sede in Stati terzi, non è formulata con chiarezza.

95.      Ai sensi della motivazione della terza questione, esposta dal giudice del rinvio, quest’ultimo ritiene che, nel caso in cui le clausole in questione riguardino i diritti risarcitori asseriti, circostanza che spetta solo ad esso determinare (110), occorrerebbe chiedersi se il principio di effettiva attuazione del divieto di intese nel diritto dell’Unione osti all’applicazione di siffatte clausole quando il giudice cui sia stata presentata una domanda di tal genere è competente in forza degli articoli 6, punto 1, e/o 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I.

96.      Tra le parti interessate che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, soltanto la CDC sostiene che le suddette clausole non debbano essere prese in considerazione in siffatto contesto. La Commissione sottolinea tuttavia che, per definire la questione preliminare se una clausola compromissoria o attributiva della competenza riguardi effettivamente diritti risarcitori come quelli di cui trattasi, il giudice nazionale dovrà prendere in considerazione il fatto che detti diritti derivano non già dai contratti di fornitura in questione, bensì dall’illecito costituito da un accordo collusivo esterno a tali contratti.

97.      Prima di pronunciarmi al riguardo, intendo fornire alcune precisazioni, a mio avviso, rilevanti. In primo luogo, ricordo che le clausole di elezione del foro con le quali le parti, di cui almeno una domiciliata nel territorio di uno Stato membro, abbiano designato il giudice di uno Stato membro per conoscere delle controversie presenti o future nate da un rapporto giuridico determinato rientrano nel disposto dell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I.

98.      Per contro le clausole compromissorie sono, in via di principio, escluse dall’ambito di applicazione di tale regolamento (111). Ne deriva che le questioni relative alla validità e all’opponibilità di queste ultime clausole dovrebbero essere disciplinate dal diritto nazionale di ciascuno degli Stati membri nonché dalle convenzioni internazionali che vincolano questi ultimi (112). Tuttavia, la Corte ha dichiarato che se, in base all’oggetto principale della controversia, vale a dire in base alla natura dei diritti da tutelare in un procedimento – quali quelli a fondamento di una domanda di risarcimento danni –, il procedimento avviato dinanzi a un giudice statale rientra nell’ambito di applicazione del regolamento Bruxelles I, altresì vi rientra una questione incidentale riguardante, in via preliminare, l’applicabilità di un accordo arbitrale, compresa la sua validità, e quindi spetta esclusivamente a tale giudice statuire sull’eccezione di incompetenza basata sull’esistenza di un accordo arbitrale e sulla propria competenza ai sensi delle disposizioni di tale regolamento (113).

99.      Nonostante tale differenza per quanto riguarda l’applicabilità del regolamento Bruxelles I, occorre sottolineare che le due categorie di clausole in questione hanno come effetto comune di consentire di derogare alle norme sulla competenza enunciate da tale regolamento, e ciò per il rispetto dell’autonomia delle parti riguardo alla determinazione del giudice, statale o arbitrale a seconda dei casi, al quale essi intendono affidare il compito di definire le loro controversie (114).

100. Tuttavia, una clausola attributiva della competenza conforme all’articolo 23 del regolamento Bruxelles I potrà attribuire la competenza soltanto ai giudici degli Stati membri dell’Unione e per estensione, in forza della Convenzione di Lugano (115), ai giudici degli Stati aderenti alla suddetta Convenzione, mentre una clausola compromissoria può stabilire che l’arbitrato abbia luogo in qualsiasi Stato terzo. Orbene, la probabilità che le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di concorrenza non siano applicate, anche come norme di ordine pubblico, è più elevata nel caso in cui la competenza sia attribuita ad arbitri o a giudici di Stati non vincolati dalla suddetta Convenzione di Lugano (116).

101. In secondo luogo, sottolineo che il rapporto tra il meccanismo delle clausole attributive di competenza o delle clausole compromissorie, da un lato, e le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, dall’altro, è complesso in quanto il contesto normativo degli ostacoli alla libera concorrenza, previsto da tali disposizioni, offre una grande varietà di possibili configurazioni. Per quanto riguarda, più in particolare, il diritto a un risarcimento integrale fondato sull’articolo 101 TFUE, ricordo che la qualificazione della responsabilità dell’autore di un’infrazione a tale disposizione come avente natura contrattuale o extracontrattuale non è sempre agevole e che risultano differenze, al riguardo, tra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri (117).

102. L’esistenza di vincoli contrattuali diversi tra i partecipanti all’intesa e le vittime di siffatta infrazione solleva la questione se le clausole considerate possano consentire di derogare, nella fattispecie, alla competenza di un giudice di uno Stato membro che sarebbe fondata sugli articoli 5 o 6 del regolamento Bruxelles I, nonostante il fatto che il contenuto dei contratti in cui esse sono inserite sia stato inficiato da detta infrazione.

103. Dato che la determinazione della portata materiale di siffatte clausole spetta unicamente al giudice nazionale (118), la terza questione pregiudiziale invita quindi la Corte, essenzialmente, a stabilire se e in qual modo i principi inerenti all’articolo 101 TFUE possano influire, anzitutto, sull’applicazione dell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I in caso di clausole attributive di competenza rientranti in tale disposizione e, inoltre, sull’applicazione di altri tipi di clausole attributive di competenza e di clausole compromissorie disciplinate, a loro volta, da norme proprie del diritto degli Stati membri.

2.            Sull’esclusione delle norme sulla competenza di cui agli articoli 5 e 6 del regolamento Bruxelles I mediante clausole attributive di competenza conformi all’articolo 23 di tale regolamento

104. Si deve anzitutto constatare che il risarcimento per danni causati da un’intesa illecita, come quello richiesto dall’attore nel procedimento principale, rientra in generale nell’autonomia della volontà delle parti, in quanto si tratta dell’obbligo di diritto civile gravante su qualsiasi soggetto che abbia commesso un atto vietato di riparare finanziariamente i danni subiti da un altro soggetto, settore in cui i diritti sostanziali degli interessati non sono indisponibili (119). Parimenti, il regolamento Bruxelles I non esclude la possibilità per le parti di attribuire la competenza ratione loci (120) al giudice di uno Stato membro nell’ambito di una controversia vertente su una questione di tal genere conformemente all’articolo 23 di tale regolamento.

105. Per quanto riguarda il combinato disposto tra quest’ultimo articolo e gli articoli 5, punto 3, e/o 6, punto 1, del regolamento I, la Kemira rileva correttamente che la Corte ha già dichiarato che, concludendo un accordo di elezione del foro conforme all’articolo 17 della Convenzione di Bruxelles, le parti avevano la facoltà di derogare non solo alla competenza generale prevista all’articolo 2, ma anche alle competenze speciali previste agli articoli 5 e 6 (121). Essa ha precisato, da un lato, che «questa interpretazione si giustifica con la considerazione che [detto] art[icolo] 17 si basa sul riconoscimento dell’autonomia della volontà delle parti in materia di attribuzione della competenza ai giudici chiamati a conoscere controversie che rientrano nell’ambito di applicazione della convenzione, diverse da quelle che sono espressamente eccettuate in forza dell’art[icolo] 17, 2° comma» e, dall’altro, che «una clausola del genere conserva sempre efficacia pratica nel senso ch’essa ha per conseguenza di escludere, nei rapporti tra le parti, altre attribuzioni di competenza facoltativa, quali figurano negli art[icoli] 5‑6 della convenzione [di Bruxelles]» (122).

106. Ciò vale anche per le disposizioni equivalenti del regolamento Bruxelles I, in quanto, conformemente ai considerando 11 e 14 nonché all’articolo 23, paragrafo 5, di detto regolamento, «deve essere rispettata l’autonomia delle parti (...) relativamente alla scelta del foro competente per i contratti», salvo nei casi in cui siano applicabili o norme particolari in materia di competenza destinate a tutelare la parte più debole (123), o le norme sulle competenze esclusive enunciate all’articolo 22. Al di fuori delle disposizioni la cui applicazione è così espressamente riservata, tra le quali non figurano gli articoli 5 e 6 di tale regolamento, un accordo attributivo di competenza conforme all’articolo 23 deve essere pienamente efficace e, in particolare, conferire una competenza esclusiva al foro eletto.

107. Tale prevalenza della volontà delle parti vale, in particolare, rispetto agli obiettivi dell’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, relativo alla concentrazione delle competenze e all’economia processuale, e ciò, a mio avviso, anche se detta clausola non indica esplicitamente che le parti hanno avuto la volontà di derogare a tale disposizione specifica.

108. Per quanto riguarda l’articolo 5, punto 3, di tale regolamento, si dovrà innanzi tutto stabilire se una clausola attributiva della competenza sia effettivamente applicabile in una controversia come quella oggetto del procedimento principale, la quale rientra, a mio avviso, nella materia extracontrattuale e non contrattuale (124), e se è opponibile a un attore quale la CDC, per effetto della sostituzione negli impegni assunti dalle imprese che le hanno ceduto i loro diritti (125), ciò che spetterà al giudice del rinvio verificare seguendo gli orientamenti forniti dalla Corte al riguardo.

109. Ricordo, in particolare, che dalla giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 23 del regolamento Bruxelles I risulta, da un lato, che la validità di una clausola attributiva della competenza inserita in un contratto è subordinata alla circostanza che le parti che l’hanno concluso abbiano prestato chiaramente il loro consenso riguardo a tale clausola e, dall’altro, che il giudice adito è tenuto a esaminare l’effettività del consenso degli interessati a tal proposito (126).

