Language of document : ECLI:EU:T:2023:387

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

12 luglio 2023 (*)

«Politica commerciale – Protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo – Misure restrittive adottate dagli Stati Uniti nei confronti dell’Iran – Sanzioni secondarie che impediscono alle persone fisiche o giuridiche dell’Unione di intrattenere rapporti commerciali con le imprese interessate da dette misure – Divieto di rispettare una simile normativa – Articolo 5, secondo comma, del regolamento (CE) n. 2271/96 – Decisione della Commissione che autorizza una persona giuridica dell’Unione a rispettare la normativa di cui trattasi – Obbligo di motivazione – Portata retroattiva dell’autorizzazione – Presa in considerazione degli interessi dell’impresa oggetto delle misure restrittive del paese terzo – Diritto di essere ascoltato»

Nella causa T‑8/21,

IFIC Holding AG, con sede in Düsseldorf (Germania), rappresentata da C. Franz e N. Bornemann, avocats,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da M. Kellerbauer, in qualità di agente,

convenuta,

sostenuta da

Clearstream Banking AG, con sede in Eschborn (Germania), rappresentata da C. Schmitt e T. Bastian, avocats,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da M. van der Woude, presidente, A. Marcoulli (relatrice), S. Frimodt Nielsen, J. Schwarcz e R. Norkus, giudici,

cancelliere: S. Jund, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento, in particolare:

–        la memoria d’intervento dell’interveniente depositata presso la cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2021;

–        la memoria di adattamento del ricorso depositata presso la cancelleria del Tribunale il 21 giugno 2022 e le osservazioni della Commissione e dell’interveniente depositate presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 16 agosto 2022 e il 1° settembre 2022,

in seguito all’udienza del 1° dicembre 2022,

viste l’offerta di prova della ricorrente depositata presso la cancelleria del Tribunale il 17 marzo 2023, l’ordinanza di riapertura della fase orale del procedimento del 4 aprile 2023 e le osservazioni della Commissione su detta offerta di prova depositate presso la cancelleria del Tribunale il 18 aprile 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la IFIC Holding AG, ricorrente, chiede l’annullamento della decisione di esecuzione C(2020) 2813 final della Commissione, del 28 aprile 2020, che concede un’autorizzazione, conformemente all’articolo 5, secondo comma, del regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio, del 22 novembre 1996, relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU 1996, L 309, pag. 1), alla Clearstream Banking AG, interveniente (in prosieguo: la «prima decisione impugnata»), nonché della decisione di esecuzione C(2021) 3021 final della Commissione, del 27 aprile 2021, che concede un’autorizzazione, conformemente all’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, all’interveniente (in prosieguo: la «seconda decisione impugnata»), e della decisione di esecuzione C(2022) 2775 final della Commissione, del 26 aprile 2022, che concede un’autorizzazione, conformemente all’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, all’interveniente (in prosieguo: la «terza decisione impugnata»).

 Fatti

2        L’8 maggio 2018, il presidente degli Stati Uniti d’America ha annunciato la sua decisione di ritirare gli Stati Uniti d’America dall’accordo sul nucleare iraniano, firmato a Vienna il 14 luglio 2015, e di ripristinare le sanzioni nei confronti dell’Iran che erano state revocate sulla base di tale accordo. Tali sanzioni vietano in particolare alle persone non soggette alla giurisdizione degli Stati Uniti d’America (sanzioni secondarie), come le persone fisiche o giuridiche dell’Unione europea, di intrattenere rapporti commerciali con le persone incluse nell’«elenco dei cittadini specificamente designati e delle persone i cui attivi sono congelati» (Specially Designated Nationals and Blocked Persons List) (in prosieguo: l’«elenco SDN»), stilato dall’Office of Foreign Assets Control (OFAC) [Ufficio per il controllo dei beni stranieri (OFAC), Stati Uniti].

3        La ricorrente è una società iscritta nel registro delle imprese dell’Amtsgericht Düsseldorf (Tribunale circoscrizionale di Düsseldorf, Germania) e ha sede in Düsseldorf. Le sue azioni sono indirettamente detenute dallo Stato iraniano.

4        La ricorrente detiene partecipazioni in diverse imprese tedesche, per le quali ha diritto a dividendi.

5        Dal 5 novembre 2018 la ricorrente figura sull’elenco SDN.

6        L’interveniente è una società tedesca. Essa è incaricata del regolamento di operazioni su titoli, della custodia di titoli e della gestione di titoli nazionali ed esteri. Essa è l’unica banca depositaria di titoli autorizzata in Germania. L’interveniente è tra l’altro incaricata della corresponsione alla ricorrente dei dividendi derivanti dalle sue partecipazioni in imprese tedesche.

7        Dal novembre 2018, l’interveniente ha bloccato i dividendi dovuti alla ricorrente su un conto separato rifiutandone il versamento a quest’ultima.

8        Il 6 febbraio 2020 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno, Germania) contro l’interveniente per ottenere informazioni sullo status dei suoi dividendi e sul loro versamento. Nell’ambito di tale procedimento, la ricorrente ha appreso che, in forza della prima decisione impugnata, l’interveniente bloccava i dividendi che le erano dovuti.

9        La prima decisione impugnata è stata prodotta dall’interveniente dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno) con memoria del 5 novembre 2020, notificata alla ricorrente il 9 novembre 2020, data in cui la ricorrente afferma esserne venuta a conoscenza.

10      Come emerge dalla prima decisione impugnata, l’8 novembre 2018 l’interveniente ha presentato alla Commissione europea una domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96.

11      Con la prima decisione impugnata, la Commissione ha accolto la domanda dell’interveniente, autorizzandola a rispettare taluni atti normativi degli Stati Uniti d’America relativamente ai titoli o ai fondi della ricorrente per un periodo di dodici mesi (in prosieguo: l’«autorizzazione controversa»). La seconda e la terza decisione impugnata, di cui la ricorrente afferma di essere venuta a conoscenza il 25 maggio 2022 dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno), data in cui le decisioni in questione le sono state notificate tra gli allegati a una memoria dell’interveniente, hanno rinnovato l’autorizzazione controversa ciascuna per un periodo di dodici mesi.

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare le decisioni impugnate;

–        condannare la Commissione alle spese.

–        condannare l’interveniente a farsi carico delle proprie spese.

13      La Commissione e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

14      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi, vertenti, il primo, su una violazione del diritto di essere ascoltati, il secondo, su una violazione dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, il terzo, su una violazione dell’obbligo di motivazione e, il quarto, su un errore di valutazione.

 Osservazioni preliminari

15      Come risulta dal suo sesto considerando, il regolamento n. 2271/96 ha lo scopo di proteggere l’ordinamento giuridico costituito nonché gli interessi dell’Unione e quelli delle persone fisiche o giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato FUE, in particolare eliminando, neutralizzando, bloccando o contrastando in qualsiasi altro modo gli effetti delle leggi, dei regolamenti e degli altri strumenti legislativi menzionati nell’allegato del suddetto regolamento (in prosieguo: gli «atti normativi elencati») (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 35).

16      L’articolo 1 del regolamento n. 2271/96 precisa, a tal riguardo, che il legislatore dell’Unione si prefigge, mediante le misure previste da detto regolamento, di fornire protezione e neutralizzare gli effetti dell’applicazione extraterritoriale degli atti normativi elencati e delle azioni su di essi basate o da essi derivanti, qualora tale applicazione leda gli interessi delle persone di cui all’articolo 11 che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali connesse tra l’Unione e i paesi terzi (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 36).

17      Come risulta dai considerando dal primo al quinto del regolamento n. 2271/96, gli atti normativi elencati, indicati nell’allegato di detto regolamento, sono diretti a disciplinare l’attività di persone fisiche e giuridiche poste sotto la giurisdizione degli Stati membri e hanno un’applicazione extraterritoriale. In tal modo, essi pregiudicano l’ordinamento giuridico costituito e ledono gli interessi dell’Unione nonché gli interessi di dette persone, violando il diritto internazionale e ostacolando il conseguimento degli obiettivi dell’Unione. Quest’ultima mira infatti a contribuire allo sviluppo armonioso del commercio mondiale e a sopprimere gradualmente le restrizioni agli scambi internazionali promuovendo, nella maggiore misura possibile, la libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi, nonché ad eliminare le restrizioni agli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari o all’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 37).

18      Tra gli atti normativi elencati figura l’«Iran Freedom and Counter-Proliferation Act of 2012» (legge del 2012 sulla libertà e sulla lotta contro la proliferazione in Iran), che gli Stati Uniti, come emerge dal considerando 4 del regolamento delegato (UE) 2018/1100 della Commissione, del 6 giugno 2018, che modifica l’allegato del regolamento n. 2271/96 (GU 2018, L 199 I, pag. 1), non hanno più rinunciato ad applicare, a seguito del loro recesso dall’accordo sul nucleare iraniano, come gli stessi hanno annunciato l’8 maggio 2018 (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 38).