110. Inoltre, ai sensi di detto articolo, un accordo di elezione del foro può solo riguardare le controversie presenti o future «nate da un determinato rapporto giuridico». Dopo aver interpretato quest’ultimo criterio sotto il profilo dell’articolo 17 della Convenzione di Bruxelles, la Corte ha precisato che «[t]ale requisito mira a limitare la portata di un accordo attributivo di competenza alle sole controversie che hanno origine dal rapporto giuridico in occasione del quale tale accordo è stato concluso. Esso ha lo scopo di evitare che una parte sia colta di sorpresa dall’attribuzione, ad un foro determinato, dell’insieme delle controversie che sorgessero nei rapporti che essa intrattiene con la controparte e che trovassero origine in rapporti diversi da quello in occasione del quale è stata convenuta l’attribuzione di competenza» (127).

111. Orbene, al pari della CDC, dubito fortemente che una clausola attributiva della competenza inclusa in contratti come quelli di cui trattasi possano soddisfare il requisito di un consenso chiaro e non viziato, in quanto si tratta in tal caso di rendere competente il giudice designato a decidere una controversia relativa alla responsabilità extracontrattuale di uno dei contraenti derivante da un’intesa illecita, mentre l’esistenza di quest’ultima non era nota alla presunta vittima nel momento in cui essa ha concluso siffatto accordo.

112. Per contro, sarebbe, a mio avviso, assolutamente possibile ammettere che la vittima aderisca a un accordo attributivo della competenza dopo che essa abbia appreso dell’esistenza dell’intesa vietata dall’articolo 101 TFUE, poiché, in tal caso, detto accordo, successivo al sorgere della controversia, è accettato con piena cognizione di causa.

113. Al riguardo, sottolineo che la summenzionata direttiva 2014/104, relativa alle azioni di risarcimento di diritto interno conseguenti a infrazioni al diritto dell’Unione in materia di concorrenza, tende in particolare a favorire il ricorso a meccanismi consensuali di risoluzione delle controversie, come la composizione amichevole o l’arbitrato, e ad aumentare la loro efficacia (128). Tale approccio mi sembra fondato, purché le parti abbiano pienamente e liberamente acconsentito ad attribuire la questione dei diritti risarcitori derivanti da un’intesa illecita a un determinato foro, anche se è diverso da quello che sarebbe competente in applicazione degli articoli 5, punto 3, o 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I.

114. Indipendentemente dall’analisi che sarà svolta dal giudice del rinvio riguardo a questi ultimi punti, ritengo che il principio della piena efficacia del divieto di intese di cui all’articolo 101 TFUE, cui fa riferimento la terza questione pregiudiziale, non debba interferire con il caso particolare delle clausole attributive di competenza rientranti nell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I.

115. Infatti, riguardo a siffatta clausola, sono non già le norme nazionali, bensì le disposizioni di detto articolo a determinare, nel diritto dell’Unione, la competenza giurisdizionale dei giudici degli Stati membri in materia civile e commerciale, fissando sia le condizioni di validità che gli effetti giuridici di tale clausola (129). Orbene, la trattazione che precede, riguardante l’interpretazione giurisprudenziale di detto articolo 23 (130) porta chiaramente a far prevalere, se del caso, le clausole conformi alle esigenze inerenti a tale articolo, in particolare per quanto riguarda il consenso della persona asseritamente lesa dall’intesa illecita, rispetto ai criteri di competenza risultanti dagli articoli 5 e/o 6 di tale regolamento.

116. Aggiungo che la fiducia reciproca tra i giudici degli Stati membri, che costituisce uno dei pilastri del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dalla Convenzione di Bruxelles e ripreso nel regolamento Bruxelles I (131), implica, a mio avviso, che la competenza del giudice eletto dalle parti in linea con l’articolo 23 di tale regolamento non possa essere vanificata in base all’articolo 101 TFUE, al pari di quanto dichiarato dalla Corte secondo la quale non è consentito far valere l’ordine pubblico per opporsi all’esecuzione di una sentenza proveniente da un altro Stato membro per il motivo che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza non avrebbe ricevuto, in tale sentenza, una corretta applicazione nel merito (132).

117. Pertanto, ritengo che, in presenza di una clausola che designa un giudice di un altro Stato membro e che sia riconosciuta conforme all’articolo 23 del regolamento Bruxelles I e debitamente applicabile alla controversia di cui quest’ultimo è investito, il giudice di uno Stato membro dovrebbe declinare la propria competenza, anche quando tale clausola porta a escludere le norme speciali sulla competenza di cui agli articoli 5 e/o 6 di tale regolamento, e ciò nonostante il principio di effettiva attuazione del divieto di intese derivante dall’articolo 101 TFUE.

3.            Sull’incidenza, relativamente ad altri tipi di clausole fatte valere, del principio della piena efficacia del divieto di intese sancito all’articolo 101 TFUE

118. Per quanto riguarda le clausole attributive di competenza alle quali l’articolo 23 del regolamento Bruxelles I non risulti applicabile e per quanto riguarda le clausole compromissorie, il problema sottoposto dal giudice del rinvio è più complesso, in quanto deve essere esaminato mediante applicazione non già delle disposizioni di tale regolamento, come interpretate dalla Corte, bensì delle norme di diritto nazionale, la cui attuazione deve essere conforme alle disposizioni vincolanti del diritto primario dell’Unione e, segnatamente, all’articolo 101 TFUE.

119. Al riguardo ricordo che, conformemente a una costante giurisprudenza, derivante dalle citate sentenze Courage e Crehan e Manfredi e a. (133), la Corte ha dichiarato che, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ogni singolo Stato membro stabilire le modalità di esercizio del diritto di agire per il risarcimento del danno risultante da un’intesa vietata dall’articolo 101 TFUE (134), sempreché siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività, i quali richiedono, in particolare, che tali norme nazionali non pregiudichino la piena efficacia del diritto dell’Unione in materia di concorrenza e tengano conto, più specificamente, dell’obiettivo previsto da detto articolo (135). A mio avviso, ne deriva che, nella fattispecie, l’applicazione di norme nazionali non può consentire che le clausole attributive di competenza e/o compromissorie in questione possano essere applicate in modo da compromettere la piena efficacia summenzionata.

120. Inoltre, la Corte ha ritenuto che la piena efficacia dell’articolo 101 TFUE e, in particolare, l’effetto utile del divieto sancito al paragrafo 1 di detto articolo (136) sarebbero rimessi in discussione se non fosse consentito a chiunque di chiedere il risarcimento del danno causatogli da un contratto o da un comportamento idoneo a restringere o a falsare il gioco della concorrenza, come l’intesa illecita che, nella fattispecie, costituisce il fondamento delle pretese della CDC. Infatti, la garanzia del diritto di chiedere il risarcimento di siffatto danno è tale, in particolare, da scoraggiare accordi o pratiche di tal genere, che sono spesso dissimulati, e contribuisce quindi sostanzialmente al mantenimento di un’effettiva concorrenza all’interno dell’Unione (137).

121. In via generale, dinanzi a una clausola compromissoria, il giudice di uno Stato membro dovrebbe dichiarare la propria incompetenza e rinviare le parti all’arbitrato, su richiesta di una di esse, salvo nel caso in cui detto giudice constati che la convenzione arbitrale fatta valere sia nulla, inoperante o inapplicabile alla controversia dinanzi ad esso pendente, e ciò dopo un esame effettuato, nell’esercizio della sua competenza, alla luce delle esigenze del suo diritto nazionale (138), dato che il regolamento Bruxelles I non stabilisce le condizioni di validità di siffatta clausola (139). Ciò varrebbe anche per le clausole che designano un giudice statale non rientranti nell’articolo 23 di detto regolamento.

122. Tuttavia, il principio di effettiva attuazione del divieto di intese nel diritto dell’Unione, considerato dal giudice del rinvio, può essere, a mio avviso, applicato alle clausole di elezione del foro in questione o alle clausole compromissorie, segnatamente al fine di garantire che chiunque abbia il diritto di chiedere il risarcimento integrale dei danni derivanti da un’intesa vietata, come quelli asseriti nel procedimento principale.

123. In tal senso, occorre rilevare che nella sentenza Eco Swiss, vertente sul rapporto tra l’arbitrato e le norme sulla concorrenza derivanti dal diritto dell’Unione, la Corte ha precisato che l’articolo 85 del Trattato, divenuto articolo 101 TFUE, «può essere considerato una disposizione di ordine pubblico» (140). Essa ha dichiarato, in tale sentenza, che, «nei limiti in cui un giudice nazionale debba, in base alle proprie norme di diritto processuale nazionale, accogliere un’impugnazione per nullità di un lodo arbitrale fondata sulla violazione delle norme nazionali di ordine pubblico, esso deve ugualmente accogliere tale domanda se ritiene che la decisione sia effettivamente in contrasto con [tale articolo]. [Infatti,] il diritto comunitario esige che questioni relative all’interpretazione del divieto sancito [da detto articolo] possano essere esaminate dai giudici nazionali chiamati a pronunciarsi sulla validità di un lodo arbitrale e possano essere oggetto, all’occorrenza, di un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte» (141).

124. Per analogia, ritengo che il diritto dell’Unione esiga di lasciare inapplicata una clausola compromissoria, al pari di una clausola attributiva della competenza non disciplinata dall’articolo 23 del regolamento Bruxelles I, nei casi in cui l’applicazione di siffatta clausola pregiudichi l’effetto utile dell’articolo 101 TFUE. Al riguardo, si può utilmente osservare che la suddetta sentenza Eco Swiss è precedente alle citate sentenze Courage e Crehan e Manfredi e a., che hanno sancito il riconoscimento, nel diritto dell’Unione, di un diritto al risarcimento di tutti i danni subiti dalle vittime degli ostacoli illeciti alla libera concorrenza, non solo nell’interesse di dette vittime, ma soprattutto per preservare gli interessi generali connessi a tale libertà. La giurisprudenza successiva a queste due sentenze ha ulteriormente rafforzato tale approccio, incoraggiando l’applicazione privata di dette norme sulla concorrenza (comunemente denominata «private enforcement»), in particolare grazie all’eliminazione di ostacoli che possono derivare da disposizioni nazionali (142).