19      Le persone di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96 sono in particolare, da un lato, le persone fisiche residenti nell’Unione e aventi la cittadinanza di uno Stato membro e, dall’altro, le persone giuridiche registrate nell’Unione (v. articolo 11, punti 1 e 2 di detto regolamento).

20      Al fine di conseguire gli obiettivi ricordati ai precedenti punti da 15 a 17, il regolamento n. 2271/96 prevede norme di vario genere. In tale senso, allo scopo di proteggere l’ordinamento giuridico costituito e gli interessi dell’Unione, l’articolo 4 di tale regolamento prevede, in sostanza, che nessuna decisione adottata all’esterno dell’Unione che renda operativi gli atti normativi elencati, o le azioni su di essi basate o da essi derivanti, sia accettata o eseguita. Con la stessa finalità, il primo comma dell’articolo 5 di detto regolamento vieta, in sostanza, a qualsiasi persona di cui all’articolo 11 dello stesso di rispettare gli atti normativi elencati, o di conformarsi alle azioni su di essi basate o da essi derivanti, mentre il secondo comma di tale articolo 5 prevede cionondimeno che una persona siffatta possa essere autorizzata, in qualsiasi momento, a rispettare completamente o in parte i suddetti atti normativi, se la loro inosservanza può ledere gravemente gli interessi di tale persona o quelli dell’Unione. Inoltre, al fine di proteggere gli interessi delle persone di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96, l’articolo 6 di quest’ultimo prevede che quelle tra loro che sono impegnate in un’attività prevista dall’articolo 1 di detto regolamento abbiano diritto al risarcimento di tutti i danni ad esse causati dall’applicazione di detti atti normativi o da tali azioni (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 39).

21      Al medesimo scopo di tutelare gli interessi delle persone di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96, l’articolo 2 dello stesso prevede che, «[q]ualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona di cui [al citato] articolo 11 siano lesi, direttamente o indirettamente, dagli [atti normativi elencati] o da azioni su di essi basate o da essi derivanti, tale persona ne informa la Commissione nei 30 giorni successivi alla data in cui le è pervenuta l’informazione».

22      Infine, l’articolo 9 del regolamento n. 2271/96 assicura che le disposizioni in questione siano applicate in modo efficace, richiedendo agli Stati membri di decidere le sanzioni da imporre in caso di violazione delle suddette disposizioni, sanzioni che devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Siffatte sanzioni devono quindi essere previste, in particolare, quando una persona di cui all’articolo 11 di tale regolamento viola il divieto stabilito dall’articolo 5, primo comma, dello stesso (sentenza del 21 dicembre 2021, Bank Melli Iran, C‑124/20, EU:C:2021:1035, punto 40).

23      È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare i motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dellobbligo di motivazione

24      La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione. La Commissione non avrebbe sufficientemente motivato i punti della prima decisione impugnata, in quanto non avrebbe tenuto conto della situazione della ricorrente, ma esclusivamente di quella dell’interveniente, e gli articoli 1 e 3 della prima decisione impugnata sarebbero redatti in modo ambiguo e incomprensibile, per quanto riguarda l’ambito di applicazione ratione temporis e ratione materiae della prima decisione impugnata e le sue condizioni di applicazione. La ricorrente afferma che essa dovrebbe essere posta in grado di comprendere la prima decisione impugnata, in quanto persona interessata e lesa da quest’ultima. La ricorrente sostiene che gli stessi argomenti sono trasponibili alla seconda e alla terza decisione impugnata, le cui motivazioni sarebbero pressoché identiche. Inoltre, la seconda e la terza decisione impugnata conterrebbero una disposizione riguardante la loro cessazione anticipata che sarebbe vaga e incomprensibile.

25      La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti.

26      L’articolo 296 TFUE dispone che gli atti giuridici adottati dalle istituzioni dell’Unione debbano essere motivati.

27      Secondo una costante giurisprudenza relativa all’obbligo di motivazione derivante dall’articolo 296 TFUE, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e da permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v. sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

28      Inoltre, come parimenti emerge da giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze del caso. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al tenore di tale atto, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (v. sentenza del 12 settembre 2017, Anagnostakis/Commissione, C‑589/15 P, EU:C:2017:663, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

29      È alla luce di tali principi che occorre valutare gli argomenti della ricorrente.

30      In primo luogo, la ricorrente lamenta una presunta violazione dell’obbligo di motivazione relativamente ai punti delle decisioni impugnate.

31      Orbene, da un lato, deve rilevarsi che la ricorrente non fa specificamente riferimento ad alcuna parte delle decisioni impugnate né ad alcun punto delle stesse, ma si limita a formulare un’affermazione generica del tutto priva di precisione e concretezza. Deve inoltre necessariamente constatarsi che i punti delle decisioni impugnate menzionano sia il procedimento che ha condotto all’adozione delle decisioni di cui trattasi sia gli elementi presi in considerazione dalla Commissione in tale ambito e in forza dei quali essa ha deciso di concedere all’interveniente l’autorizzazione controversa.

32      Dall’altro, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che, nei punti delle decisioni impugnate, la Commissione non avrebbe considerato la sua posizione, ma solo quella dell’interveniente, occorre rilevare che tali argomenti non vertono sulla motivazione di dette decisioni, ma sulla loro fondatezza e si sovrappongono agli argomenti addotti nell’ambito del primo e del quarto motivo, insieme ai quali essi saranno quindi di seguito esaminati. Lo stesso vale per gli argomenti della ricorrente vertenti sugli elementi che, a suo avviso, la Commissione erroneamente avrebbe preso in considerazione.

33      Da quanto precede si evince che non può riscontrarsi alcun difetto o insufficienza di motivazione relativamente ai punti delle decisioni impugnate.

34      In secondo luogo, la ricorrente critica la formulazione degli articoli delle decisioni impugnate, in quanto questi non consentirebbero di comprendere l’ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis di dette decisioni nonché le loro condizioni di applicazione. In particolare, gli argomenti della ricorrente riguardano gli articoli 1 e 3 delle decisioni impugnate nonché l’articolo 4 della seconda e della terza decisione impugnata.

35      Sotto un primo profilo, quanto all’ambito di applicazione ratione materiae delle decisioni impugnate e alle loro condizioni di applicazione, l’articolo 1 delle decisioni di cui trattasi così recita:

«[L’interveniente] è autorizzata a rispettare taluni atti normativi degli Stati Uniti d’America [elencati] (..) nella misura necessaria a:

1)      congelare i titoli o i fondi di cui assicura la custodia o di cui è depositaria e rifiutare di procedere a pagamenti o a qualsiasi altra istruzione ad essi inerente;

2)      rifiutare di includere nuovi titoli nel proprio sistema di compensazione di titoli; e

3)      congelare tutti gli utili delle azioni delle società, compresi i dividendi, gli interessi, il pagamento di riscatto o i pagamenti analoghi o interessi percepiti;

qualora [l’interveniente] sappia, o abbia seri motivi per sospettare, che altrimenti [la ricorrente] beneficerebbe di ogni servizio o vi parteciperebbe, direttamente o indirettamente».

36      Al suo primo comma detta disposizione precisa, anzitutto, gli atti normativi elencati degli Stati Uniti d’America ai quali l’interveniente è autorizzata a conformarsi. Una simile indicazione non sembra presentare alcun difetto di motivazione e, del resto, la ricorrente non formula alcuna specifica obiezione al riguardo.

37      Poi, ai suoi punti da 1 a 3, la disposizione citata elenca i comportamenti derogatori che l’interveniente è autorizzata ad adottare in virtù dell’autorizzazione controversa, vale a dire, in sostanza, «congelare» taluni beni e «rifiutare» talune operazioni, anziché prestare i servizi che fornirebbe normalmente. Un’indicazione del genere non sembra presentare alcun difetto di motivazione relativamente all’ambito di applicazione ratione materiae della disposizione, e la ricorrente non solleva peraltro alcuna specifica obiezione al riguardo, salvo in relazione alla portata temporale di tali comportamenti, questione che sarà esaminata qui di seguito per quanto attiene all’ambito di applicazione ratione temporis dell’autorizzazione (v. infra, punto 46).

38      Infine, al suo secondo comma, detta disposizione definisce le condizioni alle quali i suddetti comportamenti derogatori possono essere adottati, ossia qualora l’interveniente «sappia» o «abbia seri  motivi per sospettare» che altrimenti la ricorrente beneficerebbe di «ogni servizio» (o vi parteciperebbe), direttamente o indirettamente.

39      La ricorrente contesta talune espressioni contenute in tale secondo comma.

40      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tuttavia, le espressioni «seri motivi per sospettare» e «ogni servizio» utilizzate dalla Commissione non rendono imprecisa o incomprensibile la disposizione in questione. Infatti, la formulazione del secondo comma della disposizione in esame, in combinato disposto con l’altro comma della medesima disposizione, consente di comprendere quali siano i servizi interessati dai comportamenti autorizzati e dalle condizioni poste.

41      Per un verso, il fatto che le decisioni impugnate prevedano la possibilità per l’interveniente di basarsi su «seri motivi per sospettare» non rivela alcun difetto o insufficienza di motivazione di tali decisioni. Infatti, come emerge dall’articolo 1 delle decisioni impugnate, la nozione di «seri motivi per sospettare» utilizzata al secondo comma di detta disposizione consente all’interveniente di ritenere che la ricorrente benefici di taluni servizi (o vi partecipi), senza che sia necessario che ne abbia la certezza, sulla base di un sospetto fondato su seri motivi. Non vi è quindi alcuna ambiguità nella motivazione a questo riguardo.

42      Per altro verso, neppure l’impiego della nozione «ogni servizio» all’articolo 1, secondo comma, delle decisioni impugnate pone dubbi. È vero che la Commissione non ha fatto alcun riferimento incrociato al primo comma della medesima disposizione o ai servizi indicati a tale comma. Tuttavia, detta espressione non può essere interpretata al di fuori del suo contesto come riferita a qualunque servizio privo di qualsivoglia nesso con i servizi e i comportamenti oggetto della stessa disposizione. Infatti, nell’economia di tale disposizione, che costituisce oltretutto una frase unica, l’espressione «ogni servizio» non può avere altro significato che quello di riferirsi ai servizi normalmente prestati dall’interveniente oggetto dei comportamenti derogatori individuati al suddetto primo comma, e ciò quando la ricorrente ne benefici o vi partecipi direttamente o indirettamente. Non sussiste dunque alcuna difficoltà di comprensione al riguardo.

43      Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente vertenti sulla motivazione delle decisioni impugnate per quanto riguarda la definizione del loro ambito di applicazione ratione materiae e delle loro condizioni di applicazione non possono essere accolti.

44      Sotto un secondo profilo, quanto all’ambito di applicazione ratione temporis delle decisioni impugnate, occorre anzitutto rilevare che l’articolo 3 di ciascuna delle decisioni in questione indica che «[l]a presente decisione è valida per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data della sua notifica».

45      Si deve quindi necessariamente constatare, contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, che l’ambito di applicazione ratione temporis delle decisioni impugnate è chiaramente definito dal loro articolo 3, senza che sia possibile rilevare alcun difetto di motivazione o mancanza di precisione al riguardo. Infatti, emerge chiaramente da detta disposizione che ciascuna delle decisioni impugnate è valida, e che quindi l’autorizzazione controversa si applica, per un periodo di dodici mesi a decorrere dalla data di notifica di tali decisioni.

46      Poi, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui l’autorizzazione controversa riguarderebbe comportamenti attuati o fondi ottenuti prima della sua adozione, è sufficiente rilevare che esso si basa su un fraintendimento della portata dell’autorizzazione. Infatti, dall’articolo 1 delle decisioni impugnate, in combinato disposto con l’articolo 3 delle stesse, risulta che durante il periodo di validità di tali decisioni l’interveniente è autorizzata ad adottare i comportamenti individuati al suddetto articolo 1 e, pertanto, a non prestare taluni servizi qualora la ricorrente ne possa beneficiare o vi possa partecipare direttamente o indirettamente. In altri termini, è durante tale periodo di validità di dodici mesi che l’interveniente è autorizzata a «congelare» i beni o a «rifiutare» le operazioni menzionate all’articolo 1, primo comma, e ciò indipendentemente dalla data in cui essa o la ricorrente siano entrate in possesso di tali beni o in cui le suddette operazioni siano state richieste. Non sussiste quindi alcuna incertezza a questo riguardo nella motivazione.

47      Infine, nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente critica il carattere asseritamente vago dell’articolo 4 della seconda e della terza decisione impugnata, e persino il suo carattere asseritamente incomprensibile in relazione con l’articolo 3, primo comma, della terza decisione impugnata. Tali argomenti devono essere esaminati nell’ambito del presente motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

48      In proposito, deve necessariamente rilevarsi che l’articolo 4 della seconda e della terza decisione impugnata non è viziato dalle illegittimità lamentate dalla ricorrente, sia considerato singolarmente che in combinato disposto con l’articolo 3, primo comma, della terza decisione impugnata.

49      Da un lato, l’articolo 4 della seconda e della terza decisione impugnata precisa che ciascuna di dette decisioni cesserà immediatamente di applicarsi se, e a partire dalla data in cui, la ricorrente viene rimossa dall’elenco SDN ai sensi degli atti normativi elencati menzionati all’articolo 1 di dette decisioni o se l’applicazione extraterritoriale di tali atti normativi elencati alle persone indicate all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96 «è sospesa, abbandonata» o «cessa in altro modo». Orbene, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, tale disposizione non è vaga. La sua prima parte riguarda chiaramente l’ipotesi in cui la stessa ricorrente non figuri più nell’elenco SDN, prevedendo che, in tal caso, le decisioni di cui trattasi cessino immediatamente di applicarsi. Al riguardo, il termine «immediatamente» non dà adito ad alcuna incertezza, ma implica che detta cessazione abbia automaticamente luogo alla data in cui la ricorrente è rimossa dall’elenco SDN con decisione degli Stati Uniti, senza che siano necessarie ulteriori misure o esami. Lo stesso vale del resto, conformemente alla seconda parte di detto articolo 4, qualora, in sostanza, sempre con decisione degli Stati Uniti, gli atti normativi elencati cessino di avere applicazione extraterritoriale nell’Unione.

50      Dall’altro lato, neppure l’interrelazione tra detto articolo 4 e l’articolo 3, primo comma, della terza decisione impugnata pone difficoltà di comprensione. La seconda frase di quest’ultima disposizione stabilisce che, qualora durante il periodo di validità di dodici mesi di tale decisione un «accordo» porti alla sospensione, all’abbandono o alla cessazione, totale o parziale, dell’applicazione extraterritoriale degli atti normativi elencati alle persone di cui all’articolo 11 del regolamento n. 2271/96, la Commissione è tenuta ad esaminare tempestivamente se i motivi alla base della terza decisione impugnata siano ancora validi o se vi siano motivi per modificare o porre termine a tale decisione. Pertanto, a differenza dell’articolo 4 della terza decisione impugnata, l’articolo 3, primo comma, seconda frase, della decisione in questione non si riferisce ad un’azione unilaterale degli Stati Uniti, ma agli effetti di un «accordo» quale, come risulta dal punto 29 della stessa decisione, l’accordo sul nucleare iraniano. Inoltre, a differenza della situazione di cui al suddetto articolo 4, gli effetti della conclusione di un siffatto «accordo» sulla terza decisione impugnata non sarebbero immediati o automatici, ma spetterebbe alla Commissione determinarne l’impatto su tale decisione.

51      Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente vertenti sulla motivazione delle decisioni impugnate per quanto attiene alla definizione del loro ambito di applicazione ratione temporis non possono essere accolti.

52      Da tutto quanto precede si evince che non può rilevarsi alcun difetto di motivazione relativamente agli articoli delle decisioni impugnate.

53      Pertanto, il terzo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96

54      La ricorrente sostiene che la Commissione, avendo concesso un’autorizzazione retroattiva, ha violato l’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96. Né tale regolamento né il regolamento di esecuzione (UE) 2018/1101 della Commissione, del 3 agosto 2018, che stabilisce i criteri di applicazione dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 (GU 2018, L 199 I, pag. 7), prevedrebbero un simile effetto retroattivo, che sarebbe altresì escluso dalla nota di orientamento della Commissione, intitolata «Domande e risposte: adozione dell’aggiornamento del regolamento di blocco», del 7 agosto 2018 (GU 2018, C 277 I, pag. 4). L’interveniente sosterrebbe però dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno) che la prima decisione impugnata avrebbe un effetto retroattivo. Neppure la seconda e la terza decisione impugnata sarebbero sufficientemente determinate nel tempo. Inoltre, sebbene queste ultime decisioni contengano una disposizione relativa alla loro cessazione anticipata, la cui assenza nella prima decisione impugnata dovrebbe comportarne l’annullamento, tale disposizione non renderebbe la situazione più chiara.

55      La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti.

56      In primo luogo, è sufficiente rilevare che il secondo motivo di ricorso si basa su premesse erronee. Infatti, dalle decisioni impugnate non risulta che le stesse abbiano un effetto retroattivo. Al contrario, come rilevato ai precedenti punti da 44 a 46, all’articolo 3 di ciascuna delle decisioni impugnate è indicato chiaramente che tali decisioni sono valide a partire dalla data della loro notifica, e solo per un periodo di dodici mesi, cosicché non può ritenersi che esse abbiano effetti retroattivi o siano indeterminate nel tempo. Inoltre, i punti di dette decisioni in cui sono esposte le ragioni che hanno indotto la Commissione a fissare detto periodo di validità non contengono alcun elemento che indichi che tali decisioni abbiano un effetto retroattivo.