125. È vero che l’applicazione di clausole attributive di competenza o di clausole compromissorie non costituisce di per sé un ostacolo all’effetto utile dell’articolo 101 TFUE ai sensi della giurisprudenza citata. In particolare, il fatto che clausole di tal genere, qualora siano valide e applicabili alla controversia considerata, possano comportare l’esclusione dei criteri di competenza speciali di cui agli articoli 5 e/o 6 del regolamento Bruxelles I non comporta necessariamente che le presunte vittime di un danno causato da un’intesa illecita siano private della possibilità di ottenere un risarcimento integrale a tale titolo, in quanto non è impedito loro di agire dinanzi a ciascuno dei giudici statali o degli arbitri designati, anche se, vista la grande varietà delle clausole opposte nella fattispecie, la loro applicazione potrebbe rendere indubbiamente più difficile un’operazione di tal genere.

126. Tuttavia, considero una questione delicata mettere in pratica tale presa di posizione teorica nel particolare contesto di un’intesa illecita che ha coinvolto un gran numero di partecipanti e di presunte vittime e la cui esecuzione ha dato luogo a una molteplicità di contratti individuali di fornitura, possibilmente conclusi tra diverse società del gruppo di un venditore o di un acquirente (143). Infatti, nel caso di una restrizione della concorrenza a carattere orizzontale, come quella sulla quale si fonda l’azione nel procedimento principale, mi sembra difficile ammettere un’esclusione dei normali mezzi di tutela giurisdizionale, salvo quando le presunte vittime abbiano espressamente prestato il loro consenso in tal senso e a condizione che i giudici statali o gli arbitri, ai quali la competenza è stata così attribuita, siano tenuti ad applicare le disposizioni del diritto dell’Unione in materia di concorrenza quali norme di ordine pubblico.

4.            Sull’operatività delle clausole attributive di competenza e delle clausole compromissorie in una controversia come quella oggetto del procedimento principale

127. Il problema essenziale, che si porrà in effetti, in via preliminare, per il giudice nazionale, è di stabilire se le clausole compromissorie e le clausole attributive di competenza, fatte valere dalle convenute nel procedimento principale, abbiano realmente un’incidenza nella fattispecie. È vero che, conformemente all giurisprudenza della Corte (144), solo il giudice investito della controversia nel procedimento principale può, e anzi deve, procedere alla valutazione della validità e della portata di una clausola di elezione del foro che gli viene opposta. Orbene, il Landgericht Dortmund sembra ritenere, anche se la decisione di rinvio non è esplicita al riguardo, che l’oggetto della controversia possa rientrare nei due tipi di clausole inserite nei contratti di fornitura, la cui osservanza viene richiesta dalle convenute nel procedimento principale.

128. Tuttavia, come sottolineano sia la CDC sia la Commissione, è lecito nutrire forti dubbi sul fatto che i diritti risarcitori fatti valere dall’attrice nel procedimento principale derivino dai contratti nei quali tali clausole erano contenute.

129. Per analogia con quanto ha stabilito la Corte riguardo alle clausole attributive di competenza, rientranti nell’articolo 23 del regolamento Bruxelles I (145), mi sembra difficile ammettere che le competenze giurisdizionali fondate sulle disposizioni di tale regolamento possano essere escluse nel caso in cui l’applicazione del diritto di uno Stato membro consenta che sia assoggettato a un altro tipo di clausole attributive di competenza o a una clausola compromissoria l’insieme delle controversie che sorgessero nei rapporti che una parte intrattiene con la controparte e che trovassero origine in rapporti diversi da quello in occasione del quale la clausola in questione è stata accettata. Il requisito di un collegamento ben definito tra la clausola fatta valere e un rapporto giuridico determinato mi sembra anche in questo caso necessario, al fine di garantire la prevedibilità della competenza.

130. A mio avviso, i diritti asseriti nella fattispecie derivano piuttosto dall’illecito civile costituito dall’intesa organizzata e attuata, in modo occulto, dalle convenute nel procedimento principale. Infatti, il procedimento principale ha ad oggetto le conseguenze pecuniarie derivanti da tale comportamento fraudolento, il quale è per natura distinto dai contratti di fornitura fatti valere (146). Una clausola attributiva di competenza o una clausola compromissoria non può essere stata validamente conclusa in siffatte circostanze, ossia anche prima della conoscenza, da parte delle presunte vittime, dell’esistenza dell’evento causale e dei danni che quest’ultimo avrebbe causato.

131. Del resto, anche il giudice del rinvio si orienta verso questa stessa qualificazione della controversia nel procedimento principale, in quanto sembra ritenere, in particolare a termini della sua seconda questione, che l’azione di responsabilità civile dinanzi ad esso pendente rientri nella materia degli illeciti civili dolosi o colposi di cui all’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, e non nella materia contrattuale di cui all’articolo 5, punto 1, di tale regolamento (147). Tuttavia, in alcuni ordinamenti giuridici nazionali, la qualificazione dell’oggetto della controversia come extracontrattuale non esclude di per sé l’applicabilità di clausole attributive di competenza o di clausole compromissorie, la quale dipende evidentemente, in ogni caso concreto, dalla formulazione della clausola in questione (148).

132. Pertanto, ritengo che l’articolo 101 TFUE debba essere interpretato nel senso che l’applicazione di clausole attributive di competenza e/o di clausole compromissorie nell’ambito di un’azione diretta a ottenere il risarcimento dei danni causati da un’intesa dichiarata contraria a tale articolo non viola di per sé il principio della piena efficacia del divieto di intese. Tuttavia, affinché una clausola appartenente all’una o all’altra categoria possa essere dichiarata applicabile, in forza del diritto di uno Stato membro, in una controversia relativa alla responsabilità extracontrattuale che può derivare da siffatta intesa, detto principio osta, a mio avviso, a che la competenza relativa a tale controversia sia attribuita in forza di una clausola contenuta in un contratto il cui tenore sia stato convenuto quando la parte alla quale tale clausola viene opposta non era a conoscenza dell’intesa in questione e della sua illiceità, e non aveva quindi potuto prevedere che la clausola potesse applicarsi ai risarcimenti richiesti su tale fondamento.

V –    Conclusione

133. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Landgericht Dortmund (Germania) nei termini seguenti:

1)      a)     L’articolo 6, punto 1, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che, quando nei confronti di un convenuto, il cui domicilio sia situato nel distretto di un giudice di uno Stato membro, e di convenuti domiciliati in altri Stati membri sia proposta un’azione dinanzi a detto giudice per ottenere informazioni e un risarcimento danni, in solido, a seguito di un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE (articolo 101 TFUE) accertata dalla Commissione europea, alla quale essi hanno partecipato in Stati membri diversi e in momenti diversi, si rende opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili.

b)      L’articolo 6, punto 1, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che il fatto che l’attore abbia rinunciato all’azione nei confronti del solo convenuto domiciliato nel distretto del giudice adito non incide sull’applicazione di tale disposizione, sempreché siffatta rinuncia, da un lato, sia avvenuta successivamente alla data in cui il giudice è stato validamente adito e, dall’altro, non sia correlata a una transazione conclusa in modo vincolante tra l’attore e detto convenuto prima di tale data, ma dissimulata al solo fine di sottrarre uno degli altri convenuti alla competenza dei giudici dello Stato membro in cui è situato il suo domicilio.

2)      L’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato nel senso che, quando nei confronti di convenuti domiciliati in Stati membri diversi viene proposta un’azione di risarcimento danni a seguito di un’intesa, dichiarata costitutiva di un’infrazione unica e continuata all’articolo 81 CE (articolo 101 TFUE) con decisione della Commissione europea, alla quale essi hanno partecipato in più Stati membri in luoghi e in momenti diversi, l’evento dannoso non può ritenersi avvenuto, nei confronti di ogni convenuto e per l’insieme dei danni fatti valere o per l’intero danno, in ciascuno degli Stati membri nel cui territorio l’intesa illecita sia stata conclusa e/o attuata.

3)      L’articolo 101 TFUE deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un’azione per il risarcimento dei danni causati da un’infrazione a tale articolo, il principio della piena efficacia del divieto di intese nel diritto dell’Unione non osta all’applicazione di clausole attributive di competenza conformi all’articolo 23 del regolamento n. 44/2001, mentre tale principio osta all’applicazione di clausole compromissorie e/o di clausole attributive di competenza non rientranti nel suddetto articolo 23 quando il diritto nazionale applicabile permette che la competenza relativa a tale controversia sia attribuita in forza di una clausola contenuta in un contratto il cui tenore sia stato convenuto quando la parte alla quale tale clausola viene opposta non era a conoscenza dell’intesa in questione e della sua illiceità.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      GU 2001, L 12, pag. 1. Tale regolamento sarà sostituito dal regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351, p. 1), le cui disposizioni entreranno in vigore, per la maggior parte, il 10 gennaio 2015.


3 –      GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE». Poiché il dettato dell’articolo 53 dell’accordo SEE è, in sostanza, analogo a quello degli articoli 81 CE e 101 TFUE, ciò che sarà rilevato nelle presenti conclusioni riguardo a queste ultime disposizioni varrà mutatis mutandis per la prima.


4 –      In contrapposizione all’applicazione di tali disposizioni nella sfera pubblica («public enforcement»), che viene garantita dalla Commissione e dalle autorità nazionali competenti in materia di concorrenza.


5 –      L’adozione di regole di competenza specifiche per i ricorsi collettivi in caso di infrazione alle norme comunitarie in materia di concorrenza era stata identificata come questione rilevante nel libro verde sulla revisione del regolamento Bruxelles I [COM(2009) 175 definitivo, punto 8.2, in fine], ma senza che tale constatazione abbia avuto effetti sul regolamento n. 1215/2012 che ha completato tale revisione.


6 –      V. articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) (GU L 199, pag. 40), il quale disciplina unicamente i fatti generatori di danni avvenuti dopo l’11 gennaio 2009 (sentenza Homawoo, C‑412/10, EU:C:2011:747). Conformemente al considerando 21 di tale regolamento, «[l]a disposizione specifica dell’articolo 6 non costituisce un’eccezione alla regola generale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, [ossia “la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica”], ma piuttosto un chiarimento della stessa».


7 –      Decisione C(2006) 1766 definitivo della Commissione, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE nei confronti delle società Akzo Nobel NV, Akzo Nobel Chemicals Holding AB, EKA Chemicals AB, Degussa AG, Edison SpA, FMC Corporation, FMC Foret SA, Kemira Oyj, L’Air Liquide SA, Chemoxal SA, Snia SpA, Caffaro Srl, Solvay SA/NV, Solvay Solexis SpA, Total SA, Elf Aquitaine SA e Arkema SA (caso COMP/F/38.620 – Perossido di idrogeno e perborato) (GU 2006, L 353, pag. 54).


8 –      Il perossido di idrogeno serve, in particolare, come candeggiante nelle cartiere e nelle industrie tessili nonché per la disinfezione e il trattamento delle acque reflue. Il perborato di sodio è principalmente utilizzato come sostanza attiva nei detergenti sintetici e nei detersivi in polvere (v. ibidem, punti 2, 3, e 4).


9 –      Una sintesi delle ammende inflitte e dei ricorsi avviati nei confronti delle suddette società dinanzi al Tribunale dell’Unione europea e alla Corte è contenuta nel comunicato stampa n. 154/13, del 5 dicembre 2013, consultabile sul seguente sito Internet: http://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2013‑12/cp130154it.pdf.


10 –      La decisione di rinvio fa riferimento alla circostanza che la CDC ha concluso accordi di cessione di diritti risarcitori con 32 imprese aventi la propria sede in tredici paesi europei differenti, precisando che alcune di esse avevano precedentemente concluso accordi di tal genere con altre 39 imprese.


11 –      Le convenute erano l’Akzo Nobel NV (in prosieguo: l’«Akzo Nobel»), con sede nei Paesi Bassi, la Solvay SA (in prosieguo: la «Solvay»), con sede in Belgio, la Kemira Oyj (in prosieguo: la «Kemira»), con sede in Finlandia, l’Arkema France SA (in prosieguo: l’«Arkema France»), con sede in Francia (nei cui confronti la CDC ha rinunciato successivamente all’azione), la FMC Foret SA (in prosieguo: la «FMC Foret»), con sede in Spagna, nonché la Evonik Degussa, l’unica con sede in Germania (inizialmente convenuta e d’ora innanzi parte interveniente a sostegno dell’Akzo Nobel, della Solvay, della Kemira e dell’Arkema France).


12 –      La Chemoxal SA, parte interveniente a sostegno della Solvay e della FMC Foret, ha sede in Francia, mentre la Edison SpA (in prosieguo: la «Edison»), parte interveniente a sostegno dell’Akzo Nobel, della Kemira, dell’Arkema France e della FMC Foret, ha sede in Italia.


13 –      Su tale nozione, v., in particolare, Mestmäcker, E.‑J., Wirtschaft und Verfassung in der Europäischen Union: Beiträge zu Recht, Theorie und Politik der europäischen Integration, Nomos, Baden‑Baden, 2a edizione, 2006, in particolare pagg. da 30 a 39 e pagg. da 116 a 132; Christodoulidis, E., «A Default Constitutionalism? A Disquieting Note on Europe’s Many Constitutions», in The many constitutions of Europe, Tuori, K., e Sankari, S. (a cura di), Ashgate, Edinburgh Centre for Law and Society series, 2010, pagg. 31 e segg., in particolare pagg. da 34 a 38.


14 –      Sentenza Eco Swiss (C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 36).


15 –      Pronunciata nell’ambito di una domanda di risarcimento fondata su un danno causato all’Unione da un’intesa, la sentenza Otis e a. (C‑199/11, EU:C:2012:684, punto 46) ricorda che «il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che è attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta».


16 –      Sul fatto che, in Germania, le azioni collettive non siano ammesse, contrariamente a quanto accade nel Regno Unito, ma che in tale Stato siano ricevibili le azioni di società che, come la CDC, sono costituite al solo fine di promuovere un’azione di risarcimento in nome dei loro membri, v. Derenne, J., «Réparation du dommage concurrentiel dans le droit de l’Union européenne et des États membres», Concurrences, 2014, n. 3, Colloque, pagg. da 76 a 78, punti 120 e 122.


17 –      In tale settore, il «contenzioso risarcitorio non è ancora sufficientemente sviluppato» e «le possibilità per una vittima di ottenere un risarcimento per danni causati da una pratica anticoncorrenziale vari[ano] in modo significativo a seconda degli Stati membri» a causa della «grande diversità tra le disposizioni nazionali che disciplinano tali azioni», secondo Calisti, D., in «Quelles propositions de l’Union européenne pour une meilleure réparation des dommages concurrentiels?», Concurrences, 2014, n. 3, pagg. da 27 a 31, punti 6 e 7. Sull’opportunità di poter riunire le azioni di una pluralità di attori contro un medesimo convenuto segnatamente in materia di intese, v. anche relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione del regolamento Bruxelles I [COM(2009) 174 definitivo, punto 3.5].


18 –      C‑453/99, EU:C:2001:465.


19 – Da C‑295/04 a C‑298/04, EU:C:2006:461.


20 –      Ibidem (punto 95).


21 –      «[I]n mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti a conoscere dei ricorsi per risarcimento danni fondati su una violazione delle regole di concorrenza comunitarie e stabilire le modalità procedurali di tali ricorsi, purché le disposizioni di cui trattasi non siano meno favorevoli di quelle relative ai ricorsi per risarcimento danni fondati su una violazione delle norme nazionali in materia di concorrenza [principio dell’equivalenza] e le dette disposizioni nazionali non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di chiedere il risarcimento del danno causato da un’intesa o da una pratica vietata dall’art. 81 CE [principio di effettività]» (Ibidem, punto 72).


22 –      V. articolo 6, paragrafo 3, di detto regolamento nonché paragrafo 75 delle presenti conclusioni.


23 –      È infatti pacifico che il diritto derivato deve essere interpretato e applicato conformemente al diritto primario. V. in particolare, sentenza Spagna/Commissione (C‑135/93, EU:C:1995:201, punto 37), la quale ricorda che, «quando una norma di diritto derivato comunitario ammetta più di un’interpretazione, si de[ve] dare la preferenza a quella che rende la norma stessa conforme al Trattato rispetto a quella che conduca ad una conclusione incompatibile col Trattato stesso». V., inoltre, sentenza Riesame Commissione/Strack (C‑579/12 RX‑II, EU:C:2013:570, punto 40).


24 –      V. sentenza flyLAL‑Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2319, punto 29) e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella medesima causa flyLAL‑Lithuanian Airlines (C‑302/13, EU:C:2014:2046, paragrafo 48).


25 –      GU 1972, L 299, pag. 32. Testo come modificato dalle convenzioni successive di adesione di nuovi Stati membri a tale Convenzione. V., anche, relazione del sig. P. Jenard relativa alla Convenzione di Bruxelles (GU 1979, C 59, pag. 1; in prosieguo: la «relazione Jenard») nonché la relazione sulla cCnvenzione di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla Convenzione di Bruxelles, nonché al protocollo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di giustizia, firmata a Lussemburgo il 9 ottobre 1978, elaborata dal prof. Dr. P. Schlosser (GU 1979, C 59, pag. 71; in prosieguo: la «relazione Schlosser»).


26 –      V., in particolare, sentenze OTP Bank (C‑519/12, EU:C:2013:674, punto 21) e Brogsitter (C‑548/12, EU:C:2014:148, punto 19).


27 –      V. in particolare, per quanto riguarda l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, sentenze Folien Fischer e Fofitec (C‑133/11, EU:C:2012:664, punti 31 e 32) nonché ÖFAB (C‑147/12, EU:C:2013:490, punti 28 e 29), per quanto riguarda l’articolo 6, punto 1, sentenze Freeport (C‑98/06, EU:C:2007:595, punto 39) nonché Sapir e a. (C‑645/11, EU:C:2013:228, punti 31 e 42), e, per quanto riguarda l’articolo 23, sentenza Refcomp (C‑543/10, EU:C:2013:62, punti 18 e 19).


28 –      V. in particolare, riguardo alla Convenzione di Bruxelles, sentenza Benincasa (C‑269/95, EU:C:1997:337, punti 26 e 27) e, riguardo al regolamento Bruxelles I, sentenza Melzer (C‑228/11, EU:C:2013:305, punto 35).


29 –      Sulla posizione assunta in tal senso dalla Corte, v. nota 31 delle presenti conclusioni.


30 –      Al riguardo, v. Idot, L., «La dimension internationale des actions en réparation. Choisir sa loi et son juge: Quelles possibilités?», Concurrences, 2014, n. 3, pagg. da 43 a 53, in particolare punto 5.


31 –      Ai sensi della sentenza flyLAL‑Lithuanian Airlines (EU:C:2014:2319, punto 28), «[l]’azione intentata [nel procedimento principale] ha per oggetto il risarcimento del danno connesso ad un’asserita infrazione al diritto della concorrenza. Pertanto, essa ricade nella disciplina della responsabilità civile extracontrattuale».


32 –      Ossia gli illeciti i cui elementi costitutivi, consistenti nel fatto generatore del danno e negli effetti dannosi che quest’ultimo ha causato, sono dissociati e disseminati nel territorio di più Stati membri.