57      Ne consegue che l’autorizzazione controversa non ha portata retroattiva e non riguarda comportamenti intervenuti prima della data di entrata in vigore delle decisioni impugnate, e in particolare della prima decisione impugnata, ma esclusivamente quelli intervenuti a partire da tale data.

58      D’altronde, il fatto che, secondo la ricorrente, l’interveniente difenda la tesi contraria dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno) è irrilevante al riguardo, poiché la portata delle decisioni impugnate può essere determinata solo in funzione del contesto normativo pertinente, del loro contenuto e dell’intenzione del loro autore.

59      Allo stesso modo, l’argomento della ricorrente secondo cui l’interveniente avrebbe indebitamente congelato i suoi beni prima di ottenere l’autorizzazione controversa, da una parte, e l’argomento dell’interveniente secondo cui il suo comportamento non dovrebbe essere considerato contrario al divieto previsto all’articolo 5, primo comma, del regolamento n. 2271/96, senza prendere in considerazione il fatto che un procedimento di autorizzazione sarebbe stato in corso nonché l’esito di tale procedimento, dall’altra, sono entrambi parimenti irrilevanti nell’ambito della presente controversia, che verte unicamente sulla legittimità delle decisioni impugnate, e non sul comportamento dell’interveniente. Oltretutto, non spetta al Tribunale stabilire se il comportamento dell’interveniente sia contrario o meno al regolamento n. 2271/96.

60      In secondo luogo, deve respingersi l’argomento della ricorrente secondo cui l’assenza, nella prima decisione impugnata, di una disposizione riguardante la cessazione anticipata di tale decisione, come quella di cui all’articolo 4 della seconda e della terza decisione impugnata o quella di cui all’articolo 3, primo comma, della terza decisione impugnata, dovrebbe comportare l’annullamento di detta prima decisione. Infatti, al Tribunale non sono stati presentati elementi che consentano di ritenere che l’assenza di una siffatta disposizione implichi, di per sé, l’illegittimità della prima decisione impugnata. Occorre del resto rilevare che, anche in assenza di una siffatta disposizione, la Commissione avrebbe potuto revocare la prima decisione impugnata, in particolare qualora ciò si fosse reso necessario in conseguenza di un mutamento delle circostanze.

61      Pertanto, il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente su un errore di valutazione

62      La ricorrente lamenta che la Commissione non ha esercitato il suo potere discrezionale o è incorsa in un errore di valutazione, in quanto, per un verso, essa non avrebbe tenuto conto della situazione e degli interessi della ricorrente né degli effetti della prima decisione impugnata sulla stessa, mentre la ricorrente, per effetto della prima decisione impugnata, si trovava completamente impossibilitata a svolgere la propria attività. La Commissione non avrebbe neppure tenuto conto dell’eventuale sussistenza di strumenti meno gravosi né del diritto ad un risarcimento del danno subito. Per altro verso, la Commissione non avrebbe dovuto tener conto, come avrebbe fatto al punto 15 della prima decisione impugnata, della circostanza che la ricorrente aveva proposto un ricorso contro l’interveniente dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno), poiché il fatto di esercitare il suo diritto a un ricorso giurisdizionale non dovrebbe pregiudicarla.

63      La ricorrente sostiene che l’interveniente non le fornirebbe alcun servizio. In più, i fatti evocati al punto 15 della prima decisione impugnata dimostrerebbero che la Commissione sapeva che l’interveniente violava il regolamento n. 2271/96.

64      La ricorrente afferma che, anche per quanto riguarda la seconda e la terza decisione impugnata, la Commissione non ha fatto uso del suo potere discrezionale e non ha effettuato alcun controllo di proporzionalità, omettendo in particolare di tener conto della mitigazione delle sanzioni. Secondo la ricorrente, inoltre, la seconda e la terza decisione impugnata si basano su dati non verificati e non comprovati nonché su elementi non pertinenti e su una presentazione unilaterale di determinati fatti.

65      La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti.

66      In via preliminare occorre rilevare che, nell’ambito del quarto motivo, la ricorrente solleva diverse obiezioni nei confronti delle valutazioni effettuate nelle decisioni impugnate. Inoltre, dal momento che, nell’ambito degli altri motivi di ricorso, la ricorrente contesta del pari talune valutazioni contenute nelle decisioni impugnate, questi argomenti devono essere congiuntamente esaminati qui di seguito.

67      In primo luogo, in sostanza, la ricorrente contesta le decisioni impugnate per il motivo che la Commissione non avrebbe preso in considerazione i suoi interessi, ma esclusivamente quelli dell’interveniente.

68      Al riguardo, anzitutto, occorre rilevare che l’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 prevede che la concessione di un’autorizzazione a rispettare gli atti normativi elencati sia subordinata alla condizione che la loro inosservanza possa ledere gravemente gli interessi della persona che richiede l’autorizzazione o quelli dell’Unione. Da tale disposizione emerge quindi che solo questi due interessi devono essere esaminati dalla Commissione per stabilire se essi possano essere lesi gravemente dall’inosservanza degli atti normativi elencati, perché un’autorizzazione possa essere eventualmente concessa. Detta disposizione, per contro, non menziona gli interessi del terzo interessato dalle misure restrittive del paese terzo (in prosieguo: il «terzo interessato dalle misure restrittive») in relazione alle quali il richiedente chiede di essere autorizzato a conformarsi agli atti normativi elencati. Orbene, se l’intenzione del legislatore dell’Unione fosse stata quella di includere gli interessi di tale terzo tra quelli di cui tener conto nell’ambito di detta valutazione, lo avrebbe espressamente dichiarato, anziché riferirsi esclusivamente agli interessi dell’Unione e a quelli del richiedente.

69      L’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2018/1101 indica, poi, i criteri non cumulativi di cui la Commissione tra l’altro tiene conto in sede di valutazione di una domanda di autorizzazione. Anche tale disposizione si riferisce esclusivamente agli interessi protetti di cui all’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, vale a dire quelli del richiedente e quelli dell’Unione, e non menziona il terzo interessato dalle misure restrittive né a fortiori i suoi interessi. Inoltre, nessuno dei criteri fissati da detta disposizione fa riferimento ad una considerazione degli interessi di tale terzo né ad un bilanciamento dei suoi interessi con quelli del richiedente o con quelli dell’Unione. Peraltro, il riferimento a «ogni altro fattore rilevante» di cui all’articolo 4, lettera n), del regolamento di esecuzione 2018/1101 non può condurre a un’interpretazione diversa e alla considerazione di elementi estranei sia alla lettera che allo spirito dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, elementi che sono quindi irrilevanti nell’ambito dell’applicazione di detta disposizione.

70      Infine, come risulta dal quinto e dal sesto considerando del regolamento n. 2271/96 nonché dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 15, il regolamento in parola mira a proteggere esclusivamente l’ordinamento giuridico costituito, da una parte, e gli interessi dell’Unione e quelli delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato FUE, dall’altra.

71      Sebbene sia certamente possibile che il terzo interessato dalle misure restrittive sia una persona che ricade nell’ambito dell’articolo 11 del regolamento n. 2271/96 e rientri quindi nell’ambito di applicazione di talune disposizioni di tale regolamento, come il suo articolo 2, una simile circostanza non può condurre, nel contesto dell’applicazione dell’eccezione prevista all’articolo 5, secondo comma, del medesimo regolamento, a prendere in considerazione interessi diversi da quelli previsti da detta disposizione e resta quindi irrilevante in tale contesto.

72      Dal quadro normativo che disciplina la concessione di un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 discende quindi che la Commissione, nel valutare una domanda di autorizzazione presentata ai sensi di detta disposizione, non ha l’obbligo di tener conto degli interessi dei terzi interessati dalle misure restrittive, quali le persone iscritte nell’elenco SDN come la ricorrente.

73      Tale constatazione corrisponde del resto a quella effettuata nel paragrafo 73 delle conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa Bank Melli Iran (C‑124/20, EU:C:2021:386), secondo cui l’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 «non prevede che, per decidere in merito alla concessione di una siffatta esenzione, [la Commissione] debba tener conto degli interessi di terzi».

74      Si deve inoltre necessariamente constatare che, anche se la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe erroneamente omesso di tenere in considerazione i suoi interessi, per suffragare il suo argomento essa non si fonda validamente su alcun elemento derivante dal contesto normativo pertinente. In particolare, come rilevato al precedente punto 69, l’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2018/1101, citato dalla ricorrente in udienza, non corrobora in alcun modo la sua argomentazione.

75      Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente non consentono di ritenere che, non tenendo conto dei suoi interessi, la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione.