33 –      Preciso che, nella causa in esame, la seconda ipotesi prevista da tale disposizione, attinente al «luogo in cui l’evento dannoso (…) può avvenire», non è pertinente in quanto l’attore fa valere le conseguenze di fatti illeciti che si sono già verificati.


34 –      V., in particolare, sentenze Hi Hotel HCF (C‑387/12, EU:C:2014:215, punto 27) nonché Coty Germany (C‑360/12, EU:C:2014:1318, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).


35 –      V., in particolare, sentenze Shevill e a. (C‑68/93, EU:C:1995:61, punti 27 e segg.) nonché eDate Advertising e a. (C‑509/09 e C‑161/10, EU:C:2011:685, punto 51).


36 –      La Commissione propone di interpretare l’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I nel senso che, in un contesto come quello del procedimento principale, «l’attore può presentare un ricorso per risarcimento danni nei confronti di ciascun aderente all’intesa o dinanzi ai giudici di ogni Stato membro in cui accordi collusivi sono stati conclusi e attuati (luogo del fatto generatore), o dinanzi ai giudici di ogni Stato membro nel cui territorio il mercato è stato pregiudicato dal comportamento restrittivo della concorrenza (luogo del risultato); i primi sono competenti a pronunciarsi sul risarcimento della totalità dei danni causati dalla violazione del diritto delle intese mentre i secondi sono unicamente competenti a pronunciarsi sui danni causati nello Stato del giudice adito» (il corsivo è mio).


37 –      La Kemira sostiene che tale domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, in particolare, in quanto non apporterebbe elementi che consentano di constatare che intese illecite sarebbero state concluse o attuate nel distretto del giudice del rinvio. Al riguardo è sufficiente ricordare che le questioni sollevate dal giudice del rinvio nel contesto di fatto e normativo dallo stesso definito sotto la sua responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, beneficiano di una presunzione di pertinenza che può essere superata solo in casi limitati (v., in particolare, sentenza Pohotovosť, C‑470/12, EU:C:2014:101, punti 27 e segg.), che, a mio avviso, non sono si configurano nel caso di specie.


38 –      In particolare, secondo la FMC Foret, i giudici di uno Stato membro dovrebbero essere competenti a pronunciarsi solo sulle pretese fondate sulla parte di intesa illecita che sia stata commessa e/o abbia prodotto i suoi effetti in tale Stato membro, mentre, secondo la Solvay, una stretta connessione tra il giudice adito e la controversia, quale criterio di collegamento, dovrebbe essere constatata separatamente nei confronti di ogni convenuto e per l’insieme dei danni fatti valere.


39 –      V., in particolare, sentenze Réunion européenne e a. (C‑51/97, EU:C:1998:509, punto 15); Melzer (EU:C:2013:305, punti 22, 34 e segg.); Weber (C‑438/12, EU:C:2014:212, punto 40), nonché Coty Germany (EU:C:2014:1318, punto 43).


40 –      V., in particolare, sentenza Coty Germany (EU:C:2014:1318, punti 44 et 45).


41 –      V., in particolare, sentenza Kronhofer (C‑168/02, EU:C:2004:364, punti 14 e 20).


42 –      Infatti, in materia di illecito civile, il giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto è generalmente il più idoneo a pronunciarsi, in particolare per ragioni di prossimità alla controversia e di facilità di assunzione delle prove (v., in particolare, sentenza Melzer, EU:C:2013:305, punto 27).


43 –      Alla nota 34 delle presenti conclusioni.


44 –      V., in particolare, sentenza Coty Germany (EU:C:2014:1318, punti 47 e 48).


45 –      Il giudice del rinvio precisa che tale problema si pone «anche supponendo un’imputazione di responsabilità globale per concorso in infrazione unica e continua dell’articolo 81 CE/dell’articolo 101 TFUE».


46 –      V. sentenza flyLAL-Lithuanian Airlines (EU:C:2014:2319, punto 28).


47 –      Per contro, detto articolo 5, punto 3, potrebbe essere applicato, a mio avviso, alle restrizioni verticali della concorrenza – purché la responsabilità invocata non sia di natura contrattuale –, nonché alle intese la cui portata sia limitata geograficamente, in quanto la localizzazione o dell’atto anticoncorrenziale, o del suo effetto, può essere individuata con chiarezza.


48 –      V. considerando 15 del regolamento Bruxelles I.


49 –      Sui diversi elementi di concretizzazione dell’intesa nella causa in esame, v. paragrafo 18 delle presenti conclusioni.


50 –      EU:C:2013:305, punto 40.


51 –      Infatti, un atto negativo conseguente a un’intesa non equivale a un atto positivo, in quanto un’astensione non può essere localizzata come tale (v., per analogia, sentenza Besix, C‑256/00, EU:C:2002:99, punto 49, in cui l’obbligazione contrattuale controversa consisteva in un impegno di non fare che non comportava alcuna limitazione geografica).


52 –      Come ha sottolineato l’avvocato generale Cruz Villalón nelle conclusioni presentate nella causa Hejduk (C‑441/13, EU:C:2014:2212, punto 42), «[u]n criterio che obblighi l’attore a delimitare la portata della sua domanda secondo criteri territoriali di difficile determinazione, per non dire impossibile, non è un criterio coerente con lo spirito del regolamento [Bruxelles I]».


53 –      Occorre distinguere, a mio avviso, tale situazione da quelle, ad esempio, di un cartello classico che sia gestito da un’associazione professionale o di un’intesa la cui attività sia geograficamente concentrata a causa di un unico luogo per le riunioni, poiché in tali casi di specie non sussisterebbe una dispersione equivalente dei fatti generatori del danno.


54 –      Pertanto, nella sentenza Kone e a. (C‑557/12, EU:C:2014:1317, punti 30 e segg.), la Corte ha ammesso che «il fatto, per il cliente di un’impresa non aderente ad un’intesa la quale tragga peraltro vantaggio dalle condizioni economiche di un prezzo di protezione, di subire un danno per effetto di un prezzo offerto superiore a quanto sarebbe stato in assenza dell’intesa stessa, rientra nei possibili effetti di quest’ultima, cosa che i suoi aderenti non possono ignorare».


55 –      Nella sentenza Dumez France e Tracoba (C‑220/88, EU:C:1990:8, punto 20), la Corte ha interpretato l’articolo 5, punto 3, della Convenzione di Bruxelles nel senso che la vittima di un danno indiretto può adire, su tale fondamento, soltanto il giudice del luogo ove il fatto causale ha prodotto direttamente i suoi effetti dannosi nei confronti della vittima immediata.


56 –      Dalle disposizioni del regolamento Bruxelles I emerge, infatti, che tale atto limita i casi in cui il convenuto può essere citato dinanzi al foro del domicilio dell’attore (v., per quanto riguarda la Convenzione di Bruxelles, sentenze Six Constructions, 32/88, EU:C:1989:68, punti 13 e 14, nonché Dumez France e Tracoba, EU:C:1990:8, punto 19).


57 –      Al riguardo, il considerando 21 del regolamento Roma II indica che «[i]l collegamento con la legge del paese in cui i rapporti di concorrenza (…) sono o possono essere pregiudicati [collegamento previsto, in materia di atti restrittivi della libera concorrenza, all’articolo 6 del regolamento in parola] permette in genere di (…) tutelare i concorrenti, i consumatori e il pubblico in senso lato, nonché garantire il corretto funzionamento dell’economia di mercato».


58 –      Ashton, D., e Henry, D., Competition Damages Actions in the EU, Law and Practice, Elgar Competition Law and Practice Series, Cheltenham, 2013, pag. 179, punto 7.030, sottolineano che, «[i]n the case of a pan‑European cartel, [the place where the claimant suffered loss] could conceivably be in any Member State, which leads to relatively unrestrained freedom to forum shop in proceedings relating to (...) abuses with effects felt throughout Europe».


59 –      EU:C:1995:61, punto 33, in cui si precisa che «[i] giudici di ciascuno Stato [aderente alla Convenzione di Bruxelles] dove la pubblicazione è stata diffusa e dove la vittima assume aver subìto una lesione della sua reputazione, (…) sono competenti a conoscere dei soli danni cagionati nello Stato del giudice adito» (il corsivo è mio).


60 –      Infatti, sono i giudici di ciascuno Stato membro a poter valutare al meglio la natura e la portata dei danni verificatisi nel territorio nazionale.


61 –      V. l’esempio concreto menzionato da Idot, L., in «La dimension internationale des actions en réparation. Choisir sa loi et son juge: Quelles possibilités?», op. cit., punto 34.


62 –      EU:C:2012:664.


63 –      Conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato [101 TFUE e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), al fine di garantire un’«[a]pplicazione uniforme del diritto comunitario in materia di concorrenza», «[q]uando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo [101 TFUE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione». La sentenza Otis e a. (EU:C:2012:684, punto 51) precisa che «[t]ale principio vale altresì quando i giudici nazionali sono investiti di una domanda di risarcimento dei danni provocati da un’intesa o da una pratica che una decisione di detta istituzione abbia qualificato come contrarie all’articolo 101 TFUE».


64 –      EU:C:2002:99, punto 55. Ai sensi di detta sentenza, «la norma di competenza speciale in materia contrattuale, enunciata dall’articolo 5, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, non si applica nell’ipotesi in cui (…) il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio non possa essere determinato, per il motivo che l’obbligazione contrattuale controversa consiste in un impegno di non fare che non comporta alcuna limitazione geografica ed è, pertanto, caratterizzata da una pluralità dei luoghi in cui è stata o deve essere eseguita» (il corsivo è mio).


65 –      L’accertamento del vincolo di connessione avviene certamente anche nell’ambito dell’articolo 28 del regolamento Bruxelles I, ma in modo diverso (v. nota 70 delle presenti conclusioni).


66 –      V. paragrafo 44 delle presenti conclusioni.


67 –      V., sin dalla prima decisione della Corte di interpretazione dell’articolo 6, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, sentenza Kalfelis (189/87, EU:C:1988:459, punto 10), successivamente, riguardo all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, in particolare, sentenza Reisch Montage (C‑103/05, EU:C:2006:471, punti da 27 a 30).


68 –      Il considerando 11 del regolamento Bruxelles I precisa che «[p]er le persone giuridiche il domicilio deve essere definito autonomamente, in modo da aumentare la trasparenza delle norme comuni ed evitare i conflitti di competenza», e l’articolo 60, paragrafo 1, precisa che, ai fini dell’applicazione del regolamento in parola, una società o altra persona giuridica è domiciliata nel luogo in cui si trova la sua sede statutaria, la sua amministrazione centrale, oppure il suo centro d’attività principale.


69 –      Come ricorda la sentenza Freeport (EU:C:2007:595, punto 53), tale condizione non era contenuta nell’articolo 6, punto 1, della Convenzione di Bruxelles, ma è stata enunciata nella sentenza Kalfelis (EU:C:1988:459, punto 12), vertente sull’interpretazione di tale disposizione, e successivamente sancita dal legislatore dell’Unione, che l’ha inserita nel testo del regolamento Bruxelles I.


70 –      La condizione così enunciata all’articolo 6, punto 1, di detto regolamento è formulata negli stessi termini all’articolo 28, il quale definisce la nozione di connessione nelle ipotesi di conflitti tra due giudici entrambi potenzialmente competenti, mentre l’articolo 6, punto 1, prevede al contrario un’estensione della competenza del foro nei confronti di convenuti che, in linea di principio, non vi rientrerebbero. Nella sentenza Tatry (C‑406/92, EU:C:1994:400, punto 53), relativa all’articolo 22 della Convenzione di Bruxelles, equivalente all’articolo 28 del regolamento Bruxelles I, la Corte ha precisato che è sufficiente che «si configuri il rischio di soluzioni contrastanti, anche qualora le pronunce possano essere eseguite separatamente e i loro effetti giuridici non si escludano reciprocamente».


71 –      V. sentenza Painer (C‑145/10, EU:C:2011:798, punto 77), che si riferisce ai considerando 12 e 15 del regolamento Bruxelles I.


72 –      V., in particolare, sentenze Glaxosmithkline e Laboratoires Glaxosmithkline (C‑462/06, EU:C:2008:299, punto 28) nonché Painer (EU:C:2011:798, punto 74).


73 –      Infatti, la sentenza Glaxosmithkline e Laboratoires Glaxosmithkline (EU:C:2008:299, punti 20 e segg.) esclude il ricorso a tale disposizione quando sono applicabili le norme sulla competenza a tutela di una parte debole di cui alla sezione 5 del capo II del regolamento Bruxelles I.


74 –      La Kemira sostiene che la prima parte della prima questione è irricevibile per il motivo che il giudice del rinvio non potrebbe in alcun caso fondare la propria competenza sull’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I, in quanto solo il Landgericht Essen (Tribunale regionale di Essen, Germania) sarebbe competente ratione loci, e non il Landgericht Dortmund, poiché la sede del convenuto di riferimento è situata a Essen. È vero che tale disposizione riguarda il giudice del luogo del domicilio di uno dei convenuti nel procedimento principale, e non tutti i giudici di uno Stato membro, come prevede l’articolo 2 di tale regolamento. Tuttavia, ritengo ammissibile che una norma nazionale operi una concentrazione di competenze ratione materiae, in particolare in materia di concorrenza, come previsto in Germania dall’articolo 89 della legge contro le restrizioni della concorrenza (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen, GWB), sempreché siffatta norma non discrimini le controversie transfrontaliere rispetto alle controversie interne cosicché le prime si troverebbero escluse dalle competenze di un giudice di norma competente sia ratione loci che ratione materiae (v., per analogia, le mie conclusioni nella causa Sanders e Huber, C‑400/13 e C‑408/13, EU:C:2014:2171, paragrafi 58 e segg., nota 72).


75 –      Sentenza Sapir e a. (EU:C:2013:228, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).


76 –      A tal proposito, v. nota 63 delle presenti conclusioni.


77 –      Tale giudice rinvia, al riguardo, ai punti 31 e da 324 a 327 della decisione C(2006) 1766 definitivo della Commissione.


78 –      V., in particolare, sentenze Sapir e a. (EU:C:2013:228, punto 44) nonché Painer (EU:C:2011:798, punto 84).


79 –      V. sentenza Kalfelis (EU:C:1988:459, punto 9) nonché relazione Jenard, summenzionata, in particolare pag. 26 (il corsivo è mio).


80 –      La Commissione precisa che ciò è quanto avviene «in Germania, in Francia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Finlandia e in Svezia» e che «lo stesso vale nei regimi di responsabilità extracontrattuale applicabili in Italia, nel Regno Unito, in Spagna, in Austria, in Romania, in Croazia, nella Repubblica ceca, in Danimarca, in Estonia, in Grecia, in Ungheria, in Irlanda, in Lituania, in Lussemburgo, in Polonia e in Portogallo».


81 –      V. considerando 37 e articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 349, pag. 1).


82 –      V., per analogia, sentenza Solvay (C‑616/10, EU:C:2012:445, punto 28).


83 –      Nella sentenza Sapir e a. (EU:C:2013:228, punti 47 e 48), la Corte ha sottolineato che, anche se il fondamento giuridico invocato a sostegno della domanda contro un convenuto è diverso da quello su cui si basa l’azione proposta contro gli altri convenuti, la necessità di statuire in modo uniforme sussiste quando le pretese fatte valere nelle diverse domande perseguono tutte il medesimo interesse.


84 –      V. sentenze Painer (EU:C:2011:798, punto 83) e Solvay (EU:C:2012:445, punto 29).


85 –      V. paragrafo 3, lettera b), seconda frase, di detto articolo 6 nonché, sui presupposti per l’applicazione di tale disposizione, Fitchen, J., «The Applicable Law in Cross‑Border Competition Law Actions and Article 6(3) of Regulation 864/2007», in Cross‑Border EU Competition Law Actions, Mihail, D., Becker, F., e Beaumont, P. (a cura di), Hart Publishing, Oxford, 2013, pagg. 297 e segg., in particolare pagg. 323 e segg.


86 –      Il considerando 7 del regolamento Roma II indica espressamente che «[i]l campo d’applicazione materiale e le disposizioni [dello stesso] dovrebbero essere coerenti con il regolamento [Bruxelles I]». Nell’ambito del suo compito interpretativo, la Corte ha già proceduto a un ravvicinamento tra norme sulla competenza stabilite dal regolamento Bruxelles I e norme sul conflitto di leggi più recenti anch’esse derivanti dal diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze Pammer e Hotel Alpenhof, C‑585/08 e C‑144/09, EU:C:2010:740, punti 43, 74 e 84, nonché Football Dataco e a., C‑173/11, EU:C:2012:642, punti 29 e 31).


87 –      V. nota 6 delle presenti conclusioni.


88 –      Altresì denominato principio del forum perpetuum, o della perpetuatio fori secondo la terminologia utilizzata nella decisione di rinvio.


89 –      La Evonik Degussa, dal canto suo, ha limitato le sue osservazioni a un’eccezione di irricevibilità contro tale parte della prima questione, adducendo quali motivazioni la natura ipotetica e l’irrilevanza. La giurisprudenza citata alla nota 37 delle presenti conclusioni consente, a mio avviso, di respingere tale eccezione di irricevibilità.


90 –      EU:C:2006:471, punti da 27 a 31 (il corsivo è mio). Nella fattispecie, la norma nazionale che comportava l’irricevibilità nei confronti del convenuto di riferimento consisteva nell’esclusione di ricorsi individuali dei creditori nei confronti di un debitore che si trovava in stato di fallimento.


91 – EU:C:2007:595, point 54.


92 –      Nella fattispecie, la decisione di rinvio precisa che l’azione è stata notificata alla società tedesca Evonik Degussa il 7 aprile 2009 e che le altre convenute nel procedimento principale hanno ricevuto una traduzione dell’atto introduttivo del giudizio nell’agosto 2009, mentre la rinuncia all’azione nei confronti della Evonik Degussa è avvenuta alla fine di settembre 2009.


93 –      Detto articolo 30 dispone che «[a]i fini della presente sezione un giudice è considerato adito: 1) quando la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso il giudice, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché fosse effettuata la notificazione o comunicazione al convenuto, o 2) se l’atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso il giudice, quando l’autorità competente per la notificazione o comunicazione lo riceve, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto a prendere affinché l’atto fosse depositato presso il giudice».


94 –      La Corte ha del resto stabilito, nella sentenza Kalfelis (EU:C:1988:459, punto 11), un collegamento formale tra la norma sulla competenza di cui all’articolo 6, punto 1, della Convenzione di Bruxelles (corrispondente all’articolo 6, punto 1, del regolamento Bruxelles I) e le disposizioni relative alla connessione contenute a nell’articolo 22 (corrispondente all’articolo 28 di detto regolamento).


95 –      V. i considerando 11 e 12 di detto regolamento nonché i considerando 15 e 16 del regolamento n. 1215/2012 che ne opera una rifusione; quest’ultimo regolamento è più dettagliato al riguardo.


96 –      Il corsivo è mio. V., in particolare, sentenze Reisch Montage (EU:C:2006:471, punto 32) nonché Painer (EU:C:2011:798, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).