76      In secondo luogo, in sostanza, la ricorrente contesta le decisioni impugnate con la motivazione che la Commissione non avrebbe considerato la possibilità di ricorrere ad alternative meno gravose, né la possibilità per essa di avvalersi di un diritto al risarcimento.

77      Al riguardo, è sufficiente rilevare che il contesto normativo pertinente non impone siffatti obblighi alla Commissione.

78      Come risulta dall’articolo 3 del regolamento di esecuzione 2018/1101, l’esame della Commissione consiste nel verificare se le prove trasmesse dal richiedente e, se del caso, le ulteriori prove chieste a quest’ultimo dalla Commissione  consentano di concludere, alla luce dei criteri stabiliti all’articolo 4 del medesimo regolamento, che, in caso di inosservanza degli atti normativi elencati, gli interessi del richiedente o quelli dell’Unione sarebbero gravemente lesi, ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96. Risulta altresì dall’articolo 5, paragrafi 1 e 2, del regolamento di esecuzione 2018/1101 che l’esito di un siffatto esame segue, in sostanza, una logica binaria: se la Commissione conclude che il verificarsi di un grave danno a tali interessi non è sufficientemente dimostrato, predispone un progetto di decisione di rigetto della domanda; se conclude che il verificarsi di un simile danno è sufficientemente dimostrato, predispone un progetto di decisione di concessione dell’autorizzazione in cui sono previste le misure appropriate. Dal contesto normativo pertinente, pertanto, non risulta che la Commissione, investita di una domanda di autorizzazione ed essendo pervenuta a quest’ultima conclusione, debba valutare se vi siano alternative all’autorizzazione.

79      La ricorrente, oltretutto, non si fonda su alcun elemento derivante dal contesto normativo pertinente per suffragare il suo argomento.

80      Inoltre, l’esistenza eventuale di alternative meno gravose per gli interessi dei terzi risulta in ogni caso irrilevante. Come rilevato ai precedenti punti da 68 a 75, infatti, la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione gli interessi dei terzi nella valutazione di una domanda di autorizzazione. Pertanto, nel caso di specie, la Commissione non doveva valutare se vi fossero alternative meno gravose per la ricorrente.

81      Per gli stessi motivi, la Commissione non era affatto tenuta a verificare se la ricorrente potesse far valere un eventuale diritto al risarcimento, questione irrilevante nell’ambito della valutazione di una domanda di autorizzazione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96.

82      La ricorrente sostiene inoltre che la Commissione non avrebbe verificato se l’interveniente avesse tentato di «chiarire la situazione» con le autorità americane. Orbene, deve necessariamente rilevarsi che la ricorrente non precisa neanche il fondamento di un simile obbligo, oltretutto formulato in modo piuttosto vago, che sussisterebbe a carico della Commissione. Nulla consente quindi di ritenere che la Commissione avesse un tale obbligo di verifica.

83      Infine, quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che l’interveniente non fornirebbe alcun servizio alla ricorrente, ma piuttosto alla sua banca depositaria, è sufficiente rilevare che un siffatto argomento deriva da una lettura parziale della portata dell’autorizzazione controversa. Infatti, come rilevato ai precedenti punti 38 e 42, le decisioni impugnate vertono sui servizi proposti dall’interveniente e di cui la ricorrente beneficia (o ai quali la ricorrente partecipa) direttamente o indirettamente, compresi i servizi che non sono direttamente proposti alla ricorrente, ma di cui la ricorrente beneficia (o ai quali la ricorrente partecipa) anche indirettamente.

84      Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente non consentono di ritenere che la Commissione abbia omesso di prendere in considerazione taluni elementi pertinenti nell’ambito della sua valutazione delle domande di autorizzazione dell’interveniente.

85      In terzo luogo, la ricorrente contesta talune valutazioni contenute nelle decisioni impugnate. Da un lato, si tratta del fatto che, nella prima decisione impugnata, è stato preso in considerazione il ricorso proposto dalla ricorrente dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno). Dall’altro, si tratta del fatto che, nella seconda e nella terza decisione impugnata, sono stati presi in considerazione elementi asseritamente non pertinenti o derivanti da una presentazione unilaterale dei fatti.

86      Sotto un primo profilo, la circostanza invocata dalla ricorrente che, al punto 15 della prima decisione impugnata, la Commissione ha menzionato il ricorso da essa proposto dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land di Francoforte sul Meno) non significa che la Commissione abbia tenuto conto degli interessi della ricorrente né, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, che la menzione di detto ricorso le abbia arrecato un pregiudizio nell’ambito della valutazione della Commissione o che quest’ultima fosse venuta a conoscenza di un’eventuale violazione del regolamento n. 2271/96 da parte dell’interveniente. Infatti, dalla prima decisione impugnata risulta che, al punto 15, la Commissione si è limitata a ricordare gli elementi invocati dall’interveniente a sostegno della sua domanda, senza effettuare alcuna valutazione al riguardo. Gli argomenti della ricorrente si basano quindi su premesse erronee e su affermazioni prive di ogni fondamento.

87      Sotto un secondo profilo, la ricorrente fa riferimento al punto 16 della terza decisione impugnata, nel quale la Commissione ha menzionato il contenuto della domanda di autorizzazione dell’interveniente per quanto riguarda, in particolare, taluni elementi invocati da quest’ultima per dimostrare che essa potrebbe correre rischi negli Stati Uniti. Si tratta, segnatamente, delle transazioni effettuate da una «società sorella» dell’interveniente con le autorità americane e delle indagini in corso presso tali autorità. La Commissione ha rinviato a detti rischi ed elementi nell’ambito della sua valutazione contenuta nel punto 22 della terza decisione impugnata. Inoltre, si deve necessariamente rilevare che tali elementi erano sostanzialmente citati anche ai punti da 22 a 25 della prima decisione impugnata.

88      Orbene, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i suddetti elementi non sono privi di pertinenza e la Commissione non è incorsa in errori di valutazione basandosi su di essi. Da un lato, sebbene tali elementi, riguardando due procedimenti del 2014, non siano né numerosi né recenti, essi consentono tuttavia di dimostrare che il rischio di sanzioni negli Stati Uniti (o di dover ricorrere a transazioni per evitare siffatte sanzioni) era reale. Dall’altro, il fatto che tali elementi riguardino un’«impresa sorella» dell’interveniente, e non l’interveniente stessa, non inficia l’analisi della Commissione. Infatti, come sottolineato da quest’ultima, l’articolo 4, lettera c), del regolamento di esecuzione 2018/1101 prevede espressamente che, per valutare il legame con il paese all’origine degli atti normativi elencati, la Commissione può considerare, «tra l’altro», se il richiedente «include imprese madri» o «imprese figlie», implicando che i rischi corsi da un’«impresa sorella» dell’interveniente siano parimenti rilevanti.

89      Inoltre, il fatto che, nelle note a piè di pagina n. 8 e n. 9 della terza decisione impugnata, la Commissione abbia erroneamente menzionato l’interveniente anziché la sua «impresa sorella» in relazione a detti elementi costituisce, nel caso di specie, un lapsus calami, che non incide sulla comprensione di detta decisione e che non può rimetterne in discussione la legittimità, alla luce del contenuto del suo punto 16 nonché, altresì, dei punti da 22 a 25 della prima decisione impugnata.

90      Sotto un terzo profilo, la ricorrente fa riferimento al punto 24 della terza decisione impugnata (di cui una parte figurava già al punto 16 della seconda decisione impugnata) e alle sue note a piè di pagina n. 15 e n. 16, relative all’evoluzione della situazione negli Stati Uniti dopo l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America nel 2020. Secondo la ricorrente, la Commissione non aveva tenuto debitamente conto del fatto che le sanzioni erano state mitigate nel febbraio 2022 e aveva fondato la sua valutazione su un unico articolo di stampa.

91      Si deve tuttavia rilevare, da un lato, che le affermazioni della ricorrente sulla presunta mitigazione delle sanzioni degli Stati Uniti non sono suffragate e, dall’altro, che, al punto 16 della seconda decisione impugnata e ai punti 24 e 25 della terza decisione impugnata, la Commissione ha effettivamente considerato l’evoluzione del contesto negli Stati Uniti e ha concluso che, nonostante tale evoluzione, non fosse intervenuta alcuna modifica nella sostanza e nell’attuazione delle sanzioni degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran. Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, al momento dell’adozione di ciascuna delle decisioni impugnate, la ricorrente figurava sempre nell’elenco SDN.

92      Di conseguenza, nessun argomento della ricorrente consente di ritenere che la Commissione sia incorsa in un errore di valutazione.