97 –      Ai sensi di detta relazione (v. pag. 27), alla quale la Corte ha fatto riferimento nella sentenza Kalfelis (EU:C:1988:459, punto 9), dall’esigenza di un «nesso tra le varie domande presentate contro i singoli convenuti (...)» deriva «che un’azione non può essere proposta con il solo intento di sottrarre uno dei convenuti ai giudici dello Stato in cui è domiciliato».


98 –      EU:C:2007:595, punto 54 (il corsivo è mio).


99 – V., in particolare, Michinel Álvarez, M.A., «Jurisprudencia española y comunitaria de Derecho internacional privado», Revista Española de Derecho Internacional, 2007, n. 2, pagg. da 754 a 757; Idot, L., «Pluralité de défendeurs et fraude à la compétence juridictionnelle», Europe, 2007, dicembre, commento n. 364, pagg. 35 e 36; Würdinger, M., «RIW‑Kommentar», Recht der Internationalen Wirtschaft, 2008, nn. 1‑2, pagg. 71 e 72; Scott, A., «“Réunion” Revised? Freeport v. Arnoldsson», Lloyd’s Maritime and Commercial Law Quarterly, 2008, n. 2, pagg. da 113 a 118.


100 –      La decisione di rinvio indica che «sulla base dello svolgimento temporale del procedimento in relazione alla parziale rinuncia all’azione e tenuto conto del comportamento processuale dell’attrice e della ex convenuta e attuale interveniente Evonik Degussa GmbH, non solo è possibile, bensì appare anche altamente probabile che già prima della notifica dell’atto fosse stato raggiunto l’accordo di conciliazione almeno in linea di principio e nei punti essenziali».


101 –      Sull’abuso di diritto, e in particolare sul diverso impatto che quest’ultimo può avere, da un lato, in materia di competenza e, dall’altro, a titolo di difetto di legittimazione ad agire, v. Usunier, L., «Le règlement Bruxelles I bis et la théorie de l’abus de droit», in Le nouveau règlement Bruxelles I bis, Règlement no 1215/2012 du 12 décembre 2012 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale, Guinchard, E. (a cura di), Bruylant, Bruxelles, 2014, pagg. 449 e segg., in particolare pag. 473.


102 –      Al riguardo, la Commissione considera, correttamente, che il presupposto della connessione, prescritto da detto articolo 6, punto 1, sarebbe assente se l’attore e il convenuto di riferimento avessero effettivamente concluso una transazione definitiva concernente il rapporto giuridico controverso precedentemente alla proposizione del ricorso, ma che il ricorso era stato tuttavia proposto nei confronti di tale convenuto, passando sotto silenzio l’esistenza della transazione, al solo scopo di sottrarre uno degli altri convenuti ai giudici dello Stato membro in cui quest’ultimo è domiciliato.


103 –      Nella nota 27 delle conclusioni presentate nella causa Freeport (C‑98/06, EU:C:2007:302), l’avvocato generale Mengozzi ha rilevato che, «[e]ntro certi limiti,il forum shopping, inteso, secondo la definizione datane dall’avvocato generale Colomer, come “elezione di un foro in funzione dei vantaggi che possono derivare dal diritto sostanziale (o anche processuale) ivi applicato” (v. conclusioni GIE Groupe Concorde e a., C‑440/97, [EU:C:1999:146], nota 10), è indubbiamente lecito» (il corsivo è mio).


104 –      La sentenza Manfredi e a. (EU:C:2006:461, punto 60) evidenzia che «la piena efficacia dell’art[icolo] 81 CE [articolo 101 TFUE] e, in particolare, l’effetto utile del divieto sancito al [paragrafo] 1 di tale articolo sarebbero messi in discussione se chiunque non potesse chiedere il risarcimento del danno causatogli da un contratto o da un comportamento idoneo a restringere o a falsare il gioco della concorrenza (v. sentenza Courage e Crehan, [EU:C:2001:465], punto 26)».


105 –      Il Landgericht Dortmund rileva che, per sapere se clausole attributive di competenza possano validamente ostare alle norme legali di competenza, occorre stabilire a quali controversie si riferiscano tali clausole, grazie a un’interpretazione delle stesse, fermo restando che il giudice nazionale è l’unico competente a tal fine, e che ciò varrebbe altresì per le clausole compromissorie.


106 –      La CDC menziona, a titolo esemplificativo, «il contratto di fornitura del 20 giugno 1996 relativo alla fornitura specifica di perossido di idrogeno del gruppo FMC alla fabbrica tedesca della cedentea Stora Enso Oyj e contenente la seguente clausola: “Si conviene tra le parti che per ogni controversia relativa al presente contratto sia adito il Tribunale di Düsseldorf [Germania]”».


107 –      La CDC cita come esempio «il contratto quadro concluso tra la Oy Finnish Peroxides AB e la cedente Stora Enso Oyj all’inizio di marzo 2011 riguardante forniture nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2001 e il 31 gennaio 2002, e contenente la seguente clausola: “Tutte le liti, le controversie o le pretese, derivanti dal presente contratto o ad esso connesse o la violazione del presente contratto, la risoluzione o l’invalidità del contratto saranno sottoposte a un tribunale arbitrale secondo le norme della Camera di commercio di Helsinki. L’arbitrato avrà luogo a Helsinki, Finlandia”».


108 –      Tale ipotesi ricorrerebbe nel caso della Stora Enso Oyj negli esempi menzionati nelle due note precedenti.


109 –      La CDC rileva che «la Kernira Kemi AB e la cedente Södra Cell AB [avrebbero] pattuito, il 27 giugno 1996, per il periodo di fornitura compreso tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 1998, che l’arbitrato avrebbe avuto luogo a Stoccolma [Svezia], e il 2 e 30 aprile 1999, per un periodo di fornitura non precisato, che l’arbitrato avrebbe auto luogo a Malmö [Svezia]».


110 –      Al riguardo, v. paragrafo 127 delle presenti conclusioni.


111 –      Infatti, l’articolo 1, paragrafo 2, lettera d), del regolamento Bruxelles I esclude la materia dell’arbitrato dall’ambito di applicazione di quest’ultimo. Dato che la Convenzione di Bruxelles conteneva una disposizione equivalente, il punto 63 della relazione Schlosser, summenzionata, ha rilevato che «[detta] convenzione d’esecuzione non limita, di per sé, la libertà delle parti di sottoporre le controversie ad un’istanza arbitrale. Ciò vale anche per i procedimenti, per i quali la convenzione prevede una competenza esclusiva. La convenzione non impedisce dall’altra parte al legislatore nazionale di dichiarare, dal canto suo, non validi dei compromessi d’arbitrato che si riferiscono a controversie per le quali sono previste competenze esclusive secondo il diritto nazionale o in base alla convenzione».


112 –      La Corte ha precisato che, escludendo dall’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles la materia dell’arbitrato sulla base del rilievo quest’ultima già era oggetto di convenzioni internazionali, le parti contraenti hanno inteso escludere l’intera materia dell’arbitrato, comprese le azioni intentate dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati, e che tale esclusione si estende a siffatto procedimento finalizzato alla designazione di un giudice arbitrale, anche se tale controversia solleva in via preliminare la questione dell’esistenza o della validità di una convenzione arbitrale (v. sentenza Rich, C‑190/89, EU:C:1991:319, punto 18, nonché conclusioni dell’avvocato generale Darmon in tale causa, C‑190/89, EU:C:1991:58; e sentenza Van Uden, C‑391/95, EU:C:1998:543, punti 31 e 32).


113 –      Sentenza Allianz e Generali Assicurazioni Generali (C‑185/07, EU:C:2009:69, punti 26 e 27).


114 –      Il rispetto dell’autonomia della volontà delle parti è menzionato, in particolare, al considerando 11 del regolamento Bruxelles I.


115 –      Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conclusa a Lugano il 16 settembre 1988 (GU L 319, pag. 9), tra gli Stati membri della Comunità europea e taluni Stati membri dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), parallela alla Convenzione di Bruxelles e modificata da una convenzione conclusa a Lugano il 30 ottobre 2007 tra la Comunità europea, il Regno di Danimarca, la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e la Confederazione svizzera [v. relazione esplicativa elaborata dal sig. Fausto Pocar su quest’ultima convenzione (GU 2009, C 319, pag. 1)].


116 –      Al riguardo, la Commissione osserva che i giudici statali, almeno tutti quelli che hanno sede nel territorio dell’Unione, sono tenuti, in forza del diritto primario, a garantire l’esercizio effettivo dei diritti derivanti dall’articolo 101 TFUE. Pertanto, solo le clausole che attribuiscono la competenza a un giudice avente sede al di fuori di tale territorio potrebbero porre problemi dal punto di vista del principio della piena efficacia del divieto di intese nel diritto dell’Unione.


117 –      V. paragrafo 37 delle presenti conclusioni.


118 –      V. paragrafo 127 delle presenti conclusioni.


119 –      Per contro, l’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento Roma II dispone che «[n]on si può derogare alla legge applicabile [alle obbligazioni extracontrattuali] in virtù del presente articolo [intitolato “Concorrenza sleale e atti limitativi della libera concorrenza”] con un accordo ai sensi dell’articolo 14», ossia «un accordo posteriore al verificarsi del fatto che ha determinato il danno», o «se tutte le parti esercitano un’attività commerciale, anche mediante un accordo liberamente negoziato prima del verificarsi del fatto che ha determinato il danno» che rispetti inoltre le altre condizioni stabilite da quest’ultimo articolo.


120 –      Rilevo che la manifestazione della volontà delle parti attraverso una clausola attributiva della competenza non può, per contro, modificare la competenza ratione materiae di un giudice di uno Stato membro, la quale è definita dalla legge del foro.


121 –      V. sentenza Estasis Salotti di Colzani (24/76, EU:C:1976:177, punto 7).


122 –      V. sentenza Meeth (23/78, EU:C:1978:198, punto 5).