93      Pertanto, il quarto motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione del diritto di essere ascoltati

94      La ricorrente fa valere che il principio generale derivante dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in forza del quale le persone interessate da un provvedimento hanno il diritto di essere ascoltate, le è applicabile in quanto persona pregiudicata indirettamente dalla prima decisione impugnata. Durante il procedimento che ha portato all’adozione della prima decisione impugnata, la Commissione non le avrebbe concesso il diritto di essere ascoltata, e quindi la possibilità di presentare osservazioni. La prima decisione impugnata non menzionerebbe la sua situazione né il fatto che l’interveniente avrebbe bloccato i suoi beni senza disporre di un’autorizzazione. Se la Commissione l’avesse ascoltata, essa avrebbe escluso l’effetto retroattivo dell’autorizzazione. La ricorrente non sarebbe stata ascoltata in merito ai «seri motivi» menzionati nella prima decisione impugnata. La ricorrente conclude che la prima decisione impugnata è viziata per violazione di una forma sostanziale e che tale violazione deve condurre all’annullamento della prima decisione impugnata.

95      In risposta alla Commissione, la quale aveva asserito che la ricorrente non aveva rispettato l’obbligo di informazione ad essa incombente ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 2271/96, la ricorrente precisa che detta disposizione non è vincolante e non può quindi comportare conseguenze sfavorevoli per gli operatori economici. Inoltre, in difetto di informazioni, gli operatori si troverebbero impossibilitati a presentare osservazioni su una domanda di autorizzazione, avendone peraltro la ricorrente avuto conoscenza dopo la sua concessione. Essa avrebbe altresì esaurito tutti i mezzi disponibili, anche ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 2271/96, rivolgendosi ad un’autorità competente di uno Stato membro. Infine, la ricorrente afferma che potrebbe solo formulare ipotesi sulla questione se la Commissione avrebbe adottato una decisione diversa.

96      La ricorrente sostiene che le conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa Bank Melli Iran (C‑124/20, EU:C:2021:386) non suggeriscono che gli interessi dei terzi non debbano essere presi in considerazione. Il rifiuto dell’interveniente di trasferire i dividendi e di vendere i titoli avrebbe privato la ricorrente di ogni attività e di ogni valore. Infine, la ricorrente conferma di aver presentato una denuncia dinanzi allo Hauptzollamt Gießen (ufficio doganale centrale di Giessen, Germania) e alla Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht (autorità federale di vigilanza finanziaria, Germania), e afferma che non esiste alcuna disposizione che disciplini le modalità con cui fornire le informazioni di cui all’articolo 2 del regolamento n. 2271/96 alle autorità nazionali.

97      La ricorrente sostiene che la seconda e la terza decisione impugnata sono viziate dalle medesime irregolarità. I suoi argomenti si applicherebbero quindi alle tre decisioni impugnate, in quanto la Commissione avrebbe omesso di ascoltarla e di informarla in merito a tutte le decisioni di cui trattasi. Inoltre, non essendo stata a conoscenza delle decisioni impugnate, essa sarebbe stata costretta ad intentare gravose azioni nei confronti di vari operatori.

98      Nell’ambito dell’offerta di prova del 17 marzo 2023, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe ascoltato un terzo interessato da misure restrittive nell’ambito di un procedimento di autorizzazione analogo condotto ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, e ciò senza obblighi di riservatezza. Tali circostanze dimostrerebbero che l’audizione dei terzi interessati dalle misure restrittive, come la ricorrente, sarebbe necessaria e obbligatoria per la Commissione, posto che una differenziazione di tali terzi non sarebbe prevista dal regolamento n. 2271/96 e sarebbe quindi illegittima.

99      La Commissione e l’interveniente contestano tali argomenti.

100    Il rispetto del diritto di essere ascoltati è un principio fondamentale del diritto dell’Unione, ora sancito dall’articolo 41 della Carta, che garantisce il diritto a una buona amministrazione (v., in tale senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punti 64 e 65).

101    Il paragrafo 2 del succitato articolo 41 prevede infatti che il diritto a una buona amministrazione comprenda, in particolare, il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli arrechi pregiudizio.

102    Come risulta dalla sua stessa formulazione, tale disposizione è di applicazione generale. Il diritto di essere ascoltati deve essere rispettato in qualsiasi procedimento che possa sfociare in un atto lesivo, quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente una simile formalità. Tale diritto garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento amministrativo e prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi (v. in tale senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 67).

103    Ciò posto, occorre altresì rilevare che l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta ammette limitazioni all’esercizio dei diritti da questa riconosciuti, compreso il diritto di essere ascoltati sancito al suo articolo 41. L’articolo 52, paragrafo 1, della Carta richiede tuttavia che qualsiasi limitazione sia prevista dalla legge e rispetti il contenuto essenziale del diritto fondamentale in questione. Esso richiede inoltre che, nel rispetto del principio di proporzionalità, una siffatta limitazione sia necessaria e risponda effettivamente a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione (sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 71).

104    Inoltre, l’esistenza di una violazione del diritto al contraddittorio deve essere valutata in funzione delle circostanze specifiche di ogni singolo caso, segnatamente della natura dell’atto in oggetto, del contesto in cui è stato adottato e delle norme giuridiche che disciplinano la materia in esame (v., in tale senso, sentenze del 10 settembre 2013, G. e R., C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 34, e del 9 febbraio 2017, M, C‑560/14, EU:C:2017:101, punto 33).

105    È alla luce di tali principi che occorre esaminare il primo motivo di ricorso.

106    Si deve anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, l’articolo 2 del regolamento n. 2271/96 non ha alcuna incidenza al riguardo. Infatti, l’argomento della Commissione secondo cui un terzo che non l’abbia informata ai sensi di detta disposizione sarebbe «decaduto» dal suo diritto di essere ascoltato nell’ambito di un procedimento condotto ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 è privo di ogni fondamento, in quanto la procedura di informazione prevista dalla prima disposizione è distinta dalla procedura di autorizzazione prevista dalla seconda disposizione.

107    In via preliminare, va sottolineato che né il regolamento n. 2271/96 né il regolamento di esecuzione 2018/1101 prevedono, nell’ambito del procedimento diretto all’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, una partecipazione dei terzi interessati dalle misure restrittive (quali i terzi iscritti nell’elenco SDN, come la ricorrente) relativamente alle quali un richiedente (come l’interveniente) chiede di essere autorizzato a rispettare gli atti normativi elencati. Infatti, detti regolamenti non prevedono alcun ruolo procedurale per tali terzi, i quali non vengono né informati né ascoltati dalla Commissione nell’ambito del procedimento diretto all’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96.

108    Pertanto, qualora il contesto giuridico pertinente non preveda che i terzi interessati dalle misure restrittive siano ascoltati come requisito procedurale essenziale intrinsecamente legato alla corretta formazione o espressione della volontà dell’autore dell’atto (v., in tale senso, sentenza del 10 marzo 2022, Commissione/Freistaat Bayern e a., C‑167/19 P e C‑171/19 P, EU:C:2022:176, punto 89), occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui il fatto che essa non sia stata ascoltata configurerebbe, nel caso di specie, la violazione di una formalità sostanziale che deve condurre, di per sé, all’annullamento delle decisioni impugnate.

109    Occorre tuttavia rilevare che, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 102, anche se la normativa applicabile non prevede espressamente il diritto di essere ascoltati, non può escludersi che i terzi interessati dalle misure restrittive possano far valere un diritto di tal genere nell’ambito del procedimento che conduce all’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, se una siffatta decisione arreca loro pregiudizio.

110    In base alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 103, però, l’esercizio del diritto di essere ascoltati può essere sottoposto a limitazioni. Orbene, nel caso di specie, secondo la Commissione, diversi elementi inerenti al sistema istituito dal regolamento n. 2271/96 giustificherebbero il fatto che i terzi interessati dalle misure restrittive non siano ascoltati nell’ambito di un simile procedimento. Occorre quindi stabilire se una siffatta limitazione del diritto di essere ascoltati che risulterebbe dal contesto normativo pertinente, invocata, in sostanza, dalla Commissione, sia ammissibile ai sensi della suddetta giurisprudenza.

111    Sotto un primo profilo, come emerge dall’esame del quarto motivo di ricorso, l’assenza, nell’ordinamento giuridico pertinente, di disposizioni che prevedano un diritto di essere ascoltati dei terzi interessati dalle misure restrittive (punto 107 supra) si colloca all’interno di un sistema che non prevede che gli interessi di tali terzi siano tenuti in considerazione allorché la Commissione valuta una domanda di autorizzazione presentata ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96. In altri termini, il legislatore dell’Unione ha scelto di instaurare un sistema nell’ambito del quale gli interessi di detti terzi non debbano essere tenuti in considerazione e tali terzi non debbano essere coinvolti in procedimenti condotti ai sensi della disposizione di cui trattasi.

112    Infatti, le decisioni derogatorie adottate dalla Commissione in base a tale disposizione hanno lo scopo di evitare che, in circostanze specifiche e debitamente giustificate (considerando 5 del regolamento di esecuzione 2018/1101), dall’inosservanza degli atti normativi elencati derivino gravi danni agli interessi dell’Unione o del richiedente. L’adozione di una decisione ai sensi di detta disposizione risponde quindi ad obiettivi di interesse generale consistenti nel proteggere gli interessi dell’Unione o delle persone che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato FUE contro i gravi danni che potrebbero derivare dall’inosservanza degli atti normativi elencati. Inoltre, nel caso di specie, in ognuna delle decisioni impugnate la Commissione ha concluso la propria valutazione sottolineando che la concessione dell’autorizzazione era conforme non solo agli obiettivi del regolamento n. 2271/96, ma anche agli obiettivi di politica generale dell’Unione (punto 38 della prima decisione impugnata, punto 18 della seconda decisione impugnata e punto 27 della terza decisione impugnata), circostanza di per sé non contestata dalla ricorrente.

113    In tale contesto, come sottolineato dalla Commissione e dall’interveniente, non solo il diritto di essere ascoltati che sia esercitato da parte dei terzi interessati dalle misure restrittive nel procedimento di cui trattasi non sarebbe conforme agli obiettivi di interesse generale perseguiti dall’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, ma rischierebbe altresì di mettere a repentaglio la realizzazione di tali obiettivi volti a proteggere gli interessi dell’Unione o delle persone che esercitano i loro diritti conformemente al Trattato FUE. Infatti, come spiega la Commissione, l’esercizio del suddetto diritto rischierebbe di comportare una diffusione incontrollata di informazioni. In particolare, ciò potrebbe consentire alle autorità del paese terzo all’origine degli atti normativi elencati di venire a conoscenza del fatto che una persona ha chiesto un’autorizzazione ai sensi di detta disposizione e che, di conseguenza, essa può conformarsi o meno alla normativa extraterritoriale di detto paese terzo, il che comporterebbe rischi in termini di indagini e di sanzioni nei confronti di quest’ultima e, pertanto, di pregiudizio per gli interessi di tale persona ed eventualmente dell’Unione. Come sostenuto dalla Commissione, un siffatto rischio sussisterebbe in particolare per le persone che hanno chiesto un’autorizzazione senza ottenerla, le quali, dovendo conformarsi al divieto di cui all’articolo 5, primo comma, del regolamento n. 2271/96, rischierebbero di divenire oggetto di indagini e di sanzioni da parte del paese terzo.

114    In simili circostanze, la limitazione del diritto di essere ascoltati dei terzi interessati dalle misure restrittive nell’ambito del procedimento diretto all’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 appare un corollario del sistema istituito dal legislatore dell’Unione attraverso detto regolamento e necessaria alla realizzazione degli obiettivi del medesimo.

115    Sotto un secondo profilo, va rilevato che nessun elemento inerente alla situazione personale di detti terzi rientra direttamente nel novero degli elementi che la domanda di autorizzazione deve includere ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione 2018/1101 («[l]a domanda riporta il cognome e il nome e i dati di contatto del richiedente, indica esattamente le disposizioni degli atti normativi extraterritoriali elencati o delle azioni successive e descrive l’ambito di applicazione dell’autorizzazione richiesta e il danno che sarebbe causato dall’inosservanza») o tra i criteri di cui, ai sensi dell’articolo 4 del medesimo regolamento, la Commissione tiene conto nel valutare una siffatta domanda. Sebbene l’articolo 4, lettera n), di tale regolamento si riferisca a «ogni altro fattore rilevante», detta disposizione non può certamente essere interpretata come riferita alla situazione personale dei terzi interessati dalle misure restrittive. Infatti, i criteri previsti all’articolo 4 di detto regolamento sono finalizzati a valutare se un grave danno possa insorgere agli interessi protetti ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96. Orbene, gli interessi di detti terzi rimangono privi di rilevanza nell’ambito di tale valutazione (v. supra, punti da 68 a 72).

116    Inoltre, nel caso di specie, come sottolineato dalla Commissione e come si evince dalle decisioni impugnate, si deve necessariamente rilevare che la ricorrente è menzionata in tali decisioni solo nella misura in cui la stessa appare nell’elenco SDN ovvero è citata a tal fine nelle domande di autorizzazione dell’interveniente (v. punti da 12 a 14 nonché articolo 1 della prima decisione impugnata; punti 11, 12 e 21 nonché articoli 1 e 4 della seconda decisione impugnata, e punti da 11 a 13 e 31 nonché articoli 1 e 4 della terza decisione impugnata) e che la Commissione non ha tenuto in considerazione alcun elemento inerente alla sua situazione personale nell’ambito della valutazione delle condizioni di cui all’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 alla luce dei criteri di cui all’articolo 4 del regolamento di esecuzione 2018/1101 (v. punti da 16 a 38 della prima decisione impugnata; punti da 14 a 18 della seconda decisione impugnata e punti da 20 a 27 della terza decisione impugnata).

117    Ne consegue che, nel sistema istituito dal regolamento n. 2271/96, per quanto riguarda in particolare l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, di tale regolamento, non risulta che i terzi interessati dalle misure restrittive possano far valere errori o elementi relativi alla loro situazione personale che militino nel senso che una siffatta decisione sia adottata o meno ovvero che abbia un determinato tenore.

118    In tali circostanze, si deve necessariamente rilevare che una limitazione del diritto di essere ascoltati dei terzi interessati dalle misure restrittive nell’ambito di un procedimento del genere non risulta, alla luce del contesto normativo pertinente e degli obiettivi perseguiti da quest’ultimo, sproporzionata e non rispettosa del contenuto essenziale di detto diritto.

119    In aggiunta, occorre rilevare, come sostenuto dalla Commissione e dall’interveniente, che una decisione adottata ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96, come le decisioni impugnate, si limita a concedere al richiedente un’autorizzazione a conformarsi agli atti normativi elencati, senza violare il divieto di cui al primo comma della medesima disposizione. Poiché detta autorizzazione non esonera il richiedente dal rispetto del diritto nazionale e, se del caso, delle altre disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, l’attuazione, da parte del richiedente, dei comportamenti autorizzati può essere oggetto di un controllo, in particolare nell’ambito di un procedimento amministrativo nazionale o di una controversia nazionale, sia ai sensi del diritto nazionale sia alla luce delle altre disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione.

120    Dall’insieme degli elementi che precedono, inerenti alla natura delle decisioni impugnate, al contesto della loro adozione e alle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi, si evince che la limitazione del diritto di essere ascoltati risultante dal contesto normativo pertinente e invocata, in sostanza, dalla Commissione è, nelle circostanze specifiche della presente fattispecie, giustificata ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 103, in quanto necessaria e proporzionata alla luce degli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 2271/96 e, in particolare, dall’articolo 5, secondo comma, di tale regolamento. La Commissione non era quindi tenuta ad ascoltare la ricorrente nell’ambito del procedimento che ha condotto all’adozione delle decisioni in questione.

121    Peraltro, il fatto, invocato dalla ricorrente nell’offerta di prova del 17 marzo 2023, che la Commissione, dopo lo svolgimento dell’udienza nella presente causa, avrebbe sentito un altro terzo interessato da misure restrittive nell’ambito di un altro procedimento di autorizzazione condotto ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del regolamento n. 2271/96 non può condurre a una conclusione diversa. Infatti, non solo le circostanze in cui la Commissione avrebbe sentito o sollecitato un altro terzo nell’ambito di un altro procedimento non sono state chiaramente dimostrate, ma, inoltre, il fatto invocato dalla ricorrente è successivo all’adozione delle decisioni impugnate, ed è perciò del tutto irrilevante nelle circostanze della presente causa.

122    Conseguentemente, la Commissione non ha violato il diritto di essere ascoltata della ricorrente.

123    In ogni caso, anche supponendo che la Commissione dovesse ascoltare la ricorrente nel caso di specie, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, una violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, detto procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso (v., in tale senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

124    Al riguardo, non si può obbligare una parte ricorrente che deduce la violazione del suo diritto di essere ascoltata a dimostrare che la decisione dell’istituzione dell’Unione interessata avrebbe avuto diverso tenore, ma solo che una simile ipotesi non è totalmente esclusa (v., in tale senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 106).

125    La valutazione di tale questione deve inoltre essere effettuata in funzione delle circostanze di fatto e di diritto specifiche di ciascun caso singolo (v., in tale senso, sentenza del 18 giugno 2020, Commissione/RQ, C‑831/18 P, EU:C:2020:481, punto 107).

126    Orbene, nel caso di specie, gli argomenti addotti dalla ricorrente non consentono di ritenere che, se essa fosse stata ascoltata nel corso del procedimento amministrativo sfociato nell’adozione delle decisioni impugnate, non sia del tutto escluso che tali decisioni avrebbero potuto avere un tenore diverso.

127    In primo luogo, la ricorrente fa valere che, se fosse stata ascoltata, la Commissione non avrebbe concesso l’autorizzazione controversa con effetto retroattivo. Un siffatto argomento si fonda però su una premessa erronea, dal momento che, come risulta dall’esame del secondo motivo di ricorso, l’autorizzazione controversa concessa dalla Commissione nelle decisioni impugnate non ha effetto retroattivo.