123 –      Infatti, per i contratti di assicurazione, di consumo e di lavoro, detta autonomia è limitata (v. considerando 11, 13 e 14 nonché articoli 13, 17 e 21 di tale regolamento).


124 –      Riguardo alla qualificazione dell’oggetto della controversia nel procedimento principale e alle conseguenze che ne derivano relativamente al meccanismo delle clausole compromissorie e delle clausole attributive di competenza fatte valere, v. le considerazioni svolte ai paragrafi 127 e segg. delle presenti conclusioni.


125 –      Conformemente alla sentenza Coreck (C‑387/98, EU:C:2000:606, punti 19 e segg.), è il diritto nazionale applicabile nel merito a stabilire se un terzo rispetto al contratto iniziale sia succeduto a una delle parti originarie nei suoi diritti e obblighi, di modo che una clausola attributiva della competenza possa essergli opposta, sebbene, per ipotesi, egli non abbia accettato tale clausola al momento della conclusione del contratto.


126 –      Sentenza Refcomp (EU:C:2013:62, punti 27 e segg.).


127 –      V. sentenza Powell Duffryn (C‑214/89, EU:C:1992:115, punto 31; il corsivo è mio).


128 –      V. considerando 48 e segg. nonché articoli 18 e 19 di detta direttiva, oltre alla proposta presentata dalla Commissione, sfociata nell’adozione di tale atto [COM(2013) 404 final, in particolare pagg. 22 e segg., punto 4.6]. Sia il Comitato economico e sociale europeo (v. GU 2014, C 67, pag. 83, punto 4.7) sia il Consiglio dell’Unione europea (v. nota intitolata «Analysis of the final compromise text with a view to agreement», del 24 marzo 2014, 8088/14 RC 6 JUSTCIV 76 CODEC 885, in particolare pagg. 4, 12 nonché 37 e segg.) nonché il Parlamento europeo [v. risoluzione legislativa e posizione adottata in prima lettura del 17 aprile 2014, P7_TA(2014)0451, considerando 43 nonché articoli 18 e 19] si sono pronunciati su detta proposta, concordemente a favore di detti meccanismi.


129 –      Al riguardo, l’articolo 25, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento n. 1215/2012 precisa che «[l]a validità della clausola attributiva di competenza non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido», conformemente al principio dell’autonomia di siffatta clausola rispetto alle disposizioni sostanziali del contratto in cui essa è inserita, sancito dalla Corte nella sentenza Benincasa (EU:C:1997:337, punti 24 e segg.). Inoltre, dalla sentenza Effer (38/81, EU:C:1982:79, punti 7 e segg.) emerge che siffatta clausola deve essere applicata anche se la controversia riguarda l’esistenza del contratto.


130 –      V. paragrafi 105 e segg. delle presenti conclusioni.


131 –      V., in particolare, considerando 16 e 17 del regolamento Bruxelles I.


132 –      Nella sentenza Renault (C‑38/98, EU:C:2000:225, punti 29 e segg.), la Corte ha ritenuto che, «a pena di rimettere in discussione la finalità della Convenzione», «un errore che sarebbe stato eventualmente commesso dal giudice dello Stato di origine nell’applicare talune regole di diritto comunitario», quali «i principi (…) della libera concorrenza», «non costituisce una violazione manifesta di una regola di diritto fondamentale nell’ordinamento giuridico dello Stato richiesto», tenendo presente che gli articoli 29 e 34, terzo comma, della Convenzione di Bruxelles (ai quali corrispondono gli articoli 36 e 45, paragrafo 2, del regolamento Bruxelles I) stabiliscono che «[i]n nessun caso la decisione straniera può formare oggetto di un riesame del merito». Sul controllo, in base all’ordine pubblico, del fatto che sono stati rispettati i principi elementari dell’equo processo, v. sentenza flyLAL‑Lithuanian Airlines (EU:C:2014:2319, punti da 46 a 54).


133 –      Paragrafo 30 delle presenti conclusioni. V., inoltre, sentenza Kone e a. (EU:C:2014:1317, punti 21 e segg. nonché giurisprudenza ivi citata).


134 –      V., in particolare, sentenza Kone e a. (EU:C:2014:1317, punti 24 e segg. nonché punto 32). Tale facoltà è collegata alla cosiddetta autonomia processuale degli Stati membri.


135 –      Obiettivo consistente nel garantire il mantenimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato interno e, quindi, dei prezzi fissati in funzione del gioco della libera concorrenza.


136 –      Tenendo presente che le disposizioni di tale articolo producono effetti diretti nei rapporti tra i singoli e attribuiscono direttamente a questi diritti e obblighi che i giudici degli Stati membri devono far rispettare (v., in particolare, sentenza Kone e a., EU:C:2014:1317, punto 20).


137 –      Ibidem (punti 21 e segg.). Nell’esposizione della motivazione della proposta di direttiva COM(2013) 404 final (pagg. 2 e 4), si sottolinea che «[l]e richieste di risarcimento danni per violazione degli articoli 101 [TFUE] o 102 [TFUE] rappresentano un importante ambito di applicazione, a livello privato, del diritto della concorrenza dell’Unione europea» e, pertanto, «[i]l secondo obiettivo principale [di tale proposta] è garantire che i soggetti danneggiati da infrazioni delle norme UE sulla concorrenza possano effettivamente ottenere un risarcimento per il danno subito».


138 –      Le disposizioni applicabili possono risultare o da norme in materia di arbitrato adottate dallo Stato membro in questione o da trattati internazionali di cui quest’ultimo è parte aderente.


139 –      V. sentenza Allianz e Generali Assicurazioni Generali (EU:C:2009:69, punti da 31 a 33) nonché, sulle precisazioni fornite al riguardo dal considerando 12 del regolamento n. 1215/2012, in particolare, Nielsen, P.A., «The New Brussels I Regulation», Common Market Law Review, 2013, vol. 50, pagg. 505 e segg., nonché Menétrey, S., e Racine, J.‑B., «L’arbitrage et le règlement Bruxelles I bis», in Le nouveau règlement Bruxelles I bis, Règlement no 1215/2012 du 12 décembre 2012 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale, Guinchard, E. (a cura di), Bruylant, Bruxelles, 2014, pagg. 13 e segg., in particolare punto 37.


140 –      EU:C:1999:269, punti 31 e segg., in particolare punti 36 e 39.


141 –      Ibidem (punti 37 e 40).


142 –      V., in particolare, sentenze Pfleiderer (C‑360/09, EU:C:2011:389, punti 28 e segg.) nonché Donau Chemie e a. (C‑536/11, EU:C:2013:366, punti 29 e segg.), vertenti sul diritto di una persona lesa da un’infrazione all’articolo 101 TFUE, e che intenda ottenere un risarcimento a tale titolo, di avere eventualmente accesso ai documenti di un procedimento relativo agli autori di tale infrazione, anche qualora si tratti di un procedimento di clemenza, dopo la ponderazione, da parte dei giudici degli Stati membri, degli interessi in gioco tutelati dal diritto dell’Unione.


143 –      Sulle diverse forme apparentemente assunte dalle clausole in questione, v. paragrafo 94 delle presenti conclusioni.


144 –      Infatti, secondo la sentenza Powell Duffryn (EU:C:1992:115, punti 33 e 36), «l’interpretazione della clausola attributiva di competenza fatta valere dinanzi al giudice nazionale, al fine di determinare le controversie che rientrano nel suo campo di applicazione, spetta a tale giudice».


145 –      Ibidem (punto 31) e paragrafo 110 delle presenti conclusioni.


146 –      In tal senso, la Commissione menziona il fatto che, da un lato, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division, ha considerato che una clausola attributiva di competenza che si riferiva al «rapporto giuridico» tra le parti non riguardava i diritti derivanti dalla responsabilità extracontrattuale derivante da un’intesa [sentenza Provimi Ltd v. Roche Products Ltd (2003) EWHC 961], e, dall’altro, lo Helsingin käräjäoikeus (Tribunale di prima istanza di Helsinki, Finlandia) ha ritenuto, in modo simile, che una clausola compromissoria avente ad oggetto «tutti i diritti» derivanti da un contratto di fornitura non riguardasse i diritti risarcitori derivanti da un’intesa, in quanto questi ultimi non si fondavano direttamente su detto contratto, ma su una circostanza esterna a quest’ultimo, ossia la partecipazione della convenuta all’accordo collusivo (sentenza interlocutoria del 4 luglio 2013, CDC Hydrogen Peroxide Cartel Damage Claims SA contro Kemira Oyj, Välituomio 36492, n. 11/16750).


147 –      «[E]merge da una giurisprudenza costante che la “materia [degli] illeciti civili dolosi o colposi”, ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento Bruxelles I, comprende qualsiasi domanda che miri a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e che non si ricolleghi alla “materia contrattuale” di cui all’articolo 5, punto 1, lettera a), di tale regolamento. Al fine di determinare la natura delle azioni di responsabilità civile proposte al giudice del rinvio, è quindi importante verificare in un primo momento se esse, indipendentemente dalla loro qualificazione in diritto nazionale, presentino natura contrattuale» (v., in particolare, sentenze Engler, C‑27/02, EU:C:2005:33, punti 29 e segg., nonché Brogsitter, EU:C:2014:148, punti 20 e segg.).


148 –      A titolo esemplificativo, secondo la giurisprudenza del Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia), una clausola compromissoria inserita in un contratto è applicabile a una controversia riguardante, in particolare, la responsabilità extracontrattuale nel caso in cui l’inadempimento fatto valere, relativo a detto contratto, soddisfi i requisiti di una frode ai sensi del diritto penale (v. Korkein oikeus, sentenza del 27 novembre 2008, KKO, 2008:102, disponibile al seguente indirizzo Internet: http://www.finlex.fi/fi/oikeus/kko/kko/2008/20080102).