128    In secondo luogo, la ricorrente afferma che gli argomenti presentati dall’interveniente dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land, Francoforte sul Meno) circa l’assenza di un legame giuridico tra le stesse contraddirebbero le decisioni impugnate. La ricorrente, tuttavia, non ha spiegato in che modo essa avrebbe potuto meglio difendersi nel corso dei procedimenti amministrativi che hanno condotto all’adozione delle decisioni impugnate. Anche supponendo che, con tale argomento, la ricorrente intenda asserire che essa, dinanzi alla Commissione, avrebbe potuto argomentare di non avere legami giuridici con l’interveniente, come quest’ultima avrebbe sostenuto dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land, Francoforte sul Meno), va osservato che una simile allegazione sarebbe stata ininfluente sul contenuto delle decisioni impugnate. Infatti, come già rilevato al precedente punto 83, le decisioni impugnate vertono parimenti sui servizi che non sono proposti direttamente alla ricorrente, ma di cui la ricorrente beneficia (o ai quali la ricorrente partecipa) anche indirettamente.

129    In terzo luogo, la ricorrente afferma, in sostanza, che avrebbe potuto informare la Commissione del fatto che l’interveniente aveva bloccato i suoi fondi persino prima di ottenere l’autorizzazione controversa, in violazione del regolamento n. 2271/96. La ricorrente sembra in tal modo suggerire che una simile autorizzazione non sarebbe stata concessa ad un richiedente che avesse violato il regolamento n. 2271/96. Orbene, a prescindere dal fatto che non spetta al Tribunale determinare se l’interveniente abbia bloccato i fondi della ricorrente senza autorizzazione in violazione del regolamento n. 2271/96, basti rilevare che, anche supponendo che la ricorrente avesse potuto far valere una simile argomentazione dinanzi alla Commissione, tale argomentazione non avrebbe potuto incidere in alcun modo sul contenuto delle decisioni impugnate. Infatti, nulla nel regolamento n. 2271/96 suggerisce che una persona che abbia violato il divieto previsto all’articolo 5, primo comma, di detto regolamento non possa ottenere un’autorizzazione ai sensi dell’articolo 5, secondo comma, del medesimo regolamento. Infine, dal momento che l’autorizzazione controversa concessa dalla Commissione nelle decisioni impugnate non ha effetto retroattivo, essa non verte sugli eventuali precedenti comportamenti del richiedente.

130    In quarto luogo, la ricorrente lamenta che la Commissione non avrebbe considerato la possibilità di attuare meccanismi alternativi. Tuttavia, da un lato, la ricorrente non precisa quali meccanismi alternativi essa avrebbe potuto portare all’attenzione della Commissione se fosse stata ascoltata né quale impatto ciò avrebbe potuto avere sul contenuto delle decisioni impugnate, limitandosi a menzionare, in modo vago e non suffragato, un meccanismo denominato «INSTEX», di cui la Commissione contesta peraltro la rilevanza. Dall’altro, occorre ricordare che, come rilevato nell’ambito dell’esame del quarto motivo, dal contesto normativo pertinente non risulta che la Commissione dovesse esaminare o prendere in considerazione l’esistenza di meccanismi alternativi. Di conseguenza, anche supponendo che la ricorrente avesse potuto far valere un siffatto argomento nel procedimento amministrativo sfociato nell’adozione delle decisioni impugnate, non è stato dimostrato che esso avrebbe potuto incidere sul tenore di tali decisioni.

131    Inoltre, l’argomento sviluppato dalla ricorrente in udienza, secondo cui essa avrebbe potuto formulare proposte costruttive per tentare di trovare un compromesso che consentisse in particolare di ristrutturare il suo portafoglio e di rispondere alle esigenze dell’interveniente, è parimenti irrilevante, poiché verte sui rapporti tra la ricorrente e l’interveniente, e non sul contenuto delle decisioni impugnate.

132    In quinto luogo, la ricorrente sostiene che il fatto di non essere stata ascoltata né informata delle decisioni impugnate l’avrebbe obbligata a intentare gravosi ricorsi nei confronti di vari operatori economici per ottenere il pagamento dei suoi dividendi o addirittura per conoscerne semplicemente lo status. Anche supponendo che tali affermazioni siano veritiere, circostanza che non spetta al Tribunale stabilire nell’ambito della presente causa, si deve necessariamente rilevare che esse sono prive di pertinenza per quanto riguarda la violazione del diritto di essere ascoltata della ricorrente nel procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione delle decisioni impugnate, poiché non riguardano la questione se il tenore delle decisioni impugnate avrebbe potuto essere diverso.

133    In sesto luogo, la ricorrente asserisce che la Commissione ha esclusivamente considerato gli interessi dell’interveniente, e non anche i suoi interessi. Orbene, è sufficiente rilevare che tali argomenti si sovrappongono a quelli presentati nell’ambito del quarto motivo e devono di conseguenza essere respinti. Infatti, da un lato, come risulta dall’esame di detto motivo, la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione tali interessi. Dall’altro, non è stato dimostrato che, se alla ricorrente fosse stata data la possibilità di far valere i suoi interessi dinanzi alla Commissione, una siffatta circostanza avrebbe potuto incidere sul tenore delle decisioni impugnate.

134    In settimo luogo, la ricorrente sostiene di non essere stata ascoltata in merito ai «seri motivi» considerati dalla Commissione, in particolare al punto 14 e all’articolo 1 della prima decisione impugnata, a fondamento della concessione dell’autorizzazione controversa. Orbene, è sufficiente rilevare che l’argomento della ricorrente si basa su una lettura erronea delle decisioni impugnate, in quanto la Commissione non ha fondato le decisioni impugnate sull’esistenza di «seri motivi». Come emerge dal precedente punto 41, infatti, la nozione di «seri motivi» è stata utilizzata all’articolo 1 delle decisioni impugnate per definire le condizioni di applicazione dell’autorizzazione concessa dalla Commissione.

135    Da quanto precede risulta che, anche supponendo che la ricorrente dovesse essere ascoltata nel corso del procedimento amministrativo che ha condotto all’adozione delle decisioni impugnate, gli argomenti presentati da quest’ultima dinanzi al Tribunale non consentono di ritenere che non sia escluso che, se fosse stata ascoltata, le decisioni impugnate avrebbero potuto avere un diverso tenore.

136    La ricorrente aggiunge inoltre che, per rispettare il suo diritto di essere ascoltata, la Commissione avrebbe dovuto almeno pubblicare il dispositivo delle decisioni impugnate.

137    Orbene, senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità di una simile censura, che è stata contestata dalla Commissione in udienza, è sufficiente rilevare che nulla consente di ritenere che alla Commissione incombesse un siffatto obbligo di pubblicazione, posto che del resto la ricorrente non si basa su alcuna disposizione pertinente a sostegno di tale censura. Infatti, un simile obbligo di pubblicazione non risulta dalla nota a piè di pagina n. 40 delle conclusioni dell’avvocato generale Hogan nella causa Bank Melli Iran (C‑124/20, EU:C:2021:386), citata dalla ricorrente in udienza, mentre le norme e le circostanze inerenti al presente procedimento giurisdizionale citate dalla ricorrente nelle sue memorie sono irrilevanti. Inoltre, la pubblicazione delle decisioni impugnate successivamente alla loro adozione non può incidere sull’esercizio di un eventuale diritto della ricorrente di essere ascoltata nel corso del procedimento amministrativo che ha condotto a tale adozione e, del resto, la ricorrente non ha addotto alcun argomento che consenta di ritenere il contrario. Per le stesse ragioni, e nell’ambito dell’asserita violazione del diritto di essere ascoltati nel corso del procedimento amministrativo, deve essere respinto l’argomento della ricorrente secondo cui, in alternativa, la Commissione avrebbe dovuto comunicarle le decisioni impugnate dopo la loro adozione.

138    Non si può quindi ritenere che, avendo omesso di pubblicare o di comunicare alla ricorrente le decisioni impugnate dopo la loro adozione, la Commissione abbia commesso una qualsivoglia irregolarità procedurale tale da comportare una violazione del diritto della ricorrente di essere ascoltata.

139    Pertanto, anche il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

140    Di conseguenza, il ricorso deve essere integralmente respinto, senza che occorra pronunciarsi sulla sua ricevibilità, sulla quale le parti sono state interrogate in udienza. Infatti, nelle circostanze del caso di specie, una buona amministrazione della giustizia giustifica il rigetto nel merito del ricorso senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).

 Sulle spese

141    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, va condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

142    In applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, l’interveniente si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’IFIC Holding AG è condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Clearstream Banking AG si farà carico delle proprie spese.

van der Woude

Marcoulli

Frimodt Nielsen

Schwarcz

 

      Norkus

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio2023.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco